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Document 52003AE1406

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Bilancio delle esperienze raccolte dal CESE al fine di valutare l'impatto economico, sociale ed occupazionale delle riforme strutturali avviate nell'Unione"

GU C 32 del 5.2.2004, p. 103–113 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52003AE1406

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Bilancio delle esperienze raccolte dal CESE al fine di valutare l'impatto economico, sociale ed occupazionale delle riforme strutturali avviate nell'Unione"

Gazzetta ufficiale n. C 032 del 05/02/2004 pag. 0103 - 0113


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Bilancio delle esperienze raccolte dal CESE al fine di valutare l'impatto economico, sociale ed occupazionale delle riforme strutturali avviate nell'Unione"

(2004/C 32/23)

Il Parlamento europeo, in data 27 marzo 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema di cui sopra.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Vever, in data 16 ottobre 2003.

Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il 30 ottobre 2003, nel corso della 403a sessione plenaria, con 74 voti favorevoli, 27 contrari e 26 astensioni, il seguente parere.

In data 19 marzo 2003, il Parlamento europeo ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di valutare l'impatto economico, sociale ed occupazionale delle riforme strutturali avviate nell'Unione europea. Il Comitato ha invitato omologhi e corrispondenti socioprofessionali dei diversi Stati dell'Unione europea a dare il proprio contributo a detta valutazione. A detto scopo, ed in vista dell'elaborazione del presente parere nonché di un'altra consultazione della Commissione sulla strategia di Lisbona, in data 8 e 10 ottobre 2003 il Comitato ha inoltre organizzato a Bruxelles un convegno dal titolo "Il contributo della società civile organizzata al processo di Lisbona: per un'Unione più partecipativa". Le riflessioni condotte nel corso di tale processo inducono il Comitato a presentare le osservazioni che figurano in appresso.

1. Sintesi

1.1. Il Comitato ribadisce il proprio sostegno alle riforme strutturali avviate nei paesi dell'Unione, specie in seguito al mandato di Lisbona, per rafforzare la competitività dell'Europa e assicurare la sostenibilità del suo modello di sviluppo economico e sociale. Ricorda inoltre il carattere impegnativo della sfida: non si tratta solo di fare meglio di prima, bensì soprattutto di fare meglio degli altri. Il Comitato è preoccupato dal crescente scostamento tra gli obiettivi fissati per le riforme e i tempi di attuazione di molte di queste nonché dal persistente deterioramento della crescita e dell'occupazione in Europa. In mancanza di una netta ripresa, esiste il rischio che questa strategia di riforme degeneri in una sorta di "bolla", con una sovrabbondanza di obiettivi, concetti e Stati partecipanti e con un deficit altrettanto ampio a livello di corresponsabilità, attuazione e impatto.

1.2. Il Comitato sottolinea innanzitutto la necessità di radicare maggiormente la credibilità del mandato di Lisbona tra gli europei e di metter fine alle apprensioni sul suo reale significato e sul suo costo sociale: sarebbe opportuno precisare con maggiore chiarezza che, insieme, possiamo ambire ad essere i primi beneficiari del primo mercato del mondo e che le riforme programmate condizionano l'avvenire del nostro modello europeo di sviluppo in un'economia aperta.

1.3. Il Comitato nutre forti preoccupazioni per l'attuale mancanza di una prospettiva di crescita per gli europei, che complica di parecchio l'attuazione delle riforme alimentando timori e rendendo più fragile la coesione sociale. Condivide la necessità di un'iniziativa europea di crescita, che è stata oggetto di diverse proposte convergenti (presidenza italiana del Consiglio, Commissione, rapporto Sapir, dichiarazione franco-tedesca) ed è stata appoggiata dal Consiglio europeo del 16 e 17 ottobre 2003. Raccomanda quindi di promuovere, attraverso prestiti e partenariati pubblico/privato a scala europea, gli investimenti transnazionali in materia di ricerca e infrastrutture indispensabili per il nostro futuro, senza per ciò stesso allentare la disciplina imposta ai bilanci nazionali dal patto di stabilità.

