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Document 61995CC0357

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 5 dicembre 1996.
Empresa Nacional de Urânio SA (ENU) contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - CEEA - Approvvigionamento - Diritto di opzione e diritto esclusivo dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom di concludere contratti di fornitura di minerali, materie grezze o materie fissili speciali - Violazione delle norme del Trattato - Preferenza comunitaria - Principi di buona fede e di legittimo affidamento - Responsabilità extracontrattuale.
Causa C-357/95 P.

Raccolta della Giurisprudenza 1997 I-01329

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:469

61995C0357

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 5 dicembre 1996. - Empresa Nacional de Urânio SA (ENU) contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - CEEA - Approvvigionamento - Diritto di opzione e diritto esclusivo dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom di concludere contratti di fornitura di minerali, materie grezze o materie fissili speciali - Violazione delle norme del Trattato - Preferenza comunitaria - Principi di buona fede e di legittimo affidamento - Responsabilità extracontrattuale. - Causa C-357/95 P.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-01329


Conclusioni dell avvocato generale


1 La presente impugnazione verte su una serie di importanti questioni di principio, in particolare, se un produttore di uranio possa richiedere alla Commissione di ingiungere all'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom l'applicazione di alcune disposizioni del Trattato Euratom (1), che si affermano ormai desuete, e se sussista una responsabilità della Commissione qualora essa non proceda a tale ingiunzione. Per motivi che esporrò tra breve, non ritengo che la Corte debba esaminare tali questioni nel presente procedimento.

I - Contesto normativo

2 Il Trattato si fonda sull'idea che «l'energia nucleare costituisce la risorsa essenziale che assicurerà lo sviluppo e il rinnovo delle produzioni e permetterà il progresso delle opere di pace» (preambolo, primo considerando) (2). Il compito della Comunità è definito nel «contribuire, creando le premesse necessarie per la formazione e il rapido incremento delle industrie nucleari, all'elevazione del tenore di vita negli Stati membri e allo sviluppo degli scambi con gli altri paesi» (art. 1). A tal fine, ai sensi dell'art. 2, lett. d) e g), «la Comunità deve, alle condizioni previste dal presente Trattato (...) curare il regolare ed equo approvvigionamento di tutti gli utilizzatori della Comunità in minerali e combustibili nucleari», e «assicurare ampi sbocchi e l'accesso ai migliori mezzi tecnici, mediante la creazione di un mercato comune dei materiali e delle attrezzature speciali, la libera circolazione dei capitali per gli investimenti nucleari e la libertà di impiego degli specialisti all'interno della Comunità».

3 Il capo 6 del Titolo II del Trattato (in prosieguo: il «capo 6») stabilisce disposizioni più specifiche relative all'approvvigionamento. L'art. 52, n. 1, prevede che «l'approvvigionamento in minerali, materie grezze e materie fissili speciali (3) è assicurato (...) secondo il principio dell'uguale accesso alle risorse e mediante una politica comune di approvvigionamento». L'art. 52, n. 2, lett. b), istituisce un'Agenzia (in prosieguo: l'«Agenzia»), e conferisce ad essa «un diritto d'opzione sui minerali, materie grezze e materie fissili speciali prodotte sui territori degli Stati membri, come anche del diritto esclusivo di concludere contratti relativi alla fornitura di minerali, materie grezze, materie fissili speciali provenienti dall'interno o dall'esterno della Comunità».

4 L'art. 53 del Trattato prevede che:

«L'Agenzia è posta sotto il controllo della Commissione, che le impartisce le sue direttive, dispone di un diritto di veto sulle sue decisioni e nomina il suo direttore generale e il suo direttore generale aggiunto.

Qualsiasi atto dell'Agenzia, implicito o esplicito, nell'esercizio del suo diritto di opzione o del suo diritto esclusivo di concludere contratti di forniture, può essere portato dagli interessati dinanzi alla Commissione che prende una decisione nel termine di un mese».

5 Le sezioni 2 e 3 del Capo 6 contengono disposizioni relative ai materiali nucleari provenienti, rispettivamente, dalla Comunità e dall'esterno di essa. Per i materiali nucleari provenienti dalla Comunità, l'art. 57, n. 1, definisce il diritto d'opzione dell'Agenzia come «l'acquisizione del diritto di proprietà»; ai sensi dell'art. 57, n. 2, «[l']Agenzia esercita il suo diritto di opzione mediante la conclusione di contratti con i produttori di minerali, materie grezze o materie fissili speciali», facendo obbligo ai produttori di offrire all'Agenzia i materiali nucleari che essi producono nel territorio degli Stati membri. L'art. 59 stabilisce le condizioni perché un produttore possa trasformare o esportare materiali nucleari sui quali l'Agenzia non esercita il suo diritto di opzione.

6 L'art. 60, che svolge un ruolo centrale nel presente procedimento, merita di venire citato per intero:

«Gli eventuali utilizzatori comunicano periodicamente all'Agenzia il loro fabbisogno di forniture, specificando i quantitativi, le caratteristiche fisiche e chimiche, le località di provenienza, gli usi, il frazionamento delle forniture e le condizioni di prezzo, corrispondenti alle clausole e condizioni di contratto di fornitura di cui desidererebbero la conclusione.

Così pure, i produttori comunicano all'Agenzia le offerte che sono in grado di presentare, specificandone tutti i dati necessari a permettere l'elaborazione dei loro programmi di produzione e in particolare la durata dei contratti. Tale durata non dovrà essere superiore a dieci anni, salvo accordo della Commissione.

L'Agenzia informa tutti gli eventuali utilizzatori delle offerte e del volume delle domande che ha ricevuto e li invita a effettuare le ordinazioni entro un dato termine.

Una volta in possesso dell'insieme di tali ordinazioni, l'Agenzia rende note le condizioni alle quali può soddisfarle.

Qualora l'Agenzia non sia in grado di soddisfare integralmente tutte le ordinazioni ricevute, essa ripartisce le forniture proporzionalmente alle ordinazioni corrispondenti a ogni offerta, fatte salve le disposizioni degli articoli 68 e 69.

Un regolamento dell'Agenzia, sottoposto all'approvazione della Commissione, determina le modalità di raffronto delle offerte e delle domande».

7 L'Agenzia ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 61, di «soddisfare tutte le ordinazioni, sempreché alla loro esecuzione non si frappongano ostacoli giuridici o materiali».

8 L'art. 64 dispone, in sostanza, che «[l']Agenzia (...) ha il diritto esclusivo (...) di concludere accordi o convenzioni aventi per oggetto principale forniture di minerali, materie grezze o materie fissili speciali provenienti dall'esterno della Comunità». L'art. 65, primo comma, stabilisce l'applicabilità dell'art. 60 (4) «alle domande degli utilizzatori e ai contratti tra gli utilizzatori e l'Agenzia» relativi a tali forniture, mentre il secondo comma autorizza l'Agenzia a determinare «l'origine geografica delle forniture (...) sempreché le condizioni assicurate dall'utilizzatore siano almeno altrettanto favorevoli di quelle specificate nell'ordinazione».

9 L'art. 66, primo comma, dispone come segue:

«Qualora la Commissione accerti, a richiesta degli utilizzatori interessati, che l'Agenzia non è in grado di consegnare in un termine ragionevole l'intera fornitura ordinata o parte di essa, ovvero che possa farlo soltanto a prezzi abusivi, gli utilizzatori hanno il diritto di concludere direttamente dei contratti per forniture provenienti dall'esterno della Comunità, sempreché tali contratti corrispondano essenzialmente ai bisogni espressi nella loro ordinazione».

Il diritto di importare materiali nucleari viene accordato per un anno; questo termine può tuttavia venire prorogato. Tali importazioni avvengono sotto la diretta supervisione della Commissione.

10 La sezione 4 del Capo 6 riguarda i prezzi. L'art. 67 dispone che «i prezzi risultano dal raffronto delle offerte e delle domande secondo le modalità contemplate dall'articolo 60», mentre gli artt. 68 e 69 autorizzano, rispettivamente, la Commissione, e, in determinate circostanze, il Consiglio, su proposta della Commissione, a fissare i prezzi. L'art. 68 vieta anche «le pratiche di prezzi che abbiano per oggetto di assicurare a determinati utilizzatori una posizione di privilegio».

11 Le norme che determinano le modalità di raffronto delle offerte e delle domande di materiali nucleari, cui fa riferimento l'art. 60 del Trattato, sono state adottate dall'Agenzia il 5 marzo 1960 e approvate lo stesso giorno dalla Commissione (5). Alcune modifiche a tali norme sono state adottate il 16 luglio 1975 (6); l'art. 5 bis delle norme modificate autorizza gli utilizzatori di materiali nucleari «a rivolgersi direttamente ai produttori ed a negoziare liberamente, con il produttore di loro scelta, il contratto di fornitura», pur riservando all'Agenzia il diritto di concludere o rifiutarsi di concludere il contratto così negoziato.

II - Fatti e procedimento

12 La Empresa Nacional de Urânio SA (in prosieguo: la «ENU») è un piccolo produttore di uranio con sede in Portogallo; poiché in questo Stato membro non esistono reattori nucleari, l'ENU è obbligata ad esportare l'intera sua produzione. In due occasioni, nel 1987 e nel 1988, l'ENU richiedeva all'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione, ai sensi dell'art. 57 del Trattato, in relazione a scorte di 350 tonnellate di concentrati di uranio.

13 I fatti che hanno condotto alla prima azione legale dell'ENU nei confronti della Commissione vengono così descritti nei punti 6-9 della sentenza oggetto del presente ricorso (7):

«6 (...) Nel corso di [una] riunione, il 24 ottobre 1989, l'Agenzia proponeva di ricercare una soluzione pragmatica [al problema dello smaltimento delle scorte di uranio], di concerto con gli utilizzatori, vale a dire facendo appello alla persuasione e non alla costrizione. In una lettera del 25 ottobre 1989, della quale trasmetteva copia alla Commissione, l'ENU domandava nuovamente all'Agenzia di agire conformemente alle norme del Trattato.

7 In risposta alla citata lettera del 25 ottobre 1989, il membro della Commissione incaricato delle questioni di energia e dell'Agenzia, signor Cardoso e Cunha, informava l'ENU, con lettera 8 dicembre 1989, del fatto che egli condivideva il punto di vista secondo il quale "la politica di approvvigionamento dell'Agenzia dovrebbe ormai comprendere un `procedimento speciale' che permetta di risolvere casi come quello in esame", e che aveva invitato l'Agenzia "a passare alla fase della realizzazione concreta delle proposte di azione da essa presentate in tal senso". Inoltre, in risposta a un'interrogazione scritta che le era stata posta, la Commissione dichiarava al Parlamento europeo, nella sessione dell'aprile 1990, "di essersi impegnata nell'ambito del Trattato Euratom a cercare una soluzione al problema dello smaltimento della produzione portoghese di uranio" (interrogazione 190/90).

