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Document 52014JC0012

COMUNICAZIONE CONGIUNTA AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Il vicinato a un bivio: l'attuazione della politica europea di vicinato nel 2013

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52014JC0012

COMUNICAZIONE CONGIUNTA AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Il vicinato a un bivio: l'attuazione della politica europea di vicinato nel 2013 /* JOIN/2014/012 final */


1. Introduzione

La politica europea di vicinato (PEV) mira a sviluppare una relazione speciale tra l'UE e ogni singolo paese partner, contribuendo a creare uno spazio di sicurezza, prosperità e buon vicinato. Il 2013 ha registrato alcuni progressi nel conseguimento di questi obiettivi. Sono continuati gli sforzi di riforma, sostenuti dall'UE, sia nei paesi PEV orientali che meridionali. Ma il 2013 è stato, ancora una volta, un anno di crisi, riflettendo l'instabilità politica e il persistere di difficili condizioni socioeconomiche in diversi paesi vicini. Le sfide in materia di sicurezza — sia a livello nazionale che regionale — sono aumentate, contribuendo a ribaltare in parte, in alcuni paesi, i risultati ottenuti dalle riforme democratiche degli anni precedenti e a rallentare le prospettive di ripresa economica.

La presente comunicazione congiunta, corredata di una serie di documenti di lavoro congiunti dei servizi della Commissione[1], esamina il percorso compiuto dall'UE e dai paesi partner[2] nell'attuazione degli obiettivi di riforma convenuti di comune accordo, nonché le sfide che entrambe le parti hanno dovuto affrontare.

Gli sviluppi rilevati nel 2013 — positivi e negativi — sottolineavano che il successo della politica di vicinato dipende direttamente dalla capacità e dall'impegno dei governi di operare delle riforme e di approfondire le relazioni con l'UE, nonché dalla capacità, da un lato, di spiegare i programmi in agenda e acquisire sostegno popolare e, dall'altro, di attenersi a tali programmi. Trattandosi di una politica pensata per sostenere riforme e mutamenti progressivi da attuarsi lungo un certo lasso di tempo, è stato necessario intervenire, in momenti di brusco cambiamento e di rottura della stabilità politica e sociale, per orientare alcuni partner ad adottare politiche volte ad aumentare la sicurezza e a intraprendere riforme democratiche ed economiche.

I percorsi di riforma dei paesi partner e le loro ambizioni nei rapporti con l'UE, nonché le sfide che i paesi devono affrontare, sono sempre più eterogenei. Le scelte operate da alcuni paesi renderanno sempre più necessario diversificare le relazioni intrattenute con loro, in modo da rispondere alle aspettative e alle necessità di ciascuno salvaguardando nel contempo anche gli interessi strategici dell'Unione. L'UE ribadisce il proprio impegno per la creazione di partenariati con ciascuno dei paesi vicini, dove si tenga conto delle specifiche esigenze e capacità di ognuno di loro e degli obiettivi in materia di riforme.

Il conseguimento degli obiettivi concordati con i paesi partner in materia di riforme è condizionato anche dalla situazione della regione in cui si trovano e dal ruolo giocato da altri attori con obiettivi - talvolta - divergenti. L'obiettivo di stabilire legami più stretti con l'UE ha portato alcuni paesi partner dell'Europa orientale a doversi misurare con l'ancora fragile natura delle loro riforme politiche, il rallentamento della crescita economica e le carenze economiche strutturali, ma anche con un'evidente pressione esterna rappresentata, ad esempio, dai potenziali mutamenti nei prezzi dell'energia e da ostacoli artificiali agli scambi. Nel vicinato meridionale le azioni intraprese da vari attori regionali o globali hanno avuto ripercussioni anche su altri eventi, quali il conflitto in Siria e la crisi politica (ed economica) in Egitto. Al fine di rendere più efficace e pertinente la PEV, l'UE continuerà da parte sua ad offrire assistenza e a collaborare con questi attori regionali e globali, per garantire che gli sforzi di riforma non siano vanificati da obiettivi politici contrastanti. Tutti possono trarre vantaggio dalle riforme economiche e democratiche: sia i partner dell'UE nella politica di vicinato sia i loro vicini più prossimi.

I drammatici eventi che hanno avuto luogo in Ucraina hanno dimostrato come un governo che non si impegna a fondo, non in sintonia con i sentimenti dei suoi cittadini e soggetto a pressioni esterne inaccettabili, possa provocare una forte destabilizzazione politica e sociale.

L'UE, in cooperazione con i suoi partner internazionali, si sta muovendo in modo decisivo per sostenere le nuove autorità nazionali, stabilizzare la situazione e preservare l'unità del Paese, pur nel pieno rispetto di tutte le comunità e dei gruppi locali e rispondendo alle aspirazioni della popolazione. A tal fine, la Commissione europea ha annunciato il 5 marzo 2014 un pacchetto di sostegno destinato all'Ucraina[3] per attuare da subito, rafforzandole, molte delle politiche e degli strumenti del partenariato orientale. Le misure proposte potrebbero convogliare nei prossimi anni un sostegno complessivo pari ad almeno 11 miliardi di EUR provenienti dal bilancio UE e dalle istituzioni finanziarie internazionali con sede nell'UE, che si affiancherebbe ai cospicui finanziamenti forniti dall'FMI e dalla Banca mondiale. Soggiace a questo approccio l'ambizione di aiutare l'Ucraina a soddisfare le sue aspirazioni, chiaramente esplicitate da cittadini e società civile nel corso degli eventi senza precedenti che hanno avuto luogo a Kiev e in tutto il paese.

Il 18 marzo 2014 la Federazione russa ha firmato un trattato con le autorità de facto della Repubblica di Crimea e della città di Sebastopoli, sigillando l'annessione de facto della Crimea con effetto immediato. Come affermato dai presidenti Van Rompuy e Barroso il 18 marzo, l'Unione europea non riconosce né il referendum illegale e illegittimo in Crimea, né i risultati dello stesso. La sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza dell'Ucraina devono essere rispettate. L'Unione europea non riconosce e non riconoscerà l'annessione della Crimea e di Sebastopoli alla Federazione russa.

Il Consiglio europeo concorda sull'illegalità del referendum e degli avvenimenti successivi, come espresso nelle sue conclusioni del 20 marzo 2014. Il giorno dopo, l'UE e l'Ucraina hanno firmato le disposizioni politiche dell'accordo di associazione e confermato il loro impegno a procedere alla firma e alla conclusione delle restanti parti dell'accordo, che costituiscono un unico strumento unitamente alle disposizioni politiche. Come ribadito nelle recenti conclusioni del Consiglio «Affari esteri»[4], l'accordo di associazione non costituisce l'obiettivo finale della cooperazione UE‑Ucraina.

Anche il persistere di situazioni di crisi nel vicinato meridionale - in particolare la guerra civile in corso in Siria con il suo impatto negativo sui paesi vicini - ha richiesto un'attenzione e un impegno costanti da parte dell'Unione europea. Grazie alle competenze che le sono state attribuite in virtù del trattato di Lisbona, l'UE dispone ora di una serie crescente di strumenti politici e tecnici che le hanno consentito di svolgere un ruolo politico più incisivo nel processo di transizione che la Tunisia, l'Egitto e la Libia stanno attraversando.

L'alto rappresentante/vicepresidente ha instaurato solidi legami con i vari soggetti politici, godendo di un accesso unico nei loro confronti anche in circostanze particolarmente difficili, come nel caso, probabilmente il più rappresentativo, del suo incontro con Mohammed Morsi. Ciò ha consentito all'UE di esprimere in modo assolutamente chiaro la sua posizione con le autorità locali, in merito a valori che le stanno particolarmente a cuore.

Anche il rappresentante speciale dell'UE per il vicinato meridionale, Bernardino León, e il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, Stavros Lambrinidis, hanno svolto un ruolo essenziale fornendo assistenza e promuovendo l'immagine dell'Unione nella regione.

L'UE ha intrapreso immediatamente misure di peso per far fronte alle conseguenze della guerra civile in Siria e alle sue crescenti implicazioni regionali, in termini, ad esempio, di flussi di rifugiati e del rischio di conflitti nei paesi vicini. Alla comunicazione congiunta "Verso un approccio globale dell'Unione europea alle crisi siriana"[5] si è accompagnato l'impegno per un'ulteriore assistenza finanziaria (400 milioni di EUR nel 2013) intesa ad affrontare le conseguenze della crisi. Consapevole degli effetti senza precedenti che la crisi ha prodotto non solo sul popolo siriano ma anche sulla stabilità dei paesi vicini, l'Unione europea ha assunto il ruolo di principale donatore a favore delle vittime della crisi siriana, fornendo un massiccio sostegno umanitario e non umanitario.

Sebbene a più riprese l'UE sia stata in grado di raccogliere la sfida e reagire rapidamente, essa dovrebbe continuare a riflettere sul modo in cui la PEV e i suoi strumenti possono rispondere ancora meglio ai diversi contesti dei paesi partner, e su come sia necessario correggere alcune sue componenti, anche mediante l'uso di ulteriori strumenti politici. La necessità di agire rapidamente in situazioni di natura diversa e con diversi tipi di procedure decisionali deve essere presa in considerazione nel contesto dell'elaborazione di normative europee che riguardano strumenti politici e finanziari, come ad esempio la legislazione quadro per l'assistenza macrofinanziaria, le procedure semplificate nel campo della politica commerciale o gli sforzi volti ad utilizzare procedure decisionali più rapide nell'uso degli strumenti della politica di sicurezza e difesa comune (in appresso PSDC). Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri devono rivolgere maggiore attenzione a questa particolare area, in modo da consentire all'Unione di reagire meglio e più rapidamente agli eventi che occorrono nel vicinato e di rispondere alle mutevoli esigenze dei partner.

2. Attuazione

Come già nel 2012, i progressi compiuti dai paesi partner nell'attuazione dei loro impegni di riforma sono stati estremamente eterogenei.

Nel vicinato meridionale, la situazione politica generale ha spesso rallentato la disponibilità dei paesi partner ad attuare l'agenda di riforma concordata. In Tunisia, la transizione democratica è avvenuta grazie a un dialogo inclusivo, nonostante il 2013 sia stato contrassegnato da importanti minacce alla sicurezza. La nomina di un nuovo governo a metà dicembre e la conseguente adozione di una nuova costituzione nel gennaio 2014 sono stati provvedimenti democratici decisivi. In Marocco, un contesto politico difficile ha contribuito a frenare l'attuazione degli impegni sanciti dalla riforma costituzionale del 2011. In Egitto, a seguito delle manifestazioni popolari e di un ultimatum emesso dalle forze armate, il presidente Mohammed Morsi è stato esautorato e sostituito da un presidente ad interim. La Libia deve tuttora affrontare gravi problemi di sicurezza, sia a livello nazionale sia riguardo l'intera regione nordafricana (crisi nel Sahel e in Mali, ad esempio). Libano (dove è stato nominato un nuovo governo) e Giordania sono nella difficile situazione di dover gestire le conseguenze della guerra civile siriana sui loro sistemi politici, economici e sociali; questo fatto incide gravemente sulla loro capacità di attuare riforme politiche e strutturali. Grazie ai rinnovati sforzi degli Stati Uniti per promuovere la pace tra israeliani e palestinesi, in luglio si è assistito a una ripresa dei negoziati con l'obiettivo di pervenire a un accordo su tutte le questioni relative allo status definitivo entro nove mesi.

Sebbene in alcuni paesi PEV orientali le strutture democratiche si siano ulteriormente rafforzate, a volte interessi politici o economici specifici hanno ostacolato o rallentato la messa in opera di riforme più ampie. Moldova e Georgia hanno concluso i negoziati e siglato gli accordi di associazione che includono una zona di libero scambio globale e approfondito (AA/DCFTA), hanno compiuto progressi in materia di riforme politiche e giudiziarie e proseguito le riforme in vista dell'attuazione degli AA/DCFTA. Tuttavia, il concretizzarsi della crisi politica in Moldova all'inizio del 2013 ha messo in evidenza la vulnerabilità di alcune delle istituzioni dello Stato - dovuta all'interferenza di interessi specifici - i limiti del sistema istituzionale di pesi e contrappesi per l'equilibrio tra i poteri, nonché la natura ancora fragile delle iniziative di riforma. Le elezioni georgiane dell'autunno 2013 hanno segnato la seconda transizione democratica di potere nel giro di 18 mesi e il significativo spostamento costituzionale da un sistema semi-presidenziale a un sistema parlamentare. Nonostante il persistere di una serie di violazioni, le elezioni presidenziali del febbraio 2013 in Armenia sono state generalmente percepite come ben condotte e rispettose delle libertà fondamentali. L'Armenia aveva negoziato un AA/DCFTA, ma non lo ha siglato in quanto ha deciso in seguito di aderire all'Unione doganale euroasiatica. Il processo di riforma dell'Ucraina ha subito una fase di completo stallo in seguito alla sospensione dei preparativi per la firma dell'accordo di associazione. Tale sospensione ha innescato massicce proteste da parte della popolazione (il cosiddetto «movimento Euromaidan»), a sostegno dell'associazione politica e dell'integrazione economica con l'UE. L'Azerbaigian deve compiere ulteriori sforzi a tutela dei diritti fondamentali e delle libertà. In Bielorussia non si sono registrati progressi nel campo delle riforme politiche.

Attuazione delle principali raccomandazioni formulate nel 2013 da parte dei singoli paesi

L'Armenia ha dato seguito ad alcune delle raccomandazioni principali, ad esempio istituendo un gruppo di lavoro per presentare proposte in risposta alle raccomandazioni dell'OSCE/ODIHR in merito alle elezioni. Il paese ha intrapreso alcune azioni per la lotta alla corruzione ad alto livello, sebbene la sua Commissione etica non sia ancora abbastanza efficace; ha continuato a sviluppare il programma di «ghigliottina normativa», che dovrebbe ridurre gli oneri amministrativi, nonché le possibilità di corruzione; ha istituito una nuova commissione di collegamento tra le agenzie per l'attuazione della strategia nazionale per la tutela dei diritti umani. L'Armenia ha approvato modifiche alla legge sul servizio militare alternativo e una legge sulla parità di diritti e opportunità per uomini e donne. Sono stati registrati modesti sviluppi per quanto concerne le riforme nella pubblica amministrazione, ma sono state intraprese alcune misure per riformare il sistema giudiziario e per procedere con le riforme settoriali e con la convergenza normativa con l'acquis dell'UE.

L'Azerbaigian ha dato riscontro ad alcune raccomandazioni principali e ha in parte affrontato alcuni problemi pertinenti alla gestione delle finanze pubbliche, intraprendendo inoltre misure per combattere la corruzione.

La Georgia ha dato riscontro alla maggior parte delle principali raccomandazioni formulate nella relazione dell'anno scorso sullo stato di avanzamento della PEV. Ha condotto elezioni presidenziali in linea con gli standard internazionali. Ha continuato ad operare per la riforma del sistema giudiziario, le riforme settoriali avanzate e la convergenza normativa con l'acquis dell'UE. Ha partecipato attivamente ai lavori di Ginevra e intrapreso misure per migliorare le condizioni di vita degli sfollati interni, con il sostegno dell'UE; inoltre, ha ribadito la propria posizione in merito a un sincero impegno con le regioni separatiste.

La Moldova ha risposto a molte delle principali raccomandazioni formulate nella relazione dell'anno scorso sullo stato di avanzamento della PEV. Ha completato l'attuazione del piano d'azione sulla liberalizzazione dei visti; ha proceduto ulteriormente con le riforme del sistema giudiziario e dei servizi di contrasto; ha cominciato a ristrutturare il quadro normativo della lotta alla corruzione; ha rafforzato l'attuazione del piano d'azione sui diritti umani e del piano d'azione a sostegno della popolazione Rom. Ha proseguito il dialogo con Tiraspol e ha continuato nel difficile sforzo di riforma settoriale e normativa.

L'Ucraina ha in parte risposto ad alcune delle raccomandazioni dell'ultima relazione di avanzamento connesse alle leggi e alle pratiche elettorali nonché al sistema giudiziario, ma la sospensione dei lavori preparatori alla firma dell' AA/DCFTA ha posto il processo di riforma in fase di stallo.

A causa degli avvenimenti politici occorsi, l'Egitto non ha risposto alle raccomandazioni principali formulate nella relazione dell'anno scorso sullo stato di avanzamento della PEV, con l'eccezione della firma della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee. Pertanto, la maggior parte delle raccomandazioni sono ancora pertinenti.

Israele ha risposto a molte delle principali raccomandazioni formulate nella relazione dell'anno scorso. Sono stati firmati la convenzione regionale sulle norme di origine paneuropee e l'accordo globale in materia di aviazione civile tra l'UE e Israele; il PECA è entrato in vigore.

La Giordania ha agito su una serie di importanti raccomandazioni contenute nella relazione dell'anno scorso sullo stato di avanzamento della PEV, in particolare attraverso l'adozione di una strategia anti-corruzione e la ratifica della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee.

Il Libano ha dato riscontro a molte delle raccomandazioni contenute nella relazione del 2012, ad esempio in merito ai progressi limitati verso i negoziati relativi all'accordo PECA, ma anche nella stesura di normative in materia di appalti pubblici, lotta alla corruzione e lavoratori migranti. Le normative in questione, tuttavia, non sono state adottate dal Parlamento.

Il Marocco ha risposto ad alcune delle raccomandazioni principali. Il comitato dei ministri ha approvato il piano governativo per la parità e il progetto di legge che istituisce un'autorità per la parità e la lotta contro la discriminazione (APALD). Sono stati rilevati progressi anche nel contesto del quadro normativo della lotta alla corruzione (vale a dire, in merito allo status dell'autorità competente). È stata pubblicata la carta nazionale per la riforma del settore della giustizia e sono state redatte due leggi organiche pertinenti. Hanno inoltre avuto inizio i negoziati su una zona di libero scambio globale e approfondito, mentre i preparativi per un accordo PECA hanno rispettato il calendario.

In Palestina, l'Autorità palestinese ha firmato la convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee, attuando una delle raccomandazioni contenute nella relazione dell'anno scorso sullo stato di avanzamento della PEV. Tuttavia, la maggior parte delle principali raccomandazioni formulate nella relazione non hanno ancora ricevuto riscontro e restano valide.

La Tunisia ha risposto soprattutto alle raccomandazioni relative al consolidamento della democrazia (adottando una costituzione e stabilendo un quadro giuridico per la prevenzione della tortura, per i media, l'indipendenza del sistema giudiziario, la lotta contro la corruzione e la giustizia di transizione), preparandosi inoltre alle prossime elezioni (attraverso la nomina dei membri dell'ISIE, l'istanza superiore indipendente per le elezioni). Riguardo ai suoi impegni bilaterali, il paese ha segnato progressi verso un partenariato per la mobilità. La Tunisia ha inoltre firmato la convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee.

L'alto rappresentante, la Commissione e le delegazioni dell'UE nei paesi partner hanno intensificato gli sforzi per comunicare meglio le loro politiche ai paesi interessati e al pubblico. Nel 2013 l'UE ha varato una «strategia di visibilità» per il partenariato orientale, intesa a garantire che coloro che saranno interessati dal partenariato e ne beneficeranno siano adeguatamente informati non solo circa i vantaggi previsti a lungo termine, ma anche sui cambiamenti concreti che tale politica comporterà per i loro paesi. Il portale web European Neighbourhood Info Centre (www.enpi-info.eu), rivolto a tutti i paesi della PEV, è una risorsa in linea già operativa che fornisce informazioni in quattro lingue sui progetti di cooperazione in questi paesi. Il centro d'informazione per la politica di vicinato (Neighbourhood Info Centre) è uno degli elementi del programma regionale di comunicazione dell'ENPI (periodo 2011-2013), che include anche corsi di formazione e reti di contatto per giornalisti, conferenze per studenti, monitoraggio dei media e sondaggi d'opinione che coprono il settore della PEV.

Il messaggio principale che l'UE vuole fare arrivare è incentrato sul ruolo della PEV in quanto strumento per rendere l'Europa e i paesi vicini luoghi migliori, più sicuri e più prosperi, per migliorare le condizioni di vita della popolazione, contribuendo a società più democratiche, aperte ed eque, e anche in quanto strumento per creare maggiore prosperità grazie ai collegamenti stabiliti tra l'UE e i paesi vicini. L'UE sottolinea inoltre che la PEV comporta benefici per tutti, compresi i portatori di interesse situati al di là dei confini del vicinato. Cotitolarità e responsabilità reciproca costituiscono il fulcro della politica europea di vicinato. Ad esempio, gli accordi di associazione e le zone di libero scambio globale e approfondito con i nostri paesi partner offrono anche opportunità e benefici ai vicini dei paesi vicini. La cooperazione e la creazione di reti non si fermano alle frontiere dei partner PEV, ma si estendono oltre. Si tratta di una politica inclusiva.

Tuttavia, sarebbe più opportuno prevedere che l'UE possa esporre ancora meglio i vantaggi concreti delle sue iniziative. Occorrerà garantire che i negoziati in corso si svolgano rapidamente, che gli accordi entrino in vigore non appena possibile e che rechino vantaggi tangibili. Al tempo stesso, sia l'UE sia gli Stati membri devono garantire che le politiche continuino ad attrarre interesse e a rispondere alle esigenze dei loro partner. L'UE deve collaborare ancora più strettamente con i suoi Stati membri, soprattutto nei settori in cui a questi ultimi spettano competenze cruciali, al fine di rispettare gli impegni assunti con i partner.

2.1. Una democrazia radicata e sostenibile

Nonostante gli sforzi e i progressi osservati in alcuni settori, nel 2013 il quadro è stato nel complesso piuttosto contraddittorio, con alcune tendenze preoccupanti. In Georgia, Moldova, Marocco e Tunisia, le autorità hanno mostrato un chiaro impegno a favore delle riforme. Gli sviluppi intercorsi in Egitto nel corso dell'anno hanno evidenziato i rischi e gli inconvenienti che possono incidere su una transizione democratica, quando il processo si svolge in modo non inclusivo o in un'ottica partigiana.

Nel 2013 nei paesi del vicinato si sono tenute un numero limitato di elezioni. Le elezioni presidenziali in Georgia e, in misura minore, in Armenia erano in tutto e per tutto democratiche, mentre quelle presidenziali in Azerbaigian non hanno rispettato pienamente le norme internazionali. Nel gennaio 2014 si è tenuto un referendum costituzionale in Egitto. L'affluenza alle urne è stata relativamente bassa e durante la campagna elettorale è stato dato poco spazio all'opposizione.

Le libertà fondamentali sono minacciate in alcune parti del vicinato, ma i progressi nel trattamento delle minoranze, per esempio in Moldova, e l'adozione di una nuova costituzione nel gennaio 2014 in Tunisia stanno portando - nei paesi citati - a un maggiore rispetto per lo stato di diritto e, di conseguenza, per la democrazia e le libertà fondamentali.

In un certo numero di paesi, non sono stati apportati miglioramenti e sono state mantenute le restrizioni alla libertà di riunione e di associazione. In Egitto, più di 1300 persone hanno perso la vita a seguito della repressione delle proteste da parte delle forze di sicurezza nel 2013; una nuova legge ha limitato la libertà di riunione, mentre un progetto di legge sulle associazioni contiene anch'esso disposizioni restrittive: entrambi dovranno essere resi conformi alla costituzione recentemente adottata. In Armenia, il Mediatore ha rilevato il mancato avvio di azioni penali nei confronti degli appartenenti alle forze di polizia che hanno perpetrato violenze contro manifestanti pacifici, nonché la presenza di restrizioni ai diritti del lavoro e sindacali. In Azerbaigian, il nuovo codice penale punisce la partecipazione a qualsiasi «assemblea vietata per legge» con fino a due anni di reclusione. In Algeria, la legge sulle associazioni contiene disposizioni opinabili e la sua applicazione rimane molto controversa. Israele mantiene restrizioni alla libertà di riunione. In Palestina, un progetto di legge potrebbe peggiorare la situazione delle organizzazioni sindacali nella Striscia di Gaza. Se la libertà di associazione è assente, vengono colpite la tutela e la promozione dei diritti collettivi.

In Ucraina, nel 2013 e all'inizio del 2014 sono diventate più frequenti le denunce riguardo intimidazioni dei giornalisti da parte della polizia. Vi sono stati alcuni sviluppi positivi in Moldova e in Georgia. In Tunisia, casi emblematici incentrati su attivisti hanno rivelato che, nonostante i profondi cambiamenti positivi avvenuti, la libertà di espressione non è ancora garantita. Casi analoghi si sono verificati in Marocco.

In Bielorussia, la situazione per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e dei principi democratici continua ad essere preoccupante.

I sistemi giudiziari dell'intera regione necessitano di ulteriori riforme. In alcuni paesi, l'indipendenza della magistratura non è ancora pienamente garantita. In Egitto - come in Israele, Libano e Giordania - i civili possono ancora essere processati in tribunali militari. Tuttavia, riforme giudiziarie intese a rafforzare lo stato di diritto sono attualmente in corso in Georgia, Moldova, Marocco e Ucraina. L'adozione di una nuova costituzione in Tunisia, nel gennaio 2014, ha gettato le basi per la separazione dei poteri e per lo stato di diritto.

La tortura e i maltrattamenti nelle carceri persistono, in misura diversa, in tutto il vicinato. Tuttavia, una prima misura estremamente simbolica è stata votata dall'Assemblea nazionale costituente della Tunisia quando si è conclusa la sua sospensione nell'ottobre 2013: si tratta di un meccanismo nazionale per prevenire la tortura.

Alcuni progressi nella lotta contro la corruzione sono stati rilevati in seno ai quadri giuridici di Moldova, Ucraina, Georgia e Marocco, che devono ancora essere attuati. Altri paesi come Libano, Armenia e Azerbaigian non dispongono ancora di istituzioni e meccanismi di lotta alla corruzione forti ed efficaci.

La necessità di riformare le forze di polizia per ripristinare la fiducia dei cittadini e per obbligarle a rendere conto del loro operato rappresenta una preoccupazione condivisa in tutto il vicinato. In diversi paesi, i diritti umani non sono ancora rispettati all'interno delle carceri o da parte delle forze di polizia e dell'esercito.

Alcuni paesi vicini mostrano segni di persistenti divisioni sociali, che riflettono le discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze. La violenza di genere e le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale contro la comunità lesbica, gay, bisessuale, transgender e intersessuale (LGBTI) sono fonte di crescente preoccupazione, tranne in Israele dove non esiste discriminazione fondata sull'orientamento sessuale.

I diritti delle persone appartenenti a minoranze sono compromessi nella maggior parte dei paesi inclusi nella politica europea di vicinato. L'ambito dell'esclusione si estende dalla sempre crescente violenza e dai discorsi che incitano all'odio nella vita politica - indirizzati alle minoranze in Armenia, Ucraina, Palestina e Israele - fino alle violenze settarie verificatesi in Egitto nel corso dell'intero 2013.

La discriminazione e la violenza contro i minori vengono ampiamente ignorate, pur trattandosi di un problema presente in molti paesi del vicinato, in particolare quelli in situazioni di conflitto o in crisi. Un numero crescente di bambini e ragazzi abbandona gli studi e non ha accesso all'istruzione: ciò ne compromette le opportunità future. Questa tendenza non fa che esacerbare gli attuali problemi incontrati da un gran numero di giovani, a cui numerosi ostacoli impediscono un accesso equo a un lavoro dignitoso e a mezzi di sussistenza.

2.2. Sostegno alla società civile

La volontà di procedere a programmi di riforma non può essere imposta dall'esterno e le aspettative legate alle riforme devono provenire dalla società stessa. Coinvolgendo direttamente i cittadini, offrendo loro opportunità di viaggio e studio (anche unilateralmente) e promuovendo la creazione di reti tra le diverse comunità (quelle delle imprese, della ricerca, dell'università, dell'arte, della cultura, ecc.), senza dimenticare il sostegno offerto alla società civile, la politica dell'UE può svolgere un ruolo di catalizzatore in questo processo.

La politica europea di vicinato riveduta conferma l'impegno dell'Unione a favore di un forte partenariato con le società dei paesi partner e rafforza notevolmente gli strumenti a disposizione dell'UE nelle regioni PEV per avviare un dialogo con la società civile e sostenerla.

La consultazione delle organizzazioni della società civile è diventata un elemento portante della cooperazione dell'UE con i paesi del vicinato. La consultazione, svolta con regolarità, riguarda determinati aspetti delle politiche nonché questioni operative, per l'elaborazione e la programmazione del sostegno finanziario dell'UE. Le piattaforme nazionali del forum della società civile per il partenariato orientale offrono un'opportunità unica di dibattito per le organizzazioni che di tale società fanno parte, consentendo di fornire contributi sulle priorità del partenariato orientale e informazioni sui progressi realizzati nell'attuazione delle riforme convenute di comune accordo nei settori della democrazia, del buon governo e dello sviluppo economico.

In vari paesi del vicinato meridionale, la società civile svolge un ruolo chiave nell'attuazione dei programmi sociali finanziati dall'UE (programmi di alfabetizzazione, assistenza ai minori, parità di genere, ecc.). Inoltre, a livello regionale, sono stati compiuti sforzi per istituire un dialogo strutturato tra società civile, autorità e UE.

Nel corso del 2014, le delegazioni dell'UE nei paesi PEV elaboreranno tabelle di marcia nazionali incentrate sull'impegno con la società civile, allo scopo di stabilire un quadro strategico comune incentrato sull'impegno assunto dalle delegazioni dell'UE e dagli Stati membri con la società civile a livello nazionale. L'Unione europea continuerà a rafforzare il sostegno diretto alla società civile e alle parti sociali, per far sì che i cittadini siano in grado di esprimere le loro preoccupazioni, contribuire all'elaborazione delle politiche e chiedere conto ai governi.

2.3. Sviluppo economico e sociale sostenibile

Sia nei paesi del vicinato meridionale sia in quelli del partenariato orientale, il contesto economico si è mantenuto critico. La crescita economica è stata debole nella maggior parte dei paesi partner a seguito non solo della recessione nella zona euro e della debole crescita in Russia, ma anche della mancanza di progressi nelle riforme strutturali.

L'UE ha continuato a rafforzare il dialogo macroeconomico con tutti i suoi vicini orientali e meridionali, tranne la Libia e la Siria. Si tratta di un dialogo utile, che consente di mantenere uno scambio di opinioni aperto sugli sviluppi economici e finanziari interni, sia nei paesi partner sia nell'UE, sulle sfide a cui deve far fronte la regione del vicinato e sulla cooperazione tra l'UE e i suoi vicini. Si tratta inoltre di strumenti utili per riesaminare l'attuazione delle priorità di riforma economica fissate nell'agenda di associazione e nei piani d'azione della PEV.

Oltre ai dialoghi macroeconomici, la Commissione intavola dibattiti sulla politica economica con i partner che fruiscono dell'assistenza macrofinanziaria dell'UE (assistenza intesa ad aiutare i paesi partner a superare gli squilibri macroeconomici e a realizzare riforme strutturali orientate alla crescita). Nel 2013 l'UE ha preparato nuovi programmi per Giordania e Tunisia, che si sono aggiunti ai programmi esistenti per Georgia e Ucraina. Nel 2013 non sono stati erogati prestiti all'Ucraina nell'ambito dell'assistenza finanziaria, in quanto per questo paese non vi è alcun accordo con l'FMI in vigore. L'Armenia ha presentato una richiesta per un programma di assistenza macrofinanziaria nel febbraio 2013 e la Commissione sta attualmente valutando una proposta.

I ritardi nella ripresa economica, unitamente alla mancanza di riforme strutturali e di miglioramento del contesto imprenditoriale e degli investimenti, fanno sì che le sfide socioeconomiche da affrontare siano tutt'ora enormi. L'elevato tasso di disoccupazione continua a rappresentare una sfida particolarmente significativa nel vicinato meridionale, dove i redditi salariali hanno continuato a stagnare o si sono ridotti in termini reali. La povertà colpisce anche consistenti parti della popolazione nella maggior parte dei paesi partner PEV, in particolare nelle zone rurali. I bambini sono molto vulnerabili e risentono in modo particolare della situazione di povertà. L'UE ha continuato a sostenere misure volte a migliorare la protezione sociale, ridurre la povertà e creare posti di lavoro.

Da lungo tempo la cooperazione dell'UE con i partner PEV sottolinea l'importanza dello sviluppo del settore privato — in quanto chiave per una crescita economica inclusiva e per la creazione di posti di lavoro. Lo sviluppo di un settore privato dinamico, in particolare attraverso la promozione delle piccole e medie imprese, può facilitare una migliore governance e la democrazia. Un settore privato più solido incrementa inoltre il sostegno a favore delle riforme democratiche attraverso la creazione di una classe media.

La corruzione è stata individuata come uno dei principali ostacoli agli investimenti e all'attività delle imprese, sia nei paesi PEV orientali che meridionali. Scollegare il settore privato e i benefici economici dagli interessi particolari e dai mandati politici, migliorando al tempo stesso l'accesso alla giustizia, costituisce un fattore essenziale per consentire al dinamismo economico, agli investimenti e all'imprenditorialità di svilupparsi e, in conseguenza, di creare i posti di lavoro necessari.

Attraverso una serie di iniziative politiche e il suo sostegno finanziario, l'UE promuove uno sviluppo economico inclusivo – in particolare nel settore privato – e l'occupazione, attraverso lo sviluppo delle PMI e delle infrastrutture, nonché il sostegno alla formazione professionale e all'imprenditorialità.

Le zone di libero scambio globale e approfondito, che sono state o sono negoziate con una serie di partner PEV, possono non solo liberalizzare gli scambi, ma fungere anche da strumenti potenti per migliorare la trasparenza e il quadro normativo in generale. I piani d'azione PEV concordati con i partner comportano interventi significativi in settori inerenti la politica imprenditoriale nonché le norme e i regolamenti tecnici.

Nel vicinato meridionale, la cooperazione industriale euromediterranea fornisce da tempo un quadro di riferimento per lo sviluppo della politica imprenditoriale sulla base della Carta euromediterranea per le imprese, attualmente in fase di valutazione e revisione in modo da incorporare anche alcune componenti dello Small Business Act for Europe (SBA)[6]. Diversi paesi partner PEV hanno adottato documenti di riferimento ad esso ispirati, per stimolare l'imprenditorialità e condizioni commerciali favorevoli alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Nella regione del partenariato orientale la prima valutazione dello Small Business Act si è conclusa nel 2012. Le raccomandazioni fornite sono state considerate molto utili dai paesi partner, la maggioranza dei quali sta procedendo ora a metterle in pratica. Una seconda valutazione - per monitorare lo stato di avanzamento – sarà svolta nel primo semestre del 2014.

2.4. Rinsaldare le relazioni commerciali

L'UE continua a essere il più importante partner commerciale per quasi tutti i suoi partner PEV.

Sono stati finalizzati accordi di associazione, incluse zone di libero scambio globale e approfondito, con Moldova, Georgia e Armenia (l'Armenia ha successivamente aderito all'Unione doganale euroasiatica, scelta incompatibile con la firma di un AA/DCFTA con l'UE). L'Ucraina ha deciso di sospendere i preparativi per la firma dell'AA/DCFTA, adducendo timori circa il potenziale impatto di tale accordo sulla sua economia e sulle sue relazioni economiche con la Russia. Nel vicinato meridionale, il Marocco ha avviato negoziati su una zona di libero scambio globale e approfondito. I preparativi con la Tunisia sono progrediti, ma l'incertezza politica ha ritardato l'avvio dei negoziati. La Giordania ha proseguito nei preparativi, anch'essi in fase avanzata. Nel giugno 2013 ha avuto luogo una prima riunione con l'Egitto per un dialogo sulla zona di libero scambio globale e approfondito, ma a seguito dei disordini politici del periodo estivo e del cambiamento di governo, nel 2013 non sono stati compiuti altri progressi.

Il lavoro relativo agli accordi sulla valutazione della conformità e sull'accettazione dei prodotti industriali è proseguito con alcuni partner. L'accordo sulla valutazione della conformità e sull'accettazione dei prodotti industriali con Israele è entrato in vigore nel gennaio 2013. I lavori preparatori per accordi analoghi sono proseguiti con altri partner del Mediterraneo meridionale, registrando progressi a geometria variabile. Questi accordi rappresentano strumenti potenti per l'integrazione economica con l'UE. I paesi partner - insieme ai loro organismi competenti per la normalizzazione, l'accreditamento, la valutazione di conformità, la metrologia e la vigilanza del mercato - stanno adeguando la loro legislazione e le loro norme all'acquis dell'UE in settori industriali prioritari per i quali esiste una normativa UE. In settori specifici scelti dai partner stessi, questi ultimi possono commerciare con l'UE alle stesse condizioni previste per gli scambi reciproci tra gli Stati membri dell'Unione.

2.5. Migrazione e mobilità

Nel 2013 sono stati registrati sviluppi fondamentali nella cooperazione in materia di giustizia, libertà e sicurezza (GLS), segnatamente per quanto riguarda la mobilità e la migrazione. I piani d'azione per la liberalizzazione dei visti hanno continuato a essere utilizzati da Ucraina e Moldova come strumenti di riforma profonda e strutturale per il settore GLS inteso nel senso più ampio; entrambi i paesi hanno compiuto progressi sostanziali nell'attuazione dei loro piani d'azione. La proposta della Commissione di trasferire la Moldova nell'elenco positivo ai sensi del regolamento 539/2001 e di concedere ai cittadini moldovi titolari di passaporti biometrici l'esenzione dal visto per lo spazio Schengen è stata accolta dal Parlamento europeo e approvata dal Consiglio nel marzo 2014.

Tale sviluppo rappresenta un importante passo avanti in materia di contatti interpersonali, trasmettendo un impulso positivo anche ad altri paesi del partenariato orientale. Dopo aver presentato il suo piano d'azione per la liberalizzazione dei visti in febbraio, la Georgia ha compiuto notevoli progressi nell'attuazione dei parametri di riferimento per la prima fase. L'accordo di facilitazione per il rilascio dei visti tra l'Unione europea e l'Azerbaigian è stato firmato al vertice di Vilnius tenutosi in novembre, mentre in dicembre è stato firmato il partenariato per la mobilità tra l'Unione europea e l'Azerbaigian. L'accordo di riammissione tra l'UE e l'Azerbaigian è stato siglato nel luglio 2013. A seguito del vertice del partenariato orientale di Vilnius, sono stati avviati negoziati tra l'UE e la Bielorussia su un accordo di riammissione e su un accordo di facilitazione del visti.

Importanti progressi sono stati registrati nei paesi del vicinato meridionale. Nel giugno 2013 è stato firmato un partenariato per la mobilità tra l'UE e il Marocco, il primo di questo tipo con un partner PEV meridionale, mentre il 3 marzo 2014 ne è stato firmato uno con la Tunisia. La sfida è ora quella di passare all'attuazione dei progetti contenuti nei partenariati per la mobilità. Nel mese di dicembre sono stati inoltre aperti negoziati su un partenariato per la mobilità con la Giordania. Il tragico naufragio di una nave di migranti al largo delle coste di Lampedusa ha spinto la Commissione a presentare una serie di proposte[7], discusse al Consiglio europeo di dicembre[8], con l'intento di potenziare l'azione dell'UE per evitare ulteriori morti di migranti nel Mediterraneo.

Si segnalano buoni progressi con i paesi partner meridionali nel settore del coordinamento della sicurezza sociale in relazione alla mobilità dei lavoratori. Sono state completate le discussioni tecniche relative all'attuazione delle disposizioni previste dagli accordi di associazione con il Marocco e Israele. Sono necessari ulteriori scambi tecnici con l'Algeria e la Tunisia.

2.6. Sostegno finanziario

Il sostegno finanziario dell'UE è uno strumento importante per i paesi partner, che lo utilizzano per attuare gli obiettivi concordati e i programmi di riforma. Dal 2007 al 2013 l'importo dei finanziamenti ricevuti è stato molto più cospicuo di quanto inizialmente programmato. Nel complesso, i partner hanno ricevuto oltre 13 miliardi di EUR, che includevano un ulteriore sostegno pari a 2,6 miliardi di EUR, mobilizzato, tra l'altro, anche in seguito all'istituzione del partenariato orientale nel 2009, alla rivoluzione araba del 2011 e alla continua necessità di soddisfare i bisogni di Palestina e Siria.

Nel solo 2013 l'assistenza offerta ai partner PEV dallo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) ha raggiunto i 2,56 miliardi di EUR, il livello annuo più elevato all'interno dell'intero periodo di programmazione di sette anni. Parte di questo importo è rappresentata dal sostegno basato su incentivi supplementari (a titolo dei programmi SPRING e EaPIC) per i paesi più impegnati nei programmi di riforma e che stanno progredendo verso l'instaurazione di una democrazia radicata e sostenibile.

L'UE ha inoltre fornito una quantità notevole di risorse, soprattutto alle piccole e medie imprese, attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, in particolare la BEI e la BERS.

Nel 2013, l'UE ha concluso la revisione generale dei suoi strumenti finanziari nel contesto del nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, che includono lo strumento europeo di vicinato. Grazie a questo nuovo strumento, il sostegno ai nostri vicini diventa più rapido e flessibile, consentendo una maggiore differenziazione e maggiori incentivi. Nonostante la crisi finanziaria e i tagli al bilancio generale dell'UE, il livello di finanziamenti garantiti per lo strumento europeo di vicinato è pari a 15,4 miliardi di EUR, a conferma della priorità che l'UE attribuisce alla regione.

Lo strumento europeo di vicinato fornirà la parte più cospicua dei finanziamenti ai 16 partner della politica europea di vicinato. Esso prevede una maggiore coerenza tra le politiche e l'assistenza finanziaria e stabilisce meccanismi per l'applicazione dell'approccio basato sugli incentivi per promuovere i processi di riforma nei paesi partner; lo strumento fornirà un sostegno tramite programmi di cooperazione bilaterali, plurinazionali e transfrontalieri.

2.7. Cooperazione settoriale

La PEV offre ai partner una serie di opportunità molto concrete, attraverso politiche settoriali che coprono un ampio ventaglio di tematiche. Il dialogo politico settoriale e la cooperazione normativa, che si basano sulla convergenza con le norme e gli standard dell'UE, costituiscono elementi fondanti della PEV e rappresentano un'applicazione pratica della politica dell'UE nei paesi limitrofi. Si tratta di elementi a sostegno di riforme volte a garantire il buon governo delle istituzioni e l'accesso ai servizi sociali per tutti i cittadini, creando le giuste condizioni per una crescita economica inclusiva e la creazione di posti di lavoro.

La regione oggetto della PEV è stata al centro di un'intensa attività politica, che ha definito la strada da intraprendere nei settori dell'energia e dei trasporti. Il trattato che istituisce la Comunità dell'energia ha continuato ad essere il principale quadro di cooperazione con i partner orientali e il Consiglio ministeriale ha deciso di estenderlo fino al 2026, accogliendo favorevolmente la candidatura della Georgia per un'adesione piena. È stato concordato un elenco di grandi progetti nel campo delle infrastrutture energetiche. L'adozione della decisione finale d'investimento da parte del consorzio Shah Deniz II, nel dicembre 2013, ha costituito un passo fondamentale verso l'apertura del corridoio Sud per il trasporto di gas. Un accordo generale sui servizi aerei tra l'UE e Israele è stato firmato in giugno, mentre un accordo analogo tra l'UE e l'Ucraina è stato siglato in coincidenza con il vertice di Vilnius e sono in corso negoziati con Armenia e Tunisia.

Diversi partner hanno svolto lavori interministeriali incentrati sui cambiamenti climatici, compresa l'adozione da parte della Giordania di una politica integrata su questa materia. L'UE ha varato progetti di assistenza tecnica regionali ("Clima sud" e "Clima est"), a sostegno di tutte le iniziative dei partner volte a compiere la transizione verso uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e verso la resilienza ai cambiamenti climatici. Sarà necessaria ulteriore cooperazione sul piano politico per i negoziati relativi a un nuovo accordo internazionale sul cambiamento climatico, che si prevede verrà concluso a Parigi nel 2015.

Tutti i paesi partner partecipano attivamente ai progetti regionali PEV in materia di ambiente, il cui scopo è ottenere progressi concreti verso uno sviluppo economico più efficiente sotto il profilo delle risorse, nonché verso altri obiettivi strategici per il settore. Il terzo vertice del partenariato orientale tenutosi a Vilnius ha riconosciuto il carattere prioritario del settore ambientale, concordando sulla necessità di procedere nel ravvicinamento normativo e nella convergenza delle politiche. Cinque paesi PEV hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione con l'Agenzia europea dell'ambiente: una riunione a livello ministeriale dell'Unione per il Mediterraneo è prevista per maggio 2014 e sarà dedicata all'ambiente e ai cambiamenti climatici.

Si sono fatti ulteriori progressi per istituire con i partner PEV uno spazio comune di conoscenza e innovazione, istituendo collegamenti tra l'UE e i partner grazie al dialogo politico, allo sviluppo delle capacità nazionali e regionali, alla cooperazione in materia di ricerca e innovazione e a una maggiore mobilità per i ricercatori. All'interno del partenariato orientale è stato creato un nuovo gruppo specializzato in ricerca e innovazione, mentre la cooperazione nel vicinato meridionale è continuata nel quadro del comitato di sorveglianza per la cooperazione euromediterranea in materia di ricerca e sviluppo tecnologico, nell'ambito dell'Unione per il Mediterraneo. Armenia, Israele e Moldova hanno formalmente chiesto di essere associati al programma Orizzonte 2020 dell'UE per la ricerca e l'innovazione, in modo da sfruttare pienamente le opportunità offerte dal più importante programma dell'UE sulla ricerca ad oggi. I negoziati con Israele per l'adesione al programma si sono conclusi nel dicembre 2013, mentre le consultazioni ufficiali con la Moldova sono state avviate nel gennaio 2014.

L'istruzione, la gioventù e la cultura hanno continuato ad essere presenti nella cooperazione tra l'UE e i partner PEV, con lo scambio di 3 175 studenti e docenti universitari nel quadro di Erasmus Mundus. Grazie a un'apposita componente del programma rivolta in particolare agli studenti provenienti dai paesi partner del Mediterraneo meridionale, nel 2013 il numero di studenti di questa provenienza che ha ricevuto una borsa di studio per ottenere un diploma di laurea nell'UE è stato il più elevato mai registrato. Nel corso dei dialoghi del partenariato orientale tenutisi a Erevan, la sessione alla quale hanno partecipato i ministri dell'istruzione ha messo in evidenza i risultati conseguiti nei precedenti programmi di cooperazione accademica e ha approvato gli obiettivi del nuovo programma Erasmus+. Più di 9 600 giovani e animatori socioeducativi provenienti dai paesi vicini, oltre a 710 volontari, hanno potuto beneficiare del programma Gioventù in azione. La prima conferenza ministeriale del partenariato orientale dedicata alla cultura ne ha ribadito il ruolo nello sviluppo umano e in quello socioeconomico.

Il programma europeo di vicinato per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (ENPARD), che è parte dell'impegno dell'UE per la crescita e la stabilità nel vicinato, riconosce l'importanza dell'agricoltura per la sicurezza alimentare, lo sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro nelle zone rurali. Il programma ENPARD comporta un metodo partecipativo di elaborazione delle politiche e ben si concilia con le più ampie sfide che devono affrontare i paesi PEV, ma necessiterà di un sostegno politico vigoroso se lo si vuole applicare nella pratica. L'attuazione del programma ENPARD inizierà in Marocco, Algeria e Tunisia nel 2014. La prima riunione del panel per l'agricoltura e lo sviluppo rurale nel quadro dei dialoghi a titolo del partenariato orientale si è svolta nel maggio 2013, la seconda nel gennaio 2014. La riunione ministeriale del partenariato orientale dedicata all'agricoltura e allo sviluppo, con un'attenzione particolare rivolta all'attuazione del programma ENPARD, si è svolta a Chisinau nel gennaio 2014.

La cooperazione nel settore della sanità con i partner del vicinato meridionale è stata rafforzata attraverso, tra l'altro, il lancio di un programma di formazione per gli interventi in materia di epidemiologia destinato ai vicini meridionali, mentre i vicini orientali sono stati coinvolti nelle riunioni, organizzate dall'UE, del gruppo di riflessione sull'HIV/Aids e del forum della società civile sull'HIV/Aids.

L'UE ha proseguito la propria cooperazione costruttiva nel settore della politica marittima integrata con i partner PEV del Mediterraneo e ha avviato un dialogo esteso con i partner orientali degli Stati costieri del Mar Nero.

Nel corso del 2013, l'UE ha adottato una nuova generazione di programmi nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020; molti di questi sono aperti ai partner PEV. Sulla base del rafforzato quadro PEV, l'UE continua a incoraggiare attivamente i partner a partecipare ai suoi programmi e alle sue agenzie.

2.8. Riforme del settore della sicurezza e risoluzione dei conflitti

L'UE sta sostenendo la riforma delle istituzioni di sicurezza di alcuni ex regimi autoritari per trasformarle in settori più trasparenti, responsabili e sottoposti a controllo democratico.

In diversi paesi - sia nel settore orientale (EUBAM Moldova, EUMM Georgia) sia in quello meridionale (EUBAM Libya e EUBAM Rafah, EUPOL COPPS in Palestina) - l'Unione europea è già impegnata nella gestione delle frontiere, nel monitoraggio o in missioni di consulenza/sostegno. Queste missioni, in maggioranza condotte nel quadro della PSDC, sono state integrate da programmi a lungo termine volti a rafforzare le capacità e a preparare il terreno per le riforme istituzionali. La cooperazione con una serie di paesi del vicinato meridionale è già in corso. In Tunisia, esperti europei hanno condotto un riesame inter pares delle forze di polizia, che potrà servire da base per la definizione di orientamenti strategici nazionali. L'UE sostiene inoltre lo sviluppo di capacità nazionali nel campo della sicurezza e della stabilizzazione in Libano.

Nel vicinato orientale, i paesi partner sono incoraggiati a riformare il settore della sicurezza e dell'attività di contrasto (comprese le forze di polizia) e a stabilire un controllo democratico sulle forze armate e di sicurezza[9]. Per la Moldova, la riforma del settore della sicurezza e dell'attività di contrasto è stata avviata nel 2013, mentre a partire dal 2014 il sostegno dell'UE si concentrerà sul settore delle forze di polizia e della gestione delle frontiere, nel quadro dello strumento europeo di vicinato. Sull'onda dell'esperienza del programma di cooperazione tra le forze di polizia del partenariato orientale, nell'ambito della "pista multilaterale" del partenariato orientale è stato istituito nel 2013 un nuovo panel sulla cooperazione all'interno della PSDC. Il panel si concentrerà su tematiche inerenti alla PSDC, per aiutare i partner orientali a migliorare le loro capacità e il loro contributo alle missioni e alle operazioni ad essa pertinenti, nonché a condividere le informazioni tra paesi del partenariato orientale, Stati membri e istituzioni dell'UE.

L'UE ha continuato inoltre a svolgere il ruolo di partner attivo nei consessi internazionali per la risoluzione dei conflitti, ad esempio le discussioni internazionali di Ginevra o i colloqui 5+2, continuando ad accordare pieno sostegno al gruppo di Minsk condotto dell'OSCE. Il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia ha facilitato il dialogo tra le parti.

Per quanto riguarda il processo di pace in Medio Oriente, l'UE ha continuato ad essere pienamente favorevole alle negoziazioni dirette, mediate dagli Stati Uniti, ancora in corso tra israeliani e palestinesi e ha espresso a più riprese la propria disponibilità a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per sostenere le parti nel loro tentativo di trovare un accordo globale su tutte le questioni relative allo status definitivo. Nelle conclusioni del Consiglio del dicembre 2013, i ministri degli esteri dell'UE hanno convenuto di fornire un pacchetto di misure di sostegno politiche ed economiche senza precedenti e destinate a entrambe le parti, nell'ambito di un accordo sullo status definitivo. L'UE ha continuato a sostenere il potenziamento delle istituzioni e della governance palestinesi, lo sviluppo del settore privato e gli aiuti umanitari. L'UE ha inoltre mantenuto la capacità della missione EUBAM Rafah, che sarà riassegnata al valico di Rafah non appena le condizioni politiche e di sicurezza lo consentiranno.

3. La dimensione orientale e la dimensione meridionale della PEV

3.1. Partenariato orientale

La cooperazione tra l'UE e i partner dell'Europa orientale - Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina - si è intensificata nel 2013. Diversi paesi partner hanno compiuto importanti passi verso una sempre maggiore associazione politica e integrazione economica con l'UE. Il terzo vertice sul partenariato orientale svoltosi il 28-29 novembre 2013 a Vilnius, in Lituania, ha rappresentato una tappa fondamentale del processo, consentendo di fare il punto sui progressi compiuti a seguito del secondo vertice (tenutosi a Varsavia) e di tracciare il cammino per i prossimi due anni. La prossima fase del partenariato orientale sarà caratterizzata da una maggiore differenziazione nelle relazioni bilaterali, ma sarà comunque necessario sviluppare ulteriormente un'agenda comune che sia di interesse per tutti e sei i paesi partner. Guardando al futuro, la pista multilaterale del partenariato orientale continuerà a rafforzare scopi e obiettivi già presenti in quella bilaterale, incoraggiando il dialogo e la cooperazione su una serie di questioni definite nei programmi di lavoro delle quattro piattaforme tematiche del partenariato. I contatti ministeriali multilaterali svolgono un ruolo essenziale a questo proposito e una priorità da tenere in conto sarà la continuazione dei dialoghi informali del partenariato orientale. Queste riunioni hanno fornito un'eccellente opportunità per avviare regolari scambi informali tra i ministri degli esteri, sia sull'agenda del partenariato orientale sia sulle questioni di politica estera di interesse comune, contribuendo così a una maggiore convergenza ed efficacia nei settori della politica estera e della sicurezza. Analogamente, si dovrebbero sollecitare riunioni ministeriali specifiche, per settore, sul modello della riunione ministeriale nell'ambito della giustizia e dei trasporti tenutasi nel 2013.

Nella comunicazione sulla PEV del maggio 2011[10], l'alto rappresentante e la Commissione hanno segnalato che i valori su cui si fonda l'Unione europea - cioè libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e stato di diritto - sono anche al centro del processo di associazione politica e di integrazione economica. Si tratta dei valori sanciti dall'articolo 2 del trattato sull'Unione europea, su cui si basano anche gli articoli 8 e 49 del trattato.

Le priorità per ulteriori riflessioni nei prossimi anni compaiono nel 2013 Eastern Partnership Implementation Report, allegato alla presente comunicazione.

3.2. Partenariato del Mediterraneo meridionale per la democrazia e la prosperità condivisa

Reagendo agli eventi di portata storica avvenuti nel mondo arabo nel 2011, l'UE ha offerto ai suoi partner del Mediterraneo un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa[11]. La tabella di marcia adottata nel 2012 definiva obiettivi da perseguire nel quadro del partenariato. La sua attuazione nel 2013, tuttavia, è stata fortemente influenzata dai continui e cruciali avvenimenti politici in atto nel Mediterraneo meridionale.

In termini politici, il 2013 è stato dominato da situazioni sempre più complesse ed eterogenee che hanno interessato i paesi del vicinato meridionale, la cui integrazione regionale è stata ulteriormente ostacolata. Il conflitto in corso in Siria ha continuato a incidere su tutta la regione, con ricadute che hanno influenzato la stabilità politica di alcuni paesi vicini. La regione ha dovuto far fronte a un esodo massiccio di rifugiati: 2,5 milioni di profughi hanno abbandonato la Siria per i paesi vicini.

La polarizzazione politica e religiosa segna molti paesi del Mediterraneo tra cui l'Egitto, dove gli eventi di luglio hanno portato all'esautorazione del presidente Morsi. Sebbene siano stati registrati continui progressi nella capacità di creare e rafforzare le basi istituzionali per la democrazia, in alcuni paesi il processo è stato osteggiato da conflitti politici interni. L'UE, nonostante ciò, ha continuato ad impegnarsi con i paesi del Mediterraneo meridionale, addirittura rafforzando la cooperazione e l'assistenza a loro destinata grazie ai meccanismi disponibili nell'ambito dei dialoghi politici bilaterali e dei programmi di assistenza.

