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Document 62018CJ0585

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 novembre 2019.
    A. K. contro Krajowa Rada Sądownictwa e CP e DO contro Sąd Najwyższy.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Sąd Najwyższy.
    Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Non discriminazione sulla base dell’età – Abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) – Articolo 9, paragrafo 1 – Diritto di ricorso – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Tutela giurisdizionale effettiva – Principio di indipendenza dei giudici – Creazione di una nuova sezione all’interno del Sąd Najwyższy (Corte suprema), competente segnatamente per le cause relative al collocamento a riposo dei giudici di tale organo giurisdizionale – Sezione composta da giudici nominati ex novo dal presidente della Repubblica di Polonia su proposta del Consiglio nazionale della magistratura – Indipendenza di tale Consiglio – Potere di disapplicare la normativa nazionale non conforme al diritto dell’Unione – Primato del diritto dell’Unione.
    Cause riunite C-585/18, C-624/18 e C-625/18.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:982

    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    19 novembre 2019 ( *1 )

    Indice

     

    Contesto normativo

     

    Diritto dell’Unione

     

    Trattato UE

     

    Carta

     

    Direttiva 2000/78

     

    Diritto polacco

     

    Costituzione

     

    Nuova legge sulla Corte suprema

     

    – Disposizioni relative all’abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema)

     

    – Disposizioni relative alla nomina dei giudici al Sąd Najwyższy (Corte suprema)

     

    – Disposizioni relative alla Sezione disciplinare

     

    Legge relativa all’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi

     

    Legge sulla KRS

     

    Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

     

    Procedimento dinanzi alla Corte

     

    Sulle questioni pregiudiziali

     

    Sulla prima questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

     

    Sulle questioni nella causa C‑585/18 e sulla seconda e terza questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

     

    Sulla competenza della Corte

     

    Sull’eventuale non luogo a statuire

     

    Sulla ricevibilità della seconda e della terza questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

     

    Sull’esame del merito della seconda e della terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18

     

    Sulle spese

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Non discriminazione sulla base dell’età – Abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) – Articolo 9, paragrafo 1 – Diritto di ricorso – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Tutela giurisdizionale effettiva – Principio di indipendenza dei giudici – Creazione di una nuova sezione all’interno del Sąd Najwyższy (Corte suprema), competente segnatamente per le cause relative al collocamento a riposo dei giudici di tale organo giurisdizionale – Sezione composta da giudici nominati ex novo dal presidente della Repubblica di Polonia su proposta del Consiglio nazionale della magistratura – Indipendenza di tale Consiglio – Potere di disapplicare la normativa nazionale non conforme al diritto dell’Unione – Primato del diritto dell’Unione»

    Nelle cause riunite C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18,

    aventi ad oggetto tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Najwyższy (Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych) [Corte suprema (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale), Polonia], con decisioni del 30 agosto 2018 (C‑585/18) e del 19 settembre 2018 (C‑624/18 e C‑625/18), pervenute in cancelleria il 20 settembre 2018 (C‑585/18) e il 3 ottobre 2018 (C‑624/18 e C‑625/18), nei procedimenti

    A.K.

    contro

    Krajowa Rada Sądownictwa (C‑585/18),

    e

    CP (C‑624/18),

    DO (C‑625/18)

    contro

    Sąd Najwyższy,

    con l’intervento di:

    Prokurator Generalny, rappresentato dalla Prokuratura Krajowa,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Prechal (relatrice), E. Regan, P.G. Xuereb e L.S. Rossi, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Ilešič, J. Malenovský e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: E. Tanchev

    cancelliere: M. Aleksejev, capo unità, e R. Schiano, amministratore,

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alle udienze del 19 marzo e del 14 maggio 2019,

    considerate le osservazioni presentate:

    per A.K., CP e DO, da S. Gregorczyk-Abram e M. Wawrykiewicz, adwokaci;

    per la Krajowa Rada Sądownictwa, da D. Drajewicz, J. Dudzicz e D. Pawełczyk-Woicka, in qualità di agenti;

    per il Sąd Najwyższy, da M. Wrzołek-Romańczuk, radca prawny;

    per il Prokurator Generalny, rappresentato dalla Prokuratura Krajowa, da S. Bańko, R. Hernand, A. Reczka, T. Szafrański e M. Szumacher;

    per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti, assistiti da W. Gontarski, adwokat;

    per il governo lettone, da I. Kucina e V. Soņeca, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da H. Krämer e K. Herrmann, in qualità di agenti;

    per l’Autorità di vigilanza AELS, da J.S. Watson, C. Zatschler, I.O. Vilhjálmsdóttir e C. Howdle, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 giugno 2019,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 2 e dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») nonché dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).

    2

    Tali richieste sono state presentate nell’ambito di controversie che contrappongono, da un lato, A.K., giudice presso il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) alla Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) in prosieguo: la «KRS») (causa C‑585/18) e, dall’altro, CP e DO, giudici presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), a quest’ultimo organo giurisdizionale (cause C‑624/18 e C‑625/18), in merito al loro collocamento a riposo anticipato a seguito dell’entrata in vigore di una nuova normativa nazionale.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Trattato UE

    3

    L’articolo 2 TUE è così formulato:

    «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

    4

    L’articolo 19, paragrafo 1, TUE dispone quanto segue:

    «La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.

    Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

    Carta

    5

    Il titolo VI della Carta, denominato «Giustizia», comprende l’articolo 47, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», che dispone quanto segue:

    «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

    Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. (…)

    (…)».

    6

    L’articolo 51 della Carta, intitolato «Ambito di applicazione» così dispone:

    «1.   Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati.

    2.   La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati».

    7

    L’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede quanto segue:

    «Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa».

    8

    Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) precisano, con riferimento all’articolo 47, secondo comma, della Carta, che tale disposizione corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»).

    Direttiva 2000/78

    9

    L’articolo 1 della direttiva 2000/78 così dispone:

    «La presente direttiva mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate (…) [sul]l’età (…), per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

    10

    L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

    «Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1».

    11

    L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 enuncia quanto segue:

    «Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative (…) finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva».

    Diritto polacco

    Costituzione

    12

    Ai sensi dell’articolo 179 della Costituzione, il presidente della Repubblica di Polonia (in prosieguo: il «presidente della Repubblica») nomina i giudici, su proposta della KRS, a tempo indeterminato.

    13

    Ai sensi dell’articolo 186, paragrafo 1, della Costituzione:

    «La [KRS] è garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici».

    14

    L’articolo 187 della Costituzione così dispone:

    «1.   La [KRS] è composta:

    1)

    dal primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], dal Ministro della Giustizia, del presidente del [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)] e da una persona designata dal presidente della Repubblica;

    2)

    da quindici membri eletti tra i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], degli organi giurisdizionali ordinari, degli organi giurisdizionali amministrativi e degli organi giurisdizionali militari;

    3)

    da quattro membri eletti [dal Sejm (Dieta, Polonia)] tra i deputati nonché da due membri eletti dal Senato tra i senatori.

    (…)

    3.   Il mandato dei membri eletti [della KRS] è di quattro anni.

    4.   Il regime, il settore di attività, le modalità di lavoro [della KRS] nonché le modalità di elezione dei suoi membri sono definiti per legge».

    Nuova legge sulla Corte suprema

    – Disposizioni relative all’abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema)

    15

    L’articolo 30 dell’ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), del 23 novembre 2002 (Dz. U. del 2002, posizione 240), fissava l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) a 70 anni.

    16

    Il 20 dicembre 2017 il presidente della Repubblica ha firmato l’ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5; in prosieguo: la «nuova legge sulla Corte suprema»), entrata in vigore il 3 aprile 2018. Tale legge è stata successivamente modificata a più riprese.

    17

    Ai sensi dell’articolo 37 della nuova legge sulla Corte suprema:

    «1.   I giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] sono collocati a riposo il giorno del compimento del 65° anno di età, salvo il caso in cui, nel periodo compreso tra dodici e sei mesi prima di tale data, essi rendano una dichiarazione indicante la loro volontà di continuare ad esercitare le loro funzioni e presentino un certificato, redatto in conformità alle condizioni applicabili ai candidati alla carriera di magistrato giudicante, attestante che il loro stato di salute consente loro di esercitare le funzioni di giudice, a condizione che [il presidente della Repubblica] autorizzi la proroga delle loro funzioni presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

    1 bis.   Prima di concedere tale autorizzazione, il [presidente della Repubblica] chiede il parere [della KRS]. [La KRS] trasmette il proprio parere al [presidente della Repubblica] entro 30 giorni dalla data in cui è stata da esso invitata a pronunciarsi. Ove [la KRS] non trasmetta il proprio parere entro il termine di cui alla seconda frase, il parere si considera favorevole.

    1 ter.   Nell’emanare il parere di cui al paragrafo 1 bis, [la KRS] tiene conto dell’interesse del sistema giudiziario o di un interesse sociale rilevante, in particolare della razionale assegnazione dei membri del [Sąd Najwyższy (Corte suprema) o delle esigenze legate al carico di lavoro di determinate sezioni del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

    (…)

    4.   L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa per un periodo di tre anni, rinnovabile una volta. (…)».

    18

    L’articolo 39 di tale legge prevede quanto segue:

    «Il [presidente della Repubblica] dà atto della data in cui il giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] va o è collocato in pensione».

    19

    Ai sensi dell’articolo 111, paragrafo 1, della legge in parola:

    «I giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che hanno compiuto l’età di 65 anni alla data di entrata in vigore della presente legge o che compiranno tale età entro tre mesi dalla medesima data sono collocati a riposo dal giorno successivo alla scadenza di detto termine di tre mesi, a meno che, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge, non presentino la dichiarazione e il certificato di cui all’articolo 37, paragrafo 1, e il [presidente della Repubblica] non li autorizzi a continuare ad esercitare le loro funzioni di giudice presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]. (…)».

    – Disposizioni relative alla nomina dei giudici al Sąd Najwyższy (Corte suprema)

    20

    Ai sensi dell’articolo 29 della nuova legge sulla Corte suprema, i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) sono nominati dal presidente della Repubblica, su proposta della KRS. L’articolo 30 di tale legge elenca i requisiti che una persona deve soddisfare per poter essere nominata al Sąd Najwyższy (Corte suprema).

    – Disposizioni relative alla Sezione disciplinare

    21

    La nuova legge sulla Corte suprema ha istituito, all’interno del Sąd Najwyższy (Corte suprema), una nuova sezione denominata «Izba Dyscyplinarna» (in prosieguo: la «Sezione disciplinare»).

