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Document 62019CJ0152

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 marzo 2021.
Deutsche Telekom AG contro Commissione europea.
Impugnazione – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga – Obbligo regolamentare di accesso alla rete locale per gli operatori aventi un rilevante potere – Condizioni fissate dall’operatore storico per l’accesso disaggregato di altri operatori alla rete locale – Indispensabilità dell’accesso – Imputabilità del comportamento della controllata alla società madre – Diritti della difesa.
Causa C-152/19 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:238

 SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 marzo 2021 ( *1 )

«Impugnazione – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga – Obbligo regolamentare di accesso alla rete locale per gli operatori aventi un rilevante potere – Condizioni fissate dall’operatore storico per l’accesso disaggregato di altri operatori alla rete locale – Indispensabilità dell’accesso – Imputabilità del comportamento della controllata alla società madre – Diritti della difesa»

Nella causa C‑152/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 febbraio 2019,

Deutsche Telekom AG, con sede a Bonn (Germania), rappresentata da D. Schroeder e K. Apel, Rechtsanwälte,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da M. Kellerbauer, M. Farley, L. Malferrari, C. Vollrath e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Slovanet a.s., con sede a Bratislava (Slovacchia), rappresentata da P. Tisaj, advokát,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Wahl, F. Biltgen e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 giugno 2020,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Deutsche Telekom AG chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2018:930), con la quale esso ha respinto in parte il suo ricorso diretto, in via principale, all’annullamento, in tutto o in parte, nei limiti in cui la riguarda, della decisione C(2014) 7465 final della Commissione, del 15 ottobre 2014, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso AT.39523 – Slovak Telekom), come rettificata dalla decisione C(2014) 10119 final della Commissione, del 16 dicembre 2014, e dalla decisione C(2015) 2484 final della Commissione, del 17 aprile 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), e, in subordine, all’annullamento o alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte alla ricorrente da tale decisione.

Contesto normativo

Regolamento (CE) n. 2887/2000

2

I considerando 3, 6 e 7 del regolamento (CE) n. 2887/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, relativo all’accesso disaggregato alla rete locale (GU 2000, L 336, pag. 4), così recitavano:

«(3)

Per “rete locale” si intende il circuito fisico a coppia elicoidale metallica della rete telefonica pubblica fissa, che collega il punto terminale della rete presso l’abbonato al ripartitore principale, o ad altro dispositivo equivalente. Come segnalato nella Quinta relazione della Commissione [europea] sull’attuazione del pacchetto di regolamentazione per le telecomunicazioni, la rete di accesso locale resta uno dei segmenti meno concorrenziali del mercato delle telecomunicazioni liberalizzato. I nuovi operatori che entrano sul mercato non dispongono di estese infrastrutture di rete alternative e non sono in grado, utilizzando le tecnologie di tipo convenzionale, di emulare le economie di scala e la copertura di quegli operatori che hanno un rilevante potere di mercato nella rete telefonica pubblica fissa. Ciò dipende dal fatto che tali operatori hanno posato le proprie infrastrutture metalliche di accesso locale in un considerevole lasso di tempo protetti da diritti esclusivi e hanno potuto finanziare i costi di investimento grazie a rendite di monopolio.

(...)

(6)

Non sarebbe economicamente conveniente per i nuovi operatori che entrano sul mercato duplicare integralmente ed entro tempi accettabili l’infrastruttura metallica di accesso locale dell’operatore esistente. Le infrastrutture alternative come la televisione via cavo, il satellite, le reti di accesso via etere in genere non offrono attualmente la medesima funzionalità e capillarità, sebbene la situazione possa variare da uno Stato membro all’altro.

(7)

L’accesso disaggregato alla rete locale consente ai nuovi operatori di entrare in concorrenza con gli operatori notificati offrendo servizi di trasmissione dati ad alta velocità per un accesso permanente a Internet e per applicazioni multimediali in base alla tecnologia di linea digitale di abbonato (DSL), nonché servizi di telefonia vocale. Una richiesta di accesso disaggregato ragionevole presuppone che l’accesso sia necessario per la fornitura dei servizi del beneficiario e che un rifiuto ostacoli, riduca o distorca la concorrenza nel settore».

3

L’articolo 1 del regolamento succitato, intitolato «Scopo e ambito di applicazione», così disponeva:

«1.   Il presente regolamento mira ad intensificare la concorrenza e a stimolare l’innovazione tecnologica nel mercato dell’accesso locale, stabilendo condizioni armonizzate per l’accesso disaggregato alla rete locale, al fine di promuovere la fornitura concorrenziale di un’ampia gamma di servizi di comunicazioni elettroniche.

2.   Il presente regolamento disciplina l’accesso disaggregato alla rete locale e alle risorse connesse degli operatori notificati di cui all’articolo 2, lettera a).

(...)».

4

L’articolo 2 del regolamento in parola conteneva le seguenti definizioni:

«(...)

a)

“operatore notificato”, un operatore della rete telefonica pubblica fissa che è stato notificato dalla propria autorità nazionale di regolamentazione come avente un rilevante potere di mercato nell’ambito della fornitura di reti telefoniche pubbliche fisse (...)

(...)

c)

“rete locale”, il circuito fisico a coppia elicoidale metallica che collega il punto terminale della rete nella sede dell’abbonato al ripartitore principale, o ad altro dispositivo locale equivalente della rete telefonica pubblica fissa;

(...)».

5

L’articolo 3 del medesimo regolamento era del seguente tenore:

«1.   Gli operatori notificati pubblicano, a partire dal 31 dicembre 2000, e tengono aggiornata un’offerta di riferimento relativa all’accesso disaggregato alle rispettive reti locali e alle risorse connesse, comprendente almeno gli elementi riportati nell’allegato. L’offerta deve essere sufficientemente disaggregata affinché il beneficiario non debba pagare per elementi o opzioni della rete che non sono necessari alla fornitura dei suoi servizi e contenere una descrizione degli elementi dell’offerta e delle condizioni e modalità ad essa apparenti, compresi i prezzi.

2.   Gli operatori notificati accolgono a partire dal 31 dicembre 2000, a condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie, le richieste ragionevoli di accesso disaggregato alle loro reti locali e alle risorse connesse presentate dai beneficiari. Le richieste possono essere respinte soltanto in base a criteri obiettivi riguardanti la fattibilità tecnica o la necessità di preservare l’integrità della rete. (...) Gli operatori notificati forniscono ai beneficiari risorse equivalenti a quelle che forniscono ai servizi propri o alle loro società consociate, alle medesime condizioni e negli stessi termini.

(...)».

6

In forza degli articoli 4 e 6 della direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU 2009, L 337, pag. 37), il regolamento n. 2887/2000 è stato abrogato a decorrere dal 19 dicembre 2009.

Direttiva 2002/21/CE

7

L’articolo 8 della 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2009/140, prevede quanto segue:

«(...)

2.   Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l’altro:

(...)

b)

garantendo che non vi siano distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche per la trasmissione di contenuti;

(...)

5.   Nel perseguire le finalità programmatiche di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 le autorità nazionali di regolamentazione applicano principi regolamentari obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, tra l’altro:

(...)

f)

imponendo obblighi regolamentari ex ante unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile, e attenuandoli o revocandoli non appena sia soddisfatta tale condizione».

Fatti

8

I fatti sono stati esposti ai punti da 1 a 53 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

9

La ricorrente è l’operatore storico delle telecomunicazioni in Germania e la società a capo del gruppo Deutsche Telekom. Nel periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010, la ricorrente deteneva una partecipazione del 51% nel capitale della Slovak Telekom a.s. (in prosieguo: la «ST»), operatore storico delle telecomunicazioni in Slovacchia.

10

La ST, che fino al 2000 beneficiava di un monopolio legale nel mercato slovacco delle telecomunicazioni, è il più grande operatore di telecomunicazioni e fornitore di servizi di accesso a banda larga in Slovacchia. Le reti in rame e di comunicazione mobile della ST coprono la quasi totalità del territorio slovacco.

11

Al termine di un’analisi di mercato, l’autorità di regolamentazione nazionale slovacca per le telecomunicazioni (in prosieguo: il «TUSR») ha designato, nel 2005, la ST quale operatore avente un rilevante potere sul mercato all’ingrosso per l’accesso disaggregato alla rete locale, ai sensi del regolamento n. 2887/2000.

12

Di conseguenza, il TUSR ha imposto alla ST, in particolare, di accogliere tutte le richieste di disaggregazione della sua rete locale considerate ragionevoli e giustificate, al fine di consentire a operatori alternativi di utilizzare tale rete per offrire i propri servizi nel mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico) dei servizi di accesso a Internet a banda larga da postazione fissa in Slovacchia. Per poter adempiere tale obbligo, la ST ha pubblicato la sua offerta di riferimento per la disaggregazione che definiva le condizioni contrattuali e tecniche di accesso alla sua rete locale.

