EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52005AE0529

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose compreso il finanziamento del terrorismo COM(2004) 448 def.

GU C 267 del 27.10.2005, p. 30–35 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

27.10.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 267/30


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose compreso il finanziamento del terrorismo

COM(2004) 448 def.

(2005/C 267/05)

Il Consiglio, in data 21 ottobre 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 aprile 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore SIMPSON.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 11 maggio 2005, nel corso della 417a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 107 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Sintesi

1.1

La proposta di direttiva in esame è la terza in materia di prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose e fa seguito alla prima del 1991 (91/308/CEE) e alla seconda del 2001 (2001/97/CE).

1.2

La motivazione alla base della nuova proposta di direttiva è duplice: 1) inserire un riferimento specifico al finanziamento del terrorismo, benché nel quadro della precedente direttiva gli Stati membri avessero già deciso che ciò rientrasse nel concetto di reato e 2) tenere conto della revisione delle quaranta raccomandazioni del Gruppo d'azione finanziaria internazionale (GAFI) (1) pubblicata nel giugno del 2003.

2.   Osservazioni generali

2.1

Le principali categorie interessate dagli obblighi derivanti dalla proposta di direttiva sono:

a)

le imprese appartenenti ai settori tenuti a rispettare le disposizioni della direttiva («il settore regolamentato»);

b)

gli utenti dei servizi forniti dal settore regolamentato (ossia i loro clienti);

c)

le persone che segnalano di conoscere o sospettare l'esistenza di operazioni di riciclaggio;

d)

le autorità preposte all'applicazione della legge e le unità di informazione finanziaria (UIF) destinatarie e utilizzatrici delle informazioni riservate contenute nelle segnalazioni di riciclaggio; e

e)

le persone appartenenti a organizzazioni criminali che commettono «reati gravi» (di cui all'articolo 3, paragrafo 7, della proposta di direttiva), se tali reati determinano proventi o comportano l'utilizzo di fondi derivanti da attività criminose.

2.2

La direttiva proposta andrà a sostituire le direttive vigenti che saranno abrogate.

2.3

Rispetto alla prima e alla seconda direttiva, le modifiche principali riguardano:

i.

l'inserimento di un riferimento specifico al finanziamento del terrorismo e di ulteriori precisazioni rispetto ai «reati gravi»;

ii.

l'estensione del campo di applicazione fino a comprendere anche prestatori di servizi a società o trust e altre persone che negoziano beni o prestano servizi per importi consistenti;

iii.

un notevole approfondimento degli aspetti specifici relativi agli obblighi di due diligence nel rapporto con la clientela e alla verifica dell'identità personale compresa la titolarità economica;

iv.

le norme relative alla protezione dei dipendenti che segnalano dei casi sospetti di riciclaggio;

v.

il divieto di informare il cliente dell'avvenuta segnalazione;

vi.

l'obbligo di applicare le norme comunitarie anche alle succursali e alle controllate aventi sede fuori dall'Unione europea.

2.4

La proposta di direttiva consente di raggiungere una maggiore convergenza rispetto a paesi che già applicano, oppure applicheranno, le raccomandazioni del Gruppo d'azione finanziaria internazionale (GAFI) dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

2.5

Il consolidamento nella nuova direttiva delle norme contenute nella prima e seconda direttiva contribuisce inoltre alla chiarezza della proposta.

2.6

La terza direttiva ricalca tuttavia molto da vicino la seconda, la quale aveva consistentemente esteso il campo di applicazione delle norme antiriciclaggio e la gamma dei settori interessati. Vi è stato solo poco tempo per valutare l'impatto della direttiva del 2001 e il Comitato osserva che finora non è stato ancora condotto nessuno studio approfondito sull'efficacia del regime esistente, né sulla sua proporzionalità, né si è stabilito se l'investimento richiesto ai governi sia commisurato a quello imposto al settore regolamentato.

2.7

Il Comitato accoglie con favore le misure che renderanno più difficile il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. A sostegno dell'applicazione di misure preventive in tutta Europa, il Comitato riconosce che i riciclatori di denaro cercheranno di sfruttare le debolezze dei sistemi di monitoraggio e che i capitali verranno trasferiti verso i punti più deboli del sistema di supervisione. Per questa ragione gli Stati membri devono stabilire standard rigorosi in tutta l'Unione europea e incoraggiare anche altri paesi ad adottarli.