    22

    L’articolo 20 della nuova legge sulla Corte suprema così recita:

    «Per quanto concerne la Sezione disciplinare e i giudici che la compongono, i poteri del primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] come definiti:

    all’articolo 14, paragrafo 1, punti 1, 4 e 7, all’articolo 31, paragrafo 1, all’articolo 35, paragrafo 2, all’articolo 36, paragrafo 6, all’articolo 40, paragrafi 1 e 4, e all’articolo 51, paragrafi 7 e 14, sono esercitati dal presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che dirige i lavori della Sezione disciplinare;

    all’articolo 14, paragrafo 1, punto 2, e all’articolo 55, paragrafo 3, seconda frase, sono esercitati dal primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], di concerto con il presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che dirige i lavori della Sezione disciplinare».

    23

    L’articolo 27, paragrafo 1, della nuova legge sulla Corte suprema così stabilisce:

    «Rientrano nella competenza della Sezione disciplinare le seguenti controversie:

    1)

    disciplinari:

    concernenti i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]

    (…)

    2)

    in materia di diritto del lavoro e di previdenza sociale relativi a giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)];

    3)

    in materia di pensionamento obbligatorio di giudici della [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]».

    24

    L’articolo 79 della nuova legge sulla Corte suprema prevede quanto segue:

    «Le controversie in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale che coinvolgono giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] e le controversie concernenti il pensionamento di giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] sono decise:

    1)

    in primo grado, dal [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], che si riunisce con un collegio giudicante composto da un solo giudice della Sezione disciplinare;

    2)

    in grado d’appello, dal [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], che si riunisce con un collegio giudicante composto da tre giudici della Sezione disciplinare».

    25

    Ai sensi dell’articolo 25 della nuova legge sulla Corte suprema:

    «L’Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych [Sezione per il lavoro e la previdenza sociale] è competente a conoscere delle controversie in materia di diritto del lavoro, di previdenza sociale (…)».

    26

    Le disposizioni transitorie della nuova legge sulla Corte suprema comprendono, in particolare, le seguenti disposizioni:

    «Articolo 131

    Fino all’avvenuta nomina di tutti i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] chiamati a comporre la Sezione disciplinare, gli altri giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] non possono essere trasferiti a un posto presso tale Sezione.

    (…)

    Articolo 134

    Alla data di entrata in vigore della presente legge, i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] assegnati alla Sezione per il lavoro, la previdenza sociale e gli affari pubblici sono assegnati alla Sezione per il lavoro e la previdenza sociale».

    27

    L’articolo 131 della nuova legge sulla Corte suprema è stato modificato come segue in forza dell’articolo 1, punto 14, dell’ustawa o zmianie ustawy o Sądzie Najwyższym (legge recante modifica della legge sulla Corte suprema), del 12 aprile 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 847), entrata in vigore il 9 maggio 2018:

    «I giudici che, alla data di entrata in vigore della presente legge, occupano posizioni in altre sezioni del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] possono essere trasferiti alla Sezione disciplinare. Fino alla data in cui tutti i giudici della Sezione disciplinare della Corte suprema saranno stati nominati per la prima volta, i giudici che esercitano funzioni in un’altra sezione del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] possono trasmettere [alla KRS] richiesta di trasferimento alla Sezione disciplinare, dopo aver ottenuto il consenso del primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] e del presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che dirige i lavori della Sezione disciplinare nonché del presidente della sezione in cui il giudice richiedente il trasferimento esercita le sue funzioni. Su proposta [della KRS], il [presidente della Repubblica] nomina un giudice presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] nell’ambito della Sezione disciplinare sino a quando tutti i posti vacanti in tale sezione non saranno stati coperti per la prima volta».

    Legge relativa all’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi

    28

    L’articolo 49 dell’ustawa – Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge relativa all’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi), del 25 luglio 2002 (Dz. U. del 2017, posizione 2188), prevede che, per quanto riguarda gli aspetti non disciplinati dalla legge medesima, si applichino le disposizioni della nuova legge sulla Corte suprema.

    Legge sulla KRS

    29

    La KRS è disciplinata dall’ustawa o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge sul Consiglio nazionale della magistratura), del 12 maggio 2011 (Dz. U. n. 126 del 2011, posizione 714), come modificata dall’ustawa o zmianie ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifiche della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e di talune altre leggi), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 3) (in prosieguo: la «legge sulla KRS»).

    30

    Ai sensi dell’articolo 9 bis della legge sulla KRS:

    «1.   «La Dieta elegge, tra i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], degli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e militari, 15 membri [della KRS] per un mandato congiunto della durata di quattro anni.

    2.   Nel procedere all’elezione di cui al paragrafo 1, la Dieta tiene conto, per quanto possibile, della necessità che, in seno [alla KRS], siano rappresentati giudici provenienti da differenti tipi e livelli di giurisdizione.

    3.   Il mandato congiunto di nuovi membri [della KRS] eletti tra i giudici decorre dal giorno successivo alla loro elezione. I membri uscenti [della KRS] esercitano le loro funzioni sino al giorno in cui ha inizio il mandato congiunto dei nuovi membri [della KRS]».

    31

    In forza dell’articolo 11 bis, paragrafo 2, della legge sulla KRS, un candidato alla posizione di membro della KRS, scelto tra i giudici, può essere proposto da un gruppo di almeno duemila cittadini polacchi o da un gruppo di almeno venticinque giudici in servizio attivo. Il processo di nomina dei membri della KRS da parte della Dieta è determinato dall’articolo 11 quinquies della legge sulla KRS.

    32

    Ai sensi dell’articolo 34 della legge sulla KRS, un gruppo composto da tre membri della KRS adotta una posizione sulla valutazione dei candidati alle funzioni di giudice.

    33

    L’articolo 35 della legge sulla KRS dispone quanto segue:

    «1.   Se più candidati hanno presentato domanda per il posto di giudice o uditore giudiziario, il gruppo stila un elenco di candidati raccomandati.

    2.   Nello stabilire l’ordine dei candidati nell’elenco, il gruppo tiene conto, in primo luogo, della valutazione delle qualifiche dei candidati e, in secondo luogo:

    1)

    dell’esperienza professionale, ivi compresa l’esperienza nell’applicazione di norme di legge, la produzione accademica, i pareri dei superiori gerarchici, raccomandazioni, pubblicazioni e altri documenti allegati alla domanda;

    2)

    del parere del collegio del tribunale competente e della valutazione dell’assemblea generale dei giudici competente.

    3.   L’assenza dei documenti di cui al paragrafo 2 non osta alla collocazione nell’elenco dei candidati raccomandati».

    34

    Ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, della legge sulla KRS:

    «Se più candidati hanno presentato domanda per una posizione di giudice, [la KRS] esamina e valuta congiuntamente tutte le candidature depositate. In tale ipotesi, [la KRS] adotta una risoluzione comprendente le sue decisioni relative alla presentazione di una proposta di nomina alla posizione di giudice, nei confronti di tutti i candidati».

    35

    L’articolo 44 della legge sulla KRS dispone quanto segue:

    «1.   Un candidato può proporre impugnazione dinanzi al [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] a motivo dell’illegittimità della decisione [della KRS], salvo diversamente previsto da disposizioni specifiche. (…)

    1 bis.   Nel caso di controversie individuali concernenti la nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], può essere proposta impugnazione presso il [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)]. In tali casi, è precluso il ricorso dinanzi al [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]. Un’impugnazione proposta presso il [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)] non può fondarsi sulla presunta erronea valutazione circa il possesso, da parte dei candidati, dei requisiti di cui si è tenuto conto ai fini dell’adozione della decisione sulla presentazione delle proposte di nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

    1 ter.   Salvo che la deliberazione di cui all’articolo 37, paragrafo 1, sia stata impugnata da tutti i partecipanti alla procedura, in controversie individuali concernenti la nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], la suddetta deliberazione diviene definitiva nella parte in cui concerne la decisione di presentare una proposta di nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] e nella parte in cui concerne la decisione di non presentare una proposta di nomina a giudice della medesima Corte, limitatamente ai partecipanti alla procedura che non hanno proposto impugnazione.

    2.   Il ricorso è presentato tramite il Przewodniczący [presidente della KRS], entro il termine di due settimane a decorrere dalla notifica della risoluzione, accompagnata dalla sua motivazione. (…)».

    36

    Ai sensi dell’articolo 6 della legge dell’8 dicembre 2017, che ha modificato la legge sulla KRS:

    «Il mandato dei membri [della KRS] di cui all’articolo 187, paragrafo 1, punto 2, della [Costituzione], eletti in forza delle disposizioni vigenti, si protrae sino al giorno precedente l’inizio del mandato dei nuovi membri [della KRS], ma non eccede i 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo che esso sia precedentemente cessato per scadenza del mandato».

    Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

    37

    Nella causa C‑585/18, A.K., giudice del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) che ha compiuto 65 anni di età prima della data di entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, ha reso, ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, e dell’articolo 111, paragrafo 1, di tale legge, una dichiarazione in cui esprimeva la volontà di continuare ad esercitare le proprie funzioni. Il 27 luglio 2018 la KRS, in forza dell’articolo 37, paragrafo 1 bis, della suddetta legge, ha espresso parere negativo su tale domanda. Il 10 agosto 2018 A.K. ha presentato un ricorso avverso tale parere dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte suprema). A sostegno di tale ricorso, A.K. ha in particolare fatto valere che il suo collocamento a riposo anticipato all’età di 65 anni violava l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta nonché la direttiva 2000/78, segnatamente l’articolo 9, paragrafo 1, di quest’ultima.

    38

    Le cause C‑624/18 e C‑625/18 riguardano due giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), CP e DO, che hanno anch’essi compiuto 65 anni di età prima della data di entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema e che non hanno reso alcuna dichiarazione ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, e dell’articolo 111, paragrafo 1, di tale legge. Informati del fatto che il presidente della Repubblica, in applicazione dell’articolo 39 di detta legge, aveva dato atto del loro collocamento a riposo a partire dal 4 luglio 2018, gli interessati hanno presentato al Sąd Najwyższy (Corte suprema) domande dirette contro quest’ultimo, intese a far dichiarare che il loro rapporto di lavoro di giudice in servizio attivo all’interno di detto organo giurisdizionale non si era trasformato, a partire da tale data, in rapporto di lavoro di giudice in pensione dello stesso organo giurisdizionale. A sostegno delle loro domande, essi lamentano, in particolare, una violazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, che vieta le discriminazioni fondate sull’età.

    39

    L’Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale) del Sąd Najwyższy (Corte suprema) (in prosieguo: la «Sezione per il lavoro e la previdenza sociale»), dinanzi alla quale sono pendenti questi diversi ricorsi, rileva, nelle sue decisioni di rinvio nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, di essere stata chiamata a pronunciarsi su tali ricorsi quando ancora la Sezione disciplinare non era stata costituita. In tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 e l’articolo 47 della Carta gli impongano di disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza a conoscere di detti ricorsi a una Sezione non ancora costituita. Detto giudice sottolinea, tuttavia, che tale questione potrebbe cessare di essere rilevante in caso di assegnazione effettiva dei posti di giudice all’interno della Sezione disciplinare.