1.4. Il Comitato deplora in particolare la mancanza di una politica economica comune in corrispondenza alla creazione dell'euro: sarebbe opportuno porvi tempestivamente rimedio, anche avviando un ravvicinamento ed una semplificazione delle normative fiscali a scala europea. L'integrazione delle linee direttrici per l'occupazione e degli orientamenti di massima della politica economica nell'ambito di un "policy mix" più efficace costituirebbe inoltre un utile passo avanti verso una migliore governance economica e sociale a livello europeo.

1.5. Il Comitato constata che, al momento stesso in cui si amplia, il mercato unico appare ancora lungi dall'esser completato: occorre dunque potenziarne l'identità, la coesione e la sicurezza, specie prevedendo ispezioni comunitarie transnazionali, una gestione comune delle dogane alle frontiere esterne, uno statuto europeo aperto alle PMI o anche l'emergenza, laddove necessario, di servizi di interesse generale su scala europea. Nuove iniziative permangono necessarie per assicurare una migliore qualità e una reale semplificazione della regolamentazione in Europa (rafforzamento delle analisi di impatto, alla quali il Comitato è pronto a dare il proprio contributo, e maggiore autoregolamentazione socioprofessionale).

1.6. Il Comitato è inoltre preoccupato per i ritardi dell'Unione nel settore della ricerca, proprio quando l'obiettivo di competitività di Lisbona si fonda sull'economia della conoscenza. Bisognerebbe in particolare rivalorizzare la dotazione finanziaria del programma quadro di ricerca per metterlo in grado di raggiungere una vera soglia di efficacia, concentrandosi allo stesso tempo su programmi tecnologici veramente europei. Una migliore convergenza delle politiche di difesa nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, che includa una più effettiva apertura reciproca degli appalti pubblici corrispondenti, contribuirebbe ampiamente ad appoggiare l'innovazione tecnologica europea.

1.7. Pur sottolineando l'interazione delle diverse riforme strutturali, il Comitato rileva grande disparità di attuazione da un paese all'altro, e ciò in diversi settori: apertura dei mercati, accesso ai finanziamenti, equilibrio delle spese pubbliche, promozione dell'innovazione, adeguamento del mercato del lavoro, modernizzazione della protezione sociale, rafforzamento dell'educazione e della formazione, semplificazione della regolamentazione, consolidamento dello sviluppo sostenibile. Il Comitato constata inoltre che in linea generale le riforme hanno compiuto maggiori progressi negli Stati che hanno rispettato la disciplina del patto di stabilità che non negli altri. Il Comitato sottolinea la necessità di informazioni più precise sulle situazioni nazionali e propone di integrare nel sito Internet Europa una base dati che metta in valore le migliori pratiche riguardanti le riforme nell'ambito della strategia di Lisbona.

1.8. Il Comitato insiste sul ruolo centrale che incombe agli attori della società civile organizzata per assicurare il successo delle riforme e deplora che questa evidenza, esplicitamente menzionata dal mandato di Lisbona, non sia ancora stata sottolineata a sufficienza in tutti gli Stati membri. La preparazione dei vertici di primavera dovrebbe formare oggetto di dibattiti nazionali sistematici con gli ambienti socioeconomici, le parti sociali e gli altri attori della società civile. Le loro iniziative andrebbero maggiormente incoraggiate e meglio valorizzate sia nelle relazioni annuali degli Stati e della Commissione, sia nella base dati raccomandata dal Comitato circa le migliori pratiche in materia di attuazione delle riforme di Lisbona. Dal canto suo, il Comitato intende contribuire direttamente a questa migliore informazione.

1.9. Il Comitato conclude sulla necessità di far sì che le riforme strutturali siano, da un lato, appoggiate da un rilancio della crescita economica, attraverso il completamento del mercato unico e lo sviluppo degli investimenti transeuropei, e dall'altro vengano meglio discusse, meglio comprese e meglio ripartite tra tutti coloro che devono condividerne la responsabilità: esse non devono solo esser portate avanti dai dirigenti politici, ma anche sostenute sul terreno dagli attori economici e sociali. Il Comitato è convinto che questa migliore sinergia tra decisori politici e attori della società civile condizionerà il successo o il fallimento delle riforme strutturali avviate nell'Unione.

