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Document 32005R0206

    Regolamento (CE) n. 206/2005 della Commissione, del 4 febbraio 2005, che istituisce misure definitive di salvaguardia nei confronti delle importazioni di salmone d’allevamento

    GU L 33 del 5.2.2005, p. 8–29 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

    Questo documento è stato pubblicato in edizioni speciali (BG, RO)

    Legal status of the document No longer in force, Date of end of validity: 26/04/2005; abrogato da 32005R0627

    ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2005/206/oj

    5.2.2005   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    L 33/8


    REGOLAMENTO (CE) N. 206/2005 DELLA COMMISSIONE

    del 4 febbraio 2005

    che istituisce misure definitive di salvaguardia nei confronti delle importazioni di salmone d’allevamento

    LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

    visto il regolamento (CE) n. 3285/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativo al regime comune applicabile alle importazioni e che abroga il regolamento (CE) n. 518/94 (1), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2474/2000 del Consiglio (2), in particolare l’articolo 16,

    visto il regolamento (CE) n. 519/94 del Consiglio, del 7 marzo 1994, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi e che abroga i regolamenti (CEE) n. 1765/82, n. 1766/82 e n. 3420/83 (3), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 427/2003 (4), in particolare l’articolo 15,

    previe consultazioni nell’ambito del comitato consultivo istituito a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 3285/94, nonché del regolamento (CE) n. 519/94,

    considerando quanto segue:

    1.   PROCEDURA

    (1)

    Il 6 febbraio 2004, l’Irlanda e il Regno Unito hanno informato la Commissione che l’andamento delle importazioni di salmone atlantico d’allevamento sembrava richiedere l’istituzione di misure di salvaguardia a norma dei regolamenti (CE) n. 3285/94 e n. 519/94. Essi hanno presentato informazioni complete degli elementi di prova a loro disposizione, determinati sulla base dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 3285/94 e dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 519/94, e hanno chiesto alla Commissione di adottare misure di salvaguardia ai sensi di detti strumenti.

    (2)

    L’Irlanda e il Regno Unito hanno fornito elementi di prova del fatto che le importazioni di salmone atlantico d’allevamento nella Comunità europea stanno registrando un rapido aumento, sia in termini assoluti, sia per quanto riguarda la produzione e il consumo comunitari.

    (3)

    Essi hanno affermato che l’aumento del volume delle importazioni di salmone atlantico d’allevamento ha avuto, tra l’altro, un impatto negativo sui prezzi dei prodotti simili o direttamente concorrenziali nella Comunità, nonché sulla quota di mercato detenuta dai produttori comunitari, con un conseguente pregiudizio per questi ultimi.

    (4)

    L’Irlanda e il Regno Unito hanno fatto altresì presente che, a giudicare dalle informazioni fornite dai produttori comunitari, l’eventuale ritardo da parte della Comunità europea nell’adottare misure di salvaguardia comporterebbe un pregiudizio a cui sarebbe poi difficile ovviare, e ha chiesto che tali misure vengano prese con urgenza.

    (5)

    La Commissione ha informato tutti gli Stati membri della situazione e si è consultata con essi in merito alle modalità e alle condizioni d’importazione, all’andamento delle importazioni e agli elementi di prova dell’esistenza di un grave pregiudizio, nonché in merito ai vari aspetti della situazione economica e commerciale per quanto concerne il prodotto comunitario in questione.

    (6)

    Il 6 marzo 2004, la Commissione ha avviato un’inchiesta relativa al grave pregiudizio o alla minaccia di grave pregiudizio per i produttori comunitari del prodotto simile al prodotto importato o in diretta concorrenza con esso. Tale prodotto è stato definito come salmone d’allevamento, anche in filetti, fresco, refrigerato o congelato («il prodotto in esame») (5) come illustrato in appresso. Il periodo dell’inchiesta (PI) è il 2003, mentre il periodo esaminato nel corso dell’inchiesta (o «periodo in esame») è compreso tra l’inizio del 2000 e la fine del 2003.

    (7)

    La Commissione ha ufficialmente informato dell’apertura dell’inchiesta i produttori esportatori e gli importatori notoriamente interessati, le loro associazioni rappresentative, nonché i rappresentanti dei paesi esportatori e i produttori comunitari. La Commissione ha inviato questionari a tutte le parti summenzionate, alle associazioni rappresentative di allevatori di salmone nella Comunità e a tutte le parti che si sono manifestate entro il termine stabilito nell’avviso di apertura. A norma dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 519/94 del Consiglio e dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 3285/94 del Consiglio, la Commissione ha dato inoltre alle parti direttamente interessate la possibilità di comunicare le loro osservazioni per iscritto e di chiedere di essere sentite.

    (8)

    Il 13 agosto 2004 la Commissione ha istituito misure provvisorie di salvaguardia, deferite al Consiglio ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 519/94 del Consiglio e dell’articolo 16, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 3285/94 del Consiglio. Le misure sono scadute il 6 dicembre 2004.

    (9)

    In seguito alla pubblicazione delle misure provvisorie, la Commissione ha proseguito la sua inchiesta per giungere a conclusioni definitive. Alcuni governi, alcuni produttori esportatori e le loro associazioni rappresentative, i produttori, fornitori, trasformatori e importatori della Comunità, nonché le loro associazioni rappresentative hanno presentato le loro osservazioni per iscritto. Nell’elaborare le conclusioni definitive si è tenuto conto delle osservazioni scritte e orali presentate dalle parti. Sono state raccolte e verificate tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini della determinazione definitiva e sono state effettuate visite di verifica presso le sedi di otto produttori comunitari.

    (10)

    A tutte le parti che hanno collaborato all’inchiesta sono stati comunicati i fatti e le considerazioni essenziali in base ai quali si intendeva istituire misure di salvaguardia definitive, nonché la forma delle misure proposte. Inoltre, si è data loro la possibilità di presentare osservazioni, che sono state esaminate e delle quali si è tenuto conto, ove ritenuto opportuno, nelle conclusioni definitive.

    2.   ELENCO DELLE PARTI CHE HANNO COLLABORATO ALL’INCHIESTA

    3.   PRODOTTO IN ESAME

    (11)

    Il prodotto in merito al quale è stato comunicato alla Commissione che l’andamento delle importazioni sembrava richiedere l’istituzione di misure di salvaguardia è il salmone atlantico d’allevamento, anche in filetti, fresco, refrigerato o congelato.

    (12)

    Si ritiene, tuttavia, che tutto il salmone d’allevamento dovrebbe costituire il prodotto in esame. Limitando il prodotto in esame al salmone atlantico d’allevamento si fornirebbe una definizione troppo ristretta del prodotto. Tenuto conto delle caratteristiche fisiche delle diverse specie di salmone (dimensioni, forma, sapore, ecc.), del processo di produzione e della sostituibilità, per il consumatore, di tutti i tipi di salmone d’allevamento, si ritiene che tutto il salmone d’allevamento costituisca un unico prodotto. Analogamente, benché il salmone d’allevamento venga venduto sotto diverse presentazioni (pesce intero eviscerato, pesce intero eviscerato decapitato o filetti), tutte queste presentazioni sono destinate alla stessa utilizzazione finale e possono essere facilmente sostituite.

    (13)

    Alcune parti hanno affermato che il salmone congelato è diverso dal salmone fresco e non dovrebbe far parte del prodotto in esame. Una parte ha osservato che esso è oggetto di una diversa classificazione a fini tariffari e ha sostenuto che è destinato all’industria alimentare di trasformazione/affumicatura, che lo preferisce ad altri tipi di salmone, mentre i consumatori privilegiano il salmone fresco. Un’altra ha affermato che il salmone congelato non è una materia prima adatta per l’affumicatura. Si è affermato altresì che ai trasformatori occorrono infrastrutture diverse per il salmone fresco e per quello congelato. Esisterebbero inoltre mercati completamente distinti per il salmone fresco e per quello congelato, come indica l’assenza di un legame tra i loro prezzi, e sono stati forniti esempi specifici di tipi di dettaglianti, trasformatori e consumatori che richiedono una preparazione di salmone e non l’altra. Una parte ha asserito che le presentazioni normali del salmone congelato (ad esempio, pesce intero, filetti, ecc.) sono diverse da quelle del salmone fresco.

    (14)

    Tali affermazioni si sono rivelate tuttavia infondate. L’esistenza di classificazioni tariffarie diverse è soltanto uno dei fattori da prendere in considerazione e non è di per sé determinante. I trasformatori utilizzano tanto il salmone d’allevamento fresco quanto quello congelato. Tanto le preparazioni fresche quanto quelle congelate vengono comunemente vendute al dettaglio, generalmente negli stessi punti vendita (benché alcuni di questi vendano esclusivamente salmone fresco o salmone congelato), sebbene risulti un lieve differenziale di prezzo tra i due tipi. Sia il salmone fresco sia quello congelato sono disponibili in preparazioni diverse e vengono direttamente consumati dai consumatori. Benché alcuni consumatori preferiscano acquistare il prodotto fresco/refrigerato e altri quello congelato, e benché la qualità di alcune preparazioni possa essere considerata migliore rispetto ad altre, tali preferenze e impressioni non sono significative. Entrambe le preparazioni sono destinate al medesimo impiego finale e sono in concorrenza sullo stesso mercato.

    (15)

    Una parte ha sostenuto che non esiste elasticità indiretta della domanda tra salmone fresco e congelato, e ha rinviato alle conclusioni del regolamento (CE) n. 930/2003 del Consiglio a sostegno di tale affermazione. In realtà, tuttavia, detto regolamento ha riconosciuto che esisteva una concorrenza a livello di prezzi tra questi due prodotti.

    (16)

    L’argomentazione secondo la quale il salmone congelato e il salmone fresco sono prodotti diversi è stata pertanto respinta.

    (17)

    Si ritiene pertanto che il salmone d’allevamento (non allo stato libero) (fresco, refrigerato o congelato) nelle diverse presentazioni descritte costituisca un unico prodotto. Esso è attualmente classificabile nei codici NC ex 0302 12 00, ex 0303 11 00, ex 0303 19 00, ex 0303 22 00, ex 0304 10 13 ed ex 0304 20 13.

    4.   PRODOTTI SIMILI O DIRETTAMENTE CONCORRENZIALI

    (18)

    Si è esaminato se il prodotto dei produttori comunitari — il salmone d’allevamento — (in appresso denominato «prodotto simile») fosse simile al prodotto in esame importato o direttamente concorrente con esso.

    (19)

    Ai fini di una determinazione, si è tenuto conto in particolare delle seguenti conclusioni dell’inchiesta.

    a)

    Il prodotto importato e il prodotto comunitario rientrano nella stessa classificazione internazionale ai fini tariffari (codice SA a sei cifre). Presentano inoltre caratteristiche fisiche identiche o simili, ad esempio dal punto di vista del sapore, delle dimensioni, della forma e della consistenza. Il prodotto venduto sul mercato interno viene generalmente commercializzato come prodotto di prima qualità e il suo prezzo al dettaglio è spesso più elevato. Tuttavia, per essere «simili», i prodotti non devono essere assolutamente identici, e le piccole differenze di qualità non giustificano una modifica delle conclusioni globali riguardanti la somiglianza tra il prodotto importato e quello comunitario;

    b)

    il prodotto importato e il prodotto comunitario sono stati venduti attraverso canali simili o identici, le informazioni sui prezzi erano di facile accesso ed erano i prezzi a costituire il principale fattore concorrenziale tra il prodotto in esame e quello dei produttori comunitari;

    c)

    il prodotto importato e il prodotto comunitario sono entrambi destinati a utilizzazioni finali identiche o simili, e costituiscono pertanto prodotti alternativi o di sostituzione e facilmente intercambiabili;

    d)

    il prodotto importato e il prodotto comunitario sono stati entrambi considerati dai consumatori prodotti alternativi destinati a soddisfare una domanda specifica. Da questo punto di vista, le differenze segnalate da alcuni esportatori e importatori non erano che variazioni di scarso rilievo.

    (20)

    Si è pertanto concluso che il prodotto importato e il prodotto comunitario sono «simili o direttamente concorrenziali».

    5.   IMPORTAZIONI

    5.1.   Aumento delle importazioni

    5.1.1.   Introduzione

    (21)

    Si è svolta un’analisi, fondata sui dati relativi al periodo 2000-2003, sulla base delle importazioni effettuate nell’ultimo periodo per il quale erano disponibili dati attendibili, per verificare se le importazioni nella Comunità del prodotto in esame fossero quantitativamente aumentate in misura tale, in termini assoluti o relativamente alla produzione comunitaria totale, e/o a condizioni tali, da causare o rischiare di causare un grave pregiudizio ai produttori comunitari. Una parte ha sostenuto che l’aumento delle importazioni era dovuto al fatto che i dati relativi alle importazioni riguardavano anche quelle di salmone allo stato libero. Dall’inchiesta è emerso tuttavia che, benché nelle statistiche Eurostat non venga operata una distinzione fra salmone allo stato libero e salmone d’allevamento, dalle informazioni disponibili (statistiche sulle esportazioni statunitensi e canadesi) risulta che le importazioni di salmone allo stato libero nella Comunità sono effettivamente diminuite dal 2001. Pertanto, l’aumento delle importazioni osservato nei dati Eurostat non è imputabile all’inserimento delle importazioni di tutti i tipi di salmone in tali dati. Una parte ha contestato altresì l’idoneità del 2000 come anno di riferimento per l’analisi svolta, sostenendo che in quell’anno i prezzi del salmone erano insolitamente elevati. L’analisi si concentra tuttavia sui principali sviluppi degli ultimi anni, e il suo esito non sarebbe diverso se si adottasse il 1999 o il 2001 come anno di riferimento.

    (22)

    Le conclusioni definitive indicate di seguito si basano pertanto sui dati relativi al periodo 2000-2003.

