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Document 62013CJ0593
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 16 June 2015.#Presidenza del Consiglio dei Ministri and Others v Rina Services SpA and Others.#Request for a preliminary ruling from the Consiglio di Stato.#Request for a preliminary ruling — Articles 49 TFEU, 51 TFEU and 56 TFEU — Freedom of establishment — Connection with the exercise of official authority — Directive 2006/123/EC — Article 14 — Bodies responsible for verifying and certifying that undertakings carrying out public works comply with the conditions laid down by law — National legislation providing that the registered office of such bodies must be situated in Italy.#Case C-593/13.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 giugno 2015.
Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. contro Rina Services SpA e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato.
Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 TFUE, 51 TFUE e 56 TFUE – Libertà di stabilimento – Partecipazione all’esercizio di poteri pubblici – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 14 – Organismi incaricati di verificare e di certificare il rispetto delle condizioni poste dalla legge per le imprese che eseguono lavori pubblici – Normativa nazionale che impone che la sede legale di tali organismi sia ubicata in Italia.
Causa C-593/13.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 giugno 2015.
Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. contro Rina Services SpA e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato.
Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 TFUE, 51 TFUE e 56 TFUE – Libertà di stabilimento – Partecipazione all’esercizio di poteri pubblici – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 14 – Organismi incaricati di verificare e di certificare il rispetto delle condizioni poste dalla legge per le imprese che eseguono lavori pubblici – Normativa nazionale che impone che la sede legale di tali organismi sia ubicata in Italia.
Causa C-593/13.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:399
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
16 giugno 2015 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale — Articoli 49 TFUE, 51 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Partecipazione all’esercizio di poteri pubblici — Direttiva 2006/123/CE — Articolo 14 — Organismi incaricati di verificare e di certificare il rispetto delle condizioni poste dalla legge per le imprese che eseguono lavori pubblici — Normativa nazionale che impone che la sede legale di tali organismi sia ubicata in Italia»
Nella causa C‑593/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 3 luglio 2012, pervenuta in cancelleria il 20 novembre 2013, nel procedimento
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Consiglio di Stato,
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture,
Conferenza Unificata Stato Regioni,
Ministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti,
Ministero per le Politiche Europee,
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
Ministero dell’Economia e delle Finanze,
Ministero degli Affari Esteri
contro
Rina Services SpA,
Rina SpA,
SOA Rina Organismo di Attestazione SpA,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, A. Tizzano, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz e A. Ó Caoimh, presidenti di sezione, J. Malenovský, A. Arabadjiev (relatore), D. Šváby, M. Berger, E. Jarašiūnas, C.G. Fernlund e J.L. da Cruz Vilaça, giudici,
avvocato generale: P. Cruz Villalón
cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 dicembre 2014,
considerate le osservazioni presentate:
— |
per la Rina Services SpA, la Rina SpA e la SOA Rina Organismo di Attestazione SpA, da R. Damonte, G. Giacomini, G. Scuras e G. Demartini, avvocati; |
— |
per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Pluchino e S. Fiorentino, avvocati dello Stato; |
— |
per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente; |
— |
per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson e N. Otte Widgren, nonché da L. Swedenborg, F. Sjövall, E. Karlsson e C. Hagerman, in qualità di agenti; |
— |
per la Commissione europea, da E. Montaguti e H. Tserepa-Lacombe, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 marzo 2015,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE, 51 TFUE e 56 TFUE nonché degli articoli 14 e 16 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di tre controversie pendenti tra, da un lato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Stato, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, la Conferenza Unificata Stato Regioni, il Ministero dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero per le Politiche Europee, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero degli Affari Esteri e, dall’altro, rispettivamente, la Rina Services SpA, la Rina SpA e la SOA Rina Organismo di Attestazione SpA, riguardo, in particolare, a una normativa nazionale che impone alle società che svolgono la funzione di organismi di attestazione (Società Organismi di Attestazione; in prosieguo: le «SOA») di avere la loro sede legale in Italia. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 |
