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Document 62012CP0334

Presa di posizione dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentata il 21 novembre 2012.
Oscar Orlando Arango Jaramillo e altri contro Banca europea per gli investimenti (BEI).
Riesame della sentenza T‑234/11 P — Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Termine di ricorso — Termine non fissato da una disposizione del diritto dell’Unione — Nozione di “termine ragionevole” — Interpretazione — Obbligo per il giudice dell’Unione di tener conto delle circostanze proprie a ciascuna causa — Diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo — Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Pregiudizio alla coerenza del diritto dell’Unione.
Causa C‑334/12 RX-II.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:733

PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentata il 21 novembre 2012 ( 1 )

Causa C-334/12 RX-II

Oscar Orlando Arango Jaramillo e altri

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI)

«Riesame della sentenza T-234/11 P — Ricevibilità di un ricorso di annullamento — Termine ragionevole — Interpretazione — Obbligo per il giudice di tener conto delle circostanze del caso di specie — Termine di decadenza — Ricorso giurisdizionale effettivo — Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali — Pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione»

I – Introduzione

1.

Con decisione del 12 luglio 2012 ( 2 ), la Corte ha deciso che occorre procedere al riesame della sentenza del Tribunale dell’Unione europea (Sezione delle impugnazioni) del 19 giugno 2012, Arango Jaramillo e a./BEI ( 3 ). È la seconda volta che la Corte decide, su proposta del suo primo avvocato generale, di avviare il procedimento di riesame ( 4 ).

2.

A termini della decisione del 12 luglio 2012, la Corte ha individuato due particolari questioni da esaminare.

3.

Si tratta, da un lato, di verificare se il Tribunale, quale giudice dell’impugnazione, abbia correttamente interpretato la nozione di termine ragionevole, nel contesto della proposizione di un ricorso di annullamento da parte di dipendenti della Banca europea per gli investimenti (BEI) avverso un atto da essa promanante che li danneggia, come un termine il cui superamento comporta la tardività e, pertanto, l’irricevibilità del ricorso, senza che il giudice dell’Unione sia obbligato a tener conto delle circostanze particolari del caso di specie.

4.

Si deve, dall’altro, esaminare se l’interpretazione accolta dal Tribunale della nozione di «termine ragionevole» sia tale da pregiudicare il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

5.

Nell’ipotesi in cui le constatazioni operate dal Tribunale siano viziate da un errore di diritto, la decisione del 12 luglio 2012 invita a verificare se, ed eventualmente entro quali limiti, la sentenza del 19 giugno 2012 pregiudichi l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 62 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

6.

Prima di procedere all’esame di tali questioni, occorre ricordare brevemente che la decisione di riesaminare la sentenza del 19 giugno 2012 è stata adottata nel contesto del rigetto, anzitutto in primo grado da parte del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea ( 5 ) (in prosieguo: il «TFP»), poi confermato su impugnazione della suddetta sentenza, del ricorso di annullamento proposto da un gruppo di dipendenti della BEI relativamente ai loro rispettivi fogli paga, per tardività, in quanto tale ricorso era stato proposto in un termine di tre mesi, aumentato del termine forfettario di dieci giorni in ragione della distanza, e alcuni secondi.

7.

In mancanza di disposizioni che stabiliscono i termini per presentare ricorso applicabili alle controversie tra la BEI e i suoi dipendenti, il Tribunale, come aveva fatto in precedenza il TFP nell’ordinanza ad esso deferita, in una prima fase del suo iter logico, ha ricordato la giurisprudenza che subordina la proposizione di siffatti ricorsi al rispetto di un termine ragionevole, il quale deve essere valutato in funzione delle circostanze del singolo caso di specie ( 6 ).

8.

Ritenendo tuttavia, al punto 26 della sentenza del 19 giugno 2012, che il termine di tre mesi previsto all’articolo 91, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari») offra «un pertinente punto di paragone» ai ricorsi di annullamento proposti dai dipendenti della BEI per gli atti di quest’ultima, il Tribunale ha dichiarato, al punto 27 della medesima sentenza e fondandosi su alcune delle sue precedenti sentenze ( 7 ), che il rispetto di un termine del genere deve essere considerato, in linea di principio, ragionevole.

9.

Sempre al punto 27 della sentenza del 19 giugno 2012, richiamata al punto 9 della decisione del 12 luglio 2012, il Tribunale ha tratto da tali decisioni la conseguenza «a contrario (…) che qualsiasi ricorso proposto da un dipendente della BEI dopo la scadenza del termine di tre mesi, aumentato di un termine forfettario di dieci giorni in ragione della distanza, in linea di principio, deve essere considerato proposto entro un termine non ragionevole (…)». Tale interpretazione a contrario, prosegue il Tribunale, è ammissibile «dal momento che soltanto un’applicazione rigorosa delle norme procedurali che stabiliscono un termine di decadenza consente di rispondere al requisito della certezza del diritto e alla necessità di evitare discriminazioni o trattamenti arbitrari nell’amministrazione della giustizia».

10.

Il Tribunale ha poi respinto di volta in volta le censure esposte dai ricorrenti.

11.

Così, al punto 30 della sentenza del 19 giugno 2012, il Tribunale ha dichiarato infondata la critica dei ricorrenti, secondo la quale il TFP avrebbe sostituito alla natura flessibile e aperta alla concreta ponderazione degli interessi in gioco, propria del rispetto del termine ragionevole, la rigidità e la genericità del rispetto di un termine fisso di tre mesi, dal momento che il TFP si è limitato ad applicare «una norma giuridica (…) che deriva chiaramente e precisamente da una lettura a contrario della giurisprudenza [citata al punto 27 della sentenza]». Tale norma, secondo il Tribunale, prevede una particolare applicazione del rispetto del termine ragionevole alle controversie tra la BEI e i suoi dipendenti, che presentano forti similitudini con il contenzioso relativo ai funzionari e agli agenti delle Comunità europee, e «[i]noltre, riposa sulla presunzione generale che il termine di tre mesi è, in linea di principio, sufficiente a consentire ai dipendenti della BEI di valutare la legittimità degli atti di quest’ultima che li danneggiano e a prepararne, eventualmente, l’impugnazione», senza «(…) imporre (…) al giudice dell’Unione incaricato di applicarla di tener conto delle circostanze del singolo caso di specie e, in particolare, di procedere ad una ponderazione concreta degli interessi in gioco».

12.

Il Tribunale ha seguito un iter logico identico ai punti 34 e 35 della sentenza del 19 giugno 2012 soggetta a riesame per respingere la presa in considerazione di talune circostanze del caso di specie invocate dai ricorrenti, dal momento che l’applicazione della norma giuridica menzionata al punto 27 della sentenza riposa «sull’applicazione di una presunzione generale» che «non impone al giudice dell’Unione di tener conto delle circostanze particolari del caso di specie».

13.

