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Document 52013AE1233

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme — Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa» COM(2012) 702 final

GU C 271 del 19.9.2013, p. 61–65 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

19.9.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 271/61


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme — Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa»

COM(2012) 702 final

2013/C 271/11

Relatore: PEGADO LIZ

La Commissione europea, in data 19 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme - Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa

COM(2012) 702 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 aprile 2013.

Alla sua 490a sessione plenaria, dei giorni 22 e 23 maggio 2013 (seduta del 22 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 129 voti favorevoli e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la comunicazione in esame e le sue proposte meritino un'attenzione e una riflessione particolare.

1.2

Il CESE appoggia l'idea della Commissione di introdurre una regolamentazione più rigorosa tesa al divieto effettivo e alla punizione esemplare e dissuasiva di certe pratiche aggressive di vendita attuate da società di compilazione degli annuari.

1.3

Vista l'evidente urgenza di una presa di posizione immediata su tale questione e considerata la notevole importanza e gravità, sotto il profilo economico, delle suddette pratiche a livello europeo, il CESE approva che la Commissione proceda immediatamente a presentare una proposta legislativa incentrata esclusivamente su questo tema e basata su una valutazione d'impatto.

1.4

Il CESE ritiene che a questo fine si debba adottare un regolamento quadro, eventualmente sviluppato per mezzo di atti delegati, a garanzia di una maggiore uniformità ed efficacia di applicazione a livello degli Stati membri.

1.5

Vista la natura di tale regolamento quadro, il CESE ritiene che una base giuridica adeguata non possa essere limitata, senza eccezioni, alle norme del Trattato che riguardano la realizzazione del mercato interno e reputa anche che il campo di applicazione non debba essere circoscritto alle operazioni transfrontaliere.

1.6

D'altro canto, il CESE sottolinea la necessità di tener conto del carattere transeuropeo di molte di queste pratiche, aspetto che richiede un'azione coordinata a livello internazionale.

1.7

Tuttavia il CESE ritiene che il modo migliore per raggiungere l'obiettivo di una regolamentazione coerente e uniforme che vieti le pratiche commerciali ingannevoli sia una revisione congiunta delle direttive 2006/114/CE e 2005/29/CE, sia per i rapporti tra imprese (B2B) che per le relazioni tra imprese e consumatori (B2C), salvaguardando le specificità di ciascuna tipologia in una matrice comune, ed esorta la Commissione ad iniziare tale revisione congiunta nel breve termine.

1.8

Il CESE sollecita la Commissione a sviluppare e a far applicare le misure complementari per una migliore informazione e divulgazione, oltre che per una maggiore cooperazione tra le autorità amministrative, le piattaforme pubblico-private e le organizzazioni rappresentative delle parti interessate, e per il perfezionamento dei meccanismi di reazione rapida, tesi alla cessazione di queste pratiche e al risarcimento dei danni causati. Il Comitato chiede in particolare la creazione senza ulteriori indugi di un sistema europeo di tutela giurisdizionale in materia di azioni collettive annunciata oltre 30 anni fa e poi ritardata.

1.9

Il CESE esprime la propria disponibilità a partecipare ai lavori futuri in questa materia, ai quali ritiene di poter contribuire con l'esperienza dei propri membri, rappresentanti della società civile organizzata altamente qualificati dei tre gruppi di interesse che compongono il Comitato.

2.   Contesto e aspetti socioeconomici della proposta

2.1

Nel campo delle comunicazioni commerciali tra le imprese, esistono regole fondamentali che bisogna assolutamente rispettare affinché la concorrenza non venga distorta e il mercato funzioni. E se queste regole non sono seguite volontariamente, vanno rese vincolanti e fatte applicare.

2.2

Con la comunicazione in esame la Commissione ha tracciato un insieme di misure allo scopo di combattere certe pratiche commerciali ingannevoli di imprese di pubblicità, specialmente quelle messe in atto da società di compilazione degli annuari.

2.3

L'obiettivo è quello di assicurare una protezione migliore alle imprese, specialmente - per quanto concerne le PMI - in rapporto alla pratica che consiste nella proposta alle imprese, non desiderata né sollecitata, di inserimento o aggiornamento di dati in un annuario, apparentemente a titolo gratuito, per poi in seguito addebitare tariffe annuali non negoziate né precedentemente accettate.

