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Document 62020CJ0371

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 2 settembre 2021.
Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Peek & Cloppenburg Düsseldorf Komplementär B.V. contro Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Van Graaf Management GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof.
Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2005/29/CE – Pratiche commerciali sleali – Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali – Pratiche commerciali ingannevoli – Punto 11, prima frase, dell’allegato I – Azioni pubblicitarie – Impiego di un contenuto redazionale nei media per promuovere un prodotto – Promozione il cui costo è sostenuto dal professionista stesso – Nozione di “costi sostenuti” – Promozione della vendita dei prodotti dell’inserzionista e della società editrice di media – “Advertorial ovvero pubblicità redazionale”.
Causa C-371/20.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:674

 SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

2 settembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2005/29/CE – Pratiche commerciali sleali – Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali – Pratiche commerciali ingannevoli – Punto 11, prima frase, dell’allegato I – Azioni pubblicitarie – Impiego di un contenuto redazionale nei media per promuovere un prodotto – Promozione il cui costo è sostenuto dal professionista stesso – Nozione di “costi sostenuti” – Promozione della vendita dei prodotti dell’inserzionista e della società editrice di media – “Advertorial ovvero pubblicità redazionale”»

Nella causa C‑371/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), con decisione del 25 giugno 2020, pervenuta in cancelleria il 7 agosto 2020, nel procedimento

Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Peek & Cloppenburg Düsseldorf Komplementär BV

contro

Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Van Graaf Management GmbH,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, C. Toader (relatrice) e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Peek & Cloppenburg Düsseldorf Komplementär BV, da A. Auler, Rechtsanwalt;

per la Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Van Graaf Management GmbH, da A. Renck e M. Petersenn, Rechtsanwälte;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e Z. Biró-Tóth, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del punto 11, prima frase, dell’allegato I alla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2005, L 149, pag. 22).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Peek & Cloppenburg Düsseldorf Komplementär BV (in prosieguo: la «P&C Düsseldorf»), e la Peek & Cloppenburg KG, legalmente rappresentata dalla Van Graaf Management GmbH (in prosieguo: la «P&C Amburgo»), società giuridicamente ed economicamente indipendenti, in relazione al carattere sleale di un’operazione promozionale.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dei considerando 6 e 17 della direttiva 2005/29:

«(6)

La presente direttiva ravvicina (…) le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei concorrenti legittimi. Secondo il principio di proporzionalità, la presente direttiva tutela i consumatori dalle conseguenze di tali pratiche commerciali sleali allorché queste sono rilevanti, ma riconosce che in alcuni casi l’impatto sui consumatori può essere trascurabile. Essa non riguarda e lascia impregiudicate le legislazioni nazionali sulle pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad un’operazione tra professionisti. Tenuto pienamente conto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri, ove lo desiderino, continueranno a poter disciplinare tali pratiche, conformemente alla normativa [dell’Unione]. (...)

(…)

(17)

È auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano individuate per garantire una maggiore certezza del diritto. L’allegato I riporta pertanto l’elenco completo di tali pratiche. Si tratta delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali senza una valutazione caso per caso in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9. L’elenco può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

4

L’articolo 1 di tale direttiva prevede quanto segue:

«La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

5

A norma dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, con il termine «professionista» si intende «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista». L’articolo 2, lettera d), della stessa direttiva definisce le «pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori»«qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

6

L’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2005/29 così dispone:

«L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

7

L’allegato I di tale direttiva, rubricato «Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali», menziona, in quanto «[p]ratiche commerciali ingannevoli», al suo punto 11, prima frase, il fatto di «[i]mpiegare contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale)».

Diritto tedesco

8

Il Gesetz gegen den unlauteren Wettbewerb (legge che vieta la concorrenza sleale), del 3 luglio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 1414), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (BGBl. 2010 I, pag. 254) (in prosieguo: l’«UWG»), mira, in particolare, a trasporre nel diritto tedesco la direttiva 2005/29. L’articolo 3 dell’UWG e l’allegato di tale legge contengono un elenco delle pratiche commerciali considerate sleali.

9

L’articolo 3 dell’UWG, rubricato «Divieto di pratiche commerciali sleali», dispone quanto segue:

«1.   Le pratiche commerciali sleali sono illecite.

(...)

3.   Le pratiche commerciali rivolte ai consumatori indicate nell’allegato della presente legge sono sempre illecite. (...)

(...)».