2. I processi di riforma strutturale avviati nell'UE

2.1. I diversi processi di riforma strutturale

2.1.1. La vita economica e sociale dà continuamente luogo ad adeguamenti e riforme. Recentemente, sotto la pressione dell'evolversi della società, degli scambi commerciali, dei mutamenti tecnologici, della costruzione europea e della globalizzazione economica, queste riforme si sono tuttavia amplificate. Nel corso dell'ultimo decennio l'UE ha quindi avviato numerose riforme strutturali in campo economico, sociale e occupazionale finalizzate a rilanciare la competitività, rafforzare la crescita economica, dare impulso all'occupazione ed assicurare la sostenibilità di sviluppo e ambiente. Alcune di queste riforme (aperture nell'ambito del mercato unico, creazione dell'euro, ecc.) sono state impostate essenzialmente a livello europeo e prevedono un ruolo centrale per le istituzioni europee; altre, per contro, sono state avviate da determinati Stati a livello strettamente nazionale, in funzione di orientamenti politici autonomi, per iniziativa dei loro poteri pubblici (cfr. la liberalizzazione economica portata avanti nel Regno Unito), o nell'ambito di una intensa concertazione con le parti sociali (cfr. il processo economico e sociale contrattuale di Wassenaar nei Paesi Bassi). Nel corso degli ultimi anni le riforme strutturali si sono estese in tutti gli Stati membri in funzione di orientamenti adottati in comune dai 15 ed attuati in ciascuno di essi. Pur collocandosi nel quadro di obiettivi condivisi, con uno stesso inquadramento comprendente valutazioni periodiche e comparative, queste riforme lasciano a ciascuno Stato membro un ampio margine di libertà di iniziativa e di applicazione, in funzione delle diverse situazioni e dei diversi contesti nazionali. Attorno a queste riforme si sono così sviluppate molteplici interazioni tra i vari livelli di competenze e tra gli Stati membri.

2.1.2. A livello europeo, un processo fondamentale di riforma economica è rappresentato, insieme al Trattato di Maastricht del 1993 e all'introduzione della moneta unica, dal dispositivo del Patto di stabilità, accompagnato dall'adozione annuale dei grandi orientamenti di politica economica. Nel giugno 1998, a Cardiff, i 15 hanno inoltre deciso di attivare le riforme strutturali di adeguamento all'apertura dei mercati di beni, servizi e capitali.

2.1.3. Per quanto riguarda l'occupazione, il trattato di Amsterdam del 1997, pur puntualizzando che tra gli obiettivi del Patto di stabilità figurava anche la crescita (da cui la denominazione ufficiale di "Patto di stabilità e crescita"), ha completato l'adozione dei grandi orientamenti di politica economica con la messa a punto di linee direttrici per l'occupazione, successivamente perfezionate dal processo di Lussemburgo nel novembre 1997. Il vertice di Colonia del giugno 1999 ha, dal canto suo, formulato delle raccomandazioni nel quadro di un patto europeo per l'occupazione.

2.1.4. Con la strategia di Lisbona concordata dai 15 nel marzo 2000 è stato successivamente avviato un vasto lavoro di sintesi dei vari processi di riforma strutturale. Pur perseguendo l'ambizioso obiettivo di raggiungere il primo posto nella competitività mondiale all'orizzonte del 2010, sulla base dei nuovi vantaggi offerti dall'economia della conoscenza, detta strategia prevede il rilancio del mercato unico (specie per quanto riguarda i servizi finanziari, la proprietà intellettuale, la liberalizzazione del settore energetico e delle infrastrutture) e tutta una serie di riforme economiche, sociali ed amministrative negli Stati membri (soprattutto in materia di formazione, ricerca, mercato del lavoro, protezione sociale e semplificazione amministrativa). A distanza di 15 anni, la strategia di Lisbona si colloca nel seguito del programma "1992" che la Commissione "Delors I" aveva lanciato nel 1985 per completare entro detta data il mercato unico europeo, ma anche del Libro bianco su crescita, occupazione e competitività che la Commissione "Delors II" aveva presentato nel 1993 per intensificare l'impatto del programma per il mercato unico.

