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Document 62019CJ0057

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 2 settembre 2021.
Commissione europea contro Tempus Energy Ltd e Tempus Energy Technology Ltd.
Impugnazione – Aiuti di Stato – Regime di aiuto – Articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE – Regolamento (CE) n. 659/1999 – Articolo 4, paragrafi 3 e 4 – Nozione di “dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato comune di una misura notificata” – Decisione di non sollevare obiezioni – Mancato avvio del procedimento d’indagine formale – Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014‑2020 – Codice delle migliori pratiche applicabili nei procedimenti di controllo degli aiuti di Stato – Contatti di “pre‑notificazione” – Diritti procedurali delle parti interessate – Mercato della capacità di elettricità nel Regno Unito.
Causa C-57/19 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:663

 SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

2 settembre 2021 ( *1 )

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Regime di aiuto – Articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE – Regolamento (CE) n. 659/1999 – Articolo 4, paragrafi 3 e 4 – Nozione di “dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato comune di una misura notificata” – Decisione di non sollevare obiezioni – Mancato avvio del procedimento d’indagine formale – Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014‑2020 – Codice delle migliori pratiche applicabili nei procedimenti di controllo degli aiuti di Stato – Contatti di “pre‑notificazione” – Diritti procedurali delle parti interessate – Mercato della capacità di elettricità nel Regno Unito»

Nella causa C‑57/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 gennaio 2019,

Commissione europea, rappresentata da É. Gippini Fournier e P. Němečková, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Tempus Energy Ltd, con sede in Pontypridd (Regno Unito),

Tempus Energy Technology Ltd, con sede in Pontypridd,

rappresentate da J. Derenne e D. Vallindas, avocats, nonché da C. Ziegler, Rechtsanwalt,

ricorrenti in primo grado,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da F. Shibli, S. McCrory e Z. Lavery, poi da F. Shibli e S. McCrory, assistiti da G. Facenna, QC, e da D. Mackersie, barrister,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta M. Vilaras (relatore), presidente di sezione, N. Piçarra, D. Šváby, S. Rodin e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 novembre 2018, Tempus Energy e Tempus Energy Technology/Commissione (T‑793/14, EU:T:2018:790; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha annullato la decisione C(2014) 5083 final della Commissione, del 23 luglio 2014, di non sollevare obiezioni nei confronti del regime di aiuti relativo al mercato della capacità nel Regno Unito (aiuto di Stato 2014/N‑2) (GU 2014, C 348, pag. 5; in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto giuridico

Regolamento (CE) n. 659/1999

2

L’articolo 4 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), intitolato «Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione», applicabile al regime di aiuti in questione, dispone, ai paragrafi da 2 a 5, quanto segue:

«2.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.

3.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che non sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato comune della misura notificata, nei limiti in cui essa rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo [107], paragrafo 1, [TFUE], la dichiara compatibile con il mercato comune (in seguito denominata “decisione di non sollevare obiezioni”). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del trattato.

4.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato comune della misura notificata, decide di avviare il procedimento ai sensi dell’articolo [108], paragrafo 2, [TFUE] (in seguito denominata “decisione di avviare il procedimento d’indagine formale”).

5.   Le decisioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 devono essere adottate entro due mesi. Tale termine inizia a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione di una notifica completa. La notifica è ritenuta completa se entro 2 mesi dalla sua ricezione, o dalla ricezione di ogni informazione supplementare richiesta, la Commissione non richiede ulteriori informazioni. Il termine può essere prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato. Se opportuno, la Commissione può fissare scadenze più ravvicinate».

3

L’articolo 6 di detto regolamento, intitolato «Procedimento d’indagine formale», enuncia, al paragrafo 1, quanto segue:

«La decisione di avvio del procedimento d’indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed espone i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato comune. La decisione invita lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine».

Codice delle migliori pratiche

4

Il Codice delle migliori pratiche applicabili nei procedimenti di controllo degli aiuti di Stato (GU 2009, C 136, pag. 13; il «codice delle migliori pratiche») contiene, segnatamente, un titolo 3, intitolato «Contatti pre‑notificazione», il quale raggruppa i punti da 10 a 18 del codice stesso. I punti da 10 a 16 sono così formulati:

«10. L’esperienza acquisita dalla Commissione dimostra il valore aggiunto dei contatti che avvengono nel periodo che precede la notifica, anche in casi apparentemente ordinari. I contatti nella fase di prenotificazione danno ai servizi della Commissione e allo Stato membro notificante la possibilità di discutere aspetti giuridici ed economici di un progetto proposto in modo informale e in via riservata prima della notifica, migliorando in questo modo la qualità e la completezza delle notifiche stesse. In questo contesto, lo Stato membro e i servizi della Commissione possono anche elaborare insieme proposte costruttive per risolvere gli aspetti problematici di una misura prevista. Questa fase prepara pertanto le condizioni per un trattamento più rapido delle notifiche, una volta presentate formalmente alla Commissione. Pre‑notificazioni riuscite dovrebbero consentire effettivamente alla Commissione di adottare decisioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento (…) n. 659/1999 entro due mesi dalla data di notifica (…).

11. Sono caldamente raccomandati i contatti nella fase di pre‑notificazione per i casi che presentano novità particolari o caratteristiche specifiche che giustifichino discussioni preliminari informali con i servizi della Commissione. Verranno tuttavia forniti orientamenti informali ogniqualvolta uno Stato membro ne farà richiesta.

3.1. Contenuto

12. La fase di pre-notificazione offre la possibilità di discutere e fornire orientamenti allo Stato membro interessato in merito alla portata delle informazioni da presentare nel modulo di notificazione, onde garantirne la completezza al momento della notifica. Una fase di pre‑notificazione fruttuosa permetterà inoltre di discutere, in un’atmosfera aperta e costruttiva, qualsiasi questione sostanziale sollevata da una misura prevista. Questo è particolarmente importante per i progetti che non hanno potuto essere accettati nella forma nella quale sono stati presentati e che dovrebbero dunque essere ritirati o modificati in modo significativo. Ciò può comportare anche un’analisi della disponibilità di altre basi giuridiche o l’individuazione di precedenti pertinenti. Una fase di pre‑notificazione riuscita consentirà inoltre ai servizi della Commissione e allo Stato membro di compiere un attento esame delle principali riserve sotto il profilo della concorrenza, di effettuare un’analisi economica e, ove del caso, di richiedere una consulenza esterna necessaria per dimostrare la compatibilità di un progetto previsto con il mercato comune. Pertanto, nella fase di pre‑notificazione, lo Stato membro notificante può anche invitare i servizi della Commissione a dispensarlo dall’obbligo di fornire determinate informazioni previste nel modulo di notificazione ma non necessarie per l’esame nelle circostanze specifiche del caso. Infine, la fase di pre‑notificazione è decisiva per determinare se un caso possa, prima facie, essere esaminato secondo la procedura semplificata (…).

3.2. Portata e tempi

13. Onde consentire una fase di pre‑notificazione costruttiva ed efficace, lo Stato membro interessato riterrà utile fornire alla Commissione le informazioni necessarie per la valutazione di un progetto previsto di aiuto di Stato, sulla base di un modulo di progetto di notificazione. Per facilitare un esame rapido del caso, si privilegeranno in linea di principio i messaggi e‑mail o le teleconferenze, anziché le riunioni. Entro due settimane dal ricevimento del modulo di progetto di notificazione, i servizi della Commissione stabiliranno un contatto pre‑notificazione.

14. In linea di massima, i contatti pre‑notificazione non dovrebbero durare più di 2 mesi e dovrebbero essere seguiti da una notificazione completa. Qualora i contatti pre‑notificazione non portino i risultati sperati, i servizi della Commissione possono dichiarare chiusa la fase di pre‑notificazione. Tuttavia, poiché i tempi e le modalità dei contatti pre‑notificazione dipendono dalla complessità dei singoli casi, in alcune circostanze tali contatti possono eccezionalmente durare vari mesi. La Commissione raccomanda dunque che, in casi particolarmente complessi (ad esempio aiuti al salvataggio, aiuti di ricerca e sviluppo di notevole entità, aiuti individuali di considerevoli dimensioni o regimi di aiuto particolarmente ampi o complessi), gli Stati membri avviino contatti pre‑notificazione quanto prima possibile, onde permettere discussioni approfondite.

15. In base all’esperienza della Commissione, è molto utile far partecipare anche il beneficiario dell’aiuto ai contatti pre‑notificazione, in particolare nei casi con importanti implicazioni tecniche, finanziarie e relative al progetto specifico. La Commissione raccomanda pertanto che i beneficiari di aiuti individuali siano coinvolti nei contatti pre‑notificazione.

16. Tranne che in casi particolarmente nuovi o complessi, i servizi della Commissione si adopereranno per fornire allo Stato membro interessato una valutazione preliminare informale del progetto alla fine della fase di pre‑notificazione. Tale valutazione non vincolante non rappresenterà una posizione ufficiale della Commissione, ma costituirà un orientamento informale dei servizi sulla completezza del progetto di notifica e sulla compatibilità a un primo esame del progetto previsto con il mercato comune. In casi particolarmente complessi, i servizi della Commissione possono anche fornire orientamenti scritti, su richiesta dello Stato membro, circa le informazioni ancora da trasmettere».

Disciplina 2014‑2020

5

Il titolo 3 della Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014‑2020 (GU 2014, C 200, pag. 1; in prosieguo: la «disciplina 2014‑2020»), intitolato «Valutazione della compatibilità a norma dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), [TFUE]», contiene il seguente passaggio:

«(25)

La sezione 3.2 definisce le condizioni generali di compatibilità applicabili a tutte le misure di aiuto che rientrano nell’ambito di applicazione della presente disciplina, salvo che le sezioni più specifiche del capo 3 precisino o deroghino a tali condizioni generali di compatibilità. (…)

(…)

3.1. Principi comuni di valutazione

(…)

(27)

(…) la Commissione riterrà una misura di aiuto di Stato compatibile con il mercato interno soltanto se soddisfa ciascuno dei seguenti criteri:

(…)

e)

proporzionalità dell’aiuto (aiuto limitato al minimo necessario): l’importo dell’aiuto deve essere limitato al minimo indispensabile per stimolare investimenti o attività supplementari nella regione interessata (sezione 3.2.5);

(…)

3.2.5. Proporzionalità degli aiuti

(…)

(69)

Gli aiuti a favore dell’ambiente e dell’energia sono considerati proporzionati se l’importo dell’aiuto per beneficiario è limitato al minimo necessario per ottenere il livello di tutela dell’ambiente o l’obiettivo in materia di energia perseguiti.

(…)

3.2.6. Prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi

3.2.6.1. [Considerazioni] generali

(…)

(92)

Gli aiuti potrebbero inoltre avere effetti distorsivi aumentando o mantenendo un potere di mercato considerevole da parte del beneficiario. Anche nel caso in cui non rafforzino direttamente questo potere di mercato, gli aiuti possono influire indirettamente scoraggiando l’espansione dei concorrenti esistenti o inducendoli a uscire dal mercato, oppure ostacolando l’accesso di nuovi concorrenti.

(…)

3.9. Aiuti per l’adeguatezza della capacità di produzione

(…)

3.9.2. Necessità dell’intervento statale

(…)

(223)

Gli Stati membri devono dimostrare chiaramente i motivi per cui il mercato non può essere in grado di fornire una capacità adeguata in assenza di intervento, tenendo conto degli attuali sviluppi del mercato e [del]l’evoluzione tecnologica (…).

(224)

Nella sua valutazione la Commissione terrà conto, tra l’altro e se del caso, dei seguenti elementi che devono essere forniti dallo Stato membro:

(…)

b)

valutazione dell’impatto della partecipazione dal lato della domanda, compresa una descrizione delle misure volte a promuovere la gestione della domanda (…);

(…)

3.9.5. Proporzionalità

(228)

Il calcolo dell’importo globale degli aiuti dovrebbe risultare in un tasso di rendimento dei beneficiari che possa essere considerato ragionevole.

(229)

Una procedura di gara competitiva basata su criteri chiari, trasparenti e non discriminatori, che miri all’obiettivo definito, sarà considerata una modalità adeguata per stabilire tassi di rendimento ragionevoli in circostanze normali.

(230)

La misura dovrebbe prevedere meccanismi intrinseci volti a prevenire profitti accidentali.

(231)

La misura dovrebbe essere impostata in modo tale da garantire che il prezzo corrisposto per la disponibilità tenda automaticamente allo zero se si prevede che il livello di capacità fornita sia adeguato al livello di capacità richiesto.

3.9.6. Prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi

(232)

La misura dovrebbe essere concepita in modo da consentire la partecipazione di tutte le capacità che possono contribuire efficacemente a risolvere un problema di adeguatezza della capacità di produzione, in particolare tenendo in considerazione i seguenti fattori:

a)

la partecipazione di produttori che si avvalgono di tecnologie diverse e di produttori che offrono misure con prestazioni tecniche equivalenti, ad esempio la gestione della domanda, interconnessioni e stoccaggio. Fatte salve le disposizioni del punto (228), le restrizioni alla partecipazione possono essere giustificate soltanto sulla base di prestazioni tecniche insufficienti ad affrontare il problema dell’adeguatezza della capacità di produzione. Inoltre, la misura per l’adeguatezza della capacità di produzione dovrebbe essere aperta a potenziali aggregazioni della domanda e dell’offerta;

(…)

(233) La misura dovrebbe:

a)

non ridurre gli incentivi ad investire in capacità di interconnessione;

b)

non compromettere l’accoppiamento del mercato, inclusi i mercati di bilanciamento;

c)

non compromettere le decisioni in materia di investimenti sulla produzione anteriori alla misura o decisioni da parte degli operatori per quanto riguarda il mercato di bilanciamento o il mercato dei servizi ausiliari;

d)

non rafforzare indebitamente una posizione dominante sul mercato;

e)

dare preferenza ai produttori a basse emissioni di CO2 in caso di parametri economici e tecnici equivalenti».

Fatti all’origine della controversia

6

I fatti all’origine della controversia, esposti ai punti da 1 a 20 della sentenza impugnata, possono essere riassunti, ai fini del presente procedimento, nella maniera che segue.

7

La Tempus Energy Ltd e la Tempus Energy Technology Ltd (in prosieguo, congiuntamente considerate: la «Tempus») detengono una licenza di fornitore di elettricità nel Regno Unito e commercializzano una tecnologia di gestione dei consumi di elettricità, altrimenti detta di «gestione della domanda», presso i soggetti privati e quelli professionali.

8

Il regime di aiuti contemplato dalla decisione controversa (in prosieguo: la «misura in questione») consiste nella realizzazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, di un mercato della capacità mediante la concessione di una remunerazione ai fornitori di capacità elettrica quale contropartita del loro impegno a fornire elettricità ovvero a ridurre o a differire il consumo di elettricità in periodi di tensione sulla rete. Lo scopo di un regime siffatto è, come indicato nel considerando 3 della decisione controversa, garantire la sicurezza dell’approvvigionamento.

