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Document 52007AE0805

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo COM(2006) 708 def.

    GU C 175 del 27.7.2007, p. 65–73 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    27.7.2007   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 175/65


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo

    COM(2006) 708 def.

    (2007/C 175/17)

    La Commissione, in data 22 novembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al: Libro verde — Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo.

    La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 maggio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore RETUREAU.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 30 maggio 2007, nel corso della 436a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 82 voti contrari e 4 astensioni.

    1.   Introduzione

    1.1

    Il Libro verde sulla modernizzazione del mercato del lavoro persegue le seguenti finalità:

    identificare i principali problemi che rispecchiano l'evidente solco che separa, da un lato, i contesti normativi e contrattuali esistenti e, dall'altro, le realtà del mondo del lavoro. L'accento verte più sull'applicazione della normativa sul lavoro ai singoli che sulle questioni riguardanti il diritto del lavoro in quanto diritto collettivo,

    avviare un dibattito per esaminare in quale modo il diritto del lavoro possa contribuire a promuovere la flessibilità combinata alla sicurezza del posto di lavoro, indipendentemente dalla forma del contratto, contribuendo in tal modo ad aumentare l'occupazione e a ridurre la disoccupazione,

    stimolare il dibattito sui modi in cui i vari tipi di rapporti contrattuali, insieme a diritti del lavoro applicabili a tutti i lavoratori, potrebbero giovare sia ai lavoratori che alle imprese, agevolando le transizioni nel mercato del lavoro, incoraggiando l'apprendimento permanente e sviluppando la creatività della manodopera nel suo insieme,

    contribuire alla realizzazione dell'obiettivo «legiferare meglio» incoraggiando la modernizzazione del diritto del lavoro, senza dimenticare di considerarne globalmente i benefici ed i costi, e in particolare gli eventuali problemi delle PMI.

    1.2

    Il Libro verde mira giustamente ad affrontare temi del tutto diversi, come i rapporti di lavoro triangolari, il caso dei lavoratori che, pur avendo lo status di lavoratori autonomi, in realtà si trovano in condizioni di dipendenza economica dall'impresa che dà loro lavoro, ma anche la revisione della direttiva Orario di lavoro, come pure il grave problema del «lavoro non dichiarato».

    1.3

    Circa le possibili piste di modernizzazione del diritto del lavoro, l'UE può intraprendere un'azione complementare a quella degli Stati membri. Essenzialmente il Libro verde si fonda sull'idea che il contratto standard (a tempo pieno e a durata indeterminata) e le relative tutele potrebbero rivelarsi inadeguati per molti datori di lavoro e lavoratori rendendo difficili sia il rapido adattamento delle imprese sia l'evolvere del mercato, e potrebbero quindi costituire un ostacolo alla creazione di nuovi posti di lavoro. Ciò spiega la necessità di avanzare proposte per la revisione del diritto del lavoro.

    1.4

    La Commissione annuncia che il Libro verde, oltre ad affrontare il problema del diritto del lavoro individuale, prepara un dibattito che contribuirà a una comunicazione sulla flessicurezza, da pubblicare nel giugno 2007 e destinata a sviluppare questo concetto (già esistente in vari Stati membri), il quale, da quanto risulta, associa la flessibilità esterna e interna dei lavoratori a una sicurezza la cui portata e il cui finanziamento non sono ancora meglio precisati a questo stadio. Durante la seconda metà del 2007 il dibattito proseguirà quindi su una tematica più ampia: esso dovrà indubbiamente includere sia i fattori di flessibilità già ottenuti mediante la legge o la contrattazione collettiva sia il finanziamento di questa flessicurezza, senza però concentrarsi specificamente su alcuno di questi aspetti.

    2.   Osservazioni di carattere generale

    2.1

    Il Comitato accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di avviare un lavoro di riflessione sul modo in cui il diritto del lavoro soddisfa agli obiettivi della strategia di Lisbona, finalizzati alla crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro, oltre che alla coesione sociale e allo sviluppo sostenibile. Il Comitato si rammarica tuttavia che questa consultazione debba avvenire in tempi così ristretti e che manchi tutta una serie di lavori preparatori.

    2.2

    La relazione di Wim Kok del novembre 2003 (1) rilevava: «Occorre promuovere la flessibilità del mercato del lavoro, combinata alla sicurezza, essenzialmente migliorando l'organizzazione del lavoro, rendendo i contratti di lavoro “tipici” e “atipici” più interessanti sia per i lavoratori che per i datori di lavoro, onde evitare che si crei un mercato del lavoro a due velocità. La nozione di “sicurezza del posto di lavoro” va modernizzata e ampliata, non solo per proteggere l'occupazione, ma anche per mobilitare la capacità dei lavoratori di mantenere un'attività lavorativa e conseguirvi avanzamenti. Occorre creare il maggior numero possibile di posti di lavoro e migliorare la produttività riducendo gli ostacoli alla creazione di nuove imprese, come pure anticipando e gestendo meglio le ristrutturazioni».

    2.3

    È utile rammentare tutti questi diversi elementi delle conclusioni della task force, che sono state approvate dal Consiglio in quanto offrono un quadro delle riforme del mercato del lavoro da porre in atto per attuare la strategia di Lisbona rinnovata che è più esauriente di quello offerto nel Libro verde della Commissione, il quale si concentra su aspetti puntuali del diritto del lavoro individuale. In effetti, il Libro verde considera solo una parte degli elementi contemplati da Kok, e per di più non affronta la problematica dell'ambiente più sicuro, sollevata dall'Agenda sociale.

    2.4

    Un approccio riduttivo rischierebbe di suscitare una certa sfiducia nei cittadini europei, peraltro già sempre più scettici riguardo al progetto sociale europeo. La Commissione reputa opportuno rivedere il livello di flessibilità previsto nei contratti standard (contratti a tempo indeterminato a tempo pieno) sotto il profilo dei termini di preavviso, dei costi e delle procedure nei licenziamenti individuali o collettivi, o ancora della definizione del «licenziamento illegittimo», nonostante, per tradizione, tutti questi elementi costituiscano la chiave di volta della sicurezza professionale del lavoratore.

    2.5

    Il Comitato nutre preoccupazione per l'idea secondo cui al momento il diritto del lavoro sarebbe incompatibile con la strategia di Lisbona rinnovata, ostacolando l'occupazione, e allo stato attuale delle cose non garantirebbe un'adattabilità sufficiente da parte delle imprese e dei lavoratori.