2.1.5. I 15 hanno completato questo dispositivo di riforme a Göteborg, nel giugno 2001, con l'approvazione di un approccio globale che integrava la presa in considerazione delle esigenze di sviluppo sostenibile in tutte le politiche dell'UE.

2.1.6. Infine, dal 2003 la Commissione ha realizzato il ciclo integrato, deciso dal Consiglio europeo di Barcellona nel marzo 2002, per migliorare l'interazione dei diversi processi di riforma economici, sociali e occupazionali. Tale ciclo ha confermato il ruolo centrale del Vertice di primavera, nonché degli altri vertici trimestrali e degli incontri delle diverse formazioni del Consiglio nel corso dell'anno e allargato a tre anni il termine per l'adeguamento di dette riforme.

2.2. Gli obiettivi delle riforme strutturali

2.2.1. Il principale obiettivo delle riforme consiste nel rafforzare la competitività economica di un'Europa ampiamente aperta sul mondo, consolidandone ed adattandone al tempo stesso il modello sociale, fondato sul dialogo reciproco e su una piattaforma di diritti sociali fondamentali. È proprio la sostenibilità dello sviluppo economico e sociale europeo in un mondo in sempre più rapido mutamento ad imporre queste riforme strutturali che condizionano il futuro.

2.2.2. Concorrenti del sito economico Europa sono oggi tanto i nostri grandi partner industriali di alto livello tecnologico, in particolare Stati Uniti e Giappone, quanto le nuove economie emergenti a bassi costi di produzione. I principali cambiamenti strutturali che riguardano la competitività dell'economia europea sono quindi connessi:

2.2.2.1. ai sempre più rapidi mutamenti tecnologici, che hanno diffusione globale e procedono in parallelo con una obsolescenza accelerata dei prodotti e delle tecniche, con una concorrenza intensificata ed allargata a scala mondiale, e infine con notevoli processi di delocalizzazione verso paesi a costi di produzione più bassi, molti dei quali compiono peraltro progressi costanti in materia di educazione, formazione e qualificazione professionale e tecnologica;

2.2.2.2. ai negoziati commerciali dell'OMC, destinati a proseguire nonostante il recente fallimento della Conferenza ministeriale di Cancun nel settembre 2003, per mettere progressivamente in atto l'agenda di Doha che prevede un vasto programma di sostegno allo sviluppo internazionale e di apertura economica a livello mondiale riguardante tanto i prodotti industriali quanto i servizi e l'agricoltura, con nuove regole di inquadramento a livello di concorrenza, proprietà intellettuale, salute pubblica e ambiente;

2.2.2.3. all'evolversi dei comportamenti della società, in particolare per quel che riguarda l'occupazione e il mercato del lavoro, con una conferma, nel corso di questi ultimi anni, della tendenza alla riduzione dell'orario annuale di lavoro, la cui gestione è spesso più flessibile ed individualizzata;

2.2.2.4. all'invecchiamento demografico che colpisce tutti i paesi europei e che pone una serie di problematiche relativamente ad una migliore gestione delle diverse fasce di età sul mercato del lavoro ed al finanziamento della protezione sociale.

2.2.3. Obiettivo importante delle riforme è anche il rafforzamento della coesione dell'UE attorno al suo mercato unico, sfida che acquisisce rilievo ancora maggiore con l'allargamento a 25 Stati membri nel 2004.

2.2.4. Un'altra sfida consiste nel compaginare l'introduzione dell'euro e la convergenza delle politiche economiche degli Stati membri, conformemente ai criteri del Patto di stabilità e crescita.