I considerando da 1 a 7, 16 e 33 della direttiva 2006/123 sono così formulati:
(…)
(…)
|
4 |
L’articolo 2 della direttiva 2006/123, intitolato «Campo d’applicazione», è così formulato: «1. La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro. 2. La presente direttiva non si applica alle attività seguenti: (…)
(…)». |
5 |
Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, gli Stati membri applicano le disposizioni di tale direttiva nel rispetto delle norme del Trattato FUE che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi. |
6 |
L’articolo 14 di tale direttiva, intitolato «Requisiti vietati», che figura al capo III della stessa, intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori», prevede quanto segue: «Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:
(…)
(…)». |
7 |
L’articolo 15 della direttiva 2006/123, intitolato «Requisiti da valutare», che figura al medesimo capo III, impone agli Stati membri di verificare se il loro ordinamento giuridico preveda i requisiti di cui al paragrafo 2 di tale articolo e di provvedere affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità di cui al paragrafo 3 dello stesso articolo. |
8 |
Il capo IV di tale direttiva, intitolato «Libera circolazione dei servizi», contiene l’articolo 16, intitolato «Libera prestazione di servizi». Ai sensi di tale articolo: «1. Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti. Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio. Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi:
2. Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare, imponendo i requisiti seguenti:
(...) 3. Allo Stato membro in cui il prestatore si reca non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente, e in conformità del paragrafo 1. (...)». |
Il diritto italiano
9 |
Il decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010, n. 207, recante esecuzione ed attuazione del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 (Supplemento ordinario alla GURI n. 288, del 10 dicembre 2010), e che abroga il decreto del Presidente della Repubblica del 25 gennaio 2000, n. 34, prevede, al suo articolo 64, paragrafo 1, che le SOA sono costituite nella forma delle società per azioni, la cui denominazione sociale deve espressamente comprendere la locuzione «organismi di attestazione», e che la loro sede legale deve essere ubicata nel territorio della Repubblica italiana. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
10 |
La Rina SpA è la società holding del gruppo Rina. La sede di tale società è ubicata a Genova (Italia). |
11 |
La Rina Services SpA è una società per azioni facente parte del gruppo Rina la cui sede è parimenti ubicata a Genova. Il suo oggetto sociale consiste nella fornitura di servizi di certificazione di qualità UNI CEI EN 45000. |
12 |
La SOA Rina Organismo di Attestazione SpA è anch’essa una società per azioni con sede in Genova. Essa esercita l’attività di attestazione e di svolgimento di controlli tecnici sull’organizzazione e sulla produzione delle imprese di costruzione. Tale società è detenuta per il 99% dalla Rina SpA e per l’1% dalla Rina Services SpA. |
13 |
Le suddette tre società hanno presentato ricorsi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, volti in particolare a contestare la legittimità dell’articolo 64, paragrafo 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010, n. 207, recante esecuzione ed attuazione del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163, là dove prevede che la sede legale delle SOA deve essere ubicata nel territorio della Repubblica italiana. |
14 |
Con sentenze del 13 dicembre 2011, detto giudice ha accolto tali ricorsi con la motivazione, in particolare, che la condizione relativa all’ubicazione della sede legale era contraria agli articoli 14 e 16 della direttiva 2006/123. |
15 |
Le ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto appello avverso tali sentenze dinanzi al Consiglio di Stato, facendo valere, segnatamente, che l’attività svolta dalle SOA partecipa all’esercizio di poteri pubblici ai sensi dell’articolo 51 TFUE e che, di conseguenza, è sottratta all’ambito di applicazione sia della direttiva 2006/123 che degli articoli 49 TFUE e 56 TFUE. |
16 |
Pertanto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
|
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla seconda questione
17 |
Con la seconda questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 51, primo comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che le attività di attestazione svolte dalle SOA partecipano all’esercizio dei pubblici poteri ai sensi di detta disposizione. |
18 |
Occorre constatare che, nella sentenza SOA Nazionale Costruttori (C‑327/12, EU:C:2013:827), la Corte ha già statuito su una questione di questo tipo sollevata in via pregiudiziale dal Consiglio di Stato. |
