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Document 62019CC0485

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 3 settembre 2020.
    LH contro Profi Credit Slovakia s.r.o.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Krajský súd v Prešove.
    Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2008/48/CE – Contratti di credito ai consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive – Pagamento effettuato in base a una clausola illecita – Arricchimento ingiustificato del creditore – Prescrizione del diritto alla restituzione – Principi del diritto dell’Unione – Principio di effettività – Articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 – Informazioni da inserire nel contratto di credito – Soppressione di taluni requisiti nazionali sulla base della giurisprudenza della Corte – Interpretazione della vecchia versione della normativa nazionale conformemente a tale giurisprudenza – Effetti nel tempo.
    Causa C-485/19.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:645

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MACIEJ SZPUNAR

    presentate il 3 settembre 2020 ( 1 )

    Causa C‑485/19

    LH

    contro

    PROFI CREDIT Slovakia s.r.o.

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov, Slovacchia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Direttiva 2008/48/CE – Tutela dei consumatori – Contratti di credito ai consumatori – Arricchimento senza causa del creditore in conseguenza di un pagamento effettuato sulla base di una clausola illecita – Obbligo di dimostrare il dolo nell’arricchimento indebito del creditore – Onere della prova che grava sul consumatore – Requisiti a livello di informazioni da inserire nel contratto – Soppressione di taluni requisiti sulla base della giurisprudenza della Corte – Obbligo per il giudice nazionale di interpretare la vecchia versione della normativa nazionale conformemente alla giurisprudenza della Corte»

    I. Introduzione

    1.

    La Corte è stata recentemente investita di vari rinvii pregiudiziali riguardanti la limitazione nel tempo della tutela garantita ai consumatori dal diritto dell’Unione ( 2 ). Dopo aver chiarito una serie di aspetti relativi all’accertamento di una violazione dei diritti dei consumatori e alle conseguenze da trarne, la Corte è ora chiamata a pronunciarsi su questioni relative all’esercizio dei mezzi di ricorso destinati a rimuovere le conseguenze di una violazione di tali diritti.

    2.

    Il presente rinvio pregiudiziale si inserisce in tale filone giurisprudenziale. Infatti, con quattro delle sue sei questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio domanda alla Corte chiarimenti perché possa decidere sulla conformità con il diritto dell’Unione del regime di prescrizione applicabile, nell’ordinamento slovacco, ai ricorsi dei consumatori.

    3.

    In ottemperanza alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si limiteranno all’analisi delle prime due questioni pregiudiziali. Con tali questioni il giudice del rinvio mette in discussione la compatibilità con il diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che prevedono, in primo luogo, un termine di prescrizione di tre anni, calcolato a partire dal momento dell’arricchimento senza causa, e, in secondo luogo, un termine di prescrizione di dieci anni, che si applica, tuttavia, solo se il consumatore prova che l’arricchimento senza causa è stato doloso.

    II. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 93/13/CEE

    4.

    Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE ( 3 ):

    «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    2. Direttiva 2008/48/CE

    5.

    La direttiva 2008/48/CE ( 4 ) ha per obiettivo, ai sensi del suo articolo 1, l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori.

    6.

    L’articolo 3, lettera i), della direttiva 2008/48 definisce la nozione di «tasso annuo effettivo globale» (TAEG) come «il costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 19, paragrafo 2».

    7.

    Intitolato «Informazioni da inserire nei contratti di credito», l’articolo 10 della direttiva 2008/48, al suo paragrafo 2, dispone come segue:

    «Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:

    (...)

    g)

    il [TAEG] e l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito; sono indicate tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso;

    h)

    l’importo, il numero e la periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare e, se del caso, l’ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi restanti dovuti ai diversi tassi debitori ai fini del rimborso;

    i)

    in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata fissa il diritto del consumatore di ricevere, su richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento.

    La tabella di ammortamento indica gli importi dovuti nonché i periodi e le condizioni di pagamento di tali importi; la tabella contiene la ripartizione di ciascun rimborso periodico per mostrare l’ammortamento del capitale, gli interessi calcolati sulla base del tasso debitore e, se del caso, gli eventuali costi aggiuntivi; qualora il tasso non sia fisso o i costi aggiuntivi possano essere modificati nell’ambito del contratto di credito, la tabella di ammortamento contiene in modo chiaro e conciso un’indicazione del fatto che i dati della tabella sono validi solo fino alla modifica successiva del tasso debitore o dei costi aggiuntivi conformemente al contratto di credito;

    (...)».

    B.   Diritto slovacco

    8.

    Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’Občiansky zákonník (codice civile), le clausole abusive contenute in un contratto stipulato con un consumatore non sono valide.

    9.

    Ai sensi dell’articolo 107 di detto codice:

    «1)   Il diritto alla restituzione a titolo di un arricchimento senza causa si prescrive in due anni a decorrere dal giorno in cui l’interessato viene a conoscenza dell’arricchimento senza causa e scopre chi si è arricchito a suo danno.

    2)   Il diritto alla restituzione a titolo di un arricchimento senza causa si prescrive al più tardi in tre anni e, in caso di arricchimento senza causa doloso, in dieci anni dal giorno in cui l’arricchimento senza causa ha avuto luogo.

    (...)».

    10.

    L’articolo 451, paragrafo 2, del predetto codice definisce l’«arricchimento senza causa» come «un incremento patrimoniale ottenuto per mezzo di una prestazione senza giustificazione legale, di una prestazione non valida o di una prestazione in cui la giustificazione legale è venuta meno, nonché un incremento patrimoniale di provenienza illecita».

    11.

    Lo zákon č. 129/2010 Z. z. o spotrebiteľských úveroch a o iných úveroch a pôžičkách pre spotrebiteľov a o zmene a doplnení niektorých zákonov (legge n. 129/2010 relativa ai crediti al consumo e agli altri crediti e prestiti erogati ai consumatori e che modifica e integra alcune altre leggi; in prosieguo: la «legge n. 129/2010»), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, è diretto a trasporre la direttiva 2008/48 nell’ordinamento slovacco.

    12.

    Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge n. 129/2010, il credito al consumo è «considerato esente da interessi e spese» se il contratto in questione non contiene gli elementi richiesti, in particolare, all’articolo 9, paragrafo 2, lettere da a) a k), di detta legge, o se non indica correttamente il TAEG a scapito del consumatore.

    III. Fatti del procedimento principale, procedimento dinanzi alla Corte e questioni pregiudiziali

    13.

    Nel corso del 2011 il ricorrente nel procedimento principale e l’istituto di credito PROFI CREDIT Slovakia s.r.o. hanno concluso un contratto di credito al consumo per un importo di EUR 1500.

    14.

    Dopo aver rimborsato integralmente il credito, pari a EUR 3698,40, il ricorrente nel procedimento principale è stato informato da un consulente legale, nel febbraio 2017, che la clausola del contratto relativa alla commissione di sospensione era abusiva e che le informazioni sul TAEG fornitegli erano inesatte.

    15.

    Nel maggio 2017 il ricorrente nel procedimento principale ha presentato ricorso per la restituzione della commissione che, a suo avviso, era stata indebitamente riscossa. A propria difesa, la PROFI CREDIT Slovakia ha invocato la prescrizione del diritto di agire dell’interessato.

    16.

    Adito in appello ( 5 ), il giudice del rinvio ritiene che più circostanze lascino concludere per la contrarietà del contratto di credito in questione, per vari versi, alle norme del diritto dell’Unione applicabili al credito ai consumatori ( 6 ).

    17.