8 Nel corso della riunione del 12 dicembre 1989, l'Agenzia comunicava all'ENU, come risulta dalle concordanti osservazioni delle parti, la sua "bozza di soluzioni pratiche per il procedimento `uranio portoghese' della politica di approvvigionamento", alla quale si riferiva, con l'espressione "procedimento speciale", il signor Cardoso e Cunha nella lettera 8 dicembre 1989, sopra citata. Tale "bozza" prevedeva quanto segue:

"a) La soluzione proposta consiste nel ripartire l'uranio portoghese tra le società produttrici di elettricità secondo i principi seguenti:

- la politica dell'Agenzia in materia di preferenza per la produzione comunitaria di uranio sarebbe complementare rispetto alle politiche nazionali;

- essa si applicherebbe senza discriminazione a tutti i produttori che ne facciano domanda all'Agenzia;

- essa si applicherebbe solo alle miniere esistenti (capacità di produzione al 1_ gennaio 1990);

- il suo obiettivo sarebbe il mantenimento in attività di queste miniere nei periodi di depressione del mercato;

- la ripartizione dell'uranio comunitario disponibile sarebbe basata sulla formula di ripartizione più obiettiva possibile;

- i produttori che beneficiano del sistema dovrebbero dimostrare un prezzo di costo inferiore al prezzo medio annuale pagato dagli utilizzatori comunitari nell'ambito dei contratti pluriennali (`prezzo medio pluriennale dell'Agenzia') per l'anno in corso.

b) Le modalità di ripartizione e determinazione dei prezzi pagati ai produttori potrebbero essere le seguenti:

- l'uranio verrebbe ripartito in proporzione alle potenze installate delle centrali nucleari in servizio industriale o commerciale;

- il prezzo pagato al produttore (prezzo franco stabilimento di conversione comunitaria a scelta) sarebbe il prezzo di costo del produttore più il 10% indicizzato (il prezzo di costo sarà certificato da una ditta di revisori contabili e rivisto ogni tre anni);

- qualora il prezzo di mercato sia maggiore del prezzo di costo del produttore più 10%, il sistema cesserebbe di applicarsi".

9 L'ENU accettava che l'Agenzia desse applicazione al "procedimento speciale", che le aveva reso noto in occasione della riunione del 12 dicembre 1989, per risolvere il problema dello smaltimento della sua produzione di uranio. Tuttavia, sia nel corso di questa riunione sia nelle lettere 31 gennaio e 9 aprile 1990, essa esprimeva dubbi relativamente all'efficacia del piano esposto al punto precedente, in quanto questo non imponeva agli utilizzatori comunitari, ai sensi delle disposizioni del capitolo VI del Trattato, le modalità di azione che prevedeva».

14 Il 2 maggio 1990 l'Agenzia comunicava all'ENU che gli utilizzatori non erano disposti ad adottare il piano da essa proposto. A seguito di «vari incontri e un voluminoso scambio di lettere con l'Agenzia e la Commissione», l'ENU chiedeva formalmente alla Commissione, in una lettera del 21 dicembre 1990 (8), «conformemente all'articolo 53, secondo comma, e all'articolo 148 del Trattato CEEA» di:

«a) (...) imporre all'Agenzia, in virtù dell'art. 53 del Trattato (...) di ripristinare (...) il regolare funzionamento dei sistemi istituiti dal Trattato nell'ambito del capo VI, imponendo il rispetto delle disposizioni relative alla politica comune di approvvigionamento;

b) (...) [investigare] immediatamente, ispirando la sua successiva azione ai risultati ottenuti, come sia possibile che, senza alcuna verifica da parte sua, a norma dell'articolo 66 del Trattato, gli utilizzatori comunitari si riforniscano liberamente di uranio sui mercati esterni, nonostante sia disponibile a prezzo ragionevole (...) tutta la produzione dell'ENU; e [di prevenire risolutamente], direttamente o tramite l'Agenzia (...) le imprese che hanno trasgredito che agirà nei loro confronti qualora effettuassero nuove importazioni nel caso in cui la produzione dell'ENU rimanesse invenduta;

c) (...) discutere (...) con l'ENU l'importo della somma che deve venir versata all'ENU come equo risarcimento del danno ad essa causato dall'illegittima omissione di esercitare le competenze comunitarie da parte della Commissione e dell'Agenzia di approvvigionamento;

d) (...) [imporre] l'adempimento della propria decisione - che non è stata rispettata dall'Agenzia di approvvigionamento -, [imporre] all'Agenzia di prendere l'iniziativa e [sostenerla] nella realizzazione urgente di un procedimento speciale che consenta la soluzione immediata del problema dello smaltimento dell'uranio dell'ENU;

e) (...) [imporre] (...) pertanto all'Agenzia di eseguire la decisione ad essa destinata trovando una soluzione soddisfacente, salve restando le disposizioni del Trattato in modo da ovviare alle difficoltà future».

15 In mancanza di una risposta dalla Commissione, il 3 aprile 1991 l'ENU proponeva un ricorso, ai sensi dell'art. 148 del Trattato, inteso a far dichiarare che la Commissione aveva omesso di adottare nei suoi confronti la decisione che essa le aveva richiesto ai sensi dell'art. 53 del Trattato (9). Al punto 29 della sentenza, la Corte ha rilevato, in limine, che «si deve (...) verificare se, come sostiene la ricorrente, con questa lettera essa abbia sottoposto alla Commissione un atto implicito dell'Agenzia». La sentenza così prosegue:

«30 Al riguardo occorre rilevare, in primo luogo, che la ricorrente ha chiesto all'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione, in forza dell'art. 57 del Trattato, sulla sua produzione di uranio e che, benché abbia annunciato la sua intenzione di trovare una soluzione favorevole al problema della ricorrente, il suo atteggiamento nel corso di vari anni equivale ad un rigetto implicito di questa domanda.

31 In secondo luogo, in risposta alla stessa domanda rivolta anche alla Commissione, con lettera 8 dicembre 1989 questa istituzione ha comunicato alla ricorrente che condivideva l'opinione secondo cui la politica di approvvigionamento dell'Agenzia dovrebbe comprendere un "capitolo speciale" che consenta di risolvere casi come quello dell'ENU, e che chiedeva all'Agenzia di passare alla fase di concreta attuazione delle proposte di azione che l'Agenzia aveva presentato in tal senso.

32 Tenuto conto di questi precedenti, la lettera inviata dalla ricorrente alla Commissione il 21 dicembre 1990 dev'essere qualificata alla luce dell'art. 53, secondo comma, del Trattato.

33 Non possono essere considerate rientrare in questa disposizione le domande eterogenee relative alla politica che dovrebbe essere seguita dall'Agenzia, come quella riguardante la discussione circa l'ammontare del risarcimento danni che dovrebbe essere corrisposto alla ricorrente.

34 In compenso, in quanto viene chiesto formalmente alla Commissione, "in conformità all'art. 53, secondo comma, del Trattato", in particolare di ordinare all'Agenzia di introdurre un "capitolo speciale" che consenta la soluzione immediata del problema dello smaltimento dell'uranio da parte dell'ENU, la lettera di cui trattasi dev'essere intesa nel senso che sottopone alla Commissione l'atto implicito di rifiuto da parte dell'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione sulla produzione di uranio della ricorrente».

16 Nel dispositivo della sentenza, la Corte ha dichiarato che «[l]a Commissione ha omesso, in violazione dell'art. 53, secondo comma, del Trattato CEEA, di adottare una decisione sulla domanda presentatale dalla ricorrente in forza della detta disposizione».

17 Per conformarsi alla sentenza della Corte, la Commissione adottava la decisione 19 luglio 1993, 93/428/Euratom, relativa all'applicazione dell'articolo 53, secondo comma, del Trattato CEEA (in prosieguo: la «decisione impugnata») (10). Sotto il titolo «Valutazione giuridica» la decisione respinge tutti e cinque i punti della domanda dell'ENU del 21 dicembre 1990. La sostanza delle risposte della Commissione può essere esposta come segue:

a) «(...) [il regolamento dell'Agenzia prevede] un sistema di raffronto delle offerte e delle domande. Detto regolamento prende in considerazione le condizioni attuali di approvvigionamento e prevede che l'Agenzia eserciti il suo diritto di stipulare contratti e il suo diritto di opzione mediante la firma di contratti negoziati direttamente tra gli utilizzatori e i produttori. (...) [Il] funzionamento regolare dei sistemi istituiti al capo VI del Trattato CEEA è assicurato dal regolamento suddetto dell'Agenzia di approvvigionamento Euratom»;

b) «L'articolo 5 bis del regolamento dell'Agenzia di approvvigionamento Euratom autorizza gli utilizzatori della Comunità a negoziare con i produttori di loro scelta, appartenenti alla Comunità o di provenienza esterna, senza che il Trattato CEEA o il suddetto regolamento impongano una "preferenza comunitaria". L'articolo 66 del Trattato CEEA non si applica nel caso presente [...] Per questo motivo, non è opportuno agire contro gli utilizzatori comunitari che si approvvigionano al di fuori della Comunità (...)»;

c) «[E'] stato presentato un ricorso relativo al risarcimento dei danni (...) attualmente [pendente dinanzi al Tribunale di primo grado]»;

d) ed e) «(...) [Il] "procedimento speciale" che, secondo la lettera dell'8 dicembre 1989 del membro della Commissione responsabile dell'Agenzia di approvvigionamento, dovrebbe essere compreso nella politica comune di approvvigionamento dei combustibili nucleari, rientra nell'ambito del Trattato CEEA e dei relativi regolamenti. Come già affermato, le norme applicabili autorizzano gli utilizzatori della Comunità a negoziare con i produttori di loro scelta. Né il Trattato CEEA né il diritto derivato prevedono una "preferenza comunitaria": l'Agenzia non è pertanto tenuta ad imporre agli utilizzatori della Comunità di approvvigionarsi presso produttori comunitari prima di concludere contratti di forniture con produttori esterni.

Di conseguenza, il "procedimento speciale" può consistere unicamente in un impegno serio e continuo da parte dell'Agenzia di approvvigionamento avente lo scopo di incitare gli utilizzatori della Comunità a rifornirsi presso l'ENU. E' incontestabile che l'Agenzia si è impegnata in questo senso dal 1987».

18 Il dispositivo della decisione stabilisce, all'art. 1, che «[le] domande presentate dalla Empresa Nacional de Urânio con lettera del 21 dicembre 1990 sono respinte», mentre l'art. 2 indica il destinatario della decisione.