2.8

Il presente parere presenta delle osservazioni più dettagliate su taluni aspetti specifici della proposta di direttiva.

3.   Osservazioni su ambiti specifici oggetto di importanti modifiche

3.1   Terrorismo e reati gravi

3.1.1

Il Comitato economico e sociale europeo approva l'inserimento del finanziamento di attività terroristiche nel campo di applicazione della direttiva.

3.1.2

Quanto alla definizione di reati gravi e di riciclaggio, un ulteriore chiarimento a proposito consentirebbe ai soggetti interessati di comprendere meglio il preciso intento della direttiva e favorirebbe quindi un'applicazione coerente ed efficace della legge.

3.1.3

È importante fare chiarezza quanto al grado di conoscenza del diritto penale attualmente richiesto agli operatori del settore regolamentato, la maggior parte dei quali ha scarsa dimestichezza o non ha alcuna dimestichezza in materia. L'articolo 3, paragrafo 7, della proposta di direttiva contiene una definizione dettagliata di «reati gravi», che il Comitato raccomanda però di precisare affinché risulti chiaro che, nel decidere se procedere o meno a una segnalazione di riciclaggio, un operatore del settore regolamentato è tenuto ad applicare soltanto le conoscenze e le competenze in materia di diritto penale che ci si aspetta che abbia una persona che svolge tale funzione. Una mancata precisazione in tal senso finirebbe infatti per generare un onere sproporzionato a carico del settore regolamentato (sia in termini di formazione dei dipendenti che in termini di controllo del loro operato), con tutti i relativi rischi di aumento di costi e di fastidi per i clienti. Potrebbe anche comportare rischi inutili per le persone che lavorano nel settore regolamentato.

3.1.4

Il concetto di «reato grave» (definito in modo da coprire «almeno» le attività di cui all'articolo 3, paragrafo 7) sembra da considerarsi come uno standard minimo. L'applicazione delle direttive esistenti indica che finora gli Stati membri hanno adottato criteri diversi, con la conseguenza che i regimi comprendono nel campo di applicazione qualsiasi illecito oppure vi fanno rientrare solo i reati gravi.

3.1.5

Bisognerebbe valutare l'opportunità di limitare la discrezionalità degli Stati membri in merito, per favorire un'applicazione omogenea delle norme antiriciclaggio e quindi creare parità di condizioni per il settore regolamentato in tutta l'Unione europea. Nel caso in cui gli Stati membri intendano estendere il campo di applicazione della proposta di direttiva, il Comitato raccomanda di prendere in considerazione un regime in cui viga l'obbligo di segnalazione solo per i reati gravi (standard minimo), ma sia prevista la possibilità di effettuare segnalazioni su base volontaria per altri illeciti, concedendo anche in questi casi la stessa tutela di legge prevista per le segnalazioni obbligatorie.

3.1.6

Un sistema che obblighi a segnalare «qualsiasi illecito» rischia, in particolare qualora comporti l'obbligo di procedere a segnalazioni extraterritoriali, di assorbire preziose risorse del settore privato e delle autorità preposte all'applicazione della legge senza trarne alcun valido risultato. La necessità, emersa nel Regno Unito, di sviluppare un sistema di segnalazione detto «limited intelligence value report» (ovvero segnalazione a valore limitato in termini di informazioni), allo scopo di ridurre al minimo gli sforzi — sia del settore regolamentato che delle autorità preposte all'applicazione della legge — in materia di trattamento delle operazioni di nessuno o scarso interesse per l'applicazione della legge (e i casi già segnalati all'autorità competente), illustra chiaramente alcune delle pecche di un sistema che obbliga a segnalare «qualsiasi illecito».

3.1.7

Il Comitato ritiene che l'importo minimo fisso di cui all'articolo 6, lettera b) (15 000 EUR) sia ragionevole, considerato che tale limite può essere raggiunto mediante una o più transazioni che sembrano in qualche modo interconnesse.

3.1.8

Un ulteriore chiarimento utile a favorire la coerenza consisterebbe nell'esplicitare che la definizione di riciclaggio di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c) della seconda direttiva (ripresa nell'articolo 1, paragrafo 2, lettera c) dell'attuale proposta di direttiva) comprende anche il possesso dei proventi di un proprio reato penale, senza che sia necessaria nessun'altra transazione.