    La prima circostanza è che, in base al contratto controverso, la PROFI CREDIT Slovakia poteva, fin dal primo giorno del rapporto contrattuale, riscuotere una commissione di importo fino a EUR 367,49 a fronte della possibilità concessa al consumatore di ottenere in futuro una sospensione del rimborso del credito. A seguito dell’applicazione di tale commissione, il ricorrente nel procedimento principale non ha ricevuto la somma concordata di EUR 1500, bensì una somma residua di EUR 1132,51, vale a dire una riduzione del 24%, sebbene non fosse certo che tale consumatore si sarebbe avvalso della possibilità, a titolo oneroso, di differire il rimborso. Il giudice del rinvio afferma che tale commissione era abusiva e sembra ritenere che il creditore l’abbia riscossa sulla base di una clausola abusiva. Fa inoltre riferimento alla sentenza nella causa Radlinger e Radlingerová ( 7 ), in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che l’importo totale del credito e l’importo del prelievo designano l’insieme delle somme messe a disposizione del consumatore. La Corte ha precisato che devono escludersi le somme destinate dal creditore al pagamento dei costi connessi al credito di cui trattasi e che non sono effettivamente versate a tale consumatore.

    18.

    La seconda circostanza è che il TAEG menzionato nel contratto (66,31%) è inferiore al tasso d’interesse (70%), forse per il fatto che il TAEG non è stato calcolato sulla base dell’importo effettivamente erogato dalla PROFI CREDIT Slovakia. Il giudice del rinvio precisa che, nel diritto slovacco, l’indicazione non corretta del TAEG è sanzionata con la perdita del diritto, per il creditore, al pagamento degli interessi e delle spese relative al credito.

    19.

    Il giudice del rinvio indica altresì che la normativa slovacca prevede per i ricorsi proposti dai consumatori due tipi di termini di prescrizione, ossia il termine di prescrizione soggettivo e il termine di prescrizione oggettivo.

    20.

    Il termine di prescrizione soggettivo è di due anni e decorre dal momento in cui il consumatore viene a conoscenza dell’arricchimento senza causa ( 8 ). Tale termine sembra sia stato rispettato nel caso in esame. Infatti, il ricorrente nel procedimento principale è stato informato del danno di cui trattasi nel mese di febbraio 2017 e ha presentato il suo ricorso nel maggio 2017.

    21.

    Il termine di prescrizione oggettivo decorre dal momento in cui l’arricchimento senza causa ha effettivamente avuto luogo e la sua durata è variabile ( 9 ): secondo la legislazione slovacca, il termine è di dieci anni in caso di arricchimento doloso e di tre anni in assenza di dolo ( 10 ). Questo secondo termine sembra essere già scaduto nel caso di specie, poiché sono trascorsi più di tre anni tra il pagamento della commissione in questione (probabilmente nel corso del 2011) e la presentazione del ricorso da parte del ricorrente nel procedimento principale (nel mese di maggio 2017).

    22.

    In tale contesto, il giudice del rinvio indica che i giudici slovacchi applicavano le disposizioni relative ai termini di prescrizione in senso favorevole ai consumatori. Detti giudici interpretavano «elasticamente» la natura dolosa dell’arricchimento senza causa e applicavano, di conseguenza, il termine di prescrizione oggettivo di dieci anni. Tuttavia, questo approccio sarebbe stato ribaltato da una decisione del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) del 18 ottobre 2018. Secondo tale decisione, che si basa segnatamente su un’applicazione analogica della nozione di «dolo» contenuta nello zákon 300/2005 Z.z., Trestný zákon (codice penale slovacco) ( 11 ), grava sul ricorrente che invoca il termine di prescrizione oggettivo di dieci anni, relativo ai casi di arricchimento senza causa «doloso», l’onere di provare l’intenzione del creditore di arricchirsi indebitamente a suo danno. In mancanza di una tale prova, si dovrebbe applicare il termine di prescrizione generale oggettivo di tre anni. Orbene, ai sensi dello zákon č. 99/1963 Zb., Občiansky súdny poriadok (legge n. 99/1963 recante il codice di procedura civile), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, i giudici di grado inferiore sarebbero tenuti a conformarsi alla giurisprudenza risultante dalla decisione del 18 ottobre 2018.

    23.

    È in tali circostanze che il Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov, Slovacchia), con decisione del 12 giugno 2019, pervenuta alla Corte il 25 giugno 2019, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte sei questioni pregiudiziali, le prime due delle quali, oggetto della richiesta della Corte ( 12 ), sono formulate come segue:

    «1)

    Se l’articolo 47 della dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)], e implicitamente il diritto del consumatore ad un ricorso giurisdizionale effettivo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione normativa – quella dell’articolo 107, paragrafo 2, del codice civile [slovacco] sulla prescrizione del diritto del consumatore [in] un termine di prescrizione oggettivo di tre anni – ai sensi della quale il diritto del consumatore alla restituzione di una prestazione derivante da una clausola contrattuale abusiva si prescrive anche nel caso in cui il consumatore non sia in grado di vagliare egli stesso la clausola contrattuale abusiva e i termini decorrono e scadono indipendentemente dalla conoscenza che il consumatore abbia del carattere abusivo della clausola contrattuale.

    2)

    Ove la previsione della prescrizione del diritto del consumatore in un periodo oggettivo di tre anni, nonostante detta mancanza di conoscenza del consumatore, sia compatibile con l’articolo 47 della Carta e con il principio di effettività, il giudice del rinvio domanda poi:

    se sia contraria all’articolo 47 della Carta e al principio di effettività una normativa nazionale in base alla quale ricade sul consumatore l’onere di dimostrare in giudizio che gli agenti del creditore sono consapevoli del fatto che il creditore abbia violato i diritti del consumatore, nella fattispecie la conoscenza del fatto che, non indicando il [TAEG] preciso, il creditore viola una norma di legge, che, in tal caso, il prestito è senza interessi e che il creditore, riscuotendo gli interessi, consegue un arricchimento senza causa».

    IV. Analisi

    24.

    Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se le direttive 93/13 e 2008/48, l’articolo 47 della Carta e il principio di effettività ostino all’applicazione, ad un’azione diretta alla restituzione di prestazioni eseguite in base ad una clausola dichiarata abusiva, di un termine di prescrizione di tre anni a decorrere dal momento in cui si è verificato l’arricchimento senza causa, vale a dire dal momento in cui tali prestazioni sono state eseguite. Con la seconda questione detto giudice domanda se tali strumenti del diritto dell’Unione e il principio di effettività ostino a che un termine di prescrizione di dieci anni, decorrente anch’esso dal momento in cui interviene l’arricchimento senza causa, sia applicabile solo se il consumatore prova che l’arricchimento è stato doloso.

    25.

    La formulazione di queste due questioni può sollevare qualche dubbio sul loro collegamento, sul contesto nel quale si inseriscono e sul loro oggetto. Tali dubbi si trovano espressi, del resto, in certa misura, nelle osservazioni di alcune delle parti, che contestano la ricevibilità di tali questioni. Procederò quindi anzitutto a formulare alcune osservazioni preliminari prima di procedere all’analisi di dette questioni quanto alla loro ricevibilità e al merito.

    A.   Osservazioni preliminari sulle questioni pregiudiziali

    1. Sul collegamento tra le prime due questioni pregiudiziali

    26.

    Occorre rilevare che il collegamento tra la prima e la seconda questione pregiudiziale non è molto chiaro.

    27.

    Il giudice del rinvio ritiene che la seconda questione si ponga solo in caso di risposta negativa alla prima. Esso ritiene, infatti, che la seconda questione debba essere esaminata solo se il diritto dell’Unione non osta all’applicazione di un termine di prescrizione di tre anni, vale a dire se il termine di prescrizione per un’azione di ripetizione promossa da un consumatore è di tre anni dalla data dell’arricchimento senza causa.