    2.6

    Il Comitato constata che la strategia stabilita nel 2000 non ha conseguito tutti gli obiettivi previsti. Esso ritiene però necessario dar prova di cautela nella disamina delle cause di questa situazione, evitando di concentrare l'attenzione esclusivamente sul diritto del lavoro. La strategia di Lisbona rinnovata mira ad accrescere la competitività europea, ma anche a far sì che l'Europa sia in grado di ritrovare la piena occupazione in una società non solo più attenta al rispetto di un equilibrio tra la vita familiare e quella professionale, ma anche meglio rispondente alle scelte di carriera, investendo nella capacità di adattamento delle persone e combattendo l'esclusione sociale. La modernizzazione del diritto del lavoro deve essere solo uno degli elementi ai quali è possibile ricorrere per il conseguimento di tali obiettivi.

    2.7

    Prima di pronunciarsi sugli orientamenti di un'azione di modernizzazione del diritto del lavoro in Europa, il Comitato desidera anzitutto inquadrare una serie di considerazioni o d'iniziative della Commissione stessa, ad esempio il rapporto commissionato al prof. Alain Supiot, di cui troppo poco si parla in questo contesto, o le conclusioni prese dal Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO) il 30 novembre e il 1o dicembre 2006 sul tema Un lavoro dignitoso per tutti. Il rapporto del prof. Supiot si era proposto di eseguire un'indagine longitudinale e costruttiva sull'avvenire dell'occupazione e del diritto del lavoro in un quadro comunitario, interculturale e interdisciplinare. Non sembra tuttavia che il Libro verde ne abbia tenuto sufficientemente conto.

    2.8

    Quale consuntivo si può trarre, sulla scorta delle statistiche pubbliche, dai risultati positivi del sistema di tutela consentito dal diritto del lavoro, nell'ottica di «nuovi e migliori posti di lavoro»?

    2.9

    Il rapporto finale del gruppo Supiot ha elencato una serie di temi che raggruppano quesiti utili circa l'evoluzione del rapporto di lavoro, ossia la mondializzazione della concorrenza e delle attività economiche, l'impatto dei comportamenti e delle abitudini in tema di consumi, la liberalizzazione dei mercati, gli sviluppi tecnologici, il fatto che gli stessi lavoratori cambiano, sono meglio istruiti e più qualificati, più autonomi e più mobili, più individualisti, senza dimenticare le nuove prassi seguite dalle imprese sotto il profilo della gestione delle risorse umane, dei compensi ai lavoratori, delle esigenze di polivalenza o di flessibilità degli orari di lavoro. Il rapporto Supiot ha affrontato il problema della flessibilità e della sicurezza e anche il tema molto importante della transizione professionale annunciando «la fine del modello della carriera professionale lineare».

    2.10

    Circa le diverse esigenze democratiche specifiche che la legislazione sociale ha presentato in campo socioeconomico, il gruppo Supiot ha prestato attenzione ai seguenti quattro aspetti che restano di attualità nel dibattito prospettato nel Libro verde (2):

    l'esigenza della parità, con la problematica delle pari opportunità fra uomini e donne e più in generale della non discriminazione, resta attuale, perché attraverso quest'ottica è possibile individuare meglio una soluzione dei problemi del precariato e del mercato del lavoro a due velocità,

    l'esigenza della libertà, ossia la necessità di tutelare i lavoratori dalle situazioni di dipendenza, deve ispirare la soluzione dei problemi connessi ai rapporti di lavoro mascherato, ai lavoratori parasubordinati e al lavoro nero,

    l'esigenza della sicurezza individuale va tenuta presente dinanzi alla crescente incertezza sociale (nell'accezione più ampia del termine) avvertita dai lavoratori e dai beneficiari di prestazioni sociali,

    i diritti collettivi, che in pratica si traducono nel coinvolgere i lavoratori in modo che apprezzino il senso e le finalità del lavoro, e nell'associarli allo sviluppo economico.

    2.11

    Il Comitato ritiene che la Commissione debba inquadrare il dibattito sulla modernizzazione del diritto del lavoro e sulle tutele (salute, sicurezza, infortuni sul lavoro, organizzazione dell'orario di lavoro, congedi retribuiti, ecc.) normalmente contemplate nel contesto del contratto di lavoro ispirandosi alle esigenze menzionate al punto precedente.

    2.12

    Il Libro verde evidenzia il solco esistente nella maggior parte dei paesi fra, da un lato, le legislazioni e i sistemi contrattuali in vigore e, dall'altro, le attuali realtà del mondo del lavoro, emerse durante un lasso di tempo relativamente breve tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90. In nessuna sua parte il Libro verde accenna al ruolo di tutela e di emancipazione storicamente svolto dal diritto del lavoro in senso lato, compreso anche quello risultante dalle contrattazioni collettive, con le sue specificità legate alle impostazioni di ordine culturale, sociale, economico e giuridico diverse a seconda degli Stati membri.

    2.13

    Al rispetto di un certo equilibrio fra le parti provvedono non solo il diritto del lavoro ma anche il dialogo sociale.

    2.14

    Il Comitato giudicherebbe semplicistica l'idea di considerare come un impedimento alla crescita e all'occupazione il diritto del lavoro che eserciti funzioni di tutela: significherebbe interpretarlo in maniera riduttiva, come semplice strumento della politica del mercato del lavoro o variabile economica.

    2.15

    Dal momento che i lavoratori sono sempre in una posizione di dipendenza nei confronti dei datori di lavoro, occorre ribadire il ruolo fondamentale che il diritto del lavoro assolve in termini di tutela e di emancipazione, e garantirne maggiormente l'applicazione in modo da evitare che i lavoratori subiscano delle pressioni e da tener conto delle nuove sfide della globalizzazione e dell'invecchiamento demografico. Tutto ciò comporta indubbiamente un ruolo dell'Unione europea nei confronti dei suoi Stati membri.

    2.16

    Nel 2000 la Commissione aveva promosso un'iniziativa in vista di un dibattito sulla necessità di valutare gli elementi essenziali del sistema legislativo e dei contratti collettivi, per assicurare che essi siano all'altezza di un'organizzazione moderna, ma al tempo stesso permettano un miglioramento delle condizioni di lavoro.

    2.17

    Non si è poi dato seguito a quest'iniziativa, nonostante l'evidente necessità di portarla a termine per soddisfare l'ambizione di condizioni di lavoro più moderne e migliori, tema che è stato ripreso anni dopo dall'attuale Commissione da un punto di vista diverso.