3.1.9

L'articolo 2, paragrafo 1, punto 3, lettera b) stabilisce cinque categorie di operazioni effettuate da liberi professionisti legali ai quali si applicherebbe la direttiva. Il Comitato raccomanda di aggiungere una sesta categoria: vi) la consulenza fiscale.

3.2   Prestatori di servizi a società o trust e altre persone che negoziano beni o che prestano servizi per importi consistenti

3.2.1

L'articolo 3, paragrafo 9, definisce i «prestatori di servizi a società o trust», mentre l'articolo 2, paragrafo 1, punto 3, lettera f) definisce «altre persone che negoziano beni o che prestano servizi» per importi consistenti. Il Comitato accoglie con favore i chiarimenti apportati alle definizioni e in particolare l'inserimento dei «servizi» nell'articolo 2, paragrafo 1, punto 3, lettera f). Si può riciclare denaro sia manipolando transazioni di notevole entità effettuate in contanti e riguardanti servizi sia manipolando transazioni di notevole entità effettuate in contanti e riguardanti invece dei beni.

3.3   Obblighi di due diligence nel rapporto con la clientela e verifica dell'identità (compresa la titolarità economica)

3.3.1

Gli articoli riguardanti questi aspetti devono essere formulati in modo chiaro ed essere applicabili in un sistema basato sulla valutazione del rischio. L'assolvimento di questi obblighi della normativa antiriciclaggio genera infatti una fetta consistente dei costi di adempimento, oltre ad avere anche un impatto diretto sulla clientela.

3.3.2   Definizione di titolare economico

3.3.2.1

L'articolo 3, paragrafo 8, precisa che il titolare economico è la persona fisica che, in ultima analisi, possieda o controlli, direttamente o indirettamente, almeno il 10 % delle azioni o dei diritti di voto di una persona giuridica o del patrimonio di una fondazione, di un trust o di un istituto giuridico simile, o che eserciti altrimenti un'influenza comparabile, per esempio sulla direzione di una persona giuridica. Il Comitato ritiene che si tratti di una soglia troppo bassa, se la si considera insieme all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b) e al riferimento alle procedure basate sulla valutazione del rischio di cui all'articolo 7, paragrafo 2.

3.3.2.2

La proposta di direttiva dovrebbe far riferimento ai principi relativi agli obblighi di identificazione e stabilire l'obbligo, per gli Stati membri, di fornire orientamenti, direttamente oppure attraverso gli organi di rappresentanza professionale, su un sistema di identificazione basato sulla valutazione del rischio, che consenta diversi livelli di identificazione dei detentori della titolarità economica a seconda delle circostanze.

3.3.2.3

Pur comprendendo le motivazioni a sostegno di norme molto severe, nella pratica la loro applicazione generalizzata, a prescindere dai livelli di rischio, finisce per penalizzare la clientela «pulita», in quanto comporta più lavoro e costi aggiuntivi, oltre alla potenziale perdita del segreto commerciale sulle transazioni previste, senza avere nessuna incidenza — o quasi — sulle attività illecite.

3.3.2.4

Il Comitato raccomanda di fissare al 25 % la soglia minima richiesta per identificare la proprietà o il controllo da parte di un individuo o di un gruppo di investitori che opera «di concerto».

3.3.3   Persone politicamente esposte

3.3.3.1

Il Comitato ritiene che la definizione proposta di «persone politicamente esposte» di cui all'articolo 3, paragrafo 10, sia inutilmente ed eccessivamente ampia e raccomanda di modificarla introducendo dopo il termine «persone fisiche» la frase «che non sono cittadini dell'UE». All'interno dell'Unione europea le persone politicamente esposte (seppure non necessariamente immuni dalle tentazioni di corruzione) sono soggette a controlli democratici garantiti che rendono superflui gli obblighi di due diligence rafforzati previsti dall'articolo 11, paragrafo 1.

3.3.4   Obblighi di due diligence nel rapporto con la clientela e verifica dell'identità

3.3.4.1

Gli «obblighi di due diligence nel rapporto con la clientela» costituiscono una parte della proposta di direttiva in cui è necessaria una definizione più precisa dei termini utilizzati per rendere il testo più chiaro. Termini quali «due diligence», «controllo» e «verifica» possono lasciare spazio a interpretazioni divergenti nei vari segmenti del settore regolamentato e nei diversi Stati membri, e dovrebbero quindi essere definiti con maggiore precisione per garantire omogeneità interpretativa.