10

Il punto 11 dell’allegato dell’UWG menziona «l’impiego, il cui costo è sostenuto da un’impresa, di un contenuto redazionale per promuovere un prodotto senza che il collegamento con tale impresa emerga chiaramente da detto contenuto o dalla presentazione visiva o sonora considerata (advertorial ovvero pubblicità redazionale)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11

La P&C Düsseldorf e la P&C Amburgo sono due società giuridicamente ed economicamente indipendenti l’una dall’altra che esercitano entrambe l’attività di vendita al dettaglio di abbigliamento con la denominazione sociale «Peek & Cloppenburg», attraverso varie filiali. Un accordo stipulato tra queste due società prevede che le stesse si ripartiscano il mercato tedesco in due zone economiche e che ciascuna di esse gestisca negozi di abbigliamento in una di tali due zone. Dette società assicurano la promozione del loro commercio di abbigliamento in modo separato e indipendente.

12

Nel mese di marzo 2011 la P&C Düsseldorf ha lanciato un’operazione promozionale di portata nazionale nella rivista di moda Grazia, con la pubblicazione di un articolo apparso su due pagine, il quale invitava i lettori, con il titolo «Iniziativa per i lettori», a una serata di vendite private, denominata «Grazia StyleNight by Peek&Cloppenburg».

13

Sullo sfondo di immagini in cui la menzione «Peek & Cloppenburg» appariva a lettere luminose sul frontone delle vetrine dei negozi che vi erano raffigurati, era indicato quanto segue: «Una serata per tutte le Grazia-girls: dopo il lavoro, vieni a curiosare con noi nel tempio della moda! Con spumante e uno stilista personale. Vuoi diventare una V.I.S. (Very Important Shopper)? Iscriviti subito!». Era precisato che esistono due società indipendenti denominate Peek & Cloppenburg e che si trattava, nel caso di specie, di un annuncio proveniente dalla P&C Düsseldorf. Tali immagini presentavano alcuni prodotti commercializzati da quest’ultima nell’ambito di detto evento.

14

La P&C Amburgo ha adito il Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo, Germania) con un ricorso diretto a vietare alla P&C Düsseldorf di far comparire, in quanto concorrente, annunci pubblicitari che non sono chiaramente identificabili come tali, nonché a condannare quest’ultima a comunicare determinate informazioni e a risarcire il danno che essa avrebbe subito a motivo di detta operazione promozionale. A sostegno di tale ricorso, la P&C Amburgo sosteneva che un annuncio come quello pubblicato nella rivista Grazia era contrario al divieto dei contenuti redazionali previsto all’articolo 3, paragrafo 3, dell’UWG, in combinato disposto con il punto 11 dell’allegato della stessa.

15

Il Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo) ha accolto il suddetto ricorso. L’appello proposto dalla P&C Düsseldorf contro la decisione del Landgericht Hamburg (Tribunale del Land, Amburgo) è stato respinto dall’Oberlandesgericht Hamburg (Tribunale superiore del Land, Amburgo, Germania).

16

La controversia principale è stata quindi portata dalla P&C Düsseldorf dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), giudice del rinvio, adito con un ricorso per cassazione. Tale giudice rileva che la soluzione di tale controversia dipende dall’interpretazione del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29, trasposto nel diritto tedesco all’articolo 3, paragrafo 3, dell’UWG, in combinato disposto con il punto 11 dell’allegato di tale legge.

17

Secondo il suddetto giudice, si pone la questione se la pubblicazione del contenuto redazionale che annuncia l’operazione promozionale di cui trattasi possa essere considerata come «advertorial ovvero pubblicità redazionale», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, dell’UWG, nei limiti in cui la P&C Düsseldorf e la società editrice della rivista Grazia si sono ripartite i costi inerenti a tale operazione e la P&C Düsseldorf ha messo gratuitamente a disposizione di tale società le immagini utilizzate nell’articolo apparso nel numero di cui trattasi di tale rivista.

18

A tale riguardo, il giudice del rinvio considera che sono soddisfatte diverse condizioni per l’applicazione del punto 11, prima frase, dell’allegato I di tale direttiva. Infatti, secondo tale giudice, l’articolo che annunciava la serata di vendite private, denominata «Grazia StyleNight by Peek&Cloppenburg», costituisce effettivamente una «pratica commerciale» della P&C Düsseldorf. Tale articolo avrebbe un contenuto redazionale. La pubblicazione di detto contenuto redazionale sarebbe stata utilizzata per promuovere le vendite di prodotti della P&C Düsseldorf. Infine, il collegamento tra, da un lato, tale promozione e i costi sostenuti per la stessa, e, dall’altro, detto professionista non risulterebbe con sufficiente chiarezza dalla lettura dell’articolo in parola.