    2.18

    Il Comitato deve infatti constatare varie, e importanti, lacune che indeboliscono notevolmente la tesi e le prospettive prefigurate dal Libro verde. E richiama quindi l'attenzione su taluni punti che con suo rammarico non sono stati approfonditi o evidenziati:

    l'obiettivo di una crescita economica sostenuta non è incompatibile con la dimensione sociale della costruzione europea e del suo sviluppo,

    le implicazioni del diritto del lavoro riguardano non solo il contratto di lavoro individuale, bensì anche i contratti collettivi di lavoro,

    non si deve permettere che restino vani né il concetto di «lavoro dignitoso» sancito negli impegni di cooperazione fra l'Unione europea e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), né l'impegno costruttivo di cui gli Stati membri e i paesi candidati all'UE hanno dato prova nel giugno 2006 al momento dell'adozione della raccomandazione n. 198 dell'OIL, la quale prospetta definizioni adeguate e principi operativi per ovviare alle incertezze circa il sussistere di un rapporto di lavoro, e quindi garantire una concorrenza leale e l'effettiva protezione dei lavoratori in un rapporto di lavoro (3),

    le parti sociali, a livello sia nazionale che europeo, hanno già contribuito, con i loro accordi e contratti collettivi, a porre in essere garanzie per nuove forme di contratti di lavoro, compresi i contratti atipici, dimostrando così di saper adattare il rapporto di lavoro a nuove realtà e di contemplare tipologie flessibili provviste di garanzie adeguate,

    il dialogo sociale è uno strumento di coregolamentazione, che in quanto tale va promosso e reso effettivo e più efficiente, poiché serve a disciplinare meglio la flessibilità del contratto di lavoro,

    la sicurezza nel rapporto di lavoro è una condizione per accrescere la produttività (in quanto la precarietà non genera nuovi posti di lavoro). La mobilità e la flessibilità possono consentire un aumento della produttività e della sicurezza, ma i cambiamenti non devono realizzarsi in modo tale da comportare un grande aumento dei lavoratori poveri,

    la soluzione non sta in un modo di vedere che oppone fra di loro i lavoratori addossando loro la responsabilità di risolvere i problemi della disoccupazione e dell'inadeguatezza delle competenze e delle abilità rispetto a quelle richieste dal mercato,

    il nuovo tipo di contratto standard flessibile previsto per far fronte al presunto conflitto fra lavoratori «integrati» (insiders) e lavoratori «esclusi» (outsiders), non può addossare loro la responsabilità dei compromessi da ricercare per comporre il dualismo del mercato del lavoro. Inoltre, ove fosse introdotto, questo contratto non sopprimerebbe i veri ostacoli alla creazione di posti di lavoro.

    2.19

    Secondo il Comitato è giunto il momento di compiere un'analisi seria e completa, principalmente sulla scorta di quanto segue:

    un bilancio dei sistemi giuridici degli Stati membri sotto il profilo delle tutele previste, della loro finalità ed efficacia, dell'accesso a organi e a procedure per dirimere conflitti, sia giudiziari che non giudiziari,

    l'utilità del dialogo sociale negli sforzi intrapresi per modernizzare e migliorare il diritto del lavoro, per assicurare a tutti un lavoro dignitoso e per contrastare il lavoro nero, nonché il suo contributo al funzionamento del mercato e all'organizzazione del lavoro nelle imprese ai livelli appropriati (europeo, nazionale, regionale, di azienda e di gruppo, nonché transfrontaliero, a seconda dei casi),

    la presa in considerazione dei servizi pubblici, e del ruolo attivo che servizi pubblici efficienti e di qualità assolvono nell'occupazione e nella crescita,

    la presa in considerazione della governance dell'impresa, della partecipazione dei lavoratori e dei meccanismi di controllo e di allerta degli organismi rappresentativi dei lavoratori (in particolare nell'ambito dei comitati aziendali) nell'adeguamento ai cambiamenti e dinanzi alle ristrutturazioni,

    il ruolo riconosciuto ai veri lavoratori autonomi, che è essenziale nel promuovere lo spirito imprenditoriale e la creazione delle PMI, come anche nell'economia sociale, nonché la messa in atto di una tutela adeguata dei lavoratori in condizioni di dipendenza economica (i parasubordinati), tenendo conto delle specificità di alcuni lavoratori autonomi (per es. coloro che sono addetti alla vendita diretta),

    la promozione della raccomandazione dell'OIL del 2006 sul rapporto di lavoro (n. 198),

    l'impatto del lavoro nero e gli strumenti di repressione di questa pratica attraverso un migliore coordinamento, a livello europeo, delle amministrazioni competenti: una sorta di Europol sociale?

    l'impatto dei flussi migratori, che andranno coordinati meglio,

    le soluzioni win-win, ossia vincenti per tutti i soggetti coinvolti, che consistono in un buon utilizzo della flessibilità rispetto alle esigenze delle imprese e alle esigenze e istanze dei lavoratori, che possono essere così nuovamente padroni delle loro scelte,

    il lavoro di riflessione e le iniziative in tema d'istruzione e di formazione iniziale e continua rivolte ai lavoratori, ad esempio quelli attivi, quelli minacciati da ristrutturazioni, o quelli che rientrano nel mercato del lavoro dopo aver interrotto la carriera per motivi personali; inoltre, garanzie del percorso professionale anziché puntare su talune proposte per un ipotetico «contratto unico».

    2.20

    Il programma della presidenza tedesca, la nuova visione della problematica della «qualità» del lavoro durante l'incontro formale dei ministri del Lavoro e degli affari sociali del gennaio 2007, nonché la recente lettera di 9 ministri del Lavoro circa il nuovo impulso da imprimere all'Europa sociale, con in particolare gli indirizzi menzionati nell'allegato sulle politiche a favore dell'occupazione e della flessicurezza, hanno schiuso delle prospettive per l'analisi approfondita auspicata dal Comitato e per il rilancio della componente sociale della costruzione europea.

    3.   Osservazioni particolari: risposte o commenti circa le domande che la Commissione europea pone nel Libro verde

    3.1   Quali sarebbero secondo voi le priorità di un programma coerente di riforma del diritto del lavoro?

    3.1.1

    Il diritto del lavoro non ha perso la sua validità come diritto a tutela dei soggetti, siano essi lavoratori dipendenti o datori di lavoro. Ai lavoratori assicura una base equa di riferimento per la stipulazione di un contratto di lavoro giuridicamente valido, che bilancia i diritti e gli obblighi, ferma restando la loro subordinazione al datore di lavoro, il quale ha il potere di dirigere e impartire istruzioni. Ai datori di lavoro offre una sicurezza giuridica estremamente importante, in quanto i vari tipi di contratti standard sono chiaramente definiti, con clausole essenziali prestabilite o disciplinate a seconda dei casi, inclusa l'eventualità di risoluzione unilaterale. Inoltre, sotto il profilo della responsabilità civile, ad esempio, il diritto del lavoro assicura anche ai lavoratori e ai datori di lavoro delle garanzie e una sicurezza giuridica consistenti nell'indennizzo e nel riconoscimento delle eventuali invalidità di cui fosse vittima il lavoratore dipendente, nonché nella limitazione, per il datore di lavoro, della responsabilità civile in assenza di colpa, purché risultino rispettate le norme di sicurezza. La contrattazione collettiva e le istituzioni consultive favoriscono le buone relazioni industriali, e ove necessario la ricerca di soluzioni adeguate in caso di vertenza.