2.2.5. Giova infine citare la necessità di garantire la sostenibilità dello sviluppo economico e sociale in Europa, sotto il profilo tanto dell'equilibrio delle finanze pubbliche che della vitalità dell'occupazione (competitività, formazione, mobilità), della solvibilità della protezione sociale (in particolare pensioni e sanità), del rafforzamento della coesione sociale e della tutela ambientale.

2.3. La percezione delle riforme nell'opinione pubblica

2.3.1. In merito a questi diversi obiettivi sono state sollevate questioni riguardanti il senso e l'efficacia, se non la fattibilità stessa delle riforme in seguito al forte rallentamento della crescita economica, alle perturbazioni finanziarie e borsistiche degli ultimi due anni ed alla ripresa della disoccupazione. In particolare, l'ambizioso obiettivo fissato a Lisbona di fare dell'Europa, all'orizzonte del 2010, l'economia più competitiva del mondo appare a molti eccessivamente ottimistico. In effetti, questo obiettivo è stato fissato a fine marzo 2000, in un momento cioè in cui la crescita europea, spinta dall'emergenza della "nuova economia" sembrava uscire infine da una crisi di languore durata un quarto di secolo e ritornare (magari per un periodo altrettanto lungo) a forti tassi di espansione annui, anche oltre le due cifre, come nel caso dell'Irlanda. Ma questa situazione congiunturale si è rapidamente capovolta con lo scoppio della bolla tecnologica e borsistica e la ripresa delle tensioni internazionali. L'obiettivo di massima competitività fissato a Lisbona rischia per altro anche di creare timori nella misura in cui l'opinione pubblica può chiedersi quale sia il prezzo che conviene pagare per raggiungerlo, dinanzi ai concorrenti dei paesi in via di sviluppo dove i costi salariali e la protezione sociale sono incomparabilmente inferiori e dove le economie più emergenti, quali la Cina, abbinano queste caratteristiche con una produttività, un'industrializzazione, degli investimenti e delle tecnologie di altissimo livello. Siffatte perplessità non vanno sottovalutate; se lasciate senza risposta esse potrebbero infatti compromettere l'esito dei processi avviati.

2.3.2. Il Comitato, dal canto suo, mantiene fiducia negli obiettivi fissati per le riforme, compreso quello della competitività mondiale stabilito a Lisbona, a condizione però che essi vengano intesi in modo corretto. Nell'obiettivo di Lisbona, il Comitato vede essenzialmente la chiara volontà politica dei 15 di dotarsi dei mezzi per assicurare la crescita, l'occupazione e la sostenibilità del loro modello di sviluppo economico e sociale attraverso riforme compatibili con i sempre maggiori obblighi di un'economia aperta alla concorrenza internazionale, facendo perno sui principali punti di forza, potenziali come reali, in particolare l'educazione e la formazione, lo spirito e la capacità di innovazione e la messa in comune delle principali risorse. In particolare, il Comitato ritiene perfettamente legittimo e realizzabile che l'Europa, le sue imprese e i suoi cittadini ambiscano ad essere i primi beneficiari del primo mercato del mondo (mezzo miliardo di produttori e di consumatori a potere d'acquisto diversificato ma nell'insieme relativamente alto) in seguito al completamento ed al perfezionamento del loro grande mercato unificato e ampliato. Tale constatazione può solo consolidare la credibilità dell'obiettivo di Lisbona; per conseguirlo occorre nondimeno far fronte a numerose sfide di ogni genere.

2.3.3. Il Comitato non sottovaluta la determinazione e la costanza necessarie per garantire l'effettiva attuazione di queste riforme. Progressi considerevoli sono stati già realizzati, ma gli sforzi più importanti per poter raggiungere gli obiettivi fissati devono ancora essere compiuti. A questo riguardo occorre in particolare migliorare i sistemi di attuazione.