2.4

La Commissione, dopo aver condotto una consultazione pubblica, annuncia l'intenzione di rafforzare la direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, vietando esplicitamente pratiche quali l'occultamento dello scopo commerciale in una comunicazione pubblicitaria e, al tempo stesso, rafforzando l'applicazione delle norme nelle situazioni transfrontaliere.

2.5

La Comunicazione cita inoltre:

a)

l'inesistenza di campagne d'informazione adeguate in rapporto a queste pratiche;

b)

la mancata conoscenza dei meccanismi adeguati per risolvere le controversie, meccanismi che sono poco efficaci, lenti e costosi, e non garantiscono un risarcimento adeguato e proporzionato ai danni provocati;

c)

l'assenza di una rete centralizzata di cooperazione tra le autorità amministrative che monitori le denunce dei professionisti.

2.6

Per la Commissione, i danni finanziari causati da questo tipo di comportamento variano tra i 1 000 e i 5 000 euro l'anno per ogni impresa colpita.

3.   Osservazioni sul contenuto della comunicazione

3.1   Aspetti sostanziali

3.1.1

Come già affermato in un parere precedente, il CESE riconosce alle comunicazioni commerciali in generale e alla pubblicità in particolare, in tutte le sue forme, una funzione di grande importanza sociale ed economica, ben sintetizzata dalla International Advertising Association (IAA); si mette in particolare in evidenza la funzione di diffusione dell'innovazione, di stimolo alla creatività e all'intrattenimento, d'incentivo alla concorrenza e di aumento delle possibilità di scelta (1).

3.1.1.1

Tuttavia, anche se è vero che alcune imprese di pubblicità commettono abusi nel modo in cui reclamizzano i loro prodotti e tentano di procacciarsi i clienti, sarebbe importante che la Commissione evidenziasse che, sebbene molte denunce di pratiche ingannevoli siano associate a imprese che esercitano questa attività, ciò non significa, anche nel caso specifico della compilazione di annuari, che non si tratta di un'attività legittima ed essenziale alla vita economica delle imprese che utilizzano questi annuari per pubblicizzare la loro attività.

3.1.2

Il CESE riconosce che la comunicazione in esame è pertinente e giunge in un momento opportuno, sebbene sia fondamentalmente incentrata sui problemi legati al procacciamento di clienti per gli annuari delle imprese.

3.1.3

Rileva la corretta intenzione della Commissione nell'evidenziare il carattere transfrontaliero di questo problema e nel voler garantire non solo una regolamentazione adeguata, ma anche un'efficace applicazione della stessa e la possibilità di monitorare, controllare e sanzionare con decisione le pratiche.

3.1.4

Si rammarica che la comunicazione non sia stata preceduta da un'autentica valutazione d'impatto che permettesse di giustificare, in modo più decisivo, le opzioni proposte, i cui costi e benefici non sono peraltro chiaramente precisati e valutati.

3.1.4.1

Inoltre la valutazione d'impatto preannunciata dalla Commissione nella riunione con le parti interessate del 1o marzo 2013 appare tardiva e, sebbene non se ne conosca ancora la portata e l'oggetto integrale, non sembra sufficientemente decisiva per una scelta ponderata.

3.1.5

A ciò si aggiunge il fatto che, non solo da un punto di vista di pura ermeneutica giuridica, ma anche nella prospettiva di una maggiore efficacia e di un'effettiva protezione delle imprese, il CESE nutre dubbi circa la possibilità di inquadrare correttamente il caso che è al centro delle preoccupazioni della Commissione nel campo di applicazione della direttiva che essa intende rivedere.

3.1.5.1

In effetti, la pratica esaminata, essendo una comunicazione commerciale in senso lato, non è un'attività pubblicitaria, ma si configura piuttosto come una pratica aggressiva e fraudolenta di vendita, da collocare anzi in un contesto più ampio di pratiche commerciali sleali o abusive che rientrano persino nel campo del diritto penale.

