SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

31 maggio 2018 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 7, paragrafo 1 – Contratti di mutuo denominati in valuta estera – Normativa nazionale che prevede requisiti procedurali specifici per contestare il carattere abusivo – Principio di equivalenza – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa C‑483/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 29 agosto 2016, pervenuta in cancelleria il 6 settembre 2016, nel procedimento

Zsolt Sziber

contro

ERSTE Bank Hungary Zrt.,

con l’intervento di:

Mónika Szeder,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader, A. Prechal (relatore) ed E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 ottobre 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per la ERSTE Bank Hungary Zrt., da T. Kende e P. Sonnevend, ügyvédek;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da A. Cleenewerck de Crayencour e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 169 TFUE, degli articoli 20, 21, 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), letto alla luce dell’articolo 8 di tale direttiva, nonché del considerando 47 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66, e rettifiche GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40 e GU 2011, L 234 pag. 46).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Zsolt Sziber e la ERSTE Bank Hungary Zrt. (in prosieguo: la «ERSTE Bank») in merito ad una domanda di accertamento del carattere abusivo di determinate clausole inserite in un contratto di mutuo concluso per l’acquisto di un alloggio, erogato e rimborsato in fiorini ungheresi (HUF), ma registrato in franchi svizzeri (CHF) in base al tasso di cambio in vigore il giorno del pagamento.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 87/102/CEE

3

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48) tale direttiva non si applica ai contratti di credito o di promessa di credito destinati principalmente all’acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà su un terreno o un immobile costruito o da costruirsi.

Direttiva 93/13

4

Il considerando 24 della direttiva 93/13 enuncia quanto segue:

«(…) le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

5

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Direttiva 2008/48

7

L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48 così dispone:

«La presente direttiva non si applica ai:

a)

contratti di credito garantiti da un’ipoteca oppure da un’altra garanzia analoga comunemente utilizzata in uno Stato membro sui beni immobili o da un diritto legato ai beni immobili».

Diritto ungherese

Il vecchio codice civile

8

L’articolo 239/A, paragrafo 1, della A Polgári Törvénykönyvről szóló 1959. évi IV. törvény (legge n. IV del 1959 che istituisce il codice civile), nella sua versione in vigore fino al 14 marzo 2014 (in prosieguo: il «vecchio codice civile»), recitava:

«Una parte può chiedere al giudice di dichiarare l’invalidità del contratto o di talune sue clausole (invalidità parziale), anche senza chiedere altresì l’applicazione delle conseguenze connesse all’invalidità».

Il codice civile

9

A norma dell’articolo 6:108 della A Polgári Törvénykönyvről szóló 2013. évi V. törvény (legge n. V del 2013 che istituisce il codice civile), in vigore dal 15 marzo 2014 (in prosieguo: il «codice civile»):

«1.   Nessun diritto può essere fondato su un contratto invalido e l’esecuzione di un tale contratto non può essere richiesta. Le conseguenze giuridiche dell’invalidità sono applicate dal giudice su istanza di parte, nei limiti della prescrizione e della prescrizione acquisitiva.

2.   Una parte può chiedere al giudice di dichiarare l’invalidità del contratto o di talune sue clausole (invalidità parziale), anche senza chiedere altresì l’applicazione delle conseguenze connesse all’invalidità.

3.   Il giudice può statuire sulle conseguenze dell’invalidità discostandosi dalla domanda della parte; tuttavia, egli non può applicare una soluzione alla quale tutte le parti si oppongono».

La legge DH1

10

L’articolo 1, paragrafo 1, della Kúriának a pénzügyi intézmények fogyasztói kölcsönszerződéseire vonatkozó jogegységi határozatával kapcsolatos egyes kérdések rendezéséről szóló 2014. évi XXXVIII. törvény (legge n. XXXVIII del 2014 relativa alla regolamentazione di determinate questioni connesse a una pronuncia della Kúria (Corte suprema, Ungheria) resa nell’interesse dell’uniformità del diritto in merito ai contratti di mutuo conclusi dagli istituti di credito con i consumatori; in prosieguo: la «legge DH1») così dispone:

«La presente legge si applica ai contratti di mutuo conclusi con i consumatori tra il 1o maggio 2004 e la data di entrata in vigore della presente legge. Ai fini della presente legge, devono essere considerati come contratti di mutuo conclusi con i consumatori i contratti di mutuo o di credito nonché i contratti di leasing finanziario basati su valuta estera (registrati o concessi in valuta estera e rimborsabili in HUF) o su HUF e conclusi tra un istituto finanziario e un consumatore, se una clausola generale o una clausola che non è stata negoziata individualmente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, o dell’articolo 4, paragrafo 1 è stata inserita nel contratto».

11

L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della legge DH1 prevede quanto segue:

«1.   In un contratto di mutuo concluso con un consumatore, è nulla – a meno che non si tratti di una condizione contrattuale negoziata individualmente – la clausola in virtù della quale l’istituto di credito decide di applicare il corso denaro al momento dell’erogazione dei fondi destinati all’acquisto del bene oggetto del mutuo o del leasing finanziario, mentre al rimborso si applica il corso lettera, o qualsiasi altro tasso di cambio di tipo diverso da quello fissato al momento dell’erogazione dei fondi.

2.   La clausola viziata da nullità in virtù del paragrafo 1 è sostituita – ferme restando le disposizioni del paragrafo 3 – da una disposizione che prevede l’applicazione del tasso di cambio ufficiale fissato dalla Banca nazionale d’Ungheria per la valuta corrispondente, sia per quanto riguarda l’erogazione dei fondi sia per quanto riguarda il rimborso (compreso il pagamento delle rate mensili e di tutti i costi, le spese e le commissioni fissati in valuta estera)».