3.3.4.2

In materia di identificazione, il Comitato raccomanda di imporre agli Stati membri l'obbligo di fornire orientamenti chiari fondati sulla valutazione del rischio nei rispettivi territori.

3.3.4.3

L'articolo 6, lettera c) impone l'applicazione delle procedure di due diligence nei confronti del cliente laddove sussista sospetto di riciclaggio, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile. Ciò può rivelarsi impraticabile, in quanto l'avvio di queste procedure sulla base di sospetti rischia di mettere in allerta i soggetti interessati. Il disposto dell'articolo 6, lettera c) andrebbe precisato in modo da chiarire che queste procedure vanno effettuate soltanto nella misura in cui non attirino l'attenzione delle parti sospettate.

3.3.4.4

Rispetto alle procedure semplificate di due diligence nel rapporto con la clientela di cui all'articolo 10, paragrafo 3, lettera c), il Comitato raccomanda di modificare l'ultima parte aggiungendovi le parole qui riportate in corsivo: «i regimi di pensione, o sistemi simili che versino prestazioni di pensione ai dipendenti, per i quali i contributi siano versati tramite deduzione dal salario e/o dai datori di lavoro …».

3.3.4.4.1

L'articolo 11, paragrafo 2, propone di vietare agli enti creditizi di aprire o mantenere conti di corrispondenza con una banca che permetta ad una banca di comodo di utilizzare i propri conti. Può non essere sempre facile per un istituto di credito scoprire se una banca con cui si intendono aprire conti di corrispondenza si comporti in tal modo. Dovrebbe risultare chiaro che ci si aspetta solo che gli istituti di credito prendano precauzioni ragionevoli rispetto alle banche con cui hanno rapporti per verificare la politica di queste ultime nei confronti delle banche di comodo.

3.3.4.5

Nell'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), in riferimento alle prove documentali non occorre specificare che si tratta di prove «supplementari»; l'aggettivo potrebbe essere soppresso.

3.3.4.6

L'articolo 12 consente di ricorrere a terzi per ottemperare agli obblighi di due diligence, ma specifica che la responsabilità finale continua a spettare agli enti e alle persone che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. Il Comitato raccomanda di sopprimere l'ultima parte dell'articolo 12 che recita «In caso di ricorso a terzi, la responsabilità finale continua tuttavia a spettare agli enti e alle persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva» e di sostituirla con il principio di cui al considerando 20 di pagina 12 della proposta di direttiva (evitare il ripetersi delle stesse procedure di identificazione fidandosi delle procedure eseguite da terzi del settore regolamentato). Se non si consente di fidarsi delle procedure eseguite da terzi, una volta accertatane opportunamente la buona fede, questa disposizione non eviterà il ripetersi delle stesse procedure.

3.3.4.7

L'articolo 13, paragrafo 2, relativo alla comunicazione dei sospetti potrebbe essere utilmente esteso per includere una frase supplementare del seguente tenore: «La Commissione dovrebbe indagare su tali segnalazioni e informare gli Stati membri sulle conclusioni raggiunte».

3.3.4.8

Al fine di fugare i dubbi sulla compatibilità fra le norme dell'articolo 14 e la legislazione sulla privacy di taluni Stati membri, occorrerebbe sopprimere il termine «immediatamente» dall'articolo 14 e consentire ai terzi di chiedere il consenso delle persone di cui divulgano le informazioni. Il termine «immediatamente» potrebbe essere sostituito dal termine «prontamente».

3.4   Divieto di comunicazione

3.4.1

Il Comitato raccomanda di precisare il significato del termine «divieto» relativamente alla prima parte dell'articolo 25. In alcuni Stati membri il personale del settore regolamentato è tenuto a effettuare segnalazioni ad alcune autorità di regolamentazione, a settori della magistratura e all'unità di informazione finanziaria (UIF) e anche nella pratica le attività antiriciclaggio possono risultare agevolate da attenti scambi di informazioni fra parti non coinvolte nel riciclaggio. Al fine di consentire queste forme positive di comunicazione, si raccomanda di modificare l'articolo in questione per esplicitare che la comunicazione è vietata solo quando possa mettere in allerta un sospettato oppure pregiudicare un'indagine sul riciclaggio di proventi illeciti.