3.1.5.2

Infatti il concetto di pubblicità esclude dalla sua portata qualsiasi tipo di comunicazione in cui non esista, o da cui non si inferisca, la finalità di promuovere determinati beni o servizi, o anche le comunicazioni che avvengano nel quadro di una relazione commerciale e che non puntino a fornire nuovi beni o servizi.

3.1.5.3

Inoltre, alla luce della direttiva 2005/29/CE, per pratica ingannevole si intende una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta riguardo a uno o più elementi e, in ogni caso, lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Ciò significa che la definizione di pratica ingannevole non è limitata alla promozione di prodotti, in quanto può comprendere situazioni in cui non si inferisce la finalità di promuovere un prodotto oppure comunicazioni che intervengono nel quadro di una relazione commerciale.

3.1.6

D'altro canto, nel Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa (2), la Commissione mette correttamente in guardia contro la possibile conflittualità e sovrapposizione di una pluralità di azioni dell'UE, con gli stessi destinatari e con regimi simili ma non coordinati, generatrici di una maggiore confusione a livello di recepimento degli atti giuridici da parte degli Stati membri (3).

3.1.7

Il CESE si rammarica che la Commissione europea non abbia sinora aperto una discussione sulle varie opzioni possibili non sottoponendole neanche ad una consultazione pubblica e preferendo al contrario scegliere un'opzione che potrebbe rivelarsi meno vantaggiosa per le imprese, specialmente per le PMI. Poiché apparentemente la Commissione ha già deciso quale opzione adotterà il prossimo ottobre, come annunciato, la presentazione di una valutazione d'impatto con cinque opzioni appare relativamente inutile, visto che la scelta è già fatta in partenza.

3.1.8

Vista l'evidente urgenza di una presa di posizione immediata sulla questione centrale degli annuari delle imprese, peraltro già evidenziata in precedenti studi e risoluzioni del PE, e considerata la notevole importanza e gravità, sotto il profilo economico, delle suddette pratiche a livello europeo (4), il CESE approva che la Commissione proceda immediatamente a presentare una proposta legislativa incentrata esclusivamente su questo tema, specialmente per prevenire i casi in cui le imprese siano oggetto di un «assedio» permanente a causa della minaccia di un'azione legale in una giurisdizione estera, con costi amministrativi crescenti e telefonate costanti da parte di imprese di recupero crediti che assumono quasi la forma di minacce.

3.1.8.1

Peraltro non soltanto le PMI, ma anche i liberi professionisti, le organizzazioni non governative, le biblioteche, gli istituti d'istruzione privati e persino alcuni servizi dell'amministrazione pubblica che sono stati oggetto di queste pratiche devono eventualmente essere compresi nel campo di applicazione attraverso un'estensione del concetto di «commerciante», in modo da comprendere tutti coloro che possano essere oggetto di queste pratiche e non siano tutelati da altri strumenti legislativi.

3.1.9

Il CESE ritiene tuttavia che l'approccio più coerente sarebbe stato quello di estendere il concetto di pratiche commerciali sleali, sotto forma di azioni ingannevoli e aggressive, oltre che la relativa lista nera della direttiva 2005/29/CE, alle relazioni tra imprese.

3.1.10

L'allargamento del campo di applicazione di questa direttiva avrebbe inoltre come effetto positivo una maggiore garanzia di armonizzazione, evitando l'obbligo per gli Stati membri di creare nuovi strumenti legislativi o atti giuridici per recepire la direttiva, limitandosi quindi a estendere il campo di applicazione dei loro atti interni già esistenti alle pratiche commerciali sleali e garantendo così la corretta applicazione della legislazione dell'UE (5).

3.1.11

D'altro canto, la semplice modifica della direttiva 2006/114/CE nei termini ambigui proposti dalla Commissione non garantirà la protezione delle PMI nelle situazioni indicate dalla comunicazione. Infatti queste pratiche, oltre ad essere azioni aggressive e non ingannevoli ai sensi della direttiva 2005/29/CE, risultano da una relazione commerciale precedentemente stabilita e non possono essere inquadrate nell'ambito della pubblicità.