19 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 settembre 1993 (causa T-523/93), l'ENU chiedeva l'annullamento della decisione della Commissione 93/428/Euratom. Questa causa veniva riunita a quella avente ad oggetto la richiesta alla Commissione, da parte dell'ENU, del risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 188 del Trattato (T-458/93).

20 Il Tribunale di primo grado decideva le due cause con sentenza 15.9.1995 (11). Ai fini della presente impugnazione, esso affermava, in merito all'annullamento della decisione, per quanto riguarda «la legittimità del rigetto, da parte della Commissione, della domanda dell'ENU (...) relativa alla garanzia dello smaltimento della sua produzione di uranio» (12), quanto segue:

«61 (...) il Trattato non contiene alcuna disposizione che garantisca in maniera espressa o implicita lo smaltimento preferenziale della produzione proveniente dalla Comunità. Anzi, nell'ambito del sistema di accentramento, presso l'Agenzia, delle offerte dei produttori comunitari e delle domande degli utilizzatori della Comunità, destinato a permetterle di assicurare l'approvvigionamento regolare ed equo di tutti gli utilizzatori, non viene operata alcuna distinzione secondo l'origine dei prodotti. L'art. 65, primo comma, del Trattato, infatti, stabilisce che l'art. 60, relativo al procedimento di raffronto delle offerte e delle domande, "è applicabile alle domande degli utilizzatori e ai contratti tra gli utilizzatori e l'Agenzia relativi alla fornitura di minerali, con materie grezze o materie fissili speciali provenienti dall'esterno della Comunità".

62 Contrariamente alle affermazioni della ricorrente, l'obbligo imposto agli utilizzatori della Comunità dall'art. 60, primo comma, del Trattato di comunicare all'Agenzia il loro fabbisogno di forniture, specificando in particolare, tra gli elementi menzionati nei contratti di fornitura progettati, la località di provenienza, trova quindi applicazione anche per quanto riguarda i prodotti non provenienti dalla Comunità, che devono di conseguenza essere soggetti, in generale, alle stesse modalità di raffronto delle offerte e delle domande che valgono per i prodotti comunitari. In particolare, l'Agenzia può, in applicazione dell'art. 65, secondo comma, del Trattato, determinare l'origine geografica delle forniture solo a condizione di assicurare agli utilizzatori condizioni almeno altrettanto favorevoli di quelle specificate nell'ordinazione. Essa ha inoltre l'obbligo, ai sensi dell'art. 61, primo comma, di soddisfare tutte le ordinazioni, sempreché alla loro esecuzione non si frappongano ostacoli giuridici o materiali; l'Agenzia non può quindi, in assenza di tali ostacoli, opporsi all'importazione di minerali a un prezzo più competitivo per assicurare l'esito della produzione comunitaria a un prezzo più elevato, anche se non abusivo, ai sensi dell'art. 66. E' in questo contesto che va interpretato l'art. 59 del Trattato CEEA, che prevede espressamente l'ipotesi che l'Agenzia non eserciti il suo diritto di opzione su tutta o su una parte della produzione comunitaria, confermando così che l'Agenzia non è tenuta a garantire il collocamento di minerali e combustibili nucleari provenienti dalla Comunità, le cui offerte le sono comunicate in applicazione dell'art. 60, secondo comma.

63 Al riguardo, non può accogliersi la tesi sostenuta dall'ENU, secondo la quale il Trattato garantirebbe lo smaltimento dei prodotti comunitari offerti a un prezzo "equo" poiché autorizzerebbe unicamente gli utilizzatori ad approvvigionarsi all'esterno della Comunità unicamente alle condizioni definite dall'art. 66 del Trattato, vale a dire quando la produzione comunitaria è insufficiente o i prezzi praticati dai produttori comunitari sono "abusivi". L'art. 66 del Trattato, infatti, definisce i casi nei quali è consentito, per l'appunto, derogare al procedimento ordinario, contemplato all'art. 60 del Trattato, che prevede il raffronto delle offerte e delle domande, il cui scopo è permettere all'Agenzia di esercitare i suoi diritti esclusivi al fine di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. L'art. 66 esclude qualsiasi intervento dell'Agenzia. Esso dispone, in sostanza, che, qualora la Commissione constati che l'Agenzia non è in grado di approvvigionare gli utilizzatori entro un termine ragionevole, o non può farlo che a prezzi "abusivi", gli utilizzatori hanno il diritto di concludere direttamente contratti relativi a forniture provenienti dall'esterno della Comunità per la durata di un anno, rinnovabile. Ne consegue che, nell'economia del capo VI, il criterio dei prezzi «abusivi», specificamente enunciato all'art. 66 per delimitare il campo di applicazione di un procedimento eccezionale, non può essere interpretato, nel sistema istituito dal Trattato, come se fosse del pari volto ad assicurare una preferenza a favore dei produttori comunitari nell'ambito dello stesso procedimento ordinario istituito dall'art. 60. Oltre a ciò, la tesi della ricorrente secondo la quale le importazioni di minerali o di altri combustibili nucleari sarebbero ricomprese nel procedimento instaurato dall'art. 66, che esclude qualsiasi competenza dell'Agenzia, è incompatibile con il combinato disposto degli artt. 52, n. 2, lett. b), 60, 61, 64 e 65, esaminati nel punto precedente, che sanciscono, in via di principio, il diritto esclusivo dell'Agenzia di concludere tali contratti e delimitano i poteri dell'Agenzia nell'esercizio di questa competenza esclusiva.

64 Per di più, è il raffronto delle offerte e delle domande, indistintamente previsto all'art. 60 per la fornitura di minerali e di altri combustibili nucleari, di qualsiasi provenienza (v. supra, punti 61 e 62), che conduce, di regola, alla fissazione dei prezzi, secondo la legge dell'offerta e della domanda, al di fuori di qualsiasi intervento dell'Agenzia sul livello dei prezzi. L'art. 67 del Trattato stabilisce infatti che "fatte salve le eccezioni previste dal presente Trattato, i prezzi risultano dal raffronto delle offerte e delle domande secondo le modalità contemplate dall'art. 60, alle quali non possono contravvenire le disposizioni nazionali degli Stati membri". In proposito, l'Agenzia dispone unicamente, ai sensi dell'art. 69, secondo comma, del Trattato CEEA, della facoltà di proporre, e non di imporre, agli utilizzatori una perequazione di prezzi. In questo contesto, l'Agenzia potrebbe quindi opporsi ad importazioni di minerali o di altri combustibili nucleari a prezzi inferiori rispetto a quelli richiesti dai produttori comunitari solo nel caso in cui tali importazioni rischiassero di compromettere la realizzazione degli obbiettivi del Trattato, segnatamente mediante la loro incidenza sulle fonti di approvvigionamento. Un simile rischio potrebbe infatti venire considerato come un ostacolo giuridico che si frappone all'esecuzione di un'ordinazione, ai sensi del citato art. 61, primo comma, del Trattato. Esso esonererebbe l'Agenzia dall'obbligo di soddisfare tutte le ordinazioni, o di concludere tutti i contratti ad essa sottoposti, in pratica, nell'ambito del procedimento semplificato istituito dall'art. 5 bis del Regolamento, quale che sia la provenienza dei prodotti, dal momento che questi vengono offerti a un prezzo più favorevole. I meccanismi di fissazione dei prezzi instaurati dal Trattato nell'ambito del regime di approvvigionamento confermano così che questo non consente di riservare un trattamento preferenziale ai minerali e agli altri combustibili nucleari provenienti dalla Comunità, quando siano proposti a prezzi superiori a quelli praticati sul mercato mondiale, in assenza di circostanze particolari tali da ostacolare la realizzazione degli obbiettivi del Trattato perseguiti dal capo VI, salvo intervento del Consiglio, ai sensi dell'art. 69 del Trattato.

65 Oltre a ciò, l'interpretazione delle suddette disposizioni del Trattato sostenuta dalla ricorrente, che condurrebbe ad esitare con precedenza, in modo sistematico, l'intera produzione comunitaria a prezzi che esprimono «un giusto rapporto con il prezzo di costo» prima di ammettere importazioni di combustibili nucleari a prezzi più vantaggiosi per gli utilizzatori, penalizzerebbe le industrie comunitarie che utilizzano prodotti nucleari e rappresenterebbe un freno al loro sviluppo, in contrasto con il compito assegnato alla Comunità dall'art. 1 del Trattato. Per tutte queste ragioni, riconoscere una preferenza comunitaria sistematica a favore dei produttori di minerali nucleari sarebbe in contrasto con gli obbiettivi del Trattato.

66 Da tutte le considerazioni che precedono discende che, nel sistema del Trattato, le offerte dei produttori comunitari sono, di regola, concorrenti con quelle provenienti dall'esterno della Comunità. Ne consegue che, contrariamente alle allegazioni della ricorrente, l'Agenzia non può, in assenza di circostanze eccezionali atte a compromettere gli obbiettivi del Trattato, esercitare il suo diritto di opzione quando il prezzo richiesto dal produttore comunitario è troppo elevato per assicurargli sbocchi sul mercato. Peraltro, "fatte salve le eccezioni previste dal Trattato", il regime di fissazione dei prezzi istituito dal capo VI non consente, in via di principio, di imporre agli utilizzatori l'acquisto di minerali provenienti dalla Comunità a un prezzo più elevato del prezzo di mercato risultante dal raffronto delle offerte e delle domande. Ne discende in concreto che l'Agenzia potrebbe, se del caso, in assenza di ostacoli giuridici che si frappongano all'esecuzione di un'ordinazione ai sensi dell'art. 61, primo comma, del Trattato, far prevalere la preferenza comunitaria a favore dei produttori della Comunità, e opporsi, a tal fine, a un'importazione, solo se il prezzo da loro richiesto fosse equivalente o inferiore a quello specificato nell'ordinazione comunicata all'Agenzia dall'utilizzatore, secondo il procedimento istituito dall'art. 60 del Trattato, nei primi cinque commi, ovvero, in pratica, nel contratto previamente sottoposto all'Agenzia per la firma ai fini della sua stipulazione, in applicazione dell'art. 5 bis del Regolamento, oppure se le loro offerte comportassero per l'utilizzatore vantaggi tali da compensare un'eventuale differenza di prezzo.