3. Osservazioni del Comitato sulla metodologia delle riforme strutturali

3.1. Metodologia delle riforme: principali progressi

3.1.1. La strategia di Lisbona ha anzitutto permesso di mettere a punto una tabella di marcia. Fissando, da qui al 2010, una serie di obiettivi e di scadenze nell'attuazione delle riforme, essa ha stabilito un calendario operativo pluriennale per la messa in comune delle nostre forze e la costruzione congiunta di un'Europa attraente, aperta e competitiva. La revisione annuale dei progressi compiuti, in occasione del Vertice di primavera, permette di tracciare bilanci, procedere a raffronti ed attualizzare di conseguenza le priorità.

3.1.2. Per avviare queste riforme nei diversi Stati membri si è ampiamente optato per il metodo di coordinamento aperto che sviluppa una nuova interpretazione del concetto di sussidiarietà, che non si presta più a una compartimentazione tra competenze europee e competenze nazionali. Al contrario, l'uso corretto della sussidiarietà deve permettere di stabilire utili collegamenti e "passerelle" tra i livelli europeo, nazionale e all'occorrenza regionale o locale, giustificando al tempo stesso anche una valutazione reciproca delle politiche condotte dai diversi livelli di governo di ciascun paese, e promuovere così la diffusione delle migliori pratiche.

3.1.3. D'altra parte, i pubblici poteri, siano essi europei o nazionali - o anche regionali - non sono i soli ad essere interessati dalle riforme: anche il settore privato, le parti sociali e l'insieme della società civile organizzata devono svolgere un ruolo motore al riguardo, come indica peraltro molto esplicitamente il mandato di Lisbona. Va sottolineato che l'UNICE e la CES sono state estremamente attive nella preparazione dei vertici di primavera presentando i loro contributi in anticipo e partecipando con la Commissione a vertici preparatori delle parti sociali su invito della presidenza del Consiglio. Grazie all'accordo raggiunto di recente su un'agenda pluriennale per l'organizzazione del loro dialogo sociale, l'UNICE, il CEEP, l'UEAPME e la CES hanno altresì affermato la loro volontà di svolgere appieno il loro ruolo autonomo e contrattuale nella definizione e nell'attuazione delle riforme strutturali a livello europeo. Ciò illustra la maggiore potenza acquisita dalla dimensione "orizzontale" del concetto di sussidiarietà (con una ripartizione delle responsabilità tra pubblici poteri, organizzazioni della società civile e settore privato), oltre alla sua tradizionale dimensione "verticale" (Europa, Stati, regioni).

3.1.4. Diverse organizzazioni professionali nazionali hanno inoltre preso l'iniziativa di presentare direttamente al Vertice di primavera una propria valutazione critica e circostanziata sullo stato di avanzamento delle riforme, includendo anche le iniziative adottate in modo tanto autonomo che contrattuale per contribuirvi. Ne sono una testimonianza le relazioni nazionali dettagliate delle federazioni facenti parte dell'UNICE, che riguardano ciascuno dei 15 Stati membri dell'UE più Norvegia e Turchia, predisposte per l'ultimo Vertice di primavera svoltosi nel marzo 2003 a Bruxelles(1).

3.1.5. Sono evidenti le interazioni tra i processi in materia di orientamenti economici, linee direttrici per l'occupazione, completamento del mercato interno e riforme strutturali, sottolineate dall'inizio del 2003 dopo la presentazione simultanea da parte della Commissione delle relazioni annuali in questi diversi settori, nel quadro di una relazione globale sull'attuazione.

3.2. Le principali carenze delle riforme strutturali

3.2.1. Il coordinamento dei diversi processi economici, sociali ed ambientali avviato dalla Commissione dal 2003 permane embrionale nella misura in cui è ancora troppo formale e privo di impatto decisivo sulle scelte politiche nazionali. Esso non è stato ancora seguito da una cooperazione sufficientemente permanente tra le varie formazioni del Consiglio e tra gli Stati; ciò richiederà in ogni caso un periodo di "rodaggio" a livello di procedure e comportamenti, specie nel primo ciclo triennale di coordinamento (2003-2006).