    5.1.2.   Volume delle importazioni

    (23)

    Le importazioni sono passate da 372 789 tonnellate nel 2000 a 455 948 tonnellate nel 2003, con un aumento del 22 %. Tra il 2002 e il 2003, le importazioni sono cresciute del 15 %.

    (24)

    Rispetto alla produzione comunitaria, le importazioni sono scese dal 254 % nel 2000 a 235 % nel 2001, registrando però nuovamente una ripresa e raggiungendo il 239 % nel 2003. Pur trattandosi di una riduzione rispetto al 2000, si osserva che in seguito alla lieve flessione del 2001 le importazioni sono poi aumentate ogni anno rispetto alla produzione. Si rammenta inoltre che nel 2003 si è registrato un aumento delle importazioni in termini assoluti del 15 %, un tasso di crescita assai più elevato rispetto agli anni precedenti.

    (25)

    I dati relativi agli anni 2002 e 2003 indicano che nel 2003 le importazioni trimestrali sono state più elevate rispetto al medesimo trimestre del 2002, e che i maggiori aumenti (fino a 20,8 %) si sono verificati nella seconda metà del 2003.

     

    T1 2002

    T2 2002

    T3 2002

    T4 2002

    Volume (t)

    86 753

    96 988

    93 375

    119 657

     

    T1 2003

    T2 2003

    T3 2003

    T4 2003

    Volume (t)

    92 667

    108 655

    112 862

    141 763

    Aumento su base annua %

    6,8 %

    12,0 %

    20,8 %

    18,5 %

    Fonte: Eurostat

    5.1.3.   Conclusione

    (26)

    Sulla base dei dati relativi alle importazioni effettuate tra il 2000 e il 2003, si constata un aumento delle importazioni recente, repentino, brusco e considerevole, tanto in termini assoluti quanto relativamente alla produzione.

    5.2.   Prezzo delle importazioni

    (27)

    Sono state inoltre esaminate le condizioni in cui sono state effettuate le importazioni sulla base dei dati Eurostat. Benché tali dati comprendano anche una piccola quantità di salmone allo stato libero, si ritiene che ciò non abbia inciso in maniera significativa sui prezzi.

    (28)

    Va sottolineato, a questo proposito, che tra settembre 1997 e maggio 2003 un’elevata percentuale delle importazioni di salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia (che detiene il 55 % circa del mercato comunitario) era oggetto di impegni sui prezzi nell’ambito delle misure antidumping e compensative vigenti all’epoca. Durante il 2002 il mancato rispetto di detti impegni da parte di alcuni produttori esportatori norvegesi ha incominciato a compromettere l’efficacia di tale dispositivo, facendo scendere i prezzi. Nel dicembre di tale anno si è quindi proposto di abolire le misure antidumping e compensative nei confronti delle importazioni dalla Norvegia, e tali misure sono state abolite nel maggio 2003. Nel 2002 e durante la prima metà del 2003 i prezzi delle importazioni sono diminuiti, anche a causa del mancato rispetto o del ritiro volontario degli impegni sui prezzi da parte di alcuni esportatori norvegesi.

    (29)

    Tra il 2000 e il 2003 i prezzi delle importazioni sono diminuiti del 28,5 %. Si ritiene che tale calo non corrisponda a una normale fluttuazione dei prezzi sul mercato, tenuto conto della sua portata in termini assoluti e del fatto che i produttori esportatori non hanno ricavato vantaggi eccezionali nel 2000 e che il costo di produzione non ha registrato un calo sensibile tra il 2000 e il 2003.

     

    2000

    2001

    2002

    2003

    Prezzo delle importazioni

    3,55

    2,99

    2,87

    2,54

    Fonte: Eurostat

    (30)

    L’andamento recente dei prezzi è illustrato con maggior chiarezza dai dati trimestrali. I prezzi delle importazioni, relativamente stabili nel 2002 (tra 2,83 e 2,93 euro), sono scesi da 2,87 euro nel primo trimestre del 2003 a 2,24 euro nel terzo trimestre, per poi registrare una parziale ripresa (2,48 euro) nell’ultimo trimestre.

     

    T1 2002

    T2 2002

    T3 2002

    T4 2002

    Prezzo delle importazioni

    2,83

    2,93

    2,86

    2,85

     

    T1 2003

    T2 2003

    T3 2003

    T4 2003

    Prezzo delle importazioni

    2,87

    2,62

    2,24

    2,48

    Fonte: Eurostat.

    (31)

    Dai dati Eurostat per il primo semestre del 2004 risulta che inizialmente i prezzi sono aumentati, pur restando al disotto della media del 2003, per poi seguire una tendenza al ribasso. I dati più recenti di cui si dispone indicano che i prezzi continuano a registrare una tendenza al ribasso e restano estremamente bassi. Le affermazioni in merito ad un previsto aumento dei prezzi restano da dimostrare, e fonti industriali dei paesi esportatori confermano l’attuale bassissimo livello dei prezzi.

    5.3.   Quota di mercato delle importazioni

    (32)

    La quota di mercato delle importazioni è scesa da 73,5 % nel 2000 a 71,9 % nel 2001, stabilizzandosi all’incirca a tale livello nel 2002 (72 %). Essa è poi passata dal 72,0 % del 2002 a 73,9 % nel 2003, registrando una crescita di 1,9 punti percentuali e raggiungendo il livello più elevato del periodo in esame.

     

    2000

    2001

    2002

    2003

    Importazioni

    73,5 %

    71,9 %

    72,0 %

    73,9 %

    6.   DEFINIZIONE DEI PRODUTTORI COMUNITARI

    (33)

    Il prodotto comunitario in esame è stato quasi interamente prodotto in Scozia e in Irlanda, benché esistano anche due produttori in Francia e almeno uno in Lettonia.

    (34)

    Nel 2003 la produzione comunitaria complessiva del prodotto in esame ammontava a 190 903 tonnellate, 85 231 delle quali da attribuire ai produttori che hanno offerto piena collaborazione durante la fase provvisoria dell’inchiesta, pari cioè al 45 % della produzione comunitaria totale. Essi rappresentano pertanto una percentuale maggioritaria della produzione comunitaria totale ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 3285/94 e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 519/94, e sono quindi considerati «i produttori comunitari».

    7.   SVILUPPI IMPREVISTI

    (35)

    Verso la fine del 2002 i produttori norvegesi avevano previsto una produzione complessiva di salmone di 446 000 tonnellate circa per il 2003. Nel febbraio 2003 Kontali Analyse (che fornisce informazioni sull’industria) prevedeva catture pari a 475 000 tonnellate, ossia 30 000 tonnellate in più rispetto alla produzione dell’anno precedente, indicando però che la maggior parte di tale aumento sarebbe stata destinata a mercati emergenti quali Russia e Polonia e a mercati dell’Estremo Oriente quali Giappone, Hong Kong, Taiwan e Cina. La crescita in Estremo Oriente era negativa dal 2000, ma la Norvegia contava sull’apertura del mercato cinese per invertire tale tendenza nel 2003.

    (36)

    In realtà, nel 2003 la produzione norvegese ha raggiunto 509 000 tonnellate (circa 63 000 tonnellate in più rispetto alle previsioni del governo norvegese) e le catture hanno superato del 6 % le stime della Kontali. La produzione era anche superiore di 64 000 tonnellate (o 14 %) a quella del 2002. Contemporaneamente, anziché subire un’inversione, la tendenza al ribasso delle vendite in Estremo Oriente si è accentuata (– 6,0 %). Anche la crescita dei mercati emergenti ha inoltre subito un rallentamento, passando da 47 a 32 % in Russia e da 50 a 30 % nei paesi terzi europei. In effetti, il consumo complessivo a livello mondiale è cresciuto soltanto del 6 %, rispetto al 9 % del 2002 e al 14 % del 2001. Le previsioni relative alla produzione, rivelatesi errate, e l’andamento del consumo mondiale, costituiscono sviluppi imprevisti.

    (37)

    La Norvegia ha quindi dovuto affrontare un grave problema di sovrapproduzione, che sembra aver riconosciuto. Nell’agosto 2003, infatti, per cercare di eliminare le eccedenze dal mercato, alcuni produttori norvegesi hanno valutato la possibilità di congelare 30 000 tonnellate di salmone d’allevamento. Successivamente, però, essi hanno abbandonato tale idea e l’offerta sul mercato è rimasta eccessiva.

    (38)

    Nel dicembre 2002, inoltre, la Commissione aveva proposto di abolire le misure antidumping e antisovvenzioni nei confronti della Norvegia. Dette misure sono state abolite nel maggio 2003. Tali misure avevano assunto, in larga misura, la forma di prezzi minimi all’importazione, garantendo di fatto un prezzo minimo per i produttori esportatori. Quando è stato proposto di ritirare le misure, numerosi produttori esportatori norvegesi hanno ritirato volontariamente i propri impegni o hanno semplicemente smesso di osservarli. Nel complesso, i produttori norvegesi di salmone sono fortemente indebitati con le banche del paese. Quando i prezzi sono calati, e in mancanza di prezzi minimi all’importazione, le banche hanno incominciato ad adottare misure per ridurre la propria esposizione al rischio di credito, esigendo il rimborso dei prestiti. Si è instaurato così un circolo vizioso, che ha comportato un aumento delle catture, un’ulteriore pressione sui prezzi e una sempre maggiore pressione ad esportare. Benché ci si potesse attendere un modesto adeguamento provvisorio dei prezzi all’importazione in seguito all’abolizione delle misure nei confronti della Norvegia, non era possibile prevedere l’entità del crollo dei prezzi (aggravato dal problema della sovrapproduzione) e il circolo vizioso venutosi ad instaurare a causa del comportamento del sistema bancario descritto in precedenza.

    (39)

    Nel 2003 il valore della corona norvegese è diminuito del 13 % rispetto all’euro, del 12 % rispetto alla corona danese e del 14 % rispetto alla corona svedese. Pur non essendo inattese, le fluttuazioni valutarie sono state relativamente forti e sostenute, ed hanno superato i limiti di una fluttuazione normale. Benché l’euro si sia rafforzato anche nei confronti della sterlina inglese, quest’ultima ha perso soltanto il 6 % cosicché, rispetto all’inizio dell’anno, il salmone d’allevamento prodotto nel Regno Unito è risultato più costoso di quello importato dalla Norvegia nella zona euro. I principali importatori di salmone d’allevamento norvegese nella Comunità sono Danimarca, Svezia, Germania e Polonia. Gran parte di queste importazioni, tuttavia, viene direttamente trasportata all’interno della Comunità verso paesi della zona euro quali Francia e Spagna. Inoltre, più della metà del salmone d’allevamento importato in Danimarca, e quasi tutto il salmone importato in Polonia e in altri nuovi Stati membri, viene rivenduto nella zona euro dopo la trasformazione. Pertanto, la perdita di valore della corona norvegese rispetto all’euro ha inciso non soltanto sulle importazioni norvegesi effettuate direttamente nella zona euro, ma anche su quelle di paesi quali la Danimarca e la Polonia, che trasformano il salmone d’allevamento per poi rivenderlo nella zona euro. Tali fluttuazioni valutarie hanno reso, nel complesso, il mercato comunitario più allettante per i produttori esportatori norvegesi, proteggendoli in qualche misura dall’effetto di una diminuzione dei loro prezzi in euro e in corone, ed aiutandoli a mantenere i loro proventi delle esportazioni nella valuta nazionale. Ciononostante, sono diminuiti anche i prezzi unitari in corona norvegese. Nel contempo, queste fluttuazioni monetarie hanno fatto scendere il prezzo del salmone importato nella Comunità europea, rendendolo più allettante per importatori e utilizzatori quali l’industria di trasformazione. Gran parte della sovrapproduzione norvegese è stata quindi esportata verso la Comunità europea.

    (40)

    Una parte ha sostenuto che la sovrapproduzione in paesi terzi non comporta necessariamente un aumento delle importazioni nella Comunità. Benché, in assoluto, tale affermazione sia vera, l’inchiesta dimostra che nella fattispecie la sovrapproduzione ha effettivamente determinato un aumento delle importazioni nella Comunità.

    (41)

    Si è affermato altresì che tanto l’abolizione delle misure commerciali quanto le fluttuazioni dei tassi di cambio sono prevedibili. Tuttavia, il considerevole impatto dell’abolizione delle misure commerciali, unito a fluttuazioni relativamente ampie e sostenute dei tassi di cambio, non era prevedibile.

    (42)

    Si conclude pertanto che gli sviluppi imprevisti responsabili dell’aumento delle importazioni vanno attribuiti: a una notevole sovrapproduzione in Norvegia (nonostante previsioni inferiori), accentuata dall’incapacità dell’industria norvegese di aumentare — contrariamente alle previsioni — le esportazioni verso mercati diversi da quello comunitario; alla portata inattesa degli effetti dell’abolizione delle misure di difesa commerciale nei confronti della Norvegia e al comportamento del sistema bancario norvegese, descritto in precedenza, unitamente all’aumento del valore dell’euro che ha reso il mercato comunitario straordinariamente allettante per gli esportatori norvegesi.

    8.   GRAVE PREGIUDIZIO

    8.1.   Introduzione

    (43)

    Per accertare l’esistenza di un grave pregiudizio ai danni dei produttori comunitari del prodotto simile, sono stati analizzati tutti i fattori pertinenti, oggettivi e quantificabili, che incidono sulla loro situazione, esaminando in particolare, per il prodotto in esame, l’andamento dei dati complessivi della Comunità relativamente a consumo, capacità di produzione, produzione, utilizzazione delle capacità, occupazione, produttività, vendite complessive e quota di mercato. Tali dati complessivi si basano su informazioni statistiche raccolte da Regno Unito e Irlanda attraverso studi nel settore industriale. I dati relativi alle singole società si basano su informazioni in materia di flusso di cassa, utile sul capitale investito, scorte, prezzi, sottoquotazione e redditività per gli anni 2000-2003, fornite dai produttori comunitari che hanno collaborato.