3.1.12

In quest'ottica e fatto salvo quanto affermato al punto 3.1.8, il CESE reputa che la Commissione debba prendere in considerazione l'adozione, in un prossimo futuro, di un approccio orizzontale, promuovendo una maggiore coerenza nelle regole in materia di diritto della concorrenza e di proprietà intellettuale e industriale, oltre a garantire una protezione uniforme di tutte le pratiche commerciali, sia nel commercio al dettaglio che nella maggior parte delle relazioni contrattuali tra professionisti, secondo il punto di vista della risoluzione del Parlamento europeo su un commercio al dettaglio più efficace e più equo.

3.1.13

Sottolinea inoltre la necessità di un maggiore coordinamento tra la DG Giustizia, la DG Concorrenza, la DG Mercato interno e servizi e la DG Imprese e industria nel quadro delle azioni da intraprendere in questo campo e nelle future proposte politiche e legislative, in linea con le priorità politiche stabilite dallo Small Business Act.

3.1.14

Fatto salvo quanto suindicato e qualora l'opzione della Commissione fosse un'altra, il CESE evidenzia la necessità che il concetto di pratiche commerciali «più dannose» sia definito concretamente e precisato bene nel suo contenuto, per comprendere quali siano le pratiche commerciali che la Commissione ritiene meritino una protezione maggiore rispetto alle altre.

3.1.15

Allo stesso modo, il CESE apprezzerebbe che la Commissione procedesse già a un'indicazione più precisa dell'insieme di situazioni che devono essere incluse nella «lista nera», sulla cui esistenza è totalmente d'accordo, nella misura in cui l'elenco delle pratiche che devono essere considerate in assoluto illegittime sia il più possibile preciso ed esaustivo. Per l'elaborazione di tale elenco la Commissione può trovare materiale sufficiente nelle risposte alla sua indagine e negli interventi delle varie parti interessate pronunciati nella riunione del 1o marzo 2013 (6).

3.1.16

Anche in questo caso il CESE apprezzerebbe che la Commissione valutasse la convenienza di elaborare una lista «grigia» di pratiche che sarebbero considerate illegittime, tenuto conto di talune circostanze concrete da decidere caso per caso attraverso l'intervento del giudice.

3.1.17

Analogamente, il CESE è dell'avviso che, oltre alle mere elencazioni, sia necessario rafforzare e chiarire la nozione di pratica di pubblicità ingannevole e quella di pratica di pubblicità comparativa illegittima, in modo da raggiungere un trattamento sistematico all'interno di un quadro giuridico ampio, garantendo che le nuove pratiche sleali siano inquadrate nella legislazione riveduta.

3.1.18

Fatto salvo quanto affermato al punto 3.1.8, il CESE è dell'avviso che il quadro giuridico della direttiva 2005/29/CE debba essere opportunamente ampliato, specialmente per quel che riguarda l'applicazione per analogia o estensione - difesa dal CESE - della protezione esistente per i consumatori a certe micro e piccole imprese, qualora la loro situazione fosse equiparabile e a condizioni che dovranno essere definite con precisione e rigore come già avviene nell'ordinamento giuridico di alcuni Stati membri ed è giustamente rivendicato dalle associazioni e organizzazioni rappresentative delle suddette imprese (7).

3.1.19

Infatti il CESE ritiene che si tratti di due aspetti di una stessa identica realtà e che vi sarebbe tutto l'interesse, sulla base della sua recente valutazione di quella direttiva (8), a rivedere la direttiva 2005/29/CE in modo simultaneo e parallelo alla direttiva 2006/114/CE in esame, a causa della loro interconnessione e complementarità (9).

3.1.20

La natura di queste pratiche e il modo di agire delle imprese che adottano pratiche sleali dimostrano la necessità di un meccanismo giudiziario di azione collettiva in grado di garantire una reazione efficace e una maggior protezione dei professionisti nella risoluzione delle controversie emergenti, non soltanto per far cessare queste pratiche (10) ma anche per garantire un risarcimento adeguato dei danni causati.

3.2   Aspetti formali

3.2.1

Il CESE reputa che la Commissione debba fin d'ora chiarire quale sia la base giuridica su cui intende fondare le misure da prendere, in particolare, se siano soltanto le misure di sostegno alla realizzazione del mercato interno oppure altre.