    3.1.2

    Per quanto concerne i cambiamenti auspicabili in via prioritaria, sarebbe opportuno che, nel rispetto delle legislazioni e delle prassi proprie a ciascuno Stato membro, il diritto del lavoro disciplini le nuove forme flessibili dei contratti che vanno sviluppandosi, in modo da continuare ad assolvere, in un nuovo contesto, il suo ruolo di tutela e di bilanciamento del rapporto di lavoro, nonché di garanzia della sicurezza giuridica per le parti in caso di licenziamento motivato, d'infortunio sul lavoro o di malattia professionale. Inoltre, il moderno diritto del lavoro dovrebbe consentire ai lavoratori dipendenti di acquisire dei diritti in materia di percorso professionale lungo tutto l'arco della vita attiva, per poter alternare la formazione permanente, le diverse forme di contratto che in un qualsiasi momento possano rispondere ad esigenze individuali di conciliazione del lavoro con la vita privata, di promozione o di riconversione professionale, ecc. Infine, con un diritto del lavoro moderno i datori di lavoro avrebbero tutto da guadagnare, a lungo termine, grazie al lavoro prestato da dipendenti soddisfatti.

    3.1.3

    Le riforme del diritto del lavoro devono sostenere le azioni positive a favore delle persone maggiormente escluse dal mercato del lavoro. Senza creare posti di lavoro precari, tali riforme devono servire a individuare dei percorsi di accesso al mercato del lavoro, anche promuovendo l'accesso all'apprendimento permanente e alle iniziative di economia sociale miranti all'integrazione professionale.

    3.1.4

    Occorrerebbe inoltre una migliore disciplina dei rapporti di lavoro triangolari onde precisare i diritti e gli obblighi di tutte le parti interessate, inclusi quelli attinenti alla responsabilità civile o penale. Occorrerebbe prevedere una tutela adeguata anche per i lavoratori in condizioni di dipendenza economica da un datore di lavoro principale, al quale siano praticamente subordinati nella gestione del loro lavoro (i parasubordinati). Ciò sarebbe opportuno soprattutto per gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e la protezione sociale. Le modifiche delle norme in tale ambito devono tuttavia essere effettuate con molta prudenza e tener conto delle specificità dei diversi gruppi di lavoratori autonomi che sono economicamente dipendenti (per es. coloro che esercitano un'attività di vendita diretta), evitando che tali lavoratori perdano la loro fonte del loro reddito e una forma di attività che soddisfa le loro aspettative.

    3.1.5

    Inoltre, è indispensabile sia combattere il lavoro non dichiarato, sia conferire forma giuridica ai rapporti di lavoro. È necessario intensificare le ispezioni sul lavoro non solo sotto questo profilo, ma anche, in linea più generale, per garantire l'efficacia delle disposizioni normative o contrattuali applicabili.

    3.1.6

    La raccomandazione n. 198 dell'OIL sul rapporto di lavoro, adottata dalla Conferenza internazionale del lavoro nel giugno 2006, offre agli Stati membri spunti importanti cui ispirarsi per adattare il diritto del lavoro in funzione degli sviluppi tecnologici, economici e sociali che da oltre 20 anni vanno modificando profondamente la produzione, i servizi e gli scambi mondiali (4).

    3.2   L'adattamento del diritto del lavoro e degli accordi collettivi può contribuire a migliorare la flessibilità e la sicurezza dell'occupazione e a ridurre la segmentazione del mercato del lavoro? Se sì, come?

    3.2.1

    L'esperienza pratica dimostra che senza un'apposita normativa il proliferare dei contratti flessibili accentua la segmentazione del mercato e accresce l'insicurezza, ad esempio portando sia ad una compressione dei redditi nei contratti più diffusi (tempo parziale), il che non permette di far fronte in maniera soddisfacente ai bisogni fondamentali, sia ad un indebolimento della protezione sociale (limiti per l'accesso alle prestazioni di disoccupazione, a una pensione complementare, a cicli di formazione continua). Occorre altresì tener conto della durata della giornata lavorativa, perché quando essa risente del frazionamento del tempo pieno o di quello parziale nella pratica i lavoratori non possono utilizzare il tempo non lavorato per attività personali.

    3.2.2

    Inoltre, l'esperienza pratica insegna che i contratti flessibili più diffusi (contratto a tempo determinato e contratto a tempo parziale) vengono spesso offerti a persone che preferirebbero un lavoro a tempo pieno. Benché questi contratti possano rappresentare un buon punto di partenza per la carriera futura dei giovani e un'eccellente opportunità per conciliare il lavoro con la vita privata o con lo studio, non sempre sono il frutto di una scelta volontaria. D'altro canto i lavoratori anziani hanno difficoltà a trovare un lavoro, anche solo a tempo determinato. La frammentazione del mercato non è imputabile ai lavoratori, bensì a una scelta dei datori di lavoro cui in ultima analisi spetta decidere, in maniera unilaterale, che tipo di contratto offrire. Il diritto del lavoro deve mirare a impedire che i giovani, le donne e i lavoratori anziani siano vittime di discriminazioni in materia di accesso al mercato del lavoro e sotto il profilo retributivo.

    3.2.3

    Affinché la flessibilità sia frutto di una scelta e non sia discriminatoria, affinché permetta ai lavoratori di organizzare la loro vita in maniera autonoma (giovani che lavorano con contratti a tempo determinato costretti a vivere con i genitori a causa del costo eccessivo delle abitazioni, famiglie monoparentali nelle quali il genitore è costretto a un contratto di lavoro a tempo parziale, e quindi diventa spesso un lavoratore povero — o una lavoratrice povera), occorre intraprendere riforme profonde del diritto del lavoro nel senso indicato nella risposta alla prima domanda: anzitutto mediante il dialogo sociale (tripartito o bipartito a seconda del paese) e condotto al livello più adeguato.

    3.3   La regolamentazione esistente — sotto forma di leggi e/o di contratti collettivi — frena o stimola le imprese e i lavoratori nei loro sforzi per cogliere le opportunità di aumentare la produttività e di adeguarsi alle nuove tecnologie e ai cambiamenti collegati alla concorrenza internazionale? Come può essere migliorata la qualità della regolamentazione applicabile alle PMI, mantenendone gli obiettivi?

    3.3.1

    Pur non potendo rispondere per conto dei 27 Stati membri dell'UE, il Comitato formula alcune osservazioni specifiche, e considera anzitutto che misurarsi con la concorrenza significhi il più delle volte innovare o puntare sulla qualità.