    28.

    Nella fattispecie, risulta che sono trascorsi più di tre anni tra il pagamento della commissione di cui trattasi e la presentazione del ricorso da parte del ricorrente nel procedimento principale. Peraltro, il giudice del rinvio afferma che è in linea di principio impossibile per il ricorrente nel procedimento principale dimostrare la natura dolosa dell’arricchimento senza causa e avvalersi del termine di prescrizione oggettivo di dieci anni.

    29.

    In tali circostanze, il termine di prescrizione oggettivo di tre anni sembra essere già scaduto. In forza di tale termine, l’azione di ripetizione proposta dal ricorrente nel procedimento principale è, a priori, prescritta. Così non sarebbe se le disposizioni nazionali che prevedono il termine di prescrizione oggettivo di tre anni (prima questione) o, eventualmente, quelle che impongono, secondo il giudice del rinvio, un onere della prova esorbitante per beneficiare del termine di prescrizione oggettivo di dieci anni (seconda questione) dovessero essere considerate non opponibili al ricorrente nel procedimento principale, a causa della loro non conformità al diritto dell’Unione. Dal tenore letterale delle questioni deduco che, per la situazione oggetto della prima, il giudice del rinvio non assoggetterebbe l’azione promossa dal ricorrente nel procedimento principale ad alcun termine di prescrizione oggettivo, mentre nella situazione oggetto della seconda questione il ricorrente nel procedimento principale dovrebbe poter invocare il termine di prescrizione di dieci anni.

    30.

    Di conseguenza, tratterò la prima e la seconda questione pregiudiziale nell’ordine in cui sono state sottoposte dal giudice del rinvio.

    2. Sul contesto in cui si inseriscono le prime due questioni pregiudiziali

    31.

    Le prime due questioni sollevate dal giudice del rinvio non fanno riferimento ad alcun atto del diritto dell’Unione che non sia la Carta. Orbene, dalla motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale, e in particolare dalla giurisprudenza della Corte ivi citata, risulta che secondo detto giudice il contratto di credito concluso dalle parti del procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione delle direttive 93/13 e 2008/48 e che il ricorso promosso dal ricorrente nel procedimento principale si riferisce a tali direttive. In questa logica, la Commissione europea analizza tali due questioni con riferimento alla direttiva 93/13 e il governo slovacco con riferimento alle direttive 93/13 e 2008/48.

    32.

    Al fine di inquadrare le due questioni nel loro contesto, va rilevato che esse riguardano i limiti dell’autonomia procedurale degli Stati membri per quanto riguarda le modalità di esercizio delle azioni fondate su una violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori.

    33.

    Né la direttiva 93/13 né la direttiva 2008/48 fissano tali modalità. Secondo il principio dell’autonomia procedurale, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilirle, a condizione tuttavia che non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe soggette al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano impossibile o eccessivamente difficile nella pratica l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività).

    34.

    Devo anche precisare, innanzitutto, che il giudice del rinvio non chiede alla Corte di giustizia di fornire chiarimenti che gli consentano di stabilire se la disciplina slovacca sulla prescrizione rispetti il principio di equivalenza. In ogni caso, non vi è alcuna indicazione che si tratti di una disciplina specifica per le azioni basate sul diritto dell’Unione. Non vi è quindi motivo di ritenere che il principio di equivalenza non sia rispettato nel caso di specie.

    35.

    Inoltre, per quanto riguarda il principio di effettività, la formulazione delle questioni pregiudiziali può far pensare che il giudice del rinvio chieda alla Corte di pronunciarsi su tale principio esclusivamente nell’ambito della seconda questione. In effetti, la prima domanda non contiene alcun riferimento espresso a tale principio. Tuttavia, il giudice del rinvio precisa, nella frase introduttiva della seconda questione, che tale questione è posta soltanto nell’ipotesi in cui il termine di prescrizione oggettivo di tre anni sia conforme al principio di effettività.

    36.

    In tali circostanze, occorre esaminare le ragioni che hanno indotto il giudice del rinvio a sollevare le due questioni con riferimento sia al principio di effettività sia all’articolo 47 della Carta.

    37.

    La Corte, nella sua recente giurisprudenza in tema di autonomia procedurale e di direttiva 93/13, fa riferimento più al principio di equivalenza e al diritto a un ricorso effettivo ( 13 ) – o più raramente ad una tutela giurisdizionale effettiva ( 14 ) – che al principio di equivalenza e al principio di effettività. Inoltre, è difficile stabilire in che modo i requisiti derivanti dall’articolo 47 della Carta si articolino con quelli derivanti dal principio di effettività nel contesto delle direttive sulla tutela dei consumatori ( 15 ).

    38.

    Tuttavia, riferendosi nella sua giurisprudenza al diritto a un ricorso effettivo, la Corte si è concentrata sulla questione se modalità procedurali previste dal diritto nazionale, esaminate alla luce dell’articolo 47 della Carta, generino un rischio non trascurabile di dissuadere il consumatore dal far valere i propri diritti dinanzi al giudice adito dal professionista ( 16 ). Come ho spiegato in tema di termini di prescrizione ( 17 ), considerato in questa prospettiva, l’approccio basato sul diritto a un ricorso effettivo o a una tutela giurisdizionale è difficile da distinguere da quello basato sul principio di effettività ( 18 ).

    39.

    Così, mi sembra che il ricorso al principio di effettività sia più adeguato alle sfide poste da tali termini, tenuto presente che la disciplina della prescrizione deve essere valutata nel suo complesso, per come il legislatore nazionale l’ha istituita a fronte del silenzio del diritto derivato in materia di tutela del consumatore per quanto riguarda le azioni di ripetizione di prestazioni eseguite sulla base di clausole contrarie al diritto dell’Unione.

    40.

    Per le ragioni che ho appena esposto, analizzerò la prima e la seconda questione pregiudiziale con riferimento al principio di effettività.

    3. Sull’oggetto delle suddette questioni

    41.

    Sembra esserci una certa contraddizione tra la formulazione della prima questione e quella della seconda in sede di descrizione dell’oggetto dei termini di prescrizione di cui trattasi.

    42.

    Infatti, mentre la prima questione riguarda espressamente un termine di prescrizione applicabile al «diritto del consumatore alla restituzione di una prestazione derivante da una clausola contrattuale abusiva», la seconda questione si riferisce ad un termine di prescrizione applicabile ad un’azione basata sul fatto che il creditore non ha indicato il TAEG «preciso» e, di conseguenza, ha violato una norma e si è arricchito senza causa riscuotendo gli interessi. Va rilevato in tale contesto che, da un lato, il giudice del rinvio spiega che un’indicazione non corretta del TAEG è punita con una sanzione dissuasiva a carico del creditore, vale a dire, fra l’altro, con la perdita per quest’ultimo del diritto al pagamento delle spese. Dalla normativa nazionale risulta che lo stesso vale per il diritto del creditore al pagamento degli interessi. Dall’altro lato, il ricorrente nel procedimento principale chiede una sanzione – la restituzione della commissione e, come suggerisce il testo della seconda questione, la restituzione degli interessi percepiti dal creditore.

    43.

    La prima questione può quindi far pensare alla direttiva 93/13 e la seconda alla direttiva 2008/48.

    44.

    Tale lettura delle due questioni rispecchia il contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale. Infatti, nella motivazione del rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio precisa che, oltre alla commissione abusiva, anche un TAEG non corretto costituirebbe violazione delle norme sul credito ai consumatori. Detto giudice individua quindi due motivi per cui il contratto di credito concluso tra le parti del procedimento principale può essere contrario alle norme del diritto dell’Unione applicabili al credito ai consumatori ( 19 ).

    45.

    In realtà, le prime due questioni pregiudiziali sollevate riguarderebbero i termini di prescrizione applicabili ad una sola e medesima azione promossa dal ricorrente nel procedimento principale dinanzi ai giudici slovacchi. Tale azione sembra rientrare nel regime dell’arricchimento senza causa ai sensi della legge slovacca e ritengo che, nei casi prospettati da tali due questioni, la ragione per la quale l’arricchimento è stato senza causa sia la stessa. Per quanto riguarda la seconda questione, occorre quindi valutare se le direttive 93/13 e 2008/48 pongano l’accento sulla natura dolosa dell’arricchimento del professionista. Non si può tuttavia escludere che, nel caso di specie, la clausola contrattuale controversa possa produrre effetti in contrasto con le direttive 93/13 e 2008/48. Per tale motivo, analizzerò entrambe le questioni con riferimento a queste due direttive.

    46.

    Esaminerò, innanzitutto, la ricevibilità della prima e della seconda questione pregiudiziale (sezione B). Poi, al fine di fornire una risposta utile a tali questioni, in primo luogo, formulerò alcune considerazioni generali relative all’autonomia procedurale degli Stati membri per quanto riguarda la prescrizione delle azioni di ripetizione nel contesto delle direttive sulla tutela dei consumatori (sezione C) e, in secondo luogo, tratterò le questioni stesse secondo l’ordine stabilito dal giudice del rinvio (sezioni D ed E).

    B.   Sulla ricevibilità

    47.

    La PROFI CREDIT Slovakia sostiene che l’irregolarità della procedura seguita dal giudice del rinvio nel sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali, consistente nel fatto che non le è stata data la possibilità di esprimere il proprio parere sulla sospensione del procedimento, ha comportato una violazione del diritto delle parti in causa a un equo processo.

    48.

    Peraltro, in particolare, sia la prima che la seconda questione pregiudiziale riguarderebbero, in realtà, l’interpretazione di norme di diritto nazionale, poiché nessuna disposizione del diritto dell’Unione armonizza le norme degli Stati membri sulla prescrizione. L’articolo 51 della Carta limiterebbe, poi, l’applicazione di questo strumento alle situazioni in cui gli Stati membri attuano il diritto dell’Unione. Infine, tali questioni non sarebbero utili per risolvere la controversia di cui al procedimento principale.

    49.

    Il governo slovacco ritiene che, trattandosi della prima questione, la domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfi i requisiti di cui all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte. Tale domanda non indicherebbe infatti i motivi per cui il giudice del rinvio dubita della compatibilità con il diritto dell’Unione del termine generale di prescrizione oggettivo di tre anni. Peraltro, se la prima questione fosse irricevibile, non ci sarebbe ragione per esaminare, in particolare, la seconda questione.

    50.

    Non condivido né le riserve formulate dalla PROFI CREDIT Slovakia né quelle formulate dal governo slovacco.

    51.

    Per quanto riguarda, innanzitutto, i dubbi della PROFI CREDIT Slovakia sulla correttezza della procedura seguita dal giudice del rinvio, non spetta alla Corte verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali ( 20 ).

    52.

    Per quanto riguarda, poi, la riserva formulata dalla PROFI CREDIT Slovakia in merito alle questioni pregiudiziali, che non riguarderebbero il diritto dell’Unione, è certamente vero che le prime due questioni non menzionano altri atti del diritto dell’Unione oltre alla Carta. Tuttavia, come ho sostenuto ai paragrafi da 31 a 33 delle presenti conclusioni, con entrambe le questioni si chiedono chiarimenti per consentire al giudice del rinvio di pronunciarsi sulla conformità alle direttive 93/13 e 2008/48 delle norme nazionali sui termini di prescrizione stabilite in virtù del principio di autonomia procedurale ( 21 ).

    53.

    Orbene, per costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda sentenza, valutare, alla luce delle particolari circostanze della controversia, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte ( 22 ).

    54.

    Ne consegue che le questioni poste dai giudici nazionali godono di una presunzione di pertinenza e che il rifiuto della Corte di pronunciarsi sulle stesse è possibile solo se è evidente che l’interpretazione richiesta non ha alcun nesso con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, che il problema è di natura ipotetica o che la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile a tali questioni. Orbene, alla luce delle considerazioni di cui ai paragrafi da 31 a 33 delle presenti conclusioni, una tale conclusione non si impone nel caso in esame.

    55.

    Infine, per quanto riguarda la riserva formulata dal governo slovacco, l’esposizione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a sollevare la prima questione non è certo un modello di chiarezza, ma consente ugualmente di comprendere le preoccupazioni alla base di tale questione.

    56.

    Infatti, come ho indicato al paragrafo 29 delle presenti conclusioni, l’azione promossa dal ricorrente nel procedimento principale è, in linea di principio, soggetta al termine di prescrizione oggettivo di tre anni. Nel caso di specie, tuttavia, tale termine sembra essere già scaduto. Affinché tale azione non sia prescritta, questo termine dovrebbe essere ritenuto non opponibile al ricorrente nel procedimento principale. Tale inopponibilità può derivare dalla non conformità di detto termine al diritto dell’Unione. In tale contesto, il giudice del rinvio rileva che, rispetto al termine di prescrizione di dieci anni mediante il quale i giudici slovacchi garantivano la tutela dei consumatori conformemente alla giurisprudenza derivante dalla sentenza Gutiérrez Naranjo e a. ( 23 ), il termine di tre anni è svantaggioso per il consumatore e ne limita i diritti, talvolta fino a sottrarglieli del tutto. Il giudice del rinvio sembra quindi ritenere che il termine di prescrizione oggettivo di tre anni sia tale da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione o, quanto meno, che tale termine possa far sorgere un rischio non trascurabile che il consumatore sia dissuaso dal far valere i propri diritti dinanzi a un giudice nazionale.

    C.   Sull’autonomia procedurale degli Stati membri e sulla prescrizione delle azioni di ripetizione nel contesto delle direttive sulla tutela dei consumatori

    1. Sulla prescrizione delle azioni di ripetizione

    57.

    Come ho indicato al paragrafo 33 delle presenti conclusioni, di fronte al silenzio del legislatore dell’Unione sulle modalità di esercizio delle azioni di ripetizione delle somme pagate sulla base di clausole contrattuali contrarie alle direttive 93/13 e 2004/48, spetta agli Stati membri stabilire tali modalità. Essi possono quindi assoggettare tali azioni a termini di prescrizione.

    58.

    È vero che, nella sentenza Gutiérrez Naranjo e a. ( 24 ), la Corte ha dichiarato che l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola contrattuale, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di reimmettere il consumatore nella situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola. Inoltre, essa ha dichiarato che l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda tali somme.

    59.

    Tuttavia, nelle mie recenti conclusioni nelle cause riunite Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale ( 25 ), ho esposto vari argomenti a favore della tesi secondo cui detta sentenza non osta alla prescrittibilità delle azioni di ripetizione dei pagamenti effettuati sulla base di clausole abusive. A tale proposito mi limiterò a ricordare che, in quella sentenza, la Corte, chiamata a pronunciarsi su una giurisprudenza nazionale che limitava gli effetti temporali di una norma di diritto dell’Unione, ha distinto tra la limitazione temporale degli effetti di un’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione e l’applicazione di una modalità procedurale, quale un termine di prescrizione ragionevole ( 26 ).

    60.

    Lo stesso vale per altre sentenze in cui la Corte ha ritenuto che azioni di ripetizione basate sulle direttive 93/13 e 2008/48 potessero essere soggette a prescrizione.

    61.