9

Per quanto riguarda il funzionamento del mercato della capacità, la quantità di capacità richiesta è definita in maniera centralizzata e il mercato, attraverso le aste, determina il prezzo appropriato per la fornitura di tale quantità. Delle aste si svolgono ogni anno, per una fornitura della capacità richiesta quattro anni più tardi (in prosieguo: le «aste T‑4»). Un’altra asta si svolge l’anno che precede l’anno di fornitura delle aste principali (in prosieguo: le «aste T‑1»). Una certa capacità verrà sistematicamente sottratta dalle aste T‑4 per essere «riservata» alle aste T‑1, sulla base di una stima della capacità di gestione della domanda «efficiente in termini di costi» che potrebbe partecipare alle aste T‑1. La decisione controversa precisa che, poiché le aste T‑1 offrono una migliore via agli operatori di gestione della domanda per accedere al mercato, il governo del Regno Unito si impegna a mettere alle aste T‑1 almeno il 50% della capacità «riservata» quattro anni prima. Le aste T‑4 e T‑1 (in prosieguo: le «aste permanenti») costituiscono il regime permanente. Oltre al regime permanente, esisteva un regime transitorio, in base al quale erano previste, prima del periodo di fornitura 2018/2019, delle aste «transitorie», aperte principalmente agli operatori di gestione della domanda.

10

Qualora vengano selezionati, i fornitori di capacità si vedono attribuire un contratto di capacità al prezzo di chiusura, vale a dire al prezzo più basso determinato all’esito di aste discendenti. La durata dei contratti di capacità per i quali i partecipanti presentano offerte è variabile. Infatti, mentre la maggior parte dei fornitori di capacità esistenti hanno accesso a contratti di un anno, i fornitori di capacità aventi spese per attrezzature superiori a 125 lire sterline (GBP) (EUR 141 circa) per kilowatt (kW) (centrali da ristrutturare) hanno accesso a contratti di una durata massima di tre anni, e i fornitori di capacità aventi spese per attrezzature superiori GBP 250 (EUR 282 circa) per kW (centrali nuove) a contratti di una durata massima di quindici anni. I contratti di oltre un anno sono concessi soltanto nell’ambito delle aste T‑4.

11

I costi sostenuti per finanziare la remunerazione delle capacità sono presi in carico dall’insieme dei fornitori di elettricità autorizzati. Il prelievo applicato ai fornitori di elettricità è determinato in funzione della loro quota di mercato ed è calcolato sulla base della domanda registrata tra le ore 16 e le ore 19 durante la settimana, tra il mese di novembre e il mese di febbraio, al fine di incentivarli a far scendere la domanda di elettricità dei loro clienti durante i periodi in cui questa è generalmente più elevata. Secondo la decisione controversa, questo dovrebbe tradursi in una diminuzione delle capacità richieste e, in via di corollario, in una riduzione dei costi del mercato della capacità.

12

Mediante la decisione controversa, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni contro la misura in questione, in quanto questa era compatibile con il mercato interno, a norma dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, essendo essa conforme ai criteri fissati nella sezione 3.9 della disciplina 2014‑2020.

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 dicembre 2014, la Tempus ha proposto un ricorso inteso all’annullamento della decisione controversa.

14

A sostegno del suo ricorso, essa ha dedotto due motivi, riguardanti, il primo, la violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, la violazione dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento, nonché un’erronea valutazione dei fatti, e, il secondo, un difetto di motivazione.

15

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il primo motivo di ricorso e, senza esaminare il secondo motivo, ha accolto il ricorso e annullato la decisione controversa.

16

In particolare, come risulta dal punto 267 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che esistesse un insieme di indizi oggettivi e concordanti – relativi, da un lato, alla durata e alle circostanze della fase di pre‑notificazione e, dall’altro, al contenuto incompleto e insufficiente della decisione controversa a motivo del mancato svolgimento da parte della Commissione, nella fase dell’esame preliminare, di un’appropriata istruttoria di alcuni aspetti del mercato della capacità – che attestava che tale decisione era stata adottata malgrado l’esistenza di dubbi, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 659/1999, i quali avrebbero dovuto indurre la Commissione ad avviare il procedimento previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

Conclusioni delle parti nel procedimento di impugnazione

17

La Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere la domanda intesa all’annullamento della decisione controversa o, in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale per l’esame del secondo motivo di ricorso invocato in primo grado, e

in ogni caso, condannare la Tempus alle spese afferenti al procedimento dinanzi al Tribunale e al giudizio di impugnazione.

18

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord aderisce ai capi della domanda formulati dalla Commissione nelle sue conclusioni, così come la Repubblica di Polonia, la quale è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione con decisione del presidente della Corte del 5 luglio 2019.

19

La Tempus chiede che la Corte voglia:

rigettare l’impugnazione in quanto irricevibile o infondata;

in subordine, statuire sul secondo motivo di ricorso invocato in primo grado, relativo ad un difetto di motivazione della decisione controversa, e annullare la decisione controversa;

condannare la Commissione a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Tempus afferenti sia al procedimento dinanzi al Tribunale che al procedimento dinanzi alla Corte, e

condannare il Regno Unito a sopportare le proprie spese.

Sull’impugnazione

20

A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce un motivo unico, relativo ad un’erronea interpretazione dell’articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE, nonché dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 659/1999.

21

Tale motivo è suddiviso in due parti, vertenti, la prima, su alcuni errori commessi dal Tribunale nell’interpretazione della nozione di «serie difficoltà», nonché sulla presa in considerazione, quali elementi configuranti difficoltà siffatte, della durata e delle circostanze dei contatti di pre‑notificazione, dell’esistenza di osservazioni critiche da parte di terzi, nonché della complessità e della novità della misura in questione, e, la seconda, sul carattere erroneo della constatazione, da parte del Tribunale, dell’omesso svolgimento, da parte della Commissione, di un’appropriata istruttoria in ordine ad alcuni aspetti del mercato della capacità nel Regno Unito.

Sulla prima parte del motivo unico di impugnazione

Argomentazione delle parti

22

La Commissione deduce cinque censure a sostegno della prima parte del suo motivo unico. Con la prima censura, la Commissione, sostenuta dal Regno Unito e dalla Repubblica di Polonia, fa valere in sostanza che, ai punti da 68 a 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto per quanto riguarda l’ampiezza dell’esame che essa deve effettuare in ordine ad una misura di aiuto di Stato notificata da uno Stato membro. Il Tribunale avrebbe infatti erroneamente affermato che, nel caso di specie, la Commissione non poteva accontentarsi delle informazioni fornite dal Regno Unito, ma avrebbe dovuto svolgere una propria istruttoria e ricercare altre fonti di informazione ai fini della sua valutazione nel corso della fase preliminare di esame.

23

Secondo la Commissione, le considerazioni del Tribunale implicano che essa sarebbe tenuta ad avviare un procedimento d’indagine formale ogni volta che la sua decisione non fornisca piena soddisfazione alle osservazioni critiche formulate da terzi riguardo alla misura di aiuto di cui trattasi. La Commissione sottolinea che, nel caso di specie, essa non ha ricevuto alcuna denuncia ufficiale riguardante la misura in questione. Inoltre, essa non avrebbe ignorato le osservazioni formulate, in modo informale e spontaneo, da soggetti terzi nel corso della fase informale di pre‑notificazione. Essa ritiene, tuttavia, che non era tenuta a ricercare informazioni presso altre fonti. Il fatto che il Tribunale abbia deciso il contrario avrebbe come effetto di trasformare il procedimento preliminare di esame in procedimento d’ufficio di esame di una misura, sopprimendo inoltre il margine di discrezionalità di cui essa beneficia per stabilire l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità di una misura con il mercato interno.

24

Inoltre, a motivo delle notevoli differenze esistenti tra un aiuto notificato e un aiuto illegittimo messo ad esecuzione in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, la Commissione ritiene che non si possa dedurre dalla sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 62), che essa sia tenuta, nel caso di un aiuto notificato, a procedere, di propria iniziativa, all’istruttoria di tutte le circostanze e a sentire le parti interessate e a rispondere a tutti i loro argomenti, qualora le informazioni fornite dallo Stato membro notificante siano per essa sufficienti per maturare il convincimento, al termine di un primo esame, che la misura notificata non costituisce un aiuto o, laddove essa debba essere qualificata come tale, che essa è compatibile con il mercato interno.

25

Il Regno Unito e la Repubblica di Polonia ritengono parimenti che il Tribunale abbia applicato una soglia manifestamente troppo bassa per assumere l’esistenza di dubbi nel caso di specie ed abbia ignorato il margine di discrezionalità di cui la Commissione dispone nell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE e nella sua decisione di avviare o no il procedimento d’indagine formale. Essi ritengono che l’approccio adottato dal Tribunale finisca in realtà per cancellare qualsiasi distinzione tra l’esame preliminare e il procedimento d’indagine formale, contrariamente a quanto prevede il regolamento n. 659/1999. Inoltre, tale approccio obbligherebbe la Commissione a proseguire la propria indagine una volta che una parte interessata faccia valere delle preoccupazioni a proposito della misura in questione in occasione dell’esame preliminare, quand’anche tale parte non abbia prodotto alcun elemento di prova. Peraltro, il fatto che, nella specie, la Commissione non abbia risposto ad ognuno degli argomenti presentati dalla Tempus nel corso del procedimento non significherebbe che essa non potesse adottare la decisione controversa sulla base delle informazioni di cui disponeva. Il fatto che tale decisione non abbia soddisfatto la Tempus non dimostrerebbe che alla Commissione mancassero informazioni tali da permetterle di adottare una misura di questa natura.

26

Con la seconda censura, la Commissione fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto affermando, ai punti 79 e seguenti della sentenza impugnata, che le caratteristiche di una misura, quali la sua complessità tecnica, la sua novità o l’importo dell’aiuto in valore assoluto, possono testimoniare l’esistenza di «serie difficoltà» nell’accertamento della compatibilità di tale misura con il Trattato FUE. In realtà, questi elementi non sarebbero pertinenti ai fini della valutazione di tale questione e la Commissione si sforzerebbe per l’appunto di superare le difficoltà tecniche di uno specifico caso sotto esame durante i contatti di pre‑notificazione. La giurisprudenza avrebbe d’altronde riconosciuto che simili elementi possono giustificare che il procedimento preliminare di esame richieda più tempo, senza far sorgere l’obbligo di avviare il procedimento d’indagine formale. La sentenza impugnata metterebbe in discussione tale giurisprudenza, considerando la complessità della misura come un elemento idoneo non a giustificare scambi prolungati con lo Stato membro interessato, bensì ad implicare l’obbligo, per la Commissione, di avviare un procedimento d’indagine formale.

27

Mediante la terza censura, la Commissione fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando, ai punti 85, 92, 106, 109 e 111 della sentenza impugnata, che la lunghezza dei contatti di pre‑notificazione e la varietà delle osservazioni trasmesse da tre tipi di operatori costituivano un indizio dell’esistenza di serie difficoltà, e discostandosi dunque dalla propria giurisprudenza, da cui risulterebbe che soltanto quando la durata dell’esame preliminare superi largamente un termine di due mesi, calcolato a partire dal ricevimento di una notifica completa, tale durata deve essere presa in considerazione quale indizio di serie difficoltà. Secondo la Commissione, la decisione di notificare una misura di aiuto spetterebbe interamente allo Stato membro interessato e, fintanto che una misura di aiuto non sia stata notificata, l’inerzia della Commissione sarebbe priva di conseguenze.

28

Con la quarta censura, la Commissione addebita al Tribunale di aver preso in considerazione, in particolare ai punti da 101 a 109 e 111 della sentenza impugnata, la varietà e l’origine delle osservazioni trasmesse alla Commissione medesima da diversi operatori quali elementi idonei a far sorgere dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno. Essa sostiene, a questo proposito, che la giurisprudenza secondo cui essa deve agire con diligenza in caso di denunce riguardanti aiuti illegittimi, ossia aiuti adottati senza previa notifica, non può essere estesa ai progetti di aiuti non ancora notificati né messi ad esecuzione, per i quali le osservazioni spontanee di terzi non possono essere assimilate ad una denuncia comportante l’obbligo di non ritardare l’indagine e di esaminare entro un certo termine le allegazioni in essa contenute.

29

Infine, mediante la quinta censura, la Commissione imputa al Tribunale di aver considerato, ai punti da 86 a 91 della sentenza impugnata, che la fase di pre‑notificazione non deve avere ad oggetto l’esame della compatibilità della misura progettata, e che la Commissione non può confondere la fase, eventualmente preliminare, di approntamento della notifica di una misura con quella dell’esame della misura stessa. Secondo la Commissione, l’obiettivo della fase di pre‑notificazione è di permetterle di discutere, in modo informale e riservato, con lo Stato membro interessato in merito alle informazioni necessarie per garantire che la notifica di tale misura, una volta che sarà effettuata, verrà considerata completa. In numerosi casi, come quello di specie, gli scambi di pre‑notificazione darebbero l’occasione di affrontare gli aspetti di una misura proposta eventualmente non pienamente conformi alle norme in materia di aiuti di Stato, il che permetterebbe allo Stato membro interessato di apportare le modifiche necessarie a tale misura prima della sua notifica. Tali scambi verrebbero per l’appunto incoraggiati in casi complessi.

30

Il Regno Unito e la Repubblica di Polonia considerano del pari che il Tribunale abbia violato il quadro giuridico e politico della fase di pre‑notificazione, quale risultante dal codice delle migliori pratiche. Una fase di pre‑notificazione effettiva permetterebbe di ridurre il rischio di ritardi nell’attuazione di una misura di aiuto, ciò che sarebbe stato particolarmente importante per il Regno Unito nel caso di specie. Contrariamente a quanto avrebbe statuito il Tribunale, vi sarebbero forti possibilità che una fase di pre‑notificazione rigorosa relativa ad una misura nuova e complessa permetta di dissipare anche il più piccolo dubbio in ordine alla compatibilità della misura in questione con il Trattato FUE.

31

Secondo il Regno Unito, nel caso di specie, è grazie alla fase di pre‑notificazione – nel corso della quale detto Stato ha raccolto le informazioni utili per rispondere ai quesiti della Commissione, ha modificato la misura che esso intendeva notificare e ha condotto delle consultazioni nazionali al fine di acquisire elementi di prova presso le parti interessate – che la Commissione non ha avuto bisogno di svolgere la propria valutazione. Se la durata degli scambi in occasione della fase di pre‑notificazione dovesse costituire un argomento a favore dell’avvio di un procedimento d’indagine formale, né la Commissione né gli Stati membri sarebbero interessati ad una stretta cooperazione nell’ambito di tale fase.