Come parimenti rilevato al punto 11 della decisione del 12 luglio 2012, il Tribunale ha inoltre ricordato, al punto 39 della sua sentenza del 19 giugno 2012, che «l’applicazione rigorosa delle norme procedurali che stabiliscono un termine di decadenza» risponde, in particolare, al requisito della certezza del diritto, al fine di disattendere la censura dei ricorrenti fondata sulla violazione del principio di proporzionalità e sul diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, in quanto questi ultimi sono, in particolare, pienamente consapevoli dell’esistenza della norma (derivante chiaramente e precisamente da una lettura a contrario della giurisprudenza) e dei suoi effetti sulla ricevibilità del loro ricorso.

14.

Nell’ambito del procedimento di riesame, le parti interessate, indicate all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia, sono state invitate a presentare osservazioni scritte sulle questioni individuate nella decisione del 12 luglio 2012. Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti dinanzi al Tribunale, la BEI, il governo portoghese e la Commissione europea.

15.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo regolamento di procedura della Corte, il 1o novembre 2012 ( 8 ), la causa è stata assegnata alla Sezione del riesame designata in conformità all’articolo 191 di detto regolamento di procedura.

II – Sugli errori di diritto che viziano la sentenza del 19 giugno 2012

A – Sull’interpretazione della nozione di termine ragionevole avulsa da qualsiasi considerazione delle circostanze proprie del caso di specie

16.

Mentre i ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia violato il principio secondo il quale il termine ragionevole deve prendere in considerazione le circostanze proprie del singolo caso di specie, la BEI, il governo portoghese e la Commissione propugnano una tesi opposta.

17.

È possibile rilevare, non senza interesse, che delle tre parti interessate, la Commissione sembra elaborare la tesi più rigorosa nel senso che essa tende in realtà a rimettere in discussione la premessa stessa dell’oggetto del primo motivo di riesame indicato nella decisione del 12 luglio 2012. Infatti, sostenendo che il termine per la proposizione di un ricorso di annullamento dei dipendenti della BEI per un atto di quest’ultima deve avere, essenzialmente per motivi di certezza del diritto, natura obbligatoriamente imperativa ( 9 ) o, in altri termini, deve configurarsi come un «rigido termine di decadenza» ( 10 ), come avrebbe ritenuto il Tribunale non senza qualche ambiguità, la Commissione considera che non è indispensabile pronunciarsi sulla questione se la nozione di «termine ragionevole» possa essere interpretata, come ritenuto dal Tribunale nella sentenza del 19 giugno 2012, senza prendere in considerazione circostanze proprie del singolo caso di specie, poiché esso non avrebbe esaminato siffatta situazione ( 11 ).

18.

Al riguardo, la Commissione fa in sostanza osservare che la giurisprudenza citata al punto 15 della decisione del 12 luglio 2012 si riferisce alla durata ragionevole dei procedimenti amministrativi e non costituisce quindi un criterio di riferimento in base al quale si deve esaminare la coerenza della soluzione adottata nella sentenza del 19 giugno 2012 a proposito del termine per la presentazione di ricorsi giurisdizionali.

19.

Pur assumendo una posizione un po’ più sfumata, la BEI condivide essenzialmente tale opinione. Essa aggiunge che la giurisprudenza avrebbe riconosciuto che la situazione giuridica dei dipendenti della BEI sarebbe identica a quella del personale delle istituzioni dell’Unione europea, il che giustificherebbe pienamente l’applicazione per analogia, ai ricorsi di detti dipendenti, del termine di tre mesi che regola la proposizione dei ricorsi di annullamento del suddetto personale per atti di tali istituzioni che li danneggiano. La BEI rileva peraltro che la Corte avrebbe già colmato delle lacune, presenti nel Trattato CEE, relative alla legittimazione attiva del Parlamento europeo, ricorrendo al criterio dell’analogia, senza tuttavia subordinare siffatta legittimazione al rispetto di un termine di ricorso più flessibile di quello applicabile alle altre istituzioni. In definitiva, fissando un termine di decadenza di tre mesi, la sentenza del 19 giugno 2012 avrebbe seguito, secondo la BEI, un orientamento giurisprudenziale fondato sulla parità di trattamento tra i dipendenti della BEI e il personale delle istituzioni dell’Unione, sulla tutela della certezza del diritto e sul principio secondo il quale i termini per proporre ricorso non sono a disposizione né del giudice né delle parti.

20.

Per quanto mi riguarda, ritengo che sia necessario formulare le seguenti osservazioni relativamente al primo motivo di riesame.

21.

Innanzi tutto, resta inteso che la premessa del riesame si fonda sul fatto che la BEI non ha provveduto, omissione del resto assai deprecabile in quanto prolungata e immotivata, a fissare nel suo regolamento del personale un termine alla cui scadenza le cause tra la BEI e i suoi dipendenti devono essere promosse dinanzi al giudice dell’Unione.

22.

Nel silenzio normativo, il Tribunale ha cercato, già in passato, di colmare siffatta lacuna procedurale ricorrendo, come rammenta la sentenza del 19 giugno 2012, al concetto di «termine ragionevole». A mio avviso, il fatto di aver colmato detta lacuna attraverso il termine ragionevole ha una duplice origine.

23.

In primo luogo, essa si fonda sul rispetto della ripartizione delle competenze. Infatti, a prescindere da quanto affermano la Commissione e la BEI, in via di principio, non spetta al giudice dell’Unione sostituirsi al costituente, al legislatore o al potere regolamentare istituendo d’ufficio, in via giurisprudenziale, un termine fisso alla cui scadenza i singoli, nella specie i dipendenti della BEI, decadrebbero dall’esercizio del loro diritto. Siffatta limitazione del giudice dell’Unione attiene infatti al rispetto della ripartizione delle competenze tra le istituzioni e gli organi di quest’ultima, dato che il silenzio del costituente, del legislatore o del potere regolamentare è, del resto, necessariamente pieno di incertezze quanto all’interpretazione della sua presunta intenzione nonché, specificamente, delle ragioni che lo hanno indotto a mantenere il silenzio in merito alla fissazione di un preciso termine di ricorso. In tale contesto, è fondato ritenere che la decadenza, in quanto limita la facoltà della parte interessata di produrre qualsiasi elemento necessario al successo delle sue pretese, è ammissibile solo se costituisce oggetto di una disciplina espressa e non equivoca ( 12 ).

24.

Questa prima spiegazione, ossia il rigetto della determinazione di un termine fisso di decadenza da parte del giudice, non chiarisce del tutto le ragioni del ricorso di quest’ultimo alla nozione di termine ragionevole. La seconda origine è riscontrabile nel rigetto di un diritto di ricorso illimitato nel tempo a favore dei singoli in quanto i rapporti giuridici non possono essere rimessi in discussione all’infinito.

25.