19 |
Al punto 52 di tale sentenza essa ha concluso, alla luce delle considerazioni di cui ai punti da 28 a 35 della medesima sentenza – vale a dire, in particolare, il fatto che le SOA sono imprese a scopo di lucro che esercitano le loro attività in condizioni di concorrenza e che non dispongono di alcun potere decisionale connesso all’esercizio di poteri pubblici –, che le attività di attestazione delle SOA non configurano una partecipazione diretta e specifica all’esercizio di pubblici poteri ai sensi dell’articolo 51 TFUE. |
20 |
Più precisamente, la Corte ha sottolineato, al punto 54 della medesima sentenza, che la verifica, ad opera delle SOA, della capacità tecnica e finanziaria delle imprese soggette a certificazione, della veridicità e della sostanza delle dichiarazioni, delle certificazioni e delle documentazioni presentate dai soggetti cui rilasciare l’attestato, nonché del mantenimento del possesso dei requisiti relativi alla situazione personale del candidato o dell’offerente non può essere considerata un’attività riconducibile all’autonomia decisionale propria dell’esercizio di prerogative dei pubblici poteri, dato che siffatta verifica è definita in tutti i suoi aspetti dal quadro normativo nazionale. Inoltre, la Corte ha dichiarato, allo stesso punto della suddetta sentenza, che tale verifica è eseguita sotto una vigilanza statale diretta ed ha la funzione di agevolare il compito delle autorità aggiudicatrici nel settore degli appalti pubblici di lavori, la sua finalità essendo quella di consentire a queste ultime di assolvere la propria missione conoscendo in maniera precisa e circostanziata la capacità sia tecnica che finanziaria degli offerenti. |
21 |
Nel presente caso, il giudice del rinvio non ha menzionato, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, alcuna modifica nella natura delle attività esercitate dalle SOA dall’epoca dei fatti da cui è scaturita la sentenza SOA Nazionale Costruttori (C‑327/12, EU:C:2013:827). |
22 |
Pertanto, alla seconda questione occorre rispondere che l’articolo 51, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che l’eccezione al diritto di stabilimento prevista da tale disposizione non si applica alle attività di attestazione esercitate dalle società aventi la qualità di organismi di attestazione. |
Sulla prima questione
23 |
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, riferendosi a varie disposizioni del diritto dell’Unione, in particolare agli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché ai principi figuranti nella direttiva 2006/123, se tale diritto debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro che, come quella in discussione nel procedimento principale, imponga alle SOA di avere la loro sede legale nel territorio nazionale. |
24 |
A tal riguardo, occorre constatare che i servizi di attestazione rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123, essendo tali servizi peraltro espressamente menzionati al considerando 33 di quest’ultima, nell’elenco esemplificativo delle attività oggetto della medesima direttiva. |
25 |
Nel caso di specie, il requisito relativo al luogo in cui è ubicata la sede degli organismi di attestazione, oggetto del procedimento principale, rientra nell’articolo 14 della direttiva 2006/123. Infatti, nella parte in cui esso obbliga le SOA ad avere la loro sede legale nel territorio nazionale, tale requisito, da un lato, è fondato direttamente sull’ubicazione della sede legale del prestatore ai sensi dell’articolo 14, punto 1, di detta direttiva e, dall’altro, limita la libertà di quest’ultimo di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o a titolo secondario, segnatamente obbligandolo ad avere il suo stabilimento principale nel territorio nazionale ai sensi del punto 3 del medesimo articolo. |
26 |
L’articolo 14 della direttiva 2006/123 vieta agli Stati membri di subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto di uno dei requisiti elencati ai punti da 1 a 8 di tale disposizione, in tal modo imponendo la soppressione, prioritaria e sistematica, di tali requisiti. |
27 |
La Repubblica italiana fa tuttavia valere che il requisito per cui la sede legale delle SOA deve situarsi nel territorio nazionale è giustificato dalla necessità di garantire l’efficacia del controllo esercitato dalle amministrazioni pubbliche sulle attività delle SOA. |
28 |
Sul punto occorre sottolineare, come fanno la Repubblica di Polonia e la Commissione, che i requisiti elencati all’articolo 14 della direttiva 2006/123, ai quali è riconducibile la norma nazionale in discussione nel procedimento principale, non possono essere giustificati. |
29 |
Siffatta conclusione deriva tanto dalla formulazione del predetto articolo 14 quanto dall’impianto sistematico della direttiva 2006/123. |
30 |