67 Si deve inoltre rilevare che, anche nell'ipotesi in cui l'Agenzia ha facoltà di esercitare il suo diritto di opzione sui minerali prodotti nella Comunità - qualora vengano offerti a condizioni di prezzo tanto favorevoli, per gli utilizzatori, quanto quelle proposte dalla concorrenza segnatamente per minerali provenienti dall'esterno della Comunità - essa non è tuttavia tenuta a privilegiare l'esito della produzione comunitaria, in quanto il regime di approvvigionamento istituito dal Trattato non stabilisce il principio della preferenza comunitaria a favore dei produttori, come già si è dimostrato (v. supra, punti 61 e 62). In particolare, l'Agenzia può esercitare i suoi diritti esclusivi in modo da esitare l'uranio naturale offerto da un produttore comunitario ed assicurare così il mantenimento della sua azienda sul territorio della Comunità solo in relazione al perseguimento di obiettivi definiti dal Trattato. Trattandosi di decisioni in materia di politica economica e commerciale, così come di politica nucleare, l'Agenzia dispone di un ampio potere discrezionale nell'esercizio delle sue competenze. Ciò considerato, il controllo del Tribunale deve in ogni caso limitarsi all'errore manifesto di valutazione o allo sviamento di potere (v., segnatamente, la sentenza della Corte 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punti 51 e da 89 a 91).

68 Del pari, le disposizioni del capo VI che consentirebbero, se del caso, di derogare al meccanismo commerciale di raffronto delle offerte e delle domande istituito dal Trattato (v. supra, punti 61-64), conferiscono unicamente una facoltà all'Agenzia, alla Commissione o al Consiglio. Così, per garantire, segnatamente, la diversificazione geografica delle fonti di approvvigionamento esterne, l'Agenzia dispone del potere discrezionale di opporsi - esercitando il suo diritto esclusivo di concludere contratti di fornitura di minerali e di altri combustibili nucleari in modo da assicurare l'approvvigionamento secondo il principio dell'uguale accesso alle risorse, conformemente al compito affidatole dal Trattato - a talune importazioni di uranio che compromettano questa diversificazione. Lo stesso vale per il potere della Commissione, nell'attuazione dell'art. 72, secondo comma, del Trattato, già citato, che autorizza questa istituzione a decidere la costituzione di scorte di sicurezza, le cui modalità di finanziamento devono essere approvate dal Consiglio. Infine, il Consiglio dispone della facoltà di fissare dei prezzi, ai sensi dell'art. 69 del Trattato, derogando alle disposizioni dell'art. 67, che istituisce un meccanismo commerciale di determinazione dei prezzi fondato sul raffronto delle offerte e delle domande secondo le modalità previste all'art. 60.

69 Considerato il contesto giuridico esposto, occorre rilevare che nel caso di specie la ricorrente non fa valere alcuna circostanza particolare atta, da una parte, a costituire un ostacolo giuridico all'approvvigionamento degli utilizzatori comunitari in minerali provenienti dall'esterno della Comunità, e, dall'altra, a imporre all'Agenzia di esercitare il proprio diritto di opzione sulla produzione della ricorrente stessa, tenuto conto degli obbiettivi perseguiti dal Trattato. Sotto questo aspetto, ritenendo che il rischio - fatto presente dall'ENU - di cessazione dello sfruttamento delle sue miniere di uranio naturale, la cui produzione rappresenta circa l'1,5% del consumo comunitario, non comprometta la garanzia di un approvvigionamento regolare ed equo degli utilizzatori comunitari, l'Agenzia e la Commissione non hanno ecceduto i limiti del loro potere discrezionale.

(omissis)

71 Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla legittimità del procedimento semplificato di raffronto delle offerte e delle domande istituito dall'art. 5 bis del Regolamento, il Tribunale non può che constatare che il rifiuto della Commissione di accogliere la domanda della ricorrente diretta a che l'Agenzia eserciti il suo diritto di opzione e il diritto esclusivo di concludere contratti di fornitura di minerali, in modo da garantire lo smaltimento della produzione di uranio dell'ENU, non è inficiato da alcuna irregolarità, con riguardo al sistema di approvvigionamento istituito dal Trattato».

21 Il Tribunale di primo grado respingeva inoltre la domanda dell'ENU di annullamento della decisione, nella parte in cui rigetta la domanda diretta all'applicazione del «procedimento speciale». Il giudizio del Tribunale in merito è stato il seguente:

«82 L'argomento della ricorrente relativo all'asserita natura vincolante del "procedimento speciale" non può essere accolto. In primo luogo, si deve rilevare che la citata lettera del signor Cardoso e Cunha dell'8 dicembre 1989 non può essere in nessun caso interpretata come riferentesi a una direttiva impartita all'Agenzia. Dal punto di vista formale, essa si limita a menzionare un semplice orientamento considerato dal competente membro della Commissione, nell'ambito delle sue attribuzioni, per quanto riguarda l'azione dell'Agenzia. Si tratta quindi di una comunicazione di carattere politico, destinata ad aprire trattative che eventualmente avrebbero potuto concludersi con impegni delle imprese. Di conseguenza, questa lettera non si riferisce a una direttiva previamente adottata dalla Commissione, in qualità di organo collegiale, in base all'art. 53, primo comma, del Trattato. Inoltre, per il suo contenuto sostanziale, l'invito così rivolto all'Agenzia non può conferire carattere vincolante al "procedimento speciale". Limitandosi ad indicare che il suo autore ha "invitato l'Agenzia a passare alla fase della realizzazione concreta delle proposte d'azione da essa presentate in tal senso", la lettera non fornisce alcuna indicazione per quanto riguarda la natura vincolante o meno delle soluzioni proposte. Questa interpretazione è confermata dalla stessa redazione del "procedimento speciale", che si presenta come un insieme di proposte non vincolanti, come attesta in particolare l'uso del modo condizionale (...). Con il suo intervento, il competente membro della Commissione non intendeva dunque conferire un valore vincolante alle soluzioni proposte nel "procedimento speciale" ».

22 Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale respingeva la domanda di risarcimento dei danni nei termini seguenti:

«(...) nel caso di specie, poiché il criticato comportamento dell'Agenzia e il rifiuto della Commissione di accogliere le domande presentatele dalla ricorrente non sono inficiati da alcuna irregolarità, come è stato sopra rilevato, la domanda di risarcimento deve in ogni caso essere respinta, senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità» (13).

III - Valutazione

a) - L'impugnazione del rigetto della domanda di annullamento

i) Il rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia di «ripristinare il funzionamento dei sistemi istituiti dal Trattato»

23 Nel suo ricorso, l'ENU sostiene che il Tribunale di primo grado non ha distinto il diverso oggetto delle due azioni intentate nei confronti della Commissione; di conseguenza, il Tribunale avrebbe rigettato la domanda di annullamento per motivi che rileverebbero solo in relazione alla domanda di risarcimento del danno. L'ENU sostiene che oggetto del primo ricorso era l'annullamento della decisione della Commissione di rigetto della domanda di imporre all'Agenzia di «ripristinare (...) il regolare funzionamento dei sistemi istituiti [dal] (...) capo VI» del Trattato, nonché «[di imporre] all'Agenzia di prendere l'iniziativa (...) nella realizzazione urgente di un procedimento speciale che consenta la soluzione immediata del problema dello smaltimento dell'uranio dell'ENU». Secondo la ricorrente, come operatore economico nel mercato comune dei materiali nucleari, essa aveva il diritto di richiedere che l'Agenzia e la Commissione garantissero l'applicazione delle norme del Trattato. La ricorrente ritiene quindi che il Tribunale non dovesse procedere ad esaminare se le disposizioni del Trattato garantissero direttamente lo smaltimento della sua produzione di uranio, od obbligassero l'Agenzia e/o la Commissione a garantirlo.

24 L'ENU specifica, in seguito, gli aspetti che ritiene avrebbero dovuto venire considerati dal Tribunale, e spiega come il Capo 6 del Trattato sia stato disapplicato dagli utilizzatori e dai produttori comunitari (ad eccezione della stessa ENU), dagli Stati membri, dall'Agenzia e dalla Commissione. Essa afferma inoltre, come già sostenuto dinanzi al Tribunale, che il regolamento dell'Agenzia del 1960, modificato nel 1975, non tiene conto delle disposizioni del Capo 6 del Trattato, e che il diniego della Commissione di imporre all'Agenzia l'applicazione della «procedura speciale» arrecava pregiudizio alle sue legittime aspettative e costituiva violazione dell'obbligo, incombente alla Commissione e all'Agenzia, di garantire ampi sbocchi commerciali alla produzione comunitaria di uranio.

25 Il ragionamento del Tribunale censurato dall'ENU è svolto al punto 20 della sentenza nei termini seguenti:

«La ricorrente chiede l'annullamento della predetta decisione, nella parte in cui rigetta le domande avanzate dalla ricorrente con lettera 21 dicembre 1990 (...) sulla base dell'art. 53, secondo comma, del Trattato, per risolvere la questione dello smaltimento della sua produzione di uranio. Ai fini dell'esame del ricorso, tali domande possono essere raggruppate nel modo seguente. Per ottenere che l'Agenzia esercitasse il suo diritto di opzione su questa produzione e il suo diritto esclusivo di concludere contratti di fornitura di minerali, conformemente alle disposizioni del Trattato, l'ENU invitava in sostanza la Commissione, da un lato, a imporre all'Agenzia di ripristinare il funzionamento regolare dei sistemi istituiti dal Trattato nell'ambito del capo VI, dall'altro, a porre fine, in forza delle stesse disposizioni, al libero approvvigionamento degli utilizzatori comunitari all'esterno della Comunità nonostante la produzione dell'ENU fosse disponibile a un prezzo non abusivo (A). Per risolvere il problema urgente dello smaltimento delle sue scorte di uranio, l'interessata domandava inoltre che la Commissione ingiungesse all'Agenzia di applicare il "procedimento speciale" della sua politica di approvvigionamento, relativo all'uranio portoghese (...) (B)».

26 Il Tribunale ha proceduto, di conseguenza, in base all'assunto che tutte le domande contenute nella lettera dell'ENU del 21 dicembre 1990 fossero state correttamente proposte in base all'art. 53, secondo comma, del Trattato, e che la decisione unica di rigetto dovesse venire considerata, in effetti, come una serie di decisioni separate, riunite ai fini della decisione sulla domanda di annullamento dinanzi allo stesso Tribunale. Risulta dal testo della decisione impugnata che ciascuna richiesta era stata esaminata separatamente, in una sezione intitolata «Valutazione giuridica» e preceduta dalla considerazione che «la Commissione è tenuta a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia importa», ai sensi dell'art. 149 del Trattato. Mentre la parte dispositiva della decisione impugnata respingeva le domande senza distinguerle, da ciò non consegue necessariamente, a mio parere, che il rigetto di ciascuna domanda da parte della Commissione debba essere Trattato alla stregua di diverse decisioni separate, ognuna delle quali assoggettabile a controllo giurisidizionale nell'ambito di un ricorso d'annullamento. E' ben possibile che alcuni aspetti della decisione facciano riferimento a punti validamente sottoposti alla Commissione ai sensi dell'art. 53, secondo comma, ed altri no.