Infatti, come ricordato dal Tribunale al punto 22 della sentenza del 19 giugno 2012, che non forma oggetto del riesame come delimitato dalla decisione del 12 luglio 2012, il ricorso, da parte del giudice dell’Unione, al concetto di «termine ragionevole» consente di conciliare, da un lato, il diritto del cittadino ad una tutela giurisdizionale effettiva, la quale implica che quest’ultimo possa disporre di un tempo sufficiente per valutare la legittimità dell’atto che lo danneggia e preparare, eventualmente, il proprio ricorso, e, dall’altro, l’esigenza della certezza del diritto, la quale impone che, trascorso un certo termine, gli atti adottati dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione divengano definitivi ( 13 ).

26.

Ne consegue che, contrariamente a quanto suggerito dalla BEI, l’applicazione del termine ragionevole non equivale a rimettere in discussione all’infinito la legittimità degli atti da essa adottati, poiché siffatta applicazione mira precisamente ad escludere che il giudice dell’Unione proceda all’esame della fondatezza di un ricorso proposto entro un termine non ragionevole.

27.

Resta comunque il fatto che la valutazione della ragionevolezza di un termine dipende dalle circostanze del singolo caso di specie.

28.

Tale constatazione non vale unicamente, come sostenuto dalla BEI e dalla Commissione, in ordine alla durata dei procedimenti amministrativi. Essa vale altresì, nel silenzio normativo, riguardo alla proposizione dei ricorsi giurisdizionali.

29.

Così, con decisione del 27 ottobre 2010 ( 14 ), la Corte ha respinto la proposta di riesame dell’ordinanza del Tribunale del 15 settembre 2010, Marcuccio/Commissione ( 15 ), nella quale il Tribunale ha applicato la dottrina del termine ragionevole, determinato in base alle circostanze del caso di specie, confermando, in fase di impugnazione, l’irricevibilità del ricorso per risarcimento danni derivante dal rapporto di lavoro tra un ex funzionario e l’istituzione di appartenenza entro un termine inferiore al termine di prescrizione di cinque anni previsto all’articolo 46 dello Statuto della Corte, in quanto quest’ultimo termine, nel silenzio dei testi normativi applicabili alle controversie tra i funzionari e l’istituzione da cui essi dipendono, è stato ritenuto un elemento di riferimento pertinente per dichiarare la ricevibilità del ricorso del ricorrente senza tuttavia costituire un limite rigido e intangibile ( 16 ).

30.

Parimenti, la Corte subordina la ricevibilità delle domande di recupero delle spese sostenute dinanzi al giudice dell’Unione, da un lato, a pena di decadenza, al rispetto di un termine ragionevole tra la pronuncia della sentenza e la domanda di rimborso all’altra parte della controversia ( 17 )e, dall’altro, nel silenzio del regolamento di procedura della Corte, alla contestazione ad opera di tale altra parte delle spese reclamate ( 18 ).

31.

La valutazione esposta al punto 28 della presente presa di posizione non è inficiata dalla sentenza Parlamento/Consiglio ( 19 ), fatta valere dalla BEI.

32.

È pur vero che, nonostante il silenzio, all’epoca, dell’articolo 173 del Trattato CEE, la Corte, in tale sentenza, ha riconosciuto la legittimazione attiva del Parlamento onde consentirgli di preservare le sue prerogative, senza tuttavia concedergli un termine più flessibile di quello previsto da tale disposizione per i ricorsi di annullamento proposti, in particolare, dalle altre istituzioni.

33.

Tuttavia, tale situazione differisce da quella dei dipendenti della BEI.

34.

Infatti, nella citata sentenza Parlamento/Consiglio, la rivendicazione del Parlamento europeo, accolta dalla Corte, era di riconoscergli una soluzione giuridica adeguata, nella specie quella del ricorso di annullamento disciplinata dall’articolo 173 del Trattato CEE, per far controllare ed eventualmente sanzionare la violazione delle sue prerogative da parte di un atto del Consiglio delle Comunità europee o della Commissione, prerogative attinenti, secondo la Corte, alla conservazione dell’equilibrio istituzionale voluto dai Trattati ( 20 ). Una volta che la soluzione giuridica di cui all’articolo 173 del Trattato CEE è stata estesa a favore del Parlamento, era comprensibile che, in nome, specificamente, della medesima esigenza di equilibrio istituzionale, i presupposti per la proposizione dei ricorsi, previsti da tale disposizione, tra cui quello relativo al termine di due mesi per proporli, dovevano essere imposti al Parlamento con lo stesso rigore con cui venivano imposti alle altre istituzioni.

35.

Per contro, e a prescindere dalle esigenze di equilibrio istituzionale evidenziate dalla Corte nella citata sentenza Parlamento/Consiglio, occorre ricordare che la disposizione del regolamento del personale della BEI relativa ai mezzi di ricorso si limita a enunciare la competenza del giudice dell’Unione senza fissare alcun termine di ricorso, il che consente di spiegare il riferimento al rispetto di un termine ragionevole.

36.

Ciò premesso – e inoltre –, dietro l’apparente applicazione della dottrina del termine ragionevole, il Tribunale, nella sentenza del 19 giugno 2012, ha in realtà violato i limiti delle proprie competenze e snaturato la caratteristica essenziale del rispetto di siffatto termine, ossia la sua flessibilità.

37.

Per convincersene, è sufficiente menzionare, da un lato, il punto 34 della sentenza del 19 giugno 2012 secondo la quale il Tribunale dichiara che il mancato esercizio, da parte della BEI, della sua responsabilità di regolamentazione concernente la fissazione di un termine di ricorso è indifferente, «dal momento che da una lettura a contrario della giurisprudenza pronunciata anteriormente alla proposizione del ricorso deriva chiaramente e precisamente che il giudice dell’Unione ha posto rimedio a tale lacuna normativa interpretando il diritto dell’Unione (…) nel senso che un ricorso proposto da un dipendente della BEI alla scadenza di un termine di tre mesi (…) aumentato di un termine forfettario di dieci giorni in ragione della distanza, in linea di principio, deve essere considerato proposto entro un termine non ragionevole» e, pertanto, come tardivo ( 21 ).

38.

Dall’altro, i punti 27, 30, 35 e 39 della sentenza del 19 giugno 2012 elevano, in sostanza, al rango di «norma giuridica» una presunzione generale di ragionevolezza del rispetto del termine di tre mesi e, a contrario, di non ragionevolezza di un ricorso proposto dopo la scadenza di siffatto termine, senza che il giudice dell’Unione debba tener conto delle circostanze del singolo caso di specie, giustificando tale valutazione, in particolare, alla luce della giurisprudenza relativa «all’applicazione rigorosa delle norme procedurali che stabiliscono un termine di decadenza».

39.

È pur vero che – e ciò non mi stupisce affatto –, nei precedenti menzionati dal Tribunale, il giudice dell’Unione ha considerato, nel silenzio dei Trattati e del regolamento del personale della BEI, che il termine di ricorso previsto all’articolo 91, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari, offriva un «pertinente punto di paragone» e che, pertanto, un termine di tre mesi doveva essere considerato, in via di principio, ragionevole per la proposizione, da parte di un dipendente della BEI, di un ricorso di annullamento diretto contro un atto di quest’ultima che lo danneggia.