12

L’articolo 4 della stessa legge così dispone:

«1.   È considerata abusiva, nel caso di contratti di mutuo conclusi con i consumatori che prevedono la possibilità di modifica unilaterale, ogni clausola di un siffatto contratto che permetta un aumento unilaterale degli interessi, dei costi e delle spese – a meno che non si tratti di una condizione contrattuale negoziata individualmente (…).

2.   Una clausola contrattuale come quella prevista nel paragrafo 1 è nulla se l’istituto di credito non ha agito in giudizio (…), o se il giudice ha respinto il ricorso o posto fine al procedimento, salvo che, nel caso della clausola contrattuale, possa essere necessario avviare il procedimento contenzioso (…), ma questo procedimento non è stato avviato, o se detto procedimento è stato avviato ma il giudice non ha dichiarato la nullità della clausola contrattuale in virtù del paragrafo 2a.

2a.   Una clausola contrattuale come quella prevista nel paragrafo 1 è nulla se il giudice ne ha constatato la nullità in base alla legge speciale relativa al rendiconto, nel contesto di un procedimento contenzioso avviato mediante ricorso proposto dall’autorità di sorveglianza in nome dell’interesse generale.

3.   Nei casi di cui al paragrafo 2 e al paragrafo 2a, l’istituto di credito deve procedere ad un rendiconto con il consumatore secondo le modalità definite da una legge speciale».

La legge DH2

13

L’articolo 37, paragrafi da 1 a 3, della Kúriának a pénzügyi intézmények fogyasztói kölcsönszerződéseire vonatkozó jogegységi határozatával kapcsolatos egyes kérdések rendezéséről szóló 2014. évi XXXVIII. törvényben rögzített elszámolás szabályairól és egyes egyéb rendelkezésekről szóló 2014. évi XL. törvény (legge n. XL del 2014 relativa alle norme applicabili al rendiconto previsto nella legge n. XXXVIII del 2014 relativa alla regolamentazione di determinate questioni connesse a una pronuncia della Kúria (Corte suprema) resa nell’interesse dell’uniformità del diritto in merito a contratti di mutuo conclusi dagli istituti di credito con i consumatori, nonché a varie altre disposizioni; in prosieguo: la «legge DH2») enuncia quanto segue:

«1.   La parte non può, in merito ai contratti rientranti nell’ambito di applicazione della presente legge, chiedere al giudice di dichiarare l’invalidità del contratto o di talune sue clausole (in prosieguo: l’“invalidità parziale”) – qualunque sia il motivo di invalidità – se non chiedendo altresì al suddetto giudice di applicare le conseguenze giuridiche dell’invalidità, vale a dire che il contratto sia dichiarato o valido o produttivo di effetti fino alla data della pronuncia della decisione. In mancanza, e se la parte non dà seguito ad una richiesta di regolarizzazione, il giudice non può pronunciarsi nel merito del ricorso. Se la parte chiede al giudice di trarre le conseguenze giuridiche dell’invalidità o dell’invalidità parziale, essa deve altresì indicare quale sia la conseguenza giuridica di cui chiede l’applicazione. Per quanto riguarda l’applicazione della conseguenza giuridica, la parte deve presentare una domanda precisa e quantificata, contenente il rendiconto tra le parti.

2.   Tenuto conto delle disposizioni del paragrafo 1, è necessario, per quanto riguarda i contratti che rientrano nel campo di applicazione della presente legge, in base all’articolo 239/A, paragrafo 1, del vecchio codice civile, o dell’articolo 6:108, paragrafo 2, del codice civile – se le condizioni previste dalla presente legge sono rispettate – respingere la domanda senza procedere a citazione nei procedimenti pendenti diretti all’accertamento dell’invalidità totale o parziale di un contratto, o porre fine a questi procedimenti. Non si può respingere la domanda senza procedere a citazione, o porre fine al procedimento quando la parte, oltre a chiedere l’accertamento dell’invalidità totale o parziale, ha altresì formulato un’altra conclusione; in questo caso, si deve considerare che essa non mantenga la richiesta di accertamento dell’invalidità. È opportuno procedere in tal modo anche nei procedimenti riassunti dopo una sospensione.

3.   Se, in un procedimento pendente, non occorre più respingere la domanda senza procedere a citazione, verrà posta fine al procedimento quando la parte, nella sua domanda (o, se del caso, nella sua domanda riconvenzionale) non chieda, entro trenta giorni a decorrere dalla richiesta di regolarizzazione in tal senso, al giudice di trarre le conseguenze giuridiche dell’invalidità parziale o totale, e, inoltre, non indichi qual è la conseguenza giuridica di cui essa domanda l’applicazione. Non occorre porre fine al procedimento quando la parte, oltre alla conclusione che mira all’accertamento dell’invalidità totale o parziale, ha altresì formulato un’altra conclusione; in questo caso, si deve considerare che essa non mantenga la richiesta di accertamento dell’invalidità».

14

L’articolo 37/A, paragrafo 1, della legge DH2 prevede quanto segue:

«Il giudice, quando trae le conseguenze giuridiche dell’invalidità, stabilisce, basandosi sui dati del rendiconto riesaminato di cui all’articolo 38, paragrafo 6, l’obbligo di pagamento delle parti applicando le norme di rendiconto previste nella presente legge».