3.5   Condizioni di equa concorrenza per le imprese ubicate nei paesi terzi

3.5.1

Il considerando 23 di pagina 13 e l'articolo 27 della proposta prevedono che gli enti creditizi e finanziari della Comunità applichino lo standard comunitario alle succursali e controllate a maggioranza nei paesi terzi, qualora la legislazione del paese terzo in materia di riciclaggio dei capitali e finanziamento del terrorismo sia ritenuta carente.

3.5.2

Il Comitato teme che l'applicazione di queste norme possa impedire alle succursali e alle sussidiarie controllate a maggioranza degli istituti creditizi e finanziari della Comunità di essere competitive e operare con efficienza in paesi in cui le norme sul riciclaggio dei capitali non sono comparabili a quelle dell'Unione europea. Si dovrebbe pertanto incoraggiare l'applicazione di standard comunitari o simili nei paesi terzi, ma potrebbe essere prematuro imporla come obbligo assoluto. Sarebbe preferibile se, in queste situazioni, gli istituti di credito informassero le autorità competenti degli altri paesi, in modo da consentire loro di ricevere assistenza per migliorare i loro controlli relativi al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo.

3.5.3

Sarebbe più opportuno che l'UE rafforzasse l'applicazione di standard soddisfacenti e pertinenti riconosciuti a livello mondiale sostituendo i riferimenti all'applicazione delle norme europee con riferimenti all'applicazione delle 40 raccomandazioni del GAFI. Ciò eviterebbe che si possa pensare che l'UE stia cercando di far applicare le sue norme con effetto extraterritoriale, mentre esistono standard mondiali con un'efficacia in larga misura equivalente.

3.6   Protezione del personale dipendente

3.6.1

Il Comitato plaude all'inserimento di questa protezione nell'articolo 24 e insiste affinché la Commissione la estenda ulteriormente per includere un riferimento ai processi giudiziari e al ruolo delle forze di polizia nel fornire tale protezione. La chiarezza sulla protezione della riservatezza della fonte della segnalazione di riciclaggio è determinante ai fini di un funzionamento integrale e privo di intoppi del sistema di segnalazione. L'articolo 24 non dovrebbe coprire soltanto i dipendenti ma anche le loro organizzazioni e dovrebbe inoltre indicare esplicitamente l'obbligo degli Stati membri di mantenere confidenziale, nella misura massima consentita dalla legislazione penale e civile dello Stato membro, l'identità di chi effettua la segnalazione. La direttiva dovrebbe prevedere esplicitamente l'obbligo di mantenere strettamente riservata l'identità di quanti segnalano i loro sospetti di riciclaggio, a meno che tali persone abbiano acconsentito a divulgare la propria identità o che ciò sia essenziale per garantire un processo giudiziario equo nel quadro di un procedimento penale.

3.6.2

L'articolo 24 dovrebbe essere modificato per garantire che le disposizioni relative alla protezione siano estese ai liberi professionisti e alle piccole imprese.

3.7   Altre osservazioni

3.7.1   Applicazione settoriale della direttiva proposta

3.7.1.1

Se non definito diversamente, tutti gli obblighi derivanti dal sistema previsto dalla proposta di direttiva sono applicabili a tutti gli enti e a tutte alle persone di cui all'articolo 2. Data la grande varietà del settore regolamentato, occorre tenere presente la situazione degli enti o delle categorie professionali le cui attività sono coperte solo in parte dalla proposta di direttiva, dato che necessitano chiarimenti circa le modalità con cui essi sono tenuti ad applicare le disposizioni solo a determinate parti delle loro attività e non ad altre.

3.7.1.2

Non è chiaro perché l'articolo 2, nel caso di notai e di altri professionisti legali, limiti l'applicabilità della proposta di direttiva ai soli casi in cui essi eseguono determinate operazioni, mentre nel caso di altre libere professioni, che devono rispettare standard etici e di competenza altrettanto elevati, la proposta si applichi a tutti i loro servizi. Il Comitato è consapevole che in alcuni Stati membri determinate attività sono riservate ai notai e ad altri liberi professionisti legali (solitamente quelle collegate al loro ruolo di consulenti in procedimenti giuridici formali) e che in tali settori si possa operare una valida distinzione fra i professionisti legali e i membri di altre libere professioni e che pertanto esiste un motivo per escluderli dal campo di applicazione della direttiva; il Comitato ritiene tuttavia che essi dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva in tutti i casi in cui le attività che svolgono non siano riservate ai professionisti legali e i servizi in questione rientrerebbero nel campo di applicazione della direttiva se svolti da qualsiasi altro studio di professionisti adeguatamente regolamentato.