40.

Tuttavia, a causa dell’omissione della BEI, il termine di tre mesi previsto dallo Statuto dei funzionari rimane necessariamente un termine indicativo in caso di controversie tra la medesima e i suoi dipendenti.

41.

In tale contesto, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, un ricorso proposto dopo la scadenza di siffatto termine non può essere considerato tardivo perché introdotto entro un termine non ragionevole, in quanto occorre applicare rigorosamente le norme procedurali che prevedono un termine fisso di decadenza, poiché siffatte norme, semplicemente, non trovano applicazione.

42.

Orbene, delle due l’una: o una disposizione di diritto primario o di diritto derivato dell’Unione ha fissato in modo univoco un termine preciso per proporre ricorso di annullamento, nel qual caso è effettivamente possibile non tener conto delle circostanze del singolo caso di specie, escluse le eccezioni fondate sulla sussistenza di cause di forza maggiore o di un caso fortuito, e applicare in modo rigoroso le norme di procedura relative ai termini di decadenza, oppure, al contrario, deve essere constatata una lacuna normativa, nel qual caso il giudice non può mai porvi completamente rimedio, a rischio di invadere le competenze del potere regolamentare, dovendo tener conto delle circostanze del caso di specie. Ignorare tali differenze, come ha fatto il Tribunale nella sentenza del 19 giugno 2012, equivale puramente e semplicemente a sancire, in via giurisprudenziale, un termine fisso di decadenza di tre mesi.

43.

Infine, la giustificazione addotta dal Tribunale, che l’autorizzerebbe a ricorrere ad un’interpretazione a contrario della propria giurisprudenza relativa alla ragionevolezza del rispetto di un termine di tre mesi al pari di quello previsto dallo Statuto dei funzionari, non è convincente.

44.

A tal riguardo, rammento che, secondo il Tribunale, l’interpretazione a contrario della suddetta giurisprudenza sarebbe nella specie ammissibile «dal momento che qualsiasi altra interpretazione di quest’ultima non sarebbe né adeguata né compatibile con i principi generali del diritto dell’Unione applicabili [il Tribunale fa riferimento al punto 22 della propria sentenza], con il contesto e con la loro finalità, (v., per analogia, sentenza della Corte del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità, 9/56, Racc. pagg. 11, 25), atteso che soltanto un’applicazione rigorosa delle norme procedurali che stabiliscono un termine di decadenza consente di rispondere al requisito della certezza del diritto e alla necessità di evitare discriminazioni o trattamenti arbitrari nell’amministrazione della giustizia [v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 22 settembre 2011, Bell & Ross/UAMI, C-426/10 P (…), punti 43, 54 e 55]» ( 22 ).

45.

Orbene, il Tribunale ha snaturato il carattere tipicamente sussidiario del ricorso all’interpretazione a contrario ammesso dalla Corte nella citata sentenza Meroni/Alta Autorità. Infatti, ricorrere a siffatta interpretazione è ammissibile soltanto «quando nessun’altra interpretazione si riveli idonea o compatibile con il testo, il contesto e l[a] finalità» ( 23 ) della norma oggetto di detta interpretazione. Poiché il rispetto di un termine ragionevole è esattamente il risultato della conciliazione tra il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e l’esigenza della certezza del diritto, come è stato ricordato dal Tribunale al punto 22 della sua sentenza del 19 giugno 2012, l’interpretazione a contrario consistente nel trasformare il termine indicativo di tre mesi, applicabile alle controversie tra la BEI e i suoi dipendenti, in un termine fisso di decadenza non corrisponde certamente all’unica (e ultimativa) interpretazione che garantisce un’adeguata conciliazione tra i suddetti principi.

46.

Tale ipotesi non ricorre per quanto riguarda il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, in quanto l’applicazione del termine ragionevole può consentire, ai fini della verifica della ricevibilità del ricorso, la presa in considerazione di circostanze, diverse da quelle derivanti da forza maggiore e/o da caso fortuito, che l’applicazione di termine fisso di decadenza non ammetterebbe.

47.

Tale ipotesi non ricorre neppure riguardo al principio della certezza del diritto poiché, contrariamente a quanto suggerito dalla BEI, l’applicazione della dottrina del termine ragionevole, comprendente la presa in considerazione delle circostanze del caso di specie, non equivale a rimettere in discussione all’infinito la legittimità degli atti adottati da tale organizzazione. Infatti, come da me già evidenziato, il termine ragionevole svolge altresì la funzione, in taluni casi come quello qui esaminato, di un termine di decadenza, di certo flessibile, ma pur sempre di decadenza.

48.

È anche vero che, da un’altra prospettiva, vale a dire quella dei dipendenti della BEI, subordinare la ricevibilità del loro ricorso al rispetto di un termine ragionevole, per sua natura flessibile, può portare a ridurre la prevedibilità dell’esercizio di azioni giudiziarie da parte degli stessi.

49.

Tale rischio mi sembra tuttavia nettamente limitato. Infatti, in caso di ricorsi proposti nel termine indicativo di tre mesi, la giurisprudenza stabilisce giustamente, a favore dei ricorrenti, una forte presunzione di ragionevolezza della proposizione del ricorso. In caso di ricorsi proposti dopo la scadenza di tale termine indicativo, i ricorrenti devono potersi fondare sulla presa in considerazione delle circostanze del singolo caso di specie, non solo in forza dell’applicazione della dottrina del termine ragionevole, ma anche in ragione del fatto che l’incertezza determinata dall’assenza di un termine fisso di decadenza non può essere ad essi addebitata, in quanto i rischi procedurali connessi a siffatta incertezza devono essere invece sostenuti dall’organizzazione che ne è all’origine, in applicazione del principio dell’estoppel ( 24 ) o dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans ( 25 ).

50.

Inoltre, l’interpretazione a contrario adottata dal Tribunale non è neppure indispensabile per evitare un trattamento discriminatorio a favore dei dipendenti della BEI. Infatti – e indipendentemente dal riferimento un po’ azzardato, fatto «in tal senso e per analogia» dal Tribunale, alla citata sentenza Bell & Ross/UAMI, pronunciata nel contesto di un ricorso di annullamento proposto ai sensi dell’articolo 230 CE – la possibilità di paragonare la situazione dei dipendenti della BEI a quella dei funzionari soggetti alla disciplina dello Statuto dei funzionari incontra un limite nella natura del termine opponibile ai ricorsi proposti da queste due categorie di soggetti. Nel primo caso, si applica un termine necessariamente flessibile, a causa dell’omessa previsione di un termine da parte della BEI; nel secondo caso, si tratta di un termine fisso stabilito inequivocabilmente dalle disposizioni dello Statuto dei funzionari.

51.