15

L’articolo 38, paragrafo 6, di detta legge è del seguente tenore:

«Il rendiconto è considerato rendiconto riesaminato quando

a)

nel termine previsto dalla presente legge, il consumatore non ha depositato il reclamo presso un istituto di credito per contestare il rendiconto, o non ha depositato il reclamo con il quale afferma che l’istituto di credito non ha effettuato il relativo rendiconto;

b)

nel termine previsto dalla presente legge, il consumatore non ha avviato un procedimento dinanzi all’organo di conciliazione in materia finanziaria,

c)

nel termine previsto dalla presente legge, il consumatore o l’istituto di credito non ha avviato il procedimento non contenzioso previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, o il procedimento contenzioso previsto dall’articolo 23, paragrafo 2,

d)

la decisione che definisce il procedimento non contenzioso previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, o la decisione che definisce il procedimento contenzioso previsto dall’articolo 23 paragrafo 2, promosso dal consumatore o dall’istituto di credito, è diventata definitiva».

La legge DH3

16

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della az egyes fogyasztói kölcsönszerződések devizanemének módosulásával és a kamatszabályokkal kapcsolatos kérdések rendezéséről szóló 2014. évi LXXVII. törvény (legge n. LXXVII del 2014 relativa alla definizione delle questioni connesse alla modifica della valuta nella quale sono espressi alcuni contratti di mutuo nonché alle norme in materia di interessi; in prosieguo: la «legge DH3»):

«I contratti di mutuo conclusi con consumatori sono modificati per effetto della presente legge e conformemente alle disposizioni ivi contenute».

17

L’articolo 10 della legge DH3 così dispone:

«L’istituto di credito che sia creditore in un contratto di mutuo ipotecario in valuta estera o basato su una valuta estera è obbligato, fino alla data limite per l’adempimento del suo obbligo di rendiconto in applicazione della legge [DH2], a convertire l’intero debito esistente ai sensi del contratto di mutuo ipotecario in valuta estera o basato su una valuta estera, o il debito che risulti da un tale contratto, quale determinato in base al rendiconto effettuato conformemente alla legge [DH2],– compresi gli interessi, le spese, le commissioni e i costi fatturati in valuta estera –, in un credito in HUF tenendo fermo, fra i due seguenti importi, vale a dire:

a)

la media dei tassi di cambio della valuta estera ufficialmente fissati dalla Banca nazionale d’Ungheria nel periodo compreso tra il 16 giugno 2014 e il 7 novembre 2014, o

b)

il tasso di cambio ufficialmente fissato dalla Banca nazionale d’Ungheria il 7 novembre 2014

quello più favorevole al consumatore alla data di riferimento (in prosieguo: la “conversione in HUF”)».

18

L’articolo 15/A della medesima legge prevede quanto segue:

«1.   Nei procedimenti che sono stati avviati affinché sia accertata l’invalidità (invalidità parziale) di contratti di mutuo conclusi con consumatori, o affinché siano tratte le conseguenze giuridiche dell’invalidità, e che sono attualmente pendenti, è necessario applicare le norme di conversione in HUF stabilite dalla presente legge all’importo del debito del consumatore che risulta da un contratto di mutuo in valuta estera o basato su una valuta estera che quest’ultimo abbia stipulato in qualità di consumatore, come determinato sulla base del rendiconto effettuato conformemente alla legge [DH2]».

2.   L’importo dei rimborsi effettuati dal consumatore fino alla data in cui è stata emessa la decisione viene detratto dal debito del consumatore, quale determinato in HUF alla data di riferimento per il rendiconto.

3.   Quando un contratto di mutuo concluso con un consumatore è dichiarato valido, i diritti e le obbligazioni contrattuali delle parti, quali determinate al termine del rendiconto effettuato conformemente alla [legge DH2], devono essere stabiliti conformemente alle disposizioni della presente legge».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19

Il 7 maggio 2008, il sig. Sziber, in qualità di debitore, e la sig.ra Mónika Szeder, in qualità di codebitrice, hanno contratto presso la ERSTE Bank un mutuo per l’acquisto di un alloggio, denominato in CHF ed erogato nonché rimborsato in HUF. Il contratto di mutuo è stato registrato in CHF in base al tasso di cambio del giorno e vi è stato allegato un contratto di garanzia ipotecaria immobiliare. Tale contratto di mutuo contiene clausole che stabiliscono, da un lato, una differenza tra il tasso di cambio applicabile all’erogazione del mutuo e quello applicabile al suo rimborso, rispettivamente il corso denaro applicato dalla ERSTE Bank e il corso lettera praticato da quest’ultima (in prosieguo: la «differenza tra i tassi di cambio») e, dall’altro, un’opzione di modifica unilaterale a favore della ERSTE Bank che le consente di aumentare gli interessi, le spese e i costi (in prosieguo: l’«opzione di modifica unilaterale»).

20

Nel suo ricorso, il sig. Sziber ha chiesto al giudice del rinvio, in via principale, di dichiarare la nullità del contratto di mutuo di cui trattasi, in quanto, in primo luogo, avrebbe per oggetto una prestazione impossibile, dato che esso non conterrebbe né l’importo delle varie rate mensili né rispettivamente l’importo del capitale preso in prestito e degli interessi e che non sarebbe stato possibile versare una somma in valuta estera su un conto di credito in HUF, in secondo luogo, tale contratto non avrebbe precisato il tipo di tasso applicato per la conversione e, in terzo luogo, la ERSTE Bank non avrebbe soddisfatto il requisito di una valutazione adeguata del mutuo alla luce della solvibilità del mutuatario, tenuto conto in particolare del rischio di cambio. Inoltre, l’entità del rischio di cambio non sarebbe valutabile da parte del consumatore, che non disporrebbe di informazioni chiare e comprensibili.