27 Prima di procedere all'esame di tale questione preliminare quanto alla portata della decisione contestata, è tuttavia necessario esaminare la competenza di questa Corte a conoscere in sede di impugnazione della parziale inammissibilità della domanda originaria, che non era stata fatta valere dinanzi al Tribunale di primo grado; la questione sorge qui in relazione alla domanda dell'ENU diretta a che la Commissione ingiungesse all'Agenzia di «ripristinare il funzionamento dei sistemi istituiti dal capo VI». Ai sensi dell'art. 52 dello Statuto CEEA della Corte, l'impugnazione può essere fondata soltanto «su mezzi relativi all'incompetenza del Tribunale, a vizi della procedura dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi della parte ricorrente, nonché alla violazione del diritto comunitario da parte del Tribunale», mentre l'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte dispone che «l'impugnazione non può modificare l'oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale». Nella sentenza Brazzelli Lualdi e a., la Corte ha affermato che «consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorso avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell'ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado» (14).

28 A mio parere, dovrebbe farsi luogo a un'eccezione al principio generale ribadito nella sentenza Brazzelli Lualdi laddove sia in questione la competenza della Corte; come rilevato sopra, il difetto di competenza del Tribunale di primo grado è il motivo principale di impugnazione dinanzi alla Corte. Mentre alla Commissione è precluso, dall'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, sollevare in sede di impugnazione la questione relativa all'ammissibilità del motivo di ricorso originario, la stessa norma non incide sulla competenza della Corte a sollevare d'ufficio tale questione, conformemente all'art. 92, n. 2, del suo regolamento di procedura.

29 Nella sentenza Amylum, la Corte ha esaminato l'argomento secondo il quale il Consiglio non aveva competenza ad adottare il regolamento controverso, nonostante tale motivo fosse stato presentato fuori termine: «attenendo il mezzo alla competenza di chi ha emanato l'atto contestato, la Corte ritiene necessario esporre i motivi per i quali il Consiglio era competente» ad adottarlo (15). Nel caso di specie, l'«atto contestato» è la sentenza del Tribunale di primo grado. Nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Francia, ho espresso il parere che «le questioni attinenti alla competenza della Corte sono questioni di ordine pubblico e devono essere rilevate nei modi stabiliti» (16). Mi pare che lo stesso principio si applichi alla questione della competenza della Corte in sede di impugnazione; il fatto che il Tribunale di primo grado abbia deciso su di una questione (in casu, la validità del rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia «di ripristinare il regolare funzionamento dei sistemi istituiti dal Trattato nell'ambito del capo VI») che avrebbe dovuto venire dichiarata inammissibile, non può avere l'effetto di conferire a questa Corte la competenza a decidere di tale questione in sede di impugnazione. Così, nella sentenza Rendo e a./Commissione, la Corte ha rilevato d'ufficio la carenza d'interesse di una parte a proporre ricorso o a proseguire il procedimento, a motivo di un fatto, successivo alla sentenza del Tribunale, che può privare quest'ultima dei suoi effetti dannosi per il ricorrente (17). E' vero che, in tale sentenza, non è stata sollevata alcuna questione relativa all'ammissibilità dei motivi dedotti dinanzi al Tribunale di primo grado; tuttavia, l'esempio mostra che la Corte può, e deve, rilevare d'ufficio questioni concernenti la propria competenza in sede d'impugnazione.

30 Nell'ambito di un ricorso di annullamento, la Corte ha ritenuto per lungo tempo che «quando è negativa, una decisione della Commissione va considerata in funzione della natura della domanda cui risponde» (18). L'art. 53, primo comma, del Trattato, enuncia l'ampio ambito dei poteri di controllo della Commissione sulle attività dell'Agenzia. Il secondo comma di questo articolo è più limitato; esso conferisce agli operatori economici nel mercato dei materiali nucleari il diritto di portare dinanzi alla Commissione determinate categorie di atti dell'Agenzia, compiuti «nell'esercizio del suo diritto di opzione o del suo diritto esclusivo di concludere contratti di forniture». Ne consegue che solo l'esercizio di questi diritti da parte dell'Agenzia, o il rifiuto di esercitarli, rientra in senso proprio nell'ambito di applicazione di questa disposizione. Se la Commissione accoglie il reclamo dell'operatore, impartisce la direttiva che riterrà opportuna all'Agenzia, ai sensi del primo comma dell'articolo; se lo respinge, la Commissione comunica all'operatore la relativa decisione. Tale decisione negativa poteva venire impugnata, all'epoca dei fatti, dinanzi alla Corte, alle condizioni stabilite dal secondo comma dell'art. 146 del Trattato, che era identico, nella sua formulazione, all'art. 173, secondo comma, del Trattato CEE (19).

31 La Commissione, nella sua decisione in merito a tale rigetto, può prendere posizione sia in relazione alla legittimità dell'esercizio del diritto di opzione da parte dell'Agenzia, nonché del diritto di concludere contratti di fornitura e su questioni di politica più generali. Nel respingere una domanda presentata a norma dell'art. 53, la decisione della Commissione può così contenere elementi che, in via di principio, non spiegano effetti sulla situazione giuridica del richiedente. Una decisione della Commissione adottata a norma di questo articolo non può, a mio parere, venire impugnata per motivi attinenti a tali elementi nell'ambito di una procedura di annullamento ai sensi del Trattato; sostenere il contrario garantirebbe infatti agli operatori economici un diritto di esperire rimedi giurisdizionali più ampi di quelli previsti dall'art. 146 del Trattato.

32 Questa impostazione ha informato, a mio avviso, le conclusioni dell'avvocato generale e la sentenza resa dalla Corte nella causa C-107/91 tra le stesse parti della presente causa. La controversia era sorta perché la Commissione non aveva adottato alcuna decisione sulla lettera 21 dicembre 1990, di cui si tratta nella presente causa. Avendo definito l'oggetto di quel ricorso negli stessi termini riportati dall'ENU nella presente impugnazione, e cioè, il diniego della Commissione di ordinare all'Agenzia di conformarsi al Capo 6 del Trattato e di realizzare un «procedimento speciale», l'avvocato generale Gulmann esprimeva il parere che:

«(...) dal dettato stesso di questa disposizione [l'art. 53, secondo comma] risulta che gli interessati possono sottoporre alla Commissione soltanto atti concreti dell'Agenzia e soltanto atti concreti riguardano il diritto di opzione o il diritto esclusivo di stipulare contratti previsti dal Trattato.

(...)

A mio parere, la politica globale di approvvigionamento dell'Agenzia non è un atto concreto che possa essere sottoposto alla Commissione ai sensi dell'art. 53, secondo comma. E' vero che l'ENU desidera ottenere, attraverso una modifica della politica di approvvigionamento dell'Agenzia, che questa eserciti in un determinato modo il suo diritto di opzione per acquistare l'uranio dell'ENU, ma l'ENU non ha per l'appunto sostenuto che l'Agenzia ha violato un obbligo concreto di esercitare il suo diritto di opzione» (20).

33 Allo stesso modo, la Corte si è trovata in difficoltà nell'identificare i parametri della domanda che potessero validamente venire fatti valere dall'ENU in base all'art. 53, secondo comma. Nell'esaminare l'argomento della Commissione secondo cui l'ENU era privo di capacità di agire ai sensi dell'art. 148 del Trattato, la Corte riteneva che «la decisione chiesta dall'ENU doveva mirare a dare una soluzione al problema concreto che questa aveva sottoposto all'Agenzia e alla Commissione (...) anche se fosse stata rivolta all'Agenzia, [la decisione della Commissione] avrebbe riguardato direttamente e individualmente la ricorrente» (21). La Corte riteneva inoltre che solo «in quanto viene chiesto formalmente alla Commissione (...) in particolare di ordinare all'Agenzia di introdurre un "capitolo speciale" che consenta la soluzione immediata del problema dello smaltimento dell'uranio da parte dell'ENU» la domanda rientrava nell'ambito di applicazione dell'art. 53, secondo comma, del Trattato (22). Ne discendeva che il ricorso dell'ENU attinente al rifiuto di agire da parte della Commissione era ammissibile solo per quanto riguardava «l'atto implicito di rifiuto da parte dell'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione sulla produzione di uranio della ricorrente» (23).

34 D'altra parte, «le domande eterogenee relative alla politica che dovrebbe essere seguita dall'Agenzia», compresa quella relativa all'applicazione del Capo 6 del Trattato, e «la discussione circa l'ammontare del risarcimento dei danni» erano state espressamente ritenute «non (...) rientrare» nell'ambito dell'art. 53, secondo comma (24). Sebbene non determinante, è degno di nota il fatto che il punto 38 così come il dispositivo della sentenza, in tutte le versioni linguistiche disponibili (25), fanno riferimento alla mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione su una singola domanda, sebbene la lettera dell'ENU del 21 dicembre 1990 contenesse indubbiamente una serie di domande differenti.

35 Nel ritenere ciò, il Tribunale rigettava implicitamente la tesi avanzata dall'ENU nell'ambito del presente ricorso, secondo la quale la sua qualità di operatore economico sul mercato dei materiali nucleari le conferirebbe una legittimazione sufficiente ad impugnare l'asserita disapplicazione, da parte dell'Agenzia e della Commissione, del Capo 6, anche se il rigetto, da parte della Commissione, della sua domanda nel merito non incidesse sulla sua situazione giuridica. Sotteso al diniego della Corte di interpretare estensivamente l'art. 53, secondo comma, del Trattato, è il noto concetto per cui «costituiscono atti o decisioni che possono essere oggetto di un'azione di annullamento solo i procedimenti che producono effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo» (26).

36 La decisione impugnata nel presente caso menziona espressamente l'art. 53, secondo comma, del Trattato, come base giuridica, e la Commissione avrebbe potuto, per conformarsi alla sentenza della Corte nella causa C-107/91, limitarsi a rispondere a quella parte della lettera dell'ENU del 21 dicembre 1990 che concerneva il rifiuto dell'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione sulla produzione di uranio dell'ENU. Il fatto che la Commissione abbia scelto di rispondere a ciascuna delle domande dell'ENU separatamente è forse comprensibile nelle circostanze di specie, data l'ampiezza degli argomenti invocati e l'espressa volontà, sia della Commissione che dell'Agenzia, di fornire assistenza all'ENU disponendo dei suoi quantitativi di uranio concentrato rimasti invenduti. Per questo motivo l'art. 1 del dispositivo della decisione contestata, a differenza della sentenza della Corte nella causa C-107/91, si riferisce a una pluralità di domande, e non ad una sola (27).