    (44)

    Va sottolineato, innanzitutto, che nell’industria comunitaria del salmone d’allevamento, così come in altri settori, il ciclo di produzione che precede la cattura è lungo e relativamente poco flessibile e che, una volta pescato, il salmone d’allevamento va venduto immediatamente, visto che può essere conservato soltanto per pochi giorni se non viene congelato. Le operazioni di congelamento sono costose e, in ogni caso, le capacità di congelamento nella Comunità sono limitate. Pertanto, il livello di produzione dev’essere programmato con almeno due anni di anticipo e, una volta programmato, può venire modificato solo marginalmente. Un’offerta eccessiva ha quindi un effetto ritardato sulla produzione, ma le sue conseguenze sui prezzi sono immediate e gravi.

    8.2.   Analisi della situazione dei produttori comunitari

    8.2.1.   Consumo

    (45)

    Il consumo del prodotto in esame nella Comunità è stato determinato sulla base della produzione complessiva di tutti i produttori comunitari e delle importazioni totali del prodotto in esame nella Comunità registrate nei dati Eurostat, sottraendo le esportazioni della Comunità europea.

    (46)

    Tra il 2000 e il 2003 il consumo nella Comunità è aumentato del 21,7 %, passando da 507 705 a 618 038 tonnellate.

    (47)

    Va sottolineato che il livello di elasticità del prezzo del salmone è relativamente elevato e che l’aumento nettamente più pronunciato del consumo nel 2003 può quindi essere imputato, almeno in parte, al calo dei prezzi di vendita all’ingrosso.

    8.2.2.   Capacità di produzione e utilizzazione delle capacità dei produttori comunitari

    (48)

    La produzione di salmone d’allevamento nella Comunità europea è limitata da autorizzazioni governative che specificano il quantitativo massimo di pesce vivo che può essere tenuto in acqua in un certo luogo e in un determinato momento. I dati forniti relativamente alle capacità si basano sul quantitativo globale autorizzato piuttosto che sulla capacità fisica di contenimento delle gabbie utilizzate dai produttori comunitari. La richiesta e la conservazione delle autorizzazioni hanno un costo relativamente basso e quindi è tale anche il costo del mantenimento delle capacità eccessive.

    (49)

    L’inchiesta ha indicato che la capacità di produzione teorica, rimasta stabile tra il 2000 e il 2002, è aumentata del 2,2 % tra il 2002 e il 2003.

    (50)

    L’utilizzazione delle capacità (ossia la quantità di pesce effettivamente allevato rispetto al quantitativo autorizzato) è passata dal 43 % nel 2000 al 48 % nel 2001, per poi aumentare ulteriormente nel 2003 fino a raggiungere il 55 %. Tale andamento rispecchia il fatto che tra il 2000 e il 2003 la produzione è cresciuta più rapidamente del quantitativo autorizzato, aumentato soltanto del 2,2 %.

    8.2.3.   Produzione dei produttori comunitari

    (51)

    La produzione (considerata come pesce catturato) è aumentata del 30 %, passando da 146 664 tonnellate nel 2000 a 190 903 tonnellate nel 2003, con una crescita del 13,7 % in un solo anno.

    (52)

    Si osservi che a causa della lunghezza del ciclo di produzione, quest’ultima viene programmata con almeno due anni di anticipo e che, una volta avviato tale ciclo, i livelli di produzione possono essere modificati soltanto marginalmente.

    8.2.4.   Occupazione

    (53)

    L’occupazione relativa al prodotto in esame è scesa del 6 %, passando da 1 269 persone occupate nel settore nel 2000 a 1 193 nel 2003, pur registrando un andamento irregolare segnato da una parziale ripresa nel 2002.

    8.2.5.   Produttività

    (54)

    La produttività è costantemente aumentata durante il periodo in esame, passando da 115 tonnellate nel 2000 a 160 tonnellate nel 2003. Tale andamento rispecchia il sempre maggior ricorso a sistemi automatici di alimentazione e ad altri dispositivi che consentono un minore impiego di manodopera, nonché la forte pressione esercitata per ridurre i costi alla luce delle crescenti perdite finanziarie.

    8.2.6.   Volume delle vendite

    (55)

    Tra il 2000 e il 2002 le vendite del prodotto simile effettuate dai produttori comunitari sono cresciute del 14,3 %, passando da 134 916 a 154 171 tonnellate. Tale aumento si è verificato contemporaneamente ad un incremento del consumo dell’8,5 %. Tra il 2002 e il 2003 le vendite dei produttori comunitari sono aumentate del 5,1 %, passando da 154 171 a 162 090 tonnellate, benché in tale periodo il consumo sia aumentato del 10,3 %.

    8.2.7.   Quota di mercato

    (56)

    La quota di mercato dei produttori comunitari è salita da 26,5 % nel 2000 a 28,1 % nel 2001, attestandosi all’incirca a tale livello nel 2002. Essa è poi scesa a 26,1 % nel 2003, perdendo 1,9 punti percentuali (o il 6,7 %) e registrando il livello più basso del periodo in esame. Tale andamento è dovuto al fatto che nel 2003 le importazioni sono aumentate non solo in termini assoluti ma anche rispetto al consumo.

    8.2.8.   Flusso di cassa

    (57)

    Il flusso di cassa ha potuto essere analizzato soltanto per quanto riguarda la situazione delle società produttrici del prodotto in esame che hanno collaborato all’inchiesta, anziché in relazione esclusivamente al prodotto in esame. Si è ritenuto pertanto che tale indicatore fosse meno significativo rispetto agli altri indicatori esaminati. Ciononostante, risulta evidente che negli anni 2001, 2002 e 2003 il flusso di cassa è stato nettamente negativo.

    8.2.9.   Utile sul capitale investito (Return on Capital Employed — ROCE)

    (58)

    L’utile sul capitale investito ha potuto essere analizzato soltanto per quanto riguarda la situazione delle società produttrici del prodotto in esame che hanno collaborato all’inchiesta, anziché in relazione esclusivamente al prodotto in esame. Pertanto, si è ritenuto che anche questo indicatore fosse meno significativo rispetto agli altri indicatori esaminati. Ciononostante, risulta che l’utile sul capitale investito è sceso dal 34 % del 2000 a quasi zero nel 2001 e nel 2002, per poi crollare a – 20 % nel 2003.

    8.2.10.   Prezzo del prodotto simile

    (59)

    Il prezzo medio del prodotto simile ha registrato un calo del 20,3 % tra il 2000 e il 2003, periodo in cui si è registrata una diminuzione costante dei prezzi. Questi ultimi hanno raggiunto il livello minimo (2,79 EUR/kg) nel 2003.

    (60)

    I dati disponibili per i primi sei mesi del 2004 indicano che il prezzo unitario medio delle vendite dei produttori comunitari è lievemente aumentato, seguendo l’andamento dei prezzi medi all’importazione, registrando poi tuttavia una tendenza al ribasso. Dai dati più recenti emerge una nuova tendenza al ribasso dei prezzi, che restano molto bassi.

    (61)

    Una parte ha sostenuto che (rispetto ai tassi di cambio annuali medi) la diminuzione dei prezzi in sterline inglesi era meno significativa. È tuttavia prassi consolidata della Commissione utilizzare l’euro come unità monetaria nei casi di difesa commerciale.

    8.2.11.   Costi

    (62)

    Oltre all’andamento dei prezzi, è stato esaminato l’andamento dei costi. Tra il 2000 e il 2003 essi hanno registrato una fluttuazione, essendo compresi tra 3,0 e 3,2 EUR/kg.

    8.2.12.   Redditività

    (63)

    La redditività delle vendite dei produttori comunitari nella Comunità è scesa da 7,3 % nel 2000 a – 3,3 % nel 2001. Le perdite sono state meno pronunciate nel 2002 (– 2,5 %) ma sono successivamente aumentate, passando a – 17,1 % nel 2003. Nel 2003, quando le importazioni hanno raggiunto il loro massimo livello e il prezzo medio delle importazioni ha toccato il livello minimo (2,54 EUR/kg), anche il prezzo medio del prodotto comunitario ha raggiunto il suo livello più basso (2,79 EUR/kg). Il calo di redditività dei produttori comunitari tra il 2000 e il 2003 ha coinciso con la diminuzione del prezzo al chilogrammo del prodotto dei produttori comunitari, passato da 3,50 a 2,79 euro.

    8.2.13.   Scorte

    (64)

    In tale contesto, le scorte si riferiscono al pesce vivo, ancora in acqua. I produttori comunitari, come tutti gli altri, dispongono di scorte trascurabili di pesce catturato, visto che questo dev’essere venduto immediatamente. Un calo dei livelli delle scorte finali indica pertanto una diminuzione del quantitativo di pesce vivo allevato in previsione della futura cattura. Nella fattispecie, quindi, la diminuzione del livello delle scorte indica un pregiudizio crescente.

    (65)

    I livelli delle scorte sono passati da 36 332 tonnellate nel 2000 a 53 178 tonnellate nel 2002, per poi scendere a 43 024 tonnellate nel 2003. Si tratta di una diminuzione del 19,1 % tra il 2002 e il 2003.

    8.2.14.   Conclusioni

    (66)

    Dall’inchiesta emerge che tra il 2000 e il 2003, e soprattutto tra il 2002 e il 2003, il prodotto in esame è stato importato sul mercato comunitario in quantitativi sempre maggiori e in volumi elevati.

    (67)

    Per quanto riguarda la situazione dei produttori comunitari, tra il 2000 e il 2002, la capacità di produzione teorica è rimasta pressoché stabile, mentre la produzione è aumentata del 14,8 %. Pertanto, l’utilizzazione delle capacità è cresciuta dal 43 % al 50 % in tale periodo. Anche le scorte di pesce vivo hanno registrato un aumento. L’occupazione è leggermente diminuita, mentre la produttività è aumentata, essenzialmente a causa di un maggior ricorso all’automazione.

    (68)

    I volumi delle vendite sono aumentati del 14,3 % tra il 2000 e il 2002 (rispetto ad una crescita del consumo dell’8,5 %) e la quota di mercato dei produttori comunitari è salita da 26,5 % a 28,0 %.

    (69)

    Tuttavia, anche in tale periodo i prezzi sono calati del 13,7 % tra il 2000 e il 2002, e nonostante una lieve riduzione dei costi nel 2002 (dovuta in parte ad una maggiore utilizzazione delle capacità e a una migliore produttività), ne è conseguito un calo della redditività, che dal 7,3 % del 2000 è divenuta deficitaria nel 2001 (– 3,3 %) e nel 2002 (– 2,5 %). Anche l’utile sul capitale investito e il flusso di cassa hanno registrato un andamento negativo in questo periodo.

    (70)

    Tra il 2002 e il 2003, la situazione dei produttori comunitari è notevolmente peggiorata. Benché la capacità di produzione e la produzione siano aumentate, l’aumento della capacità di produzione è stato modesto (2,2 %) rispetto alla crescita del consumo registrata in quell’anno. Tenuto conto della lunghezza del ciclo di produzione, i livelli di produzione vengono stabiliti con almeno due anni di anticipo, e l’aumento della produzione è stato conforme ai piani di produzione elaborati in precedenza. Pertanto, l’aumento di produzione non indica di per sé che nel 2003 la situazione dei produttori comunitari fosse florida. Essa ha comportato una maggiore utilizzazione delle capacità ed un miglioramento della produttività.

    (71)

    Tutti gli altri indicatori hanno registrato un andamento negativo. Le scorte di pesce vivo sono diminuite del 19,1 %. Sebbene il consumo sia cresciuto del 10,3 %, le vendite dei produttori comunitari sono aumentate soltanto del 5,1 % e la loro quota di mercato è scesa del 6,7 %. Dato, inoltre, che tale perdita della quota di mercato si è verificata contemporaneamente al calo dei prezzi, i produttori comunitari sono stati obbligati a ridurre i prezzi per vendere i propri prodotti. I prezzi sono diminuiti di un ulteriore 7,6 % rispetto al 2002 (e risultavano più bassi del 20,3 % rispetto al 2000), mentre i costi sono risaliti al loro livello medio per i quattro anni presi in considerazione. Ne è conseguito un forte calo della redditività e i produttori comunitari hanno subito perdite del 17,1 %, riflesse in un utile sul capitale investito pari a – 20 %. L’apparente miglioramento del flusso di cassa ha rispecchiato in realtà una riduzione delle scorte di pesce vivo e un’incapacità a reinvestire.

    (72)

    È stato sostenuto che i produttori più grandi non hanno subito alcun pregiudizio. Si rammenta tuttavia che i produttori comunitari, rispetto ai quali viene stabilita l’esistenza di un grave pregiudizio, comprendono diversi grandi produttori.

    (73)

    Tenuto conto di tutti questi fattori, si è concluso che i produttori comunitari hanno subito un grave pregiudizio, concretatosi in un notevole peggioramento generale della loro situazione.

    9.   CAUSA DEL PREGIUDIZIO

    (74)

    Per verificare se esista un nesso causale tra l’aumento delle importazioni e il grave pregiudizio, garantendo d’altra parte che il pregiudizio causato da altri fattori non fosse attribuito a tale crescita delle importazioni, gli effetti pregiudizievoli dovuti a fattori che sono stati ritenuti causa del pregiudizio sono stati esaminati distinguendoli l’uno dall’altro; questi effetti pregiudizievoli sono stati imputati ai rispettivi fattori che li hanno causati e, dopo aver attribuito il pregiudizio all’insieme dei fattori causali accertati, si è stabilito se l’aumento delle importazioni fosse una causa «reale e sostanziale» del grave pregiudizio.

    9.1.   Analisi dei singoli fattori causali del pregiudizio

    9.1.1.   Effetti dell’aumento delle importazioni

    (75)

    Come indicato in precedenza, tra il 2000 e il 2003, e soprattutto tra il 2002 e il 2003, il prodotto in esame è stato importato sul mercato comunitario in quantitativi sempre maggiori e in volumi elevati.