21

In subordine, il sig. Sziber ha chiesto alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria) di dichiarare l’invalidità di talune clausole contrattuali. Secondo quest’ultimo, in primo luogo, la clausola di cui al punto VII.2 del contratto di mutuo in questione è abusiva in quanto l’entità del rischio di cambio non poteva essere valutata dal consumatore, che disponeva di informazioni che non erano né chiare né comprensibili. In secondo luogo, la clausola di cui al punto VIII.13 di tale contratto sarebbe abusiva, in quanto consentirebbe che una comunicazione bancaria venga integrata nel suddetto contratto il che, conferendo all’ERSTE Bank un diritto di completarlo, violerebbe l’equilibrio contrattuale tra le parti. In terzo luogo, il punto II.1 del contratto di mutuo in questione, relativo alla fissazione delle rate mensili in funzione di dati contenuti in una comunicazione bancaria, il punto III.2 del suddetto contratto, relativo al tasso di interesse e alla sua misura variabile, e il punto III.3. di tale contratto, che prevede il diritto di aumentare gli interessi, avrebbero carattere di clausole abusive.

22

Il giudice del rinvio ha indicato al sig. Sziber che doveva regolarizzare il suo ricorso, tenuto conto, in particolare, dell’articolo 37 della legge DH2, precisando, da un lato, la conseguenza giuridica che intende ottenere in seguito all’eventuale accertamento di invalidità del contratto di mutuo di cui trattasi e, dall’altro, completando il rendiconto di cui all’articolo 38, paragrafo 6, della legge DH2, al fine di precisare gli importi che ritiene di aver pagato in conseguenza di eventuali clausole abusive diverse da quelle già prese in considerazione nell’ambito di tale rendiconto, ossia le clausole di cui agli articoli 3 e 4 della legge DH1.

23

Orbene, anche se il giudice del rinvio rileva che il sig. Sziber ha modificato più volte il suo ricorso, quest’ultimo, nonostante l’invito in tal senso da parte di tale giudice, non avrebbe presentato una memoria di modifica del suo ricorso. Il suddetto giudice osserva che, pertanto, in linea di principio, occorrerebbe porre fine al procedimento, senza esaminare la controversia nel merito.

24

Tuttavia, in risposta ad un quesito posto dalla Corte, il giudice del rinvio ha evidenziato che la controversia è ancora pendente dinanzi ad esso.

25

Il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell’Unione non osti alle disposizioni delle leggi DH1 e DH2 in forza delle quali, da un lato, due clausole contenute nella maggior parte dei contratti denominati in valuta estera, ossia quelle sulla differenza tra i tassi di cambio e sull’opzione di modifica unilaterale, sono qualificate come abusive e l’istituto finanziario è tenuto ad elaborare un rendiconto relativo alle suddette clausole e, dall’altro, il consumatore è tenuto a precisare la conseguenza giuridica che intende attribuire all’invalidità parziale o totale del contratto di mutuo di cui trattasi e a quantificare tali pretese per quanto riguarda eventuali clausole abusive diverse dalle due clausole citate, mentre i mutuatari che hanno concluso contratti di mutuo non denominati in valuta estera non sono tenuti a fornire tali precisazioni e quantificazioni.

26

Inoltre, il giudice del rinvio rileva che, per questi ultimi mutuatari, è possibile chiedere l’applicazione, spesso più favorevole, della conseguenza giuridica dell’invalidità consistente nel ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto di mutuo in questione, mentre l’articolo 37 della legge DH2 esclude questa possibilità per i contratti di mutuo rientranti nel suo ambito di applicazione.

27

Alla luce di quanto sopra, il Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

«1)

Se le seguenti disposizioni del diritto dell’Unione, ossia l’articolo [169], paragrafi 1 e 2, [TFUE], alla luce del paragrafo 3 della medesima disposizione, l’articolo 38 della [Carta], l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della [direttiva 93/13], in combinato disposto con l’articolo 8 della medesima direttiva, nonché il considerando 47 della [direttiva 2008/48/CE], debbano essere interpretati

nel senso che dette disposizioni del diritto dell’Unione ostano a una normativa nazionale, escludendone l’applicazione, che prevede requisiti aggiuntivi

a scapito di una parte processuale (ricorrente o convenuto), parte contraente in un contratto di credito in qualità di consumatore, che, tra il 1o maggio 2004 e il 26 luglio 2014, abbia stipulato un contratto di credito, in qualità di consumatore, in cui si includa una clausola contrattuale abusiva che consente [un’opzione di modifica unilaterale] o una clausola contrattuale abusiva relativa [alla differenza tra i tassi di cambio]

per il fatto che tali requisiti aggiuntivi impongono segnatamente, per fare efficacemente valere in giudizio i diritti connessi all’invalidità dei menzionati contratti conclusi con i consumatori, la presentazione di un atto processuale civile [in particolare, un atto di ricorso, una modifica dell’atto di ricorso o un’eccezione di invalidità fatta valere dal convenuto (contro la condanna del consumatore) o una modifica di tale eccezione, una domanda riconvenzionale o una modifica di tale domanda riconvenzionale] che deve avere obbligatoriamente un determinato contenuto affinché l’autorità giurisdizionale possa pronunciarsi sul merito del ricorso,

mentre le parti processuali diverse dalle persone che abbiano stipulato un contratto di credito in qualità di consumatori, nonché le parti processuali che, nel corso del medesimo periodo, abbiano concluso, in qualità di consumatori, contratti di credito non rientranti nel tipo precedentemente descritto, non sono tenute a presentare un atto avente un contenuto determinato.