    3.3.2

    I fattori che veramente determinano la produttività sono la competenza dei lavoratori, e quindi la formazione e l'esperienza, e l'utilizzo di nuove tecnologie, il che dipende dagli investimenti, da un lato, nell'istruzione e nella formazione e, dall'altro, nella ricerca e sviluppo, sia pubblici che privati (e sono questi ultimi ad essere insufficienti in Europa).

    3.3.3

    Le disposizioni (siano esse a carattere legislativo o contrattuale come il quadro d'azione delle parti sociali sulla formazione) devono quindi mirare a proseguire l'istruzione e la formazione, come pure l'adeguamento alle nuove tecnologie, nel quadro del lavoro o della carriera professionale, e interessare equamente tutte le diverse categorie di lavoratori dipendenti. L'impresa desiderosa di formare competenze e quindi conservarle ne sosterrà gli sforzi, assieme alle autorità pubbliche o a istituzioni competenti. In compenso, l'impresa ne trarrà un vantaggio competitivo e i dipendenti saranno avvantaggiati dall'aumentata occupabilità. Per parte sua la legislazione può favorire il miglioramento delle competenze e delle qualifiche organizzando o agevolando la realizzazione dei finanziamenti, delle strutture e della formazione, precisando gli incentivi alla formazione (congedi per la formazione, possibilità di «risparmiare» un certo periodo di tempo o importo, acquisendo un «credito di tempo o denaro» da utilizzare per congedi remunerati (5)) nell'arco della carriera professionale (attraverso contratti e datori di lavoro successivi), conformemente alle legislazioni e alle prassi vigenti o da introdurre, e ai contratti collettivi (6).

    3.3.4

    Una mutualizzazione delle iniziative di qualificazione/formazione può essere incoraggiata dalla legislazione e da finanziamenti locali per quanto riguarda, ad esempio, le PMI onde ripartire i costi su un determinato territorio, visto che, al di là dell'esperienza acquisita attraverso il lavoro stesso, le microimprese e i lavoratori autonomi non sono in grado di organizzare e di finanziare iniziative di formazione di una certa durata.

    3.3.5

    Il diritto del lavoro in senso lato può influire solo su una piccola parte degli elementi indispensabili per padroneggiare le nuove tecnologie e l'adeguamento alle trasformazioni industriali e sociali (formazione continua, coinvolgimento dei lavoratori). Anche l'insegnamento superiore, la ricerca, il capitale di rischio, gli incubatori di nuove imprese e i poli d'innovazione hanno una loro funzione nel quadro di una politica industriale competitiva e coordinata, a livello regionale, nazionale ed europeo.

    3.4   Come facilitare il reclutamento mediante contratti a tempo indeterminato e determinato, sia per via legislativa sia attraverso accordi collettivi, in modo da aumentare la flessibilità di tali contratti garantendo al tempo stesso un livello sufficiente di sicurezza dell'occupazione e di protezione sociale?

    3.4.1

    Questo è un approccio difficilmente accettabile, se con flessibilità s'intendono forme di impiego più numerose o più precarie. In effetti, per flessicurezza si intende la possibilità di associare diverse forme di flessibilità e di sicurezza in materia di occupazione, allo scopo di rafforzare in modo equilibrato l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese, proteggendoli entrambi dai rischi. La flessicurezza, quindi, è qualcosa di più dell'equilibrio tra la flessibilità esterna e il sistema di sicurezza sociale. Quanto più flessibile è il contratto, tanto più debole è la sicurezza nell'occupazione, e tanto maggiore deve essere la tutela (protezione sociale, garanzia di un percorso professionale duraturo e certo o sicurezza professionale nell'arco di tutta la vita attiva) (7).

    3.4.2

    La domanda posta implica che la flessibilità crei posti di lavoro, tesi che non è tuttavia suffragata da alcuna argomentazione o prova. La sicurezza dipende maggiormente dal diritto sociale, tema che non viene affrontato dal Libro verde.

    3.5   Sarebbe utile prendere in considerazione una combinazione di una normativa di tutela dell'occupazione più flessibile e di una ben congegnata assistenza per i disoccupati, sotto forma di compensazioni per la perdita di reddito (politiche passive del mercato del lavoro) ma anche di politiche attive del mercato del lavoro?

    3.5.1

    Un sostegno ai disoccupati che sia veramente ben congegnato deve comunque, indipendentemente dal livello di «protezione» dell'occupazione, essere affiancato da cicli di formazione seri o da corsi di aggiornamento validi. Inoltre esso comporta un sostegno su misura per le imprese disposte ad assumere persone ai margini del mercato del lavoro (come i disoccupati di lunga durata). Una «politica attiva del mercato del lavoro» non significa l'obbligo di accettare qualsiasi impiego venga proposto, anche se meno qualificato o meno ben retribuito, per non perdere tutte le indennità.

    3.5.2

    Le soluzioni varieranno a seconda dei paesi, in funzione della storia e delle condizioni sociali di ciascuno di essi, nonché del peso che vi hanno le contrattazioni collettive. La sussidiarietà deve avere un ruolo importante in materia di diritto del lavoro, non da ultimo nell'attuazione delle direttive europee, originate sia da un accordo quadro europeo sia da un'iniziativa comunitaria. È comunque certo che anche il livello comunitario deve assumere le sue responsabilità, incoraggiare i negoziati, sottoporre proposte concrete negli ambiti di sua competenza, senza confondere l'idea di «legiferare meglio» con quella della «deregolamentazione».

    3.6   Quale può essere il ruolo della legge e/o degli accordi collettivi negoziati dalle parti nella promozione dell'accesso alla formazione e le transizioni tra le varie forme di contratto, al fine di sostenere la mobilità verticale lungo tutto l'arco di una vita professionale pienamente attiva?

    3.6.1

    Sono indispensabili supporti normativi solidi e continuativi per assicurare la formazione permanente e le transizioni professionali. Il peso rispettivo delle disposizioni legislative e dei contratti collettivi varierà in funzione dei diversi «modelli» dei singoli paesi. In effetti, la storia sociale e gli strumenti disponibili per garantire il rispetto — nel lunghissimo periodo — dei compromessi accettati dalle parti sociali hanno determinato differenze per quanto concerne le condizioni legislative e sociali, il peso degli organismi rappresentativi, nonché le tradizioni e le consuetudini. Tutto ciò riconduce alla necessità di creare un autentico statuto a tutela dei lavoratori dipendenti.