    È il caso della sentenza OPR-Finance ( 27 ). La Corte ha constatato che il principio di effettività osta alla condizione secondo cui l’eccezione di nullità del contratto di credito, corredata dall’obbligo di restituzione del capitale, applicabile in caso di violazione, da parte del creditore, dell’obbligo di cui all’articolo 8 della direttiva 2008/48, deve essere sollevata dal consumatore entro un termine triennale. Tuttavia, tale constatazione deve essere letta alla luce del contesto della controversia all’origine del rinvio pregiudiziale in detta causa. Infatti, nel quadro di quel procedimento, instaurato contro un consumatore, il giudice del rinvio non poteva rilevare d’ufficio la nullità del contratto di credito e doveva quindi accogliere la domanda del creditore. La non conformità della normativa nazionale si basava appunto sul divieto di verificare d’ufficio l’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 8 della direttiva 2008/48 ( 28 ).

    62.

    Lo stesso vale per la sentenza Cofidis ( 29 ) ove, nel contesto della direttiva 93/13, la Corte ha dichiarato che una norma processuale che vieti al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata da un consumatore l’abusività di una clausola la cui esecuzione venga richiesta dal professionista è idonea a rendere eccessivamente difficile, nelle controversie in cui i consumatori sono convenuti, l’applicazione della tutela che tale direttiva intende loro garantire.

    63.

    Per quanto riguarda la normativa slovacca, come spiegato dal giudice del rinvio nella presente causa, nulla indica che la scadenza dei termini di prescrizione oggettivi impedisca di rilevare d’ufficio l’indicazione non corretta del TAEG, elemento che distingue il presente rinvio pregiudiziale da quello che ha dato luogo alla sentenza OPR-Finance ( 30 ). Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge n. 129/2010, una siffatta indicazione sembra essere automaticamente sanzionata con la perdita di interessi e spese.

    64.

    Inoltre, da detta normativa non risulta che la scadenza di tali termini di prescrizione oggettivi osti a che il giudice nazionale rilevi d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contrattuali, elemento che distingue il presente rinvio pregiudiziale da quello che ha dato luogo alla sentenza Cofidis ( 31 ). Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, del codice civile, le clausole abusive contenute in un contratto stipulato con un consumatore non sono valide. La Commissione intende questa disposizione nel senso che si tratta di una nullità assoluta, ossia una nullità che, secondo la dottrina slovacca, il giudice rileva anche in assenza di una richiesta di parte e senza limiti di tempo. In ogni caso, osservo che l’articolo 107 del codice civile non sembra riguardare le azioni di accertamento del carattere abusivo delle clausole contrattuali, ma solo le azioni di ripetizione che rientrano nel regime dell’arricchimento senza causa.

    2. Sui limiti dell’autonomia procedurale degli Stati membri

    65.

    Il fatto che gli Stati membri possano assoggettare le azioni di ripetizione a termini di prescrizione non implica che il margine di discrezionalità di cui essi dispongono al riguardo sia illimitato. La disciplina della prescrizione deve rispettare i requisiti del principio di effettività. La giurisprudenza della Corte fornisce vari chiarimenti in merito al rispetto di detto principio per quanto riguarda il termine di prescrizione delle azioni in materia di tutela dei consumatori. Avendo avuto recentemente l’opportunità di analizzare questa giurisprudenza in un contesto simile a quello della presente causa ( 32 ), mi limiterò a esporre una sintesi degli insegnamenti che se ne possono trarre.

    66.

    Nell’esaminare la compatibilità delle disposizioni nazionali con il principio di effettività occorre tener conto, se del caso, di alcuni principi alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il corretto svolgimento del procedimento. A un consumatore può quindi chiedersi un certo grado di vigilanza nella tutela dei propri interessi, senza che sia violato il principio di effettività. In questa prospettiva, termini di ricorso ragionevoli fissati, a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto non sono tali da rendere nella pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Per contro, un termine non può essere considerato ragionevole se crea un rischio non trascurabile che un consumatore sia dissuaso dal far valere i propri diritti dinanzi al giudice adito dal professionista. In altre parole, un termine ragionevole deve essere materialmente sufficiente per consentire al consumatore la preparazione e la proposizione di un ricorso effettivo ( 33 ).

    67.

    La ragionevolezza di un termine – e quindi la sua conformità al principio di effettività – non può essere stabilita, poi, con riferimento esclusivo alla sua durata. È importante tenere conto di tutte le modalità relative a questo termine e, in particolare, dell’evento che lo fa scattare ( 34 ).

    68.

    Infine, un termine di prescrizione, considerato insieme a tutte le modalità connesse, risulterà rispettoso del principio di effettività se è adattato alle peculiarità del settore interessato, in modo da non annullare la piena effettività delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione.

    69.

    È alla luce di questi chiarimenti giurisprudenziali che occorre analizzare le questioni pregiudiziali. Si tratta, più precisamente, di stabilire se i termini di prescrizione previsti nel diritto slovacco possano essere considerati ragionevoli ai sensi della giurisprudenza della Corte.

    D.   Sulla prima questione pregiudiziale

    70.

    Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che il termine di prescrizione oggettivo di tre anni decorre dal momento in cui si verifica effettivamente un arricchimento senza causa. Ne deduco che il pagamento effettuato dal consumatore con l’intenzione di adempiere il contratto costituisce un evento che fa scattare questo termine. Detto termine deve quindi essere calcolato separatamente per ogni pagamento effettuato dal consumatore nel corso dell’esecuzione del contratto ( 35 ).

    71.

    Orbene, i contratti di credito, come quello concluso tra le parti nel procedimento principale, sono, in linea di principio, eseguiti nel corso di periodi di notevole durata. La funzione economica dei contratti di credito consiste infatti, fra l’altro, nella fornitura immediata di una somma determinata che, aumentata di spese e interessi, viene in seguito gradualmente rimborsata dal mutuatario.

    72.

    Così, se l’evento che fa scattare il termine di prescrizione di tre anni è costituito da qualsiasi pagamento effettuato dal mutuatario, è possibile che, nel quadro di un contratto eseguito su un periodo superiore a tre anni, alcune azioni del mutuatario siano prescritte prima della scadenza del contratto ( 36 ). Ciò è tanto più vero per le azioni che riguardano pagamenti effettuati immediatamente dopo la conclusione del contratto, circostanza che può indurre i professionisti ad «accelerare» la maggior parte dei pagamenti che i loro clienti devono eseguire.

    73.

    In tali circostanze, il regime di prescrizione è tale da privare sistematicamente i consumatori della possibilità di chiedere la restituzione dei pagamenti effettuati, in base a condizioni contrattuali contrarie alle direttive sulla tutela dei consumatori, prima che il contratto in questione giunga a scadenza. Non si può infatti escludere che un consumatore che non sia pienamente consapevole della non conformità del contratto con il diritto dell’Unione e che tema che il professionista promuova eventualmente un’azione legale nei suoi confronti possa preferire adempiere i propri obblighi contrattuali. Così, non sembra inusuale che il consumatore si rivolga a un consulente legale o a un avvocato in merito a tale non conformità dopo la fine del contratto. Ciò vale in particolare per i contratti che vengono eseguiti su più anni, per un periodo non sufficientemente lungo per pretendere dal consumatore che, dimostrando una certa vigilanza nella tutela dei propri interessi, si informi su tale non conformità.

    74.

    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che il principio di effettività osta ad una normativa nazionale o ad un’interpretazione della stessa secondo la quale il termine di prescrizione di tre anni applicabile alle azioni di ripetizione che fanno valere clausole contrattuali giudicate abusive ai sensi della direttiva 93/13 e/o clausole contrattuali contrarie ai requisiti fissati dalla direttiva 2008/48 decorre dal momento in cui ha effettivamente luogo un arricchimento senza causa.