    40

    Nelle decisioni di rinvio nelle cause C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, il giudice del rinvio afferma peraltro che, tenuto conto, in particolare, delle circostanze in cui deve intervenire la nomina dei nuovi giudici della Sezione disciplinare, sussistono seri dubbi circa il fatto che tale sezione e i suoi componenti offriranno garanzie sufficienti di indipendenza e di imparzialità.

    41

    A questo proposito, ricordando che tali giudici sono nominati dal presidente della Repubblica su proposta della KRS, egli rileva, anzitutto, che, in forza della riforma risultante dalla legge dell’8 dicembre 2017, recante modifiche della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e di talune altre leggi, i quindici membri della KRS che, sui venticinque di cui essa si compone, devono essere eletti tra i giudici non sono più scelti, come in passato, dalle assemblee generali dei giudici di ogni grado, ma dalla Dieta. Secondo il giudice del rinvio, tale situazione lede il principio della separazione dei poteri quale fondamento dello Stato di diritto democratico e non è conforme agli standard internazionali ed europei vigenti in materia, come risulterebbe, in particolare, dalla raccomandazione CM/Rec (2010)12 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, Giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità, del 17 novembre 2010, dal parere n. 904/2017 (CDL‑AD (2017) 031) della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia), dell’11 dicembre 2017, e dal parere n. 10 (2007) del Consiglio consultivo di giudici europei all’attenzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sul Consiglio di giustizia, al servizio della società, del 23 novembre 2007.

    42

    Inoltre, tanto le condizioni, segnatamente procedurali, in cui i membri della KRS sono stati selezionati e nominati nel corso del 2018, quanto un esame del modo in cui tale organo, così composto, ha fino ad oggi operato rivelerebbero un assoggettamento della KRS al potere politico e una sua inidoneità a esercitare il suo ruolo costituzionale di vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici.

    43

    Da un lato, le recenti elezioni dei nuovi membri della KRS si sarebbero svolte in modo non trasparente, e notevoli dubbi sussisterebbero con riferimento all’effettivo rispetto, in occasione delle stesse, dei requisiti stabiliti dalla normativa applicabile. Il requisito di rappresentatività dei diversi tipi e livelli di organi giurisdizionali di cui all’articolo 187, paragrafo 1, punto 2, della Costituzione non sarebbe peraltro stato rispettato. Infatti, la KRS non annovererebbe tra i suoi membri alcun giudice eletto proveniente dal Sąd Najwyższy (Corte suprema), dalle corti d’appello o dagli organi giurisdizionali militari, ma comprenderebbe un rappresentante di un tribunale amministrativo del voivodato, due rappresentanti dei tribunali regionali e dodici rappresentanti dei tribunali circondariali.

    44

    Dall’altro, un esame delle attività della KRS di nuova composizione rivelerebbe la totale assenza di posizioni adottate da tale organo per difendere l’indipendenza del Sąd Najwyższy (Corte suprema) nel contesto della crisi generata dalle recenti riforme legislative che hanno interessato tale organo giurisdizionale. Al contrario, la KRS o taluni membri di quest’ultima avrebbero pubblicamente criticato i membri del Sąd Najwyższy (Corte suprema) per aver rivolto questioni pregiudiziali alla Corte o per aver cooperato con le istituzioni dell’Unione, in particolare con la Commissione europea. Peraltro, la prassi seguita dalla KRS quando è chiamata a emettere un parere sull’eventuale proroga delle funzioni di giudice al Sąd Najwyższy (Corte suprema) al di là dell’età per il pensionamento ex novo fissata a 65 anni consisterebbe, come testimoniato in particolare dal parere della KRS impugnato dinanzi al giudice del rinvio nella causa C‑585/18, nel rendere pareri negativi non motivati, o nel limitarsi a riprodurre il testo dell’articolo 37, paragrafo 1 ter, della nuova legge sulla Corte suprema.

    45

    Inoltre, la selezione effettuata dalla KRS al fine di coprire i sedici posti di giudice all’interno della Sezione disciplinare dichiarati vacanti il 24 maggio 2018 dal presidente della Repubblica rivelerebbe che i dodici candidati scelti dalla KRS, ossia sei pubblici ministeri, due giudici, due consulenti giuridici e due docenti universitari, erano o persone che sino ad allora erano alle dipendenze del potere esecutivo, o persone che, nel corso della crisi sullo Stato di diritto in Polonia, hanno agito su ordine del potere politico o in modo conforme alle aspettative di quest’ultimo, o, infine, persone che non rispondono ai criteri di legge o sono state sanzionate disciplinarmente in passato.

    46

    Infine, il giudice del rinvio sottolinea che il procedimento con cui la KRS è chiamata a selezionare i candidati alle posizioni di giudice della Sezione disciplinare, i quali non possono essere scelti tra i membri del Sąd Najwyższy (Corte suprema) già assegnati a un posto, è stato concepito e, in seguito, modificato, in modo tale che la KRS possa agire in modo discrezionale, senza che esista una reale possibilità di controllo a tale riguardo.

    47

    In primo luogo, la Corte suprema non sarebbe più chiamata a intervenire in tale processo di nomina e, quindi, la valutazione effettiva e concreta dei meriti dei candidati non sarebbe più garantita. In secondo luogo, il mancato deposito, da parte dei candidati, dei documenti menzionati all’articolo 35, paragrafo 2, della legge sulla KRS, che pure sarebbero essenziali per prendere una decisione sugli interessati, non costituirebbe più, come risulterebbe dall’articolo 35, paragrafo 3, di tale legge, un ostacolo al momento della costituzione dell’elenco dei candidati raccomandati dalla KRS. In terzo luogo, in forza dell’articolo 44 di detta legge, le decisioni della KRS diverrebbero definitive se non impugnate da tutti i candidati, il che equivarrebbe ad escludere qualsiasi possibilità effettiva di controllo giurisdizionale delle stesse.

    48

    In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga sull’importanza da attribuire – per quanto riguarda il rispetto del requisito, derivante dal diritto dell’Unione, di indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici degli Stati membri – a fattori quali, da un lato, l’indipendenza rispetto al potere politico dell’organo responsabile della selezione dei giudici e, dall’altro, le circostanze che accompagnano la selezione dei membri di una sezione giurisdizionale di nuova istituzione in un determinato Stato membro, laddove detta sezione sia competente a pronunciarsi su controversie vertenti sul diritto dell’Unione.

    49

    Nel caso in cui una tale sezione giurisdizionale non soddisfi il suddetto requisito di indipendenza, il giudice del rinvio chiede se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che gli impone di disapplicare le disposizioni della legge nazionale che, riservando tale competenza alla suddetta sezione giurisdizionale, ostano alla competenza di detto giudice a conoscere, eventualmente, dei procedimenti principali. Nelle sue decisioni di rinvio nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, il giudice del rinvio sottolinea, in proposito, di disporre di una competenza generale in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale, il che lo autorizzerebbe in particolare a conoscere di controversie come quelle di cui ai procedimenti principali, vertenti su un’asserita violazione del divieto di discriminazione fondata sull’età in materia di lavoro.

    50

    È in tale contesto che il Sąd Najwyższy (Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych) [Corte suprema (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte i presenti rinvii pregiudiziali.

    51

    Nella causa C‑585/18 le questioni pregiudiziali sono formulate come segue:

    «1)

    Se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di nuova istituzione, competente a pronunciarsi sul ricorso di un giudice di un organo giurisdizionale nazionale e formata esclusivamente da giudici scelti da un’autorità nazionale preposta a vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali [(KRS)], la quale, in considerazione del suo modello istituzionale di organizzazione e delle modalità di funzionamento, non offre le garanzie di indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, è un organo giurisdizionale indipendente ai sensi del diritto dell’Unione.

    2)

    In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, incompetente a conoscere di una fattispecie ma che soddisfa i requisiti del diritto dell’Unione per essere considerata quale organo giurisdizionale, dinanzi alla quale è stato proposto il ricorso in una causa relativa ai diritti derivanti dal diritto dell’Unione, deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che escludono la sua competenza in tale causa».

    52

    Nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 le questioni pregiudiziali sono formulate nei termini seguenti:

    «1)

    Se l’articolo 47 della [Carta], in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, della [direttiva 2000/78], debba essere interpretato nel senso che, nel caso della proposizione, dinanzi ad un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di un ricorso fondato sulla censura relativa alla violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età nei confronti di un giudice dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, unitamente alla domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, tale organo, al fine di garantire la tutela dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione mediante l’adozione di un provvedimento provvisorio previsto dal diritto nazionale, è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza nella causa in cui è stato proposto il ricorso a una sezione del medesimo organo giurisdizionale, la quale non è operativa a causa della mancata nomina dei giudici che ne fanno parte.

    2)

    Se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, di nuova istituzione, competente a pronunciarsi sul ricorso di un giudice di un organo giurisdizionale nazionale e formata esclusivamente da giudici scelti da un’autorità nazionale preposta a vigilare sull’indipendenza degli organi giurisdizionali [(KRS)], la quale, in considerazione del suo modello istituzionale di organizzazione e delle modalità di funzionamento, non offre le garanzie di indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, è un organo giurisdizionale indipendente ai sensi del diritto dell’Unione europea.

    3)

    In caso di risposta negativa alla seconda questione, se l’articolo 267, terzo comma, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 19, paragrafo 1, e 2, TUE nonché con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza di uno Stato membro, incompetente a conoscere di una fattispecie ma che soddisfa i requisiti del diritto dell’Unione per essere considerata quale organo giurisdizionale, dinanzi alla quale è stato proposto il ricorso in una causa relativa ai diritti derivanti dal diritto dell’Unione, deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che escludono la sua competenza in tale causa».

    Procedimento dinanzi alla Corte

    53

    Con decisione del presidente della Corte del 5 novembre 2018, le cause C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18 sono state riunite.

    54

    Con ordinanza del 26 novembre 2018, A.K. e a. (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, non pubblicata, EU:C:2018:977), il presidente della Corte ha accolto la domanda del giudice del rinvio diretta a sottoporre le presenti cause a procedimento accelerato. Come previsto dall’articolo 105, paragrafi 2 e 3, del regolamento di procedura della Corte, la data dell’udienza è stata fissata immediatamente, nel caso di specie il 19 marzo 2019, ed è stata comunicata agli interessati contestualmente alla notifica delle domande di pronuncia pregiudiziale. A detti interessati è stato assegnato un termine ai fini del deposito di eventuali osservazioni scritte.

    55

    Il 19 marzo 2019 si è tenuta una prima udienza dinanzi alla Corte. Il 14 maggio 2019 la Corte ha organizzato una seconda udienza a seguito, in particolare, di un’istanza della KRS, che non aveva depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte, non era stata rappresentata in occasione della prima udienza e desiderava poter essere sentita oralmente, e al fine di consentire agli interessati di pronunciarsi sulle eventuali implicazioni, nell’ambito delle presenti cause, di una sentenza pronunciata il 25 marzo 2019, con la quale il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) ha dichiarato l’articolo 9 bis della legge sulla KRS compatibile con l’articolo 187, paragrafo 1, punto 2, e paragrafo 4, della Costituzione.