Le priorità per ulteriori riflessioni da svolgere nei prossimi anni compaiono nel 2013 Partnership for democracy and shared prosperity Implementation Report, allegato alla presente comunicazione.

4. Il ruolo dell'UE in ambito diplomatico e come garante della sicurezza

La promozione della stabilità, della sicurezza e dello sviluppo sostenibile ha dato luogo alla creazione della PEV e rimane un obiettivo fondamentale per l'Unione europea. La sicurezza, nel senso più ampio possibile, richiede un sistema di governo trasparente e responsabile, il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali, nonché prospettive economiche e occupazionali.

In materia di sicurezza, l'UE e i suoi partner del vicinato devono affrontare non solo sfide ormai consolidate ma anche sfide emergenti in un contesto geostrategico complesso e in rapido mutamento. Tra i gravi problemi di sicurezza figurano anche il terrorismo e la criminalità organizzata, compreso il traffico di esseri umani, droga e armi da fuoco. L'instabilità della situazione per quanto riguarda la sicurezza, insieme a una serie di «conflitti congelati» che impediscono all'UE e ai suoi partner di beneficiare appieno degli effetti positivi della cooperazione nel quadro della PEV, sono una chiara indicazione della necessità di rafforzare il contributo dell'UE alla sicurezza dei paesi del vicinato, garantendo in tal modo anche la propria. Si tratta di un settore di interesse comune per l'UE e per un certo numero dei suoi partner, anche quelli che hanno finora mostrato scarsa volontà, o scarsa capacità, di impegnarsi pienamente al fianco dell'Unione nel quadro della nuova politica europea di vicinato. Tuttavia, la necessità di cooperare più strettamente per affrontare le sfide in materia di sicurezza regionale è assolutamente evidente. L'UE e, attraverso iniziative bilaterali, i suoi Stati membri hanno un ruolo importante da svolgere in base all'approccio globale dell'UE alle crisi esterne e ai conflitti, volto alla prevenzione e alla gestione dei conflitti e delle loro cause.

La gestione comune delle crisi può essere ulteriormente rafforzata incoraggiando e agevolando la partecipazione dei partner alle missioni a titolo della PSDC. Occorre proseguire l'attuazione degli accordi quadro sulla partecipazione alle missioni PSDC che l'UE ha concluso con Ucraina, Moldova e Georgia. Il dibattito su eventuali accordi quadro e sull'eventuale partecipazione alle missioni PSDC dovrebbe continuare, in particolare con la Giordania e il Marocco.

Perché il ruolo della PEV continui ad essere pertinente per suoi partner anche in un contesto di costanti e molteplici crisi politiche, economiche e di sicurezza, l'UE – proprio attraverso questa politica – deve cogliere ogni opportunità per svolgere un'azione fondata sulla diplomazia, la mediazione e la prevenzione dei conflitti. Tale azione dovrebbe promuovere inoltre capacità di sicurezza tradizionali, ad esempio nel settore della formazione e delle consulenze militari, delle forze di polizia, della giustizia e della cooperazione nella gestione delle frontiere; dovrebbe inoltre, ove possibile, essere di sostegno ai partner nell'esecuzione dei loro obblighi internazionali in merito a sfide più ampie in materia di sicurezza ai sensi dei pertinenti trattati. Nello specifico, l'UE deve promuovere con più intensità le riforme indirizzate a rendere il settore della sicurezza più trasparente, più responsabile e sottoposto a un maggior controllo democratico, così da creare un ambiente favorevole alla democrazia e alla crescita inclusiva, sia nel settore orientale sia in quello meridionale.

L'efficienza e la sostenibilità del sostegno dell'UE richiedono una maggiore coerenza tra gli obiettivi politici generali e gli obiettivi strategici bilaterali, anche nel settore della PSDC e della cooperazione con i paesi partner. Il suo approccio globale alle crisi e ai conflitti esterni[12] consentirà all'UE di adeguare la risposta alle esigenze specifiche dei partner PEV in situazioni di crisi e post-crisi, facendo ricorso a tutti gli strumenti politici e finanziari esistenti. Un uso più coerente e coordinato degli strumenti a sua disposizione, comprese le attività bilaterali degli Stati membri con i partner del vicinato, migliorerà la capacità dell'UE di affrontare le sfide a breve e a lungo termine nonché di rispondere alle esigenze della regione.

5. Conclusioni

La PEV è una politica che necessita di impegno continuo. Il suo valore non risiede soltanto nei risultati ottenuti a titolo delle sue singole componenti (ad esempio: riforme politiche/democratizzazione, integrazione del mercato, maggiori mobilità e contatti interpersonali, cooperazione settoriale), ma anche nella capacità – anche in situazioni di crisi – che la PEV possiede di ancorare all'UE dei paesi o delle società in fase di transizione, proponendo una serie di valori e di norme in grado di orientare i loro sforzi di riforma e, in senso più generale, creando reti che uniscano tali paesi all'UE e addirittura ad altri partner. La PEV è il quadro all'interno del quale è necessario che operino - per salvaguardare la democrazia, la libertà, la prosperità e la sicurezza - sia l'UE sia i suoi partner. Se da un lato questo può rendere necessario un controllo continuo dell'adeguatezza e dell'idoneità della politica e dei suoi strumenti, vi sono ragioni impellenti che lo rendono necessariamente il quadro all'interno del quale dovranno operare le relazioni dell'UE con i suoi vicini per gli anni a venire.

Al tempo stesso, l'UE deve ancora compiere sforzi per garantire maggiore coerenza tra i suoi obiettivi strategici e dovrà ulteriormente riflettere in merito al modo migliore di prevenire le crisi e di rispondere a situazioni in rapida evoluzione, ad esempio adeguando le sue procedure decisionali e, se del caso, utilizzando strumenti politici supplementari. Le istituzioni dell'UE e gli Stati membri devono concentrarsi in particolare su come consentire all'Unione di reagire meglio e più rapidamente agli sviluppi nel vicinato e di rispondere alle mutevoli esigenze dei partner.

L'obiettivo dell'UE continua ad essere quello di assicurare che la PEV rimanga uno strumento pertinente ed efficace per tutti i partner, inclusi quelli che devono far fronte a pressioni e conflitti. La PEV deve contribuire efficacemente alla prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti, fornendo ai suoi partner i giusti incentivi per orientarsi verso riforme democratiche, economiche e strutturali.

[1]               La comunicazione è corredata di: dodici relazioni che valutano l'attuazione della PEV nel 2013 nei paesi con cui sono stati concordati un piano d'azione o un documento equivalente; due relazioni regionali che rendono conto dei progressi riscontrati nel 2013 nell'attuazione del partenariato orientale e del partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa; un allegato statistico.

[2]               Il vicinato europeo comprende Algeria, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Palestina (tale denominazione, utilizzata nel presente documento, non comporta un riconoscimento della Palestina come Stato e non pregiudica le posizioni sul riconoscimento della Palestina come Stato), Repubblica di Moldova (in appresso Moldova), Siria, Tunisia e Ucraina.

[3]               SEC(2014) 200.

[4]               Conclusioni del Consiglio sull'Ucraina, riunione del Consiglio «Affari esteri», Bruxelles, 10 febbraio 2014.

[5]               JOIN(2013) 22/2, Towards a comprehensive EU approach to the Syrian crisis.

[6]               COM(2008) 394 definitivo "Pensare anzitutto in piccolo" (Think Small First) Uno "Small Business Act" per l'Europa

[7]               COM(2013) 869 final sull'attività della Task Force "Mediterraneo".

[8]               Conclusioni del Consiglio europeo del 19/20 dicembre 2013, EUCO 217/13.

[9]           Cfr. EaP roadmap 2012-2013, SWD(2012) 109 final.

[10]             COM(2011) 303 del 25.5.2011, Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento.

[11]             COM(2011) 200, 8.03.2011 un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa.

[12]             JOIN(2013) 30 final, The EU's comprehensive approach to external conflict and crises.

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