Del resto, se ci si limita a confrontare le norme procedurali, questa non è l’unica differenza esistente tra queste due categorie di soggetti. Così, mentre gli articoli 90 e 91 dello Statuto dei funzionari prevedono il ricorso ad un procedimento amministrativo preliminare il cui svolgimento regolare e completo costituisce una condizione di ricevibilità dei ricorsi proposti dai funzionari contro l’istituzione di appartenenza, l’articolo 41 del regolamento del personale della BEI istituisce, per contro, un procedimento interno facoltativo di conciliazione, che non può essere convertito in un procedimento obbligatorio, come quello previsto agli articoli 90 e 91 dello Statuto dei funzionari, procedimento di conciliazione che non incide sul termine di proposizione del ricorso dinanzi al giudice dell’Unione ( 26 ). Inoltre, se il dipendente della BEI chiede l’attivazione di siffatto procedimento, il giudice dell’Unione considera che il termine per la presentazione del ricorso dinanzi ad esso comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui il procedimento di conciliazione si è concluso, a condizione che il dipendente abbia formulato la domanda di conciliazione entro un termine ragionevole dopo aver ricevuto comunicazione dell’atto che gli arreca pregiudizio e che la durata del procedimento di conciliazione sia stata essa stessa ragionevole ( 27 ).

52.

Si constata quindi che il giudice dell’Unione è pienamente consapevole dei limiti procedurali dell’analogia eventualmente esistente tra il regime contrattuale applicabile ai dipendenti della BEI e il regime statutario dei funzionari delle istituzioni. Inoltre, nell’ipotesi oggetto della presente causa, il fatto di ammettere un termine flessibile di decadenza a favore dei dipendenti della BEI, a causa dell’omessa previsione di un termine da parte di quest’ultima, non arreca in alcun modo pregiudizio ai funzionari delle istituzioni i cui ricorsi sono disciplinati dalle disposizioni dello Statuto dei funzionari.

53.

Di conseguenza, ritengo che, adottando un’interpretazione della nozione di termine ragionevole avulsa da qualsiasi considerazione delle circostanze proprie del singolo caso di specie e, pertanto, non coerente con la natura stessa di siffatto termine, quale risulta dalla giurisprudenza, il Tribunale ha viziato la sentenza del 19 giugno 2012 con un errore di diritto.

B – Sulla violazione del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta

54.

Con il secondo motivo di riesame, la decisione del 12 luglio 2012 invita la Corte a stabilire se, collegando un effetto preclusivo al superamento di un termine ragionevole, l’interpretazione del Tribunale non sia tale da pregiudicare il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo ( 28 ), il quale, è pacifico, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, attualmente sancito all’articolo 47 della Carta ( 29 ).

55.

Occorre innanzi tutto ricordare che, in forza dell’articolo 52 della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa devono essere «previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà», in quanto tali limitazioni devono, in particolare, rispondere effettivamente a finalità di interesse generale e rispettare il principio di proporzionalità.

56.

Ai sensi del medesimo articolo, laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione, senza tuttavia precludere la possibilità che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

57.

Come correttamente sostenuto dai ricorrenti, dalla BEI e dalla Commissione, nelle rispettive osservazioni scritte, l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che sancisce il diritto ad adire un tribunale indipendente e imparziale – e al quale la Corte ha fatto del resto riferimento, in combinato disposto con l’articolo 13 della suddetta convenzione, nell’ambito dell’interpretazione del diritto comunitario prima che la Carta fosse adottata o fosse giuridicamente vincolante ( 30 ) – è pertinente ( 31 ).

58.

Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’interpretazione del suddetto articolo 6, paragrafo 1, CEDU, il «diritto a un giudizio», di cui il diritto ad adire un giudice costituisce un aspetto specifico, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, segnatamente quanto alle condizioni di ricevibilità dell’azione, necessitando, per sua stessa natura, di una disciplina da parte dello Stato, il quale fruisce al riguardo di un certo margine di discrezionalità ( 32 ).

59.

Secondo la medesima giurisprudenza, dette limitazioni non possono tuttavia restringere l’accesso alla giustizia di cui dispone un singolo in un modo o in misura tali che il suo diritto ad avere un giudizio ne risulti pregiudicato nella sua stessa essenza, in quanto tali limitazioni si conciliano con l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU solo se sono rivolte ad uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito ( 33 ).

60.

In tale contesto, sebbene la Corte europea dei diritti dell’uomo ricordi che le normative concernenti i termini per proporre ricorso mirano a garantire una buona amministrazione della giustizia e, in particolare, il rispetto del principio della certezza del diritto e che i singoli devono attendersi che tali norme siano sia applicate ( 34 ), la Corte verifica tuttavia se l’effettività dell’accesso alla giustizia voluta dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, non sia ostacolata, ad esempio, da un’interpretazione o da un’applicazione «particolarmente rigide» ( 35 ) o «eccessivamente restrittive» ( 36 ) di siffatte norme procedurali tali da escludere l’esame nel merito di un ricorso o da costituire «una sorta di barriera che impedisce al singolo di ottenere che la propria controversia sia decisa nel merito dal giudice competente» ( 37 ).

61.

Così, «il fatto di aver potuto esercitare un mezzo di ricorso per sentir dichiarare l’irricevibilità della propria azione non risponde sempre agli imperativi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, è altresì necessario che il grado di accesso alla giustizia sia sufficiente a garantire all’individuo il “diritto a un giudice”, tenuto conto del principio della preminenza del diritto in una società democratica»  ( 38 ).

62.

È così che la Corte europea dei diritti dell’uomo esamina, ad esempio, se un termine per proporre ricorso per cassazione sia sufficiente in relazione al luogo in cui è domiciliato il ricorrente ( 39 ), se il diniego da parte di un giudice nazionale di prorogare un termine prefissato dalla legge per proporre impugnazione sia non ragionevole ( 40 ), se le norme relative al computo dei termini di ricorso siano sufficientemente chiare e coerenti ( 41 ) oppure se errori commessi dai giudici nazionali nel computo di detti termini non pregiudichino l’effettività dell’accesso alla giustizia, prevista dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU ( 42 ).

63.

Dal momento che l’articolo 47 della Carta garantisce nel diritto dell’Unione, la tutela conferita dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU ( 43 ), spetta senza alcun dubbio alla Corte garantire, in particolare, un grado di controllo quantomeno equivalente sull’interpretazione e sull’applicazione, da parte del Tribunale, dei requisiti procedurali previsti dal diritto dell’Unione, compresi quelli relativi ai termini di proposizione del ricorso, a quello esercitato, in tal modo, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU nei confronti dei giudici delle parti contraenti di tale convenzione ( 44 ).

64.