2)

Se le norme del diritto dell’Unione (…) elencate [nella prima questione] debbano essere interpretate nel senso che queste ultime – indipendentemente dalla risposta affermativa o negativa fornita dalla Corte [a tale] questione, più generica rispetto alla [presente] questione – ostano a che i seguenti requisiti aggiuntivi vincolanti, previsti infra alle lettere da a) a c), siano applicati nei riguardi della parte processuale che ha stipulato, in qualità di consumatore, un contratto di credito come quello previsto [nella prima questione]:

a)

l’atto [atto di ricorso, modifica dell’atto di ricorso o eccezione di invalidità fatta valere dal convenuto (contro la condanna del consumatore) o modifica di tale eccezione, domanda riconvenzionale o modifica di tale domanda riconvenzionale) che nel procedimento giurisdizionale deve essere presentato dalla parte processuale (ricorrente o convenuto) che abbia stipulato, in qualità di consumatore, un contratto di credito, come quello previsto [nella prima questione], può essere esaminato e accolto nel merito soltanto se in tale atto,

la parte processuale non chiede esclusivamente che l’autorità giurisdizionale dichiari l’invalidità parziale o totale dei contratti di credito previsti [nella prima questione] ma chieda altresì che essa applichi la conseguenza giuridica connessa all’invalidità totale,

mentre le parti processuali diverse dalle persone che abbiano stipulato un contratto di credito in qualità di consumatori, nonché le parti processuali che, nel corso del medesimo periodo, abbiano concluso, in qualità di consumatori, contratti di credito non rientranti nel tipo precedentemente descritto, non sono tenute a presentare un atto avente un contenuto determinato.

b)

l’atto [atto di ricorso, modifica dell’atto di ricorso o eccezione di invalidità fatta valere dal convenuto (contro la condanna del consumatore) o modifica di tale eccezione, domanda riconvenzionale o modifica di tale domanda riconvenzionale) che nel procedimento giurisdizionale deve essere presentato dalla parte processuale (ricorrente o convenuto) che abbia stipulato, in qualità di consumatore, un contratto di credito, come quello previsto [nella prima questione], può essere esaminato e accolto nel merito soltanto se in tale atto

la parte processuale, oltre alla dichiarazione di invalidità totale dei contratti conclusi in qualità di consumatori, quali descritti [nella prima questione], non chiede all’autorità giurisdizionale di applicare, tra le conseguenze giuridiche connesse all’invalidità totale, quella consistente nel ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto,

mentre le parti processuali diverse dalle persone che abbiano stipulato un contratto di credito in qualità di consumatori, nonché le parti processuali che, nel corso del medesimo periodo, abbiano concluso, in qualità di consumatori, contratti di credito non rientranti nel tipo precedentemente descritto, non sono tenute a presentare un atto avente un contenuto determinato;

c)

l’atto [atto di ricorso, modifica dell’atto di ricorso o eccezione di invalidità fatta valere dal convenuto (contro la condanna del consumatore) o modifica di tale eccezione, domanda riconvenzionale o modifica di tale domanda riconvenzionale) che nel procedimento giurisdizionale deve essere presentato dalla parte processuale (ricorrente o convenuto) che abbia stipulato, in qualità di consumatore, un contratto di credito, come quello previsto [nella prima questione], può essere esaminato e accolto nel merito

soltanto se tale atto include un rendiconto (definito mediante regole del diritto nazionale) di estrema complessità da un punto di vista matematico – che deve essere effettuato tenendo altresì conto dei criteri di conversione in HUF – relativo al periodo compreso tra l’inizio del rapporto contrattuale e la data di presentazione dell’atto di ricorso,

il qual rendiconto contiene un conteggio dettagliato voce per voce, aritmeticamente verificabile, in cui sono evidenziate le rate scadute previste dal contratto, le rate mensili rimborsate dal ricorrente, le rate mensili scadute stabilite senza tener conto della clausola invalida, nonché la differenza tra tali valori, con indicazione dell’importo complessivo ancora dovuto, nei confronti dell’istituto finanziario, dalla parte processuale che ha concluso in qualità di consumatore un contratto di credito, come quello previsto [nella prima questione], o dell’importo che eventualmente gli è stato versato in eccesso,

mentre le parti processuali diverse dalle persone che abbiano stipulato un contratto di credito in qualità di consumatori, nonché le parti processuali che, nel corso del medesimo periodo, abbiano concluso, in qualità di consumatori, contratti di credito non rientranti nel tipo precedentemente descritto, non sono tenute a presentare un atto avente un contenuto determinato.

3)

Se le norme del diritto dell’Unione (…) elencate [nella prima questione] debbano essere interpretate nel senso che le stesse implicano che la loro violazione, a causa dei requisiti aggiuntivi indicati [nelle questioni prima e seconda],

determina al contempo una violazione degli articoli 20, 21 e 47 della [Carta], (…)

tenuto conto altresì (…) del fatto che, in forza [del punto 23 della sentenza del 5 dicembre 2000, Guimont (C‑448/98, EU:C:2000:663)], e [del punto 28 della sentenza del 10 maggio 2012, Duomo Gpa e a. (da C‑357/10 a C‑359/10, EU:C:2012:283)], nonché [del punto 39 dell’ordinanza del 3 luglio 2014, Tudoran (C‑92/14, EU:C:2014:2051)], il diritto dell’Unione (…) in materia di tutela dei consumatori deve essere applicato dai giudici nazionali altresì in situazioni che non presentano elementi transfrontalieri, ossia in situazioni puramente nazionali, o se si debba considerare che esiste una situazione transfrontaliera per il solo fatto che i contratti di credito previsti [nella prima questione] sono contratti di credito “basati su valute estere”».