    75.

    In considerazione della risposta offerta alla prima questione, non è necessario rispondere alla seconda questione, che è stata sollevata solo per l’ipotesi che la risposta alla prima questione sia di senso negativo. Continuerò comunque il mio esame nel caso in cui la Corte non condivida la mia analisi della prima questione.

    E.   Sulla seconda questione pregiudiziale

    1. Osservazioni preliminari sulla seconda questione pregiudiziale

    76.

    Ai fini della contestualizzazione del problema sollevato mediante la seconda questione, va ricordato che, secondo il diritto slovacco, a differenza del termine di prescrizione oggettivo di tre anni, il termine di prescrizione di dieci anni si applica solo se viene provata la natura dolosa dell’arricchimento senza causa. Sembra quindi che non si tratti di un termine di prescrizione generale, applicabile per principio, ma di un termine speciale.

    77.

    Partendo da questa premessa, il governo slovacco considera che la seconda questione, che viene sollevata solo nel caso in cui il termine di prescrizione oggettivo generale di tre anni sia ritenuto conforme ai requisiti del diritto dell’Unione, sia irrilevante, poiché il termine di prescrizione speciale di dieci anni offre un vantaggio aggiuntivo, che in teoria potrebbe anche non esistere. In ogni caso, secondo il governo slovacco, il diritto dell’Unione non osta ad una normativa nazionale che subordina tale beneficio alla condizione che il consumatore dimostri la natura dolosa dell’arricchimento senza causa. Tale considerazione non sarebbe neppure inficiata dalla sentenza CA Consumer Finance ( 37 ), citata dal giudice del rinvio, in quanto la situazione che ha dato origine a detta sentenza non sarebbe paragonabile a quella della presente causa.

    78.

    La Commissione, da parte sua, sostiene che una situazione in cui il consumatore deve dimostrare il dolo del creditore perché gli sia applicabile il termine di prescrizione oggettivo di dieci anni è contraria al diritto dell’Unione in materia di tutela dei consumatori.

    79.

    Essa sostiene, in primo luogo, che una clausola è abusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 qualora non sia stata oggetto di negoziato individuale e, malgrado il requisito della buona fede, determini, a danno del consumatore, un significativo squilibrio. La Commissione deduce da questa disposizione che il creditore è l’unico responsabile dell’esistenza di una clausola contrattuale abusiva e che l’esistenza di tale clausola presuppone che il creditore non abbia agito in buona fede.

    80.

    Facendo riferimento alla sentenza Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen ( 38 ), la Commissione prosegue affermando che far gravare sul consumatore l’onere delle condizioni di applicazione di un termine di prescrizione più lungo rispetto a quello di tre anni sarebbe contrario a quanto statuito dalla Corte, vale a dire che, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si fonda la tutela che la direttiva 93/13 garantisce ai consumatori, il suo articolo 6 deve essere considerato come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico.

    81.

    Infine, a differenza del governo slovacco, la Commissione ritiene che la sentenza CA Consumer Finance ( 39 ) sia rilevante nel contesto della presente causa.

    82.

    Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla risposta da fornire alla seconda questione in relazione ai tre argomenti oggetto di dibattito tra le parti: il ruolo del dolo nei sistemi istituiti dalle direttive 93/13 e 2008/48, la coesistenza di termini di prescrizione oggettivi nel diritto slovacco e la rilevanza della sentenza CA Consumer Finance ( 40 ).

    2. Il ruolo del dolo nei sistemi istituiti dalle direttive 93/13 e 2008/48

    83.

    Gli argomenti che la Commissione trae dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 sembrano basarsi su un’interpretazione di detta direttiva secondo cui, nel sistema da essa istituito, l’esistenza di una clausola contrattuale abusiva presuppone il dolo del professionista che ha inserito tale clausola nel contratto concluso con un consumatore.

    84.

    È vero che il criterio relativo alla buona fede (o piuttosto alla sua assenza) è contenuto nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Tuttavia, tale criterio non è affatto impiegato per tenere conto dei fenomeni psicologici che accompagnano la conclusione del contratto. Detta disposizione, infatti, fa riferimento a questo criterio per descrivere il risultato che una clausola contrattuale deve conseguire per essere considerata abusiva. Ripetendo i termini della citata disposizione, tale clausola deve creare uno squilibrio significativo, malgrado il requisito della buona fede.

    85.

    Si tratta quindi non di un criterio di natura soggettiva, ma di un criterio oggettivo ( 41 ). Questa interpretazione corrisponde al sedicesimo considerando della direttiva 93/13, che pone l’accento sugli elementi oggettivi della valutazione del requisito della buona fede ( 42 ). In quest’ordine di idee, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, per quanto riguarda tale requisito, il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse a tale clausola in seguito a negoziato individuale ( 43 ).

    86.

    È altresì vero che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che tutte le clausole abusive non sono state oggetto di negoziato individuale. Ne consegue che l’inserimento di una clausola abusiva nel contratto e il contenuto di tale clausola sfuggono al controllo del consumatore. Si potrebbe certamente sostenere che questi due elementi sono, al contrario, soggetti al controllo esclusivo del professionista. Tuttavia, non se ne può dedurre che tale direttiva pretenda che il professionista abbia inserito dolosamente la clausola abusiva nel contratto concluso con il consumatore o che essa introduca una presunzione in tal senso.

    87.

    Nel sistema istituito dalla direttiva 93/13, il dolo nell’inserire una clausola abusiva nel contratto o nel determinare un significativo squilibrio a danno del consumatore è irrilevante. Un tale sistema rafforza la tutela del consumatore perché esclude la possibilità stessa di discutere se il professionista fosse consapevole ai fini dell’articolo 6 di tale direttiva o, eventualmente, se sia in condizione di confutare la presunzione stabilita da tale direttiva ( 44 ). La responsabilità di un professionista deve essere qualificata come responsabilità oggettiva derivante dal mero fatto di utilizzare una clausola abusiva.

    88.

    Inoltre, anche supponendo che il sistema istituito dalla direttiva 93/13 si basi sull’idea che la natura abusiva di una clausola contrattuale sia subordinata al dolo del professionista, il dolo ai sensi di detta direttiva non coinciderebbe necessariamente con la nozione di «dolo» ai sensi del diritto nazionale. Pertanto, l’esistenza di una clausola abusiva ai sensi della menzionata direttiva non implicherebbe necessariamente che siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione del termine di prescrizione oggettivo di dieci anni, previste dal diritto slovacco.

    89.

    Lo stesso vale per l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, secondo cui l’indicazione non corretta del TAEG è contraria a tale disposizione, senza che il dolo del professionista possa incidere sui suoi diritti o su quelli del consumatore.

    90.

    Di conseguenza, il sistema istituito dalla direttiva 93/13 non si basa sull’idea che qualsiasi clausola abusiva sia il risultato di un comportamento doloso o illecito del professionista. Tale direttiva non richiede quindi che il consumatore debba disporre di un termine di prescrizione speciale in caso di arricchimento senza causa doloso. Lo stesso vale per il sistema istituito dalla direttiva 2008/48 e per l’indicazione non corretta del TAEG.

    3. Coesistenza di termini di prescrizione

    91.

    Il governo slovacco e la Commissione sottolineano che il termine di prescrizione oggettivo di dieci anni costituisce un termine complementare rispetto al termine di tre anni. Essi sono in disaccordo quanto alle implicazioni della coesistenza di tali termini sulla compatibilità del termine più lungo con il diritto dell’Unione.

    92.

    Supponendo che il termine di prescrizione generale di tre anni, considerato isolatamente, non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione ( 45 ), è difficile ritenere che un termine di prescrizione speciale di dieci anni, complementare rispetto al termine di tre anni, non soddisfi i requisiti del principio di effettività.