3.2.2

Allo stesso modo, il CESE è dell'avviso che lo strumento giuridico più adeguato allo scopo sia il regolamento, a garanzia di una maggiore certezza giuridica e di un'armonizzazione più efficace.

4.   Esame della metodologia

4.1

In rapporto al calendario proposto, il CESE accoglie favorevolmente le tappe stabilite dalla Commissione, in particolare, la creazione immediata di una rete di autorità per migliorare l'applicazione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa e per procedere allo scambio di informazioni.

4.2

Accoglie inoltre con favore la creazione di una procedura di cooperazione in materia di applicazione della legislazione, sulla falsariga di quanto previsto nel regolamento n.2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, introducendo così sia obblighi di assistenza reciproca tra gli Stati membri in questa materia che misure di identificazione delle autorità responsabili dell'attuazione della legislazione, ferme restando le opzioni a favore di piattaforme pubblico-private, sull'esempio di quello che avviene nei Paesi Bassi, e l'allargamento alla cooperazione con organizzazioni rappresentative delle parti interessate.

4.3

Propone pertanto, similmente a quanto avviene nel quadro della protezione del consumatore (11) e nella risoluzione delle controversie, la creazione di una rete europea di sostegno alle PMI per la risoluzione delle controversie transfrontaliere, in modo da indirizzare le imprese vittime di frode verso i meccanismi legali più adeguati.

4.4

Ritiene inoltre che vadano promosse azioni di formazione e informazione, oltre che lo scambio di buone pratiche, per tutte le imprese, per metterle in guardia contro i pericoli connessi.

4.5

D'altro canto, tenuto conto del fatto che la maggior parte delle pratiche ingannevoli avviene in un contesto digitale, il CESE ritiene necessario che venga promosso un approccio più deciso e adeguato alla protezione delle PMI, prendendo in considerazione le pratiche adottate dai provider di internet e le relazioni contrattuali derivanti da piattaforme come E-bay o da piattaforme create appositamente per le operazioni commerciali tra professionisti.

4.6

Inoltre la Commissione dovrà tener conto della dimensione internazionale di queste pratiche nell'ambito dei lavori delle sue delegazioni presso l'OCSE (12). L'UE e i suoi Stati membri vengono incoraggiati a discutere con l'OCSE dell'opportunità di estendere alle situazioni B2B (rapporti tra imprese) le linee guida elaborate da quest'ultima per proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali fraudolente oltre confine.

Il CESE propone che Europol istituisca un progetto di ricerca sulle frodi condotte mediante marketing di massa nell'UE: entità dei danni finanziari e numero di vittime; ruolo dei principali operatori transfrontalieri e possibilità di investire i profitti realizzati nel finanziamento di altre attività o iniziative illegali.

4.7

Infine il CESE richiama l'attenzione sulla necessità che la Commissione preveda la dotazione finanziaria indispensabile per la realizzazione delle misure proposte.

4.8

In rapporto ai lavori futuri, il CESE desidera manifestare esplicitamente la propria disponibilità a partecipare ai suddetti lavori, ai quali ritiene di poter contribuire con l'esperienza dei propri membri, rappresentanti della società civile organizzata altamente qualificati dei tre gruppi di interesse che compongono il Comitato.

Bruxelles, 22 maggio 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 6.

(2)  COM(2013) 37 final.

(3)  Si ricordano, tra i possibili esempi, i problemi che si sono registrati in rapporto al recepimento della direttiva 2005/29/CE e riconosciuti dal Parlamento europeo (cfr. State of play of the implementation of the provisions on advertising in the unfair commercial practices legislation, IP/A/IMCO/ST/2010-04, PE 440.288).

(4)  Cfr. i dati forniti dalla Piattaforma Frode Helpdesk dei Paesi Bassi.

(5)  Inoltre il Parlamento europeo aveva già riferito, nella sua Risoluzione sulle pratiche commerciali sleali e la pubblicità ingannevole, di aver osservato con una certa preoccupazione che vari Stati membri avevano disaggregato la lista nera inclusa nell'Allegato I della direttiva 2005/29/CE al momento di recepire questa direttiva, con la conseguenza di generare più confusione per i consumatori e le imprese.