In generale, e sebbene nessuna delle parti interessate che hanno presentato osservazioni nella causa in esame l’abbia affermato in questi termini, il fatto che la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia potuto constatare una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU nelle cause vertenti sull’interpretazione e/o sull’applicazione di termini di proposizione di un ricorso generalmente brevi, non può significare a contrario che la Corte sia privata della possibilità di dimostrare la violazione dell’articolo 47 della Carta da parte del giudice dell’Unione, tenuto conto dei termini, ordinariamente più lunghi, concessi ai singoli per contestare dinanzi a quest’ultimo la legittimità di un atto di un’istituzione o di un organo dell’Unione che li danneggia.

65.

In tale contesto, mentre le cause precedentemente menzionate che sono state sottoposte alla Corte europea dei diritti dell’uomo riguardavano l’interpretazione o l’applicazione di termini procedurali prefissati dalla legge, è pacifico che nella fattispecie i ricorrenti potevano aspettarsi, a causa dell’omissione procedurale della BEI, non già che il Tribunale – e prima di questo il TFP – applicasse un termine fisso di decadenza alla loro azione, bensì che si limitasse, al contrario, ad applicare la dottrina del «termine ragionevole» per dichiarare la ricevibilità del loro ricorso.

66.

Orbene, benché non sia escluso che i ricorrenti avrebbero potuto in effetti proporre ricorso entro un termine di tre mesi, essi non potevano, per contro, aspettarsi, a causa del carattere necessariamente indicativo di tale termine nel contesto delle controversie tra la BEI e i suoi dipendenti, che il superamento di detto termine di alcuni secondi fosse considerato dal Tribunale, con riferimento a una giurisprudenza riguardante la rigida interpretazione delle norme procedurali relative ai termini di ricorso fissati dal diritto dell’Unione, come non ragionevole, e per di più senza che fossero prese in considerazione tutte le circostanze del caso di specie, che andavano al di là delle ipotesi di forza maggiore o di caso fortuito.

67.

Quanto alla presunta negligenza dei ricorrenti, consistente nel fatto che essi avrebbero atteso alcuni minuti prima della scadenza del termine di tre mesi per proporre ricorso, essa è del tutto infondata poiché, come ho già accennato, il termine in parola si configura soltanto come un termine indicativo, che non esonera il giudice dell’Unione, dall’esaminare, anche d’ufficio, se il suddetto ricorso sia stato proposto entro un termine ragionevole, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, che vanno al di là delle ipotesi di forza maggiore o di caso fortuito.

68.

Di conseguenza, statuendo come ha fatto e confermando la citata ordinanza del TFP Arango Jaramillo e a./BEI, che constata l’irricevibilità per tardività del ricorso proposto dai ricorrenti, il Tribunale, a mio avviso, ha interpretato e applicato la nozione di termine ragionevole in modo eccessivamente rigoroso ed ha pertanto violato il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, quale garantito dall’articolo 47 della Carta, privandoli così del diritto di ottenere un esame nel merito del proprio ricorso.

III – Sull’esistenza di un pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione

69.

Uno o più errori di diritto da parte del Tribunale, per quanto grossolani, non arrecano necessariamente pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 62 ter dello Statuto della Corte di giustizia.

70.

Per contro, le quattro considerazioni sulle quali si è fondata la Corte per giungere alla constatazione che la violazione delle due norme procedurali in discussione nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Riesame M/EMEA ( 45 ), aveva arrecato «pregiudizio all’unità e alla coerenza del diritto [dell’Unione]» ( 46 ) non sono né essenziali né esaustive poiché, considerate nel loro insieme ( 47 ), hanno condotto la Corte a constatare un pregiudizio cumulativo ai due presupposti, normalmente alternativi, che comportano il riesame di una decisione del Tribunale.

71.

Resta comunque il fatto che, anche nel caso di specie si presentano, a mio avviso, considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle evidenziate dalla Corte nella citata sentenza Riesame M/EMEA.

72.

Così, in primo luogo, la sentenza del 19 giugno 2012 costituisce la prima decisione del Tribunale con cui quest’ultimo ha confermato che il mancato rispetto di un termine indicativo per proporre un ricorso di annullamento comportava, in base ad un’interpretazione a contrario della giurisprudenza e ad un’interpretazione restrittiva delle norme procedurali in materia di termini, l’irricevibilità per tardività di detto ricorso. Tale sentenza è quindi idonea a costituire un precedente rispetto a cause future ( 48 ).

73.

In secondo luogo, considerando che il giudice dell’Unione era dispensato dal prendere in considerazione tutte le circostanze del caso di specie per esaminare la non ragionevolezza del superamento di un termine ragionevole, il Tribunale si è, a mio giudizio, discostato dall’essenza stessa di quest’ultima nozione, sancita nel diritto dell’Unione, inficiando la propria sentenza di incoerenza.

74.

In terzo luogo, i due principi (termine ragionevole e diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo), violati, a mio avviso, dal Tribunale, non sono esclusivamente riconducibili al diritto della funzione pubblica, ma si applicano indipendentemente dalla materia trattata ( 49 ).

75.

Infine, in quarto luogo, questi due principi occupano una posizione rilevante nell’ordinamento giuridico dell’Unione ( 50 ). In particolare, il diritto garantito dall’articolo 47 della Carta, conformemente all’articolo 6 TUE, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Tale diritto è inoltre connaturato a qualsiasi ordinamento giuridico fondato sul principio dello Stato di diritto, come quello dell’Unione ( 51 ), e riveste pertanto all’interno di quest’ultima, quantomeno, carattere «costituzionale» ( 52 ).

76.

Per tutte queste ragioni, ritengo che, con la sentenza del 19 giugno 2012, il Tribunale abbia, perlomeno, arrecato pregiudizio alla coerenza del diritto dell’Unione.

IV – Sulla portata dell’annullamento

77.

Ai sensi dell’articolo 62 ter, primo comma, dello Statuto della Corte, qualora la medesima constati che la decisione del Tribunale pregiudica l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione, essa rinvia la causa dinanzi al Tribunale che è vincolato ai punti di diritto decisi dalla Corte. Nel rinviare la causa, la Corte può inoltre indicare gli effetti della decisione del Tribunale che devono essere considerati definitivi nei riguardi delle parti in causa. In via eccezionale, la Corte può essa stessa statuire in via definitiva se la soluzione della controversia emerga, in considerazione dell’esito del riesame, dagli accertamenti in fatto sui quali è basata la decisione del Tribunale.

78.

Ne discende che la Corte non può limitarsi a constatare il pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione senza trarre da tale constatazione conseguenze rispetto alla controversia di cui trattasi ( 53 ).

79.

Nel caso di specie, ritengo che la sentenza del 19 giugno 2012 debba essere annullata in quanto ha confermato, in sede di impugnazione, l’irricevibilità del ricorso proposto dinanzi al TFP ed ha condannato i ricorrenti alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale.

80.

Per contro, dato che il pregiudizio alla coerenza del diritto dell’Unione risulta dalla violazione dei due principi, testé accertata, è manifesto che la Corte non può statuire essa stessa, in via definitiva, sulla controversia sottoposta, in primo grado, al TFP dai ricorrenti.