    56

    In occasione di questa seconda udienza, la KRS ha, peraltro, prodotto la risoluzione n. 6 adottata dall’assemblea dei giudici dalla Sezione disciplinare il 13 maggio 2019, che espone la posizione di tale Sezione sul procedimento seguito nelle presenti cause riunite. Tale risoluzione è stata distribuita agli interessati presenti e acquisita agli atti del procedimento.

    57

    Con atti depositati nella cancelleria della Corte il 3 e il 29 luglio 2019, il 16 settembre 2019 e il 7 novembre 2019 dal governo polacco, il 4 luglio 2019 dalla KRS e il 29 ottobre 2019 dal Prokurator Generalny (procuratore generale, Polonia), è stata chiesta la riapertura della fase orale del procedimento.

    58

    A sostegno della sua domanda, la KRS afferma, in sostanza, di dissentire dalle conclusioni dell’avvocato generale, che si fonderebbero su valutazioni erronee e non avrebbero tenuto sufficientemente conto dell’argomentazione da essa sviluppata all’udienza del 14 maggio 2019. Pertanto, occorrerebbe, inoltre, che la Corte riesaminasse la possibilità di prendere in considerazione le osservazioni scritte precedentemente trasmesse dalla KRS e che le sono state restituite in quanto tardive.

    59

    Nella sua domanda del 3 luglio 2019 e nelle ulteriori spiegazioni inviate alla Corte il 29 luglio e il 16 settembre 2019, il governo polacco sottolinea di dissentire a sua volta dalle conclusioni dell’avvocato generale, le quali conterrebbero alcune contraddizioni e si baserebbero, come risulta da taluni paragrafi di queste ultime e da paragrafi analoghi contenuti nelle conclusioni dell’avvocato generale pronunciate l’11 aprile 2019 nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:325), su una lettura asseritamente erronea della precedente giurisprudenza della Corte e, in particolare, della sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117). Detto governo sostiene, peraltro, che le conclusioni dell’avvocato generale contengono un certo numero di argomenti e di posizioni nuovi, che non sarebbero stati discussi a sufficienza. Orbene, tenuto conto della loro importanza intrinseca o delle loro conseguenze fondamentali per i diversi modelli giuridici vigenti negli Stati membri per quanto attiene alla composizione dei consigli nazionali della magistratura e ai processi di nomina dei giudici, detti elementi giustificherebbero una riapertura della fase orale del procedimento al fine di consentire a tutti gli Stati membri di esprimersi in proposito. Nella sua domanda del 7 novembre 2019, a sostegno della quale produce un verbale d’udienza del Sąd Okręgowy w Krakowie (tribunale circondariale di Cracovia, Polonia) del 6 settembre 2019, il governo polacco sostiene che tale documento è idoneo a suscitare il timore che la decisione che la Corte pronuncerà nelle presenti cause possa costituire una fonte di incertezza giuridica in Polonia, e che detto documento è quindi rivelatore di un fatto nuovo tale da influenzare in modo decisivo la suddetta decisione della Corte.

    60

    Infine, il procuratore generale – che richiama, essenzialmente, gli elementi già messi in evidenza e l’argomentazione sviluppata, rispettivamente, dalla KRS e dal governo polacco nelle loro summenzionate domande di riapertura della fase orale del procedimento datate 3, 4 e 29 luglio 2019 nonché 16 settembre 2019 – è dell’avviso, in primo luogo, che le circostanze dei procedimenti principali non siano state sufficientemente chiarite, come emergerebbe dalle conclusioni dell’avvocato generale, in secondo luogo, che tali conclusioni abbiano preso posizione su elementi importanti che non sono stati oggetto di discussione tra le parti e, in terzo luogo, che le conclusioni medesime si fondino su una lettura errata della giurisprudenza della Corte, la quale avrebbe asseritamente rivelato un fatto nuovo tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte.

    61

    A tal riguardo, occorre ricordare, da un lato, che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura della Corte non prevedono la facoltà, per gli interessati contemplati dall’articolo 23 di tale Statuto, di formulare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    62

    Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né a tali conclusioni né alle motivazioni in base alle quali l’avvocato generale giunge a formularle. Di conseguenza, il disaccordo di una parte interessata con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    63

    Tuttavia, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del suo regolamento di procedura, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa sulla base di un argomento che non è stato oggetto di discussione tra gli interessati.

    64

    Nel caso di specie, la Corte ritiene tuttavia, sentito l’avvocato generale, di disporre, al termine della fase scritta e delle due udienze successive svoltesi dinanzi ad essa, di tutti gli elementi necessari per statuire. Essa rileva, peraltro, che le presenti cause riunite non devono essere decise sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra gli interessati. Essa reputa, infine, che le varie domande di riapertura della fase orale che le sono state presentate non rivelino alcun fatto nuovo tale da poter influenzare in modo decisivo la decisione che essa è chiamata a emettere nelle presenti cause. Ciò considerato, non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    65

    Infine, e per quanto riguarda la domanda con cui la KRS chiede nuovamente che la Corte prenda in considerazione le sue osservazioni scritte datate 4 aprile 2019, occorre ricordare che tale parte del procedimento principale – la quale, al pari degli altri interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stata invitata a depositare dette osservazioni entro il termine all’uopo impartito – si è deliberatamente astenuta, come risulta dal tenore stesso della lettera del 28 marzo 2019 da essa inviata alla Corte, dal procedere a tale deposito entro detto termine. Ciò considerato, le summenzionate osservazioni scritte, depositate tardivamente dalla KRS e, di conseguenza, restituite a quest’ultima, non possono essere prese in considerazione dalla Corte neanche in questa fase del procedimento.

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

    66

    Con la sua prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il combinato disposto dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 e dell’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che, qualora un giudice di ultimo grado di uno Stato membro sia chiamato a pronunciarsi su un ricorso basato su un motivo vertente sulla violazione del divieto di discriminazione in ragione dell’età derivante da tale direttiva, detto giudice è tenuto a rifiutare di applicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza a conoscere di un ricorso siffatto a un organo che, come la Sezione disciplinare, non è ancora costituito, non essendo state nominate le persone chiamate a comporlo.

    67

    Nel caso di specie, occorre tuttavia tener conto della circostanza che, poco tempo dopo l’adozione delle decisioni di rinvio nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina dei giudici della Sezione disciplinare, la quale è stata pertanto costituita.

    68

    Alla luce di tale circostanza, occorre constatare che una risposta alla prima questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 non è più rilevante ai fini delle decisioni che il giudice del rinvio è chiamato a pronunciare in entrambe le cause. Infatti, solo l’assenza di effettiva costituzione della Sezione disciplinare giustificava la necessità di una tale risposta.

    69

    Orbene, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere (sentenza del 19 dicembre 2013, Fish Legal e Shirley, C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

    70

    A tale riguardo, occorre ricordare che la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’ottenere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Laddove risulti che la questione posta manifestamente non è più pertinente ai fini della soluzione di tale controversia, la Corte deve dichiarare il non luogo a provvedere (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2013, Stoilov i Ko, C‑180/12, EU:C:2013:693, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

    71

    Ne consegue che, come sostenuto dalla KRS, dal governo polacco e dalla Commissione e come del resto aveva suggerito lo stesso giudice del rinvio, e come risulta dal punto 39 della presente sentenza, non vi è più luogo a provvedere sulla prima questione sollevata nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18.

    Sulle questioni nella causa C‑585/18 e sulla seconda e terza questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

    72

    Con le questioni nella causa C‑585/18 e la seconda e terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 267 TFUE e l’articolo 47 della Carta debbano essere interpretati nel senso che una sezione di un organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro, quale la Sezione disciplinare, che è chiamata a pronunciarsi su cause vertenti sul diritto dell’Unione, soddisfa, tenuto conto delle condizioni che hanno presieduto alla sua istituzione e alla nomina dei suoi membri, i requisiti di indipendenza e di imparzialità necessari in base a tali disposizioni del diritto dell’Unione. In caso di risposta negativa, il giudice del rinvio chiede se il principio del primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso gli impone di disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza a conoscere di cause siffatte a detta sezione giurisdizionale.

    Sulla competenza della Corte

    73

    Il procuratore generale ha sostenuto, in primo luogo, che la Corte non è competente a pronunciarsi sulla seconda e sulla terza questione sollevate nelle cause C‑624/18 e C‑625/18, in quanto le disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni non definiscono la nozione di «organo giurisdizionale indipendente» e non contengono norme relative alla competenza dei giudici nazionali e ai consigli nazionali della magistratura, aspetti che rientrano, pertanto, nella competenza esclusiva degli Stati membri e sono sottratti a qualsiasi controllo da parte dell’Unione.

    74

    Tuttavia, è giocoforza constatare che gli argomenti così dedotti dal procuratore generale hanno ad oggetto, in realtà, la portata stessa e, quindi, l’interpretazione di dette disposizioni del diritto dell’Unione. Orbene, una tale interpretazione rientra manifestamente nella competenza della Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

    75

    A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

    76

    In secondo luogo, il procuratore generale ha fatto valere che, per quanto riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta, l’incompetenza della Corte a conoscere di tali due questioni pregiudiziali deriva altresì dal fatto che le disposizioni nazionali discusse nel procedimento principale non attuano il diritto dell’Unione né rientrano nell’ambito di applicazione dello stesso e che esse non possono, pertanto, essere valutate alla luce di tale diritto.

    77

    Per quanto riguarda, anzitutto, le disposizioni della Carta, occorre, certamente, ricordare che, nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte può unicamente interpretare il diritto dell’Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

    78

    L’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, della medesima, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione; tale disposizione conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

    79

    Orbene, nel caso di specie, e per quanto riguarda, più precisamente, l’articolo 47 della Carta, si deve sottolineare che, nei procedimenti principali, i ricorrenti lamentano, segnatamente, violazioni nei loro confronti del divieto di discriminazione fondata sull’età in materia di occupazione, previsto dalla direttiva 2000/78.

    80

    Inoltre, occorre sottolineare che il diritto a un ricorso effettivo è riaffermato dalla direttiva 2000/78, il cui articolo 9 stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano far valere i propri diritti (sentenza dell’8 maggio 2019, Leitner, C‑396/17, EU:C:2019:375, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    81

    Da quanto precede discende che le presenti cause corrispondono a situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, cosicché i ricorrenti nel procedimento principale possono legittimamente far valere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva garantito loro dall’articolo 47 della Carta.