    93.

    Infatti, ogni causa in cui si pone la questione della conformità di una disposizione nazionale al principio di effettività deve essere analizzata alla luce della collocazione di tale disposizione nel procedimento complessivo, nonché dello svolgimento e delle particolarità dello stesso, dinanzi ai vari organi nazionali. Nel verificare il rispetto di detto principio, occorre tener conto di tutte le modalità relative a un termine di prescrizione ( 46 ). Seguendo questa linea di ragionamento, nel quadro di una tale verifica non può essere trascurato il fatto che si tratta di un termine di prescrizione complementare a un termine di prescrizione generale di cui è stato verificato il rispetto del principio di effettività.

    94.

    Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si fonda la tutela che la direttiva 93/13 garantisce ai consumatori non sono tali da incrinare la considerazione secondo cui poco probabilmente un termine di prescrizione speciale di dieci anni, complementare a un termine di tre anni che è conforme al principio di effettività, non rispetta i requisiti imposti da tale principio. Se il dolo del professionista per quanto riguarda il suo arricchimento è irrilevante dal punto di vista del diritto dell’Unione ( 47 ), occorre ritenere che il diritto dell’Unione non richiede, in caso di arricchimento doloso, che il consumatore debba poter invocare un termine di prescrizione speciale, più lungo del termine di prescrizione generale.

    4. Rilevanza della sentenza CA Consumer Finance

    95.

    Nella sentenza CA Consumer Finance ( 48 ), la Corte ha dichiarato che la direttiva 2008/48 osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’onere della prova dell’inadempimento degli obblighi prescritti ai suoi articoli 5 e 8 (comunicazione di informazioni precontrattuali e verifica del merito creditizio del consumatore) grava sul consumatore, in quanto una tale normativa compromette il principio di effettività. La Corte ha osservato, in primo luogo, che il consumatore non dispone di mezzi che gli consentano di provare che il creditore non abbia adempiuto a tali obblighi. Essa ha indicato, in secondo luogo, che l’effettività dell’esercizio dei diritti conferiti da detta direttiva è garantita da una norma nazionale secondo la quale il creditore è, in via di principio, tenuto a dimostrare dinanzi al giudice la corretta esecuzione di tali obblighi ( 49 ).

    96.

    Innanzitutto, devo sottolineare che nella sentenza CA Consumer Finance ( 50 ) il contesto in cui è sorto il problema giuridico dell’onere della prova era diverso da quello della presente causa. Come nella sentenza OPR-Finance ( 51 ), analizzata brevemente al paragrafo 61 delle presenti conclusioni, si trattava di un’azione promossa dal professionista contro il consumatore.

    97.

    Inoltre, il problema giuridico relativo all’onere della prova oggetto di quella sentenza riguardava omissioni del professionista che potevano fondare un’azione del consumatore o un rilievo d’ufficio da parte del giudice nazionale. Per contro, la natura dolosa del comportamento del professionista è irrilevante per i sistemi istituiti dalle direttive 93/13 e 2008/48, nella misura in cui quest’ultima riguarda l’indicazione non corretta del TAEG.

    98.

    Qualora la Corte dovesse ritenere che un termine di prescrizione oggettivo di tre anni, come quello oggetto della prima questione, non pone problemi di attuazione del principio di effettività in circostanze come quelle del presente pocedimento, proporrei di considerare che, come regola generale, detto principio non osta ad un termine di prescrizione oggettivo di dieci anni, complementare a quello di tre anni, come quello oggetto della seconda questione.

    99.

    Tuttavia, ferme restando le precedenti osservazioni aggiuntive sulla seconda questione, mantengo la tesi che ho esposto al paragrafo 74 delle presenti conclusioni.

    V. Conclusione

    100.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali prima e seconda sollevate dal Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešov, Slovacchia):

    Il principio di effettività osta ad una normativa nazionale o ad una sua interpretazione che prevede che il termine di prescrizione di tre anni applicabile alle azioni di ripetizione basate su clausole contrattuali considerate abusive ai sensi della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e/o su clausole contrattuali contrarie ai requisiti della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, decorra dal momento in cui un arricchimento senza causa ha effettivamente luogo.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) V. le mie conclusioni nelle cause riunite Raiffeisen Bank e BRD Groupe Societé Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:181). V. anche sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578).

    ( 3 ) Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

    ( 4 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66).

    ( 5 ) La domanda di pronuncia pregiudiziale non precisa quale decisione sia stata presa in primo grado. Tuttavia, la PROFI CREDIT Slovakia dichiara nelle sue osservazioni scritte che il giudice di primo grado ha ritenuto che il contratto di credito concluso tra le parti in causa non contenesse un accordo sul TAEG e che, pertanto, il credito fosse esente da interessi e spese, e ha quindi ordinato alla PROFI CREDIT Slovakia di restituire al consumatore l’importo che quest’ultimo aveva rimborsato in più rispetto al credito.

    ( 6 ) Rilevo che le questioni pregiudiziali quinta e sesta riguardano le implicazioni delle sentenze della Corte relative all’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48. Tali questioni sono poste nel contesto di violazioni del diritto dell’Unione diverse da quelle oggetto delle prime quattro questioni. Infatti, come ammette il giudice del rinvio, esse vertono su un possibile motivo giuridico, per il rimborso della commissione richiesto dal ricorrente nel procedimento principale, diverso da quello oggetto delle prime quattro questioni.

    ( 7 ) Sentenza del 21 aprile 2016 (C‑377/14, EU:C:2016:283).

    ( 8 ) V. articolo 107, paragrafo 1, del codice civile.

    ( 9 ) V. articolo 107, paragrafo 2, del codice civile.

    ( 10 ) Rilevo che il giudice del rinvio afferma che questo termine di prescrizione oggettivo di tre anni è applicabile in caso di arricchimento «colposo». Tuttavia, questo criterio non figura nell’articolo 107, paragrafo 2, del codice civile. Tale indicazione è inoltre contestata dal governo slovacco nelle sue osservazioni scritte. Ad ogni modo, il termine di prescrizione oggettivo di dieci anni sembra costituire un’eccezione al termine di tre anni, per l’applicazione del quale i requisiti riguardanti il soggetto indebitamente arricchito sono meno rigidi.

    ( 11 ) Il giudice del rinvio ritiene che tale analogia sia «inaccettabile», in quanto i mezzi a disposizione del Pubblico ministero e della polizia nel contesto di un procedimento penale non possono in alcun caso essere gli stessi di un consumatore disinformato. Tuttavia, secondo il governo slovacco nelle sue osservazioni scritte, il giudice del rinvio distorce l’obiettivo perseguito dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) nel ricorrere all’analogia con il diritto penale nella decisione del 18 ottobre 2018, che non era di determinare su chi dovesse gravare l’onere della prova, ma di definire i concetti di «imputabilità» e di «dolo».

    ( 12 ) V. paragrafo 3 delle presenti conclusioni. Le questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta non sono riprodotte nelle presenti conclusioni. Per completezza, rilevo che le questioni terza e quarta riguardano le circostanze che un ricorrente deve dimostrare per potersi avvalere del termine di prescrizione oggettivo di dieci anni. Le questioni quinta e sesta riguardano l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione, da parte dei giudici di uno Stato membro, di una norma nazionale dichiarata incompatibile con i precetti dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere h) e i), della direttiva 2008/48, nonché l’eventuale effetto diretto di tale disposizione in circostanze come quelle del procedimento principale.

    ( 13 ) V. sentenze del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 57), e del 3 aprile 2019, Aqua Med (C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 47). V. anche ordinanza del 28 novembre 2018, PKO Bank Polski (C‑632/17, EU:C:2018:963, punto 43).