    (76)

    Dato che il salmone d’allevamento è essenzialmente un prodotto di base, i prezzi costituiscono il principale fattore concorrenziale tra il prodotto in esame e il prodotto simile. Benché una parte abbia sostenuto che le importazioni dal Cile determinano il livello dei prezzi, è generalmente riconosciuto che le importazioni, in particolare quelle provenienti dalla Norvegia, dominano il mercato e determinano il livello dei prezzi. Pertanto, anche un basso livello di sottoquotazione comporta un’erosione dei prezzi per i produttori comunitari.

    (77)

    Nella fattispecie, l’effetto più pregiudizievole dell’aumento delle importazioni è consistito nelle ingenti perdite finanziarie subite dai produttori comunitari. A causa dell’influenza esercitata dalle importazioni sul mercato e sui prezzi, la loro crescita ha comportato un calo dei prezzi in tutta la Comunità. Se tale crescita fosse stata inferiore, anche la pressione sui prezzi sarebbe stata meno accentuata. Se la domanda sul mercato comunitario fosse stata tale da consentire di far fronte all’aumento delle importazioni a prezzi sensibilmente più elevati, anche a scapito delle vendite e della quota di mercato dei produttori comunitari, è possibile che questi ultimi non avrebbero subito un grave pregiudizio.

    (78)

    Tra il 2000 e il 2002, il prezzo delle importazioni è diminuito del 19 %, e i prezzi dei produttori comunitari hanno seguito il medesimo andamento. La quota di mercato delle vendite dei produttori comunitari nella Comunità è effettivamente aumentata in tale periodo, ma tale crescita ha rispecchiato decisioni in materia di produzione adottate negli anni precedenti, e tanto nel 2001 quanto nel 2002 le vendite dei produttori comunitari sono state effettuate in perdita.

    (79)

    Tra il 2002 e il 2003, le importazioni sono aumentate del 15 %. La loro quota di mercato è passata dal 72 % al 73,9 %, mentre quella dei produttori comunitari è scesa da 28 % a 26,1 %. Nello stesso periodo, le importazioni sono salite dal 236 % al 239 % della produzione comunitaria. Risulta pertanto che le importazioni sono aumentate, rispetto tanto alla produzione quanto al consumo nella Comunità, a scapito dei produttori comunitari.

    (80)

    Tuttavia, l’aspetto più importante di tale aumento delle importazioni consiste nel suo effetto sui prezzi e sulla redditività dei produttori comunitari. Come indicato in precedenza, è generalmente riconosciuto che le importazioni (in particolare quelle provenienti dalla Norvegia) determinano il livello dei prezzi del salmone d’allevamento sul mercato comunitario. È stata pertanto analizzata l’esistenza di una sottoquotazione per stabilire se le importazioni a basso costo abbiano effettivamente comportato un’erosione dei prezzi praticati dai produttori comunitari.

    (81)

    Per determinare il livello di sottoquotazione, sono stati esaminati i dati relativi ai prezzi per periodi comparabili, allo stesso stadio commerciale e per vendite effettuate a clienti simili. Basandosi su un confronto tra i prezzi medi franco Glasgow praticati dai produttori comunitari e quelli praticati dai produttori esportatori agli importatori nella Comunità (CIF frontiera comunitaria, dazio doganale compreso), si constata una sottoquotazione compresa tra il 3,1 % e il 7,1 % per gli ultimi tre anni. Tale situazione avrebbe comportato un’erosione dei prezzi dei produttori comunitari poiché, a causa della loro elevata quota di mercato, sono le importazioni a determinare il livello dei prezzi. Risulta, in particolare, che l’aumento delle importazioni a prezzi sempre più bassi fino al terzo trimestre del 2003 ha costretto i produttori comunitari a ridurre costantemente i prezzi fino a tale trimestre, con le conseguenti perdite da essi subite in tale anno.

    (82)

    Tale analisi è confermata da un confronto diretto tra i prezzi delle importazioni e i prezzi praticati dai produttori comunitari. I prezzi delle importazioni sono diminuiti del 28,5 % tra il 2000 e il 2003, passando da 3,62 a 2,59 EUR/kg, dazio compreso. Contemporaneamente, il prezzo medio del prodotto simile è sceso del 20 %, passando da 3,50 a 2,79 EUR/kg, con un calo costante.

    (83)

    Tra il 2002 e il 2003 il prezzo medio unitario delle importazioni è sceso da 2,93 a 2,59 EUR/kg, dazio compreso. Mentre le importazioni sono aumentate, raggiungendo il livello massimo, e il loro prezzo medio ha toccato il livello più basso (2,59 EUR/kg, dazio compreso), i prezzi delle importazioni hanno trascinato i prezzi dei produttori comunitari verso il basso, e il prezzo medio del prodotto comunitario ha raggiunto il suo livello minimo (2,79 EUR/kg). Il prezzo medio unitario del prodotto comunitario (adeguato franco Glasgow) è sceso da 3,02 a 2,79 EUR/kg, con un calo dell’8 %.

     

    2000

    2001

    2002

    2003

    Prezzi unitari delle vendite comunitarie (1 000 EUR/t) (7)

    3,50

    3,23

    3,02

    2,79

    Prezzi unitari delle importazioni, dazio doganale compreso (1 000 EUR/t) (8)

    3,62

    3,05

    2,93

    2,59

    (84)

    La diminuzione dei prezzi dei produttori comunitari sarebbe stata la causa principale di un netto calo della redditività. Nel 2000, quando il costo al chilo era pari a 3,1 EUR e il prezzo di vendita (adeguato franco Glasgow) era di 3,50 euro, i produttori comunitari hanno registrato un utile del 7,3 %. Nel 2001 e nel 2002, benché siano aumentate l’utilizzazione delle capacità, la produzione, la produttività, le scorte di pesce vivo, le vendite e la quota di mercato, essi hanno subito perdite finanziarie, una riduzione dell’utile globale sul capitale investito e un flusso di cassa generale negativo, mentre i prezzi delle vendite (adeguati franco Glasgow) sono calati rispettivamente a 3,23 e 3,02 euro e i costi, dopo un lieve aumento iniziale, sono scesi a 3,2 euro nel 2001 e a 3,0 euro nel 2002. Anche l’occupazione ha subito un calo.

    (85)

    Nel 2003, mentre i prezzi (adeguati franco Glasgow) sono scesi a 2,79 euro a causa della pressione esercitata dalle importazioni a basso costo, ed i costi si sono ristabiliti al livello del 2000 (3,1 euro), i produttori comunitari hanno subito una perdita del 17,1 %, rispecchiata nell’andamento negativo dell’utile globale sul capitale investito e del flusso di cassa. Contemporaneamente, il volume delle vendite è aumentato soltanto del 5,1 %, rispetto ad una crescita del consumo del 10,3 %, e la quota di mercato ha perso 1,9 punti percentuali, mentre il volume e la quota di mercato delle importazioni sono aumentati. Sebbene la capacità, l’utilizzazione delle capacità e la produzione, nonché la produttività siano aumentate, e l’occupazione sia rimasta stabile, l’aumento delle importazioni a basso prezzo ha un effetto ritardato sull’utilizzazione delle capacità, sulla produzione e sull’occupazione. La diminuzione delle scorte di pesce vivo nel 2003 dimostra che ci si può attendere un calo della produzione causato dall’aumento delle importazioni.

    (86)

    Alla luce di quanto precede, si conclude che esiste una correlazione tra l’aumento delle importazioni e il grave pregiudizio subito dai produttori comunitari, e che l’aumento delle importazioni a basso prezzo ha avuto effetti pregiudizievoli sui produttori comunitari, in particolare sotto forma di una pressione al ribasso sui prezzi praticati sul mercato comunitario, con ingenti perdite finanziarie per i produttori comunitari.

    9.1.2.   Effetti delle variazioni del livello del consumo nel Regno Unito

    (87)

    Una parte ha sostenuto che il consumo nel Regno Unito sarebbe diminuito nel 2003, causando pregiudizio ai produttori comunitari. Tuttavia, il mercato britannico non può essere isolato dal resto del mercato comunitario, e il consumo nella Comunità europea è cresciuto del 21,7 % tra il 2000 e il 2003 e del 12,2 % tra il 2002 e il 2003. Pertanto, le ingenti perdite subite dai produttori comunitari nel 2003 sono state causate principalmente dai prezzi bassi piuttosto che da un asserito calo del consumo.

    9.1.3.   Effetti delle variazioni dell’andamento delle esportazioni

    (88)

    Sono stati inoltre esaminati gli effetti delle variazioni del livello delle esportazioni. Le esportazioni sono aumentate durante l’intero periodo in esame, raddoppiando tra il 2002 e il 2003, poiché, vista la situazione disastrosa sul mercato comunitario, i produttori comunitari hanno cercato di aumentare le esportazioni. Benché una parte affermi il contrario, si conclude pertanto che le variazioni dell’andamento delle esportazioni non figurano tra le cause del grave pregiudizio subito dai produttori comunitari. In ogni caso, i dati relativi alla redditività poggiano su dati riguardanti unicamente le vendite nella Comunità.

    9.1.4.   Effetti dell’eventuale capacità eccessiva

    (89)

    È stato inoltre esaminato se gli effetti pregiudizievoli non siano imputabili alla capacità eccessiva dei produttori comunitari. Durante il periodo dell’inchiesta, la capacità teorica di produzione è aumentata del 2,2 % tra il 2000 e il 2003 — quindi assai meno di produzione e consumo. Inoltre, come indicato in precedenza, la capacità teorica corrisponde alla quantità totale di pesce vivo autorizzata dal governo. Il costo della richiesta e della conservazione delle autorizzazioni è basso. I principali fattori di costo sono infatti i giovani salmoni (novellame), i mangimi e la manodopera. Si conclude pertanto che l’aumento della capacità teorica non è stato causa di grave pregiudizio per i produttori comunitari.

    9.1.5.   Effetti della concorrenza tra i produttori comunitari

    (90)

    Alcuni esportatori hanno sostenuto che il calo del prezzo del salmone sul mercato comunitario era dovuto ad un’offerta eccessiva da parte dei produttori della Comunità. Tuttavia, nel 2003 le importazioni sono aumentate del 15 %, mentre le vendite dei produttori comunitari nella Comunità sono aumentate soltanto del 5,1 %. Inoltre, il prezzo su tale mercato è determinato delle importazioni, non dai produttori comunitari. In effetti, da un esame della politica dei prezzi adottata da tutte le parti nel 2002 e nel 2003, emerge chiaramente che i prodotti importati sono stati costantemente venduti a prezzi inferiori a quelli praticati dai produttori comunitari, che hanno seguito la tendenza al ribasso dei prezzi delle importazioni. Gli effetti della concorrenza tra i produttori comunitari si equilibrano — le perdite subite dagli uni sono compensate dagli utili di altri, a parità di condizioni. Si conclude pertanto che la concorrenza tra i produttori comunitari non è stata causa del grave pregiudizio constatato.

    9.1.6.   Effetti del tasso di mortalità più elevato sui costi di produzione

    (91)

    Una parte ha sostenuto che tassi di mortalità dei salmoni superiori alla norma in Irlanda, nonché lo scoppio di epidemie nel Regno Unito e in Irlanda nel 2002 e nel 2003, potrebbero aver provocato l’aumento dei costi di produzione e costretto alcuni produttori ad interrompere il normale ciclo di produzione. Tali fenomeni, tuttavia, sono limitati a pochissimi allevatori. Inoltre, come indica la tabella seguente, i costi di produzione dei produttori comunitari sono diminuiti nel 2002, per poi avvicinarsi al livello medio del quadriennio considerato nel 2003. Si conclude pertanto che tassi di mortalità dei salmoni superiori alla norma non sono stati causa di gravi effetti pregiudizievoli.

     

    2000

    2001

    2002

    2003

    Costo di produzione medio (1 000 EUR/t)

    3,1

    3,2

    3,0

    3,1

    9.1.7.   Effetti di costi di produzione generalmente più elevati

    (92)

    È stato sostenuto che i costi di produzione dell’industria norvegese sono inferiori a quelli dei produttori comunitari, e che ciò — unitamente all’incapacità dei produttori comunitari di ridurre i costi di produzione — spiega in parte l’aumento delle importazioni e il grave pregiudizio. Dalle informazioni disponibili risulta che mentre la Norvegia gode di certi vantaggi relativamente a determinati costi, i produttori comunitari sono avvantaggiati relativamente ad altri. Nel complesso, si osserva che non solo i produttori comunitari, ma anche quelli norvegesi, subiscono attualmente perdite significative sul mercato. Come indicato al punto 8.2.12, nel 2003 i produttori comunitari hanno subito perdite pari a – 17,1 %. Dai dati forniti dal governo norvegese, risulta che nel 2003, su un campione di 148 allevamenti di salmoni e trote arcobaleno, le perdite sono state pari a – 12,1 %. Inoltre, i produttori norvegesi erano fortemente indebitati, e tale debito rappresenta una percentuale significativa dei loro costi totali. Il debito complessivo (esclusi capitale netto e accantonamenti) era pari a 6,3 miliardi di NOK, rispetto a un fatturato totale di 5,6 miliardi di NOK (9) (pari rispettivamente a 750 e 670 milioni di euro). Tale situazione ha fatto sì che in alcuni casi le banche del paese diventassero effettivamente proprietarie di allevamenti norvegesi. Si conclude pertanto che, benché possano risultare leggere differenze, l’eventuale differenza tra il costo medio di produzione dei produttori comunitari e quello dei produttori esportatori non ha materialmente causato il grave pregiudizio subito.

    9.1.8.   Costi di trasporto più elevati in Scozia

    (93)

    Una parte ha sostenuto che le località isolate della Scozia dispongono di infrastrutture meno sviluppate e che ciò fa aumentare i costi e potrebbe causare pregiudizio ai produttori comunitari. A tale proposito, si rileva che in Norvegia — paese le cui importazioni dominano il mercato comunitario — la piscicoltura viene spesso praticata in località remote che dispongono di infrastrutture di trasporto relativamente modeste.