Sulle questioni pregiudiziali

Considerazioni preliminari

28

In via preliminare, occorre rilevare che nel procedimento principale non è applicabile né la direttiva 2008/48 cui fa riferimento il giudice del rinvio nelle sue questioni pregiudiziali, né la direttiva 87/102 che l’ha preceduta e che, stando alle informazioni disponibili negli atti, è rilevante ratione temporis alla luce delle circostanze del caso di specie. A tal proposito, va osservato, da un lato, che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della prima direttiva dispone che essa non si applica ai contratti di credito garantiti da un’ipoteca, da un’altra garanzia analoga comunemente utilizzata in uno Stato membro su un bene immobile o da un diritto legato a un bene immobile e, dall’altro, che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della seconda direttiva prevede che essa non si applichi ai contratti di credito destinati principalmente all’acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà su un terreno o un immobile costruito o da costruirsi. Orbene, risulta chiaramente dalla decisione di rinvio che il contratto oggetto del procedimento principale è garantito da un’ipoteca ed è stato concluso per l’acquisto di un alloggio.

29

La direttiva 93/13 riguarda invece le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Pertanto, in considerazione dell’oggetto della controversia nel procedimento principale, occorre procedere all’interpretazione di quest’ultima, letta alla luce delle pertinenti disposizioni della Carta, in particolare, del suo l’articolo 47, che sancisce il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

Sulle questioni prima e seconda

30

Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che stabilisce requisiti procedurali specifici, come quelli in esame nel procedimento principale, per ricorsi proposti da consumatori che hanno stipulato contratti di mutuo denominati in valuta estera contenenti una clausola relativa alla differenza tra i tassi di cambio e/o una clausola relativa all’opzione di modifica unilaterale.

31

Va preliminarmente ricordato che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolano i consumatori, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.

32

Quanto alle conseguenze da trarre dall’accertamento del carattere abusivo di una disposizione di un contratto che vincola un consumatore ad un professionista, i giudici nazionali sono tenuti unicamente ad escludere l’applicazione di una clausola contrattuale abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, Unicaja Banco e Caixabank, C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21, punto 28 nonché giurisprudenza ivi citata). Infatti, l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione nell’ambito della direttiva 93/13 consiste nel ristabilire l’equilibrio tra le parti, pur conservando, in linea di principio, la validità di un contratto nel suo complesso, e non nell’annullare tutti i contratti contenenti clausole abusive (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 31).

33

Inoltre, risulta dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il considerando 24 della stessa, che gli Stati membri devono garantire che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi dispongano di mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori. A tale riguardo, la Corte ha ricordato la natura e l’importanza dell’interesse pubblico che costituisce la tutela dei consumatori, i quali si trovano in una situazione di inferiorità nei confronti dei professionisti (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 56 nonché giurisprudenza ivi citata).

34

A tal riguardo, la Corte ha segnatamente precisato che, sebbene spetti agli Stati membri, mediante le loro legislazioni nazionali, definire le modalità per dichiarare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto, nonché le modalità con cui si realizzano i concreti effetti giuridici di tale dichiarazione, rimane nondimeno il fatto che tale dichiarazione deve consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola abusiva, dando, in particolare, fondamento ad un diritto alla restituzione dei benefici che il professionista ha indebitamente acquisito a discapito del consumatore avvalendosi di tale clausola abusiva (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 66).

35

Se la Corte ha così già inquadrato, sotto vari aspetti e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, resta nondimeno il fatto che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che queste ultime sono soggette, pertanto, all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e prevedano una tutela giurisdizionale effettiva, quale prevista dall’articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba, C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:252, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

36

I quesiti del giudice del rinvio devono essere esaminati alla luce di detti principi.

37

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’esame del rispetto del principio di equivalenza, si deve rilevare che, nel caso di specie, norme specifiche si applicano al gruppo di consumatori che hanno concluso con un istituto finanziario, durante un determinato periodo, un contratto di mutuo denominato in valuta estera, contenente clausole di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e/o all’articolo 4, paragrafo 1, della legge DH 1, ove la prima di tali clausole, secondo tali disposizioni, dev’essere considerata abusiva e nulla, mentre si presume che la seconda sia abusiva.

38

Ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, della legge DH 2, le conclusioni che devono essere presentate dal consumatore nell’ambito del procedimento giurisdizionale contenzioso diretto contro un contratto contenente le due clausole di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, paragrafo 1, della legge DH 1, possono essere esaminate e accolte nel merito solo se, in primo luogo, il mutuatario chiede altresì l’applicazione della conseguenza giuridica dell’invalidità, in secondo luogo, quest’ultimo non chiede che sia applicata, tra le conseguenze giuridiche dell’invalidità totale, quella consistente nel ripristinare la situazione anteriore alla conclusione del contratto di cui trattasi e, in terzo luogo, il mutuatario presenta un rendiconto degli importi indebitamente richiesti.

39

Secondo il giudice del rinvio, tali tre condizioni non si applicano a ricorsi riguardanti contratti di mutuo conclusi con i consumatori non contenenti una clausola relativa alla differenza tra i tassi di cambio o all’opzione di modifica unilaterale. Le disposizioni in vigore in tali casi, in particolare l’articolo 239/A, paragrafo 1, del vecchio codice civile e l’articolo 6:108 del codice civile, non impongono al ricorrente di indicare le conseguenze giuridiche che esso chiede al giudice nazionale di attribuire ad un’eventuale invalidità parziale o totale del contratto di mutuo in questione, né di quantificare le sue pretese nella forma di un rendiconto, come quello richiesto dalle modalità controverse.