32

La Tempus fa valere, in risposta alla prima censura, che l’argomentazione della Commissione non tiene conto del carattere oggettivo della nozione di «dubbi», il quale implica che la Commissione deve andare al di là dello stato soggettivo di consapevolezza dello Stato membro interessato e chiedere tutte le informazioni pertinenti ai fini della realizzazione di una valutazione globale, in aggiunta agli elementi di fatto e di diritto forniti da tale Stato membro o, eventualmente, dal denunciante. Dunque, il Tribunale non avrebbe affatto disatteso la giurisprudenza affermando che la Commissione non poteva accontentarsi di accettare le informazioni e le affermazioni del Regno Unito e che essa non aveva, nel caso di specie, debitamente preso in considerazione le informazioni fornite da terzi. Risulterebbe, al contrario, dalla giurisprudenza che l’esame della Commissione sarebbe stato sufficiente soltanto se essa si fosse interrogata sulla fondatezza degli argomenti addotti dallo Stato membro notificante. Inoltre, l’argomento della Commissione, secondo cui le considerazioni contenute nella sentenza impugnata avrebbero come effetto di costringerla ad avviare un procedimento d’indagine formale ogni volta che dei terzi formulino osservazioni critiche riguardo ad una misura notificata, sarebbe fondato su un’erronea lettura della sentenza impugnata. Infatti, secondo la Tempus, il Tribunale ha statuito sull’esistenza di dubbi fondandosi non già unicamente sull’esistenza di osservazioni da parte di terzi, ma sull’analisi insufficiente delle informazioni fornite dallo Stato membro interessato e delle osservazioni formulate da terzi.

33

Inoltre, la Tempus fa valere che l’obbligo della Commissione, evocato nella sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 62), di estendere l’esame di una misura di aiuto di Stato al di là di una semplice analisi degli elementi di fatto e di diritto portati alla sua conoscenza, eventualmente dal denunciante o dallo Stato membro che ha notificato tale misura, discende direttamente dal principio di buona amministrazione, indistintamente applicabile tanto ad una denuncia quanto ad una notifica. La Tempus aggiunge che la Commissione non può sempre fidarsi delle dichiarazioni dello Stato membro notificante, nella misura in cui quest’ultimo, poiché intende concedere l’aiuto, non può essere considerato come un soggetto imparziale. Pertanto, qualora vengano constatate delle contraddizioni nella notifica oppure qualora dei terzi evidenzino dei problemi, l’obbligo, per la Commissione, di ampliare l’esame degli elementi di fatto e di diritto portati alla sua conoscenza costituirebbe una garanzia procedurale appropriata.

34

Per quanto riguarda la seconda, la terza, la quarta e la quinta censura della Commissione, la Tempus fa valere, in via preliminare, che esse sono irricevibili, in quanto riguardano questioni in punto di fatto e la Commissione non ha dedotto né uno snaturamento né un’erronea qualificazione dei fatti da parte del Tribunale. La Commissione avrebbe anche omesso di precisare quali siano i punti della sentenza impugnata oggetto di tali censure.

35

Nel merito, la Tempus fa valere, in risposta alla seconda censura, che, ai punti da 79 a 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha semplicemente descritto i fatti pertinenti, ossia che la misura in questione era significativa, complessa e nuova. Il Tribunale non avrebbe stabilito alcun principio giuridico nuovo, ma si sarebbe fondato sulle circostanze particolari del caso di specie, che esigevano considerazioni specifiche.

36

Per quanto riguarda la terza e la quinta censura, la Tempus fa valere che, ai punti 85 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, giustamente, che l’esame preliminare era stato accelerato, essendo durato soltanto un mese, mentre i contatti di pre‑notificazione erano stati lunghi e intensi. Il Tribunale avrebbe ricordato gli obiettivi della fase di pre‑notificazione, quali risultano dal codice delle migliori pratiche, nonché l’oggetto dell’esame preliminare previsto dal regolamento n. 659/1999 e avrebbe da ciò concluso che la Commissione non poteva confondere l’approntamento della notifica con l’esame, inizialmente preliminare e poi formale, di quest’ultima. Come avrebbe osservato il Tribunale, durante la fase di pre‑notificazione sarebbero state sollevate questioni di merito riguardanti aspetti importanti della misura in questione. Orbene, la Commissione avrebbe concluso che essa non aveva alcun dubbio, malgrado che fosse sul punto di iniziare l’esame preliminare. In tale contesto, secondo la Tempus, la breve durata dell’esame preliminare non poteva che costituire un indizio del fatto che la Commissione avrebbe dovuto nutrire dei dubbi. I fatti di cui si discute nel caso di specie sarebbero eccezionali, il che giustificherebbe le considerazioni del Tribunale esposte ai punti da 111 a 115 della sentenza impugnata.

37

Quanto alla quarta censura, la Tempus fa valere che il Tribunale ha preso in considerazione l’esistenza di un insieme di indizi concordanti, e non l’esistenza soltanto di denunce, per concludere che erroneamente la Commissione aveva constatato l’assenza di dubbi. In altri termini, sarebbe piuttosto la mancata presa in considerazione della sostanza delle «denunce» nella decisione controversa ad aver condotto il Tribunale a concludere per l’esistenza di dubbi nel caso di specie. In realtà, la specificità eccezionale del caso di specie sarebbe consistita nel fatto che la fase di pre‑notificazione è stata utilizzata in maniera abusiva come esame preliminare, rendendo così accessorio quest’ultimo.

Giudizio della Corte

38

Occorre ricordare che la legittimità di una decisione, come la decisione controversa, di non sollevare obiezioni, fondata sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999, dipende dalla questione se la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva, al momento della fase di esame preliminare della misura notificata, avrebbe dovuto obiettivamente suscitare dei dubbi in ordine alla compatibilità di tale misura con il mercato interno, tenendo presente che simili dubbi devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale al quale possono partecipare le parti interessate contemplate dall’articolo 1, lettera h), del suddetto regolamento (sentenza del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 80 nonché la giurisprudenza ivi citata).

39

Un ricorrente che chiede l’annullamento di una decisione di non sollevare obiezioni mette in discussione essenzialmente il fatto che la decisione adottata dalla Commissione a proposito dell’aiuto di cui trattasi è stata presa senza che tale istituzione avviasse il procedimento d’indagine formale, violando così i diritti procedurali di esso ricorrente. Affinché la sua domanda di annullamento sia accolta, il ricorrente può invocare qualsiasi motivo idoneo a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi a diposizione della Commissione, al momento della fase preliminare di esame della misura notificata, avrebbe dovuto far sorgere dei dubbi in ordine alla compatibilità di tale misura con il mercato interno. L’utilizzazione di simili argomenti non può tuttavia comportare la trasformazione dell’oggetto del ricorso, né la modifica dei presupposti di ricevibilità di quest’ultimo. Al contrario, l’esistenza di dubbi circa tale compatibilità è proprio la prova che deve essere fornita per dimostrare che la Commissione era tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 81 nonché la giurisprudenza ivi citata).

40

La prova dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno, che va ricercata sia nelle circostanze dell’adozione della decisione di non sollevare obiezioni sia nel contenuto di tale decisione, deve essere fornita dal soggetto che richiede l’annullamento della decisione stessa, sulla scorta di un insieme di indizi concordanti (sentenza del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 82 nonché la giurisprudenza ivi citata).

41

In particolare, il carattere insufficiente o incompleto dell’esame condotto dalla Commissione in occasione del procedimento di esame preliminare costituisce un indizio dell’esistenza di serie difficoltà nella valutazione della misura in questione, la cui presenza obbliga detta istituzione ad avviare il procedimento d’indagine formale (v., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 2016, Land Hessen/Pollmeier Massivholz, C‑242/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:765, punto 38).

42

Inoltre, la legittimità di una decisione di non sollevare obiezioni presa al termine del procedimento di esame preliminare deve essere valutata dal giudice dell’Unione in funzione non soltanto degli elementi di informazione di cui la Commissione disponeva nel momento in cui l’ha assunta, ma anche degli elementi di cui essa poteva disporre (sentenza del 29 aprile 2021, Achemos Grupė e Achema/Commissione, C‑847/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:343, punto 41).

43

Orbene, gli elementi di informazione di cui la Commissione «poteva disporre» includono quelli che appaiono pertinenti ai fini della valutazione da effettuarsi in conformità della giurisprudenza ricordata al punto 38 della presente sentenza e dei quali essa avrebbe potuto, su propria richiesta, ottenere la produzione nel corso del procedimento amministrativo (sentenza del 29 aprile 2021, Achemos Grupė e Achema/Commissione, C‑847/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:343, punto 42).

44

Infatti, la Commissione è tenuta a svolgere la procedura di esame delle misure in questione in modo diligente e imparziale al fine di disporre, al momento dell’adozione di una decisione finale che accerta l’esistenza e, eventualmente, l’incompatibilità o l’illegittimità dell’aiuto, degli elementi il più possibile completi e affidabili per fare ciò (sentenza del 29 aprile 2021, Achemos Grupė e Achema/Commissione, C‑847/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:343, punto 43).

45

Tuttavia, se certo la Corte ha statuito che, in occasione dell’esame dell’esistenza e della legittimità di un aiuto di Stato, può essere necessario che la Commissione vada, ove occorra, al di là del semplice esame degli elementi di fatto e di diritto portati alla sua conoscenza (sentenza del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 62), non si può dedurre da tale giurisprudenza che incomba alla Commissione ricercare, di propria iniziativa e in mancanza di qualsiasi indizio in tal senso, tutte le informazioni che potrebbero presentare un nesso con il caso di cui è investita, quand’anche simili informazioni siano pubblicamente disponibili (v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2021, Achemos Grupė e Achema/Commissione, C‑847/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:343, punti 4950).

46

Nel caso di specie, al punto 70 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, per provare l’esistenza di dubbi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 659/1999, era sufficiente che la Tempus dimostrasse che la Commissione non aveva ricercato ed esaminato, in modo diligente ed imparziale, tutti gli elementi pertinenti ai fini di tale analisi o che essa non li aveva debitamente presi in considerazione, in modo da fugare ogni dubbio circa la compatibilità della misura notificata con il mercato interno.

47

Inoltre, dopo aver ricordato, al punto 71 di detta sentenza, la giurisprudenza citata ai punti 42 e 43 della presente sentenza, il Tribunale ha segnatamente affermato, al punto 72 della sentenza impugnata, che, al fine di dimostrare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, alla Tempus era consentito invocare qualsiasi informazione pertinente di cui disponeva o poteva disporre la Commissione alla data in cui questa aveva adottato la decisione controversa.

48

Orbene, come sostenuto, in sostanza, dalla Commissione, il Tribunale ha travisato la portata degli obblighi che incombono alla Commissione in occasione della fase preliminare di esame di una misura notificata e, pertanto, ha commesso un errore di diritto.

49

Infatti, al punto 70 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, in sostanza, statuito che la Commissione aveva l’obbligo di ricercare, esaminare e prendere in considerazione «tutti gli elementi pertinenti», il che include necessariamente gli elementi non portati a conoscenza della Commissione e di cui quest’ultima ignorava l’esistenza o la rilevanza ai fini dell’esame della misura notificata. Orbene, un obbligo di tale portata oltrepassava largamente gli obblighi della Commissione, quali risultano dalla giurisprudenza della Corte ricordata ai punti da 38 a 45 della presente sentenza.

50

Lo stesso vale per il punto 72 della sentenza impugnata, da cui risulta che, al fine di dimostrare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno, la Tempus poteva riferirsi non soltanto a qualsiasi informazione pertinente di cui la Commissione disponeva, ma anche a qualsiasi informazione di cui tale istituzione «poteva disporre». Attraverso un simile ragionamento, il Tribunale ha dunque sottinteso che la Commissione avrebbe dovuto dubitare della compatibilità di una misura d’aiuto con il mercato interno per il solo fatto che esisteva un elemento di informazione pertinente di cui essa avrebbe potuto disporre, senza che fosse necessario dimostrare che detta istituzione aveva effettivamente conoscenza o proprio di quest’elemento o di altri elementi che la obbligavano, in ossequio alla giurisprudenza della Corte citata al punto 45 della presente sentenza, ad andare al di là del semplice esame degli elementi portati alla sua conoscenza.

51

Orbene, la semplice esistenza di un elemento di informazione potenzialmente pertinente di cui la Commissione non aveva conoscenza e sul quale essa non era tenuta ad indagare, alla luce degli elementi di informazione che erano effettivamente in suo possesso, non vale a dimostrare l’esistenza di serie difficoltà che avrebbero obbligato detta istituzione ad avviare il procedimento d’indagine formale.

52

Ne consegue che la prima censura dedotta dalla Commissione nell’ambito della prima parte del motivo unico è fondata.

53

Tuttavia, l’errore di diritto del Tribunale constatato al punto 48 della presente sentenza non è, di per sé solo, idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

54

Infatti, al punto 267 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustificato l’annullamento della decisione controversa facendo riferimento ad «una serie di indizi obiettivi e concordanti vertenti da un lato, sulla durata e sulle circostanze della fase di pre-notifica e, dall’altro, sul contenuto incompleto e insufficiente della decisione [controversa] a causa della mancanza di un’opportuna istruttoria da parte della Commissione, in fase di esame preliminare, di alcuni aspetti del mercato delle capacità, che dimostr[a] che quest’ultima ha assunto la decisione [controversa] malgrado l’esistenza di dubbi».

55

Orbene, la Commissione contesta le motivazioni che hanno portato a questa duplice conclusione attraverso le altre censure dedotte nell’ambito della prima parte del motivo unico di impugnazione nonché mediante la seconda parte di quest’ultimo. Pertanto, soltanto qualora dall’analisi di queste altre censure e di questa ultima parte del motivo risulti che la conclusione di cui sopra è inficiata da errori di diritto occorrerà annullare la sentenza impugnata.

56

Occorre respingere, anzitutto, l’eccezione di irricevibilità relativa alla seconda, alla terza, alla quarta e alla quinta censura della prima parte del motivo unico di impugnazione, formulata dalla Tempus.

57

Infatti, risulta dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che, se il Tribunale è competente in via esclusiva, da un lato, a constatare i fatti, salvo che l’inesattezza materiale delle sue constatazioni risulti dai documenti del fascicolo che gli sono stati sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova dinanzi ad esso prodotti, la Corte è competente ad esercitare, in virtù dell’articolo 256 TFUE, un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che ne sono state tratte dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 47).

58

Orbene, nel caso di specie, da un lato, la Commissione ha indicato in termini giuridicamente sufficienti, nella sua impugnazione, quali sono i punti della sentenza impugnata oggetto delle censure seconda, terza, quarta e quinta della prima parte del motivo unico di impugnazione. Dall’altro lato, risulta dall’argomentazione della Commissione che essa, mediante tali censure, rimette in discussione non la materialità dei fatti constatati dal Tribunale bensì la loro qualificazione giuridica, quali indizi idonei a dimostrare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

59

Occorre pertanto esaminare nel merito, in primo luogo, la seconda censura della prima parte del motivo unico di impugnazione.

60

A questo proposito, occorre rilevare che, al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la misura in questione era «significativa, complessa e nuova». Esso ha giustificato tali qualificazioni, da un lato, facendo riferimento, al punto 80 di detta sentenza, al carattere particolarmente elevato degli importi interessati dal regime di aiuto autorizzato dalla decisione controversa e constatando, al successivo punto 81, che tanto la definizione quanto l’attuazione di tale regime di aiuto si rivelavano complesse, e, dall’altro, sottolineando, al punto 82 della medesima sentenza, che, nella decisione controversa, la Commissione aveva, per la prima volta, valutato un mercato della capacità alla luce della disciplina 2014‑2020, il che, secondo il Tribunale, dimostrava che la misura in questione era nuova sia nel suo oggetto che nelle sue implicazioni per il futuro.