    82

    Quanto, poi, all’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, occorre ricordare, da un lato, che tale disposizione mira a garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

    83

    Contrariamente a quanto sostenuto dal procuratore generale a tale riguardo, la circostanza che le misure nazionali di riduzione salariale discusse nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), siano state adottate a causa di esigenze imperative connesse all’eliminazione del disavanzo eccessivo del bilancio dello Stato membro interessato e nel contesto di un programma di assistenza finanziaria dell’Unione a tale Stato membro, come emerge dai punti da 29 a 40 di tale sentenza, non ha giocato alcun ruolo nell’interpretazione che ha portato la Corte a concludere per l’applicabilità dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE alla causa di cui trattasi. Tale conclusione è stata, infatti, fondata sulla circostanza che l’organo nazionale al centro di tale causa, vale a dire il Tribunal de Contas (Corte dei conti, Portogallo), era, fatte salve le verifiche spettanti al giudice del rinvio in detta causa, idoneo a pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

    84

    Poiché le controversie di cui al procedimento principale si riferiscono ad asserite violazioni di norme del diritto dell’Unione, è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, l’organo chiamato a dirimere dette controversie sarà portato a pronunciarsi su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti, pertanto, nei settori disciplinati da tale diritto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

    85

    Infine, e per quanto attiene al protocollo (n. 30) sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito (GU 2010, C 83, pag. 313), anch’esso richiamato dal procuratore generale, occorre rilevare che esso non riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e ricordare che esso non rimette neppure in discussione l’applicabilità della Carta in Polonia, né ha lo scopo di esonerare la Repubblica di Polonia dall’obbligo di rispettare le disposizioni della Carta [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

    86

    Dall’insieme delle suesposte considerazioni discende che la Corte è competente a interpretare l’articolo 47 della Carta e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nelle presenti cause.

    Sull’eventuale non luogo a statuire

    87

    La KRS, il procuratore generale e il governo polacco hanno fatto presente che, il 17 dicembre 2018, il presidente della Repubblica ha firmato l’ustawa o zmianie ustawy o Sądzie Nawyższym (legge recante modifica della [nuova legge sulla Corte suprema]), del 21 novembre 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 2507; in prosieguo: la «legge del 21 novembre 2018»), che è entrata in vigore il 1o gennaio 2019.

    88

    Dall’articolo 1 della suddetta legge risulta che l’articolo 37, paragrafi da 1 bis a 4, e l’articolo 111, paragrafo 1, della nuova legge sulla Corte suprema sono abrogati e che l’articolo 37, paragrafo 1, di quest’ultima è modificato nel senso che «[i] giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) sono collocati a riposo all’età di 65 anni». Viene tuttavia precisato che quest’ultima disposizione si applica ai soli giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) entrati in servizio in tale qualità dopo il 1o gennaio 2019. Ai giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) entrati in servizio prima di tale data si applicano le disposizioni anteriori dell’articolo 30 della legge sulla Corte suprema del 23 novembre 2002, che prevedevano un pensionamento all’età di 70 anni.

    89

    L’articolo 2, paragrafo 1, della legge del 21 novembre 2018 dispone che «[d]alla data di entrata in vigore della presente legge, i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) o del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) collocati a riposo ai sensi dell’articolo 37, paragrafi da 1 a 4, o dell’articolo 111, paragrafi 1 o 1 bis, della [nuova legge sulla Corte suprema] sono reintegrati nelle loro funzioni alla data di entrata in vigore della [suddetta legge]. L’adempimento delle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) o del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) si considera proseguito senza interruzioni».

    90

    L’articolo 4 della legge del 21 novembre 2018 prevede, al paragrafo 1, che «[i] procedimenti instaurati a norma degli articoli 37, paragrafo 1, e 111, paragrafi da 1 a 1 ter, della [nuova legge sulla Corte suprema] e le impugnazioni pendenti in tali controversie alla data di entrata in vigore della presente legge sono archiviati», e, al paragrafo 2, che «[i] procedimenti volti ad accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro in qualità di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) o del Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) in servizio attivo, concernenti i giudici di cui all’articolo 2, paragrafo 1, promossi e pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono archiviati».

    91

    Secondo la KRS, il procuratore generale e il governo polacco, dagli articoli 1 e 2, paragrafo 1, della legge del 21 novembre 2018 discende che i giudici ricorrenti nei procedimenti principali che erano stati collocati a riposo in forza delle disposizioni della nuova legge sulla Corte suprema, ora abrogate, sono stati reintegrati di diritto nei loro rispettivi organi giurisdizionali, fino al compimento, conformemente alle disposizioni nazionali precedentemente in vigore, dell’età di 70 anni, mentre è stata altresì rimossa qualsiasi possibilità di proroga, da parte del presidente della Repubblica, dell’esercizio delle loro funzioni al di là dell’età ordinaria per il pensionamento.

    92

    Ciò considerato, e secondo quanto previsto dall’articolo 4 della medesima legge, che dispone l’archiviazione di controversie del tipo di quelle oggetto dei procedimenti principali, questi ultimi sarebbero divenuti privi di oggetto, ragion per cui non sarebbe più necessario, per la Corte, pronunciarsi sui presenti rinvii pregiudiziali.

    93

    Alla luce di quanto precede, il 23 gennaio 2019 la Corte si è rivolta al giudice del rinvio al fine di sapere se, a seguito dell’entrata in vigore della legge del 21 novembre 2018, tale giudice ritenesse che una risposta alle sue questioni pregiudiziali permanesse necessaria per consentirgli di emettere le proprie decisioni nelle cause di cui era investito.

    94

    Nella sua risposta del 25 gennaio 2019, il giudice del rinvio ha replicato in senso affermativo a tale quesito, pur precisando di avere sospeso, con ordinanze del 23 gennaio 2019, la pronuncia sulle domande di non luogo a provvedere proposte dinanzi ad esso dal procuratore generale, sulla base dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della legge del 21 novembre 2018, fino all’avvenuta pronuncia della Corte sulle presenti cause.

    95

    In tale risposta, il giudice del rinvio espone che una soluzione alle questioni sollevate nelle suddette cause resta necessaria per permettergli di risolvere i problemi preliminari di natura procedurale che è chiamato ad affrontare prima di poter emettere le sentenze nelle cause medesime.

    96

    Peraltro, e quanto al merito delle controversie di cui ai procedimenti principali, la legge del 21 novembre 2018 avrebbe avuto lo scopo non di rimuovere l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione, bensì di applicare i provvedimenti provvisori disposti dalla vicepresidente della Corte nella sua ordinanza del 19 ottobre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18 R, non pubblicata, EU:C:2018:852), confermata dall’ordinanza della Corte del 17 dicembre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18 R, EU:C:2018:1021). Pertanto, tale legge non avrebbe abrogato ex tunc le disposizioni nazionali controverse, né i loro effetti giuridici. Mentre detta legge intenderebbe reintegrare in servizio i giudici ricorrenti nei procedimenti principali dopo il loro pensionamento e introdurre una fictio juris quanto alla prosecuzione ininterrotta del loro mandato per effetto di tale reintegrazione, i ricorsi nei procedimenti principali sarebbero diretti a far dichiarare che i giudici interessati non sono mai andati in pensione e sono rimasti pienamente in servizio durante tutto questo periodo, il che potrebbe risultare unicamente dalla disapplicazione delle norme nazionali contestate, in forza del primato del diritto dell’Unione. Orbene, tale distinzione sarebbe essenziale per stabilire lo status dei giudici interessati dal punto di vista della loro capacità di adottare misure giurisdizionali, organizzative e amministrative, nonché sotto il profilo di eventuali rivendicazioni reciproche con il Sąd Najwyższy (Corte suprema) a titolo del rapporto di lavoro, ovvero della responsabilità disciplinare. A quest’ultimo riguardo, il giudice del rinvio sottolinea che, secondo dichiarazioni di esponenti del potere politico, detti giudici hanno esercitato illegalmente funzioni giurisdizionali fino al 1o gennaio 2019, data di entrata in vigore della legge del 21 novembre 2018.

    97

    Occorre ricordare che, come emerge da costante giurisprudenza, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    98

    Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    99

    Nel caso di specie, occorre sottolineare, anzitutto, che il giudice del rinvio, con le questioni pregiudiziali che ha sottoposto alla Corte e con l’interpretazione del diritto dell’Unione che ha richiesto nel caso di specie, mira ad ottenere chiarimenti non sul merito delle controversie di cui è investito e a loro volta connesse ad altre questioni vertenti sul diritto dell’Unione, bensì su un problema di natura procedurale su cui egli deve pronunciarsi in limine litis, in quanto attinente alla competenza stessa di tale giudice a conoscere delle suddette controversie.

    100

    A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la Corte è competente a indicare al giudice nazionale gli elementi del diritto dell’Unione che possono contribuire alla soluzione del problema di competenza che esso deve risolvere (sentenze del 22 ottobre 1998, IN. CO. GE.’90 e a., da C‑10/97 a C‑22/97, EU:C:1998:498, punto 15 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 dicembre 2002, Universale-Bau e a., C‑470/99, EU:C:2002:746, punto 43). Ciò vale in particolare quando, come nel caso di specie, e come risulta dai punti da 79 a 81 della presente sentenza, le questioni sollevate vertono sul rispetto o meno, da parte dell’autorità nazionale di norma competente a conoscere di una controversia nella quale un singolo fa valere un diritto conferitogli dal diritto dell’Unione, dei requisiti derivanti dal diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo come garantito dall’articolo 47 della Carta e dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

    101

    Quanto alla legge del 21 novembre 2018, essa non riguarda gli aspetti relativi alla competenza giurisdizionale a conoscere dei procedimenti principali su cui il giudice del rinvio è così chiamato a pronunciarsi e in merito ai quali egli ha richiesto, nel caso di specie, l’interpretazione del diritto dell’Unione.

    102

    Inoltre, si deve precisare che la circostanza che disposizioni nazionali come l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della legge del 21 novembre 2018 ordinino l’archiviazione di controversie come quelle di cui ai procedimenti principali non può, in linea di principio e in assenza di una decisione del giudice del rinvio che ordini una tale archiviazione o un non luogo a provvedere nei procedimenti principali, indurre la Corte a concludere che essa non è più tenuta a pronunciarsi sulle questioni sottopostele in via pregiudiziale.

    103

    Occorre infatti ricordare che i giudici nazionali hanno la più ampia facoltà di sottoporre alla Corte una questione di interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, facoltà che si trasforma in obbligo per i giudici che decidono in ultima istanza, fatte salve le eccezioni riconosciute dalla giurisprudenza della Corte. Una norma di diritto nazionale non può impedire a un organo giurisdizionale nazionale, a seconda del caso, di avvalersi della facoltà di cui trattasi o di conformarsi a suddetto obbligo. Tanto detta facoltà quanto detto obbligo sono, difatti, inerenti al sistema di cooperazione fra gli organi giurisdizionali nazionali e la Corte, instaurato dall’articolo 267 TFUE, e alle funzioni di giudice incaricato dell’applicazione del diritto dell’Unione affidate dalla citata disposizione agli organi giurisdizionali nazionali (sentenza del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punti 3233 e giurisprudenza ivi citata).