    (94)

    I costi di trasporto non rappresentano una percentuale elevata del costo totale di produzione del salmone d’allevamento e variano a seconda dell’origine del prodotto e della sua destinazione. Nel complesso, non si ritiene che esista una differenza significativa tra Norvegia, Regno Unito e Irlanda per quanto riguarda i costi di trasporto verso il mercato comunitario. È inoltre probabile che, in generale, i produttori esportatori (che per definizione sono situati fuori della Comunità europea) debbano sostenere costi di trasporto più elevati per vendere i propri prodotti sul mercato comunitario. Non si ritiene pertanto che costi di trasporto più elevati in Scozia abbiano contribuito al pregiudizio subito dai produttori comunitari.

    (95)

    Inoltre, e in ogni caso, non è stato assolutamente dimostrato che i costi di trasporto in Scozia siano aumentati negli ultimi anni e, pertanto, non è possibile imputare il recente aumento delle perdite finanziarie subite dai produttori comunitari a costi di trasporto più elevati.

    9.1.9.   Altri fattori

    (96)

    È stato affermato che la normativa ambientale e sanitaria più rigida in vigore nella Comunità, le restrizioni alle importazioni nei paesi terzi, studi scientifici sul salmone e relazioni pubbliche negative causate da articoli di stampa avrebbero contribuito al pregiudizio subito dai produttori comunitari. Tali affermazioni non sono state tuttavia suffragate da prove, e le argomentazioni non sono state elaborate. Viste le circostanze, questi fattori non possono essere considerati fattori causali rilevanti del grave pregiudizio subito dai produttori comunitari. Durante la fase definitiva dell’inchiesta non sono stati riscontrati altri fattori causali rilevanti.

    9.2.   Attribuzione degli effetti pregiudizievoli ai diversi fattori

    (97)

    L’aumento delle importazioni ha avuto soltanto un effetto negativo limitato sui quantitativi venduti dai produttori comunitari, benché le vendite e la quota di mercato di questi ultimi abbiano registrato un calo nel 2003. Risulta in particolare, tuttavia, che il sensibile aumento delle importazioni ha avuto un effetto devastante sulla redditività dei produttori comunitari, tenuto conto del contemporaneo calo dei prezzi. Dato che le importazioni (che rappresentano il 70-75 % circa del mercato) determinano i prezzi, la spirale ribassista dei loro prezzi ha inciso in maniera significativa sull’erosione dei prezzi dei produttori comunitari. Ne sono conseguite ingenti perdite per i produttori comunitari. Non sono stati individuati altri fattori, oltre all’aumento delle importazioni a basso costo, che potrebbero aver contributo al pregiudizio.

    9.3.   Conclusioni

    (98)

    Pertanto, dopo aver accertato che gli altri fattori noti non hanno sortito effetti pregiudizievoli significativi, si conclude che sussiste un nesso reale e sostanziale tra l’aumento delle importazioni a basso costo e il grave pregiudizio subito dai produttori comunitari.

    10.   MISURE DI SALVAGUARDIA

    (99)

    L’analisi delle risultanze dell’inchiesta conferma che ci si trova in presenza di un grave pregiudizio e che occorre istituire misure definitive di salvaguardia per ovviare al grave pregiudizio subito dai produttori comunitari ed impedire che essi subiscano un ulteriore pregiudizio.

    10.1.   Forma e livello delle misure definitive di salvaguardia

    (100)

    Dato che la produzione comunitaria di salmone d’allevamento è insufficiente per soddisfare la domanda, occorre garantire che le misure adottate non impediscano l’accesso dei produttori esportatori al mercato comunitario. Poiché il pregiudizio subito dai produttori comunitari è essenzialmente imputabile al volume elevato delle importazioni, che comporta prezzi bassi e causa l’erosione e il blocco dei prezzi stessi, le misure adottate dovrebbero essere intese ad ovviare al grave pregiudizio e ad agevolare l’adeguamento. A tal fine, le misure dovrebbero comportare una stabilizzazione temporanea dei prezzi che non limiti inutilmente l’offerta e determini un periodo durante il quale i produttori comunitari possano adeguarsi alla maggiore concorrenza dei prodotti importati a basso prezzo prevedibile per il futuro.

    (101)

    La forma assunta dalle misure provvisorie di salvaguardia era unicamente quella di contingenti tariffari. Anche durante il periodo in cui erano in vigore tali misure provvisorie, il salmone d’allevamento ha continuato ad essere importato nel mercato comunitario a prezzi notevolmente inferiori al costo di produzione dei produttori comunitari. Occorrerebbe quindi adottare misure che determinino un aumento dei prezzi fino a un livello tale da consentire ai produttori comunitari perlomeno il pieno recupero dei costi. Ciò dovrebbe agevolare l’adeguamento, poiché garantirebbe che, durante il periodo in cui saranno in vigore le presenti misure, i produttori comunitari non continueranno a sostenere perdite tali da impedir loro di ottenere finanziamenti al fine di prendere i provvedimenti necessari all'opera di adeguamento e ristrutturazione. Per conseguire un effetto di rialzo dei prezzi si è valutata l’opportunità di introdurre contingenti tariffari benché con volumi molto ridotti esenti dal dazio di salvaguardia. Tuttavia, sebbene tale regime avesse potuto ragionevolmente incidere sui prezzi, quest’impostazione è stata ritenuta inadeguata, dal momento che si è voluto evitare di limitare più del necessario il mercato in piena crescita del salmone d’allevamento. Si dovrebbe quindi introdurre un elemento relativo al prezzo per tutte le importazioni nella Comunità di salmone d’allevamento. Si è accertato che il costo di produzione medio dei produttori comunitari era di 3,10 EUR al chilo nel 2003. Tuttavia, di norma il prodotto dei produttori comunitari richiede una maggiorazione di prezzo rispetto a quello importato che può arrivare fino al 10 % circa. Si conclude pertanto che il livello del prezzo all’importazione dovrebbe essere fissato a 2 850 EUR/t per il salmone fresco: nonostante si tratti di un elemento di prezzo non elevato, esso dovrebbe permettere ai produttori comunitari di conseguire più o meno il punto di equilibrio. È stato avanzato l'argomento che, in casi precedenti, gli impegni sul prezzo minimo non sono stati rispettati. Benché questo sia probabilmente vero, le presenti misure, tuttavia, non comportano impegni, ma la fissazione di un livello di prezzo all’importazione al di sotto del quale il dazio risulta applicabile e la cui elusione costituisce una frode doganale. Inoltre, alcune parti hanno dichiarato di preferire un dazio specifico o ad valorem rispetto alla fissazione di un prezzo minimo per le importazioni. Tuttavia, l'istituzione di simili dazi comporterebbe un prelievo di denaro sul mercato, e di conseguenza si ritiene che, a medio termine, la fissazione di un prezzo minimo all'importazione rappresenti una soluzione migliore. Nondimeno, al fine di agevolare l’adeguamento, si ritiene opportuno applicare un dazio specifico durante la fase di graduale introduzione descritta di seguito.

    (102)

    È stato affermato che, dal momento che il salmone congelato si vende a prezzo più basso rispetto al salmone fresco per via di una leggera differenza nella struttura del costo di produzione, fissare lo stesso livello di prezzo all'importazione per tale prodotto significherebbe escludere, di fatto, il salmone congelato dal mercato comunitario. Si è quindi sostenuto che per il salmone congelato si dovrebbe fissare un prezzo all'importazione più basso, per tener conto di queste differenze negli elementi del costo, e che, inoltre, qualsiasi elemento relativo al prezzo dovrebbe essere inferiore per il salmone congelato rispetto al prodotto fresco. Poiché risulta una differenza di prezzo sul mercato di circa il 4 % tra i due tipi di prodotto, si ritiene che, per rispecchiare tale differenza, per il salmone congelato debba essere fissato un livello inferiore del prezzo all’importazione. Il prezzo all’importazione del salmone d’allevamento congelato è stato quindi fissato a 2 736 EUR/t.

    (103)

    Una parte ha affermato che la fissazione di due livelli di prezzo comporterebbe difficoltà eccessive per le autorità e accrescerebbe il rischio di frode al punto di entrata delle importazioni, ma queste affermazioni, nella pratica, appaiono infondate, dal momento che, in caso di frode doganale, sono previste sanzioni. D’altra parte, si è anche affermato che andrebbe applicato un regime di prezzo differente per il salmone d’allevamento a seconda dell’utilizzazione finale del prodotto, a seconda cioè se sia destinato alla trasformazione o, nella fase finale, alla vendita al dettaglio. I controlli in tal senso risulterebbero ben più difficili, e pertanto, per motivi di praticità, si è constatato che in tali circostanze non era possibile adottare la soluzione proposta.

    (104)

    Poiché attualmente i prezzi sul mercato sono bassi, e al fine di evitare qualsiasi perturbazione del mercato, in particolare per l’industria di trasformazione, occorre prevedere un’introduzione graduale dell’elemento di prezzo. In questo modo, il mercato potrà adeguarsi gradualmente al prezzo all’importazione da fissare. A tale proposito, alcune parti hanno sostenuto la necessità di un lungo periodo per tale processo, onde consentire ai trasformatori di adeguarsi all'incremento di prezzo, mentre altre hanno affermato che il periodo dovesse essere breve vista la difficile situazione dei produttori comunitari. Si è ritenuto opportuno far iniziare il periodo di introduzione graduale dalla data di entrata in vigore delle misure definitive di salvaguardia fino al 15 aprile 2005; nel corso di tale periodo dovrebbe essere applicato un prezzo minimo all’importazione di 2 700 EUR/t per il salmone fresco e di 2 592 EUR/t per il salmone congelato.

    (105)

    Si ritiene che, nella fase definitiva, l'elemento di prezzo debba assumere la forma di un dazio variabile. Nessun dazio sarà applicato se le importazioni vengono effettuate a un prezzo CIF frontiera comunitaria pari o superiore al prezzo all’importazione fissato. Se le importazioni sono effettuate a un prezzo inferiore, dovrà essere corrisposta la differenza tra il prezzo effettivo e il prezzo all'importazione fissato. L'elemento di prezzo minimo è applicabile in ogni momento, sia entro i limiti del contingente tariffario definito di seguito, sia una volta superato il massimale di detto contingente.

    (106)

    Per garantire il rispetto dell’elemento di prezzo da parte degli importatori, si è ritenuto che questi ultimi debbano fornire alle autorità doganali nazionali, entro un determinato termine di tempo, elementi di prova soddisfacenti del prezzo all’importazione effettivamente corrisposto per tonnellata di salmone d’allevamento importato. Per garantire, inoltre, che tutti gli importatori adempiano a tale condizione, ed entro il termine stabilito, agli importatori deve essere richiesto di costituire un'adeguata garanzia presso le autorità doganali nazionali all'atto dell'importazione di salmone d'allevamento. Considerato il livello dell’elemento di prezzo proposto, tanto nella fase di introduzione graduale quanto in quella definitiva, si ritiene adeguata una garanzia di 290 euro per tonnellata («equivalenti pesci interi») di salmone d'allevamento importato, sia fresco che congelato (gruppo 1-320 EUR/t, gruppo 2-450 EUR/t). Si è affermato che una tale garanzia è troppo elevata e sarebbe eccessivamente gravosa per gli importatori. Si è però ritenuto che un livello inferiore di garanzia non raggiungerebbe l’obiettivo prefissato, vista la differenza tra i prezzi effettivi di mercato e il livello del prezzo all’importazione fissato. Data la natura delle informazioni da fornire alle autorità, e per motivi di comodità amministrativa, si è ritenuto che il termine entro il quale l'importatore deve presentare elementi di prova soddisfacenti venga fissato a un anno dalla data di accettazione della pertinente dichiarazione doganale. La garanzia viene svincolata nel momento in cui l'importatore fornisce gli elementi di prova soddisfacenti, a condizione che lo faccia entro il termine specifico stabilito. Se l’importatore non fornisce elementi di prova soddisfacenti entro il termine fissato, la garanzia viene definitivamente riscossa sotto forma di dazi all’importazione.

    (107)

    Per garantire che, al di là del livello d'importazioni tradizionale, i produttori comunitari possano operare ad un livello ragionevole di redditività assicurando al tempo stesso l’apertura del mercato comunitario e un’offerta sufficiente per soddisfare la domanda, si ritiene inoltre opportuno fissare contingenti tariffari che rispecchino i livelli d’importazione tradizionali. Al di là di tali contingenti, le importazioni dovrebbero essere soggette a un dazio supplementare. Il salmone d’allevamento può quindi continuare ad essere importato entro i livelli tradizionali che rispettino l’elemento di prezzo fissato senza il pagamento di dazi supplementari, mentre quantitativi illimitati possono essere importati a condizione di pagare il dazio supplementare.

    (108)

    Per mantenere i flussi commerciali tradizionali e garantire che il mercato comunitario rimanga accessibile ai piccoli fornitori, il contingente tariffario andrebbe suddiviso tra i paesi/regioni che hanno un interesse sostanziale a fornire il prodotto in esame, mentre una parte del contingente dovrebbe essere riservata ad altri paesi. Dopo aver consultato la Norvegia, il Cile e le Isole Faer Øer, che hanno tale interesse sostanziale e detengono una considerevole quota delle importazioni, si ritiene opportuno assegnare un contingente tariffario specifico a ciascuno di questi paesi. In linea di massima, il contingente tariffario andrebbe suddiviso in base alla percentuale sul quantitativo totale del prodotto fornita dal paese durante il triennio 2001-2003. Si deve osservare, tuttavia, che le importazioni dal Cile hanno registrato un calo sostanziale nella seconda metà del 2003 per motivi tecnici connessi ai controlli alle frontiere, scendendo a una percentuale inferiore al 3 % delle importazioni nella Comunità, il che equivale all'incirca alla metà della quota delle importazioni nella Comunità detenuta di solito da questo paese. Per questa ragione le importazioni dal Cile registrate nel 2003 non sono rappresentative; pertanto, per evitare distorsioni dei flussi commerciali tradizionali, il contingente tariffario specifico per tale paese dovrebbe invece basarsi su una media calcolata a partire dalle importazioni registrate nel 2001 e 2002 e da una cifra adeguata per il 2003 (basata sui dati del 2002 maggiorati del tasso medio di crescita delle importazioni nel 2003, escluso il Cile). Per evitare inutili oneri amministrativi, i contingenti tariffari andrebbero assegnati in base alla regola del «primo arrivato, primo servito».