40

Dal momento che, secondo il diritto nazionale, spetta al consumatore rispettare le condizioni specifiche nel caso di una controversia rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 37 della legge DH 2 affinché quest’ultima sia ricevibile e che il consumatore possa ottenere una decisione nel merito, il giudice del rinvio ha chiesto a quest’ultimo di completare il suo ricorso in virtù di tale disposizione. Per contro, la procedura applicabile alle fattispecie di cui al punto precedente non assoggetterebbe un consumatore a siffatti requisiti.

41

A tale proposito, occorre tuttavia sottolineare che, per accertare se queste due procedure disciplinano situazioni simili, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 35 della presente sentenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale, che ha una conoscenza diretta delle modalità procedurali applicabili, verificare la somiglianza dei ricorsi di cui trattasi sotto il profilo del loro oggetto, della loro causa e dei loro elementi essenziali (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Baczó e Vizsnyiczai, C‑567/13, EU:C:2015:88, punto 44 nonché giurisprudenza ivi citata].

42

Ciò premesso, ammettendo comprovata la loro somiglianza, si deve esaminare se le modalità procedurali dei ricorsi basati sulla direttiva 93/13, come quelle in esame nel procedimento principale, siano meno favorevoli di quelle dei ricorsi fondati esclusivamente sul diritto nazionale.

43

Come osservato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, l’imposizione dei requisiti procedurali aggiuntivi al consumatore che trae i propri diritti dal diritto dell’Unione non implica, di per sé, che tali modalità procedurali siano per lui meno favorevoli. È importante, infatti, analizzare la situazione tenendo conto del ruolo delle disposizioni procedurali in oggetto nell’insieme del procedimento di cui trattasi, dello svolgimento di tale procedimento e delle peculiarità di dette disposizioni dinanzi agli organi nazionali (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2013, Agrokonsulting-04, C‑93/12, EU:C:2013:432, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

44

A tal riguardo, emerge dallo stesso tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 1, della legge DH1 che il legislatore ungherese intende qualificare come abusivi due tipi di clausole contenute nella maggior parte dei contratti di mutuo denominati in valuta estera e stipulati tra un consumatore ed un professionista, l’uno relativo alla differenza tra i tassi di cambio e l’altro contenente un’opzione di modifica unilaterale. Secondo le spiegazioni fornite dal governo ungherese, al fine di calcolare, in applicazione del tasso di cambio ufficiale fissato dalla Banca Nazionale di Ungheria per la valuta estera corrispondente, l’eccedenza di pagamento da parte del consumatore alla luce del carattere abusivo di tali clausole, l’istituto finanziario redige un rendiconto, che il consumatore può, se del caso, contestare.

45

Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, stante l’elevato numero di contratti di mutuo denominati in valuta estera stipulati con i consumatori in Ungheria, contenenti le due clausole menzionate al punto precedente, il legislatore nazionale, adottando in particolare la legge DH2, ha inteso abbreviare e semplificare la procedura da seguire dinanzi ai giudici nazionali. Infatti, nelle cause simili che non riguardano diritti derivanti dal diritto dell’Unione, l’accertamento dell’invalidità di una o più clausole abusive non sarebbe di per sé sufficiente per risolvere definitivamente la controversia, poiché un secondo procedimento sarebbe necessario se il consumatore desidera che il giudice nazionale determini le conseguenze giuridiche dell’invalidità parziale o totale del contratto in questione e fissi gli importi eventualmente versati indebitamente.

46

Peraltro, dall’articolo 38, paragrafo 6, della legge DH2 deriva che il rendiconto presentato dall’istituto finanziario diventa definitivo nei limiti in cui il consumatore non lo contesti. Secondo le spiegazioni fornite dal governo ungherese in udienza, non spetta al consumatore effettuare il calcolo dell’eccedenza di pagamento, ad eccezione del caso in cui egli si avvarrebbe dell’invalidità di altre clausole asseritamente abusive diverse dalle due clausole indicate in detta legge. In un caso del genere, spetterebbe al consumatore precisare l’importo che ritiene di aver indebitamente versato a seguito dell’applicazione di queste altre clausole.

47

Orbene, un siffatto requisito che, secondo il governo ungherese, non sarebbe altro che un’espressione specifica della norma generale applicabile in diritto civile processuale, secondo cui una domanda deve essere specificata e quantificata, non risulta essere meno favorevole delle norme applicabili ai ricorsi analoghi fondati sul diritto nazionale, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

48

Ciò posto, i requisiti procedurali in esame nel procedimento principale, alla luce del loro ruolo nel sistema istituito dal legislatore ungherese diretto a risolvere entro un termine ragionevole un numero molto elevato di controversie relative a contratti di mutuo denominati in valuta estera e contenenti clausole abusive, non possono, in linea di principio, essere qualificate come meno favorevoli di quelle relative ai ricorsi analoghi che non riguardino diritti derivanti dal diritto dell’Unione. Pertanto, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, tali requisiti non possono essere considerati incompatibili con il principio di equivalenza.

49

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il principio della tutela giurisdizionale effettiva, occorre rilevare che l’obbligo degli Stati membri di stabilire modalità procedurali che consentono di garantire il rispetto dei diritti che i soggetti dell’ordinamento traggono dalla direttiva 93/13 contro l’uso di clausole abusive implica un requisito di tutela giurisdizionale effettiva, sancita parimenti dall’articolo 47 della Carta. Siffatta tutela deve valere sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate sul diritto dell’Unione, sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali relative a siffatte azioni (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

50

Tuttavia, la Corte ha riconosciuto che la tutela del consumatore non è assoluta (sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 47). Pertanto, la circostanza che una determinata procedura comporti vari requisiti procedurali che il consumatore deve rispettare al fine di far valere i suoi diritti non significa comunque che egli non goda di una tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, sebbene la direttiva 93/13 imponga, nelle controversie tra un professionista e un consumatore, un intervento positivo, esterno alle parti del contratto, del giudice nazionale investito di tali controversie, il rispetto del principio della tutela giurisdizionale effettiva, in linea di principio, non osta a che il giudice adito inviti il consumatore a presentare determinati elementi a sostegno delle sue pretese (v., per analogia, sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 62).