19

Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo alla questione se si possa ritenere, nel caso di specie, che la P&C Düsseldorf abbia «sostenuto i costi» della promozione delle vendite dei suoi prodotti tramite l’impiego di detto contenuto redazionale, ai sensi del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29.

20

A tale proposito, detto giudice rileva che la P&C Düsseldorf ha ammesso di aver organizzato le serate di vendite private insieme alla società editrice della rivista Grazia e che i costi sono stati sostenuti da entrambe. La P&C Düsseldorf ha inoltre messo a disposizione i suoi negozi e il suo personale per l’organizzazione dell’operazione promozionale di cui trattasi, e avrebbe ceduto gratuitamente alla società editrice della rivista Grazia i diritti di utilizzo delle immagini pubblicate nell’articolo apparso nel numero considerato di quest’ultima.

21

In tali circostanze, detto giudice si chiede, da un lato, se si possa ritenere che la P&C Düsseldorf abbia «sostenuto i costi», ai sensi dell’allegato I, punto 11, prima frase, della direttiva 2005/29, di tale operazione promozionale oppure se una simile nozione implichi che il professionista interessato versi una somma di denaro come contropartita per l’impiego di un contenuto redazionale nei media per la promozione delle vendite dei propri prodotti. Se è vero che, secondo lo stesso giudice, sussistono diversi elementi a favore di un’interpretazione restrittiva del termine «costi (…) sostenuti» ai sensi di tale punto 11, prima frase, secondo cui tale termine ricomprenderebbe soltanto prestazioni di natura finanziaria, tale interpretazione non si imporrebbe in modo univoco.

22

Un raffronto tra le diverse versioni linguistiche di detto punto 11, prima frase, non consentirebbe di escludere che tale termine includa altresì prestazioni che non siano di natura finanziaria. L’obiettivo di tale disposizione sarebbe di consentire al consumatore di riconoscere la natura promozionale di un siffatto contenuto, di comprendere quindi la natura commerciale del messaggio considerato al fine di essere in grado di reagirvi in modo adeguato, e ciò indipendentemente dal fatto che i costi della promozione siano stati sostenuti dal professionista pagando una somma di denaro o in un altro modo. Tale interpretazione sarebbe altresì avvalorata dall’obiettivo più generale della direttiva 2005/29, come enunciato al suo articolo 1, ossia di garantire un «livello elevato di tutela dei consumatori».

23

Il giudice del rinvio si chiede altresì se il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 richieda che il professionista interessato abbia fornito alla società editrice di media un vantaggio avente un valore patrimoniale in contropartita dell’impiego del contenuto redazionale e, in caso affermativo, se una siffatta condizione sia soddisfatta nel caso in cui, come nella specie, la pubblicazione di cui trattasi riguardi un’operazione promozionale organizzata in comune da tale professionista e detta società editrice di media, al fine di promuovere la vendita dei prodotti di questi ultimi.

24

Da un lato, si potrebbe ritenere che eventuali prestazioni fornite dal professionista interessato riguardassero unicamente l’organizzazione dell’operazione promozionale stessa, e non l’annuncio pubblicato nella rivista di cui essa è stata oggetto. Dall’altro lato, l’esistenza di un siffatto collegamento tra tali prestazioni e detto annuncio potrebbe essere riconosciuta considerando che tale operazione promozionale e detto annuncio formano un insieme inscindibile.

25

In ogni caso, secondo il giudice del rinvio, la messa a disposizione gratuita alla società editrice di media da parte della P&C Düsseldorf dei diritti di utilizzo delle immagini riprodotte nel contenuto redazionale di cui trattasi potrebbe costituire una prestazione avente un valore patrimoniale fornita in contropartita del medesimo annuncio.

26

In tali circostanze, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se si debba ritenere che i costi della promozione di un prodotto siano stati sostenuti, ai sensi del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva [2005/29], solo nel caso in cui, per l’impiego di contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, venga versata una contropartita in denaro, oppure se la nozione di “costi sostenuti” includa qualsiasi tipo di contropartita, indipendentemente dal fatto che essa consista nel pagamento di una somma di denaro, nella consegna di beni o nella prestazione di servizi o in altri elementi aventi un valore patrimoniale.

2)

Se il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva [2005/29] presupponga che il professionista corrisponda all’impresa che gestisce i media un vantaggio avente valore monetario quale contropartita per l’impiego di contenuti redazionali e, in caso di risposta affermativa, se si debba ritenere che una siffatta contropartita sussista anche in un’ipotesi in cui l’impresa che gestisce i media pubblichi informazioni relative ad un’operazione pubblicitaria organizzata congiuntamente con il professionista, qualora tale professionista abbia messo a disposizione di detta impresa i diritti di utilizzo delle immagini ai fini delle suddette informazioni, entrambe le imprese abbiano contribuito ai costi e agli oneri di tale operazione pubblicitaria e quest’ultima sia volta a promuovere la vendita dei prodotti di entrambe le imprese».

Sulle questioni pregiudiziali

27

Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 debba essere interpretato nel senso che la condizione consistente nell’aver sostenuto i costi prevista a tale disposizione comprende qualsiasi forma di prestazione del professionista interessato e qualsiasi vantaggio economico fornito da quest’ultimo in vista della pubblicazione di un articolo e se, in caso affermativo, una siffatta prestazione debba essere fornita come contropartita diretta di detta pubblicazione.

28

In primo luogo, occorre precisare che il fatto che entrambe le parti della controversia principale, la P&C Düsseldorf e la P&C Amburgo, due società di vendita di abbigliamento, siano professionisti, non osta all’applicazione, nel caso di specie, della direttiva 2005/29. Infatti, dall’ambito di applicazione di tale direttiva restano escluse solamente, come risulta dal considerando 6 della medesima, le disposizioni nazionali sulle pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei concorrenti o che sono connesse ad un’operazione tra professionisti (sentenza del 17 gennaio 2013, Köck, C‑206/11, EU:C:2013:14, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

29

Orbene, nel caso di specie, il divieto di «advertorial ovvero pubblicità redazionale», previsto nella direttiva 2005/29 e trasposto nel diritto tedesco, mira a preservare la fiducia del consumatore nella neutralità dei contenuti redazionali e ad evitare la pubblicità occulta, tanto nell’interesse del consumatore quanto in quello degli eventuali concorrenti dell’inserzionista.

30

Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 32 e 33 delle sue conclusioni, laddove siano soddisfatte le condizioni di una pratica commerciale sleale, tale direttiva non esclude la possibilità per un professionista concorrente dell’inserzionista di contestare una simile pratica dinanzi al giudice nazionale.

31

In secondo luogo, per rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/29, i comportamenti considerati devono costituire pratiche commerciali, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di tale direttiva. È quanto accade quando tali comportamenti provengono da un professionista, rientrano nell’ambito della sua strategia commerciale e sono rivolti direttamente alla promozione, alla vendita o alla fornitura dei suoi prodotti o servizi ai consumatori (sentenza del 17 ottobre 2013, RLvS, C‑391/12, EU:C:2013:669, punti 3536).

32

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la pubblicazione dell’articolo considerato riguardava un annuncio relativo a un’operazione promozionale che rientrava nell’ambito della strategia di vendita di abbigliamento e di fidelizzazione dei clienti della P&C Düsseldorf. In tali circostanze, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 23 e 24 delle sue conclusioni, il fatto che tale pubblicazione riguardasse un’operazione promozionale organizzata in collaborazione con la società editrice di media interessata, che era diretta anche a promuovere le vendite di quest’ultima, non può rimettere in discussione il carattere di «pratica commerciale» di tale operazione, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di detta direttiva, attribuibile alla P&C Düsseldorf.

33

Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla qualificazione come «advertorial ovvero pubblicità redazionale», ai sensi del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29, di una pubblicazione relativa a una siffatta operazione promozionale nella rivista di moda della società editrice di media partner, dato che è pacifico che la P&C Düsseldorf non ha versato a tale società editrice di media alcuna somma di denaro in contropartita di detta pubblicazione. Più in particolare, tale giudice si chiede se la nozione di «costi sostenuti» ai sensi di tale disposizione, debba essere intesa nel senso che ricomprende soltanto versamenti di somme di denaro, oppure se tale nozione includa qualsiasi vantaggio avente un valore patrimoniale concesso dal professionista inserzionista alla società editrice di media interessata.

34

A tale riguardo, occorre ricordare che la direttiva 2005/29 realizza un’armonizzazione completa a livello dell’Unione delle norme relative alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori e stabilisce, al suo allegato I, un elenco tassativo di 31 pratiche commerciali che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, sono considerate «in ogni caso» sleali. Di conseguenza, come precisa espressamente il considerando 17 di detta direttiva, si tratta delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali in quanto tali, senza una valutazione caso per caso in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9 della stessa direttiva (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014Commissione/Belgio, C‑421/12, EU:C:2014:2064, punti 5556 e giurisprudenza ivi citata).

35

Così, in applicazione del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29, è, in ogni caso, qualificata come pratica commerciale sleale la circostanza che un professionista promuova un prodotto impiegando contenuti redazionali nei media, senza indicare chiaramente nei contenuti o con l’ausilio di immagini o suoni chiaramente individuabili da parte del consumatore di aver sostenuto i costi di tale contenuto redazionale, pratica questa comunemente chiamata «advertorial ovvero pubblicità redazionale».

36

Orbene, si deve rilevare, per quanto riguarda il tenore letterale di tale disposizione, che se, in talune versioni linguistiche di detta direttiva, come le versioni in lingua spagnola («pagando»), in lingua tedesca («bezahlt»), in lingua inglese («paid for»), in lingua neerlandese («betaald») o ancora in lingua polacca («zapłacił»), sono impiegati termini che suggeriscono «pagamenti», nel senso del versamento di una somma di denaro, in altre, come le versioni in lingua francese («financer»), o in lingua italiana («i costi di tale promozione siano stati sostenuti»), si utilizzano termini più generici, che consentono di includere nella nozione di «costi sostenuti»», ai sensi di detta disposizione, qualsiasi forma di contropartita avente un valore patrimoniale.

37

Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, l’esigenza che un atto del diritto dell’Unione sia applicato e interpretato in modo uniforme esclude la possibilità di considerare isolatamente una delle sue versioni linguistiche (v., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2014, 4finance, C‑515/12, EU:C:2014:211, punto 19). Infatti, occorre interpretare una disposizione in funzione non soltanto della formulazione di quest’ultima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi che persegue la normativa in cui detta disposizione si colloca (sentenza del 10 giugno 2021, KRONE – Verlag, C‑65/20, EU:C:2021:471, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

38

Per quanto riguarda la direttiva 2005/29, la Corte ha dichiarato che essa è caratterizzata da un ambito di applicazione per materia particolarmente ampio che si estende a qualsiasi pratica commerciale che presenti un collegamento diretto con la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori e rientri nella strategia commerciale di un operatore (sentenza del 14 gennaio 2010, Plus Warenhandelsgesellschaft, C‑304/08, EU:C:2010:12, punto 39).

39

Pertanto, l’obiettivo perseguito da tale direttiva è segnatamente quello di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali e si fonda sulla circostanza che, rispetto a un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, in particolare per quanto riguarda il livello di informazione, posto che non si può negare che esista una notevole asimmetria tra tali parti per quanto concerne l’informazione e le competenze (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, Purely Creative e a., C‑428/11, EU:C:2012:651, punto 48, e del 12 giugno 2019, Orange Polska, C‑628/17, EU:C:2019:480, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

40

Orbene, nell’ambito del punto 11, prima frase, dell’allegato I di detta direttiva, tale tutela si concretizza nel settore della stampa scritta e di altri mezzi di informazione, in quanto tale punto impone alle imprese inserzioniste un obbligo di indicare chiaramente di aver finanziato un contenuto redazionale nei media ove tale contenuto sia inteso alla promozione di un prodotto o di un servizio di detti professionisti (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2013, RLvS, C‑391/12, EU:C:2013:669, punto 48).

41

Ne consegue che il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 è stato concepito in particolare per garantire che qualsiasi pubblicazione sulla quale il professionista interessato abbia esercitato un’influenza nel proprio interesse commerciale sia chiaramente segnalata e conosciuta come tale dal consumatore. In tale contesto, la forma concreta del finanziamento, che sia il versamento di una somma di denaro o qualsiasi altra contropartita avente un valore patrimoniale, è irrilevante dal punto di vista della tutela del consumatore e della fiducia dei lettori nella neutralità della stampa.

42

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, interpretare la nozione di «costi sostenuti», ai sensi di tale disposizione, nel senso che la stessa richieda il versamento di una somma di denaro non sarebbe rispondente alla realtà della prassi giornalistica e pubblicitaria nonché priverebbe per lo più tale disposizione del suo effetto utile.

43

Tale approccio è avvalorato dalla relazione del Parlamento europeo del 19 dicembre 2013 sull’applicazione della direttiva 2005/29 [2013/2116(INI)] (A 7-0474/2014). Infatti, al punto 16 di tale relazione, il Parlamento invita la Commissione europea e gli Stati membri a garantire la corretta applicazione della direttiva 2005/29, in particolare per quanto riguarda la pubblicità «occulta» su Internet attraverso la diffusione di commenti su reti sociali, forum o blog, che sembrano provenire dai consumatori stessi laddove si tratta in realtà di messaggi di natura pubblicitaria o commerciale, direttamente o indirettamente generati o finanziati da operatori economici, e insiste sugli effetti deleteri di tali pratiche sulla fiducia dei consumatori e sulle norme in materia di concorrenza.

44

Nel caso di una pubblicazione in una rivista vertente su un’operazione promozionale organizzata da un professionista in collaborazione con la società editrice di media interessata, spetta al giudice del rinvio verificare se i costi di tale stessa operazione siano stati sostenuti, almeno in parte, da detto professionista, nel senso che quest’ultimo abbia concesso un vantaggio, sotto forma di versamento di una somma di denaro, di beni, di servizi o di qualsiasi altro vantaggio avente un valore patrimoniale, per detta operazione, tale da influire sul contenuto della pubblicazione in parola.

45

Infatti, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, dalla formulazione del punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 risulta che i costi sostenuti, ai sensi di tale disposizione, devono essere diretti alla promozione del prodotto mediante un contenuto redazionale nei media, il che implica un collegamento certo, nel senso di una contropartita, tra il vantaggio patrimoniale fornito dal professionista interessato e tale contenuto redazionale. Una siffatta interpretazione è confermata dall’obiettivo di detta disposizione, che consiste, come risulta dai punti 40 e 41 della presente sentenza, nel tutelare il consumatore contro la pubblicità occulta, vale a dire contro i contenuti redazionali per i quali i professionisti inserzionisti hanno fornito vantaggi senza segnalarlo, e nel preservare la fiducia dei lettori nella neutralità della stampa.

46

In tale contesto, il fatto che il professionista metta gratuitamente a disposizione della società editrice di media immagini protette da diritti di utilizzo può costituire un finanziamento diretto di tale pubblicazione, nei limiti in cui tali immagini rappresentavano inquadrature dei locali e dei prodotti commercializzati da tale professionista nell’ambito dell’operazione promozionale di cui trattasi. Infatti, tale messa a disposizione ha un valore patrimoniale ed è diretta a promuovere le vendite dei prodotti di detto professionista.

47

Peraltro, il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 non prevede alcuna norma riguardante l’importo minimo del valore del finanziamento o la proporzione di tale finanziamento nel totale dell’operazione promozionale di cui trattasi, e non esclude che la società editrice di media sostenga essa stessa una parte dei costi della pubblicazione nel proprio interesse.

48

Inoltre, spetta al giudice del rinvio verificare se siano soddisfatte le altre condizioni di cui al punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29.

49

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che il punto 11, prima frase, dell’allegato I della direttiva 2005/29 deve essere interpretato nel senso che i costi per la promozione di un prodotto tramite la pubblicazione di un contenuto redazionale sono «sostenuti» da un professionista, ai sensi di tale disposizione, quando per tale pubblicazione detto professionista fornisce una contropartita avente valore patrimoniale, vuoi sotto forma di versamento di una somma di denaro vuoi in qualsiasi altra forma, qualora sussista un collegamento certo tra i costi in tal modo sostenuti da detto professionista e tale pubblicazione. È quanto accade, in particolare, nel caso della messa a disposizione gratuita da parte del medesimo professionista di immagini protette da diritti di utilizzo, sulle quali sono visibili i locali commerciali e taluni prodotti dallo stesso commercializzati.

Sulle spese

50

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

Il punto 11, prima frase, dell’allegato I alla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che i costi per la promozione di un prodotto tramite la pubblicazione di un contenuto redazionale sono «sostenuti» da un professionista, ai sensi di tale disposizione, quando per tale pubblicazione detto professionista fornisce una contropartita avente valore patrimoniale, vuoi sotto forma di versamento di una somma di denaro vuoi in qualsiasi altra forma, qualora sussista un collegamento certo tra i costi in tal modo sostenuti da detto professionista e tale pubblicazione. È quanto accade, in particolare, nel caso della messa a disposizione gratuita da parte del medesimo professionista di immagini protette da diritti di utilizzo, sulle quali sono visibili i locali commerciali e taluni prodotti dallo stesso commercializzati.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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