    ( 14 ) V. sentenza del 31 maggio 2018, Sziber (C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 35).

    ( 15 ) V. le mie conclusioni nelle cause riunite Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:181, paragrafo 65 e nota 19). V. anche Szpunar, M., «Quelques aspects procéduraux de la protection des consommateurs contre les clauses abusives: le contrôle d’office dans le cadre des procédures accélérées et simplifiées», in Paschalidis, P., e Wildemeersch, J. (a cura di), L’Europe au présent! Liber amicorum Melchior Wathelet, Bruylant, Bruxelles, 2018, pagg. da 699 a 701.

    ( 16 ) V. sentenze del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 61), e del 3 aprile 2019, Aqua Med (C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 54). V. anche ordinanza del 28 novembre 2018, PKO Bank Polski (C‑632/17, EU:C:2018:963, punto 45).

    ( 17 ) V. le mie conclusioni nelle cause riunite Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:181, paragrafo 65 e nota 19).

    ( 18 ) Facendo riferimento alla tutela giurisdizionale effettiva in una delle sue sentenze, la Corte ha sottolineato, tra l’altro, l’importanza di determinare se le norme nazionali incidano in misura sproporzionata sul diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva del consumatore. V. sentenza del 31 maggio 2018, Sziber (C‑483/16, EU:C:2018:367, punti 5152). Va tuttavia rilevato che i riferimenti giurisprudenziali presenti in quella sentenza sono prevalentemente riferimenti alla giurisprudenza sul principio di effettività, mentre il passaggio relativo alla violazione sproporzionata della tutela giurisdizionale effettiva serviva solo per bilanciare gli interessi dei consumatori con la corretta amministrazione della giustizia.

    ( 19 ) V. paragrafi 17 e 18 delle presenti conclusioni.

    ( 20 ) V., inter alia, sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank (C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 21 ) In tale contesto osservo che l’interpretazione secondo cui la Carta si applica anche alle disposizioni nazionali stabilite in virtù del principio di autonomia procedurale è confermata dall’orientamento giurisprudenziale nell’ambito del quale la Corte ha fatto piuttosto riferimento alla tutela giurisdizionale effettiva [v. sentenze del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 57); del 3 aprile 2019, Aqua MED (C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 47), e del 31 maggio 2018, Sziber, C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 35)], quale prevista dall’articolo 47 della Carta.

    ( 22 ) Sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 23 ) Sentenza del 21 dicembre 2016 (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 75).

    ( 24 ) Sentenza del 21 dicembre 2016 (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 61).

    ( 25 ) C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:181, paragrafi 7677.

    ( 26 ) V. anche, in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 56).

    ( 27 ) Sentenza del 5 marzo 2020 (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 36).

    ( 28 ) Peraltro, nelle sue conclusioni nelle cause riunite Cofidis e OPR-Finance (C‑616/18 e C‑679/18, EU:C:2019:975, paragrafi da 62 a 70), l’avvocato generale Kokott ha considerato che il termine nazionale di decadenza possa essere compatibile con il principio di effettività.

    ( 29 ) Sentenza del 21 novembre 2002 (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 36).

    ( 30 ) Sentenza del 5 marzo 2020 (C‑679/18, EU:C:2020:167, punto 36).

    ( 31 ) Sentenza del 21 novembre 2002 (C‑473/00, EU:C:2002:705).

    ( 32 ) V. le mie conclusioni nelle cause riunite Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:181, paragrafi da 67 a 69). V. anche paragrafi 37 e 38 delle presenti conclusioni.

    ( 33 ) V. anche, in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 62).

    ( 34 ) V. anche, in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 61).

    ( 35 ) Tale circostanza distingue la domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa da quella nelle cause riunite, per le quali pure ho presentato conclusioni, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:19).

    ( 36 ) V., in tal senso, per le implicazioni della considerazione che il termine di prescrizione applicabile alle azioni per arricchimento decorre dal momento in cui il consumatore effettua un pagamento, Łętowska, E., Kwalifikacje prawne w sprawach o sanację kredytów frankowych – da mihi factum dabo tibi ius. Stanowisko prof. Ewy Łętowskiej dla Forum Konsumenckiego przy RPO [Posizione redatta per il Forum dei consumatori attivo presso l’Ombudsman polacco], https://www.rpo.gov.pl/sites/default/files/Prof._Ewa_Łętowska_Kwalifikacje_prawne_w_sprawach_o_sanację_kredytów_frankowych_da_mihi_final_29.06.20.pdf, pagg. 17 e 18.

    ( 37 ) Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑449/13, EU:C:2014:2464).

    ( 38 ) Sentenza del 17 maggio 2018 (C‑147/16, EU:C:2018:320).

    ( 39 ) Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑449/13, EU:C:2014:2464, punto 32).

    ( 40 ) Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑449/13, EU:C:2014:2464).

    ( 41 ) V. altresì Mikłaszewicz, P., «Komentarz do art. 3851 k.c.», in Osajda, K. (a cura di), Kodeks cywilny. Komentarz, Legalis, Varsavia, 2020 (26a edizione) - Nota all’articolo 385, paragrafo 1, punto 10, del codice civile polacco -, che parla di una «violazione della buona fede» in senso oggettivo.

    ( 42 ) Detto considerando enuncia che la valutazione, secondo i criteri generali stabiliti, del carattere abusivo di clausole, in particolare nell'ambito di attività professionali a carattere pubblico per la prestazione di servizi collettivi che presuppongono una solidarietà fra utenti, deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa e che si tratta nella fattispecie del requisito di buona fede.

    ( 43 ) V., di recente, sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank (C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 50).

    ( 44 ) È certamente vero che una disciplina nazionale dell’arricchimento senza causa può attribuire importanza al fatto che il consumatore o il professionista siano consapevoli che i pagamenti effettuati dal primo sono privi di causa. In particolare, tale disciplina può prevedere che i pagamenti effettuati da una persona che fosse consapevole dell’assenza di causa non debbano essere restituiti dalla persona che si è arricchita. Tuttavia, occorre esaminare se tale disciplina sia conforme alle direttive 93/13 e 2008/48 nonché all’effetto utile delle stesse. Sulla questione della consapevolezza delle parti contraenti nel contesto delle clausole abusive, v. Łętowska, E., Kwalifikacje prawne w sprawach o sanację kredytów frankowych – da mihi factum dabo tibi ius. Stanowisko prof. Ewy Łętowskiej dla Forum Konsumenckiego przy RPO [Posizione redatta per il Forum dei consumatori attivo presso l’Ombudsman polacco], https://www.rpo.gov.pl/sites/default/files/Prof._Ewa_Łętowska_Kwalifikacje_prawne_w_sprawach_o_sanację_kredytów_frankowych_da_mihi_final_29.06.20.pdf, pag. 17. In ogni caso, il problema non si presenta nella fattispecie, tanto più che la seconda questione pregiudiziale è analizzata soltanto nell’ipotesi che il termine di prescrizione oggettivo di tre anni risulti conforme a tali direttive.

    ( 45 ) V. paragrafi da 70 a 74 delle presenti conclusioni.

    ( 46 ) V. anche paragrafo 67 delle presenti conclusioni.

    ( 47 ) V. paragrafi da 83 a 90 delle presenti conclusioni.

    ( 48 ) Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑449/13, EU:C:2014:2464).

    ( 49 ) Sentenza del 18 dicembre 2014, CA Consumer Finance (C‑449/13, EU:C:2014:2464, punti 2728).

    ( 50 ) Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑449/13, EU:C:2014:2464).

    ( 51 ) V. sentenza del 5 marzo 2020, OPR-Finance (C-679/18, EU:C:2020:167, punto 36).

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