81.

Nell’ambito del riesame, nessuna disposizione dello Statuto della Corte o del suo regolamento di procedura impone alla Corte di rinviare la causa dinanzi al Tribunale anziché direttamente dinanzi al TFP affinché quest’ultimo consenta alle parti di pronunciarsi sul merito della controversia.

82.

Come risulta dal punto 30 della citata sentenza Riesame M/EMEA, il giudice dell’impugnazione può a talune condizioni, statuire sul merito di un ricorso benché il procedimento in primo grado si sia limitato ad un’eccezione d’irricevibilità che sia stata accolta dal giudice di primo grado. Ciò può verificarsi, da un lato, qualora l’annullamento della sentenza o dell’ordinanza impugnata implichi necessariamente una certa soluzione quanto al merito del ricorso in questione o, dall’altro, qualora l’esame del merito del ricorso d’annullamento si basi su argomenti dibattuti dalle parti nell’ambito dell’impugnazione a proposito di un aspetto dell’iter logico seguito dal giudice di primo grado.

83.

È evidente che tali ipotesi non ricorrono nella causa in esame e che il Tribunale non potrà far altro che constatare, come nella posizione assunta dopo il rinvio da parte della Corte, successivo a riesame, della suddetta causa Riesame M/EMEA ( 54 ), che esso può solo rinviare a sua volta la causa al TFP affinché quest’ultimo statuisca sulle domande di annullamento presentate dai ricorrenti.

84.

Tuttavia, e al fine di rispettare la gerarchia voluta dai Trattati in seno all’istituzione giurisdizionale dell’Unione, spetta unicamente al Tribunale adottare siffatta decisione dopo aver sentito le parti, conformemente al proprio regolamento di procedura ( 55 ). Suggerisco pertanto alla Corte di rinviare la causa dinanzi a quest’ultimo.

V – Sulle spese

85.

Ai sensi dell’articolo 195, paragrafo 6, del regolamento di procedura della Corte, quando la decisione del Tribunale oggetto di riesame è stata adottata ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 2, TFUE, la Corte statuisce sulle spese.

86.

In assenza di norme specifiche che disciplinino la ripartizione delle spese nell’ambito di un riesame, e conformemente a quanto stabilito dalla Corte nella citata sentenza Riesame M/EMEA ( 56 ), propongo che le parti che hanno depositato memorie od osservazioni scritte nel presente procedimento sopportino le spese da esse sostenute per il medesimo.

VI – Conclusione

87.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare e statuire quanto segue:

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea (Sezione delle impugnazioni) del 19 giugno 2012, Arango Jaramillo e a./BEI (T-234/11 P), arreca pregiudizio alla coerenza del diritto dell’Unione in quanto detto Tribunale, quale giudice dell’impugnazione, ha interpretato la nozione di «termine ragionevole» – applicabile nel contesto della proposizione di un ricorso di annullamento da parte di dipendenti della Banca europea per gli investimenti avverso un atto da essa promanante che li danneggia – come un termine il cui superamento comporta la tardività e, pertanto, l’irricevibilità del ricorso, senza che il giudice dell’Unione sia obbligato a tener conto delle circostanze particolari del caso di specie, interpretazione che riveste altresì un carattere eccessivamente rigoroso tanto da comportare una violazione del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, quale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea è annullata.

3)

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

4)

I ricorrenti, la Banca europea per gli investimenti, il governo portoghese e la Commissione europea sopportano le proprie spese relative al procedimento di riesame.


( 1 ) Langue originale: il francese.

( 2 ) Riesame Arango Jaramillo e a./BEI (C-334/12 RX; in prosieguo: la «decisione del 12 luglio 2012»).

( 3 ) T-234/11 P (in prosieguo: la «sentenza del 19 giugno 2012»).

( 4 ) La prima occasione ha dato luogo alla sentenza del 17 dicembre 2009, Riesame M/EMEA (C-197/09 RX-II, Racc. pag. I-12033).

( 5 ) Ordinanza del 4 febbraio 2011, Arango Jaramillo e a./BEI (F-34/10).

( 6 ) V. punti 22 e 25 della sentenza e giurisprudenza ivi citata.

( 7 ) Il Tribunale menziona, in proposito, la propria sentenza del 23 febbraio 2001, De Nicola/BEI (T-7/98, T-208/98 e T-109/99, RaccFP pag. I-A-49 e II-185, punto 107); l’ordinanza del presidente del Tribunale del 6 dicembre 2002, D/BEI (T-275/02 R, RaccFP pag. I-A-259 e II-1295, punto 33), nonché, per analogia, l’ordinanza del Tribunale del 30 marzo 2000, Méndez Pinedo/BCE (T-33/99, RaccFP pag. I-A-63 e II-273, punti 33 e 34).

( 8 ) GU L 265, pag. 1.

( 9 ) Osservazioni della Commissione (punto 13).

( 10 ) Ibidem (punto 18).

( 11 ) Idem.

( 12 ) V., per quanto riguarda la mancata indicazione di un termine per dedurre un nuovo motivo dinanzi al Tribunale, sentenza del Tribunale del 29 giugno 1995, Solvay/Commissione (T-32/91, Racc. pag. II-1825, punto 40). L’impugnazione della Commissione avverso detta sentenza, compresi i punti 40 e 41 della sua motivazione, è stata respinta dalla Corte in quanto infondata: v. sentenza del 6 aprile 2000, Commissione/Solvay (C-287/95 P e C-288/95 P, Racc. pag. I-2391, punti 31, 73 e 74).

( 13 ) V. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale del 6 marzo 2001, Dunnett e a./BEI (T-192/99, Racc. pag. II-813, punti 52 e 53), nonché ordinanza del Tribunale dell’11 dicembre 2001, Cerafogli e a./BCE (T-20/01, RaccFP pag. I-A-235 e II-1075, punto 61).

( 14 ) Riesame Marcuccio/Commissione (C-478/10 RX).

( 15 ) T-157/09 P.

( 16 ) Ibidem (punti 42-47).

( 17 ) V. sentenza del 21 giugno 1979, Dietz/Commissione (126/76 DEP, Racc. pag. 2131 punto 1).

( 18 ) V. ordinanza del 22 febbraio 1968, Acciaierie San Michele/Alta Autorità (9/65 e 58/65, Racc. pag. 383, punto 11).

( 19 ) Sentenza del 22 maggio 1990 (C-70/88, Racc. pag. I-2041).

( 20 ) Ibidem (punti 21-26).

( 21 ) Il corsivo è mio.

( 22 ) Punto 27 della sentenza del 19 giugno 2012.

( 23 ) Sentenza cit., punto 2, pag. 26 (il corsivo è mio).

( 24 ) Principio riconosciuto altresì nel diritto dell’Unione: v., in particolare, sentenze della Corte del 15 gennaio 1986, Hurd (44/84, Racc. pag. 29, punto 57), del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Racc. pag. I-5425, punti 82-88), nonché del Tribunale del 9 luglio 2003, Kyowa Hakko Kogyo e Kyowa Hakko Europe/Commissione (T-223/00, Racc. pag. II-2553, punti 34 e 53).

( 25 ) Considerato come un «principio di diritto» dal Tribunale nella sentenza dell’11 dicembre 1996, Barraux e a./Commissione (T-177/95, RaccFP pag. I-A-541 e II-1451, punto 55).

( 26 ) V. sentenza del Tribunale del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI (T-37/10 P, punti 75-77 e giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) Sentenza Dunnett e a./BEI, cit. (punto 56).

( 28 ) V. punto 2 del dispositivo e punto 16 della decisione.

( 29 ) V., in particolare, sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione (C-385/07 P, Racc. pag. I-6155, punti 177 e 178 e giurisprudenza ivi citata), nonché ordinanza del 22 settembre 2011, Pagnoul (C-314/10, punto 24).

( 30 ) V., in particolare, sentenze del 15 maggio 1986, Johnston (222/84, Racc. pag. 1651, punto 18), e del 19 settembre 2006, Wilson (C-506/04, Racc. pag. I-8613, punti 46 e 47 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) V. al riguardo, in particolare, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C-279/09, Racc. pag. I-13849, punto 32). La duplice derivazione dell’articolo 47 della Carta dagli articoli 6 e 13 della CEDU è in particolare richiamata nelle spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17, specialmente pagg. 29 e 30).

( 32 ) V., in particolare, Corte eur. D.U., sentenze del 19 febbraio 1998, Edificaciones March Gallego S.A. c. Spagna (Recueil des arrêts et décisions 1998-I, pag. 290, § 34), del 24 febbraio 2009, L’Erablière ASBL c. Belgio (ricorso n. 49230/07, Recueil des arrêts et décisions 2009-II, § 35), e del 6 dicembre 2011, Anastasakis c. Grecia (ricorso n. 41959/08, § 24).

( 33 ) Idem.

( 34 ) V., in particolare, Corte eur. D.U., sentenze del 28 ottobre 1998, Pérez de Rada Cavanilles c. Spagna (Recueil des arrêts et décisions 1998-VIII, § 45), del 22 giugno 2006, Díaz Ochoa c. Spagna (ricorso n. 423/03, § 44), del 31 gennaio 2012, Assunção Chaves c. Portogallo (ricorso n. 61226/08, § 77), e del 3 luglio 2012, Radeva c. Bulgaria (ricorso n. 13577/05, § 26).

( 35 ) V. Corte eur. D.U., sentenza del 29 maggio 2012, Ute Saur Vallnet c. Andorra (ricorso n. 16047/10, § 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) V., ad esempio, Corte eur. D.U., sentenza Díaz Ochoa c. Spagna, cit. (§ 50).

( 37 ) Corte eur. D.U., sentenza L’Erablière ASBL c. Belgio, cit. (§ 35).

( 38 ) V. in tal senso, in particolare, Corte eur. D.U., sentenze del 21 febbraio 1975, Golder c. Regno Unito (serie A n. 18, pag. 18, §§ 34 e 35), e del 16 dicembre 1992, Geouffre de la Pradelle c. Francia (ricorso n. 12964/87, Recueil des arrêts et décisions, pag. 43, § 34). V., altresì, Corte eur. D.U., sentenza Radava c. Bulgaria, cit. (§ 27).

( 39 ) Corte eur. D.U., sentenza del 10 luglio 2001, Tricard c. Francia (ricorso n. 40472/98, § 31).

( 40 ) V. Corte eur. D.U., sentenza del 19 maggio 2005, Kaufmann c. Italia (ricorso n. 14021/02, §§ 34-39).

( 41 ) V. Corte eur. D.U., sentenza Geouffre de la Pradelle c. Francia, cit. (§§ 29-35).

( 42 ) Corte eur. D.U., sentenza Radeva c. Bulgaria, cit. (§§ 27-29). V. anche in tal senso, Corte eur. D.U., sentenza Ute Saur Vallnet c. Andorra, cit. (§§ 41-43).

( 43 ) Sentenze dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C-386/10 P, Racc. pag. I-13085, punto 51), e del 6 novembre 2012, Otis e a. (C-199/11, punto 47). V. anche in tal senso, sentenza DEB, cit. (punto 32).

( 44 ) Resta inteso che, contrariamente alle cause esaminate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, si tratta in questo caso di interpretare non già la normativa processuale interna degli Stati membri, bensì il diritto dell’Unione, compito spettante in primo luogo alla Corte.

( 45 ) Ad ogni buon conto, rammento che, in tale causa, la Corte ha dichiarato, da un lato, che il Tribunale aveva interpretato erroneamente la nozione di «causa matura per la decisione» ai sensi, segnatamente, dell’articolo 61 dello Statuto della Corte ed aveva violato, al riguardo, l’articolo 13 del relativo allegato, statuendo nel merito di un ricorso finalizzato alla concessione di un risarcimento per danno morale, laddove il procedimento in primo grado era limitato ad un’eccezione di irricevibilità (punto 37 di detta sentenza) e, dall’altro, e indipendentemente dall’«errore di diritto» anzidetto, che, statuendo nel merito della controversia senza aver posto l’Agenzia europea dei medicinali nella condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sulle richieste risarcitorie del ricorrente, il Tribunale aveva «violato il principio del contraddittorio risultante dalle prescrizioni connesse al diritto a un equo processo» (v. punti 38 e 59 della medesima sentenza).

( 46 ) Ibidem (punto 1 del dispositivo nonché punti 66 e 67 della sentenza). Il corsivo è mio.

( 47 ) Ibidem (punto 66).

( 48 ) V. sentenza Riesame M/EMEA, cit. (punto 62). Benché limitato, il carattere di precedente di detta sentenza potrebbe riguardare non solo le controversie tra la BEI e i suoi dipendenti, ma anche quelle concernenti la Banca centrale europea (BCE). Peraltro, non si può escludere che un ragionamento simile possa essere fatto dal Tribunale nel contesto della ricevibilità dei ricorsi per risarcimento danni proposti dai funzionari contro l’istituzione di appartenenza.

( 49 ) Sentenza Riesame M/EMEA, cit. (punto 64).

( 50 ) Ibidem (punto 65).

( 51 ) V. articolo 2 TUE.

( 52 ) V., segnatamente in tal senso, punti 176 e 177 delle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 febbraio 2007, Gestoras Pro Amnistía e a./Consiglio (C-354/04 P, Racc. pag. I-1579).

( 53 ) Sentenza Riesame M/EMEA, cit. (punto 69).

( 54 ) Sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2010, M/EMEA (T-12/08 P-RENV-RX, Racc. pag. II-3735, punto 38).

( 55 ) Articolo 121 quater, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

( 56 ) V. sentenza Riesame M/EMEA, cit. (punto 73).

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