    (109)

    Risulta che, in condizioni normali, il consumo di salmone d’allevamento nella Comunità è aumentato del 4 %-5 % circa l’anno, tenuto conto dei livelli di crescita osservati nei nuovi Stati membri. Tuttavia, i dati del primo semestre del 2004 indicano che la crescita del mercato del salmone nella Comunità è in realtà sempre maggiore, e che sebbene tale mercato negli Stati membri di recente adesione sia di dimensioni ridotte rispetto a quello dell’UE a 15, alcuni elementi mostrano che i tassi di crescita annui nei nuovi Stati membri (che erano dell’ordine del 30 %) sono aumentati in seguito all’allargamento e sono oggi nettamente più elevati (circa il 50 %). Per tener conto di tale evoluzione, i contingenti tariffari (stabiliti sulla base della media delle importazioni tra il 2001 e il 2003) andrebbero aumentati del 10 %. Poiché il mercato del salmone è stagionale ed è caratterizzato da importazioni e vendite più elevate nella seconda metà dell’anno, anche i contingenti tariffari dovrebbero essere oggetto di adeguamenti stagionali. I contingenti sono stati calcolati in «equivalenti pesci interi» e i tassi di conversione applicati al prodotto importato in filetti o intero sono pari rispettivamente a 1 per 0,65 e 1 per 0,9. Se, durante il periodo di applicazione delle misure, dovesse risultare evidente che il tasso di conversione per il prodotto intero (1:0,9) non è più adeguato, tenuto conto della presentazione del salmone d’allevamento importato (attualmente soprattutto pesce eviscerato non decapitato), le misure potrebbero essere rivedute.

    (110)

    Il dazio supplementare dovrebbe essere fissato ad un livello tale da porre rimedio alla situazione dei produttori comunitari senza però costituire un inutile, eccessivo onere per importatori e utilizzatori. Un dazio ad valorem è ritenuto inadeguato poiché agirebbe come incentivo a ridurre i prezzi delle importazioni esenti da dazio e aumenterebbe in termini reali in caso di aumento dei prezzi. È pertanto opportuno stabilire un dazio fisso.

    (111)

    Un elemento di prezzo minimo, come spiegato in precedenza, sarà sempre applicabile per consentire ai produttori comunitari di conseguire il punto di equilibrio. Come già menzionato in precedenza, l’elemento di prezzo minimo è fissato al di sotto del costo di produzione dei produttori comunitari; tuttavia, dal momento che questi ultimi sono stati in grado, in passato, di vendere con un sovrapprezzo di circa il 10 %, si prevede che continueranno a poterlo fare, riuscendo così a recuperare i loro costi di produzione. Qualora i livelli di scambi tradizionali dovessero essere superati, e divenisse pertanto applicabile un dazio supplementare, si ritiene opportuno, seguendo l’impostazione di tipo «sottoquotazione» adottata tradizionalmente dalle istituzioni comunitarie, basare tale dazio supplementare sulla differenza tra il livello del prezzo indicativo non pregiudizievole dei produttori comunitari e l’elemento di prezzo minimo stabilito. Tale differenza, che rispecchia la percentuale di cui il prezzo del prodotto importato risulta inferiore al livello del prezzo che i produttori comunitari potrebbero ottenere in una situazione non pregiudizievole, dopo un adeguamento per tener conto delle differenze di prezzo tra il prodotto importato e il prodotto comunitario, è quindi ritenuta una base ragionevole per stabilire il livello del dazio. Essa è stata calcolata sulla base del prezzo medio ponderato non pregiudizievole, per tonnellata, del prodotto comunitario, basato a sua volta sul costo di produzione del prodotto comunitario maggiorato di un utile del 14 % sul fatturato. Quest’ultima percentuale corrisponde al livello di utile ritenuto necessario in precedenti casi di difesa commerciale relativi al salmone, e tiene conto inoltre dei rischi di natura meteorologica e biologica nonché del rischio di fuga dei pesci cui è esposto questo settore. Tale prezzo non pregiudizievole è stato confrontato con l’elemento «prezzo minimo». Dalla differenza tra i due prezzi risulta un dazio iniziale pagabile di 330 EUR/t («equivalenti pesci interi»), pari, sulla base dei tassi di conversione sopra indicati, a 366 EUR/t per il prodotto diverso dai filetti e a 508 EUR/t per i filetti.

    (112)

    Occorre prevedere un riesame delle misure da parte della Commissione qualora la situazione dovesse cambiare. Per poter prendere correttamente in considerazione gli eventuali sviluppi sul mercato dopo l’istituzione delle presenti misure di salvaguardia, si ritiene opportuno procedere a un monitoraggio del mercato e dell'andamento dei prezzi. Se i dati o le altre informazioni raccolte dovessero indicare che un livello definitivo del prezzo all'importazione di 2 850 o 2 736 EUR/t, a seconda dei casi, è inadeguato, verrà avviato un riesame anticipato al fine di modificare tale livello definitivo del prezzo all’importazione prima della sua entrata in vigore. Riunioni periodiche con le parti interessate dovranno tenersi con scadenza semestrale, o su richiesta delle parti interessate sulla base di elementi di prova pertinenti e soddisfacenti.

    (113)

    Conformemente alla legislazione comunitaria e agli obblighi internazionali della Comunità, le misure definitive di salvaguardia non dovrebbero applicarsi ai prodotti originari di un paese in via di sviluppo fintantoché la sua quota delle importazioni del prodotto in esame nella Comunità non supera il 3 %. A tale proposito, nel regolamento (CE) n. 1447/2004 si era tenuto conto della particolare situazione del Cile in quanto paese in via di sviluppo, nella misura in cui le importazioni dal Cile erano state escluse dall’applicazione delle misure provvisorie giacché, nella seconda metà del 2003, le importazioni provenienti da questo paese erano inferiori alla soglia del 3 %. Conformemente a detto regolamento, l'andamento delle importazioni dal Cile sarebbe stato attentamente monitorato per stabilire se la tendenza alla diminuzione osservata si confermasse come un fenomeno duraturo. Nel prosieguo dell’inchiesta, tuttavia, è risultato chiaro che le importazioni da questo paese sono attualmente risalite a circa il 6 % delle importazioni comunitarie, e che la flessione delle importazioni registrata nella seconda metà del 2003 è stato un fenomeno soltanto temporaneo. Di conseguenza, visto che le importazioni totali provenienti dal Cile nel corso dell’anno 2003 erano superiori alla suddetta soglia del 3 %, le misure definitive di salvaguardia dovrebbero essere applicate anche alle importazioni dal Cile. I paesi in via di sviluppo ai quali non si applicano le misure definitive di salvaguardia sono specificati nell’allegato 2.

    10.2.   Durata

    (114)

    Le misure definitive non dovrebbero rimanere in vigore per un periodo superiore a quattro anni, compreso il periodo di validità delle misure provvisorie. Esse dovrebbero entrare in vigore il 6 febbraio 2005 e rimanervi fino al 13 agosto 2008.

    10.3.   Liberalizzazione

    (115)

    Al fine di incoraggiare l’adeguamento, dopo la loro istituzione le misure dovrebbero essere liberalizzate a intervalli regolari, il che rappresenterà un forte incentivo per i produttori comunitari a intraprendere e introdurre gradualmente i necessari provvedimenti di ristrutturazione e di adeguamento. Si ritiene che il processo di liberalizzazione debba aver inizio un anno dopo l’istituzione delle misure provvisorie e proseguire con scadenza annuale.

    (116)

    Tale processo di liberalizzazione dovrebbe essere concepito in modo tale da consentire l’importazione di quantitativi sempre maggiori di salmone d’allevamento che rispettino l’elemento di prezzo fissato senza il pagamento del dazio supplementare, aumentando così la pressione concorrenziale cui i produttori comunitari dovranno far fronte durante il periodo di applicazione delle misure. Analogamente, affinché le importazioni che superano la soglia del contingente tariffario siano progressivamente soggette a un dazio più basso, l’aliquota del dazio supplementare dovrebbe essere gradualmente ridotta. Il processo di liberalizzazione dovrebbe inoltre tener conto anche delle previsioni di crescita del mercato. La forma assunta dalle misure di liberalizzazione dovrebbe pertanto associare un aumento del contingente tariffario a una riduzione dell’aliquota del dazio supplementare applicabile una volta superati i limiti del contingente tariffario stesso. Si ritiene che, in ciascuna fase della liberalizzazione, il contingente tariffario dovrebbe ogni volta essere aumentato del 10 %, mentre il dazio supplementare dovrebbe essere ridotto del 5 %; tale misura può tuttavia essere riveduta se risulta che vi sono validi motivi per farlo.

    10.4.   Ristrutturazione

    (117)

    Obiettivo delle misure definitive di salvaguardia è offrire ai produttori comunitari un periodo limitato di tempo in cui avviare un processo di ristrutturazione, in modo da poter competere più efficacemente con le importazioni. A tale proposito, si fa riferimento all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 3285/94 della Commissione, il quale vieta eventuali proroghe delle misure qualora non vi siano elementi di prova circa l'avvio di adeguamenti da parte dell'industria comunitaria.

    (118)

    I produttori comunitari hanno già avviato un processo di ristrutturazione in conseguenza delle gravi perdite subite, che hanno costretto alcuni operatori ad abbandonare il settore, nonché a causa di fallimenti e amministrazioni controllate che hanno obbligato altri produttori a chiudere i loro stabilimenti. Negli ultimi anni si sono inoltre registrati notevoli miglioramenti quanto a produttività ed efficienza dell’industria. Tuttavia, se quest’ultima intende svilupparsi in modo da ottimizzare la sua competitività, tanto oggi come in futuro, è necessario che disponga di un periodo di tempo in cui mettere in atto un programma di ristrutturazione organizzato.

    (119)

    Gli elementi essenziali della strategia di ristrutturazione elaborata dalle competenti autorità nazionali in collaborazione con l’industria si possono così riassumere: (1) l’attuazione di piani di ottimizzazione dei siti elaborati per trasferire o procedere alla fusione degli allevamenti nei prossimi due o tre anni, aumentandone le dimensioni in modo tale da incrementarne l'efficienza e ridurre i costi; (2) la diversificazione in favore di altre specie, con un sempre maggiore accento sull’allevamento di merluzzi e ippoglossi atlantici, con allevamenti provvisti di scorte di pesce bianco vivo e con il crescente sviluppo dell'allevamento di molluschi (data l’attuale situazione finanziaria dei produttori, tuttavia, questi adeguamenti sono gravemente ostacolati dalla mancanza di finanziamenti); (3) la messa a punto di strumenti più sofisticati di analisi della capacità di tolleranza dell’ambiente, in modo da consentire una valutazione più accurata del livello massimo di biomassa ittica che potrà essere consentita negli allevamenti, pur preservando al tempo stesso l’ecosistema marino; (4) un ulteriore ricorso al vuoto sanitario sincronizzato degli allevamenti situati all’interno di aree collegate dal punto di vista idrologico, accompagnato da una strategia coordinata per il trattamento dell'anoplura marina che garantirà una migliore protezione del pesce d'allevamento contro le infestazioni e le malattie causate da questo parassita, aumentando così il tasso di sopravvivenza del novellame e riducendo quindi i costi; (5) la creazione di un coordinamento tra le organizzazioni di produttori in Irlanda, Regno Unito e Norvegia allo scopo di evitare problemi di grave sovrapproduzione per il futuro.

    (120)

    Sono già stati realizzati alcuni passi in avanti nell’attuazione di parte della strategia sopra descritta — con particolare riguardo al vuoto sanitario sincronizzato e al trattamento coordinato dell’anoplura marina — ed è previsto che ulteriori, sostanziali progressi vengano compiuti durante il periodo di applicazione delle presenti misure. Qualora, nel corso di tale periodo di applicazione, il processo di adeguamento e ristrutturazione non dovesse registrare sufficienti progressi, la Commissione può considerare ciò un mutamento di circostanze, a norma dell’articolo 1, paragrafo 6, del presente regolamento, tale da richiedere un riesame della necessità di mantenere le misure.

    11.   INTERESSE DELLA COMUNITÀ

    11.1.   Osservazioni preliminari

    (121)

    Oltre ad esaminare gli sviluppi imprevisti, l’aumento delle importazioni, il grave pregiudizio, la causa del pregiudizio e la situazione critica, si è valutato se esistessero motivi validi per giungere alla conclusione che l’istituzione di misure definitive non fosse nell’interesse della Comunità. A tal fine, si è valutato, sulla base degli elementi di prova disponibili, e dopo aver contattato i produttori comunitari, gli altri produttori di salmone d’allevamento nella Comunità, gli importatori e i trasformatori, l’impatto delle misure definitive su tutte le parti interessate dai procedimenti, nonché le probabili conseguenze dell’istituzione o meno di tali misure.

    11.2.   Interesse dei produttori comunitari

    (122)

    I produttori comunitari registrano, nel complesso, un fatturato annuo di oltre 500 milioni di euro e si ritiene che, oltre a creare direttamente occupazione (circa 1 450 posti di lavoro), essi occupino indirettamente altre 8 000 persone nell’industria di trasformazione e in altri settori. Essi fanno parte di un’industria fortemente in crescita, la cui produzione è raddoppiata tra il 1995 e il 2001, e dimostrano una sempre maggiore efficienza nella produzione di un prodotto per il quale esiste un mercato in espansione tanto nella Comunità, quanto nel resto del mondo. Infine, essi sono vitali e competitivi in condizioni normali di mercato e la loro produttività è in crescita.