    3.6.2

    Il sistema da introdurre interessa al tempo stesso anche i contratti di lavoro, e si deve concretare in istituzioni che assicurino un sostegno alle transizioni: sostegno finanziario (forme di finanziamento da negoziare o da discutere) ed istituti di formazione a carattere pubblico, collettivo o mutualistico, o tipologie formative basate sul lavoro nell'impresa (impresa «qualificante»), fermo restando il riconoscimento delle qualifiche così acquisite.

    3.6.3

    È su questo fronte che il diritto del lavoro potrebbe contribuire efficacemente alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona, con interventi a favore sia della società della conoscenza, sia di una sicurezza che permetta di organizzare la propria vita, di avere un'idea dell'avvenire e di attuare progetti, il che favorisce direttamente anche la produttività e la qualità del lavoro.

    3.7   Le definizioni giuridiche nazionali del lavoro dipendente e del lavoro autonomo devono essere chiarite in modo da facilitare le transizioni in buona fede tra lo status di lavoratore dipendente e quello di lavoratore autonomo e viceversa?

    3.7.1

    È un problema su cui si può beninteso riflettere sulla scorta di studi comparativi abbastanza approfonditi, ma il quesito sembra decisamente teorico, in quanto l'armonizzazione del diritto del lavoro o della protezione sociale non è all'ordine del giorno. Le definizioni e le giurisprudenze nazionali al riguardo sono operative, e sembra ragionevole mantenerle poiché offrono una nitida demarcazione fra diritto del lavoro e diritto civile (commerciale).

    3.8   È necessario prevedere un «nucleo di diritti» relativo alle condizioni di lavoro di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla forma del loro contratto di lavoro? Quale sarebbe, secondo voi, l'impatto di tali requisiti minimi sulla creazione di posti di lavoro e la tutela dei lavoratori?

    3.8.1

    Tutto dipende da quello che un tale «nucleo dei diritti relativo alle condizioni di lavoro» comporterebbe. Aspetti come la durata del lavoro, la modulazione degli orari, le retribuzioni sono determinati dal tipo di contratto e dalle condizioni generali applicabili per legge.

    3.8.2

    Invece, i diritti di partecipazione, le libertà fondamentali, il principio della parità di trattamento e di non discriminazione, il diritto alla protezione contro i rischi (infortuni, malattia, disoccupazione, ecc.) costituiscono tutti dei diritti fondamentali, ed esulano per loro stessa natura dal contratto di lavoro. È quindi assolutamente escluso descriverli come «obblighi minimi» o «flessibilità» in materia.

    3.9   Ritenete che le responsabilità delle varie parti nell'ambito di rapporti di lavoro multipli dovrebbero essere precisate per determinare a chi incombe la responsabilità del rispetto dei diritti del lavoro? Sarebbe realizzabile ed efficace ricorrere alla responsabilità sussidiaria per stabilire questa responsabilità nel caso dei subappaltatori? In caso di risposta negativa, vedete altri mezzi che consentano di garantire una sufficiente tutela dei lavoratori nei «rapporti di lavoro triangolari»?

    3.9.1

    Il diritto del lavoro poggia sul principio di un ordine pubblico «sociale» valevole per tutte le parti. I committenti devono disporre di un certo potere di controllo o di supervisione sui rispettivi subappaltatori, e prendere la precauzione d'iscrivere nei contratti taluni principi (rispetto delle norme vigenti, di carattere sia sociale che tecnico), per evitare di ritrovarsi involontariamente complici di violazioni del diritto del lavoro o di altre norme nazionali applicabili ad un determinato cantiere o stabilimento.

    3.9.2

    Una responsabilità solidale in base alla quale il committente ha la facoltà di rivalersi nei confronti dei subappaltatori inadempienti sembra la soluzione che tutela maggiormente i diritti dei lavoratori, i quali possono avere grandi difficoltà a difendersi da sé quando la sede sociale del subappaltatore si trovi all'estero, ed eventualmente in un paese terzo, mentre essi lavorano in un cantiere del committente sotto la direzione di quest'ultimo. La regola della solidarietà, per le condizioni di lavoro e la garanzia della corresponsione delle retribuzioni, dovrebbe essere applicabile a prescindere dal fatto che il committente sia un soggetto di diritto privato, di diritto pubblico o a carattere misto pubblico-privato.

    3.9.3

    Occorre rafforzare la protezione dei dipendenti che lavorano all'estero. I subappaltatori esteri dovrebbero versare i contributi previdenziali alle casse o agli enti previsti per la tutela dei crediti dei dipendenti in caso d'inadempienza del datore di lavoro. Fra gli obblighi giuridici imposti dagli Stati membri al committente dovrebbe rientrare anche il rimborso spese per l'eventuale rimpatrio in caso d'inadempienza del subappaltatore.

    3.9.4

    Uno dei problemi dei rapporti di lavoro triangolari, o di quelli particolarmente complessi, è che espone i dipendenti/lavoratori a maggiori rischi d'inadempienza di uno degli anelli della catena e di diluizione delle responsabilità. Nel caso dei dipendenti dei subappaltatori esteri una protezione abbastanza completa sul fronte del rispetto dei diritti, nonché del pagamento del lavoro compiuto e della corresponsione dei contributi previdenziali è possibile unicamente grazie alla responsabilità solidale, basata su norme giuridiche, fra, da un lato, il committente e, dall'altro, qualsiasi subappaltatore. I sistemi di garanzia adeguati, previsti a livello nazionale conformemente alla direttiva sulla tutela dei crediti dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro, dovrebbero essere sufficientemente efficaci e addirittura estesi alle imprese di paesi terzi i cui sistemi nazionali di garanzia siano insufficienti o inesistenti; in tal caso la responsabilità solidale dei committenti verrebbe ridotta proporzionalmente. Inoltre, i sistemi giuridici nazionali devono creare un meccanismo che consenta l'utilizzo dei pagamenti corrisposti dai committenti ai subappaltatori esteri per finanziare un meccanismo di garanzia destinato a far fronte agli obblighi residui di questi ultimi nei confronti dei dipendenti in caso d'inadempienza del datore di lavoro (8).

    3.10   È necessario chiarire lo statuto dei lavoratori impiegati dalle agenzie di lavoro temporaneo?

    3.10.1

    L'assenza di un quadro giuridico comunitario schiude la possibilità di abusi, come l'elusione delle norme sul distacco temporaneo di lavoratori. Sarebbe opportuno adoperarsi affinché il Consiglio giunga a un consenso che permetta di regolamentare a livello europeo le attività delle agenzie di lavoro temporaneo.

    3.11   Come si potrebbero modificare i requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro al fine di offrire una maggiore flessibilità ai datori di lavoro e ai lavoratori, garantendo al tempo stesso un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori? Quali dovrebbero essere gli aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro da trattare in via prioritaria da parte della Comunità?