61

Tuttavia, anzitutto, risulta dalla giurisprudenza della Corte che l’importanza di un aiuto non può, di per sé stessa, essere costitutiva di serie difficoltà tali da obbligare la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale, previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, EU:C:1993:239, punto 36).

62

Poi, se la complessità di una misura di aiuto fa parte delle circostanze proprie di una causa, idonee a giustificare una durata considerevole della fase preliminare di esame (v., per analogia, sentenza del 13 giugno 2013, HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punti 8283), tale complessità non significa, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 117 delle sue conclusioni, che la Commissione debba, in ogni caso, avviare il procedimento d’indagine formale.

63

Infine, la Commissione non è tenuta ad avviare un siffatto procedimento d’indagine formale neppure per il solo fatto che la misura di aiuto presenti carattere nuovo, nel senso che la Commissione non abbia, in passato, esaminato una misura analoga.

64

Pertanto, assumendo, quali indizi di serie difficoltà che avrebbero imposto l’avvio di un procedimento d’indagine formale, il carattere importante dell’aiuto concesso in applicazione della misura in questione nonché la complessità e la novità di tale misura, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

65

In secondo luogo, occorre esaminare congiuntamente la terza e la quinta censura dedotte dalla Commissione nell’ambito della prima parte del suo motivo unico di impugnazione, mediante le quali tale istituzione contesta i punti 85, da 90 a 92, 106, 109 e 111 della sentenza impugnata, adducendo, in sostanza, che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto e travisato l’obiettivo della fase di pre‑notificazione, prendendo in considerazione, quali indizi dell’esistenza di serie difficoltà, la durata e il contenuto dei contatti di pre‑notificazione.

66

A questo proposito, risulta dall’articolo 4, paragrafi 3 e 5, del regolamento n. 659/1999 che la decisione mediante la quale la Commissione constata, dopo un esame preliminare, che una misura notificata è compatibile con il mercato interno deve essere adottata entro un termine di due mesi a partire dal giorno successivo a quello del ricevimento della notifica completa.

67

Secondo la giurisprudenza della Corte, se è pur vero che una durata del procedimento preliminare di esame eccedente il termine di due mesi previsto dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999 non permette di per sé sola di dedurre che la Commissione avrebbe dovuto avviare il procedimento d’indagine formale, ciò non toglie che tale elemento può costituire un indizio del fatto che la Commissione può aver avuto dei dubbi riguardo alla compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno (sentenza del 24 gennaio 2013, 3F/Commissione, C‑646/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:36, punto 32; v. anche, in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Belgio/Deutsche Post e DHL International, C‑148/09 P, EU:C:2011:603, punto 81).

68

Nel caso di specie, poiché il procedimento preliminare di esame della misura in questione è durato soltanto un mese, come d’altronde rilevato dal Tribunale al punto 85 della sentenza impugnata, esso non poteva, conformemente alla giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza, costituire un indizio dell’esistenza di dubbi riguardo alla compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno.

69

Il Tribunale ha nondimeno considerato, nel medesimo punto della sentenza impugnata, che, «alla luce delle circostanze della presente causa», la durata del procedimento preliminare di esame di tale misura non poteva nondimeno costituire un indizio probante dell’insussistenza di dubbi riguardo alla compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno, in quanto bisognava altresì tener conto della durata e del contenuto dei contatti intervenuti tra il Regno Unito e la Commissione durante la fase di pre‑notificazione.

70

A questo proposito, il Tribunale ha, da un lato, ai punti da 86 a 91 della sentenza impugnata, ricordato le disposizioni del codice delle migliori pratiche relative alla fase di pre‑notificazione e, dall’altro, ai punti da 92 a 105 di detta sentenza, ricapitolato i contatti che erano intervenuti tra la Commissione e il Regno Unito anteriormente alla notifica della misura in questione, così come gli interventi spontanei di terzi. Esso ha da ciò dedotto, al punto 106 della sua pronuncia, che «la durata della fase di pre‑notifica [era] stata notevolmente più lunga del periodo di due mesi previsto, in via generale, dal codice delle migliori pratiche».

71

Sulla base di queste considerazioni, il Tribunale ha rilevato, al punto 109 della sentenza impugnata, che «la lunghezza e le circostanze della fase di pre‑notifica (…) non permett[evano] di considerare che la breve durata del procedimento di esame preliminare costitui[sse] un indizio dell’insussistenza di dubbi quanto alla compatibilità del suddetto regime di aiuti con il mercato interno, ma, al contrario, [potevano] costituire un indizio dell’esistenza di tali dubbi». Esso ha aggiunto, al punto 111 di detta sentenza, che la misura in questione era «significativa, complessa e nuova».

72

Orbene, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 40 della presente sentenza, la prova dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità di una misura di aiuto con il mercato interno deve essere fornita, eventualmente sulla scorta di un insieme di indizi concordanti, dalla parte che chiede l’annullamento della decisione di non sollevare obiezioni riguardo al contenuto di tale misura.

73

Pertanto, non spettava al Tribunale stabilire, in contrasto con le considerazioni svolte al punto 85 della sentenza impugnata, se esistessero indizi probanti dell’assenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno. Ad esso spettava, al contrario, appurare se la Tempus avesse fornito la prova dell’esistenza di dubbi siffatti, eventualmente con l’ausilio di un insieme di indizi concordanti.

74

Orbene, il Tribunale non si è limitato a statuire che la durata e le circostanze della fase di pre‑notificazione non permettevano di ritenere che la durata relativamente breve della fase di esame preliminare costituisse un indizio dell’assenza di dubbi. Come risulta dal punto 109 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la lunghezza e le circostanze della fase di pre‑notificazione costituissero esse stesse degli indizi dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

75

Così facendo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

76

Risulta, infatti, dai paragrafi 10 e 12 del codice delle migliori pratiche che, come lo stesso Tribunale ha in sostanza constatato al punto 89 della sentenza impugnata, l’obiettivo essenziale della fase di pre‑notificazione è di garantire la completezza del modulo di notifica, in modo da permettere alla Commissione, una volta effettuata la notifica, di adottare la propria decisione entro il termine previsto a tal fine dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 659/1999.

77

Invero, come sostiene la Commissione, non è affatto escluso che la Commissione e lo Stato membro interessato discutano anche, nella fase di pre‑notificazione, della conformità con il mercato interno della misura di aiuto che si intende notificare. Infatti, risulta dal paragrafo 10 del codice delle migliori pratiche che gli scambi tra la Commissione e lo Stato membro interessato possono altresì vertere sugli aspetti di una misura progettata che pongono dei problemi. Allo stesso modo, il paragrafo 12 di detto codice pone in evidenza che una fase di pre‑notificazione ben condotta permette anche di esaminare qualsiasi problema sostanziale sollevato da una misura proposta.

78

Ciò non toglie che l’esame definitivo della conformità al mercato interno di una determinata misura può cominciare soltanto una volta che quest’ultima abbia assunto la sua forma definitiva, al momento della sua notifica alla Commissione. Pertanto, le considerazioni del Tribunale, esposte ai punti 90 e 91 della sentenza impugnata, da cui risulta, rispettivamente, che la fase di pre‑notificazione non ha lo scopo di valutare la compatibilità della misura notificata con il mercato interno e che solo a partire dal ricevimento della notifica la Commissione procede all’esame della misura notificata, non sono, in quanto tali, inficiate da errori.

79

Tuttavia, è proprio per questo motivo che la durata e le circostanze della fase di pre‑notificazione non possono costituire indizi di eventuali difficoltà sollevate dalla misura notificata. Infatti, è assolutamente possibile che, nel contesto di una lunga fase di pre‑notificazione, lo Stato membro interessato abbia potuto approfittare dei suoi scambi con la Commissione per modificare la misura progettata in modo da risolvere qualsiasi problema che quest’ultima avrebbe potuto presentare nella sua forma inizialmente prevista, affinché tale misura, nella sua forma definitiva, fissata al momento della notifica, non comporti più alcuna difficoltà.

80

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre accogliere anche la terza e la quinta censura della prima parte del motivo unico di impugnazione.

81

In terzo luogo, occorre esaminare la quarta censura dedotta dalla Commissione nell’ambito della prima parte del motivo unico di impugnazione, relativa alla presa in considerazione, da parte del Tribunale, del numero e della varietà delle osservazioni trasmesse alla Commissione quale elemento attestante l’esistenza di serie difficoltà determinate dalla misura in questione.

82

A questo proposito, al punto 101 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che risultava dalla notifica e dalla decisione controversa che «tre tipi di operatori, in base alle informazioni in loro possesso al momento in cui sono intervenuti, [avevano] desiderato presentare direttamente e spontaneamente le loro osservazioni alla Commissione sulla compatibilità dell’aiuto». Ai punti da 102 a 104 della sua pronuncia, il Tribunale ha fornito brevi precisazioni sugli operatori in questione e sui temi affrontati nelle loro osservazioni.

83

Orbene, al punto 109 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato ad indicare che la «varietà delle osservazioni trasmesse a proposito [della misura in questione] da tre tipi diversi di operatori» era un elemento che poteva costituire un indizio dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità di tale misura con il mercato interno.

84

Inoltre, dopo aver sottolineato, al punto 111 di detta sentenza, che la misura in questione «era contestata sotto tre aspetti dai vari operatori che dovevano beneficiarne», senza fornire ulteriori precisazioni in merito alle ragioni di tali constatazioni e agli eventuali problemi che esse sollevavano, il Tribunale ha giudicato che tale circostanza rientrava nel novero di quelle che, secondo il punto 115 della sentenza impugnata, costituivano un indizio idoneo a dimostrare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

85

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, la Commissione non può essere tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale relativo ad una misura di aiuto per il solo fatto che soggetti terzi interessati abbiano spontaneamente presentato osservazioni in merito ad una misura notificata, quali che siano l’origine o il numero di queste osservazioni. È soltanto nel caso in cui tali osservazioni facciano riferimento ad elementi idonei a rivelare l’esistenza di serie difficoltà nella valutazione della misura notificata che la Commissione deve avviare il procedimento d’indagine formale.

86

Orbene, nel caso di specie, il Tribunale non ha indicato che le osservazioni presentate alla Commissione facessero riferimento ad elementi di questa natura e si è fondato unicamente sul numero e sulla «varietà» di queste osservazioni, quali elementi idonei ad attestare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

87

Così facendo, come giustamente fatto valere dalla Commissione, il Tribunale è incorso in un errore di diritto che ha inficiato la sentenza impugnata, sicché la quarta censura della prima parte del motivo unico di impugnazione e, di conseguenza, tale parte del motivo nella sua interezza devono essere accolte.

88

Nondimeno, per le ragioni esposte ai punti da 53 a 55 della presente sentenza, occorre esaminare anche la seconda parte del motivo unico di impugnazione.

Sulla seconda parte del motivo unico di impugnazione

Argomentazione delle parti

89

Con la seconda parte del motivo unico di impugnazione, la Commissione, sostenuta dal Regno Unito e dalla Repubblica di Polonia, fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per il fatto di averle imputato il mancato svolgimento di un’appropriata istruttoria in merito a taluni aspetti del mercato della capacità nel Regno Unito.

90

Mediante una prima censura, la Commissione critica la valutazione del Tribunale, esposta ai punti 146, 152 e da 154 a 156 della sentenza impugnata, secondo cui essa non avrebbe sufficientemente considerato le reali potenzialità della gestione della domanda nel mercato della capacità, ciò che le avrebbe impedito di avere dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

91

A questo proposito, essa precisa che, se invero la disciplina 2014‑2020 prevede una valutazione dell’incidenza della partecipazione degli attori della domanda, ivi compresa una descrizione delle misure destinate a incoraggiare la gestione della domanda, detta disciplina non esige affatto un sostegno sistematico a favore della tecnologia di gestione della domanda, come sembra pretendere il Tribunale nella sentenza impugnata.

92

La Commissione aggiunge che la sentenza impugnata non menziona alcuna ragione che avrebbe dovuto portarla a rimettere in dubbio i documenti di cui essa disponeva, relativi alle potenzialità della gestione della domanda. Sarebbe pacifico che, al momento dell’adozione della misura in questione, né il Regno Unito, né la Commissione erano in grado di procedere ad una stima assolutamente precisa delle potenzialità a lungo termine della tecnologia di gestione della domanda. Inoltre, la Commissione avrebbe verificato che la misura in questione era aperta e forniva incentivi adeguati agli operatori interessati, sicché essa non avrebbe avuto bisogno di realizzare propri studi e proprie stime riguardanti le potenzialità della gestione della domanda per stabilire se il mercato della capacità del Regno Unito fosse compatibile con la disciplina 2014‑2020. Il fatto che gli operatori di gestione della domanda desiderassero maggiori incentivi a titolo della misura in questione non equivarrebbe all’esistenza di serie difficoltà. Di conseguenza, la Commissione reputa che non aveva alcuna ragione di ritenere che la valutazione delle potenzialità di gestione della domanda presentata dal Regno Unito e, dunque, della quantità di capacità da mettere all’asta potesse dar luogo a serie difficoltà.

93

Mediante una seconda censura, la Commissione contesta l’analisi esposta ai punti da 159 a 259 della sentenza impugnata, relativa al presunto trattamento discriminatorio o sfavorevole della gestione della domanda. In particolare, la Commissione critica la conclusione del Tribunale secondo cui essa avrebbe dovuto avere dei dubbi per quanto riguarda la compatibilità della misura in questione con il mercato interno sotto il profilo, in primo luogo, della durata dei contratti di capacità, in secondo luogo, del metodo di recupero dei costi e, in terzo luogo, delle condizioni di partecipazione alle aste.

94

In primo luogo, per quanto riguarda la durata dei contratti di capacità, la Commissione ritiene che il Tribunale si sia sbagliato ritenendo, segnatamente, ai punti 181 e 182 della sentenza impugnata, che essa avrebbe dovuto analizzare le spese in conto capitale e le difficoltà di finanziamento degli operatori di gestione della domanda prima di avallare la posizione del Regno Unito, secondo cui non era necessario offrire a tali operatori contratti di una durata superiore ad un anno. Infatti, i contratti di un anno sarebbero la norma e non l’eccezione e la Tempus non avrebbe mai contestato il fatto che i costi di investimento iniziali degli operatori di gestione della domanda non sono assolutamente paragonabili a quelli dei nuovi fornitori di capacità. Inoltre, l’esperienza acquisita a partire dalla realizzazione del mercato della capacità nel corso dell’anno 2014 non permetterebbe di concludere che l’accesso differenziato ad accordi a più lungo termine abbia procurato un vantaggio concorrenziale alle nuove capacità di produzione.

95

In secondo luogo, per quanto riguarda il metodo di recupero dei costi, la Commissione fa valere che questo aspetto della misura in questione, che rientra nel finanziamento del mercato della capacità, non era direttamente pertinente ai fini della valutazione della compatibilità di detta misura con il mercato interno, in mancanza di un vincolo di destinazione obbligatorio tra le entrate risultanti dal prelievo applicato ai fornitori di elettricità e l’importo dell’aiuto. Inoltre, il Tribunale avrebbe erroneamente fatto riferimento, nei punti 199 e 211 della sentenza impugnata, al punto 27, lettera e), nonché ai punti 69 e 92 della disciplina 2014‑2020, malgrado che i criteri di valutazione pertinenti fossero ubicati nelle sezioni 3.9.5 e 3.9.6 della suddetta disciplina.