13

In seguito a un’indagine d’ufficio vertente, in particolare, sulle condizioni di accesso disaggregato alla rete locale della ST, a una comunicazione degli addebiti inviata alla ST e alla ricorrente, rispettivamente, il 7 e l’8 maggio 2012, a una proposta di impegni e a diversi scambi di corrispondenza e riunioni, la Commissione ha adottato la decisione controversa il 15 ottobre 2014.

14

In tale decisione, la Commissione ha ritenuto che l’impresa costituita dalla ST e dalla ricorrente avesse commesso un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), per quanto riguarda i servizi di accesso a Internet a banda larga in Slovacchia nel periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010.

15

In particolare, essa ha rilevato che il sistema della rete locale della ST, che poteva essere utilizzato per fornire servizi di accesso a Internet a banda larga dopo la disaggregazione delle linee interessate di tale operatore, copriva il 75,7% di tutte le famiglie slovacche nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Tuttavia, nel corso di questo stesso periodo, solo pochissime reti locali della ST sono state oggetto di accesso disaggregato, a decorrere dal 18 dicembre 2009, e sono state utilizzate solo da un unico operatore alternativo per la prestazione di servizi al dettaglio ad altissima velocità a favore di imprese.

16

Ad avviso della Commissione, l’infrazione commessa dall’impresa formata dalla ricorrente e dalla ST è consistita, in primo luogo, nell’occultamento agli operatori alternativi delle informazioni relative al sistema necessarie per la disaggregazione delle reti locali; in secondo luogo, nella riduzione della portata degli obblighi della ST relativi alla disaggregazione delle reti locali; in terzo luogo, nella fissazione di modalità e condizioni inique nell’offerta di riferimento della ST in materia di disaggregazione per quanto riguarda la co-ubicazione, la qualificazione, le previsioni, le riparazioni e le garanzie bancarie, e, in quarto luogo, nell’applicazione di tariffe inique tali da non consentire a un operatore tanto efficiente quanto la ST avvalentesi dell’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate di quest’ultima di replicare i servizi al dettaglio proposti dalla medesima senza subire perdite.

17

Con la decisione controversa, la Commissione ha inflitto, per tale infrazione, da un lato, un’ammenda di EUR 38838000 alla ricorrente e alla ST in solido e, dall’altro, un’ammenda di EUR 31070000 alla ricorrente.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

18

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 dicembre 2014, la ricorrente ha presentato un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento, in tutto o in parte, della decisione controversa e, in subordine, alla revoca o alla riduzione dell’importo delle ammende inflittele.

19

A sostegno del ricorso, la ricorrente ha dedotto cinque motivi vertenti: il primo, su errori di fatto e di diritto nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE per quanto riguarda il comportamento abusivo della ST e sulla violazione dei diritti della difesa; il secondo, su errori di fatto e di diritto relativi alla durata del comportamento abusivo della ST; il terzo, su errori di fatto e di diritto nell’imputazione alla ricorrente del comportamento abusivo della ST, in quanto la Commissione non avrebbe provato l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulla ST; il quarto, sul travisamento della nozione di «impresa», ai sensi del diritto dell’Unione, e sulla violazione del principio di individualizzazione delle pene, nonché su un difetto di motivazione, e, il quinto, su errori nel calcolo dell’importo dell’ammenda al cui pagamento sono state dichiarate responsabili in solido la ST e la ricorrente.

20

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tutti i motivi di ricorso dedotti dalla ricorrente, ad eccezione, da un lato, del secondo motivo, che esso ha accolto in parte con la motivazione che la Commissione non aveva fornito la prova che la pratica della ST che determinava una compressione dei margini avesse avuto luogo tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005, e, dall’altro, del quarto motivo, che esso ha accolto nella misura in cui la Commissione, nella decisione impugnata, aveva travisato la nozione di «impresa», ai sensi del diritto dell’Unione, avendo condannato la ricorrente al pagamento di un’ammenda il cui importo è stato calcolato sulla base del fattore di moltiplicazione di 1,2, applicabile a fini dissuasivi. Il Tribunale ha, pertanto, annullato in parte la decisione impugnata e ha fissato in EUR 38061963 l’importo dell’ammenda al cui pagamento sono state dichiarate responsabili in solido la ST e la ricorrente e in EUR 19030981 l’importo dell’ammenda al cui pagamento è stata dichiarata responsabile solo la ricorrente. Esso ha respinto il ricorso quanto al resto.

21

In particolare, con la prima parte del primo motivo di ricorso, la ricorrente addebitava alla Commissione di aver erroneamente omesso di esaminare, ai fini dell’accertamento di un abuso di posizione dominante in capo alla ST per via delle condizioni di accesso alla sua rete che essa offriva agli operatori alternativi, la condizione relativa all’indispensabilità di un simile accesso per l’esercizio dell’attività di tali operatori, di cui al punto 41 della sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97; in prosieguo: la sentenza Bronner, EU:C:1998:569). Il Tribunale ha respinto questa parte del primo motivo di ricorso ai punti da 92 a 116 della sentenza impugnata, ritenendo, in sostanza, che la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni applicabile nel caso di specie costituisse un elemento pertinente per l’applicazione dell’articolo 102 TFUE e che detta normativa riconoscesse la necessità di un accesso alla rete locale della ST al fine di consentire il sorgere e lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga, cosicché la Commissione non era più tenuta a dimostrare l’indispensabilità di un simile accesso.

22

Con la seconda parte del primo motivo di ricorso, la ricorrente sosteneva che il suo diritto di essere ascoltata era stato violato, argomentando, da un lato, di aver potuto prendere conoscenza di una serie di informazioni che erano state prese in considerazione per il calcolo della compressione dei margini solo alla riunione del 29 settembre 2014 e, dall’altro, di aver beneficiato soltanto di un termine assai breve per esprimere il proprio punto di vista su tali informazioni. Il Tribunale ha respinto questa seconda parte del motivo ai punti da 123 a 145 della sentenza impugnata, ritenendo, in sostanza, che le informazioni in questione non avessero modificato la natura degli addebiti mossi alla ST e alla ricorrente nella decisione controversa e non riguardassero fatti che esse non avevano avuto la possibilità di contestare.

23

Il terzo motivo di ricorso della ricorrente verteva in particolare su errori di fatto e di diritto in cui era incorsa la Commissione nell’imputarle il comportamento della ST, basandosi sul fatto che essa aveva avuto la possibilità di esercitare un’influenza determinante su tale società, presumendo che essa avesse effettivamente esercitato una simile influenza su detta società e non dimostrando che essa avesse esercitato un’influenza determinante sulla stessa società. Il Tribunale ha respinto tali censure ai punti da 227 a 473 della sentenza impugnata con la motivazione, in particolare, che l’esercizio effettivo di un’influenza determinante della società madre sul comportamento della controllata può dedursi da un complesso di elementi concordanti e che ciò si verificava nella decisione controversa, atteso che la Commissione aveva in particolare messo in rilievo la presenza, in seno al consiglio di amministrazione della ST, di alti dirigenti della ricorrente, la messa a disposizione di collaboratori della ricorrente a vantaggio della ST e la regolare trasmissione di relazioni da parte della ST alla ricorrente relativamente alla politica commerciale della sua controllata. Il Tribunale ha ritenuto che l’esame dei vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti tra la ricorrente e la ST consentisse di accertare che la strategia generale di quest’ultima sul mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga era definita dalla ricorrente.

Conclusioni delle parti

24

Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede alla Corte:

di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui respinge il ricorso in primo grado;

di annullare, in tutto o in parte, nei limiti in cui la riguarda, la decisione controversa e, in subordine, di annullare le ammende ad essa inflitte o ridurne l’importo;

in ulteriore subordine, di rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini di una nuova decisione, e

di condannare la Commissione a tutte le spese relative al presente procedimento e al procedimento dinanzi al Tribunale.

25

La Commissione chiede alla Corte:

di respingere l’impugnazione e

di condannare la ricorrente alle spese del giudizio.

Sull’impugnazione

26

A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo motivo di impugnazione verte sull’interpretazione e sull’applicazione errate del principio secondo il quale, affinché un rifiuto di accesso sia abusivo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, tale accesso deve essere «indispensabile» per colui che ne fa domanda. Il secondo motivo di impugnazione concerne l’interpretazione e l’applicazione errate del principio secondo il quale, per imputare un’infrazione di una controllata alla sua società madre, quest’ultima deve effettivamente esercitare un’influenza determinante sulla sua controllata. Il terzo motivo di impugnazione è relativo all’errata applicazione del principio secondo il quale, per imputare un’infrazione di una controllata a una società madre, la controllata deve essersi attenuta, in sostanza, alle istruzioni impartitele dalla società madre. Il quarto motivo di impugnazione verte sulla violazione del diritto della ricorrente di essere ascoltata.