37 Nonostante la formulazione dell'art. 1 del dispositivo della decisione, ritengo che la «Valutazione giuridica» della decisione contestata debba essere considerata un'enunciazione di motivazioni, che non costituiscono tutte parte integrante ed appellabile della decisione adottata dalla Commissione ai sensi dell'art. 53, secondo comma, del Trattato. Sotto questo profilo, concordo con le conclusioni del Tribunale, che argomenta dalla sentenza IBM/Commissione, nella causa Nederlandse Bankiersvereniging: «prescindendo dalle motivazioni sulle quali si fonda ... [un] atto, solo il suo dispositivo è idoneo a produrre effetti giuridici e, conseguentemente, ad arrecare pregiudizio (...) [Gli apprezzamenti espressi dalla Commissione nella parte motiva] (...) non potrebbero essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice comunitario se non nella misura in cui, in quanto motivazioni di un atto che arreca pregiudizio, costituissero il supporto necessario del suo dispositivo» (28).

38 Alla luce di quanto precede, ritengo che il dispositivo della decisione contestata debba interpretarsi come limitato al rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia di attuare il «procedimento speciale», per il motivo esposto dalla Corte nella causa C-107/91, vale a dire, il suo nesso con l'esercizio da parte dell'Agenzia del suo diritto di opzione. L'argomento dell'ENU relativo al rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia di dar corso al «procedimento speciale» verrà esaminato successivamente [v. infra, sub (ii)].

39 Propongo quindi alla Corte di dichiarare l'impugnazione inammissibile, nella parte in cui si riferisce al rigetto, ad opera del Tribunale di primo grado, della domanda dell'ENU di annullamento della decisione contestata, per quanto concerne il rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia di attuare il Capo 6 del Trattato, nonché l'asserita illegittimità del regolamento dell'Agenzia. Sebbene le mie conclusioni in tal senso si richiamino a un motivo diverso da quello su cui il Tribunale ha basato la propria decisione (29), l'interpretazione della finalità dell'art. 53, secondo comma, del Trattato data dalla Corte nella causa C-107/91 è chiara e perfettamente applicabile al caso di specie, e deve, a mio parere, essere seguita.

40 Ove la Corte decidesse di non seguire la mia proposta, potrebbe essere utile esaminare la parte del ricorso proposto dall'ENU contro il rigetto, da parte della Commissione, della sua domanda relativa al Capo 6 del Trattato. La grande maggioranza delle argomentazioni al riguardo è diretta a provare che le norme di cui al Capo 6 non vengono rispettate, e che il regolamento dell'Agenzia del 1960, modificato nel 1975, è incompatibile con il Trattato. Nel concludere le sue argomentazioni al riguardo, l'ENU identifica come «un punto fondamentale per la risoluzione della controversia» l'asserita sistematica violazione dell'art. 66 del Trattato. A suo parere, non è la conclusione diretta dei contratti da parte di produttori e consumatori a incidere negativamente sui suoi interessi, dato che ciò non le impedirebbe di vendere la sua produzione sul mercato comunitario, sul quale solo il 25% della domanda è soddisfatta dalla produzione comunitaria di uranio. E' piuttosto il fatto che materiali nucleari siano importati liberamente dall'esterno della Comunità, in asserita violazione dell'art. 66, ad incidere negativamente sugli interessi dell'ENU, impedendo lo smaltimento della sua produzione. Questa tesi ha ricevuto conferma all'udienza, nella quale l'agente dell'ENU ha ammesso che solo se si applicasse l'art. 60, in combinato disposto con l'art. 66, il che risulterebbe in un effettivo divieto di importazione di uranio ove sia disponibile la produzione comunitaria, l'ENU riuscirebbe a smaltire la sua produzione.

41 L'ENU sostiene che l'art. 60 è applicabile solo alle ordinazioni di utilizzatori comunitari in relazione a materiali nucleari provenienti dall'esterno della Comunità, ma non anche alle forniture di tali materiali. A suo parere, l'art. 60 si applica soltanto alle offerte e domande di produttori e utilizzatori comunitari, e oggetto di raffronto, ai sensi di questa disposizione, sono solo queste offerte e domande. L'art. 60 non poteva ovviamente applicarsi a offerte provenienti da produttori di un paese terzo nell'ambito del Capo 6, vincolante solo per gli operatori comunitari. Ove la produzione comunitaria sia insufficiente a soddisfare la domanda degli utilizzatori comunitari, e dopo una distribuzione proporzionale della produzione (comunitaria) disponibile, l'Agenzia può (e in effetti, ai sensi dell'art. 61, deve) ricorrere all'importazione di materiali nucleari, conformemente all'art. 64, ma questi materiali importati non entrerebbero in concorrenza con la produzione comunitaria. L'art. 65 dovrebbe quindi venire interpretato nel senso che applica all'uranio importato le sole disposizioni dell'art. 60 riguardanti le ordinazioni degli utilizzatori e la fornitura di materiali nucleari, vale a dire, il primo, quarto e quinto comma. I commi rimanenti, che disciplinano le offerte dei produttori comunitari e il raffronto delle offerte e delle domande, non possono applicarsi ai materiali nucleari provenienti dall'esterno della Comunità.

42 Discende da quanto considerato che, mentre l'art. 60 non fa distinzione tra ordinazioni degli utilizzatori di produzione comunitaria e importata, distingue invece tra offerte di produzione comunitaria e importata in quanto solo la produzione comunitaria può essere presa in considerazione nell'operare il raffronto. Ne consegue inoltre che l'art. 66 stabilisce un divieto di importazione diretta da parte di utilizzatori di materiali nucleari provenienti dall'esterno della Comunità, salve circostanze eccezionali in cui l'importazione di questi può venire autorizzata dalla Commissione per un periodo limitato. Non è stato sostenuto, nel presente ricorso, che l'Agenzia debba esercitare il suo diritto di opzione in qualsiasi circostanza, ma solo nel caso di insufficienza della produzione comunitaria in rapporto al consumo (che indubbiamente si dà nella fattispecie).

43 Condivido l'affermazione che questo punto sia fondamentale; è chiaro, infatti, dalle argomentazioni svolte dall'ENU nel presente ricorso e nella decisione impugnata, che l'intero caso dipende dall'esistenza dell'asserita preferenza comunitaria, e dal conseguente divieto di importazione di uranio non comunitario ove siano disponibili forniture comunitarie a un prezzo non «abusivo».

44 Non trovo che la linea di argomentazione dell'ENU sia convincente. In primo luogo, mentre è evidente al di là di qualsiasi dubbio che produttori di paesi terzi non possono venire obbligati ad offrire tutta la loro produzione all'Agenzia, come invece devono fare i produttori comunitari, non ne discende che l'art. 60 non si applica ad offerte di materiale nucleare che tali produttori desiderino fare a utilizzatori comunitari. In via di principio, l'art. 65 stabilisce l'applicabilità dell'intero art. 60, e non solo di alcuni suoi commi, atti a sostenere la tesi dell'ENU, alle richieste da parte degli utilizzatori di forniture dall'esterno della Comunità e ai contratti tra gli utilizzatori e l'Agenzia relativi a tali forniture. Il diritto di opzione e il diritto esclusivo di negoziare in relazione alla produzione comunitaria, e il diritto esclusivo di concludere contratti per l'importazione di materiali nucleari, sono semplici mezzi per raggiungere lo stesso fine, vale a dire mettere l'Agenzia in condizioni di vigilare su tutta la produzione comunitaria di materiali nucleari nella Comunità e sull'uso di tutti i materiali nucleari per scopi civili nel territorio della Comunità, sia di provenienza interna, sia da importazione. L'ENU non ha prospettato alcuna ragione per la quale una qualsiasi delle disposizioni dell'art. 60, applicabile alle domande degli utilizzatori e ai relativi contratti, non dovrebbe trovare applicazione; per di più, il riferimento ai «contratti» al primo comma dell'art. 65 sarebbe in effetti superfluo se l'art. 60 non significasse che la domanda comunitaria dev'essere compensata con forniture d'importazione.

45 Condivido, sotto questo aspetto, l'analisi dell'avvocato generale Roemer nella causa Commissione/Francia, secondo la quale «il sistema istituito dall'art. 60 (...) [regola principalmente la contrapposizione] di domanda ed offerta di prodotti disciplinati dal Trattato, [...] svolta dall'Agenzia» (30). Se così è, l'art. 65 perderebbe molto del suo effetto utile se dovesse essere interpretato nel senso che impone all'Agenzia di raffrontare tutte le domande degli utilizzatori comunitari e una parte soltanto delle offerte alle quali questi possono avere accesso tramite l'Agenzia. Inoltre, il fatto che l'art. 60 faccia obbligo agli utilizzatori di specificare le «località di provenienza» tra le condizioni da comunicare all'Agenzia, autorizza a sua volta l'Agenzia a esercitare il potere ad essa conferito dal secondo comma dell'art. 65 di determinare l'origine geografica delle forniture; le circostanze all'origine della causa Kernkraftwerke Lippe-Ems dimostrano che l'Agenzia ritiene questo elemento necessario alla conduzione della politica di approvvigionamento della Comunità (31).

46 Potrei aggiungere che l'interpretazione, proposta dall'ENU, dell'art. 60 come limitato alle sole forniture d'importazione condurrebbe, anche stando a un'esegesi letterale delle disposizioni in questione, ad alcune anomalie. Così, il quarto comma dell'art. 60 (che, secondo l'ENU, è applicabile alle forniture d'importazione), imporrebbe all'Agenzia di rendere note le condizioni alle quali può soddisfare le ordinazioni pervenutele; in quanto l'ENU propone di escludere, comunque, l'applicabilità del terzo comma, l'Agenzia non riceverebbe alcuna ordinazione relativa a materiali importati. Inoltre, secondo l'interpretazione dell'ENU, eventuali utilizzatori non sarebbero informati «delle offerte e del volume delle domande» ricevute dall'Agenzia in relazione alle forniture d'importazione, il che mi sembra invece essenziale al fine di assicurare il rispetto del principio della parità di accesso.

47 L'ENU argomenta inoltre, sulla base dell'art. 66, che gli utilizzatori comunitari possono respingere la produzione comunitaria, giustificando così le forniture d'importazione dell'Agenzia dall'esterno della Comunità, soltanto se il prezzo cui viene offerta la produzione comunitaria sia «abusivo». Sembra tuttavia che l'art. 66 si riferisca solo al caso in cui l'Agenzia, persino dopo aver fatto ricorso, ove necessario, all'importazione di materiali nucleari ai sensi dell'art. 64, non sia in grado di fornire i materiali richiesti da determinati utilizzatori; questa disposizione non è quindi in alcun modo rilevante ai fini della ripartizione delle forniture ai sensi dell'art. 60. In ogni caso, l'ENU non ha dimostrato che l'Agenzia abbia di fatto consentito a un qualsiasi utilizzatore comunitario «di concludere direttamente dei contratti per forniture provenienti dall'esterno della Comunità» senza alcun intervento dell'Agenzia, in violazione degli artt. 64 e 66.

48 Nessun indizio nel senso di una preferenza per la produzione comunitaria di materiali nucleari rispetto ai materiali importati, sulla quale l'ENU tanto insiste, è dato trovare in altre disposizioni pertinenti del Trattato. Così, ad esempio, l'art. 67, che non si trova nella sezione 2 del Titolo II e si applica quindi, presumibilmente, ai materiali comunitari e a quelli importati, stabilisce che «i prezzi risultano dal raffronto delle offerte e delle domande secondo le modalità contemplate dall'articolo 60». Non c'è alcuna prova del fatto che il Trattato intendesse instaurare un sistema a due livelli, quale si configurerebbe se venisse data preferenza automatica alla produzione comunitaria, secondo quanto affermato dall'ENU, e che condurrebbe in effetti al sovvenzionamento, diretto o indiretto, della sua produzione. La preferenza comunitaria sarebbe anche incongruente, in via di principio, con la possibilità espressamente garantita all'Agenzia ai sensi del primo comma dell'art. 72 di usare sia materiali comunitari, sia importati, per «costituire (...) le scorte commerciali necessarie ad agevolare l'approvvigionamento o le normali forniture della Comunità».

49 Potrei aggiungere che il governo francese, nella sua replica nella causa Commissione/Francia sopra citata (32), aveva lamentato che l'Agenzia non avesse riservato una preferenza comunitaria per tutelare i produttori comunitari, a parità di prezzo, dai concorrenti stranieri in una situazione di mercato in cui l'offerta superava la domanda, consentendo agli utilizzatori di acquistare materiali nucleari da paesi terzi piuttosto che le scorte francesi disponibili. Nella sentenza, la Corte non esaminava espressamente questo argomento, limitandosi a considerare il contributo dell'Agenzia al conseguimento delle finalità del Trattato (33).

50 E' anche difficile evitare l'impressione che, data la situazione del mercato dei materiali nucleari nel 1957, qualora gli autori del Trattato avessero inteso operare discriminazioni nei confronti della produzione extracomunitaria, come ha sostenuto l'ENU, essi avrebbero incluso disposizioni particolari a tale effetto. L'industria nucleare era agli esordi negli Stati membri, con la possibile eccezione della Francia, e le quantità di scorte disponibili di minerali e materie grezze nella Comunità era in ampia misura sconosciuta. E', a mio parere, altamente improbabile che il Trattato intendesse stabilire la preferenza per la produzione comunitaria invocata dall'ENU; la sua applicazione all'uranio concentrato sarebbe stata in effetti alquanto presuntiva o prematura, dato che la Comunità dipendeva interamente, all'epoca, da forniture statunitensi (34). Ancora nel 1984, un commentatore poteva affermare senza riserve che «la Francia è il solo produttore comunitario di rilievo di uranio grezzo, e tuttavia non è in grado di soddisfare che parzialmente le domande con le risorse delle proprie miniere» «France is the only significant producer within the Community of uranium ore and even she cannot meet more than a fraction of her requirements from her mines» (35). Non ritengo plausibile che gli Stati membri avrebbero acconsentito, nel 1957, a istituire un sistema di approvvigionamento che favorisse i produttori, di un singolo Stato membro, che producessero il materiale di base senza il quale la Comunità non avrebbe potuto funzionare.

51 L'ENU ha anche cercato di dimostrare che la preferenza comunitaria è un principio generale di diritto comunitario, che la Corte avrebbe dimostrato nella sentenza Beus (36). In primo luogo, il Trattato non contiene alcuna disposizione che stabilisca tale principio a favore della produzione comunitaria di uranio, analogamente all'art. 44, n. 2, del Trattato CE per la produzione agricola. In secondo luogo, questo principio è normalmente attuato mediante dazi all'importazione e sussidi all'esportazione, che cercano di compensare la differenza tra i prezzi della Comunità e quelli del mercato mondiale (37); piuttosto che favorire la produzione comunitaria imponendo oneri compensativi sulle forniture d'importazione, la tariffa doganale comune per prodotti nucleari entrata in vigore il 1_ gennaio 1959 ha fissato a zero il dazio sugli isotopi radioattivi e sui materiali fissili e fertili (38).

52 Occorre inoltre ricordare che i materiali nucleari sono prodotti estremamente sensibili, di importanza strategica per l'economia, e in alcuni casi per gli accordi di difesa degli Stati membri, la cui produzione non può venire facilmente comparata con quella di altri prodotti, quali quelli agricoli o industriali. Essi costituiscono le materie grezze per l'intero ciclo nucleare e le varie forme di attività ad esso associate: conversione, concentrazione, fabbricazione di combustibile e ritrasformazione. Non ritengo che il Trattato possa essere interpretato nel senso che impone uno svantaggio concorrenziale in tutti questi campi all'industria comunitaria nucleare, a causa dei prezzi più alti che potrebbero venire richiesti, a parere dell'ENU, dai produttori comunitari.

53 L'ENU ammette, a un certo punto, che l'Agenzia possa importare per venire incontro alle ordinazioni, ma sostiene che essa, come servizio pubblico europeo con una responsabilità generale per le normali operazioni sul mercato comune, non dovrebbe ricorrere a importazioni non necessarie ove sia disponibile la produzione comunitaria. Ciò andrebbe contro, a suo parere, il suo dovere di assicurare ampi sbocchi, ai sensi dell'art. 2, lett. g), del Trattato. Anche se l'uranio concentrato potesse essere considerato tra i «materiali speciali», per i quali la Comunità dovrebbe cercare di assicurare ampi sbocchi commerciali, quest'obbligo può essere adempiuto soltanto «alle condizioni previste dal presente Trattato», non essendoci a mio parere alcuna disposizione che imponga una preferenza comunitaria. Inoltre, l'imposizione di una restrizione all'importazione sui materiali di base renderebbe meno competitiva la produzione di altri materiali speciali, e sarebbe, di conseguenza, contraria all'obiettivo di assicurare ampi sbocchi commerciali per questi materiali. Infine, non vedo come questo obiettivo di natura generale, che riguarda l'instaurazione, nella Comunità, di un mercato comune nucleare (Capo 9), piuttosto che la politica di approvvigionamento all'interno e all'esterno della Comunità (Capo 6), possa essere interpretato nel senso che modifica gli obblighi incombenti all'Agenzia ai sensi delle disposizioni specifiche del secondo capo.

54 L'ENU ha sostenuto che il Trattato sarebbe profondamente ingiusto e squilibrato se obbligasse i produttori comunitari a rendere disponibile l'intera loro produzione agli utilizzatori comunitari senza stabilire una preferenza comunitaria quale corrispettivo. La Comunità è stata istituita al fine di incoraggiare in primo luogo e soprattutto la produzione di «energia nucleare[, che] costituisce la risorsa essenziale che assicurerà lo sviluppo e il rinnovo delle produzioni e permetterà il progresso delle opere di pace», come enuncia la prima parte del preambolo; il suo obiettivo è promuovere l'economia della Comunità in generale, e le restrizioni del Trattato sulla disponibilità di materiali nucleari prodotti nella Comunità riflettono la natura strategica del prodotto, piuttosto che qualsiasi intento di favorire gli utilizzatori invece dei produttori. Invero, su un mercato mondiale in cui le forniture di uranio eccedono la domanda, questa restrizione non è, di fatto, di alcun particolare vantaggio agli utilizzatori, mentre nella situazione inversa di un mercato mondiale in cui la domanda è eccedente rispetto all'offerta lo smaltimento della produzione comunitaria sarebbe in pratica garantito in ogni caso.

55 L'ENU ha anche fatto valere la necessità di tutelare la produzione comunitaria come un obiettivo del Trattato a sé stante. Per i motivi esposti al suo punto 69, la sentenza impugnata non può, a mio parere, venire censurata in base a questa motivazione. E' anche chiaro che gli obblighi della Comunità a questo proposito sono limitati, e che uno Stato membro ha soprattutto l'obbligo di espletare attività di ricerca ed estrazione lì dove sussistano «possibilità di estrazione che appaiono economicamente giustificate a lungo termine» (art. 70, quarto comma, del Trattato, il corsivo è mio), a pena di venire considerato come rinunciante al diritto di uguale accesso alle altre risorse interne. L'ENU non ha dimostrato in qual modo l'interesse generale della Comunità sia meglio realizzato mediante l'estrazione di tutto l'uranio disponibile nella Comunità piuttosto che traendo vantaggio dalle offerte a basso costo sul mercato mondiale.

56 Ne consegue che il raffronto delle offerte e delle domande di cui all'art. 60 si applica allo stesso modo alla produzione comunitaria e importata, e che non esiste una preferenza comunitaria che garantisca lo smaltimento preferenziale della produzione comunitaria. Non è quindi necessario esaminare se la sentenza del Tribunale di primo grado debba essere annullata in quanto conferma il rifiuto della Commissione di imporre all'Agenzia di «ripristinare il funzionamento del capo VI del Trattato», poiché, secondo la stessa ammissione dell'ENU, tale ingiunzione eserciterebbe un'influenza sulla sua situazione giuridica solo se tale preferenza comunitaria fosse imposta dal Trattato.

57 Suggerisco pertanto alla Corte, ove dovesse esaminare nel merito questo motivo, di respingere l'impugnazione.

(ii) Il rifiuto della Commissione di ingiungere all'Agenzia l'attuazione del «procedimento speciale»

58 L'ENU contesta l'affermazione del Tribunale secondo la quale il «procedimento speciale» non era vincolante per l'Agenzia, e argomenta che la Commissione avrebbe dovuto ingiungere all'Agenzia di attuarlo secondo la sua richiesta. Rilevando che il Commissario competente aveva approvato il piano, e che la Commissione aveva assunto impegni sia con il governo portoghese che con il Parlamento europeo per trovare una soluzione soddisfacente al problema dello smaltimento dell'uranio portoghese, l'ENU argomenta che la decisione contestata viola l'art. 2, lett. g), e il Capo 6 del Trattato, nonché le sue aspettative legittime e il principio di buona fede.

59 Cercando di dimostrare il carattere vincolante dell'attuazione, da parte dell'Agenzia, del «procedimento speciale», l'ENU si richiama all'art. 2, lett. g), e all'asserita preferenza comunitaria per l'uranio prodotto nella Comunità. Ho già avuto modo di esaminare quest'ultimo aspetto (39). L'ENU non dimostra, comunque, come un obbligo generico di creare un mercato comune per le materie speciali possa imporre un obbligo specifico, in capo alla Commissione, di ingiungere all'Agenzia l'attuazione di un procedimento speciale in suo favore, o in capo all'Agenzia di esercitare il suo diritto di opzione nelle circostanze del presente caso. I termini della lettera del Commissario dell'8 dicembre 1989, nella quale si sosteneva che la politica di approvvigionamento dell'Agenzia avrebbe dovuto includere «uma vertente especial» per la soluzione di casi come quello dell'ENU, il che mi sembra nient'altro che una «considerazione speciale», non potevano a mio avviso essere interpretati nel senso che costituivano una direttiva all'Agenzia affinché questa esercitasse il suo diritto di opzione. La Corte aveva infatti espressamente riconosciuto, nella sentenza nella causa C-107/91, che la lettera del Commissario dell'8 dicembre 1989 non configurava «una posizione definitiva sulla domanda della ricorrente» (40). Oltre a ciò, il Tribunale ha accertato di fatto, e la Corte non riesaminerà in sede di impugnazione, che la stessa ENU aveva riconosciuto che la proposta dell'Agenzia «non imponeva agli utilizzatori comunitari (...) le modalità di azione che prevedeva» (41).

60 Tanto meno risultano fondate le argomentazioni dell'ENU in relazione alle sue aspettative legittime e alla buona fede. Se è vero, infatti, che il principio di buona fede è stato riconosciuto come «fa[cente] parte dell'ordinamento giuridico comunitario e la sua inosservanza costituirebbe (...) "una violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione"» (42), non c'è alcuna prova del fatto che l'ENU sia mai stata indotta a ritenere che il procedimento speciale avesse natura vincolante. Inoltre, l'ENU non ha dimostrato come il rifiuto della Commissione di ingiungere all'Agenzia di attuare il procedimento speciale potesse mettere in discussione la sua buona fede, nella misura in cui questa possa essere ritenuta rilevante nel presente procedimento (43).

61 L'ENU non ha prospettato alcun argomento atto a confutare le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale in relazione alla natura essenzialmente non vincolante e politica del «procedimento speciale». Sono pienamente concorde con l'analisi svolta dal Tribunale, formulata al punto 82 della sua sentenza, e suggerisco pertanto di disattendere questo motivo di ricorso.

b) - Ricorso contro il rigetto della domanda di risarcimento

62 La Commissione ha contestato l'ammissibilità della domanda di risarcimento dell'ENU in base a due motivi. In primo luogo, essa afferma che la domanda costituisca uno sviamento di procedura, in quanto l'azione di annullamento, ove venisse accolta, costituirebbe un mezzo adeguato di riparazione, il cui principale interesse nel procedimento è lo smaltimento delle sue scorte di uranio. Essa sostiene inoltre che, poiché l'Agenzia ha personalità giuridica, l'azione di risarcimento avrebbe dovuto essere diretta nei suoi confronti piuttosto che contro la Commissione, in quanto il danno allegato poteva venire imputato all'Agenzia, e che la domanda doveva quindi venire dichiarata inammissibile. Il Tribunale rigettava la domanda di risarcimento, senza esaminarne l'ammissibilità.

63 Se la Corte dovesse seguire il mio suggerimento di rigettare l'impugnazione dell'ENU relativa alla domanda di annullamento, non sarebbe necessario esaminare se l'annullamento possa costituire di fatto un rimedio adeguato. In ogni caso non è possibile, allo stato degli atti, risolvere tale questione, dal momento che l'ENU non ha quantificato il danno che asserisce avere subito come conseguenza del comportamento dell'Agenzia e della Commissione. Il secondo motivo di inammissibilità avanzato dalla Commissione è stato sollevato dinanzi al Tribunale solo nella controreplica e sarebbe stato presumibilmente inammissibile, in accordo con l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado. Suggerisco di seguire il Tribunale nel considerare prima il merito della domanda di risarcimento.

64 Nel suo ricorso, l'ENU si richiama essenzialmente all'esistenza di un obbligo, incombente all'Agenzia, di esercitare il suo diritto di opzione nella situazione di fatto che ha dato luogo alla controversia, che dipende, a sua volta, dall'esistenza di una preferenza comunitaria da cui la produzione dell'ENU trarrebbe vantaggio.

65 Ho già avuto modo di esaminare e respingere, ai paragrafi 44-57 di queste conclusioni, gli argomenti dell'ENU basati sull'asserita esistenza di una preferenza comunitaria per la produzione comunitaria di uranio. In assenza di qualsiasi atto o comportamento illegittimo, da parte dell'Agenzia o della Commissione, idoneo a incidere sulla situazione giuridica dell'ENU, non ho difficoltà nel concordare con le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale al riguardo, come enunciate al punto 91 della sentenza impugnata. Propongo pertanto di rigettare il ricorso d'impugnazione sulla domanda di risarcimento nella causa T-458/93.

IV - Conclusioni

66 Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

1) dichiarare il ricorso d'impugnazione contro la sentenza del Tribunale di primo grado 15 settembre 1995 nella causa T-523/93, inammissibile nella parte in cui riguarda la domanda della ricorrente relativa all'applicazione del Capo 6 del Trattato, e respingerlo quanto al resto;

2) respingere il ricorso d'impugnazione contro la sentenza del Tribunale di primo grado 15 settembre 1995 nella causa T-458/93, e

3) condannare la ricorrente alle spese.

(1) - Riferimenti al «Trattato» nelle presenti conclusioni s'intendono al Trattato CEEA, se non altrimenti specificato.

(2) - V., comunque, le posizioni espresse al Parlamento europeo con la questione scritta E-3468/95 da Martina Gredler e Elly Plooij-van Gorsel al Consiglio (GU 1996, C 305, pag. 3).

(3) - Questi termini vengono definiti all'art. 197 del Trattato; poiché la presente causa non concerne materie fissili speciali, alle quali si applicano disposizioni particolari, il termine «materiali nucleari» nelle presenti conclusioni verrà usato in senso generico per designare minerali e materie grezze.

(4) - La parola «to» prima di «applications» («domande») manca nella versione inglese del Trattato edita dall'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Unione europea - Raccolta dei trattati, Volume I, Tomo II, Lussemburgo, 1995, ISBN 92-824-1180-X, pag. 357.

(5) - GU dell'11.5.1960, pag. 777.

(6) - GU del 25.7.1975, L 193, pag. 37.

(7) - Sentenza 15 settembre 1995, cause riunite T-458/93 e T-523/93, ENU/Commissione (Racc. pag. II-2459).

(8) - La versione del testo citata è pubblicata nella sezione I, n. 3, della decisione impugnata (GU del 6.8.1993, L 197, pag. 54); il testo portoghese è il solo facente fede.

(9) - Sentenza 16 febbraio 1993, causa C-107/91, ENU/Commissione (Racc. 1993, pag. I-599).

(10) - Citata sopra, nota 8.

(11) - Citata alla nota 7.

(12) - Punto 54 della sentenza.

(13) - Punto 91 della sentenza.

(14) - Sentenza 1_ giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (Racc. pag. I-1981, punto 59).

(15) - Sentenza 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio (Racc. pag. 3107, punto 28).

(16) - V. causa C-334/94 (Racc. pag. I-1307, punto 12 delle conclusioni, e la giurisprudenza ivi citata alla nota 15).

(17) - Sentenza 19 ottobre 1995, causa C-19/93 P (Racc. pag. 3319, punto 13).

(18) - Sentenza 24 novembre 1992, cause riunite C-15/91 e C-108/91, Buckl e a./Commissione (Racc. pag. I-6061, punto 22); v. anche sentenza 8 marzo 1972, causa 42/71, Nordgetreide/Commissione (Racc. pag. 105, punto 5).

(19) - Le disposizioni di cui trattasi sono ora l'art. 146, quarto comma, del Trattato, e l'art. 173, quarto comma, del Trattato CE.

(20) - Sentenza 16 febbraio 1993, causa C-107/91, ENU/Commissione (Racc. pag. I-599, paragrafo 12 delle conclusioni).

(21) - Punti 16 e 17 della sentenza; il corsivo è mio.

(22) - Punto 34 della sentenza.

(23) - Ibidem.

(24) - Punto 33 della sentenza.

(25) - Ad eccezione della versione greca, che usa il termine «áéôÞìáôïò» al punto 38, e «áéôÞóåùò» nel dispositivo.

(26) - Ordinanza 13 giugno 1991, causa C-50/90, Sunzest/Commissione (Racc. pag. I-2917, punto 12), che rinvia alla sentenza 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione (Racc. pag. 2639).

(27) - Nel dispositivo del testo portoghese della decisione figura il termine «os pedidos».

(28) - Sentenza 17 settembre 1992, causa T-138/89, NBV e NVB/Commissione (Racc. pag. II-2181, punto 31).

(29) - V., a questo proposito, sentenza 11 gennaio 1996, causa C-480/93 P, Zunis Holding e a./Commissione (Racc. pag. I-1, punto 15).

(30) - Causa 7/71 (Racc. 1971, pag. 1003, paragrafo 4 delle conclusioni, pag. 1029).

(31) - Cause riunite T-149/94 e T-181/94, Kernkraftwerke Lippe-Ems/Commissione (NdT: sentenza 25 febbraio 1997).

(32) - Causa 7/71, Commissione/Francia, citata sopra, nota 30, pag. 1014.

(33) - Ibidem, punto 41 della sentenza.

(34) - V. sentenza 14 dicembre 1971, causa 7/71, Commissione/Francia, citata sopra, nota 30, punti 39-43.

(35) - Cusack, External Relations of the European Atomic Energy Community in the Fields of Supply and Safeguards; Background and Developments in 1982 and 1983, 3 Yearbook of European Law, 1984, pag. 347 (349). La Francia nel 1995 avrebbe prodotto quasi tre volte la quantità di uranio degli altri Stati membri considerati insieme (Commissione, Draft Illustrative Nuclear Programme, 31 luglio 1996, Allegato 1.2, non ancora pubblicato).

(36) - Sentenza 13 marzo 1968, causa 5/67, Beus/Hauptzollamt München (Racc. pag. 83).

(37) - V., ad esempio, sentenza 26 marzo 1987, causa 58/86, Coopérative Agricole d'Approvisionnement des Avirons/Esattore delle Dogane (Racc. pag. 1525, punto 9).

(38) - Euratom, Terza relazione generale sull'attività della Comunità, Ufficio delle Pubblicazioni, Lussemburgo, 1960, pag. 59.

(39) - Paragrafi 44-56 delle presenti conclusioni.

(40) - Sentenza 16 febbraio 1993, citata sopra, nota 9, punto 38.

(41) - Punto 9 della sentenza impugnata.

(42) - Sentenza 3 maggio 1978, causa 112/77, Töpfer/Commissione (Racc. pag. 1019, punto 19).

(43) - Per una recente applicazione, v. le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 12 novembre 1996, causa C-24/95, Land Rheinland-Pfalz/Alcan Deutschland GmbH (paragrafi 23 e 33).

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