    104

    Disposizioni nazionali come quelle richiamate al punto 102 della presente sentenza non possono quindi impedire a una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, chiamata a decidere su una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, di mantenere le questioni che essa ha sottoposto alla Corte in via pregiudiziale.

    105

    Infine, occorre sottolineare che, per quanto riguarda le cause C‑624/18 e C‑625/18, vertenti sulla permanenza o meno di un rapporto di lavoro in qualità di giudice in servizio attivo tra i ricorrenti nel procedimento principale e il loro datore di lavoro, il Sąd Najwyższy (Corte suprema), dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, esposte al punto 96 della presente sentenza, risulta che, alla luce, segnatamente, dell’insieme delle conseguenze derivanti dall’esistenza di un simile rapporto di lavoro, un eventuale non luogo a provvedere sulle controversie di cui è investito detto giudice non si impone in modo manifesto per il semplice fatto dell’entrata in vigore dell’articolo 2, paragrafo 1, della legge del 21 novembre 2018.

    106

    Dall’insieme delle suesposte considerazioni discende che l’adozione e l’entrata in vigore della legge del 21 novembre 2018 non sono tali da giustificare che la Corte non si pronunci sulla seconda e sulla terza questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18.

    107

    Per contro, per quanto riguarda la causa C‑585/18, occorre ricordare che il ricorso proposto dal giudice del rinvio è diretto contro un parere della KRS reso nell’ambito di un procedimento che può eventualmente condurre a una decisione di proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice del ricorrente nel procedimento principale al di là dell’età del pensionamento ex novo fissata a 65 anni.

    108

    Orbene, è giocoforza constatare come non risulti dalle spiegazioni summenzionate, fornite dal giudice del rinvio, che tale ricorso potrebbe conservare un oggetto, in particolare che un simile parere potrebbe non essere divenuto caduco, laddove, in forza di disposizioni nazionali adottate medio tempore, tanto le disposizioni nazionali che introducono la suddetta nuova età per il pensionamento quanto quelle che istituiscono il procedimento di proroga dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, nell’ambito del quale era necessario un simile parere, sono state abrogate, circostanza che consente al ricorrente nel procedimento principale di rimanere in servizio come giudice fino all’età di 70 anni, conformemente alle disposizioni nazionali vigenti prima dell’adozione delle disposizioni così abrogate.

    109

    In tali circostanze, e alla luce dei principi ricordati ai punti 69 e 70 della presente sentenza, non è più necessario che la Corte si pronunci sulle questioni sollevate nella causa C‑585/18.

    Sulla ricevibilità della seconda e della terza questione nei procedimenti C‑624/18 e C‑625/18

    110

    Il governo polacco fa valere che la seconda e la terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 sono irricevibili. In primo luogo, tali questioni sarebbero prive di oggetto in quanto non sarebbe necessario rispondere alle medesime, dal momento che i procedimenti pendenti dinanzi alla Sezione per il lavoro e la previdenza sociale, che ha proceduto ai rinvii pregiudiziali, sarebbero viziati da nullità, conformemente all’articolo 379, punto 4, del codice di procedura civile, per violazione delle norme relative alla composizione e alla competenza degli organi giurisdizionali. Infatti, il collegio giudicante che, nella specie, compone la suddetta sezione sarebbe costituito da tre giudici, mentre l’articolo 79 della nuova legge sulla Corte suprema prevedrebbe che cause come quelle di cui ai procedimenti principali debbano essere giudicate, in primo grado, da un giudice monocratico. In secondo luogo, eventuali risposte a tali questioni non potrebbero, in ogni caso, autorizzare il giudice del rinvio ad avocare cause che rientrano nella competenza di un’altra sezione del Sąd Najwyższy (Corte suprema) senza violare la competenza esclusiva degli Stati membri in materia di organizzazione giudiziaria ed eccedere la competenza dell’Unione, né, pertanto, rivelarsi pertinenti ai fini della soluzione delle controversie principali.

    111

    Tuttavia, gli elementi in tal senso addotti, attinenti ad aspetti sostanziali, non sono affatto idonei ad incidere sulla ricevibilità delle questioni sollevate.

    112

    Infatti, le suddette questioni vertono, in sostanza, proprio sull’esistenza – nonostante le norme nazionali di ripartizione delle competenze giurisdizionali in vigore nello Stato membro interessato – di un obbligo, per un organo giurisdizionale quale il giudice del rinvio, di disapplicare, in forza delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni, dette norme nazionali e di assumere, se del caso, una competenza giurisdizionale con riferimento ai procedimenti principali. Orbene, una sentenza con la quale la Corte confermi l’esistenza di un obbligo siffatto si imporrebbe al giudice del rinvio e a tutti gli altri organi della Repubblica di Polonia, senza che a ciò possano ostare le disposizioni interne relative alla nullità dei procedimenti o alla ripartizione delle competenze giurisdizionali richiamate dal governo polacco.

    113

    Ne consegue che le obiezioni formulate dal governo polacco in merito alla ricevibilità di tali questioni non possono essere accolte.

    Sull’esame del merito della seconda e della terza questione nelle cause C‑624/18 e C‑625/18

    114

    Occorre ricordare che, come risulta dai punti da 77 a 81 della presente sentenza, in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali, nelle quali i ricorrenti lamentano violazioni, nei loro confronti, del divieto di discriminazione fondata sull’età in materia di occupazione, sancito dalla direttiva 2000/78, trovano applicazione sia l’articolo 47 della Carta, che garantisce il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, sia l’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva, che riafferma tale diritto a un ricorso effettivo.

    115

    A tale riguardo, e conformemente a giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, pur spettando all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tuttavia tenuti ad assicurare, in ogni caso, il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di detti diritti quale garantito dall’articolo 47 della Carta (v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 1998, IN. CO. GE.’90 e a., da C‑10/97 a C‑22/97, EU:C:1998:498, punto 14 e giurisprudenza ivi citata; del 15 aprile 2008, Impact, C‑268/06, EU:C:2008:223, punti 4445, nonché del 19 marzo 2015, E.ON Földgáz Trade, C‑510/13, EU:C:2015:189, punti 4950 e giurisprudenza ivi citata).

    116

    Occorre peraltro ricordare che l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta precisa che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti da detta Convenzione.

    117

    Orbene, come risulta dalle spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta, che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima, i commi primo e secondo di tale articolo 47 corrispondono all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 13 della CEDU (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    118

    La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita dell’articolo 47, secondo comma, della Carta assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka, C‑38/18, EU:C:2019:628, punto 39).

    119

    Per quanto riguarda il contenuto di tale articolo 47, secondo comma, dalla formulazione stessa di tale disposizione emerge che il diritto fondamentale a un ricorso effettivo da essa sancito implica, in particolare, il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata equamente da un giudice indipendente e imparziale.

    120

    Questo requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 58 e giurisprudenza ivi citata].

    121

    Secondo giurisprudenza costante, detto requisito di indipendenza implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni [sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 63 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 72].

    122

    Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica [sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 65 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 73].

    123

    Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti [sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 66 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 74].

    124

    Del resto, conformemente al principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici dai poteri legislativo ed esecutivo deve essere garantita (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Poltorak, C‑452/16 PPU, EU:C:2016:858, punto 35).

    125

    A tal riguardo, è necessario che i giudici si trovino al riparo da interventi o da pressioni esterni che possano a mettere a repentaglio la loro indipendenza. Le regole menzionate al punto 123 della presente sentenza devono, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati [v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 112 e giurisprudenza ivi citata].

    126

    Tale interpretazione dell’articolo 47 della Carta è avvalorata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, secondo cui tale disposizione richiede che i giudici siano indipendenti tanto dalle parti quanto dall’esecutivo e dal legislatore (Corte EDU, 18 maggio 1999, Ninn‑Hansen c. Danimarca, CE:ECHR:1999:0518DEC002897295, pag. 19 e giurisprudenza ivi citata).

    127

    Secondo costante giurisprudenza di detta Corte, al fine di determinare se un organo giurisdizionale possa essere considerato «indipendente» ai sensi del suddetto articolo 6, paragrafo 1, occorre fare riferimento, segnatamente, alle modalità di nomina e alla durata del mandato dei suoi membri, all’esistenza di garanzie contro il rischio di pressioni esterne e al fatto se l’organo di cui trattasi appaia indipendente (Corte EDU, 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, § 144 e giurisprudenza ivi citata), con la precisazione, a quest’ultimo riguardo, che viene in rilievo la fiducia stessa che ogni giudice deve ispirare ai singoli in una società democratica (v., in tal senso, Corte EDU, 21 giugno 2011, Fruni c. Slovacchia, CE:ECHR:2011:0621JUD000801407, § 141).

    128

    Quanto al requisito di «imparzialità», ai sensi dello stesso articolo 6, paragrafo 1, esso può, ai sensi di giurisprudenza altrettanto costante della Corte europea dei diritti dell’uomo, essere valutato in vari modi, ossia secondo un approccio soggettivo, tenendo conto della convinzione personale e del comportamento del giudice, vale a dire esaminando se quest’ultimo abbia dato prova di parzialità o di pregiudizi personali nel caso di specie, nonché secondo un approccio oggettivo, consistente nel determinare se il tribunale offrisse, segnatamente attraverso la sua composizione, garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio sulla sua imparzialità. Per quanto riguarda la valutazione oggettiva, essa consiste nel chiedersi se, indipendentemente dalla condotta personale del giudice, taluni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di quest’ultimo. Sotto questo profilo, anche le apparenze possono avere importanza. L’elemento in gioco, ancora una volta, è la fiducia che i giudici, in una società democratica, devono ispirare ai singoli, a iniziare dalle parti del procedimento (v., in particolare, Corte EDU, 6 maggio 2003, Kleyn e altri c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2003:0506JUD003934398, § 191 e giurisprudenza ivi citata, nonché 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, §§ 145, 147 e 149 e giurisprudenza ivi citata).

    129

    Come ripetutamente sottolineato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, tali nozioni di indipendenza e di imparzialità oggettiva sono strettamente connesse, il che la induce generalmente a esaminarle congiuntamente (v., in particolare, Corte EDU, 6 maggio 2003, Kleyn e altri c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2003:0506JUD003934398, § 192 e giurisprudenza ivi citata, nonché 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, § 150 e giurisprudenza ivi citata). Ai sensi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, per pronunciarsi sull’esistenza di motivi di temere che tali requisiti di indipendenza o di imparzialità oggettiva non siano soddisfatti in una determinata causa, il punto di vista di una parte va preso in considerazione, ma non riveste un ruolo decisivo. L’elemento determinante consiste nello stabilire se i timori di cui trattasi possano essere considerati oggettivamente giustificati (v., in particolare, Corte EDU, 6 maggio 2003, Kleyn e altri c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2003:0506JUD003934398, §§ 193 e 194 e giurisprudenza ivi citata, e 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, §§ 147 e 152 e giurisprudenza ivi citata).