    3.11.1

    La vigente direttiva del 1993, unitamente alla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, offre un quadro di tutela che può essere ancora adattato, completato o sviluppato a livello nazionale in funzione delle necessità, in particolare mediante contrattazioni collettive a vari livelli.

    3.11.2

    Il quesito riconosce implicitamente il rapporto che intercorre fra durata/ampiezza degli orari di lavoro e rischi d'infortuni o di pregiudizio per la salute. Tale rapporto esiste e la riduzione dell'orario di lavoro effettivo può a lungo termine migliorare lo stato di salute dei lavoratori, innanzi tutto riducendo lo stress e la stanchezza permanente cui sono sottoposti e al tempo stesso rendendo possibile la creazione di nuovi posti di lavoro.

    3.12   Come è possibile garantire nell'insieme della Comunità i diritti del lavoro di lavoratori che effettuano prestazioni in un contesto transnazionale, in particolare dei lavoratori frontalieri? Ritenete che sia necessario migliorare la coerenza delle definizioni di «lavoratore» contenute nelle direttive europee, in modo da garantire che questi lavoratori possano esercitare i diritti connessi alle loro attività lavorative, quale che sia lo Stato membro nel quale lavorano? O ritenete che gli Stati membri debbano mantenere un margine di manovra in questo settore?

    3.12.1

    In proposito si rimanda alla domanda n. 1 e alla raccomandazione n. 198 dell'OIL. A causa delle attuali divergenze, la definizione dovrebbe restare di competenza degli Stati membri, poiché riguarda non solo i contratti di lavoro, ma anche l'applicazione della legislazione sociale (definizione dei beneficiari e delle condizioni di accesso alle prestazioni).

    3.12.2

    Non sembra che le direttive europee, le quali definiscono le persone considerate in funzione della natura della legislazione, costituiscano un vero problema. Prima d'introdurre modifiche, sempre che risultino necessarie, sarebbe necessario uno studio approfondito al riguardo.

    3.13   Ritenete che sia necessario rafforzare la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti, in modo che esse possano controllare più efficacemente il rispetto del diritto del lavoro comunitario? Ritenete che le parti sociali abbiano un ruolo da svolgere in tale cooperazione?

    3.13.1

    Il ruolo delle parti sociali è indispensabile, nel contesto del dialogo sociale e nello spirito dei Trattati e della Carta, per verificare l'attuazione e il rispetto del diritto del lavoro dell'UE.

    3.14   Ritenete che altre iniziative siano necessarie a livello dell'UE al fine di sostenere l'azione degli Stati membri nella lotta contro il lavoro non dichiarato?

    3.14.1

    Occorre sviluppare il ruolo di Eurostat per comprendere a dovere i fenomeni in atto nei vari paesi. Pare che l'importanza del lavoro informale o non dichiarato venga sottovalutata nel calcolo dei PIL nazionali. Se le cause di questo fenomeno dipendono maggiormente dalle situazioni particolari a livello nazionale, come alcuni studi fanno pensare, occorrerà sostenere e incoraggiare soprattutto l'azione degli Stati membri.

    3.14.2

    Ad ogni modo, trattandosi di fenomeni poco conosciuti, sarebbe opportuno chiarire i rapporti che intercorrono fra queste forme di lavoro e la contraffazione, come pure il peso dei circuiti criminali nel lavoro non dichiarato e i rapporti con l'immigrazione clandestina, tutti elementi che potrebbero giustificare una cooperazione giudiziaria attiva nell'ambito dell'Unione europea, e un ruolo accresciuto dell'UE, nella misura in cui queste tipologie di lavoro influiscono anche sul mercato interno e sulla concorrenza.

    3.14.3

    Le parti sociali hanno un ruolo importante nella repressione del lavoro nero e nel contenimento dell'economia sommersa. Occorrerebbe incoraggiare con misure di livello comunitario le parti sociali degli Stati membri ad avviare, tra loro o insieme con le autorità, dei progetti nazionali e settoriali per risolvere tali problemi. A livello comunitario le parti sociali potrebbero analizzare insieme le buone prassi in uso negli Stati membri e diffondere informazioni in materia.

    3.14.4

    Per reprimere il lavoro nero occorre che le autorità degli Stati membri predispongano efficacemente, a livello transfrontaliero, delle attività di cooperazione, di controllo e di informazione sulle sanzioni comminate a chi ingaggi altri o si impegna direttamente in un lavoro irregolare.

    Bruxelles, 30 maggio 2007.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Dimitris DIMITRIADIS


    (1)  http://ec.europa.eu/employment_social/publications/2004/ke5703265_it.html (disponibile in FR, EN e DE).

    http://ec.europa.eu/employment_social/employment_strategy/emco/opinion2004/spc_final_2004_fr.pdf (in FR, ma disponibile anche in EN e DE).

    (2)  Au delà de l'emploi, éditions Flammarion, 1999 (pag. 294 e ss.) [Il futuro del lavoro, ed. Carocci, 2003].

    (3)  Alla Conferenza internazionale del lavoro il gruppo Datori di lavoro non ha appoggiato l'adozione della raccomandazione n. 198 dell'OIL sui rapporti di lavoro.

    (4)  Cfr. nota n. 2.

    (5)  Ad. es. i conti «épargne-temps» che possono essere previsti in Francia dai contratti collettivi, in parte simili alle «banche delle ore» in Italia.

    (6)  Cfr. OCSE: PISA (Programme for International Student Assessment): programma per la valutazione delle rese scolastiche a livello internazionale) 2003 e PISA 2006 sull'efficacia dei sistemi educativi: nelle classifiche i paesi nordici risultano ben piazzati, con la Finlandia in testa: http://www.oecd.org/pages/0,2966,en_32252351_32236130_1_1_1_1_1,00.html.

    (7)  In questo contesto, è importante ricordare che in Europa il 78 % dei contratti di lavoro è a tempo pieno e a tempo indeterminato e il 18,4 % dei lavoratori ha contratti a tempo parziale anch'essi a tempo indeterminato. Circa il 14,5 % della forza lavoro dell'Unione europea ha contratti a tempo determinato e il 2 % degli occupati dell'UE-27 ha un lavoro temporaneo. Ciononostante, oltre il 60 % dei nuovi contratti di lavoro è costituito da contratti flessibili.

    (8)  Cfr. la direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23).


    ALLEGATO

    al parere del Comitato economico e sociale europeo

    Le seguenti proposte di emendamento sono state respinte nel corso della discussione, ma hanno ottenuto un numero di voti favorevoli almeno pari a un quarto dei voti espressi.

    Sostituire l'intero parere con il seguente testo:

    Attualmente l'Europa si trova di fronte a una serie di sfide importanti, tra cui un'economia che si sta evolvendo da un modello fondato sulle attività industriali a un modello orientato verso i servizi e fondato sulla conoscenza, la globalizzazione, la rapidità dei progressi tecnologici, l'invecchiamento della popolazione europea, la diminuzione del tasso di natalità e i cambiamenti in atto nella società e nelle sue esigenze.

    Per rispondere a tali sfide e mantenere il modello sociale europeo è necessario, tra l'altro, modernizzare il diritto del lavoro.

    Pertanto il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il Libro verde della Commissione europea che lancia un dibattito pubblico sulla modernizzazione del diritto del lavoro. I contributi a tale documento arricchiranno la comunicazione sulla flessicurezza prevista dalla Commissione. L'equilibrio tra la flessibilità dell'occupazione e la sicurezza dovrebbe soddisfare le esigenze dei lavoratori come pure quelle delle imprese.

    La modernizzazione del diritto del lavoro dovrebbe rispondere agli obiettivi della strategia di Lisbona finalizzati alla crescita, alla competitività, e a nuovi e migliori posti di lavoro, oltre che alla coesione sociale. Per realizzare tali obiettivi il CESE avanza le seguenti proposte:

    1.

    Il gran numero di forme di contratti di lavoro esistenti va mantenuto, a patto che vi sia un quadro giuridico stabile che tenga conto delle necessità dei lavoratori nonché di quelle delle imprese, in particolar modo delle PMI. Benché il 78 % dei contratti di lavoro sia costituito da contratti a tempo pieno e a tempo indeterminato, il numero di nuove forme contrattuali flessibili sta crescendo in tutta Europa. Contratti di lavoro flessibili come i contratti a tempo parziale e i contratti a tempo determinato possono contribuire a sviluppare le competenze professionali che non si acquisiscono sui banchi di scuola, accrescendo così le probabilità di trovare un contratto a tempo pieno e a tempo determinato. I contratti di lavoro flessibili possono rappresentare un buon punto di partenza per la carriera futura dei giovani e un'eccellente opportunità di conciliazione del lavoro con la vita privata, contribuendo così alla creazione di un mercato del lavoro inclusivo. È essenziale che questi lavoratori siano protetti contro la discriminazione, conformemente alle direttive comunitarie sul lavoro a tempo parziale e sul lavoro a tempo determinato, che si fondano sugli accordi tra le parti sociali in Europa.

    2.

    La modernizzazione del diritto del lavoro deve avvenire principalmente a livello degli Stati membri. Dato che il diritto del lavoro è soltanto un elemento del principio di flessicurezza è in ciascun quadro nazionale che va definito il giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza. Le riforme nazionali dovrebbero essere completate da un'azione europea che accresca, attraverso l'individuazione e la promozione dello scambio di buone pratiche, una maggiore sensibilizzazione.

    3.

    Va dato sostegno al ruolo importante che le parti sociali svolgono, a livello nazionale, settoriale e aziendale, per la modernizzazione del diritto del lavoro e per il raggiungimento dell'equilibrio tra flessibilità e sicurezza. La contrattazione collettiva deve essere basata sul principio dell'autonomia delle parti sociali e varierà in funzione della storia e della cultura delle relazioni industriali nei diversi Stati membri.

    4.

    Una tutela occupazionale più flessibile nell'ambito di contratti di lavoro a tempo indeterminato dovrebbe unirsi a politiche attive del mercato del lavoro che offrano un sostegno su misura per lavoratori dipendenti che scelgono di migliorare le loro qualificazioni in funzione dei bisogni del mercato del lavoro. Si dovrebbe concentrare l'attenzione sulla sicurezza dell'occupazione piuttosto che sulla protezione di determinati posti di lavoro. Le azioni positive dell'economia sociale e delle imprese andrebbero sostenute in modo da integrare nel mercato del lavoro le persone che ne sono escluse. Un partenariato tripartito e caratterizzato da legami stretti tra datori di lavoro, lavoratori e settore pubblico contribuisce a individuare i bisogni di formazione e a ripartire l'onere finanziario. Regimi di sicurezza sociale favorevoli all'occupazione sia per i lavoratori dipendenti che per i lavoratori autonomi dovrebbero contribuire ad agevolare la transizione tra diverse forme di lavoro.

    5

    Il lavoro autonomo dà un grande apporto allo spirito imprenditoriale, un settore in cui l'Europa è in ritardo rispetto ai suoi principali concorrenti a livello mondiale, e costituisce il segnale migliore del dinamismo di un'economia moderna. Tuttavia, il lavoro autonomo economicamente dipendente deve essere nettamente distinto dal lavoro autonomo che lo è solo formalmente: quest'ultimo dovrebbe avere lo stesso livello di protezione del lavoro dipendente per quanto riguarda, per esempio, la previdenza sociale, la sicurezza sul lavoro, e la protezione della salute e del posto di lavoro.

    6.

    Il lavoro non dichiarato distorce la concorrenza e distrugge la base finanziaria dei regimi nazionali di sicurezza sociale e dei regimi fiscali. Esso è un fenomeno complesso le cui cause sono molteplici. La lotta contro il lavoro non dichiarato richiede, quindi, una corretta combinazione di politiche, con un adattamento del diritto del lavoro, una semplificazione degli obblighi amministrativi, politiche salariali coerenti, incentivi fiscali, miglioramento delle strutture pubbliche e dei servizi pubblici, ma anche controlli e sanzioni dissuasive. La Commissione europea dovrebbe pertanto assumere l'iniziativa per garantire le buone pratiche e agevolarne la diffusione tra gli Stati membri al fine di stimolare un'azione contro il lavoro non dichiarato.

    Motivazione

    Sarà esposta oralmente.

    Esito della votazione

    Voti favorevoli: 89

    Voti contrari: 126

    Astensioni: 7

    Nuovo punto 3.9.2

    Aggiungere il seguente punto:

    Di regola il committente non ha nessuna incidenza sull'adempimento quotidiano degli obblighi del prestatore nei confronti dei suoi lavoratori dipendenti, e inoltre non conosce la sua situazione finanziaria né esercita un'influenza su di essa: non è quindi in grado di valutare se il prestatore può adempiere ai suoi doveri nei confronti dei dipendenti. Pertanto non può assumere la responsabilità del relativo rischio finanziario.

    Motivazione

    La domanda posta dalla Commissione nel Libro verde è di carattere generale e non si applica soltanto alle relazioni transnazionali. Si propone quindi di inserire un nuovo punto, di natura generale, tra gli attuali punti 3.9.1 e 3.9.2. In questo modo il punto 3.9.2, che descrive in dettaglio la deroga da questa affermazione generale (relazioni transnazionali), sarebbe corretto.

    Esito della votazione

    Voti favorevoli: 75

    Voti contrari: 122

    Astensioni: 12


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