96

Ad ogni modo, il Tribunale avrebbe commesso un errore statuendo, al punto 210 della sentenza impugnata, che la Commissione avrebbe dovuto verificare se la misura in questione contenesse un incentivo equivalente a quello di un progetto anteriore inteso a ridurre il consumo di elettricità nelle ore di punta. Secondo la Commissione, sarebbe stato sufficiente concludere che tale misura conteneva un siffatto prevedibile incentivo, situazione questa che si verificava nel caso di specie. Esigendo da essa che verificasse se il metodo di finanziamento prescelto fosse il migliore per incoraggiare la gestione della domanda, il Tribunale avrebbe prestato un’attenzione eccessiva e ingiustificata alle misure intese a incoraggiare la gestione della domanda. La Commissione fa osservare, a questo proposito, che il metodo di recupero dei costi costituisce un compromesso tra l’interesse a mantenere un incentivo alla riduzione dei consumi e la necessità di ridurre l’incertezza dei fornitori sulla quota dei costi che restano probabilmente a loro carico. A meno che vi siano ragioni di pensare che la valutazione dello Stato membro è inesatta o erronea, la Commissione non potrebbe essere tenuta a criticare il disegno complessivo di misure nazionali che essa reputi solidamente giustificate.

97

Anche la Repubblica di Polonia ritiene che, al punto 210 della sentenza impugnata, il Tribunale si sia concentrato in modo eccessivo sulla questione se la misura in discussione incoraggiasse lo sviluppo della gestione della domanda, ignorando il potere discrezionale della Commissione per quanto riguarda la compatibilità di una misura con la disciplina 2014‑2020.

98

In terzo luogo, la Commissione ritiene che erroneamente il Tribunale abbia affermato che essa avrebbe dovuto avere dei dubbi riguardo alle condizioni di partecipazione al mercato della capacità alle quali sono assoggettati gli operatori di gestione della domanda, in quanto il Regno Unito si era impegnato a offrire almeno il 50% del volume riservato nelle aste T‑1, le quali avrebbero offerto una migliore via di accesso al mercato per gli operatori di gestione della domanda. I punti 242 e 243 della sentenza impugnata conterrebbero una valutazione manifestamente errata in proposito, in quanto l’impegno suddetto, che figura nel considerando 46 della decisione controversa, sarebbe giuridicamente vincolante. Nel caso in cui lo Stato membro dovesse discostarsi dall’impegno suddetto, la misura così adottata non sarebbe più giustificata dalla decisione controversa.

99

Anche il Regno Unito ritiene che, in considerazione del suo impegno di offrire nelle aste T‑1 almeno il 50% del volume inizialmente riservato, la critica del Tribunale in proposito, figurante ai punti 242 e 243 della sentenza impugnata, sia infondata. Inoltre, il Regno Unito ritiene che la Commissione fosse legittimata ad accettare tale impegno senza esigere che detto Stato dimostrasse che tale impegno era stato recepito nel diritto interno. Infine, il Regno Unito ricorda che, se certo le aste T‑1 possono costituire la via privilegiata per alcuni operatori di gestione della domanda, questi ultimi hanno altresì la possibilità di partecipare alle aste T‑4, nelle quali essi hanno d’altronde fatto registrare eccellenti risultati.

100

Per quanto riguarda la soglia di partecipazione di 2 megawatt (MW) fissata nella decisione controversa, la Commissione fa osservare come nessun terzo avesse formulato obiezioni al riguardo, sicché le informazioni di cui essa disponeva nel corso dell’esame preliminare non potevano far sorgere dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno. Sarebbe stato soltanto al momento della replica dinanzi al Tribunale che la Tempus avrebbe contestato tale soglia, sicché questa censura avrebbe dovuto essere dichiarata irricevibile. In ogni caso, il raffronto effettuato dal Tribunale, al punto 256 della sentenza impugnata, con il mercato della capacità Pennsylvania‑New Jersey‑Maryland (PJM) negli Stati Uniti sarebbe fuori luogo e dimostrerebbe l’assenza di un esame critico della fondatezza delle critiche formulate dalla Tempus. Inoltre, nella seconda asta transitoria, il Regno Unito avrebbe abbassato la soglia di partecipazione a 500 kW senza risultato significativo, in quanto soltanto il 2,7% delle offerte presentate dagli operatori di gestione della domanda sarebbe stato inferiore a tale soglia.

101

La Commissione ritiene, pertanto, che essa poteva validamente considerare, sulla base delle informazioni di cui disponeva, che il regime in questione comportava degli incentivi adeguati alla partecipazione degli operatori di gestione della domanda, in conformità della disciplina 2014‑2020.

102

Il Regno Unito e la Repubblica di Polonia attirano l’attenzione, in via generale, sul fatto che la disciplina 2014‑2020 ha l’obiettivo di permettere alla Commissione di verificare se una misura di aiuto consenta di raggiungere un obiettivo di interesse comune, obiettivo che nel caso di specie consiste nell’assicurare l’adeguatezza delle capacità sul mercato dell’elettricità, al costo più basso per il consumatore e in maniera tecnologicamente neutra, minimizzando gli effetti negativi sul commercio tra Stati membri e sulla concorrenza. Per contro, detta disciplina non mirerebbe ad imporre condizioni particolari per quanto riguarda la strutturazione della misura d’aiuto o a definire gli aspetti del meccanismo di capacità intesi ad assicurare l’adeguatezza delle capacità. L’obiettivo di tale disciplina non sarebbe dunque quello di facilitare o di incoraggiare gli operatori di gestione della domanda, come il Tribunale avrebbe erroneamente constatato in modo ripetuto nella sentenza impugnata. Pertanto, concludendo che la compatibilità della misura in questione con il mercato interno suscitava dei dubbi, il Tribunale avrebbe travisato l’obiettivo del mercato della capacità e commesso un errore nell’applicazione della suddetta disciplina 2014‑2020.

103

In risposta alla prima censura, la Tempus fa valere, anzitutto, che l’argomentazione della Commissione deriva da un’erronea lettura della sentenza impugnata. Il Tribunale avrebbe soltanto statuito che, senza ignorare i dati forniti dallo Stato membro, la Commissione doveva farsi un’idea complessiva dell’insieme delle informazioni pertinenti disponibili e ricercare elementi di prova supplementari, tramite il procedimento d’indagine formale, nel caso in cui, come nella presente fattispecie, tali elementi fossero oggettivamente necessari per dissipare i dubbi.

104

Per quanto riguarda, più in particolare, la valutazione delle potenzialità di gestione della domanda, la Tempus sostiene pienamente la valutazione del Tribunale esposta ai punti da 152 a 158 della sentenza impugnata. Essa ritiene, in particolare, che la Commissione dovesse esigere dal Regno Unito che quest’ultimo valutasse anzitutto le potenzialità della partecipazione degli operatori di gestione della domanda, come richiesto dai punti 223 e 224 della disciplina 2014‑2020, senza attendere che la prima asta rivelasse queste potenzialità. Inoltre, la Tempus sostiene che la Commissione non ha sufficientemente tenuto conto del fatto che la tecnologia di gestione della domanda doveva essere incoraggiata in maniera adeguata per realizzare le sue piene potenzialità, le quali avrebbero potuto portare a rendere inutile in un prossimo futuro il mercato della capacità.

105

La Tempus ritiene che anche la seconda censura della Commissione sia infondata. In primo luogo, riguardo al carattere discriminatorio della durata dei contratti di capacità, la Commissione procederebbe ad un’erronea lettura della sentenza impugnata, in quanto quest’ultima non avrebbe constatato che esisteva un regime normale di contratti di una durata superiore ad un anno, da cui gli operatori di gestione della domanda sarebbero stati esclusi. Inoltre, la Tempus chiede alla Corte di procedere ad una sostituzione delle motivazioni, al fine di constatare la presenza di altri elementi che giustificavano l’esistenza di dubbi al riguardo. Come il Tribunale avrebbe sottolineato al punto 190 della sentenza impugnata, la Commissione avrebbe dovuto stabilire se l’impossibilità degli operatori di gestione della domanda di ottenere dei contratti della stessa durata di quelli degli altri fornitori di capacità non rischiasse di ridurre il loro possibile contributo alla risoluzione del problema di adeguatezza delle capacità. Infatti, il semplice fatto che una tecnologia sia onerosa non dovrebbe procurarle uno svantaggio indebito nel contesto delle aste, quando si presume che il mercato della capacità garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento ad un costo minimo per il consumatore.

106

In secondo luogo, per quanto riguarda il metodo di recupero dei costi, la Tempus fa valere che i punti da 208 a 213 della sentenza impugnata concernono esclusivamente una valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale, che non è soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un giudizio di impugnazione. In ogni caso, l’analisi del Tribunale in ordine all’esistenza di dubbi per quanto riguarda l’effetto incentivante della misura in questione sarebbe corretta, per le ragioni esposte ai punti da 194 a 213 della sentenza impugnata. Per quanto riguarda l’assenza di un nesso tra il finanziamento della misura e la misura di aiuto in quanto tale, affermata dalla Commissione, la Tempus ritiene che, al contrario, la misura in questione costituisca un perfetto esempio di un meccanismo comportante un vincolo di destinazione obbligatorio tra il tributo e l’aiuto. Infatti, i segnali di prezzo imposti dal metodo di recupero dei costi su un anno avrebbero un’influenza diretta sugli incentivi e sulla capacità dei consumatori di spostare la loro utilizzazione e, pertanto, sulla domanda in periodo di punta, che viene poi utilizzata per calcolare il volume della capacità da acquistare per gli anni successivi. Il fatto che tale aspetto non venga menzionato nella disciplina 2014‑2020 non avrebbe impedito la sua presa in considerazione ai fini della valutazione della compatibilità della misura in questione. La Tempus ritiene, infine, che il Tribunale non abbia commesso alcun errore affermando che la Commissione non poteva accontentarsi di un semplice impegno dello Stato membro, qualora tale impegno non avesse trovato riscontro nella normativa nazionale.

107

In terzo luogo, per quanto riguarda le condizioni di partecipazione al mercato della capacità e, in particolare, la soglia di partecipazione di 2 MW, la Tempus sostiene che giustamente il Tribunale ha giudicato tale argomento ricevibile, nella misura in cui esso costituiva l’ampliamento di una censura formulata nell’atto introduttivo del giudizio. Inoltre, i punti da 249 a 252 della sentenza impugnata indicherebbero chiaramente in che modo la garanzia per l’offerta d’asta avrebbe potuto effettivamente costituire una barriera alla partecipazione degli operatori di gestione della domanda al mercato della capacità.

Giudizio della Corte

108

Con la prima censura dedotta nell’ambito della seconda parte del motivo unico di impugnazione, la Commissione critica i punti 146, 152 e da 154 a 156 della sentenza impugnata, che si inseriscono negli sviluppi argomentativi di tale sentenza compresi sotto il titolo «Elementi disponibili riguardanti le potenzialità della gestione della domanda».

109

A questo proposito, risulta dal considerando 122 della decisione controversa, il cui contenuto viene ricordato al punto 150 della sentenza impugnata, che, al fine di sostenere il settore della gestione della domanda, il Regno Unito aveva espresso la propria intenzione di esaminare le informazioni risultanti dalla prima asta T‑4 del mese di dicembre 2014, al fine di assicurarsi che le curve della domanda fossero calibrate in modo appropriato. Inoltre, il Regno Unito aveva elaborato delle disposizioni relative alle aste transitorie al fine di sostenere la crescita del settore della gestione della domanda tra l’anno 2015 e l’anno 2016, nonché un progetto pilota in materia di efficienza energetica. Il Regno Unito aveva anche indicato che, in risposta al rapporto, pubblicato il 30 giugno 2014, del gruppo di esperti tecnici (in prosieguo: il «PTE») incaricato dell’esame delle raccomandazioni per quanto riguarda la capacità di mettere all’asta a titolo del mercato della capacità nel mese di dicembre 2014, la National Grid plc aveva suggerito un progetto comune con la Energy Network Association (Associazione delle reti di energia), ivi compreso il Distribution Network Operators (Operatori delle reti di distribuzione).

110

Al punto 151 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato il considerando 128 della decisione controversa, secondo il quale, anche se la misura in questione poteva avere come risultato di sostenere la produzione a partire da combustibili fossili, la Commissione riteneva che la valutazione del problema di adeguatezza delle capacità, realizzata ogni anno, tenesse conto di tutti i tipi di operatori, ivi compresi gli operatori di gestione della domanda. Secondo il Tribunale, la Commissione ha su tale base concluso, al considerando 129 di detta decisione, che la misura in questione era «neutra sul piano tecnologico» e non aveva come effetto di rafforzare la posizione dei produttori di elettricità a partire da combustibili fossili.

111

Orbene, al punto 146 della sentenza impugnata, il Tribunale ha segnatamente affermato che, nel momento in cui la Commissione aveva effettuato il proprio esame preliminare della misura in questione, essa era in grado di valutare elementi che permettevano non soltanto di considerare il ruolo attuale della gestione della domanda, ma anche di prevedere le sue reali potenzialità.

112

Al punto 152 della sentenza impugnata, esso ha rilevato che le valutazioni contenute nei considerando 122, 128 e 129 della decisione controversa, ricordate ai punti 150 e 151 di detta sentenza nonché ai punti 109 e 110 della presente sentenza, non erano «tali da permettere alla Commissione di fugare i dubbi emersi dagli elementi già in suo possesso o di cui poteva disporre al momento dell’adozione della decisione [controversa]».

113

Il Tribunale ha aggiunto, al punto 154 di detta sentenza, che, «alla luce degli elementi disponibili e tenuto conto del ruolo della gestione della domanda, [la Commissione] non poteva, nel caso di specie, accontentarsi del mero “carattere aperto” della misura e concludere, di conseguenza, per la sua neutralità sul piano tecnologico, senza esaminare in modo più dettagliato la reale ed effettiva presa in considerazione di tale soluzione tecnologica all’interno del mercato delle capacità».

114

A questo proposito, al punto 155 della sentenza impugnata, il Tribunale ha segnatamente rilevato che nessun elemento menzionato nella decisione controversa permetteva di dimostrare che la Commissione avesse condotto un suo proprio esame per quanto riguardava la presa in considerazione effettiva della gestione della domanda. Esso ha rilevato, «[a] titolo di esempio», che, in nessun punto della decisione controversa, veniva fatto riferimento alla stima di 3 gigawatt (GW) delle potenzialità della gestione della domanda, evocata dal National Grid. Il Tribunale ha dunque considerato che la Commissione aveva accettato le informazioni e le ipotesi presentate dal Regno Unito.

115

Esso ha aggiunto, al punto 156 della sentenza impugnata, che non si poteva dunque escludere che, «se la Commissione avesse effettuato un proprio esame delle potenzialità della gestione della domanda, specie per interrogarsi sulle modalità di presa in considerazione delle stime operate dal National Grid o da altre fonti o per interrogarsi sulle ragioni del successo degli esempi americani, le modalità di partecipazione degli operatori di gestione della domanda sarebbero state diverse».

116

È sulla base di queste considerazioni che il Tribunale ha concluso, al punto 158 della sentenza impugnata, che «gli elementi disponibili per quanto riguarda le potenzialità della gestione della domanda (…) [erano] atti a costituire un indizio dell’esistenza di dubbi quanto alla compatibilità [della misura in questione] con il mercato interno, in ordine ai quali non [era] possibile, alla lettura della decisione [controversa], constatare che essi [erano] stati fugati al termine dell’esame preliminare della Commissione».

117

Tale conclusione del Tribunale è inficiata da un errore di diritto.

118

Occorre ricordare, a questo proposito, che, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 39 della presente sentenza, incombe alla parte che chiede l’annullamento di una decisione della Commissione di non sollevare obiezioni fornire elementi idonei a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi disponibili avrebbe dovuto suscitare dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

119

Orbene, discende dalle considerazioni della sentenza impugnata ricordate ai punti da 111 a 115 della presente sentenza che il Tribunale non ha verificato se la Tempus fosse riuscita a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi disponibili avrebbe dovuto far sorgere dei dubbi nella Commissione in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno, i quali avrebbero dovuto indurla a realizzare il suo proprio esame delle suddette potenzialità, eventualmente dopo l’avvio del procedimento d’indagine formale. Il Tribunale ha piuttosto fatto gravare su detta istituzione l’obbligo di ricercare elementi che andassero al di là degli «elementi disponibili per quanto riguarda le potenzialità della gestione della domanda», ai quali si riferisce il punto 158 della sentenza impugnata.

120

In particolare, il Tribunale non ha indicato né il punto preciso sul quale dovevano concentrarsi i dubbi della Commissione, né l’elemento concreto che avrebbe dovuto suscitare simili dubbi. Occorre constatare, peraltro, che, se invero il Tribunale si è riferito, ai punti da 136 a 145 della sentenza impugnata, a taluni elementi relativi alle potenzialità della gestione della domanda che la Commissione poteva prendere in considerazione, non risulta dalla lettura di questa parte della sentenza impugnata che l’uno o l’altro di questi elementi fosse idoneo a far sorgere dubbi nella Commissione quanto alla presa in considerazione effettiva delle potenzialità della gestione della domanda nella concezione della misura in questione e, pertanto, quanto alla compatibilità di quest’ultima con il mercato interno.

121

Per quanto riguarda, più in particolare, il rapporto del PTE, alcuni estratti del quale vengono citati ai punti 142 e 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha invero rilevato, al punto 143 di tale sentenza, che l’analisi del PTE «pon[eva] l’accento sulla necessità urgente di definire incentivi adeguati per consentire alla gestione della domanda di partecipare effettivamente al mercato delle capacità, in considerazione delle sue piene potenzialità», e che «il PTE lamenta[va] l’assenza, allo stato attuale, di un’organizzazione in grado di ottenere i dati necessari per comprendere e raccogliere le informazioni relative alle potenzialità della gestione della domanda, nei suoi diversi aspetti, pur essendo alcuni già disponibili». Esso ha aggiunto, al punto 147 della stessa pronuncia, che la Commissione era a conoscenza delle difficoltà evocate dal PTE per quanto riguardava la presa in considerazione delle potenzialità della gestione della domanda a titolo del mercato della capacità.

122

Tuttavia, sebbene tali considerazioni attestino una certa difficoltà nella stima delle potenzialità della gestione della domanda, esse non sono idonee a dimostrare che la misura in questione non tenesse conto o non tenesse sufficientemente conto di dette potenzialità e, dunque, dovesse far sorgere dei dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato interno. Infatti, come ricordato dallo stesso Tribunale ai punti 136, 137 e 150 della sentenza impugnata, il Regno Unito era consapevole della necessità della partecipazione della gestione della domanda sul mercato della capacità e alcuni elementi della misura in questione erano stati concepiti in modo da garantire tale partecipazione. Orbene, il Tribunale non spiega per quali ragioni la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi riguardo al carattere sufficiente e adeguato di tali elementi.

123

Risulta da quanto precede che la prima censura della seconda parte del motivo unico di impugnazione della Commissione deve essere accolta.

124

Nell’ambito della seconda censura sollevata a sostegno della presente parte del motivo unico di impugnazione, la Commissione contesta, in primo luogo, alcuni sviluppi dell’analisi effettuata dal Tribunale ai punti da 160 a 192 della sentenza impugnata, relativa alla questione della durata dei contratti di capacità, analisi all’esito della quale il Tribunale ha constatato, al punto 193 di detta sentenza, che la differenza tra la durata dei contratti di capacità offerti agli operatori della gestione della domanda e la durata di quelli offerti ai produttori di elettricità costituiva un indizio dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

125

A questo proposito, occorre ricordare che, ai punti da 165 a 168 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato, senza che tale constatazione fosse rimessa in discussione nell’ambito della presente impugnazione, che la misura in questione non offriva alcuna possibilità agli operatori di gestione della domanda di ottenere contratti di capacità di una durata superiore ad un anno, mentre i fornitori di capacità che impegnavano spese di un livello necessario per ristrutturare una centrale esistente o costruire una centrale nuova avevano titolo per ottenere contratti di una durata che si estendeva, rispettivamente, fino a tre anni e quindici anni.

126

Al punto 169 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato in proposito che la Commissione aveva avallato la posizione del Regno Unito secondo cui, in sostanza, le capacità di produzione nuove o da ristrutturare implicavano costi di investimento elevati, il che giustificava la loro legittimazione a beneficiare di contratti più lunghi, al fine di permettere agli operatori di ottenere il finanziamento necessario, mentre gli operatori di gestione della domanda avevano esigenze di spese in conto capitale meno onerose. Dopo aver analizzato, in modo dettagliato, se il suddetto approccio della Commissione fosse fondato, il Tribunale ha concluso, al punto 180 di detta sentenza, che il criterio decisivo adottato con la misura in questione per determinare gli operatori ammessi ad ottenere contratti di capacità di durata superiore ad un anno era il livello di spese in conto capitale e le difficoltà di finanziamento.

127

Il Tribunale ha dunque affermato, al punto 181 della sentenza impugnata, che era necessario appurare quale fosse la durata necessaria per permettere a ciascuna categoria di fornitori di capacità di partecipare pienamente al mercato della capacità, tenuto conto delle loro spese di investimento e delle loro difficoltà di finanziamento, al fine di rispettare l’obbligo di fornire incentivi adeguati a tutti gli operatori, e che incombeva dunque alla Commissione verificare se il fatto di riservare i contratti di capacità di durata superiore a un anno a determinate tecnologie presentasse carattere discriminatorio e fosse in contrasto con l’obiettivo di istituire un mercato della capacità neutro sul piano tecnologico.

128

Orbene, al punto 182 della sentenza impugnata e, nuovamente, al punto 192 di tale sentenza, il Tribunale ha constatato che la Commissione aveva avallato la posizione del Regno Unito secondo cui non era necessario offrire contratti di durata superiore ad un anno agli operatori di gestione della domanda, senza verificare se le spese in conto capitale e le difficoltà di finanziamento di questo tipo di operatori potessero rendere necessario offrir loro la possibilità di ottenere simili contratti.

129

Tuttavia, non risulta dalle motivazioni esposte ai punti da 183 a 191 della sentenza impugnata che la Tempus avesse dimostrato, come esige la giurisprudenza citata al punto 39 della presente sentenza, che la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva avrebbe dovuto far sorgere in quest’ultima dei dubbi riguardo alla fondatezza della posizione del Regno Unito.

130

Infatti, al punto 187 della sentenza impugnata, lo stesso Tribunale ha constatato che tanto la Tempus quanto la UK Demand Response Association (UKDRA) (Associazione per la gestione della domanda del Regno Unito), la quale aveva presentato delle osservazioni alla Commissione, avevano ammesso che i nuovi operatori di gestione della domanda non avevano necessariamente le stesse spese in conto capitale dei produttori che costruivano nuove centrali. Inoltre, risulta dal punto 188 di detta sentenza che né la Tempus né l’UKDRA avevano presentato informazioni dettagliate in proposito dinanzi alla Commissione.

131

Il Tribunale ha invero considerato, al medesimo punto 188, che la Commissione doveva essa stessa ricercare le informazioni pertinenti e che, pertanto, per dimostrare l’esistenza di dubbi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 659/1999, era sufficiente che la Tempus provasse che la Commissione non aveva né cercato né esaminato, in modo diligente e imparziale, la totalità degli elementi pertinenti.

132

Tuttavia, risulta dalle motivazioni esposte ai punti da 48 a 51 della presente sentenza che tale considerazione è inficiata da un errore di diritto.

133

Ne consegue che, affermando, al punto 193 della sentenza impugnata, che la differenza tra la durata dei contratti di capacità offerti agli operatori di gestione della domanda e quella dei contratti offerti ai produttori costituiva un indizio dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

134

In secondo luogo, la Commissione ritiene che erroneamente il Tribunale, al fine di dimostrare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno, si sia fondato sul metodo di recupero dei costi, il quale, come si è ricordato al punto 11 della presente sentenza, mira ad assicurare il finanziamento dei costi sostenuti per la remunerazione delle capacità mediante un prelievo applicato ai fornitori di elettricità, determinato in funzione della loro quota di mercato e calcolato in base alla domanda registrata tra le ore 16 e le ore 19 durante la settimana, tra il mese di novembre e il mese di febbraio.

135

Come risulta dal punto 203 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che il metodo di recupero dei costi era pertinente al fine di valutare, in particolare, il carattere proporzionato della misura in questione, vale a dire per stabilire se l’importo dell’aiuto concesso fosse limitato al minimo necessario per ottenere il risultato auspicato.

136

Per giustificare questa considerazione, il Tribunale ha, in sostanza, indicato, ai punti 204 e 205 della sentenza impugnata, che l’importo dell’aiuto concesso in virtù della misura in questione dipendeva dal volume di capacità messo all’asta per il tramite del mercato della capacità e dal prezzo di chiusura delle aste. Esso ha precisato che, nella misura in cui il volume di capacità messo all’asta viene stabilito tenendo conto dei picchi di domanda, quanto più bassi sono quest’ultimi, tanto meno significativo è il volume di capacità messo all’asta e, dunque, l’importo dell’aiuto.

137

Orbene, essendo calcolato sulla base della domanda di elettricità, il prelievo applicato ai fornitori costituirebbe un incentivo alla riduzione dei consumi di elettricità, il che, a sua volta, ridurrebbe tanto il volume di capacità messo all’asta al fine di far fronte ai picchi di domanda quanto il prezzo di chiusura delle aste, il che, in definitiva, si tradurrebbe in una riduzione dell’importo dell’aiuto.

138

A questo proposito, il Tribunale ha constatato, al punto 206 della sentenza impugnata, che, malgrado il Regno Unito avesse inizialmente previsto di calcolare l’importo del prelievo sulla base della quota di mercato dei fornitori di elettricità nella domanda di elettricità registrata durante i periodi cosiddetti di «triade», vale a dire durante i tre periodi di mezz’ora che registrano i picchi di consumo di elettricità più elevati annualmente sul periodo che va da novembre a febbraio, il Regno Unito ha alla fine, a seguito di consultazione pubblica, modificato le modalità di calcolo del prelievo per adottare il metodo descritto al punto 134 della presente sentenza.

139

Come risulta dal punto 207 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che, relativamente alla modifica del metodo di calcolo del prelievo destinato a finanziare l’aiuto, la Commissione aveva avallato la posizione del Regno Unito senza esaminare le conseguenze di questa modifica sull’importo totale dell’aiuto e, pertanto, sul carattere proporzionato della misura in questione.

140

Inoltre, al punto 210 della sentenza impugnata, esso ha addebitato alla Commissione il fatto di non aver verificato se il nuovo metodo di recupero dei costi mantenesse effettivamente un incentivo equivalente per la riduzione dei consumi di elettricità al momento dei picchi di domanda, segnatamente tramite un incoraggiamento allo sviluppo della gestione della domanda.

141

Il Tribunale ha aggiunto, al punto 211 di detta sentenza, che la Commissione non aveva neppure verificato se il metodo di recupero dei costi adottato pregiudicasse l’accesso al mercato, segnatamente degli operatori di gestione della domanda, in particolare aumentando gli ostacoli all’ingresso e all’espansione risultanti dalla forte posizione dei fornitori integrati verticalmente. Il Tribunale ha fatto riferimento, in proposito, al punto 92 della disciplina 2014‑2020.

142

Il Tribunale ha dunque concluso, al punto 213 della sentenza impugnata, che spettava alla Commissione esaminare l’eventuale impatto del cambiamento di metodo di recupero dei costi sul carattere proporzionato della misura in questione e, di conseguenza, la sua compatibilità con il mercato interno. Esso ha pertanto considerato che il fatto che la Commissione non disponesse di informazioni complete in merito alle conseguenze del cambiamento del metodo di recupero dei costi nell’ambito del procedimento preliminare di esame costituiva un indizio supplementare dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

143

A questo proposito, occorre ricordare che la Commissione può adottare delle linee guida al fine di stabilire i criteri sulla base dei quali essa intende valutare la compatibilità, con il mercato interno, di misure di aiuto che gli Stati membri intendono introdurre. Adottando siffatte regole di condotta e annunciando, mediante la loro pubblicazione, che essa le applicherà ai casi oggetto delle regole stesse, la Commissione si autolimita nell’esercizio del proprio potere discrezionale e non può, in linea di principio, discostarsi da tali regole a pena di vedersi sanzionare, se del caso, per una violazione di principi generali del diritto, come la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenza del 29 luglio 2019, Bayerische Motoren Werke e Freistaat Sachsen/Commissione, C‑654/17 P, EU:C:2019:634, punti 8182 nonché la giurisprudenza ivi citata).

144

Nel caso di specie, è pacifico che, secondo le linee guida contenute nella disciplina 2014‑2020, il carattere proporzionato di una misura di aiuto costituisce uno dei criteri pertinenti per valutare la sua compatibilità con il mercato unico.

145

Dal momento che il metodo di recupero dei costi comporta un prelievo, vale a dire un tributo pagato dai fornitori di elettricità, la Commissione ha altresì invocato la giurisprudenza della Corte secondo cui, perché un tributo possa essere considerato come costituente parte integrante di una misura d’aiuto, deve esistere un vincolo di destinazione obbligatorio tra il tributo e l’aiuto in virtù della normativa nazionale pertinente, nel senso che il gettito del tributo è necessariamente destinato al finanziamento dell’aiuto. Ove sussista un vincolo siffatto, il gettito del tributo influisce direttamente sull’entità dell’aiuto e, di conseguenza, sulla valutazione della compatibilità di tale aiuto con il mercato interno (sentenze del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a., da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punto 40, nonché del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország, C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 27).

146

Nel caso di specie, sebbene non risulti dalla sentenza impugnata che il gettito del prelievo imposto nell’ambito del metodo di recupero è necessariamente destinato al finanziamento della misura in questione, le modalità di calcolo di tale prelievo sono suscettibili, come ritenuto in sostanza dal Tribunale ai punti da 203 a 205 della sentenza impugnata, di incidere sull’importo dell’aiuto.

147

Infatti, si può ragionevolmente presumere che i fornitori di elettricità, che sono debitori del prelievo, trasferiscano l’onere di quest’ultimo, in tutto o in parte, sui loro clienti, sicché il prelievo è idoneo, in definitiva, a colpire i consumi di elettricità e ad incentivare una limitazione degli stessi. Ciò implica, a sua volta, la limitazione delle capacità richieste e, di conseguenza, quella dell’aiuto versato nell’ambito della misura in questione al fine di assicurare tali capacità.

148

Ne consegue che non si può imputare al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto là dove ha affermato che il metodo di recupero dei costi prescelto poteva essere pertinente ai fini della valutazione del carattere proporzionato della misura in questione e, pertanto, della sua compatibilità con il mercato interno.

149

Anteposte queste precisazioni, occorre verificare se il Tribunale potesse fondatamente giudicare, come ha fatto al punto 213 della sentenza impugnata, che l’assenza di «informazioni complete per quanto riguarda le conseguenze del cambiamento di metodo di recupero dei costi» costituiva un indizio dell’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

150

A questo proposito, occorre sottolineare che la Commissione era tenuta a valutare la compatibilità della misura in questione con il mercato interno, e non a confrontare tale misura con una diversa misura che in passato il Regno Unito aveva previsto di adottare. Ne consegue che il semplice fatto che il metodo di finanziamento della misura in questione sia stato modificato rispetto al metodo inizialmente previsto non può di per sé solo essere considerato idoneo a giustificare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

151

Dunque, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale al punto 210 della sentenza impugnata, non era necessario per la Commissione verificare se il metodo di recupero dei costi previsti dalla misura in questione mantenesse un incentivo alla riduzione dei consumi di elettricità equivalente a quello che sarebbe risultato dal metodo inizialmente previsto.

152

Risulta dalle considerazioni che precedono che, statuendo, al punto 213 della sentenza impugnata, che la mancanza di informazioni complete in merito alle conseguenze del cambiamento del metodo di recupero dei costi costituiva un indizio dell’esistenza di dubbi idonei a giustificare l’avvio, da parte della Commissione, del procedimento d’indagine formale relativo alla misura in questione, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

153

In terzo luogo, la Commissione contesta alcune parti della motivazione della sentenza impugnata dedicate alle condizioni di partecipazione al mercato della capacità degli operatori di gestione della domanda. Dopo aver analizzato tre gruppi di argomenti addotti dalla Tempus, il Tribunale ha concluso, al punto 259 della sentenza impugnata, che l’interazione tra le aste T‑4 e le aste T‑1, nonché determinate condizioni di partecipazione degli operatori di gestione della domanda al mercato della capacità avrebbero dovuto indurre la Commissione a nutrire dubbi, da una parte, circa l’idoneità della misura in questione a conseguire gli obiettivi fissati dal Regno Unito in materia di promozione dello sviluppo della gestione della domanda e, dall’altra, circa la sua compatibilità con i requisiti della disciplina 2014‑2020 in materia di adeguati incentivi agli operatori di gestione della domanda e, di conseguenza, circa la compatibilità della misura in esame con il mercato interno.

154

Tale conclusione è, in sostanza, fondata su due elementi di motivazione del Tribunale, contestati dalla Commissione.

155

In primis, al punto 243 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ammesso che l’organizzazione di aste T‑1 poteva incoraggiare lo sviluppo della gestione della domanda, ma ha aggiunto che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi riguardo all’ampiezza di tale effetto incentivante, in considerazione del volume ristretto di capacità riservato alle aste T‑1 e della mancanza, constatata al punto 242 della sentenza impugnata, di una disposizione giuridica espressa che confermasse la garanzia del Regno Unito di procurarsi, in tali aste, almeno il 50% del volume riservato.

156

Orbene, come ricordato dalla Commissione, al considerando 46 della decisione controversa essa ha preso atto dell’impegno del Regno Unito a procurarsi alle aste T‑1 almeno il 50% del volume di capacità riservato quattro anni prima.

157

Un simile impegno costituisce parte integrante della misura in questione, riguardo alla quale la Commissione ha deciso, mediante la decisione controversa, di non sollevare obiezioni (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Ryanair/Commissione, C‑287/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:395, punto 67).

158

Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 170 delle sue conclusioni, che, se il Regno Unito dovesse accordare un aiuto quale quello previsto dalla misura in questione senza rispettare l’impegno suddetto, tale aiuto non troverebbe copertura nella decisione controversa e, dunque, non potrebbe essere considerato come autorizzato dalla Commissione.

159

Pertanto, la questione se il Regno Unito avesse sancito l’impegno menzionato al considerando 46 della decisione controversa in una espressa disposizione del proprio ordinamento interno era priva di pertinenza ai fini della valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato interno. L’assenza di una disposizione siffatta non poteva dunque, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, essere fonte di dubbio al riguardo.

160

Occorre aggiungere che, al punto 241 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che il volume di capacità riservato alle aste T‑1 era ristretto rispetto al volume di capacità messo all’incanto nelle aste T‑4 e che, per il resto, le aste T‑1 non erano riservate ai soli operatori di gestione della domanda.

161

Tuttavia, tali considerazioni non possono, di per sé sole, giustificare l’esistenza di dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno, a motivo di un presunto trattamento discriminatorio o sfavorevole nei confronti degli operatori di gestione della domanda.

162

Da un lato, il Regno Unito si è impegnato a mettere all’incanto, nell’ambito delle aste T‑1, almeno il 50% del volume riservato, sicché è difficile comprendere per quali ragioni il Tribunale abbia qualificato il volume di capacità riservato alle aste T‑1 come «ristretto». Dall’altro lato, il fatto che tutti gli operatori possano partecipare alle aste T‑1 non significa che gli operatori di gestione della domanda siano assoggettati ad un trattamento sfavorevole o discriminatorio.

163

In secundis, la Commissione contesta le motivazioni esposte ai punti 256 e 257 della sentenza impugnata, che hanno portato il Tribunale, a concludere, al punto 258 di tale sentenza, che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi quanto alla fondatezza dell’affermazione secondo cui la fissazione, da parte del Regno Unito, a 2 MW della soglia minima di partecipazione alle aste di capacità costituiva una misura che favoriva lo sviluppo della gestione della domanda.

164

Occorre rilevare, a questo proposito, che, come risulta dal punto 255 della sentenza impugnata, nella sua notifica della misura in questione il Regno Unito ha presentato la soglia minima di partecipazione di 2 MW come modesta rispetto alla soglia di partecipazione adottata dal National Grid nell’ambito di altre misure e, pertanto, come una delle misure che permettevano di incentivare gli operatori di gestione della domanda a partecipare al mercato della capacità.

165

Orbene, non risulta dalla sentenza impugnata che tale affermazione del Regno Unito sia stata contestata nell’ambito delle osservazioni presentate spontaneamente alla Commissione. Inoltre, la Commissione ha soltanto menzionato, ai considerando 16 e 17 della decisione controversa, la soglia di 2 MW, senza pronunciarsi sul suo carattere favorevole o sfavorevole per gli operatori di gestione della domanda.

166

Come risulta dal punto 253 della sentenza impugnata, è stato soltanto in risposta agli argomenti presentati dalla Commissione nel suo controricorso dinanzi al Tribunale che la Tempus ha fatto valere che la fissazione di una soglia minima di partecipazione di 2 MW costituiva una barriera alla partecipazione degli operatori di gestione della domanda al mercato della capacità.

167

Dopo avere, al punto 254 della sentenza impugnata, giudicato ricevibile l’argomentazione della Tempus malgrado la sua presentazione in uno stadio avanzato del procedimento, il Tribunale ha, da un lato, al punto 256 di tale sentenza, considerato che la soglia di partecipazione del mercato della capacità PJM, espressamente preso come riferimento dal Regno Unito, nella sua notifica, a sostegno della sua affermazione secondo cui la misura in questione avrebbe permesso di sviluppare il settore della gestione della domanda, era di soli 100 kW, ossia 20 volte meno elevata.

168

Dall’altro lato, al punto 257 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, se gli operatori di gestione della domanda avevano effettivamente la possibilità di aggregare più siti al fine di raggiungere la soglia minima di 2 MW, essi dovevano pagare la garanzia per l’offerta d’asta sulla totalità dei 2 MW, non appena una parte di questo volume, anche solo minima, fosse costituita da capacità di gestione della domanda non confermate. Orbene, secondo il Tribunale, l’importo della garanzia per l’offerta d’asta poteva costituire una barriera all’ingresso di nuovi operatori di gestione della domanda.

169

È sulla base di queste considerazioni che il Tribunale ha concluso, al punto 258 della sentenza impugnata, che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi riguardo all’affermazione secondo cui la fissazione a 2 MW della soglia minima di partecipazione alle aste di capacità costituiva una misura che favoriva lo sviluppo della gestione della domanda.

170

Senza che sia necessario esaminare se il Tribunale abbia giustamente giudicato ricevibile l’argomentazione della Tempus relativa alla soglia minima di partecipazione, circostanza questa che viene contestata dalla Commissione, occorre osservare, in primo luogo, che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 177 delle sue conclusioni, la soglia di partecipazione adottata dal National Grid nell’ambito di altre misure era effettivamente superiore a 2 MW. Pertanto, l’affermazione del Regno Unito, riportata al punto 255 della sentenza impugnata, non era inesatta, ciò che il Tribunale non ha, d’altronde, affermato.

171

In secondo luogo, il Tribunale non ha in alcun modo esposto, al punto 256 della sentenza impugnata, le motivazioni che potevano giustificare un raffronto tra la soglia di partecipazione del mercato della capacità PJM e quella prevista nell’ambito della misura in questione. Il fatto, evocato dal Tribunale, che il Regno Unito abbia fatto riferimento al mercato della capacità PJM a sostegno della propria affermazione secondo cui questa misura avrebbe permesso di sviluppare il settore della gestione della domanda non può, di per sé solo, giustificare tale raffronto.

172

In terzo luogo, occorre constatare che, al punto 258 della sentenza impugnata, il Tribunale ha solamente rilevato che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi riguardo all’affermazione secondo cui la fissazione della soglia minima di partecipazione a 2 MW costituiva una misura che favoriva lo sviluppo della gestione della domanda.

173

Orbene, anche supponendo che dei dubbi riguardo al carattere favorevole della fissazione della soglia minima di partecipazione a 2 MW per lo sviluppo della gestione della domanda fossero giustificati, tale circostanza non significa necessariamente che la soglia di cui sopra fosse sfavorevole al suddetto sviluppo, nel senso che essa costituiva un ostacolo importante alla partecipazione degli operatori di gestione della domanda al mercato della capacità.

174

Risulta dalle considerazioni che precedono che la conclusione del Tribunale contenuta al punto 259 della sentenza impugnata e ricordata al punto 153 della presente sentenza non può essere giustificata né dalle considerazioni enunciate ai punti 242 e 243 di detta sentenza, relative alla mancanza di una disposizione nell’ordinamento interno del Regno Unito che garantisse la messa all’incanto nelle aste T‑1 di almeno il 50% della capacità riservata quattro anni prima, né dalle considerazioni svolte ai punti da 256 a 258 della sentenza impugnata, relative ai dubbi che la Commissione avrebbe dovuto avere riguardo al carattere favorevole, per gli operatori di gestione della domanda, della fissazione a 2 MW della soglia minima di partecipazione al mercato della capacità.

175

Di conseguenza, poiché la conclusione formulata al punto 259 della sentenza impugnata è inficiata da un errore di diritto, la seconda parte del motivo unico di impugnazione deve essere accolta.

176

Poiché le due parti del motivo unico di impugnazione sono fondate, occorre annullare la sentenza impugnata.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

177

Conformemente all’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire essa stessa definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

178

Nel caso di specie, tenuto conto, segnatamente, del fatto che il ricorso di annullamento proposto dalla Tempus nella causa T‑793/14 è fondato su motivi che hanno costituito l’oggetto di un dibattito in contraddittorio dinanzi al Tribunale e il cui esame non impone di adottare alcuna misura supplementare di organizzazione del procedimento o di istruzione del fascicolo, la Corte giudica che lo stato degli atti consente una decisione su detto ricorso e che occorre statuire definitivamente su quest’ultimo (v., per analogia, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 130).

179

In quanto parte interessata e al fine di assicurare la salvaguardia dei diritti procedurali che essa si vede riconosciuti dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, la Tempus deduce due motivi a sostegno del suo ricorso, relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, alla violazione dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento nonché ad un’erronea valutazione dei fatti e, il secondo, ad un difetto di motivazione.

Sul primo motivo

180

Il primo motivo è suddiviso in sette parti. A sostegno della prima parte, relativa ad un’erronea valutazione delle potenzialità della gestione della domanda, la Tempus invoca gli elementi esaminati dal Tribunale ai punti da 136 a 158 della sentenza impugnata sotto il titolo «Elementi disponibili riguardanti le potenzialità della gestione della domanda». Orbene, per le ragioni indicate ai punti da 117 a 122 della presente sentenza, tali elementi non sono idonei a dimostrare che la valutazione delle potenzialità della gestione della domanda dovesse far sorgere dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno e che tali dubbi avrebbero dovuto portare la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale. Pertanto, la prima parte del primo motivo deve essere respinta.

181

Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, la Tempus invoca gli elementi esaminati dal Tribunale ai punti da 160 a 193 della sentenza impugnata sotto il titolo «La durata dei contratti di capacità». Orbene, risulta dai punti da 129 a 133 della presente sentenza che tali elementi non dimostrano che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno. Pertanto, anche la seconda parte del primo motivo deve essere respinta.

182

Mediante la terza parte del primo motivo, la Tempus fa valere, in sostanza, che le condizioni di partecipazione alle diverse aste previste dalla misura in questione erano tali che portavano ad una esclusione de facto degli operatori di gestione della domanda dalle prime aste T‑4. Tale parte del motivo deve essere respinta in quanto infondata, per le ragioni esposte ai punti da 231 a 235 della sentenza impugnata, che la Corte fa proprie.

183

Con la quarta parte del motivo, la Tempus adduce gli argomenti relativi al metodo di recupero dei costi, quali riepilogati ai punti da 194 a 197 della sentenza impugnata. Orbene, per le ragioni esposte ai punti 150 e 151 della presente sentenza, detti argomenti non dimostrano che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno. Pertanto, la quarta parte del motivo deve essere respinta.

184

Mediante la quinta parte del motivo, la Tempus sostiene che la misura in questione sottopone a discriminazione gli operatori di gestione della domanda trattando in maniera equivalente tutti i partecipanti alle aste permanenti e obbligando tutti costoro, ivi compresi detti operatori, a presentare offerte per crisi di capacità a tempo indeterminato.

185

Tale parte del motivo deve essere respinta in quanto infondata. Infatti, è pacifico che l’obbligo di presentare offerte per crisi di capacità a tempo indeterminato si impone a tutti gli operatori, considerando che tale obbligo persegue l’obiettivo – come ha spiegato la Commissione – di raggiungere un livello di sicurezza di approvvigionamento superiore a quello garantito dalle offerte d’asta limitate alla copertura di crisi di capacità a scadenza fissa. Date tali circostanze, non si può ritenere né che vi sia un trattamento discriminatorio degli operatori di gestione della domanda, né che la Commissione avrebbe dovuto avere dei dubbi in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno in ragione dell’obbligo di presentare offerte per crisi di capacità a tempo indeterminato.

186

Mediante la sesta parte del motivo, la Tempus fa valere che il fatto di sottoporre tutti i partecipanti al mercato della capacità al medesimo obbligo di garanzia per l’offerta d’asta è suscettibile di causare un problema di ingresso sul mercato per gli operatori di gestione della domanda, in ragione del fatto che il settore della gestione della domanda è ancora ai suoi esordi. Tale parte del motivo deve essere respinta in quanto infondata per le ragioni esposte ai punti da 249 a 252 della sentenza impugnata, che la Corte fa proprie.

187

Infine, mediante la settima parte del motivo, la Tempus sostiene che la misura in questione suscita dei dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato interno per il fatto che essa non remunera gli operatori di gestione della domanda per la limitazione delle perdite di trasporto e di distribuzione dell’elettricità. A suo avviso, la capacità fornita dagli operatori di gestione della domanda riduce non soltanto l’ammontare complessivo di capacità richiesta e circolante in seno al mercato della capacità, ma anche, nella misura del 7‑8% circa, l’ammontare di capacità perduto durante il trasporto e la distribuzione dell’elettricità. La Tempus reputa che i risparmi così realizzati dovrebbero essere incorporati nella remunerazione degli operatori di gestione della domanda, in modo da creare un incentivo inteso a migliorare l’efficienza della rete. Anche tale parte del motivo deve essere respinta per le ragioni esposte ai punti da 263 a 266 della sentenza impugnata, che la Corte fa proprie.

188

Occorre dunque respingere il primo motivo.

Sul secondo motivo

Argomentazione delle parti

189

A sostegno del secondo motivo, relativo ad un difetto di motivazione della decisione controversa, la Tempus fa valere sette argomenti.

190

In primo luogo, per quanto riguarda la valutazione del ruolo potenziale della gestione della domanda sul mercato della capacità del Regno Unito, la Tempus fa valere che la decisione controversa contiene una motivazione contraddittoria. Infatti, mentre il considerando 107 di detta decisione farebbe menzione di «fornitori di servizi di gestione della domanda arrivati a maturità», al considerando 131 della medesima decisione si affermerebbe che il settore della gestione della domanda «non è che ai suoi esordi». Tale contraddizione nella motivazione dimostrerebbe che la Commissione non ha correttamente valutato il ruolo che la gestione della domanda svolge e potrebbe svolgere sul mercato della capacità del Regno Unito.

191

In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dei contratti, la Tempus fa valere che la Commissione non ha chiarito, da un lato, la ragione per la quale i tempi di realizzazione di nuovi investimenti di cui hanno bisogno gli operatori di gestione della domanda per mettere a disposizione delle capacità non sono stati presi in considerazione, dato che soltanto i tempi di realizzazione dei produttori erano menzionati al considerando 134 della decisione controversa, e, dall’altro lato, la ragione per la quale detta istituzione ritiene, come risulta dal considerando 152 della decisione summenzionata, che i contratti disponibili per gli operatori di gestione della domanda abbiano «la durata sufficientemente lunga dei contratti di capacità associati ai nuovi investimenti» e «permettano ai nuovi attori di ottenere il finanziamento necessario e dunque di diminuire il rischio di una dominanza sul mercato».

192

In terzo luogo, per quanto riguarda la scelta degli operatori di gestione della domanda tra partecipazione alle aste transitorie o partecipazione alle aste permanenti, la Tempus sostiene che, sebbene la Commissione abbia affermato, al considerando 128 della decisione controversa, che le aste transitorie mirano a migliorare la gestione della domanda, essa non ha chiarito in che modo la reciproca esclusione da queste aste migliorerebbe la suddetta gestione della domanda. Essa non avrebbe neppure spiegato quale sia l’insufficienza delle «qualità tecniche necessarie per ovviare al problema di adeguatezza delle capacità di produzione» che potrebbe giustificare una siffatta esclusione, come esige il punto 232, lettera a), della disciplina 2014‑2020.

193

In quarto luogo, per quanto riguarda il metodo di recupero dei costi, la Commissione si sarebbe limitata ad esaminare, nella decisione controversa, la questione se la misura in questione comporti un qualsivoglia effetto incentivante, quand’anche tale effetto sia minimo e inadeguato per rispondere alla criticità identificata del mercato nel modo più efficace ed economico. Di conseguenza, la Commissione non avrebbe esaminato i problemi risultanti dal fatto che il metodo di recupero dei costi prescelto non accentua il segnale di prezzo nei confronti dei consumatori per i loro consumi di energia durante i periodi di domanda di triade e sarebbe dunque venuta meno al proprio obbligo di motivazione.

194

In quinto luogo, la Commissione non avrebbe affrontato, nella decisione controversa, la questione dell’utilizzazione di contratti che coprivano crisi di capacità a tempo indeterminato piuttosto che di contratti a scadenza fissa nell’ambito delle aste permanenti.

195

In sesto luogo, la Commissione non avrebbe affrontato nella decisione suddetta neppure la questione dell’esigenza di una garanzia per l’offerta alle aste e non avrebbe dunque chiarito perché gli operatori di gestione della domanda dovrebbero avere l’obbligo di fornire la stessa garanzia dei produttori.

196

In settimo luogo, la decisione controversa non sarebbe sufficientemente motivata per quanto riguarda l’assenza di remunerazione supplementare in caso di limitazione delle perdite di trasporto e di distribuzione grazie alla gestione della domanda. Il considerando 140 di detta decisione presenterebbe carattere circolare e non risponderebbe agli operatori di gestione della domanda, i quali obietterebbero che evitare le perdite di trasporto e di distribuzione aumenta la capacità disponibile sulla rete. La Commissione avrebbe dovuto spiegare perché il fatto di scegliere di ignorare la limitazione delle perdite grazie alle imprese di gestione della domanda è oggettivamente giustificato.

197

La Commissione e il Regno Unito contestano gli argomenti della Tempus.

Giudizio della Corte

198

Occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in modo chiaro e non equivoco l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Il requisito di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, e in particolare alla luce del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altri soggetti da questo direttamente e individualmente riguardati possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 88, nonché del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 172).

199

Per quanto riguarda, più in particolare, come nella presente fattispecie, una decisione di non sollevare obiezioni a titolo dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, la Corte ha già avuto l’occasione di precisare che una decisione siffatta, che viene adottata in tempi brevi, deve esporre unicamente le ragioni per le quali la Commissione ritiene che non sussistano serie difficoltà di valutazione della compatibilità dell’aiuto in questione con il mercato interno, e che anche una motivazione succinta di tale decisione dev’essere considerata sufficiente rispetto al requisito di motivazione stabilito dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE, se essa fa comunque apparire in modo chiaro e non equivoco le ragioni per cui la Commissione ha reputato che non sussistessero difficoltà di tal genere, tenendo presente che la questione della fondatezza di tale motivazione è estranea al requisito di motivazione suddetto (sentenze del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, EU:C:1993:239, punto 48; del 22 dicembre 2008, Régie Networks, C‑333/07, EU:C:2008:764, punti 65, 7071, nonché del 27 ottobre 2011, Austria/Scheucher‑Fleisch e a., C‑47/10 P, EU:C:2011:698, punto 111).

200

È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare in successione i sette argomenti fatti valere dalla Tempus nell’ambito del secondo motivo.

201

Per quanto riguarda il primo argomento, occorre rilevare che non vi è alcuna contraddizione tra il considerando 107 e il considerando 131 della decisione controversa. Infatti, mentre il considerando 107 riassume una argomentazione del Regno Unito riguardante la necessaria distinzione tra operatori di gestione della domanda giunti a maturità e operatori non ancora giunti a maturità, i quali necessiterebbero di un sostegno, il considerando 131 espone la valutazione della Commissione riguardo al carattere appropriato dell’aiuto, valutazione secondo cui, segnatamente, il settore della gestione della domanda, considerato nel suo insieme, era soltanto ai suoi esordi.

202

Per quanto riguarda il secondo argomento, relativo ai considerando 134 e 152 della decisione controversa, occorre constatare che il considerando 152, secondo cui la durata sufficientemente lunga dei nuovi contratti di capacità per nuovi investimenti permetterà ai nuovi entranti sul mercato di assicurare il finanziamento necessario, è redatto in termini generici e non si riferisce ad una categoria specifica di operatori. Sebbene dal considerando 134 di detta decisione possa dedursi che i termini di realizzazione degli operatori di gestione della domanda sono differenti e, eventualmente, meno lunghi di quelli di altri tipi di operatori, tenuto conto altresì della giurisprudenza citata ai punti 198 e 199 della presente sentenza, non era affatto necessario, per la Commissione, riferirsi specificamente, nel considerando 152 di detta decisione, alla durata più appropriata dei contratti che gli operatori di gestione della domanda avrebbero potuto essere indotti a concludere.

203

Per quanto concerne il terzo argomento, relativo al considerando 128 della decisione controversa, occorre rilevare che la Commissione ha ivi indicato che, come già fatto presente ai considerando da 88 a 94 di tale decisione, il Regno Unito stava studiando o mettendo in atto misure supplementari al fine, segnatamente, di migliorare la gestione della domanda. Infatti, il considerando 89 di detta decisione si riferisce, segnatamente, al fatto che il Regno Unito persegue opportunità di gestione della domanda. Ne consegue che non si può addebitare alla Commissione un difetto o un’insufficienza di motivazione di tale parte della decisione controversa.

204

Quanto alla questione se – poiché gli operatori di gestione della domanda possono ottenere un contratto o nelle aste transitorie o nelle aste permanenti, ma non nei due tipi di aste – la misura in questione permettesse di migliorare la gestione della domanda e rispettasse il punto 232, lettera a), della disciplina 2014‑2020, essa attiene alla fondatezza della motivazione e, pertanto, alla legittimità nel merito della decisione controversa, che costituisce una questione distinta da quella del rispetto della formalità sostanziale costituita dall’obbligo di motivazione (v., per analogia, sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 181 nonché la giurisprudenza ivi citata).

205

Inoltre, la questione menzionata al punto precedente della presente sentenza costituisce l’oggetto della terza parte del primo motivo, la quale, come risulta dal punto 182 della presente sentenza, è stata respinta.

206

Il quarto argomento della Tempus, relativo al metodo di recupero dei costi, mira parimenti a contestare non il rispetto dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione, bensì la fondatezza della motivazione della decisione controversa. Orbene, risulta dal punto 183 della presente sentenza che tale argomento è stato respinto.

207

Per quanto riguarda il quinto argomento, relativo al fatto che la Commissione avrebbe omesso di affrontare, nella decisione controversa, la questione dell’utilizzazione di contratti di capacità a tempo indeterminato piuttosto che di contratti di capacità a tempo determinato, è vero che la scelta di esigere contratti rientranti nella prima categoria piuttosto che nella seconda non è stata esaminata nella decisione controversa. Tuttavia, come illustrato dall’avvocato generale al paragrafo 188 delle sue conclusioni, in considerazione, da un lato, del fatto che tale questione non era stata sollevata dinanzi alla Commissione in occasione dell’esame preliminare della misura in questione e, dall’altro, della giurisprudenza ricordata ai punti 198 e 199 della presente sentenza, non si può addebitare alla Commissione una violazione dell’obbligo di motivazione per il fatto di non essersi specificamente riferita a tale questione nella decisione controversa.

208

Lo stesso vale, sostanzialmente per le medesime ragioni, per quanto riguarda il sesto argomento della Tempus, relativo al fatto che la Commissione avrebbe asseritamente omesso di chiarire, nella decisione controversa, la ragione per la quale gli operatori di gestione della domanda dovevano, per partecipare alle aste, fornire la stessa garanzia dei produttori di elettricità.

209

Il considerando 26 della decisione controversa chiarisce che, per partecipare alle aste, le unità potenziali di produzione o di gestione della domanda sono tenute a prestare una cauzione, al fine di dimostrare la serietà della loro partecipazione alle aste e l’effettività della loro intenzione di fornire un’unità operativa al più tardi all’inizio dell’anno di fornitura. Poiché la questione di un eventuale trattamento differenziato degli operatori di gestione della domanda, per quanto riguarda l’obbligo di prestare una cauzione, non era stata sollevata nella fase dell’esame preliminare, e neppure nelle osservazioni presentate in maniera spontanea alla Commissione, quest’ultima non era tenuta, per rispettare l’obbligo di motivazione, ad esporre nella decisione controversa le ragioni per le quali un siffatto trattamento differenziato non era necessario.

210

In ultimo luogo, per quanto riguarda la questione dell’assenza di remunerazione supplementare sul mercato della capacità in caso di limitazione delle perdite di trasporto e di distribuzione dell’elettricità grazie alla gestione della domanda, occorre ricordare che, al considerando 140 della decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che, alla luce dell’obiettivo perseguito mediante la misura in questione, l’assenza di remunerazione supplementare a tale titolo per gli operatori di gestione della domanda fosse giustificata. Quantunque relativamente succinta, tale indicazione era sufficiente per permettere di comprendere le ragioni per le quali la Commissione non aveva ritenuto che l’assenza di una siffatta remunerazione supplementare fosse suscettibile di far sorgere un dubbio in ordine alla compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

211

Come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 204 della presente sentenza, la questione del rispetto dell’obbligo di motivazione, riguardo a tale parte della decisione controversa, deve essere mantenuta distinta da quella della fondatezza di detta motivazione. Orbene, risulta dal punto 187 della presente sentenza che gli argomenti della Tempus relativi a quest’ultima questione sono stati respinti.

212

Risulta dall’insieme delle considerazioni suesposte che il secondo motivo deve essere respinto, così come il ricorso nella sua interezza.

Sulle spese

213

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta o quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte decide sulle spese.

214

A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

215

Nel caso di specie, poiché la Tempus è rimasta soccombente e la Commissione ha concluso chiedendo la sua condanna alle spese afferenti ai procedimenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte, occorre condannare la Tempus alle spese di tali procedimenti. Il Regno Unito, non avendo formulato conclusioni in merito alle spese, sopporterà le proprie spese.

216

In conformità dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, gli Stati membri intervenuti nella lite sopportano le proprie spese. Di conseguenza, la Repubblica di Polonia, parte interveniente dinanzi alla Corte, sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 novembre 2018, Tempus Energy e Tempus Energy Technology/Commissione (T‑793/14, EU:T:2018:790), è annullata.

 

2)

Il ricorso nella causa T‑793/14 è respinto.

 

3)

La Tempus Energy Ltd e la Tempus Energy Technology Ltd sopportano, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito dei procedimenti dinanzi al Tribunale dell’Unione europea e dinanzi alla Corte di giustizia.

 

4)

La Repubblica di Polonia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopportano ciascuno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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