3.7.2   Obblighi di informazione

3.7.2.1

L'articolo 17 impone agli enti e alle persone rientranti nel campo di applicazione della proposta di direttiva di «esaminare con particolare attenzione qualsiasi attività atta ad avere una connessione con il riciclaggio» di proventi illeciti.

3.7.2.2

Tale norma potrebbe tradursi in un notevole aggravio procedurale per gli enti e le persone interessate dalla proposta di direttiva e quindi anche aumentare il rischio che una persona oggetto di tale esame venga messa in allerta dall'avvio di procedure particolari.

3.7.2.3

Il Comitato ritiene che non si dovrebbe chiedere al settore regolamentato di procedere a indagini nel senso che appare indicato dall'articolo 17, bensì di essere consapevole della necessità di nutrire sospetti a partire dalle informazioni ricevute nell'ambito della normale attività lavorativa, e di segnalare dette informazioni alle autorità preposte all'applicazione della legge affinché procedano alle indagini del caso.

3.7.3   Facoltà degli Stati membri di emanare norme più severe

3.7.3.1

L'articolo 4 consente agli Stati membri di adottare o mantenere in vigore norme più severe di quelle contemplate dalla proposta di direttiva.

3.7.3.2

Le differenze materiali nella severità delle norme fra Stati membri possono pregiudicare il principio del mercato unico, alterare l'equità della concorrenza e incoraggiare la criminalità a spostare le proprie attività di riciclaggio verso gli Stati membri più permissivi.

3.7.3.3

Il Comitato raccomanda che la norma volta a consentire differenze a livello locale sia limitata agli ambiti in cui tali differenze (qualora introdotte dagli Stati membri su base obbligatoria e non volontaria) si rendano necessarie per tenere conto di determinate circostanze locali.

3.7.4   Osservazioni su alcuni articoli specifici

3.7.4.1

Il Comitato approva il fatto che gli Stati membri siano tenuti a garantire un feedback (articolo 31, paragrafo 3) e raccomanda che ciò rientri nelle specifiche competenze dell'UIF. Il feedback è utile in quanto favorisce una maggiore e più efficace applicazione futura della legislazione.

3.7.4.2

L'articolo 19, paragrafo 1, lettera b) impone agli enti e alle persone che rientrano nel campo di applicazione della direttiva di fornire all'Unità di informazione finanziaria tutte le informazioni necessarie in conformità con la normativa vigente. Il Comitato richiama l'attenzione sul fatto che l'interpretazione dei termini «tutte le informazioni necessarie» da parte delle autorità preposte all'applicazione della legge potrebbe essere molto estensiva e che quindi il settore regolamentato potrebbe avere difficoltà ad adempiere a questo obbligo. Il Comitato raccomanda di sostituire i termini «tutte le informazioni necessarie» con una formulazione che consenta agli Stati membri di precisare con i rispettivi settori regolamentati quali informazioni supplementari si possono richiedere, senza che ciò diventi inutilmente oneroso, e quali precauzioni prendere per garantire che le unità di informazione finanziaria (UIF) non vadano al di là di quanto previsto.

3.7.4.3

L'articolo 20, paragrafo 2, dovrebbe stabilire che i sospetti emersi nel corso della prestazione di un servizio di consulenza legale (da parte di notai, consulenti legali indipendenti, revisori dei conti, contabili esterni e consulenti tributari) non siano soggetti all'obbligo di informazione. L'attuale formulazione del paragrafo è più restrittiva in quanto indica che l'esenzione può essere limitata alla sola consulenza prestata in sede di esame della posizione giuridica di un cliente prima di un procedimento legale. Si tratterebbe di una restrizione ingiustificabile al diritto fondamentale del cliente alla riservatezza della consulenza legale.