    (123)

    La situazione dei produttori comunitari corre chiaramente un grave rischio se non verrà modificato l’attuale livello di importazioni a basso prezzo, come si evince dal numero di imminenti fallimenti di produttori che vengono segnalati con regolarità. Le misure proposte saranno applicate a tutte le importazioni del prodotto in esame diverse da quelle provenienti da paesi in via di sviluppo le cui esportazioni nella Comunità europea non superano il 3 % delle importazioni comunitarie. Esse si applicheranno quindi ad oltre il 95 % di tali importazioni. È stato affermato che vi potranno essere difficoltà nell’applicare e far rispettare l’elemento di prezzo previsto dalle misure, viste le precedenti esperienze riguardanti gli impegni sui prezzi nell'ambito di procedimenti relativi al salmone d'allevamento: si deve però ricordare che tale elemento di prezzo non è fondato su impegni ma su un dazio variabile che dovrà essere riscosso dalle autorità doganali nazionali. Si può pertanto prevedere che le misure saranno efficaci e consentiranno ai prezzi dei produttori comunitari di aumentare fino ad un livello ragionevole.

    11.3.   Interesse delle industrie dipendenti

    (124)

    I salmoni vengono generalmente allevati in zone lontane ed isolate — essenzialmente la regione costiera occidentale e settentrionale della Scozia e la costa occidentale dell’Irlanda. Le possibilità di occupazione sono limitate e l’attività economica generata dall’allevamento del salmone apporta un contributo significativo all’economia locale. Senza tale contributo, molte delle piccole imprese locali che forniscono beni e servizi ai produttori comunitari e ai loro dipendenti non sarebbero più redditizie. L’adozione di misure definitive efficaci è quindi nell’interesse delle industrie dipendenti.

    11.4.   Interesse degli allevatori di giovani salmoni e dei produttori di mangimi

    (125)

    Benché una parte abbia sostenuto il contrario, i principali fornitori dei produttori comunitari (allevatori di giovani salmoni e produttori di mangimi) hanno un evidente interesse ad avere una domanda forte e prevedibile del loro prodotto, e a un prezzo che consenta loro di ottenere un congruo profitto.

    11.5.   Interesse degli utilizzatori, dei trasformatori e degli importatori nella Comunità

    (126)

    Per valutare l’impatto dell’eventuale istituzione di misure sugli importatori, sui trasformatori e sugli utilizzatori, sono stati inviati questionari agli importatori, ai trasformatori e agli utilizzatori noti del prodotto in esame sul mercato comunitario. Gli importatori/trasformatori/utilizzatori sono generalmente un unico operatore e, in effetti, molti sono collegati a produttori esportatori fuori della Comunità, soprattutto in Norvegia. Sono pervenute le risposte di sei importatori/trasformatori/utilizzatori e di un’associazione di trasformatori. Inoltre, alcune associazioni di trasformatori hanno inviato le loro osservazioni alla Commissione, la quale, dal canto suo, ha contattato alcuni trasformatori e le loro associazioni.

    (127)

    Alcuni hanno sostenuto che non bisognava adottare misure poiché i prezzi del salmone d’allevamento avevano subito soltanto un breve calo temporaneo nei due-tre mesi successivi all’abolizione delle misure antidumping nei confronti della Norvegia nel maggio 2003, e in seguito erano tornati a livelli normali. I trasformatori hanno sottolineato che qualsiasi incremento dei prezzi farebbe aumentare i loro costi di produzione, ridurrebbe le loro vendite e la loro redditività e potrebbe comportare una perdita di posti di lavoro e addirittura il trasferimento delle attività; essi hanno inoltre fatto presente che l’occupazione è ben più elevata nel settore della trasformazione del pesce che non nella piscicoltura e che in alcuni casi il loro settore offre lavoro in regioni caratterizzate da un basso tasso di occupazione.

    (128)

    Tuttavia, appare evidente che i prezzi non sono risaliti nel corso del primo semestre del 2004. Benché i prezzi all’importazione siano aumentati tra l’ultimo trimestre del 2003 e l’inizio del primo trimestre del 2004, sono poi andati costantemente diminuendo verso la fine del primo trimestre e nel corso del secondo trimestre dello stesso anno: lo stesso andamento seguito dai prezzi dei produttori comunitari, i quali restano nettamente inferiori a un livello di prezzo non pregiudizievole. Inoltre, le informazioni più recenti indicano che i prezzi continuano a seguire una tendenza al ribasso.

    (129)

    I principali costi sostenuti dai trasformatori consistono nel costo della materia prima e della manodopera, ed è vero quindi che un aumento dei prezzi della materia prima farebbe salire i costi dei trasformatori. Tuttavia, sulla base delle informazioni fornite da questi, il costo della materia prima è diminuito del 10 % tra il 2002 e il 2003, dopo il calo del 18 % già registrato tra il 2000 e il 2002. Nel 2003, esso era inferiore del 26 % al livello del 2000. Nel contempo, dalle informazioni fornite risulta che i prezzi di vendita dei trasformatori sono rimasti pressoché identici nel 2002 e nel 2003. L’attività di tutti i trasformatori che hanno fornito informazioni in merito alla redditività delle proprie operazioni di trasformazione del salmone è redditizia e si ritiene che essi siano in grado di assorbire un modesto aumento dei costi senza che ciò comporti la perdita di posti di lavoro o il trasferimento delle attività. È chiaro che gli attuali livelli dei prezzi del salmone d’allevamento sono insostenibili a medio e lungo termine. Comunque sia, l’industria di trasformazione dovrà pertanto far fronte ad un aumento del costo della materia prima a medio-lungo termine.

    (130)

    Per quanto riguarda l’occupazione, il settore della trasformazione del pesce nella Comunità conta circa 100 000 occupati, benché soltanto una piccola percentuale di questi posti di lavoro riguardi le attività di trasformazione del salmone d’allevamento. Non sono emersi elementi di prova che indichino che eventuali misure determinerebbero una diminuzione del livello di occupazione nella Comunità.

    (131)

    I trasformatori hanno sostenuto altresì che i commercianti che operano sui principali mercati europei e i consumatori devono poter continuare a disporre di un prodotto di buona qualità a prezzi bassi. Essi hanno espresso particolare preoccupazione per gli acquisti speculativi che potrebbero venire effettuati subito dopo l’introduzione di un contingente tariffario, affermando che se il contingente venisse raggiunto essi potrebbero dover cessare la produzione. Hanno infine dichiarato che, in caso di adozione di misure, queste dovrebbero permettere di mantenere un’offerta adeguata e contribuire alla stabilità dei prezzi sul mercato per consentire una migliore previsione dei costi. A tale proposito, mentre alcuni si sono mostrati assolutamente contrari a qualsiasi forma di misura, altri hanno indicato che, qualora fossero state adottate misure, avrebbero preferito un sistema di contingenti tariffari, e alcuni di essi un sistema di licenze.

    (132)

    Va osservato che le misure consistono in un elemento relativo al prezzo che corrisponde al recupero dei costi sostenuti dai produttori comunitari e in contingenti tariffari calcolati sulla media delle importazioni nella Comunità (compresi i nuovi Stati membri) tra il 2001 e il 2003, maggiorate del 10 %, al di là dei quali si applica un dazio supplementare. L’industria di trasformazione comunitaria dovrebbe pertanto continuare a disporre di una fornitura adeguata di materie prime. Nonostante alcune parti abbiano affermato che le misure in questione rappresenterebbero un grave onere amministrativo per i trasformatori comunitari, tale affermazione non è stata suffragata da elementi di prova, e la Commissione ritiene che le misure comportino il minimo degli oneri amministrativi necessari a garantirne un’applicazione efficace.

    (133)

    Si ritiene pertanto che i possibili effetti negativi per i trasformatori/utilizzatori e gli importatori non possano essere considerati tali da risultare superiori ai vantaggi che dovrebbe comportare per i produttori comunitari l’istituzione delle misure definitive, corrispondenti al minimo indispensabile per ovviare al grave pregiudizio subito ed impedire un ulteriore grave peggioramento della situazione dei produttori medesimi.

    11.6.   Interesse dei consumatori nella Comunità

    (134)

    Dal momento che il prodotto in esame è un bene di consumo, la Commissione ha informato varie organizzazioni di consumatori dell’apertura dell’inchiesta. Una parte interessata ha risposto affermando che gli effetti benefici del salmone sono ampiamente riconosciuti, e che aumentarne artificialmente il prezzo renderebbe più difficile per i consumatori compiere corrette scelte nutrizionali, oltre a compromettere l’efficienza economico-finanziaria di importatori, trasformatori e venditori al dettaglio di salmone d’allevamento. Un’altra parte ha sostenuto che l’istituzione delle misure potrebbe impedire alle suddette categorie di importare e continuare a vendere salmone d’allevamento congelato. È stata inoltre espressa la preoccupazione che eventuali aumenti dei prezzi possano rendere il salmone d’allevamento un prodotto meno economicamente conveniente e bloccare la crescita del mercato in quegli Stati membri il cui prodotto interno lordo (PIL) pro capite risulta inferiore alla media.

    (135)

    Tuttavia, come si è osservato in precedenza, si ritiene che gli attuali livelli dei prezzi sul mercato siano talmente bassi da risultare insostenibili a medio-lungo termine, e che gli operatori economici continueranno ad avere accesso a quantitativi illimitati di importazioni soggette all’elemento di prezzo fissato e, al di là dei limiti del contingente tariffario, al dazio supplementare. Inoltre, tenuto conto dell’entità dello scarto tra il prezzo dei pesci interi franco allevamento e il prezzo di vendita al dettaglio dei prodotti trasformati a base di salmone, si ritiene improbabile che le misure incidano in maniera significativa sui prezzi al dettaglio e l’impatto sui consumatori è quindi da ritenersi minimo. Ciò nonostante, la Commissione svolgerà un attento monitoraggio dell’impatto delle misure in termini di convenienza economica del salmone d’allevamento e di crescita del mercato in quegli Stati membri nei quali si registra un PIL pro capite inferiore alla media,

    HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

    Articolo 1

    Sistema di contingenti tariffari e dazi supplementari

    1.   È aperto un sistema di contingenti tariffari per un periodo compreso tra il 6 febbraio 2005 e il 13 agosto 2008 relativo alle importazioni nella Comunità di salmone d’allevamento (non allo stato libero), anche in filetti, fresco, refrigerato o congelato, classificato nei codici NC ex 0302 12 00, ex 0303 11 00, ex 0303 19 00, ex 0303 22 00, ex 0304 10 13 ed ex 0304 20 13 (in appresso denominato «salmone d’allevamento»). Il volume dei contingenti tariffari e i paesi ai quali essi si applicano sono specificati all’allegato 1. I contingenti sono stati calcolati in «equivalenti pesci interi» e i tassi di conversione applicati sono pari a 1:0,9 per il prodotto importato intero (Gruppo 1) e a 1:0,65 per quello importato in filetti (Gruppo 2).

    2.   Il salmone allo stato libero non è assoggettato o imputato a contingenti tariffari. Ai fini del presente regolamento, per salmone allo stato libero s’intende quello catturato in mare, per il salmone dell’Atlantico o del Pacifico, o in acque fluviali, per quello del Danubio, per il quale le parti interessate abbiano fornito prove soddisfacenti alle autorità competenti dello Stato membro in cui è stata accettata la dichiarazione doganale di immissione in libera pratica, mediante tutti i documenti opportuni.

    3.   Fatte salve le disposizioni dell’articolo 4, alle importazioni di salmone d’allevamento che superano il livello del contingente tariffario si applica il dazio supplementare specificato all’allegato 1 per il gruppo di appartenenza.

    4.   Per determinare il livello del dazio supplementare applicabile, il salmone d’allevamento di cui ai codici NC ex 0302 12 00, ex 0303 11 00, ex 0303 19 00, ex 0303 22 00 rientra nel gruppo 1 dell’allegato 1, mentre quello classificato nei codici NC ex 0304 10 13 ed ex 0304 20 13 rientra nel gruppo 2.

    5.   Alle importazioni di salmone d’allevamento continua ad applicarsi l’aliquota convenzionale del dazio di cui al regolamento (CE) n. 2658/87 del Consiglio (10), o una qualsiasi aliquota preferenziale del dazio.

    6.   La Commissione potrebbe riesaminare tali misure qualora la situazione dovesse cambiare.

    7.   Se risultano validi motivi per farlo, il ritmo con cui si procede alla liberalizzazione delle misure sopra descritte potrebbe essere riveduto.

    Articolo 2

    Prezzo minimo all’importazione

    1.   Tanto alle importazioni di salmone d’allevamento che rientrano nei limiti dei contingenti tariffari di cui all’articolo 1 quanto a quelle che superano tali limiti, viene applicato un prezzo minimo all’importazione che può essere riveduto di quando in quando per tener conto di fattori pertinenti quali, tra l’altro, offerta, domanda e costo di produzione.

    2.   Alle importazioni di salmone d’allevamento vendute ad un prezzo inferiore al prezzo minimo d’importazione si applica un dazio pari alla differenza tra il prezzo minimo all’importazione applicabile ai rispettivi prodotti elencati all’allegato 1 e l’effettivo prezzo di importazione di tali prodotti (CIF frontiera comunitaria, dazio doganale escluso).

    3.   Dall’entrata in vigore del presente regolamento fino al 15 aprile 2005, il prezzo minimo all'importazione è di 2 700 EUR/t «equivalenti pesci interi» (CIF frontiera comunitaria, dazio doganale escluso) per il salmone d’allevamento fresco e di 2 592 EUR/t per il salmone d’allevamento congelato. Il prezzo minimo all’importazione per le importazioni del gruppo 1 è di 3 000 EUR/t per il salmone fresco e di 2 880 EUR/t per quello congelato, e per le importazioni del gruppo 2 è di 4 154 EUR/t per il salmone fresco e di 3 988 EUR/t per quello congelato.