    130

    In tale materia, la Corte europea dei diritti dell’uomo sottolinea ripetutamente che, sebbene il principio di separazione del potere esecutivo e del potere giudiziario tenda ad acquisire importanza crescente nella sua giurisprudenza, né l’articolo 6 né altre disposizioni della CEDU impongono agli Stati un determinato modello costituzionale, che disciplini in un modo o in un altro le relazioni e l’interazione tra i diversi poteri statali, né obbligano tali Stati a conformarsi all’una o all’altra nozione costituzionale teorica riguardante i limiti ammissibili a un’interazione del genere. La questione è sempre quella di stabilire se, in una determinata causa, i requisiti della CEDU siano stati rispettati (v., in particolare, Corte EDU, 6 maggio 2003, Kleyn e altri c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2003:0506JUD003934398, § 193 e giurisprudenza ivi citata; 9 novembre 2006, Sacilor Lormines c. Francia, CE:ECHR:2006:1109JUD006541101, § 59, nonché 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, § 62 e giurisprudenza ivi citata).

    131

    Nel caso di specie, i dubbi espressi dal giudice del rinvio vertono in sostanza sulla questione se, alla luce delle norme nazionali relative alla creazione di un organo specifico, come la Sezione disciplinare, e attinenti, in particolare, alle competenze attribuite alla medesima, alla sua composizione e alle condizioni e modalità che hanno presieduto alla nomina dei giudici chiamati a parteciparvi, nonché del contesto in cui sono intervenute dette creazione e nomine, tale organo e i membri che lo compongono soddisfino i requisiti di indipendenza e di imparzialità che un organo giurisdizionale deve osservare in forza dell’articolo 47 della Carta quando è chiamato a pronunciarsi su una controversia in cui un singolo lamenti, come nel caso di specie, una violazione del diritto dell’Unione nei suoi confronti.

    132

    Spetterà al giudice del rinvio, in ultima analisi, pronunciarsi su questo punto, dopo aver proceduto alle valutazioni a tal fine richieste. Occorre infatti ricordare che, in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione. Secondo costante giurisprudenza, nel quadro della cooperazione giudiziaria istituita a detto articolo e in base al contenuto del fascicolo, la Corte può tuttavia fornire al giudice nazionale gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che possano essergli utili per la valutazione degli effetti delle varie disposizioni di quest’ultimo (sentenza del 16 luglio 2015, CHEZ Razpredelenie Bulgaria, C‑83/14, EU:C:2015:480, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

    133

    A tale proposito, per quanto riguarda le condizioni stesse in cui sono intervenute le nomine dei membri della Sezione disciplinare, occorre anzitutto precisare che il solo fatto che essi siano nominati dal presidente della Repubblica non è idoneo a creare una dipendenza di questi ultimi nei suoi confronti, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2013, D. e A., C‑175/11, EU:C:2013:45, punto 99, nonché Corte EDU, 28 giugno 1984, Campbell e Fell c. Regno Unito, CE:ECHR:1984:0628JUD000781977, § 79; 2 giugno 2005, Zolotas c. Grecia, CE:ECHR:2005:0602JUD003824002 §§ 24 e 25; 9 novembre 2006, Sacilor Lormines c. Francia, CE:ECHR:2006:1109JUD006541101, § 67, nonché 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, § 80 e giurisprudenza ivi citata).

    134

    Tuttavia, resta necessario garantire che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle decisioni di nomina siano tali da non poter suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati [v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 111].

    135

    A tal fine, occorre in particolare che dette condizioni e modalità siano concepite in modo da soddisfare i requisiti ricordati al punto 125 della presente sentenza.

    136

    Nel caso di specie, occorre rilevare che l’articolo 30 della nuova legge sulla Corte suprema enuncia tutte le condizioni che una persona deve soddisfare per poter essere nominata membro di tale organo giurisdizionale. Inoltre, in forza dell’articolo 179 della Costituzione e dell’articolo 29 della nuova legge sulla Corte suprema, i giudici della Sezione disciplinare, così come i giudici chiamati a comporre le altre sezioni del suddetto organo giurisdizionale, sono nominati dal presidente della Repubblica su proposta della KRS, ossia l’organo cui l’articolo 186 della Costituzione assegna il compito di garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici.

    137

    Orbene, l’intervento di un organo siffatto, nel contesto di un processo di nomina dei giudici, può, in linea di principio, certamente essere idoneo a contribuire a rendere obiettivo tale processo [v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 115; v. altresì, in tal senso, Corte EDU, 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, §§ 81 e 82]. In particolare, il fatto di assoggettare la possibilità stessa, per il presidente della Repubblica, di procedere alla nomina di un giudice al Sąd Najwyższy (Corte suprema) all’esistenza di una proposta in tal senso proveniente dalla KRS è idonea a delimitare obiettivamente il margine di manovra di cui dispone il presidente della Repubblica nell’esercizio della competenza in tal senso conferitagli.

    138

    Ciò avviene, tuttavia, solo a condizione, in particolare, che detto organo sia a sua volta sufficientemente indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo e dall’autorità alla quale è chiamato a presentare una tale proposta di nomina [v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 116].

    139

    Infatti, il grado di indipendenza di cui la KRS gode nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo nell’esercizio dei compiti che gli sono così attribuiti dalla normativa nazionale, in qualità di organo investito, dall’articolo 186 della Costituzione, della missione di garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici, può assumere rilevanza quando si tratti di valutare se i giudici che essa seleziona siano in grado di soddisfare i requisiti di indipendenza e di imparzialità derivanti dall’articolo 47 della Carta.

    140

    Spetterà al giudice del rinvio verificare se la KRS offra o meno garanzie sufficienti d’indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo, tenendo conto dell’insieme degli elementi pertinenti sia fattuali sia giuridici e attinenti allo stesso tempo alle condizioni in cui i membri di tale organo sono stati designati e al modo in cui quest’ultimo svolge concretamente il suo ruolo.

    141

    Il giudice del rinvio menziona una serie di elementi che, a suo avviso, sono tali da far dubitare dell’indipendenza della KRS.

    142

    A tal riguardo, sebbene l’uno o l’altro elemento in tal modo messo in evidenza da detto giudice possa non essere censurabile di per sé e rientrare, in tal caso, nella competenza degli Stati membri e nelle scelte da essi effettuate, la loro combinazione, insieme alle circostanze in cui tali scelte sono state compiute, può invece indurre a dubitare dell’indipendenza di un organo chiamato a partecipare al procedimento di nomina di giudici, e ciò quand’anche, considerando detti elementi separatamente, una conclusione del genere non si imponga.

    143

    Fermo restando quanto detto, tra gli elementi menzionati dal giudice del rinvio, possono assumere rilevanza ai fini di una simile valutazione d’insieme le circostanze seguenti: in primo luogo, quella che la KRS di nuova composizione sia stata istituita attraverso una riduzione del mandato in corso, di quattro anni, dei membri che fino ad allora componevano tale organo; in secondo luogo, la circostanza che, mentre i quindici membri della KRS scelti tra i giudici erano eletti, in precedenza, dai loro omologhi magistrati, essi vengono ora eletti da un ramo del potere legislativo tra candidati che possono essere presentati, segnatamente, da gruppi di duemila cittadini o di venticinque giudici, riforma, questa, che conduce a nomine le quali portano il numero di membri della KRS direttamente provenienti dal potere politico o eletti da quest’ultimo a ventitré sui venticinque membri di cui detto organo si compone; nonché, in terzo luogo, l’eventuale esistenza di irregolarità che avrebbero potuto viziare il processo di nomina di taluni membri della KRS nella sua nuova composizione, irregolarità menzionate dal giudice del rinvio e che spetterà ad esso, eventualmente, verificare.

    144

    Ai fini di detta valutazione d’insieme, il giudice del rinvio è altresì legittimato a tener conto del modo in cui detto organo deve adempiere il proprio compito costituzionale di garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici e in cui esso esercita le sue diverse competenze, in particolare se lo faccia in una maniera che possa suscitare dubbi sulla sua indipendenza rispetto ai poteri legislativo ed esecutivo.

    145

    Peraltro, e tenuto conto del fatto che, come emerge dagli atti a disposizione della Corte, le decisioni del presidente della Repubblica recanti nomina di giudici al Sąd Najwyższy (Corte suprema) non possono essere oggetto di sindacato giurisdizionale, spetta al giudice del rinvio verificare se il modo in cui è definita, all’articolo 44, paragrafi 1 e 1 bis, della legge sulla KRS, la portata del ricorso esperibile contro una risoluzione della KRS contenente le sue decisioni relative alla presentazione di una proposta di nomina alla posizione di giudice presso tale organo giurisdizionale consenta di assicurare un controllo giurisdizionale effettivo nei confronti di tali risoluzioni, controllo vertente, quantomeno, sulla verifica dell’assenza di eccesso o di sviamento di potere, di errori di diritto o di errori manifesti di valutazione (v., in tal senso, Corte EDU, 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, §§ 25 e 81).

    146

    Indipendentemente da tale esame relativo alle condizioni in cui è avvenuta la nomina dei nuovi giudici della Sezione disciplinare e dal ruolo svolto dalla KRS al riguardo, il giudice del rinvio potrà, al fine di verificare se tale organo giurisdizionale e i membri che lo compongono soddisfino i requisiti di indipendenza e di imparzialità derivanti dall’articolo 47 della Carta, essere anche indotto a prendere in considerazione diversi altri elementi che caratterizzano più direttamente tale organo.

    147

    Ciò vale, in primo luogo, per la circostanza, messa in evidenza dal giudice del rinvio, secondo cui a tale organo è stata specificamente affidata, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, della nuova legge sulla Corte suprema, una competenza esclusiva a conoscere delle cause in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale e di collocamento a riposo riguardanti i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), cause che sino ad allora rientravano nella competenza dei giudici ordinari.

    148

    Sebbene una simile circostanza non sia determinante in quanto tale, occorre tuttavia ricordare, con riferimento, in particolare, alle controversie relative al collocamento a riposo dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), come quelle di cui ai procedimenti principali, che la loro assegnazione alla Sezione disciplinare è avvenuta parallelamente all’adozione, fortemente contestata, di disposizioni della nuova legge sulla Corte suprema che hanno previsto un abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) e l’applicazione di tale misura ai giudici in carica di tale organo giurisdizionale, e che hanno conferito al presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare l’esercizio della funzione giudiziaria attiva dei giudici di detto organo giurisdizionale al di là dell’età per il pensionamento ex novo fissata.