Infatti, da un lato, dal titolo di questo articolo risulta che i requisiti elencati ai suoi punti da 1 a 8 sono «vietati». Inoltre, la formulazione di tale articolo non contiene alcun elemento atto a indicare che gli Stati membri dispongano della facoltà di giustificare il mantenimento di tali requisiti nelle loro normative nazionali. |
31 |
Dall’altro lato, l’impianto sistematico della direttiva 2006/123 si fonda, riguardo alla libertà di stabilimento, su una distinzione netta fra i requisiti vietati e quelli soggetti a valutazione. Mentre i primi sono disciplinati dall’articolo 14 di detta direttiva, i secondi sono oggetto delle norme previste dall’articolo 15 di quest’ultima. |
32 |
Per quanto riguarda, in particolare, i requisiti soggetti a valutazione, gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, a verificare se il loro ordinamento giuridico preveda uno dei requisiti di cui al paragrafo 2 di tale articolo e a provvedere affinché tali requisiti siano conformi ai condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità di cui al paragrafo 3 dello stesso articolo. |
33 |
A tal proposito, dai paragrafi 5 e 6 del suddetto articolo 15 si evince che agli Stati membri è consentito mantenere o, all’occorrenza, introdurre requisiti del tipo di quelli indicati al paragrafo 2 del medesimo articolo, purché essi siano conformi alle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità di cui al paragrafo 3 di questa disposizione. |
34 |
Inoltre, in merito alla libera circolazione dei servizi, l’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 prevede che lo Stato membro in cui il prestatore si reca per fornire i suoi servizi possa imporre requisiti relativi alla prestazione dell’attività di servizi, qualora detti requisiti siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente ed in conformità al paragrafo 1 di tale articolo. |
35 |
Orbene, una tale possibilità non è prevista per i requisiti «vietati» elencati all’articolo 14 della direttiva 2006/123. |
36 |
Una simile conclusione non è contraddetta dall’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri applicano le disposizioni di quest’ultima «nel rispetto delle norme del trattato che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi». |
37 |
A tal riguardo occorre rilevare, come fa la Repubblica di Polonia, che, ove si interpretasse l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 nel senso che gli Stati membri possono giustificare in forza del diritto primario una restrizione vietata dall’articolo 14 di tale direttiva, quest’ultima disposizione sarebbe privata di ogni effetto utile pregiudicando, in definitiva, l’armonizzazione mirata da essa operata. |
38 |
Infatti, una simile interpretazione contrasterebbe con quanto affermato dal legislatore dell’Unione al considerando 6 della direttiva 2006/123, secondo cui non è possibile eliminare tali ostacoli alla libertà di stabilimento soltanto grazie all’applicazione diretta dell’articolo 49 TFUE, in particolare a motivo dell’estrema complessità del trattamento caso per caso degli ostacoli a tale libertà. Se si ammettesse che i requisiti «vietati» di cui all’articolo 14 di tale direttiva possano comunque essere giustificati in forza del diritto primario, ciò equivarrebbe a reintrodurre proprio un siffatto esame caso per caso, ai sensi del Trattato FUE, per tutte le restrizioni alla libertà di stabilimento. |
39 |
Si deve inoltre sottolineare che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 non osta a che l’articolo 14 di quest’ultima sia interpretato nel senso che i requisiti vietati da esso elencati non possano essere giustificati. Infatti, un tale divieto senza possibilità di giustificazione mira a garantire la soppressione sistematica e rapida di talune restrizioni alla libertà di stabilimento che, secondo il legislatore dell’Unione e la giurisprudenza della Corte, causano un grave pregiudizio al buon funzionamento del mercato interno. Un tale obiettivo è conforme al Trattato FUE. |
40 |
Quindi, benché l’articolo 52, paragrafo 1, TFUE consenta agli Stati membri di giustificare, per una delle ragioni ivi elencate, misure nazionali che costituiscono una restrizione alla libertà di stabilimento, ciò non significa tuttavia che il legislatore dell’Unione, quando adotta un atto di diritto secondario che, come la direttiva 2006/123, implementa una libertà fondamentale sancita dal Trattato FUE, non possa limitare talune deroghe, a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la norma di diritto secondario in discussione si limita a richiamare una giurisprudenza costante in base alla quale un requisito come quello oggetto del procedimento principale è incompatibile con le libertà fondamentali riconosciute agli operatori economici (v. a tal riguardo, segnatamente, la sentenza Commissione/Francia, C‑334/94, EU:C:1996:90, punto 19). |
41 |
In considerazione di quanto precede, alla prima questione occorre rispondere che l’articolo 14 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale è imposto alle SOA di avere la loro sede legale nel territorio nazionale. |
Sulle spese
42 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.