51

Sebbene le norme procedurali in esame nel procedimento principale richiedano al consumatore uno sforzo supplementare, resta nondimeno il fatto che tali norme, nei limiti in cui intendono alleggerire il sistema giudiziario, rispondono, a causa del volume del contenzioso in oggetto, a una situazione eccezionale e perseguono un interesse generale di buona amministrazione della giustizia. Dette norme, in quanto tali, possono prevalere sugli interessi particolari (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Baczó e Vizsnyiczai, C‑567/13, EU:C:2015:88, punto 51 nonché giurisprudenza ivi citata), purché esse non vadano oltre quanto necessario per conseguire il loro obiettivo.

52

Nel caso di specie, riguardo all’obiettivo di alleggerire il sistema giudiziario, non risulta, circostanza che spetta nondimeno al giudice del rinvio verificare, che le norme che impongono al consumatore di presentare una domanda quantificata consistente, almeno in parte, in un rendiconto già predisposto dall’istituto finanziario interessato, e di precisare la conseguenza giuridica che richiede al giudice nazionale di applicare nell’ipotesi in cui il contratto di mutuo di cui trattasi, o talune clausole del medesimo, fossero invalide, siano talmente complesse e comportino requisiti talmente gravosi che siffatte norme inciderebbero in misura sproporzionata sul diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva del consumatore.

53

Inoltre, per quanto riguarda la questione se l’impossibilità per il consumatore di chiedere al giudice di ordinare il ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto di mutuo in questione, in quanto l’articolo 37 della legge DH2 prevede che la dichiarazione dell’invalidità dei contratti di mutuo contemplati dalla legge DH1 possa essere richiesta solo chiedendo anche che il contratto sia dichiarato valido o produttivo di effetti fino al giorno della pronuncia della sentenza del giudice nazionale, sia contraria al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, spetta al giudice del rinvio verificare se, in circostanze del genere, si possa ritenere, conformemente alla giurisprudenza della Corte ricordata al punto 34 della presente sentenza, che l’accertamento del carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto consenta di ripristinare la situazione di diritto e di fatto in cui si sarebbe trovato il consumatore in mancanza di tali clausole abusive, in particolare dando fondamento ad un diritto alla restituzione dei benefici indebitamente ottenuti, a suo discapito, dal professionista sulla base delle clausole abusive di cui trattasi.

54

A tal proposito, in risposta ai quesiti della Corte, la ERSTE Bank e il governo ungherese hanno dichiarato in udienza che il consumatore è in grado, durante il procedimento speciale di cui all’articolo 37 della legge DH2, non solo di chiedere il rimborso degli importi indebitamente versati in conseguenza dell’applicazione, da parte dell’istituto finanziario, delle due clausole specifiche di cui agli articoli 3 e 4 della legge DH1, ma anche di ottenere il risarcimento delle conseguenze derivanti dall’applicazione, nei suoi confronti, di altre clausole eventualmente abusive. Se così fosse, o se esiste un’altra via procedurale efficace, offerta al consumatore, la quale consenta di chiedere la restituzione delle somme indebitamente versate in base alle altre clausole, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 non osta a norme procedurali come quelle in esame nel procedimento principale.

55

Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l’articolo 7 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, esso non osta a una normativa nazionale che stabilisca requisiti procedurali specifici, come quelli in esame nel procedimento principale, per ricorsi proposti da consumatori che hanno stipulato contratti di mutuo denominati in valuta estera contenenti una clausola relativa alla differenza tra i tassi di cambio e/o una clausola relativa all’opzione di modifica unilaterale, purché l’accertamento del carattere abusivo delle clausole contenute in un siffatto contratto consenta di ripristinare la situazione di diritto e di fatto in cui si sarebbe trovato il consumatore in mancanza di tali clausole abusive.

Sulla terza questione

56

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che si applica anche a situazioni che non presentino alcun elemento transfrontaliero.

57

Sul punto va rammentato che, secondo una giurisprudenza consolidata, le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà di circolazione non si applicano a situazioni i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

58

Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, la controversia nel procedimento principale non riguarda le disposizioni del Trattato relative alle summenzionate libertà di circolazione, bensì la normativa dell’Unione che armonizza negli Stati membri uno specifico settore del diritto. Di conseguenza, le norme contenute nella normativa citata si applicano a prescindere dalla natura puramente interna della fattispecie in discussione nel procedimento principale.

59

Ne consegue che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che si applica anche alle situazioni che non presentano alcun elemento transfrontaliero.

Sulle spese

60

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, esso non osta a una normativa nazionale che stabilisca requisiti procedurali specifici, come quelli in esame nel procedimento principale, per ricorsi proposti da consumatori che hanno stipulato contratti di mutuo denominati in valuta estera contenenti una clausola che prevede una differenza tra il tasso di cambio applicabile all’erogazione del mutuo e quello applicabile al suo rimborso e/o una clausola che prevede un’opzione di modifica unilaterale che consente al mutuante di aumentare gli interessi, le spese e i costi, purché l’accertamento del carattere abusivo delle clausole contenute in un siffatto contratto consenta di ripristinare la situazione di diritto e di fatto in cui si sarebbe trovato il consumatore in mancanza di tali clausole abusive.

 

2)

La direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa si applica anche alle situazioni che non presentano alcun elemento transfrontaliero.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese