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Document 52012IE2407
Opinion of the European Economic and Social Committee on ‘The green economy — Promoting sustainable development in Europe’ (own-initiative opinion)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'economia verde — Promuovere lo sviluppo sostenibile in Europa» (parere d'iniziativa)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'economia verde — Promuovere lo sviluppo sostenibile in Europa» (parere d'iniziativa)
GU C 271 del 19.9.2013, p. 18–22
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
19.9.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 271/18 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L'economia verde — Promuovere lo sviluppo sostenibile in Europa» (parere d'iniziativa)
2013/C 271/03
Relatrice: AGUDO I BATALLER
Correlatore: NARRO
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 novembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
L'economia verde – Promuovere lo sviluppo sostenibile in Europa.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 aprile 2013.
Alla sua 490a sessione plenaria, dei giorni 22 e 23 maggio 2013 (seduta del 23 maggio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 108 voti favorevoli e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che lo sviluppo dell'economia verde inclusiva sia la sfida principale a cui l'Europa sarà posta di fronte nei prossimi anni se vuole continuare a essere una potenza economica a livello mondiale. Nella conferenza Rio+20 l'UE ha puntato sull'economia verde come forma di sviluppo sostenibile ed è giunto il momento che l'UE agisca. A questo fine è necessario un modello di sviluppo economico che dia la priorità agli investimenti pubblici e definisca in modo adeguato gli incentivi per gli investimenti privati nelle infrastrutture e nelle attività di ricerca, sviluppo e innovazione (RSI) «verdi», al duplice scopo di aiutare l'attività produttiva ad uscire rapidamente dall'attuale situazione recessiva e di affrontare da posizioni di punta a livello economico e sociale la transizione verso questa terza rivoluzione industriale. |
1.2 |
Il CESE ritiene che i cambiamenti, profondi e necessari, nei modi di produzione e consumo richiedano quale requisito fondamentale di associare la società civile all'intero processo di transizione verso un'economia verde inclusiva – e di associarla a tutti i livelli, soprattutto a livello settoriale e territoriale (europeo, nazionale e regionale). È necessaria una gestione partecipativa per attenuare al massimo la resistenza e gli effetti negativi che qualsiasi trasformazione implica. Questa partecipazione permetterà di progredire negli aspetti economici, sociali e ambientali in modo sostenibile. |
1.3 |
Il CESE rileva con preoccupazione che negli ultimi anni le politiche di incentivi fiscali «verdi» hanno subito tagli profondi a causa delle politiche di austerità di bilancio, che stanno generando effetti drammatici di contrazione dell'attività economica e di distruzione dell'occupazione. L'FMI ha riconosciuto che i reali effetti di contrazione generati da queste politiche sull'attività produttiva sono stati molto maggiori di quanto stimato finora. |
1.4 |
Il CESE sottolinea che con lo sviluppo dell'economia verde inclusiva le possibilità di creare occupazione aumenteranno. A questo proposito bisogna intendere come posti di lavoro «verdi» non solo quelli connessi ad alcuni dei nuovi settori emergenti, ma anche tutti quelli derivanti dalla «ecologizzazione» dei processi di produzione e dei prodotti in tutti i settori. Una transizione giusta verso un'economia verde richiede politiche attive dell'occupazione che assicurino la creazione di posti di lavoro dignitosi, compresa la formazione professionale e quella permanente per i lavoratori in attività. L'occupazione delle donne e dei giovani in questi settori saranno la chiave di questa crescita. |
1.5 |
Il CESE ritiene che una politica industriale concordata tra le parti sociali sia indispensabile per coordinare gli sforzi nell'innovazione tecnologica e per stimolare i cambiamenti nelle infrastrutture di produzione di molti settori europei interessati dall'introduzione di un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente nell'impiego delle risorse. Ciò richiederà anche un considerevole sforzo d'investimento da parte delle imprese. |
1.6 |
Per il CESE, l'UE deve integrare gli obiettivi della strategia di sviluppo sostenibile in tutte le sue politiche, fondamentalmente nella strategia Europa 2020 e nelle sette iniziative faro. È necessaria la coerenza tra le differenti strategie dell'UE e i commissari devono esprimersi in modo unanime su questo tema. In particolare, la Commissione dovrebbe cogliere l'occasione di una revisione intermedia della strategia Europa 2020 per rafforzarne gli aspetti connessi alla sostenibilità e integrarla pienamente nella Strategia europea per lo sviluppo sostenibile. Sarà necessario definire e utilizzare indicatori che facciano riferimento alla qualità della crescita e ne permettano il monitoraggio e la valutazione. |
1.7 |
Il CESE sottolinea il ruolo importante che il semestre europeo e l'analisi annuale della crescita possono e devono svolgere per garantire il monitoraggio delle politiche di sviluppo sostenibile. Il CESE ritiene necessario eliminare le sovvenzioni dannose per l'ambiente e rivolgere agli Stati membri raccomandazioni specifiche affinché aumentino la tassazione ambientale, oltre che le raccomandazioni in materia di gestione dei rifiuti e delle acque e per il miglioramento del riciclaggio. In questi settori gli Stati membri dovrebbero mostrare un'ambizione e degli obiettivi più vasti. |
1.8 |
Il CESE esprime la propria preoccupazione per il fatto che il quadro finanziario pluriennale dell'Unione per il periodo 2014-2020 presenta una notevole contraddizione: i settori economici con maggiori emissioni di CO2 (il settore abitativo, industriale, dell'energia e dei trasporti) non sono quelli che ricevono un volume maggiore di fondi UE allo scopo di facilitarne il processo di transizione verso un'economia verde. Per questo motivo è indispensabile aumentare in modo consistente i fondi destinati a questi settori e garantirne un'applicazione efficace ed efficiente. |
1.9 |
Il CESE considera particolarmente importante compiere passi avanti nella fiscalità ecologica, compresi gli incentivi fiscali per le imprese che creino fondi per il reinvestimento contro i cambiamenti climatici, purché tali fondi siano gestiti assieme ai lavoratori. |
1.10 |
In rapporto alla politica commerciale dell'UE, il CESE ritiene che, per evitare i rischi di delocalizzazione industriale, occorra considerare l'introduzione di dazi equivalenti alla tassazione sul carbonio per quei paesi che non accettino di sottoscrivere impegni internazionali di riduzione delle emissioni. |
2. Introduzione
2.1 |
Nel 2011 l'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente hanno elaborato relazioni esaurienti sull'economia verde. L'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha avviato il programma Posti di lavoro verdi e uno dei temi principali della conferenza Rio+20 del 2012 è stato L'economia verde nel quadro dello sviluppo sostenibile e dell'eliminazione della povertà. |
2.2 |
Nel 2006 è stata rinnovata la strategia di sviluppo sostenibile dell'UE e nel 2009 è stato lanciato il pacchetto di misure in materia di energia e cambiamenti climatici volto a ridurre del 20 % le emissioni di gas a effetto serra, ad aumentare al 20 % la quota di energie rinnovabili e a migliorare del 20 % l'efficienza energetica entro il 2020 (1). L'UE deve compiere passi avanti nel ridurre ulteriormente le emissioni per il 2025 e il 2030. Nel 2011 la Commissione ha adottato l'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse (2), nonché Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (3), La strategia dell'UE sulla biodiversità fino al 2020 e la Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse (4). |
2.3 |
Il CESE ha sempre sostenuto il concetto di un'economia più verde quale contributo alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile, e che occorra dare la priorità, nel quadro della politica europea e nazionale, alle proposte della società civile per la transizione verso un'economia verde inclusiva, sottolineando in particolare la necessità di una stretta collaborazione tra tutti gli attori sociali. Per tale motivo vari pareri del CESE hanno fatto riferimento a questi diversi aspetti e alle successive proposte della Commissione. Il CESE ha sottolineato che il miglioramento dell'economia verde e della governance non può essere scisso dalla promozione della produzione, dell'occupazione e del consumo sostenibili, né dalla strategia per la parità tra uomini e donne o dal pacchetto di misure dell'UE sui cambiamenti climatici. |
3. L'economia verde
3.1 |
L'economia verde inclusiva deve trovare un equilibrio tra la prosperità economica, una maggiore coesione sociale e una maggiore salvaguardia delle risorse naturali, il cui uso razionale preserva il nostro benessere e quello delle generazioni future. Il suo obiettivo è la dematerializzazione della produzione, ossia separare la crescita economica dall'utilizzo delle risorse naturali e dalla produzione di inquinamento e rifiuti. |
3.2 |
Secondo l'OIL, i posti di lavoro «verdi» riducono l'impatto ambientale di imprese e settori economici fino al raggiungimento di livelli sostenibili, contribuiscono a ridurre il consumo di energia, di materie prime e dell'acqua, a «decarbonizzare» l'economia e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Il concetto di «occupazione verde» è relativamente dinamico, in quanto la linea che separa i posti di lavoro «verdi» da quelli «non verdi» dipende dai processi d'innovazione tecnologica. Pertanto i posti di lavoro verdi non sono soltanto quelli legati ad alcuni dei nuovi settori emergenti, bensì tutti quelli derivanti dalla «ecologizzazione» dei processi di produzione e dei prodotti in tutti i settori. |
3.3 |
Lo sviluppo dell'economia verde è determinato da due fattori principali: uno consiste nelle politiche tese a contrastare i cambiamenti climatici e l'altro è legato alla crescente concorrenza dei paesi emergenti per ottenere risorse che saranno sempre più scarse e costose. |
3.4 |
L'economia verde non rappresenta un mero aggiustamento settoriale tra comparti emergenti e altri più tradizionali (risultante dalla spinta tecnologica verso un'economia a basse emissioni di carbonio). Comprende una modernizzazione compatibile con l'ambiente dei modi di produrre e consumare, per integrare l'obiettivo di aumentare il valore aggiunto delle imprese e la loro sostenibilità ambientale - in termini di risparmio di materiali, di efficienza energetica, di organizzazione del lavoro e anche di rapporti tra i lavoratori e le imprese - nel miglioramento della produttività di tutti i fattori. |
3.5 |
Negli ultimi anni sono diventati evidenti i limiti alla capacità della Terra, dal punto di vista sia delle risorse naturali disponibili per una domanda in crescita che della capacità del pianeta di assorbire i rifiuti e l'inquinamento. |
3.6 |
Non bisogna dimenticare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute: la maggiore frequenza di fenomeni meteorologici estremi, l'aumento dei livelli di ozono e delle particelle in sospensione nell'atmosfera, oltre che della loro tossicità a causa di temperature più elevate, e l'arrivo sul continente europeo di malattie infettive che si credevano debellate. |
3.7 |
Le trasformazioni della struttura di produzione e trasporto dell'energia delle principali economie sviluppate, oltre che di gran parte di quelle emergenti, si concentreranno nei prossimi anni nel passaggio da un'economia ad alte emissioni di carbonio a un altro tipo di economia – a basse emissioni di carbonio – in cui un ruolo significativo nella generazione di energia sarà svolto da fonti energetiche rinnovabili e pulite, vale a dire, quelle che non emettono gas a effetto serra né altri rifiuti pericolosi. |
3.8 |
Questa profonda trasformazione produttiva, che alcuni chiamano la «terza rivoluzione industriale», non sarà neutrale dal punto di vista della competitività internazionale, soprattutto per quei paesi, come la maggior parte degli Stati membri dell'UE, che sono importatori netti di energia e materie prime. Per questo motivo già dal 2009 molti governi dei paesi OCSE hanno varato piani d'incentivazione ambiziosi in cui gli investimenti in infrastrutture e in attività di ricerca, sviluppo e innovazione di tipo «verde» avevano un ruolo fondamentale, al duplice scopo di aiutare l'attività produttiva ad uscire rapidamente dall'attuale situazione recessiva e di affrontare, da posizioni di punta, l'attuale ristrutturazione dei modi di produzione. |
3.9 |
Tuttavia lo sviluppo finanziario di questi piani in molti Stati membri dell'UE ha subito, al pari del bilancio dell'UE, tagli pesanti derivanti, tra gli altri motivi, dalle politiche di austerità di bilancio. L'economista capo dell'FMI ha riconosciuto che gli effetti di contrazione generati da queste politiche sull'attività produttiva sono stati molto maggiori di quanto stimato finora. Secondo uno studio condotto in 28 paesi, da quando è iniziata la crisi nel 2008 il moltiplicatore fiscale oscilla tra lo 0,8 e l'1,7 (5). |
3.10 |
Questo rallentamento della spinta verso un'economia verde può generare problemi enormi per molti Stati membri dell'UE, in quanto attualmente il differenziale tecnologico tra i paesi sviluppati e quelli emergenti è molto più limitato e dinamico. L'Europa nel suo insieme non ha la garanzia di far parte del gruppo di testa delle nazioni sviluppate con economie a basse emissioni di carbonio e ciò nel lungo termine può generare forti tensioni all'interno dell'UE, in quanto verrebbe messa in forse la capacità di continuare a costruire una società più avanzata sul piano economico, più coesa a livello sociale e più sostenibile dal punto di vista ambientale. Bisogna tuttavia sottolineare che l'UE detiene una posizione di punta a livello tecnologico e produttivo in vari settori industriali con evidenti prospettive future. |
3.11 |
Sviluppando l'economia verde con gli investimenti e incentivi necessari, le possibilità di creare occupazione in Europa aumenteranno. Non possiamo dimenticare le attività produttive attuali che formano la base economica degli Stati membri dell'UE. Molti dei posti di lavoro in industrie che attualmente sono considerate molto inquinanti saranno «verdi», nella misura in cui tali industrie affrontino processi che permettano loro di migliorare l'efficienza energetica e il consumo di materie prime, oltre a ridurre l'inquinamento da esse generato. Alcuni esempi: nel settore del trasporto su strada, le imprese che sviluppino e costruiscano veicoli elettrici ed ibridi, nonché veicoli destinati al trasporto pubblico. I settori dell'ingegneria civile rivolti alla costruzione delle linee ferroviarie ad alta velocità, in quanto tali linee implicano un considerevole risparmio energetico per passeggero rispetto all'aereo e al treno convenzionale. Oppure i settori della costruzione rivolta alla ristrutturazione energetica di alloggi che sono molto poco efficienti in termini di consumo energetico. Ciò deve essere realizzato in un quadro di sviluppo e rafforzamento del dialogo e della concertazione sociale, oltre che della contrattazione collettiva, in modo che il risultato finale sia positivo in termini di occupazione (sul piano quantitativo e qualitativo) e di equità (a livello di condizioni lavorative e di salari). Tuttavia solo otto Stati membri dell'UE hanno una definizione ufficiale di «posto di lavoro verde». Ciò porta a stime differenti, frutto di definizioni e metodologie differenti. |
4. La cooperazione della società civile a una transizione giusta verso l'economia verde, in cui l'innovazione tecnologica è un fattore determinante della competitività delle imprese
4.1 |
Una caratteristica assolutamente nuova di questa terza rivoluzione industriale è il grado di sviluppo raggiunto dalle forze produttive, oltre all'enorme sensibilità e pressione della società civile per i temi legati alla sostenibilità e all'ambiente. In Europa il forte sviluppo delle organizzazioni ecologiste, delle associazioni di consumatori, dei sindacati, delle organizzazioni di imprenditori e di altri attori della società civile permette che gli scambi che vengono realizzati generino un'economia al servizio di uno sviluppo più governabile e sostenibile sul piano sociale e ambientale, qualcosa di impensabile nei processi precedenti, in cui il cambiamento tecnologico e produttivo era totalmente determinato dalle decisioni delle micro-imprese. |
4.2 |
Nel Patto globale per l'occupazione, adottato nel giugno 2009, l'OIL pone esplicitamente in evidenza che «il dialogo sociale è un meccanismo prezioso per la progettazione di politiche attente alle priorità nazionali. Il dialogo sociale fornisce una base solida per l'azione comune dei datori di lavoro e dei lavoratori con i governi, volta a superare la crisi e favorire una ripresa sostenibile». Una politica industriale concordata tra le parti sociali è indispensabile per coordinare gli sforzi nell'innovazione tecnologica e stimolare i cambiamenti nelle infrastrutture di produzione di molti settori europei interessati dalla transizione verso un'economia europea a basse emissioni di carbonio e più efficiente nell'impiego delle risorse. |
4.3 |
L'innovazione tecnologica è parte integrante dell'economia verde. Per questo motivo i settori, le imprese e le tecnologie che spingeranno per la «ecologizzazione» dell'economia riceveranno un impulso finanziario, sia pubblico che privato, maggiore in quanto aumenteranno la competitività globale dell'economia europea. In quest'ottica e allo scopo di orientare gli investimenti privati, la Deutsche Bank ha definito i seguenti settori come prioritari in rapporto ai cambiamenti climatici:
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4.4 |
Andrebbe riservata un'attenzione speciale alle difficoltà che le PMI europee incontrano nell'ottenere finanziamenti sufficienti per i necessari investimenti che devono realizzare nell'ecoinnovazione. |
4.5 |
Affinché l'innovazione sia un valore competitivo, il modello di organizzazione imprenditoriale deve tener conto di pratiche che incoraggino il coinvolgimento dei lavoratori. Occorre approfittare del fatto che la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione del lavoro e alla pianificazione dell'impresa rappresenta un evidente fattore di innovazione e permette di ottenere dei guadagni di produttività. Ciò implica una sfida legata alla modernizzazione del sistema dei rapporti di lavoro e della contrattazione collettiva e il loro legame con la gestione dell'impresa. |
4.6 |
La partecipazione dei lavoratori nelle imprese rappresenta uno degli elementi principali nel favorire la posizione di punta dell'Europa in molti settori tecnologici e nel far sì che essa mantenga la sua capacità di esportazione. La questione non può essere considerata soltanto dal punto di vista della ripartizione della ricchezza generata, in quanto la partecipazione dei lavoratori è un elemento determinante nella generazione di ricchezza, come riconosciuto dalle stesse imprese (6). In generale, le difficoltà d'innovazione sono fondamentalmente connesse a strutture organizzative rigide, che concepiscono il lavoratore come un mero strumento. |
5. L'economia verde nelle politiche europee
5.1 |
Alla conferenza Rio+20, l'UE ha appoggiato un'economia verde inclusiva che consentisse di avanzare verso lo sviluppo sostenibile. L'obiettivo della Commissione è promuovere la crescita sostenibile e inclusiva, ponendo l'ecologizzazione dell'economia al centro delle sue attività tese a dare un seguito a Rio+20. Ai fini dell'indispensabile coinvolgimento della società civile in questo processo, i governi devono sviluppare il dialogo sociale. |
5.2 |
Per contribuire all'attuazione della sua iniziativa faro e della Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, nel 2012 la Commissione ha istituito una piattaforma europea sull'efficienza nell'impiego delle risorse (che presenterà una relazione intermedia nel 2013 e una relazione finale nel 2014) che lavora su proposte concrete per la transizione verso un'economia verde nei seguenti campi: «condizioni quadro per gli investimenti in energie rinnovabili», «fissazione di obiettivi e misurazione dei progressi» (in quest'ottica, bisogna costruire un robusto sistema di indicatori che vada al di là del PIL e mostri i risultati di queste politiche nei settori interessati e nell'intera società, ossia, aumento della competitività, miglioramento delle condizioni di lavoro per i lavoratori, tasso di riciclaggio, efficienza nell'impiego dell'energia e delle risorse, percentuale di energie rinnovabili, riduzione dell'inquinamento) ed «economia circolare/ecologizzazione dell'economia». |
5.3 |
È particolarmente importante compiere passi avanti nella tassazione ambientale e nella riduzione degli alti sussidi ai combustibili fossili che esistono in molti Stati membri dell'UE, in quanto i prezzi di molti prodotti e servizi non indicano correttamente il totale dei costi di produzione giacché i costi dell'inquinamento sono esternalizzati. Le politiche di etichettatura ecologica a partecipazione volontaria si sono rivelate insufficienti, specialmente in un contesto di crisi come quello attuale in cui aumenta il numero di consumatori per i quali l'aspetto importante è il prezzo del prodotto, non la sua qualità ambientale. Una politica fiscale ecologica, per ottenere un alto livello di consenso sociale, deve valutare quali sono i suoi effetti sulla capacità competitiva delle imprese e le sue ripercussioni sociali sui cittadini - ciò che si è soliti chiamare «impoverimento energetico» - e sviluppare politiche complementari (industriali, commerciali e di aiuto ai gruppi sociali più svantaggiati) che attenuino tali effetti e ripercussioni. Andrebbero inoltre potenziati gli incentivi fiscali per il reinvestimento dei profitti delle imprese nella riduzione delle emissioni di CO2 attraverso fondi per il reinvestimento contro i cambiamenti climatici e altri impatti ambientali negativi, purché tali fondi siano gestiti assieme ai lavoratori. |
5.4 |
La Commissione ha adottato la sua proposta per il Settimo programma d'azione per l'ambiente (7o PAA), il quale stabilisce il contributo della politica ambientale alla transizione verso un'economia verde. Il 7o PAA dovrà essere adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, mentre il CESE ha già contribuito con l'elaborazione di un parere specifico (7). Tuttavia, il quadro finanziario pluriennale dell'Unione per il 2014-2020 presenta una notevole contraddizione: i settori economici con maggiori emissioni di CO2 (il settore abitativo, industriale, dell'energia e dei trasporti) non sono quelli a cui viene destinato un volume maggiore di fondi UE. |
5.5 |
In rapporto alla politica commerciale dell'UE, bisogna considerare che l'aumento della tassazione sul carbonio dovrebbe spingere a introdurre dazi equivalenti per quei paesi che non accettino di sottoscrivere impegni internazionali di riduzione delle emissioni, allo scopo di ridurre il rischio di delocalizzazione. Un dazio sul carbonio è una restrizione del libero commercio, ma è già stato accettato dalla comunità internazionale in altri casi; il protocollo di Montreal, che è stato creato per protegger lo strato di ozono, contemplava la possibilità di introdurre restrizioni commerciali per rafforzare il rispetto delle relative norme, nella misura in cui il libero scambio non è fine a se stesso, ma un mezzo per generare ricchezza in modo sostenibile. È indubbio che evitare una catastrofe planetaria generata dai cambiamenti climatici sia più importante che mantenere i mercati mondiali aperti a merci la cui produzione comporta notevoli emissioni di gas a effetto serra. |
Bruxelles, 23 maggio 2013
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) Per una sintesi cfr. COM(2011) 21 final, allegato 1 e http://ec.europa.eu/clima/policies/package/index_en.htm
(2) COM(2011) 21 final.
(3) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0112:FIN:IT:PDF
(4) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0571:FIN:IT:PDF
(5) IMF Working Paper13/1. Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers («Errori nelle previsioni di crescita e moltiplicatori fiscali»), preparato da Olivier Blanchard e Daniel Leigh, gennaio 2013.
(6) Progetto EPOC della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
(7) Parere CESE in merito al Settimo programma di azione dell'Unione in materia di ambiente, GU C 161 del 6.6.2013, pagg. 77-81.