    4.   Dal 16 aprile 2005 fino al 13 agosto 2008, il prezzo minimo all’importazione è di 2 850 EUR/t «equivalenti pesci interi» (CIF frontiera comunitaria, dazio doganale escluso) per il salmone d’allevamento fresco e di 2 736 EUR/t per il salmone d’allevamento congelato. Il prezzo minimo all’importazione per le importazioni del gruppo 1 è di 3 170 EUR/t per il salmone fresco e di 3 040 EUR/t per quello congelato, e per le importazioni del gruppo 2 è di 4 385 EUR/t per il salmone fresco e di 4 209 EUR/t per quello congelato.

    5.   Qualora le merci siano state danneggiate prima dell’immissione in libera pratica e, pertanto, sia stato applicato il criterio proporzionale al prezzo per determinare il valore in dogana ai sensi dell’articolo 145 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione (11), il prezzo all’importazione minimo fissato ai paragrafi 3 o 4 a seconda dei casi, viene ridotto proporzionalmente al prezzo effettivamente pagato o pagabile. Il dazio da versare è quindi pari alla differenza tra il prezzo minimo all’importazione ridotto e il prezzo netto franco frontiera comunitaria ridotto.

    Articolo 3

    Costituzione di una garanzia all’importazione

    1.   Ai fini del presente regolamento, per «importatore» si intende la persona che presenta la dichiarazione di immissione in libera pratica, o la persona per conto della quale tale dichiarazione viene presentata, e gli «elementi di prova soddisfacenti» vengono forniti mediante presentazione alle autorità doganali della prova del pagamento del prezzo all’importazione effettivamente corrisposto per il salmone importato, o mediante opportuni controlli effettuati dalle autorità doganali.

    2.   Gli importatori di salmone d’allevamento forniscono alle autorità doganali elementi di prova soddisfacenti del prezzo all'importazione effettivamente pagato per tonnellata di salmone d'allevamento importato.

    3.   In attesa della presentazione di elementi di prova soddisfacenti, l’immissione in libera pratica delle merci è subordinata alla costituzione di una garanzia presso le autorità doganali pari a 290 EUR/t («equivalenti pesci interi») di salmone d’allevamento importato (320 EUR/t per il gruppo 1 e 450 EUR/t per il gruppo 2).

    4.   Qualora, entro un anno dalla data in cui viene accettata la dichiarazione doganale di immissione in libera pratica o entro i tre mesi successivi alla data prevista per il pagamento delle merci, se tale data risulti successiva, l’importatore non abbia fornito gli elementi di prova soddisfacenti di cui al paragrafo 2, le autorità doganali contabilizzano immediatamente, come dazi applicabili alle merci in questione, l’importo della garanzia costituita in conformità delle disposizioni del paragrafo 3.

    5.   Se, previa verifica, le autorità doganali stabiliscono che il prezzo effettivamente pagato per le merci è inferiore al prezzo minimo all’importazione indicato all’articolo 2, esse riscuotono la differenza tra tale prezzo e il rispettivo prezzo minimo all’importazione in conformità dell’articolo 220, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92. Per impedire l’acquisizione indebita di vantaggi finanziari, si applicano interessi compensativi in conformità delle disposizioni vigenti.

    6.   La garanzia costituita viene svincolata nel momento in cui l’importatore fornisce gli elementi di prova soddisfacenti di cui al paragrafo 2.

    Articolo 4

    Paesi in via di sviluppo

    Le importazioni di salmone d’allevamento originarie di uno dei paesi in via di sviluppo elencati nell’allegato 2 non vengono assoggettate o imputate ai contingenti tariffari di cui all’articolo 1 o disciplinate dalle disposizioni di cui agli articoli 2 o 3.

    Articolo 5

    Disposizioni generali

    1.   L’origine del salmone d’allevamento a cui si applica il presente regolamento viene determinata conformemente alle disposizioni in vigore nella Comunità.

    2.   Fatte salve le disposizioni del paragrafo 3, l’eventuale immissione in libera pratica nella Comunità di salmone d’allevamento originario di un paese in via di sviluppo è subordinata:

    a)

    alla presentazione di un certificato di origine rilasciato dalle autorità nazionali competenti di detto paese e conforme ai requisiti di cui all’articolo 47 del regolamento (CEE) n. 2454/93; e

    b)

    alla condizione che il prodotto sia stato trasportato direttamente, ai sensi dell’articolo 6 del presente regolamento, da detto paese nella Comunità.

    3.   Il certificato di origine di cui al paragrafo 2, lettera a), non è richiesto per le importazioni di salmone d’allevamento corredate di una prova dell’origine rilasciata o compilata secondo le norme definite per poter beneficiare delle misure tariffarie preferenziali.

    4.   La prova dell’origine viene accettata solo se il salmone d’allevamento soddisfa i criteri di determinazione dell’origine specificati nelle disposizioni comunitarie vigenti.

    Articolo 6

    Trasporto diretto

    1.   Si considerano trasportati direttamente nella Comunità da un paese terzo:

    a)

    i prodotti trasportati senza attraversare il territorio di un altro paese terzo;

    b)

    i prodotti il cui trasporto è stato effettuato attraversando il territorio di uno o più paesi terzi diversi dal paese di origine, all’occorrenza con trasbordo o deposito temporaneo in tali paesi, a condizione che l’attraversamento dei paesi terzi sia giustificato da motivi geografici o attinenti esclusivamente alle necessità del trasporto e a condizione che i prodotti:

    siano rimasti sotto il controllo delle autorità doganali del paese o dei paesi di transito o di deposito,

    non vi siano stati immessi in commercio o per il consumo, e

    vi abbiano subito unicamente operazioni di scarico e di ricarico.

    2.   La prova che sono state soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera b), deve essere fornita alle autorità della Comunità. Detta prova può essere presentata, in particolare, sotto forma di uno dei seguenti documenti:

    a)

    un documento di trasporto unico rilasciato nel paese d’origine per l’attraversamento del paese o dei paesi di transito;

    b)

    un certificato rilasciato dalle autorità doganali del paese o dei paesi di transito contenente:

    una descrizione esatta delle merci;

    la data del loro scarico o ricarico o, se del caso, del loro imbarco o sbarco, con l’indicazione delle navi utilizzate.

    Articolo 7

    Importazioni in corso di trasporto verso la Comunità

    1.   Il presente regolamento non si applica ai prodotti in corso di trasporto verso la Comunità ai sensi del paragrafo 2.

    2.   Sono considerati in corso di trasporto verso la Comunità i prodotti che:

    sono usciti dal territorio del paese d’origine prima della data di entrata in vigore del presente regolamento, e

    sono scortati dal luogo di carico nel paese d’origine sino al luogo di scarico nella Comunità da un documento di trasporto valido rilasciato prima della data di entrata in vigore del presente regolamento.

    3.   Le parti interessate forniscono alle autorità doganali la prova che sono state rispettate le condizioni di cui al paragrafo 2.

    Tuttavia, le autorità possono considerare che i prodotti hanno lasciato il paese d’origine prima della data di entrata in vigore del presente regolamento quando viene esibito uno dei seguenti documenti:

    in caso di trasporto marittimo, la polizza di carico dalla quale risulta che il carico è stato effettuato prima di tale data;

    in caso di trasporto per ferrovia, la lettera di vettura che è stata accettata dai servizi delle ferrovie del paese di origine prima di tale data;

    in caso di trasporto su strada, il contratto di trasporto internazionale di merci su strada (CMR) o qualsiasi altro documento di trasporto rilasciato nel paese di origine prima di tale data;

    in caso di trasporto aereo, la lettera di vettura aerea dalla quale risulta che la compagnia aerea ha preso in consegna i prodotti prima di tale data.

    Articolo 8

    Gli Stati membri e la Commissione collaborano strettamente per garantire l’osservanza del presente regolamento.

    Articolo 9

    Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e si applica sino al 13 agosto 2008.

    Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

    Fatto a Bruxelles, il 4 febbraio 2005.

    Per la Commissione

    Peter MANDELSON

    Membro della Commissione


    (1)  GU L 349 del 31.12.1994, pag. 53.

    (2)  GU L 286 dell’11.11.2000, pag. 1.

    (3)  GU L 67 del 10.3.1994, pag. 89.

    (4)  GU L 65 dell’8.3.2003, pag. 1.

    (5)  GU C 58 del 6.3.2004, pag. 7.

    (6)  Prezzi adeguati a livello franco Glasgow

    (7)  Prezzi adeguati franco Glasgow.

    (8)  Prezzi delle importazioni CIF, dazio doganale del 2 % compreso.

    (9)  Indagine statistica 2003 della direzione norvegese per la Pesca.

    (10)  GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2344/2003 della Commissione (GU L 346 del 31.12.2003, pag. 38).

    (11)  GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 40.


    ALLEGATO 1

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    10

    11

    12

    15

    16

    17

    20

    21

    22

    25

    26

    Codice NC

    Codice TARIC

    Gruppo

    Origine (per gruppi 1 e 2)

    Condingenti tariffari e dazi suplementari

    N. d'ordine per il gruppo 1

    N. d'ordine per il gruppo 2

    Dal 6.2.2005 al 13.8.2005

    Dal 14.8.2005 al 13.8.2006

    Dal 14.8.2006 al 13.8.2007

    Dal 14.8.2007 al 13.8.2008

    Contingente tariffario

    (tonnellate EPI)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 1 (fresco e congelato)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 2 (fresco e congelato)

    Contingente tariffario

    (tonnellate EPI)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 1 (fresco e congelato)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 2 (fresco e congelato)

    Contingente tariffario

    (tonnellate EPI)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 1 (fresco e congelato)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 2 (fresco e congelato)

    Contingente tariffario

    (tonnellate EPI)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 1 (fresco e congelato)

    Dazio supplementare

    EUR/tonnellata

    Gruppo 2 (fresco e congelato)

    ex 0302 12 00

    0302120019

    1

    Norvegia

    163 649

     

     

    369 041

     

     

    405 945

     

     

    446 539

     

     

    09.0800

    09.0801

    0302120038

    1

    Isole Faerøer

    20 173

    366

    508

    47 921

    348

    483

    52 713

    330

    458

    57 984

    314

    436

    09.0697

    09.0698

    0302120098

    1

    Cile

    16 033

     

     

    36 146

     

     

    39 760

     

     

    43 736

     

     

    09.1937

    09.1938

    Altri

    14 150

     

     

    39 053

     

     

    42 959

     

     

    47 254

     

     

    09.0080

    09.0081

    ex 0303 11 00

    0303110018

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    0303110098

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ex 0303 19 00

    0303190018

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    0303190098

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ex 0303 22 00

    0303220019

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    0303220088

    1

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ex 0304 10 13

    0304101319

    2

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    0304101398

    2

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    ex 0304 20 13

    0304201319

    2

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    0304201398

    2

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     


    ALLEGATO ΙΙ

    ELENCO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

    (di cui all’articolo 4)

    Emirati Arabi Uniti, Afghanistan, Antigua e Barbuda, Angola, Argentina, Samoa americane, Anguilla, Antartide, Aruba, Barbados, Bangladesh, Burkina-Faso, Bahrein, Burundi, Benin, Brunei Darussalam, Bolivia, Brasile, Bahama, Bhutan, Botswana, Belize, Bermuda, Isola Bouvet, Isole Vergini britanniche, Territorio britannico dell’Oceano Indiano, Repubblica democratica del Congo, Repubblica centrafricana, Congo, Costa d’Avorio, Camerun, Ciad, Colombia, Costa Rica, Cuba, Capo Verde, Isole Cayman, Christmas, Isole Cocos (o Keeling), Isole Cook, Gibuti, Dominica, Repubblica dominicana, Algeria, Ecuador, Egitto, Eritrea, Etiopia, Figi, Stati federati di Micronesia, Isole Falkland, Polinesia francese, Territori australi francesi, Gabon, Grenada, Ghana, Gambia, Guinea, Guinea equatoriale, Guatemala, Guinea Bissau, Guyana, Gibilterra, Guam, Honduras, Hong Kong, Haiti, Heard e Mc Donald, Indonesia, India, Iraq, Iran (Repubblica islamica dell’), Giamaica, Giordania, Kenya, Cambogia, Kiribati, Comore, Saint Kitts e Nevis, Kuwait, Repubblica democratica popolare del Laos, Libano, Saint Lucia, Sri Lanka, Liberia, Lesotho, Giamahiria araba libica, Marocco, Madagascar, Isole Marshall, Mali, Myanmar, Mongolia, Mauritania, Maurizio, Maldive, Malawi, Messico, Malaysia, Mozambico, Macao, Mayotte, Montserrat, Namibia, Niger, Nigeria, Nicaragua, Nepal, Nauru, Antille olandesi, Nuova Caledonia e dipendenze, Isola di Niue, Norfolk, Marianne settentrionali, Oman, Panama, Perù, Papua Nuova Guinea, Repubblica popolare cinese, Filippine, Pakistan, Palau, Paraguay, Pitcairn, Qatar, Ruanda, Samoa, Arabia Saudita, Isole Salomone, Seicelle, Sudan, Sierra Leone, Senegal, Somalia, Suriname, Sao Tomé e Principe, El Salvador, Repubblica araba siriana, Swaziland, Georgia australe e Sandwich australi, Sant’Elena e dipendenze, Saint-Pierre e Miquelon, Taiwan, Togo, Tunisia, Tonga, Timor Est, Trinidad e Tobago, Tuvalu, Tanzania (Repubblica unita di), Isole Tokelau, Turks e Caicos, Isole minori lontane degli Stati Uniti, Uganda, Uruguay, Saint Vincent e Grenadine settentrionali, Venezuela, Vietnam, Vanuatu, Isole Vergini americane, Wallis e Futuna, Yemen, Sudafrica, Zambia e Zimbabwe.


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