(6)  A titolo di esempio si citano le seguenti:

a)

pratiche avvenute nel quadro di operazioni online in cui le informazioni relative all'operazione non sono state fornite in modo simile a tutti gli interessati, con conseguente discriminazione di alcune parti interessate;

b)

pratiche avvenute nel quadro di aste e vendite online (E-bay). È evidente che in questi contesti talvolta è più vantaggioso registrarsi come consumatore, in quanto tale status permette di godere di un insieme superiore di garanzie;

c)

pratiche che presuppongono la presentazione di prodotti certificati per i quali non si dispone di alcun riconoscimento ufficiale;

d)

pratiche in base alle quali le imprese pretendono di appartenere a un ente pubblico, obbligando il professionista ad aderire a un determinato servizio o ad acquistare un certo prodotto allo scopo di rispettare ipotetiche norme fiscali o di sicurezza;

e)

pratiche che presuppongono l'acquisto di beni su un mercato transfrontaliero in cui l'acquirente viene informato a posteriori che la prestazione di servizi post-vendita potrà essere assicurata soltanto nel paese di origine del prodotto;

f)

pratiche che presuppongono la creazione di siti Internet comparativi che si prefiggono essenzialmente di spingere il professionista ad acquistare un determinato prodotto, presentandolo come il più indicato al suo profilo commerciale. In realtà, in alcuni di questi strumenti comparativi, specialmente nel settore finanziario, non esiste alcuna informazione sulla natura del sito e sul suo modello di finanziamento;

g)

pratiche di pubblicità «occulta» in un contesto digitale, specialmente per mezzo di risposte pubblicate su reti sociali da consumatori/imprese (normalmente, collaboratori di un'impresa che sono da questa ricompensati) affinché i professionisti utilizzino i servizi e/o i prodotti dell'impresa in questione;

h)

pratiche che hanno per oggetto l'utilizzo di analisi comparative che non sono più attuali oppure che neanche esistono;

i)

pratiche che presuppongono il tacito consenso del professionista nell'acquistare un determinato prodotto o nell'aderire a un determinato servizio.

(7)  Questa soluzione corrisponde all'opzione n.5 della valutazione d'impatto in preparazione.

(8)  COM(2013) 138 final del 14 marzo 2013.

(9)  Va segnalato che l'Austria rappresenta un modello di allineamento tra la direttiva 2006/114/CE e la direttiva 2005/29/CE, in quanto nella fase di recepimento il termine «consumatore» è stato sostituito con«oggetto di pratica commerciale», garantendo in questo modo che le norme della direttiva 2005/29/CE fossero applicabili anche alle relazioni tra professionisti (cfr. IP/A/IMCO/ST/2010-04, PE 440.288 citato alla nota n.3).

(10)  Per questo motivo è indispensabile che il futuro strumento legislativo sia accompagnato dall'elenco di cui all'Allegato I della direttiva 2009/22/CE.

(11)  http://ec.europa.eu/consumers/ecc/contact_it.htm

(12)  La dimensione internazionale di queste pratiche è stata posta in evidenza dal Gruppo di lavoro internazionale sulla frode mediante marketing di massa (International Mass-Marketing Fraud Working Group - IMMFWG), una rete indipendente formata da organismi responsabili dell'applicazione della legge, della regolamentazione e della protezione dei consumatori di sette paesi (Australia, Belgio, Canada, Paesi Bassi, Nigeria, Regno Unito e Stati Uniti), e da Europol. Il Gruppo di lavoro si prefigge di facilitare lo scambio - sul piano internazionale - di informazioni e intelligence, coordinare le operazioni transfrontaliere intese a individuare, ostacolare e smantellare le frodi condotte mediante marketing di massa, promuovendo la sensibilizzazione del pubblico e le attività di educazione dei cittadini in merito alle operazioni fraudolente condotte a livello internazionale mediante marketing di massa.

Cfr. Mass-marketing fraud: a threat assessment («La frode mediante marketing di massa: valutazione di una minaccia»), IMMFWG, giugno 2010.


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