3.7.4.4

Il disposto dell'articolo 23 della proposta di direttiva, secondo cui la comunicazione non costituisce violazione di eventuali restrizioni alla divulgazione di informazioni, omette di precisare che, per godere di tale protezione, la comunicazione deve essere fatta in «buona fede», come invece prevedeva la seconda direttiva. È opportuno reinserire questa precisazione per evidenziare che, per poter usufruire della tutela di legge necessariamente ampia, il settore regolamentato deve agire con senso di responsabilità e in buona fede. Una diversa formulazione rischia di provocare distorsioni rispetto all'equilibrio dei diritti delle persone e al loro accesso alla giustizia.

4.   Conclusioni

4.1

Pur approvando il duplice obiettivo di garantire, da un lato, la completa applicazione da parte dell'UE di standard mondiali, definiti nelle 40 raccomandazioni del GAFI e, dall'altro, la chiara inclusione nel campo di applicazione della direttiva del finanziamento del terrorismo, il Comitato si rammarica che questa terza direttiva sul riciclaggio dei proventi di attività criminose sia stata elaborata prima di avere avuto l'opportunità di valutare appieno i meriti della seconda direttiva adottata nel 2001. È forse un po' prematuro elaborare una terza direttiva dopo così poco tempo dalla seconda direttiva e senza un significativo periodo di riflessione che consenta di trarre delle lezioni dall'applicazione della seconda direttiva.

4.1.1

Per giustificare l'elaborazione di una terza direttiva in questo momento, è essenziale che essa venga utilizzata anche per apportare miglioramenti rispetto alla seconda direttiva e alla sua attuazione in altri modi. In particolare prendiamo atto con soddisfazione dell'inserimento nel testo di disposizioni intese a:

rimuovere determinati aspetti inutilmente onerosi della seconda direttiva, dovuti al fatto che agli obblighi imposti non corrispondono benefici equivalenti in termini di applicazione della legge e di lotta contro la criminalità,

ridurre le incoerenze negli obblighi e nelle pratiche anti-riciclaggio di denaro sia all'interno dell'UE (fra Stati membri e fra diverse parti del settore regolamentato o altri settori vulnerabili in materia di riciclaggio di capitali) sia fra l'UE e i paesi terzi (ciò implica necessariamente una riduzione della facoltà che la direttiva lascia agli Stati membri di apportare variazioni a loro discrezione) e

introdurre una protezione più chiara per i dipendenti degli istituti che effettuano le segnalazioni.

4.2

Le proposte avanzate nel presente parere intendono migliorare la direttiva in modi che possano contribuire al conseguimento di questi obiettivi complementari ma non contraddittori. Qualsiasi eventuale ulteriore modifica introdotta nella fase finale dei negoziati sulla direttiva dovrebbe tenere conto di questi principi generali.

4.3

Considerato il breve lasso di tempo intercorso dall'entrata in vigore della seconda direttiva, in molti Stati membri si dovrebbe consentire un periodo piuttosto generoso per l'attuazione della terza direttiva.

4.4

Man mano che si matura una certa esperienza nella gestione delle direttive sulla prevenzione del riciclaggio di proventi di attività criminose compreso il finanziamento del terrorismo, l'Unione europea dovrà prendere in considerazione alcuni collegamenti e sinergie politiche con altri aspetti della deterrenza della criminalità. Il Comitato ha preso nota di proposte nei seguenti ambiti:

confronto della proposta di direttiva con i lavori del Consiglio d'Europa in materia di diritto penale,

chiarimento di misure per la confisca di proventi di attività criminose,

maggiori azioni intese ad aiutare i paesi terzi con problemi di crimine organizzato,

specifici settori vulnerabili quali l'evasione fiscale transfrontaliera.

4.5

Il Comitato accoglie con favore l'ulteriore sviluppo di norme per prevenire il riciclaggio di proventi di attività criminose e il finanziamento del terrorismo, perché ciò simboleggia un'Unione europea che garantisce elevati livelli di probità e di buona condotta nel comportamento pubblico e privato. La direttiva è al tempo stesso un'azione concreta nella gestione degli affari finanziari e un mezzo per rafforzare l'Unione europea.

Bruxelles, 11 maggio 2005

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Il GAFI è un organo intergovernativo che stabilisce norme e sviluppa e promuove politiche per combattere il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo. Sito Internet www.fatf-gafi.org


Top