27

In aggiunta, la ricorrente chiede di poter beneficiare di un’eventuale sentenza favorevole della Corte nella causa connessa C‑165/19 P, relativa all’impugnazione proposta dalla ST avverso la sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2018, Slovak Telekom/Commissione (T‑851/14, EU:T:2018:929).

Sul primo motivo di impugnazione

Argomenti delle parti

28

La ricorrente ritiene che, ai punti da 86 a 115 della sentenza impugnata, il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era tenuta a dimostrare l’indispensabilità, per gli operatori alternativi, dell’accesso alla rete locale della ST al fine di qualificare come «abusive», ai sensi dell’articolo 102 TFUE, le restrizioni a detto accesso da parte di tale società.

29

Secondo la ricorrente, ai punti 97, 98, 101 e 103 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente ritenuto che i criteri stabiliti nella sentenza Bronner non fossero applicabili al caso di specie per il motivo che la ST era soggetta a un obbligo regolamentare di concedere l’accesso alla sua rete locale. Detto obbligo non potrebbe sostituire l’indispensabilità dell’accesso prevista nella sentenza Bronner per le seguenti ragioni.

30

In primo luogo, l’esistenza di un obbligo di carattere regolamentare di fornire l’accesso e l’indispensabilità di tale accesso costituirebbero questioni distinte. Per imporre alla ST un obbligo di fornire l’accesso alla sua rete locale, il TUSR avrebbe unicamente preso in considerazione la posizione storica della ST nel mercato all’ingrosso per l’accesso disaggregato alla rete locale. Esso non avrebbe esaminato l’indispensabilità di tale accesso per l’attività esercitata sul mercato a valle né avrebbe, pertanto, determinato in quale misura l’accesso disaggregato alla rete locale avrebbe potuto essere sostituito dalla realizzazione di un’infrastruttura alternativa propria. Tuttavia, nell’ambito dell’esame dell’«indispensabilità» di un simile accesso, ai sensi della sentenza Bronner, occorrerebbe proprio sapere se esista un sostituto reale o potenziale di detto accesso. Orbene, la ricorrente avrebbe dimostrato dinanzi al Tribunale che ciò avveniva nel caso di specie.

31

In secondo luogo, l’obbligo regolamentare di accesso, a differenza di una condanna per abuso di posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, sarebbe imposto ex ante. Ne conseguirebbe che le constatazioni di fatto su cui si fonda tale obbligo potrebbero rapidamente risultare superate. Ciò si verificherebbe in particolare nel contesto dei mercati dei servizi di telecomunicazioni che si sviluppano molto rapidamente.

32

In terzo luogo, l’obbligo regolamentare di accesso si baserebbe su estrapolazioni, mentre un abuso di posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, dovrebbe essere constatato in seguito a un esame concreto, in particolare, dell’indispensabilità dell’accesso alla rete locale.

33

In quarto luogo, la normativa in materia di telecomunicazioni e i criteri di cui alla sentenza Bronner riguarderebbero obiettivi diversi. Le autorità di regolamentazione nazionali competenti in materia di telecomunicazioni avrebbero il compito non solo di promuovere la concorrenza, ma anche di contribuire allo sviluppo del mercato interno e di sostenere gli interessi dei cittadini. Tale approccio troverebbe riscontro nella sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, EU:C:2010:603), richiamata dal Tribunale al punto 97 della sentenza impugnata.

34

Per di più, la ricorrente ritiene che non sia possibile rinunciare all’esame concreto dell’indispensabilità dell’accesso alla rete locale qualora sussista un obbligo di accesso regolamentare, poiché ciò faciliterebbe la constatazione dell’esistenza di un abuso e priverebbe la giurisprudenza della Corte del suo significato.

35

Inoltre, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale ai punti da 106 a 112 della sentenza impugnata, un rifiuto implicito di accesso alla rete locale, come quello contestato alla ST, non sarebbe diverso da quello che ha dato origine alla sentenza Bronner, giacché, in entrambi i casi, il proprietario dell’infrastruttura avrebbe un interesse legittimo alla tutela del suo investimento, sarebbe difficile distinguere tra le due forme di rifiuto di accesso, e l’infrazione meno grave, ossia il rifiuto implicito di accesso, sarebbe più facile da provare rispetto all’infrazione più grave, ossia il rifiuto esplicito di accesso.

36

Infine, la formula impiegata dalla Corte al punto 55 della sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09; in prosieguo: la sentenza TeliaSonera, EU:C:2011:83), non consentirebbe di concludere che i criteri di cui alla sentenza Bronner non si applicherebbero a un rifiuto implicito di accesso.

37

La Commissione ritiene, in sostanza, che l’abuso constatato nella decisione controversa sia fondamentalmente diverso dall’abuso di cui trattasi nella sentenza Bronner, sicché i criteri stabiliti in quest’ultima sentenza non si applicano nel caso di specie.

Giudizio della Corte

38

Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente, società madre della ST cui è stato imputato il comportamento di quest’ultima, critica in particolare i punti da 86 a 115 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha confermato la fondatezza della decisione controversa, atteso che la Commissione non era tenuta a dimostrare l’indispensabilità dell’accesso degli operatori alternativi al sistema di rete locale della ST per poter qualificare come «abusive» le pratiche di questa che tale istituzione ha ritenuto essere costitutive di un rifiuto implicito di fornitura al punto 365 della decisione controversa, consistenti, in primo luogo, in un occultamento agli operatori alternativi di informazioni relative al suo sistema necessarie per la disaggregazione della sua rete locale; in secondo luogo, in una riduzione dei suoi obblighi relativi alla disaggregazione derivanti dal quadro normativo applicabile, e, in terzo luogo, nella fissazione di varie clausole e condizioni inique nella sua offerta di riferimento in materia di disaggregazione (in prosieguo: le «pratiche controverse»).

39

In particolare, il Tribunale ha ritenuto, al punto 101 della sentenza impugnata, che, poiché il quadro normativo applicabile in materia di telecomunicazioni riconosceva chiaramente la necessità di un accesso alla rete locale della ST per consentire il sorgere e lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel mercato slovacco dei servizi Internet a banda larga, non fosse necessaria la dimostrazione, da parte della Commissione, che tale accesso fosse effettivamente indispensabile, in conformità dell’ultima condizione prevista al punto 41 della sentenza Bronner. Esso ha aggiunto, in sostanza, ai punti da 106 a 114 della sentenza impugnata, che le condizioni derivanti dalla sentenza Bronner, e più in particolare quella relativa all’indispensabilità di un servizio o di un’infrastruttura detenuta dall’impresa dominante, non si applicavano a comportamenti diversi da un rifiuto di accesso, quali le pratiche controverse.

40

Al fine di valutare se le considerazioni suesposte siano viziate da un errore di diritto come afferma la ricorrente, occorre ricordare che l’articolo 102 TFUE vieta, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. All’impresa che detiene una posizione dominante incombe dunque una responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 153 e giurisprudenza ivi citata].

41

Sulla scorta della giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «sfruttamento abusivo di posizione dominante» ai sensi dell’articolo 102 TFUE è una nozione oggettiva che riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante, i quali, su un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già sminuito, abbiano l’effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 148 e giurisprudenza ivi citata].

42

L’esame del carattere abusivo di una pratica di un’impresa dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE deve essere effettuato prendendo in considerazione tutte le circostanze specifiche della controversia (v., in tal senso, sentenze TeliaSonera, punto 68; del 6 ottobre 2015, Post Danmark, C‑23/14, EU:C:2015:651, punto 68, e del 19 aprile 2018, MEO – Serviços de Comunicações e Multimédia, C‑525/16, EU:C:2018:270, punti 2728).

43

Come risulta dal punto 37 della sentenza Bronner, la causa che ha dato luogo alla medesima verteva sulla questione se il fatto che il proprietario dell’unico sistema di recapito a domicilio esistente su scala nazionale nel territorio di uno Stato membro, il quale se ne serviva per distribuire i propri quotidiani, negava l’accesso a detto sistema all’editore concorrente costituisse un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE per il motivo che tale diniego avrebbe privato detto concorrente di un modo di distribuzione ritenuto essenziale per la vendita dei suoi prodotti.