    149

    Orbene, si deve ricordare, a tal riguardo, che, nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531), la Corte ha dichiarato che, a causa dell’adozione di dette misure, la Repubblica di Polonia aveva leso l’inamovibilità e l’indipendenza dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ed era venuta meno ai propri obblighi ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

    150

    In secondo luogo, deve essere altresì sottolineata, in un contesto del genere, la circostanza, anch’essa messa in evidenza dal giudice del rinvio, secondo la quale, in forza dell’articolo 131 della nuova legge sulla Corte suprema, la Sezione disciplinare deve essere composta unicamente da giudici di nuova nomina, con esclusione, di conseguenza, dei giudici che erano già in carica presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema).

    151

    In terzo luogo, occorre rilevare che, benché istituita quale sezione del Sąd Najwyższy (Corte suprema), la Sezione disciplinare, a differenza delle altre sezioni che compongono tale organo giurisdizionale, e come risulta in particolare dall’articolo 20 della nuova legge sulla Corte suprema, sembra godere di un grado di autonomia particolarmente elevato all’interno di detto organo.

    152

    Se è vero che ciascuna delle diverse circostanze evidenziate ai punti da 147 a 151 della presente sentenza non è idonea, di per sé sola e considerata isolatamente, a portare a dubitare dell’indipendenza di un organo come la Sezione disciplinare, la loro combinazione potrebbe, invece, condurre a una conclusione differente, tanto più se l’esame summenzionato per quanto riguarda la KRS dovesse rivelare una mancanza d’indipendenza di quest’ultima rispetto ai poteri legislativo ed esecutivo.

    153

    Pertanto, il giudice del rinvio è chiamato a valutare – pur tenendo conto, se del caso, dei motivi o degli obiettivi specifici che vengano dedotti dinanzi al medesimo per tentare di giustificare talune delle misure in questione – se la combinazione degli elementi menzionati ai punti da 143 a 151 della presente sentenza e di qualunque altra circostanza pertinente, debitamente dimostrata, di cui esso venga a conoscenza sia idonea a generare dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità della Sezione disciplinare rispetto a elementi esterni e, in particolare, a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti e, pertanto, possa portare a una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di detto organo tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica.

    154

    Se tale giudice pervenisse a una conclusione del genere, ne conseguirebbe che un organo siffatto non soddisferebbe i requisiti derivanti dall’articolo 47 della Carta e dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, per il fatto di non costituire un giudice indipendente e imparziale ai sensi della prima di tali disposizioni.

    155

    In una simile ipotesi, il giudice del rinvio chiede altresì se il principio del primato del diritto dell’Unione gli imponga di disapplicare le disposizioni nazionali che riservano la competenza giurisdizionale a conoscere delle controversie di cui ai procedimenti principali al suddetto organo.

    156

    Al fine di rispondere a tale questione, si deve ricordare che il diritto dell’Unione si caratterizza per la circostanza di derivare da una fonte autonoma, costituita dai trattati, per il suo primato sui diritti degli Stati membri nonché per l’effetto diretto di tutta una serie di disposizioni applicabili ai loro cittadini e agli stessi Stati membri. Tali caratteristiche essenziali del diritto dell’Unione hanno dato luogo a una rete strutturata di principi, di norme e di rapporti giuridici mutualmente interdipendenti, che vincolano in modo reciproco gli Stati membri e l’Unione, nonché gli Stati membri tra di loro [parere 1/17 (Accordo CETA UE-Canada), del 30 aprile 2019, EU:C:2019:341, punto 109 e giurisprudenza ivi citata].

    157

    Il principio del primato del diritto dell’Unione sancisce la preminenza del diritto dell’Unione sul diritto degli Stati membri (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

    158

    Tale principio impone pertanto a tutte le istituzioni degli Stati membri di dare pieno effetto alle varie norme dell’Unione, dato che il diritto degli Stati membri non può sminuire l’efficacia riconosciuta a tali differenti norme nel territorio dei suddetti Stati (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

    159

    A tal riguardo, occorre segnatamente ricordare che il principio di interpretazione conforme del diritto interno, secondo il quale il giudice nazionale è tenuto a dare al diritto interno, per quanto possibile, un’interpretazione conforme ai requisiti del diritto dell’Unione, è inerente al sistema dei trattati, in quanto consente al giudice nazionale di assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolve la controversia ad esso sottoposta (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

    160

    È sempre in base al principio del primato che, ove gli sia impossibile procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia delle medesime, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    161

    A tal riguardo, ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, più precisamente l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    162

    Con riferimento all’articolo 47 della Carta, dalla giurisprudenza della Corte emerge che tale disposizione è sufficiente di per sé e non deve essere precisata mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale (sentenze del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 78, e del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 56).

    163

    Lo stesso vale per l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, dal momento che, come ricordato al punto 80 della presente sentenza, disponendo che gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano far valere i propri diritti, detta disposizione ribadisce espressamente il diritto a un ricorso effettivo nel settore considerato. Infatti, nel dare attuazione alla direttiva 2000/78, gli Stati membri sono tenuti a rispettare l’articolo 47 della Carta, e le caratteristiche del ricorso previsto all’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva devono pertanto essere determinate in conformità con detto articolo 47 (v., per analogia, sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punti 5556).

    164

    Pertanto, nell’ipotesi di cui al punto 160 della presente sentenza, il giudice nazionale è tenuto ad assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 e a garantire la piena efficacia di tali articoli, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione nazionale contraria (v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 79).

    165

    Orbene, una disposizione nazionale che conferisca una competenza esclusiva a conoscere di una controversia in cui un singolo lamenta, come nel caso di specie, una violazione di diritti derivanti da norme del diritto dell’Unione a un organo determinato che non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità derivanti dall’articolo 47 della Carta priverebbe l’interessato di qualsiasi ricorso effettivo, ai sensi di tale articolo e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, e violerebbe il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta (v., per analogia, sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 72).

    166

    Ne consegue che, qualora risulti che una disposizione nazionale riserva la competenza a conoscere di una controversia come quelle di cui ai procedimenti principali a un organo che non risponde ai requisiti di indipendenza o di imparzialità richiesti ai sensi del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 47 della Carta, un altro organo investito di una controversia del genere ha l’obbligo – al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi di detto articolo 47, e conformemente al principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE – di disapplicare detta disposizione nazionale, di modo che tale controversia possa essere risolta da un giudice che risponda ai medesimi requisiti e che sarebbe competente nel settore interessato se detta disposizione non vi ostasse, vale a dire, in linea generale, il giudice che competente, conformemente alla legislazione in vigore, prima che intervenisse la modifica legislativa che ha attribuito tale competenza all’organo che non soddisfa i requisiti di cui sopra (v., per analogia, sentenze del 22 maggio 2003, Connect Austria, C‑462/99, EU:C:2003:297, punto 42, nonché del 2 giugno 2005, Koppensteiner, C‑15/04, EU:C:2005:345, punti da 32 a 39).

    167

    Per quanto riguarda, peraltro, gli articoli 2 e 19 TUE, disposizioni sulle quali le questioni sottoposte alla Corte dal giudice del rinvio parimenti vertono, occorre ricordare che l’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, affida ai giudici nazionali e alla Corte il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza di detto diritto [sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 47 e giurisprudenza ivi citata].

    168

    Orbene, il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, al quale si riferisce l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione attualmente sancito all’articolo 47 della Carta, di modo che la prima di tali disposizioni impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, in particolare ai sensi della seconda di dette disposizioni [v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 4954 e giurisprudenza ivi citata].

    169

    In tali circostanze, un esame separato degli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che non potrebbe che corroborare la conclusione già esposta ai punti 153 e 154 della presente sentenza, non appare necessario per rispondere agli interrogativi del giudice del rinvio e per la soluzione delle controversie di cui esso è investito.

    170

    Infine, non è neppure necessario, nel caso di specie, che la Corte interpreti l’articolo 267 TFUE, anch’esso menzionato dal giudice del rinvio nelle sue questioni. Nella sua decisione di rinvio, tale giudice non ha, infatti, fornito alcuna spiegazione in merito alle ragioni per le quali un’interpretazione di tale articolo potrebbe rivelarsi pertinente ai fini della soluzione delle questioni che esso è chiamato a dirimere nei procedimenti principali. Inoltre, e in ogni caso, l’interpretazione dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, effettuata ai punti da 114 a 154 della presente sentenza, appare sufficiente a dare al giudice una risposta che possa guidarlo in vista delle decisioni che esso è chiamato ad adottare nelle suddette controversie.

    171

    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione poste nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 nella maniera seguente:

    L’articolo 47 della Carta e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che controversie relative all’applicazione del diritto dell’Unione possano ricadere nella competenza esclusiva di un organo che non costituisce un giudice indipendente e imparziale, ai sensi della prima di tali disposizioni. Ciò si verifica quando le condizioni oggettive nelle quali è stato creato l’organo di cui trattasi e le caratteristiche del medesimo nonché il modo in cui i suoi membri sono stati nominati siano idonei a generare dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti e, pertanto, possano portare a una mancanza di apparenza di indipendenza o di imparzialità di detto organo, tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica. Spetta al giudice del rinvio determinare, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti di cui dispone, se ciò accada con riferimento a un organo come la Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema).

    In una tale ipotesi, il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice del rinvio di disapplicare la disposizione di diritto nazionale che riservi a detto organo la competenza a conoscere delle controversie di cui ai procedimenti principali, di modo che esse possano essere esaminate da un giudice che soddisfi i summenzionati requisiti di indipendenza e di imparzialità e che sarebbe competente nella materia interessata se la suddetta disposizione non vi ostasse.

    Sulle spese

    172

    Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

     

    1)

    Non vi è più luogo a rispondere alle questioni poste dall’Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale) del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) nella causa C‑585/18, né alla prima questione posta dal medesimo giudice nelle cause C‑624/18 e C‑625/18.

     

    2)

    Occorre rispondere alla seconda e alla terza questione poste dal suddetto giudice nelle cause C‑624/18 e C‑625/18 nel modo seguente:

    L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che controversie relative all’applicazione del diritto dell’Unione possano ricadere nella competenza esclusiva di un organo che non costituisce un giudice indipendente e imparziale, ai sensi della prima di tali disposizioni. Ciò si verifica quando le condizioni oggettive nelle quali è stato creato l’organo di cui trattasi e le caratteristiche del medesimo nonché il modo in cui i suoi membri sono stati nominati siano idonei a generare dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti e, pertanto, possano portare a una mancanza di apparenza di indipendenza o di imparzialità di detto organo, tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica. Spetta al giudice del rinvio determinare, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti di cui dispone, se ciò accada con riferimento a un organo come la Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema).

    In una tale ipotesi, il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice del rinvio di disapplicare la disposizione di diritto nazionale che riservi a detto organo la competenza a conoscere delle controversie di cui ai procedimenti principali, di modo che esse possano essere esaminate da un giudice che soddisfi i summenzionati requisiti di indipendenza e di imparzialità e che sarebbe competente nella materia interessata se la suddetta disposizione non vi ostasse.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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