44

In risposta a tale questione, la Corte ha statuito, al punto 41 della sentenza succitata, che detto diniego avrebbe costituito un abuso di posizione dominante a condizione non solo che il diniego del servizio costituito dal recapito a domicilio potesse eliminare del tutto la concorrenza sul mercato dei quotidiani da parte della persona che richiedeva il servizio e non fosse obiettivamente giustificabile, ma anche che detto servizio fosse, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività di tale persona, nel senso che non esisteva alcun modo di distribuzione che potesse realmente o potenzialmente sostituirsi a detto sistema di recapito a domicilio.

45

L’imposizione delle condizioni suindicate era giustificata dalle circostanze proprie di quella causa, che consistevano nel rifiuto da parte di un’impresa dominante di consentire a un concorrente l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività, ad esclusione di qualsiasi altro comportamento.

46

A tale riguardo, come indicato, in sostanza, anche dall’avvocato generale ai paragrafi 68, 73 e 74 delle conclusioni, constatare che un’impresa dominante ha abusato della propria posizione rifiutandosi di contrattare con un concorrente implica che tale impresa è costretta a contrattare con tale concorrente. Orbene, un obbligo del genere è particolarmente lesivo della libertà di contrattare e del diritto di proprietà dell’impresa dominante, dal momento che un’impresa, anche dominante, resta, in linea di principio, libera di rifiutarsi di contrattare e di sfruttare l’infrastruttura da essa sviluppata per le proprie esigenze (v., per analogia, sentenza del 5 ottobre 1988, Volvo, 238/87, EU:C:1988:477, punto 8).

47

Inoltre, benché, nel breve termine, la condanna di un’impresa per aver abusato della propria posizione dominante rifiutandosi di contrattare con un concorrente abbia l’effetto di favorire la concorrenza, nel lungo termine, invece, è generalmente favorevole allo sviluppo della concorrenza e nell’interesse dei consumatori consentire a una società di riservare al proprio uso gli impianti da essa sviluppati per le esigenze della propria attività. Infatti, qualora si consentisse con troppa facilità l’accesso a un impianto di produzione, di acquisto o di distribuzione, i concorrenti non sarebbero incentivati a creare impianti concorrenti. Per di più, un’impresa dominante sarebbe meno propensa a investire in impianti efficienti se si potesse vedere costretta, su semplice richiesta dei suoi concorrenti, a ripartire con loro gli utili derivanti dai propri investimenti.

48

Di conseguenza, qualora un’impresa dominante rifiuti di concedere l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività, la decisione di obbligare tale impresa a concedere tale accesso può giustificarsi, sul piano della politica della concorrenza, solo ove l’impresa dominante disponga di una vera e propria supremazia nel mercato interessato.

49

L’applicazione, a un caso di specie, delle condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner, richiamate al punto 44 della presente sentenza, e in particolare quella relativa all’indispensabilità dell’accesso all’infrastruttura dell’impresa dominante, consente all’autorità o al giudice nazionale competente di stabilire se l’impresa in questione disponga di una simile supremazia grazie a tale infrastruttura. Pertanto, tale impresa può essere obbligata a consentire a un concorrente l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività unicamente qualora l’accesso sia indispensabile all’attività del concorrente, ossia in assenza di un sostituto reale o potenziale di tale infrastruttura.

50

Per contro, qualora un’impresa dominante conceda l’accesso alla propria infrastruttura ma subordini tale accesso o la fornitura di servizi o la vendita di prodotti a condizioni inique, le condizioni stabilite dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner non si applicano. È vero che, quando l’accesso a una simile infrastruttura, oppure a un servizio o a un fattore di produzione, è indispensabile per consentire ai concorrenti dell’impresa dominante di operare in modo redditizio su un mercato a valle, è tanto più probabile che pratiche inique su tale mercato avranno effetti anticoncorrenziali quanto meno potenziali e costituiranno un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 234, e TeliaSonera, punti 70 e 71). Tuttavia, nel caso di pratiche diverse da un rifiuto di accesso, la mancanza di una tale indispensabilità non è di per sé determinante ai fini dell’esame di comportamenti potenzialmente abusivi da parte di un’impresa dominante (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punto 72).

51

Invero, sebbene comportamenti del genere possano configurare una forma di abuso allorché sono idonei a produrre effetti anticoncorrenziali almeno potenziali, o addirittura effetti preclusivi, sui mercati interessati, essi non possono essere equiparati a un rifiuto puro e semplice di consentire a un concorrente di accedere a un’infrastruttura, in quanto l’autorità garante della concorrenza o il giudice nazionale competente non dovrà obbligare l’impresa dominante a consentire l’accesso alla propria infrastruttura, dato che tale accesso è stato ormai concesso. Le misure che verranno adottate in un contesto del genere saranno, pertanto, meno lesive della libertà di contrattare dell’impresa dominante e del suo diritto di proprietà rispetto a imporle di consentire l’accesso alla sua infrastruttura ove essa la riservasse per le esigenze della propria attività.

52

In tal senso, la Corte ha già dichiarato, ai punti 75 e 96 della sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062), che le condizioni stabilite dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner, e in particolare quella relativa all’indispensabilità dell’accesso, non si applicavano nel caso di abuso costituito dalla compressione dei margini di operatori concorrenti su un mercato a valle.

53

Nello stesso senso, la Corte ha dichiarato, al punto 58 della sentenza TeliaSonera, in sostanza, che non si può richiedere che l’esame del carattere abusivo di qualsiasi tipo di comportamento di un’impresa dominante nei confronti dei suoi concorrenti sia sistematicamente condotto alla luce delle condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner, la quale verteva su un rifiuto di fornitura di servizi. A ragione, quindi, il Tribunale, ai punti da 108 a 110 della sentenza impugnata, ha ritenuto che, ai punti da 55 a 58 della sentenza TeliaSonera, la Corte non si fosse riferita unicamente alla particolare forma di abuso costituita dalla compressione dei margini di operatori concorrenti su un mercato a valle allorché ha valutato le pratiche alle quali non si applicavano le condizioni stabilite nella sentenza Bronner.

54

Nella presente causa, la situazione della ST era caratterizzata, in particolare, dal fatto, ricordato al punto 99 della sentenza impugnata, che essa era soggetta a un obbligo regolamentare in materia di telecomunicazioni, in forza del quale era tenuta a consentire l’accesso al suo sistema di rete locale. In seguito alla decisione dell’8 marzo 2005 del TUSR, confermata dal direttore di questa stessa autorità il 14 giugno 2005, la ST era infatti tenuta ad accogliere, nella sua qualità di operatore avente un rilevante potere, tutte le domande di disaggregazione della sua rete locale ritenute ragionevoli e giustificate, derivanti da operatori alternativi, al fine di consentire loro, su tale base, di offrire i loro servizi nel mercato al dettaglio di massa dei servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia.

55

Un obbligo del genere risponde agli obiettivi di sviluppo di una concorrenza efficace sui mercati delle telecomunicazioni fissati dal legislatore dell’Unione. Come precisano i considerando 3, 6 e 7 del regolamento n. 2887/2000, l’imposizione di un simile obbligo di accesso è giustificata dal fatto che, da un lato, come gli operatori aventi un rilevante potere hanno potuto, in un considerevole lasso di tempo, installare le loro reti di accesso locale protetti da diritti esclusivi e hanno potuto finanziare i loro costi di investimento grazie a rendite di monopolio, non sarebbe economicamente conveniente per i nuovi operatori che entrano sul mercato duplicare l’infrastruttura di accesso locale dell’operatore esistente, e, dall’altro, le infrastrutture alternative non costituiscono un sostituto valido a tali reti di accesso locale. L’accesso disaggregato alla rete locale sarebbe quindi idoneo a consentire ai nuovi operatori di entrare in concorrenza con gli operatori aventi un rilevante potere. Ne consegue che, come ricordato dal Tribunale al punto 99 della sentenza impugnata, l’obbligo di accesso imposto nella fattispecie dal TUSR derivava dalla volontà di incentivare la ST e i suoi concorrenti a investire e a innovare, garantendo al contempo la salvaguardia della concorrenza nel mercato.

56

Tale obbligo regolamentare si applicava alla ST per tutto il periodo di infrazione preso in considerazione dalla Commissione nella decisione controversa, ossia dal 12 agosto 2005 al 31 dicembre 2010. Oltre al fatto che, a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, lettera f), della direttiva 2002/21, come modificata dalla direttiva 2009/140, le autorità di regolamentazione in materia di telecomunicazioni possono imporre un simile obbligo di accesso unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile e sono tenute a attenuarlo o revocarlo non appena sia soddisfatta tale condizione, la ricorrente non ha infatti né affermato né dimostrato di aver contestato che la ST fosse soggetta a tale obbligo nel corso del periodo di infrazione. Inoltre, la Commissione ha motivato il fondamento dell’esistenza di un simile obbligo di accesso nella sezione 5.1 della decisione controversa e ha indicato, al punto 377 della medesima, di aver proceduto alla propria analisi ex post dei mercati in questione, giungendo alla conclusione che la situazione in tali mercati non era cambiata in modo significativo al riguardo nel periodo di infrazione.

57

Analogamente a quanto già indicato dalla Corte al punto 224 della sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, EU:C:2010:603), di cui al punto 97 della sentenza impugnata, si deve ritenere che un obbligo regolamentare possa essere rilevante per valutare un comportamento abusivo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, da parte di un’impresa dominante soggetta a una normativa settoriale. Nel contesto della presente causa, sebbene l’obbligo di accesso alla rete locale posto a carico della ST non possa dispensare la Commissione dall’obbligo di dimostrare l’esistenza di un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, tenendo conto in particolare della giurisprudenza applicabile, l’imposizione di tale obbligo comporta tuttavia che, per tutto il periodo di infrazione considerato nel caso di specie, la ST non poteva e non ha realmente rifiutato di consentire l’accesso al suo sistema di rete locale.

58

La ST ha nondimeno mantenuto, nel suddetto periodo, un’autonomia decisionale, nonostante l’obbligo regolamentare summenzionato, quanto alle condizioni di un simile accesso. Infatti, ad esclusione di taluni principi direttivi, il contenuto obbligatorio dell’offerta di riferimento in materia di disaggregazione della rete locale, di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2887/2000, non era prescritto dal quadro normativo o dalle decisioni del TUSR. È in applicazione di tale autonomia decisionale che la ricorrente ha adottato le pratiche controverse.

59

Tuttavia, dal momento che le pratiche controverse non costituivano un rifiuto di accesso alla rete locale della ST, ma si riferivano alle condizioni di un simile accesso, per i motivi indicati ai punti da 45 a 51 della presente sentenza, le condizioni elaborate dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner, ricordate al punto 44 della presente sentenza, non si applicavano nel caso di specie.

60

Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 101 della sentenza impugnata, che la Commissione non fosse tenuta a dimostrare l’«indispensabilità», ai sensi dell’ultima condizione stabilita al punto 41 della sentenza Bronner, al fine di constatare un abuso di posizione dominante da parte della ST per via delle pratiche controverse.

61

Ciò posto, il primo motivo di impugnazione, in quanto fondato su una premessa errata in diritto, deve essere respinto nel suo complesso.

Sul secondo motivo di impugnazione

Argomenti delle parti

62

Con il secondo motivo di impugnazione, che si articola in due parti, la ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto imputandole l’abuso di posizione dominante commesso dalla ST.

63

Con la prima parte del secondo motivo di impugnazione, la ricorrente afferma che, per imputarle il comportamento abusivo della ST, il Tribunale ha erroneamente ritenuto che fatti idonei unicamente a dimostrare la capacità della ricorrente di esercitare un’influenza determinante sulla ST possano essere utilizzati come indizi di un esercizio effettivo di una simile influenza. Secondo la ricorrente, ammettere che taluni fatti che fanno emergere solo la capacità di una società madre di esercitare un’influenza determinante sulla sua controllata siano sufficienti a dimostrare l’esercizio effettivo di detta influenza avrebbe l’effetto di eliminare qualsiasi forma di distinzione tra l’esercizio possibile e l’esercizio effettivo di tale influenza e costituirebbe un’estensione illegittima della presunzione applicabile alle controllate detenute al 100% da una società madre.

64

La ricorrente ritiene, pertanto, che i fatti riportati, in primo luogo, ai punti 233 e 249 e seguenti della sentenza impugnata, secondo cui alcuni dirigenti della ST ricoprono anche cariche direttive in seno alla ricorrente o alcuni alti dirigenti della ricorrente sono presenti nel consiglio di amministrazione della ST, in secondo luogo, ai punti da 280 a 285 della sentenza impugnata, secondo cui la ricorrente ha messo a disposizione della ST collaboratori, e, in terzo luogo, al punto 294 della medesima sentenza, secondo cui la ST le ha presentato relazioni sulla sua politica commerciale, costituiscano altrettante circostanze fattuali tali da dimostrare soltanto la capacità eventuale della ricorrente di esercitare un’influenza determinante sulla ST, e non già il fatto che essa esercita effettivamente una simile influenza.

65

Inoltre, la ricorrente sostiene che la distinzione illustrata al punto 63 della presente sentenza non impedisce alla Commissione di prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti che potrebbero portare a constatare l’esercizio effettivo di un’influenza determinante. Oltre a ciò, essa contesta la pertinenza del riferimento operato dal Tribunale, nella sentenza impugnata, e dalla Commissione, nella comparsa di risposta, alla sentenza del 18 gennaio 2017, Toshiba/Commissione (C‑623/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:21), giacché la causa che ha dato origine a tale sentenza riguardava il rispetto delle regole di adozione di decisioni all’interno di un’impresa comune, e non la possibilità di esercitare un’influenza determinante. La ricorrente sostiene altresì che, contrariamente a quanto afferma la Commissione nella comparsa di risposta, al punto 93 della sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce (C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416), la Corte non ha ritenuto che uno scambio di informazioni costituisse un indizio dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

66

Con la seconda parte del secondo motivo di impugnazione, la ricorrente afferma che, nell’ambito della qualificazione giuridica dei fatti sui quali la Commissione si è basata, il Tribunale ha erroneamente applicato il principio secondo il quale un’influenza determinante deve essere effettivamente esercitata, ravvisando la sussistenza di un esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla base della semplice possibilità di un simile esercizio. Pertanto, la ricorrente sostiene che a essere viziati da un errore di diritto sono non soltanto i punti della sentenza impugnata contestati nell’ambito della prima parte del motivo di impugnazione in esame, ma anche: in primo luogo, il punto 262 di tale sentenza, nella misura in cui il Tribunale ha fatto riferimento alla circostanza che il comitato esecutivo di direzione della ST riferiva al consiglio di amministrazione della ricorrente e all’approvazione da parte di quest’ultimo del piano aziendale di detto comitato esecutivo di direzione; in secondo luogo, i punti 273 e 274 della stessa sentenza, nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che il dovere di lealtà degli amministratori nei confronti degli azionisti o il carattere non vincolante delle prestazioni di consulenza fornite alla ST non escludessero l’esercizio di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulla ST, e, in terzo luogo, il punto 278 della medesima sentenza, nella misura in cui il Tribunale ha dichiarato che l’accordo tra azionisti consentiva ai rappresentanti della ricorrente in seno al consiglio di amministrazione della ST di esercitare un’influenza determinante su tutte le decisioni commerciali di quest’ultima. Oltre a ciò, la ricorrente contesta l’eccezione di irricevibilità che la Commissione solleva contro la seconda parte del secondo motivo di impugnazione, argomentando che, con tale parte, essa non mette in discussione gli accertamenti di fatto operati dal Tribunale, ma si limita a dedurre un errore di diritto relativo all’erronea applicazione del principio dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante.

67

La Commissione ritiene che la seconda parte del secondo motivo di impugnazione sia irricevibile in quanto mette in discussione gli accertamenti di fatto operati dal Tribunale e implica una nuova valutazione degli elementi di prova da parte della Corte. In ogni caso, il secondo motivo di impugnazione sarebbe infondato, poiché la constatazione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante potrebbe essere dedotta, come nel caso di specie, da un insieme di elementi concordanti tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti.

Giudizio della Corte

68

Per quanto riguarda la ricevibilità della seconda parte del secondo motivo di impugnazione, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente soltanto, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, a effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica degli stessi e sulle conseguenze di diritto che ne sono state tratte. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (v., in particolare, sentenza del 17 ottobre 2019, Alcogroup e Alcodis/Commissione, C‑403/18 P, EU:C:2019:870, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

69

La ricorrente non ha dedotto, nel secondo motivo di impugnazione, uno snaturamento degli elementi di prova esaminati dal Tribunale secondo cui essa poteva essere considerata responsabile del comportamento della ST e la Corte non è tenuta a riesaminare il valore probatorio di tali elementi.

70

Con la seconda parte del motivo di impugnazione in esame, la ricorrente sostiene tuttavia che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la Commissione avesse potuto legittimamente basarsi su una serie di fatti per ravvisare la sussistenza dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ricorrente sulla ST, laddove tali fatti sarebbero unicamente idonei a dimostrare la possibilità di una simile influenza. Ne deriverebbe che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato tali fatti come costitutivi di un’influenza determinante effettiva della ricorrente sulla ST. Pertanto, con tale parte del secondo motivo di impugnazione, la ricorrente chiede alla Corte non già di procedere a una nuova valutazione dei fatti, bensì di controllare la loro qualificazione giuridica effettuata dal Tribunale.

71

Ne consegue che la seconda parte del secondo motivo di impugnazione è ricevibile.

72

Quanto al merito, occorre ricordare che gli autori dei Trattati hanno scelto di utilizzare la nozione di «impresa» per designare l’autore di un’infrazione del diritto della concorrenza sanzionabile in applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Tale nozione autonoma del diritto dell’Unione designa qualsiasi entità costituita da elementi personali, materiali e immateriali che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a., C‑724/17, EU:C:2019:204, punti 29, 3647). Pertanto, la nozione di «impresa» prevista dagli articoli 101 e 102 TFUE deve essere intesa nel senso che designa un’unità economica sotto il profilo dell’oggetto della pratica anticoncorrenziale in questione, anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 1984, Hydrotherm Gerätebau, 170/83, EU:C:1984:271, punto 11, e del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

73

Da tale scelta deriva, da un lato, che tale entità economica, laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, è tenuta, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 53 e giurisprudenza ivi citata) e, dall’altro, che una persona giuridica può, a determinate condizioni, essere considerata responsabile personalmente e in solido del comportamento anticoncorrenziale di un’altra persona giuridica appartenente a questa stessa entità economica (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

74

In tal senso, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la responsabilità del comportamento di una controllata può essere imputata alla società madre in particolare qualora, pur avendo una personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche (v., in particolare, sentenze del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 58; del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 30, e del 18 gennaio 2017, Toshiba/Commissione, C‑623/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:21, punto 45). In un caso del genere, le istruzioni impartite dalla società madre possono costituire una forma di influenza determinante esercitata da quest’ultima sulla sua controllata.

75

Al fine di stabilire se la società madre possa esercitare un’influenza determinante sul comportamento sul mercato della sua controllata, deve essere preso in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti fra la controllata e la società madre e, in tal modo, tener conto della realtà economica (sentenze del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 76, e del 18 gennaio 2017, Toshiba/Commissione, C‑623/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:21, punto 46).

76

Pertanto, sebbene istruzioni impartite dalla società madre alla sua controllata che incidono sul suo comportamento sul mercato possano costituire prove sufficienti di una simile influenza determinante, esse non costituiscono tuttavia le sole prove ammissibili. L’esercizio effettivo di un’influenza determinante della società madre sul comportamento della controllata può essere dedotto altresì da un complesso di elementi concordanti, ancorché nessuno di tali elementi, isolatamente considerato, sia sufficiente per dimostrare l’esistenza di una simile influenza (sentenze del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 77, e del 18 gennaio 2017, Toshiba/Commissione, C‑623/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:21, punto 47).

77

Come risulta dai punti 75 e 76 della presente sentenza, per imputare la responsabilità del comportamento di una controllata alla società madre, può essere sufficiente verificare se quest’ultima abbia la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulla sua controllata. Pertanto, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, anche un fatto che contribuisca a dimostrare che la società madre ha la capacità di esercitare un’influenza determinante sulla sua controllata può essere preso in considerazione dalla Commissione, nell’ambito di una valutazione globale della situazione di cui trattasi, qualora un fatto del genere, esaminato alla luce o congiuntamente ad altri fatti relativi alla medesima situazione, rientri in un complesso di indizi concordanti relativi a un’influenza effettiva e determinante della società madre sulla sua controllata.

78

Ne consegue che la ricorrente erra nell’affermare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che fatti che dimostrano che essa era in grado di esercitare un’influenza determinante sulla ST non possano essere presi in considerazione come indizi che contribuiscono a dimostrare l’effettività dell’esercizio di tale influenza.

79

Per quanto riguarda la questione se il Tribunale abbia qualificato erroneamente gli elementi specifici riportati ai punti 233, da 249 a 262, 273, 274, 278, da 280 a 285 e 294 della sentenza impugnata come indizi dell’esercizio effettivo dell’influenza determinante della ricorrente, la quale deteneva una partecipazione del 51% nel capitale della ST, su quest’ultima, occorre osservare quanto segue.

80

In primo luogo, per quanto riguarda la presenza di alti dirigenti della ricorrente in seno al consiglio di amministrazione della ST, il Tribunale non ha errato nel ritenere, al punto 233 della sentenza impugnata, che, per valutare l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della società madre sulla sua controllata, sia opportuno prendere in considerazione la presenza, a capo della controllata, di persone che ricoprono cariche direttive in seno alla società madre. Una simile presenza a capo della controllata costituisce infatti un indizio che, ove corroborato da altri, può dimostrare l’esercizio effettivo di un’influenza determinante della società madre sul comportamento della sua controllata nel mercato di cui trattasi.

81

Nel caso di specie, il Tribunale ha in particolare constatato, ai punti da 250 a 256 della sentenza impugnata, che, durante il periodo di infrazione, il sig. R.R., da un lato, è stato contemporaneamente membro del consiglio di amministrazione della ST e ha occupato incarichi direttivi in seno alla ricorrente e, dall’altro, verificava i conti della ST ai fini del loro consolidamento a livello del gruppo Deutsche Telekom. Dagli stessi punti della sentenza impugnata risulta altresì che il sig. R.R. era coinvolto nell’elaborazione della pianificazione finanziaria e della politica di investimento della ST, al fine di garantirne la conformità con gli obiettivi di tale gruppo e che egli verificava se tale controllata raggiungesse i propri obiettivi finanziari nel corso di ciascun periodo di riferimento. Il Tribunale ha altresì precisato che un simile coinvolgimento del sig. R.R. in seno alla ST presentava necessariamente uno stretto legame con la politica commerciale di quest’ultima.

82

Il Tribunale non è quindi incorso in un errore di diritto nel qualificare tali elementi fattuali come indizi dell’effettivo esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sulla ST. Infatti, il cumulo delle funzioni del sig. R.R. in quanto direttore della ricorrente e membro del consiglio di amministrazione della ST nonché i suoi diversi compiti in seno a quest’ultima costituiscono indizi del coinvolgimento della ricorrente nella definizione e nel controllo della politica commerciale della ST.

83

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui, al punto 262 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente qualificato taluni fatti come indizi dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sulla ST, è necessario constatare che il passaggio del suddetto punto contestato dalla ricorrente riguarda specificamente, in tale fase del ragionamento, il controllo esercitato dal consiglio di amministrazione della ST sul suo comitato esecutivo di direzione, e non il controllo esercitato dalla ricorrente sulla ST attraverso il suo consiglio di amministrazione. Inoltre, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere che l’obbligo gravante sul comitato esecutivo di direzione della ST di riferire regolarmente al consiglio di amministrazione sulle sue attività nonché sullo stato di tale società e su quello delle sue controllate così come la competenza del consiglio di amministrazione per quanto riguarda l’approvazione del piano aziendale predisposto dal comitato esecutivo di direzione costituissero indizi del controllo del comitato esecutivo di direzione della ST da parte del consiglio di amministrazione di questa stessa società. Pertanto, il suddetto punto della sentenza impugnata non è viziato da un errore di qualificazione, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente.

84

Allo stesso modo, quanto alla critica da parte della ricorrente, in primo luogo, al punto 273 della sentenza impugnata, secondo il quale il dovere di lealtà degli amministratori nei confronti degli azionisti, ai sensi del diritto slovacco applicabile, non impediva legalmente a una società madre che deteneva la maggioranza del capitale sociale di tale controllata di esercitare un’influenza determinante sul comportamento di quest’ultima sul mercato; in secondo luogo, al punto 274 della sentenza impugnata, secondo il quale l’esercizio da parte della ricorrente di un’influenza determinante sulla politica commerciale della ST non era precluso dal carattere non vincolante delle prestazioni di consulenza fornite dalla ricorrente alla ST in forza dell’accordo quadro di cooperazione strategica concluso tra le stesse, e, in terzo luogo, al punto 278 della medesima sentenza, nel quale si rinvia alle ragioni addotte dalla Commissione nella decisione impugnata secondo le quali l’accordo tra azionisti consentiva ai rappresentanti della ricorrente in seno al consiglio di amministrazione della ST di esercitare un’influenza determinante su tutte le decisioni commerciali di quest’ultima, compresa l’approvazione del bilancio, si deve ritenere che, poiché la ricorrente non deduce alcuno snaturamento dei fatti esaminati dal Tribunale in questi punti della sentenza impugnata, quest’ultimo ha potuto, senza commettere un errore di diritto, qualificare tale presenza di alti dirigenti della ricorrente in seno al consiglio di amministrazione della ST come indice dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ricorrente sulla ST, come constatato dal Tribunale in particolare ai punti da 250 a 256 della sentenza impugnata.

85

In secondo luogo, per quanto riguarda la qualificazione della messa a disposizione di collaboratori della ricorrente presso la ST quale indizio dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ricorrente sulla ST, il Tribunale ha dichiarato, al punto 285 della sentenza impugnata, che si poteva ragionevolmente ritenere che tali collaboratori, benché non fossero più posti sotto l’autorità diretta della ricorrente durante il loro distacco presso la ST, possedessero una conoscenza approfondita della politica e degli obiettivi commerciali della ricorrente e si trovassero dunque in una posizione particolarmente adatta per garantire che la ST agisse conformemente ai suoi interessi. Orbene, constatazioni di tal genere sono pertinenti per qualificare la suddetta messa a disposizione come indizio dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ricorrente sulla ST, dovendo essere lette congiuntamente, in particolare, alle considerazioni del Tribunale, non contestate dalla ricorrente, di cui ai punti 281 e 287 della sentenza impugnata, secondo le quali gli alti dirigenti messi a disposizione della ST hanno occupato posti che implicavano un elevato grado di responsabilità all’interno della ST tali da consentire di influenzare la politica e gli obiettivi commerciali di quest’ultima e hanno continuato a essere impiegati della ricorrente durante il loro distacco, dipendendo quindi da quest’ultima per il proseguimento della loro carriera all’interno del gruppo Deutsche Telekom. Inoltre, ai punti 374 e 417 della sentenza impugnata, il Tribunale ha posto in rilievo fatti che dimostravano che le persone messe a disposizione della ST dalla ricorrente avevano consentito a quest’ultima di essere informata e coinvolta in scelte commerciali della ST.

86

In terzo luogo, per quanto riguarda la presentazione di relazioni da parte della ST alla ricorrente, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 294 della sentenza impugnata, che la trasmissione regolare da parte di una controllata alla sua società madre di informazioni dettagliate relative alla sua politica commerciale fosse idonea a dimostrare la conoscenza, da parte della società madre, del comportamento della sua controllata sul mercato e, di conseguenza, a porre tale società madre in condizione di intervenire in modo più consapevole, e quindi più efficace, sulla politica commerciale di detta controllata. Inoltre, sebbene il fatto che una controllata sia tenuta a trasmettere relazioni alla sua società madre riguardo alla sua politica commerciale e ai suoi risultati non possa di per sé costituire un indizio dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante di una società madre sulla sua controllata, tale circostanza può però contribuire a suffragare simili indizi. Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 294 della sentenza impugnata, che la trasmissione regolare di informazioni alla ricorrente riguardo alla politica commerciale della ST potesse contribuire, unitamente ad altri indizi, a dimostrare che tali società formavano una stessa unità economica.

87

Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo di impugnazione in quanto infondato.

Sul terzo motivo di impugnazione

Argomenti delle parti

88

A sostegno del terzo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che dalla giurisprudenza della Corte in materia di imputabilità di un’infrazione di una controllata alla sua società madre e dalla presunzione di cui alla sentenza del 16 novembre 2000, Stora Kopparbergs Bergslags/Commission (C‑286/98 P, EU:C:2000:630), risulta che tale imputabilità è subordinata a quattro condizioni cumulative: in primo luogo, la società madre deve essere in grado di esercitare un’influenza determinante; il secondo luogo, la società madre deve avere effettivamente esercitato una simile influenza determinante; in terzo luogo, la controllata non ha, per questa ragione, stabilito la sua condotta sul mercato in maniera autonoma, e, in quarto luogo, la controllata si è attenuta in sostanza alle istruzioni impartite dalla società madre. Quest’ultima condizione servirebbe a verificare la rilevanza dell’influenza determinante esercitata dalla società madre e sarebbe espressione del principio di proporzionalità. Secondo la ricorrente, risulta sproporzionato infliggere a una società madre un’ammenda per un’infrazione commessa da una delle sue controllate ove detta società madre eserciti un’influenza determinante sulla sua controllata solo in misura non sostanziale e quest’ultima non segua, in sostanza, le istruzioni della sua società madre.

89

Nel caso di specie, il Tribunale non avrebbe tuttavia constatato che la ST aveva ricevuto e seguito, in sostanza, le istruzioni della ricorrente. Secondo quest’ultima, il Tribunale si è limitato a constatare, al punto 470 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una certa autonomia della controllata non era incompatibile con l’appartenenza di tale controllata alla stessa unità economica della sua società madre e, al punto 471 della medesima sentenza, che la strategia generale della ST sul mercato slovacco delle telecomunicazioni era definita dalla ricorrente. Per quanto attiene a quest’ultima constatazione, la ricorrente precisa che essa non è suffragata dai punti da 237 a 464 della sentenza impugnata cui il Tribunale si riferisce al punto 471 della stessa sentenza. A suo parere, il Tribunale si limita, nei suddetti punti, a constatare indizi dell’esercizio da parte di essa di un’influenza determinante sulla ST, senza constatare l’esistenza della minima istruzione concreta che essa avrebbe impartito alla ST.

90

Pertanto, la ricorrente ritiene che il Tribunale non abbia constatato che le condizioni del principio determinante dell’imputabilità erano soddisfatte nel caso di specie.

91

La ricorrente afferma altresì che il Tribunale ha violato il suo obbligo di motivazione non esponendo le ragioni per le quali ha ritenuto che la ST avesse seguito, in sostanza, le sue istruzioni.

92

La Commissione ritiene, in sostanza, che il Tribunale non sia venuto meno al suo dovere di motivazione e non abbia errato nell’imputare l’infrazione della ST alla ricorrente, dal momento che la ST non stabiliva in modo autonomo la sua condotta sul mercato interessato rispetto alla ricorrente.

Giudizio della Corte

93

Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la Corte non ha dichiarato che l’imputabilità del comportamento di una controllata alla sua società madre dipende dalla sussistenza delle quattro condizioni menzionate al punto 88 supra.

94

Come risulta dal punto 72 della presente sentenza, la possibilità di imputare il comportamento anticoncorrenziale di una controllata alla sua società madre costituisce una delle conseguenze della scelta degli autori dei Trattati di utilizzare la nozione di impresa per designare l’autore di un’infrazione del diritto della concorrenza sanzionabile in applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Infatti, tali persone giuridiche possono essere considerate come costituenti un’unità economica sotto il profilo dell’oggetto delle pratiche anticoncorrenziali contemplate dalle citate disposizioni qualora la società madre eserciti un controllo sul comportamento della sua controllata, autrice di un’infrazione di dette disposizioni, sul mercato in questione. In simili circostanze, la formale separazione tra la società madre e la sua controllata, risultante dalla loro distinta personalità giuridica, non può opporsi all’unità del loro comportamento sul mercato ai fini dell’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 1972, Imperial Chemical Industries/Commissione, 48/69, EU:C:1972:70, punto 140).

95

Detto controllo, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 156 delle conclusioni, può essere accertato dalla Commissione o dimostrando che la società madre è in grado di esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e che essa ha anche effettivamente esercitato tale influenza (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2013, The Dow Chemical Company/Commissione, C‑179/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:605, punto 55, e del 26 settembre 2013, EI du Pont de Nemours/Commissione, C‑172/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:601, punto 44) o provando che tale controllata non determina in modo autonomo la sua condotta sul mercato, ma si attiene, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra queste due entità giuridiche (sentenza del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C‑457/16 P e da C‑459/16 P a C‑461/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:819, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

96

Queste due vie probatorie del suddetto controllo non devono essere considerate cumulative, bensì alternative e quindi equivalenti. Si può tutt’al più ritenere che l’applicazione, da parte di una controllata, delle istruzioni impartite dalla sua società madre sul mercato interessato dalle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi costituisca potenzialmente una forma di influenza determinante esercitata da quest’ultima sulla sua controllata e non, come sostiene la ricorrente, una condizione supplementare che deve essere dimostrata dalla Commissione al fine di poter imputare il comportamento di tale controllata alla sua società madre.

97

Alla luce di quanto precede, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, in sostanza, ai punti 470 e 471 della sentenza impugnata, che la ricorrente e la ST formassero un’unità economica durante il periodo di infrazione per il motivo che, tenuto conto degli elementi di cui ai punti da 237 a 464 della sentenza impugnata, la ricorrente aveva esercitato un’influenza determinante sulla ST definendo la strategia generale di quest’ultima sul mercato in questione. La prova, da parte della Commissione, che la ST aveva inoltre seguito, in sostanza, le istruzioni della ricorrente non era richiesta per imputarle l’infrazione commessa dalla ST.

98

Infine, quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui il Tribunale è venuto meno al suo dovere di motivazione, occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione di una sentenza deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale (sentenza dell’11 luglio 2013, Gosselin Group/Commissione, C‑429/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:463, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

99

Nel caso di specie, i motivi per i quali il Tribunale ha ritenuto che il comportamento abusivo della ST potesse essere imputato alla ricorrente emergono in modo chiaro e non equivoco dai punti da 227 a 473 della sentenza impugnata. Tali motivi hanno consentito alla ricorrente di contestarli dinanzi alla Corte e a quest’ultima di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale. Di conseguenza, la censura vertente su un difetto di motivazione è infondata.

100

Per le ragioni che precedono, il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

Sul quarto motivo di impugnazione

Argomenti delle parti

101

La ricorrente ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 144 della sentenza impugnata, che il suo diritto di essere ascoltata non era stato violato per quanto riguarda il calcolo della compressione dei margini.

102

La ricorrente ritiene che, alla riunione del 29 settembre 2014, la Commissione le abbia comunicato tre nuovi elementi, ossia, in primo luogo, nuovi dati numerici riguardanti il calcolo della compressione dei margini della ST; in secondo luogo, la circostanza che il margine per il 2005 era positivo sulla base di un calcolo dei margini anno per anno, e, in terzo luogo, la sua intenzione di applicare inoltre un metodo pluriennale per il calcolo dei margini che le consentisse di concludere per l’esistenza di un margine negativo anche per il 2005. Secondo la ricorrente, il Tribunale ha riconosciuto la rilevanza degli ultimi due nuovi elementi nell’ambito della decisione controversa, atteso che è alla luce di questi che esso ha accolto in parte il secondo motivo di ricorso dedotto in primo grado dalla ricorrente, ai punti da 198 a 221 della sentenza impugnata.

103

Orbene, contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, la ricorrente sostiene che il termine complessivo di 36 ore concessole per presentare le sue osservazioni su questi nuovi elementi, che sono stati quindi presi in considerazione nella decisione controversa, non le ha consentito di far conoscere utilmente il suo punto di vista. La ricorrente contesta altresì il fatto che si possa ritenere che essa sia stata a conoscenza di detti elementi prima della riunione del 29 settembre 2014, argomentando che essi sarebbero stati forniti dalla ST.

104

La Commissione sostiene che il quarto motivo di impugnazione è irricevibile sulla base del rilievo che la ricorrente non afferma né dimostra che il Tribunale abbia snaturato i fatti sulla base dei quali esso ha deciso che la ricorrente era già a conoscenza dei nuovi elementi discussi alla riunione del 29 settembre 2014. Essa eccepisce altresì l’irricevibilità dell’argomento della ricorrente, avanzato per la prima volta nella replica, secondo il quale l’avvenuta conoscenza da parte della ST non può essere equiparata a un’avvenuta conoscenza da parte della ricorrente. Infine, la Commissione ritiene infondato il quarto motivo, in particolare poiché essa aveva dato alle parti la possibilità di esprimersi alla riunione del 29 settembre 2014 ed entro un breve termine in seguito alla stessa.

Giudizio della Corte

105

I diritti della difesa sono diritti fondamentali che fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza (sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). Tale principio generale del diritto dell’Unione è sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service, C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

106

Nel contesto del diritto della concorrenza, il rispetto dei diritti della difesa implica che qualsiasi destinatario di una decisione che constata che questi ha commesso un’infrazione delle regole di concorrenza deve essere posto in grado, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze addebitatigli, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’affermazione dell’esistenza di una simile infrazione (v., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 41, e del 14 settembre 2017, LG Electronics e Koninklijke Philips Electronics/Commissione, C‑588/15 P e C‑622/15 P, EU:C:2017:679, punto 43).

107

Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato, al punto 144 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato i diritti della difesa della ricorrente accordandole soltanto un breve termine per formulare le sue osservazioni sui nuovi elementi portati a sua conoscenza alla riunione informativa del 29 settembre 2014. Il Tribunale ha infatti ritenuto che tale brevità non avesse privato la ricorrente della possibilità di essere utilmente ascoltata, tenuto conto del fatto, da un lato, che la riunione del 29 settembre 2014 si era tenuta in una fase molto avanzata del procedimento amministrativo e, dall’altro, che era ragionevole ritenere che la ricorrente avesse acquisito in quel momento un alto grado di conoscenza del fascicolo.

108

Inoltre, come risulta espressamente da tale punto della sentenza impugnata, le considerazioni del Tribunale contenute in detto punto sono formulate ad abundantiam. Ai punti da 123 a 143 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, in via principale, in sostanza, che gli elementi in questione, portati a conoscenza della ricorrente alla riunione informativa del 29 settembre 2014, risultavano dall’esame, da parte della Commissione, di dati, di calcoli e di critiche metodologiche formulate dalla stessa ST prima di tale riunione.

109

Orbene, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, le censure mosse contro una motivazione di una sentenza del Tribunale formulata ad abundantiam non possono comportare l’annullamento di tale sentenza e sono quindi inoperanti (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 105, e del 17 ottobre 2019, Alcogroup e Alcodis/Commissione, C‑403/18 P, EU:C:2019:870, punto 52). Pertanto, il quarto motivo di impugnazione deve essere dichiarato inoperante.

110

Tale valutazione non è messa in discussione dall’affermazione della ricorrente secondo la quale non è essa stessa, bensì la ST ad aver avuto conoscenza dei nuovi elementi in questione prima della riunione del 29 settembre 2014. Infatti, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti nonché gli elementi di prova allegati. La valutazione di detti fatti e di detti elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 9 novembre 2017, TV2/Danimarca/Commissione, C‑649/15 P, EU:C:2017:835, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Per giurisprudenza constante, inoltre, lo snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza del 12 luglio 2012, Cetarsa/Commissione, C‑181/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:455, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

111

Orbene, la ricorrente non ha affermato né dimostrato che il Tribunale avesse snaturato i fatti allorché esso ha ritenuto, ai punti 18 e 21 della sentenza impugnata, che la ST e la ricorrente avessero ciascuna risposto alla comunicazione degli addebiti e alla lettera di esposizione dei fatti. Oltre a ciò, la ricorrente non ha affermato né dimostrato uno snaturamento dei fatti ai punti 133, 138 e 139 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha dichiarato, da un lato, che, nella decisione controversa, la Commissione non aveva modificato la sua valutazione relativa alla compressione dei margini, ponendo a carico della ST e della ricorrente fatti sui quali esse non avevano avuto la possibilità di esprimersi e, dall’altro, che la presa in considerazione dell’analisi pluriennale per l’accertamento di una compressione dei margini nella decisione controversa faceva seguito all’obiezione formulata dalla ST nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti alla quale ha aderito la ricorrente stessa, sicché l’analisi pluriennale non ha comportato un addebito nei confronti della ricorrente e della ST di fatti sui quali esse non hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

112

Pertanto, la valutazione del Tribunale secondo la quale la ricorrente e la ST erano a conoscenza dei nuovi elementi presi in considerazione dalla Commissione prima della riunione del 29 settembre 2014 deve essere considerata un fatto accertato. Tale fatto suffraga la valutazione riportata al punto 109 della presente sentenza.

113

Per tutte le ragioni che precedono, il quarto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto inoperante.

Sulla domanda di poter beneficiare di una sentenza favorevole

114

La ricorrente chiede di poter beneficiare dell’eventuale accoglimento del motivo dedotto dalla ST a sostegno della sua impugnazione nella causa C‑165/19 P avverso la sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2018, Slovak Telekom/Commission (T‑851/14, EU:T:2018:929), con il quale essa deduce errori commessi nel calcolo dei costi medi incrementali a lungo termine per dimostrare una compressione abusiva dei margini da parte sua. A sostegno di tale domanda, la ricorrente adduce il fatto di aver sollevato un motivo avente lo stesso oggetto dinanzi al Tribunale e che le condizioni che la Corte avrebbe elencato nella sentenza del 22 gennaio 2013, Commissione/Tomkins (C‑286/11 P, EU:C:2013:29) sarebbero soddisfatte nel caso di specie.

115

La Commissione sostiene che occorre respingere tale domanda, poiché non si tratta di un motivo di impugnazione, tutte le condizioni previste da tale giurisprudenza della Corte non sono soddisfatte nel caso di specie e, in ogni caso, il motivo dedotto dalla ST a sostegno di tale impugnazione deve essere respinto.

116

A tale riguardo, è sufficiente constatare che, con sentenza dello stesso giorno, Slovak Telekom/Commissione (C‑165/19 P), la Corte ha respinto l’impugnazione della ST in tale causa, sicché la domanda della ricorrente è inoperante, in quanto priva di oggetto.

117

Pertanto, occorre respingere l’impugnazione nel suo complesso.

Sulle spese

118

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

119

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

120

La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle proprie spese e a quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Deutsche Telekom AG si fa carico, oltre che delle proprie spese, delle spese sostenute dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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