3.2.2. Va in particolare deplorata la carenza di informazioni concrete sulla situazione reale delle riforme nazionali fornite dagli Stati membri in occasione dei Vertici di primavera. Anziché contribuire ad una valutazione comparata delle riforme nazionali, gli Stati sembrano privilegiare nuovi dibattiti sugli obiettivi già fissati a Lisbona, salvo poi aggiungere nuove prescrizioni (peraltro non chiaramente giustificate). Dal canto suo, la Commissione non riesce ad effettuare con precisione detta valutazione proprio per la mancanza di collaborazione degli Stati membri.

3.2.3. Tale carenza di informazioni è generalmente accompagnata da ritardi nell'attuazione e mancanza di disciplina da parte degli Stati. Vanno citate le crescenti difficoltà che molti paesi incontrano nel rispetto dei requisiti del patto di stabilità sull'equilibrio delle finanze pubbliche, le persistenti deficienze in materia di recepimento delle direttive e le infrazioni sempre più numerose alla regolamentazione del mercato unico.

3.2.4. Va inoltre sottolineata la preoccupante insufficienza, in diversi Stati membri, del coinvolgimento delle parti sociali e della società civile nella definizione e nell'attuazione delle riforme, nonché nell'elaborazione delle relazioni sullo stato di avanzamento. Tale situazione ha peraltro indotto le federazioni facenti parte dell'UNICE a presentare all'ultimo Vertice di primavera le proprie relazioni nazionali.

4. Osservazioni del Comitato sui risultati delle riforme strutturali

4.1. Le riforme strutturali avviate nell'UE, in particolare attraverso la strategia di Lisbona, seppur destinate a rafforzarsi reciprocamente, hanno riguardato in particolare i settori qui di seguito indicati:

- proseguimento dell'apertura dei mercati,

- miglioramento dell'accesso ai finanziamenti,

- equilibrio delle spese pubbliche senza una maggiore pressione fiscale,

- promozione dell'innovazione,

- adeguamento del mercato del lavoro,

- modernizzazione della protezione sociale,

- potenziamento del sistema di educazione e formazione,

- semplificazione della regolamentazione,

- consolidamento dello sviluppo sostenibile.

4.2. Relativamente all'apertura dei mercati, i principali progressi sono stati registrati nel settore delle telecomunicazioni e, in misura minore e con taluni ritardi, in quello dell'energia (gas, elettricità) ove i prezzi permangono spesso troppo elevati. Il settore postale, per lo più pubblico, risulta ancora ampiamente compartimentato nonostante talune prime limitate aperture a livello europeo. Nelle infrastrutture dei trasporti sussistono ritardi a livello di interconnessioni, impianti e modernizzazione soprattutto a causa dei frequenti rinvii nell'effettiva realizzazione dei progetti di reti transeuropee.

4.3. Quanto all'accesso ai finanziamenti, i progressi compiuti o in atto in materia di integrazione del mercato finanziario europeo sono ampiamente dovuti all'introduzione dell'euro. Diverse misure sono state inoltre prese in diversi paesi per facilitare l'accesso al finanziamento delle start-up e delle PMI. L'accesso al capitale di rischio permane invece molto insufficiente, specie se comparato agli Stati Uniti; ciò nuoce alla vitalità delle PMI e delle imprese innovatrici sul mercato europeo. Peraltro, l'unificazione del mercato finanziario europeo continua a dipendere in misura eccessiva da regolamentazioni non aggiornate, mentre si sarebbero potute incoraggiare iniziative di autoregolamentazione professionale.

4.4. Per quanto riguarda i disavanzi pubblici, le situazioni variano da un paese all'altro: stando alle relazioni della Commissione e del Consiglio, se taluni Stati membri possono andar fieri del saldo positivo delle loro finanze pubbliche (Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Svezia), altri hanno visto invece il proprio disavanzo accrescersi paurosamente (Germania, Francia, Italia e, fino a poco tempo addietro, Portogallo), raggiungendo o superando i limiti fissati dal Patto di stabilità. Questi paesi che registrano oggi forti deficit hanno anche, comparativamente, i maggiori ritardi nell'attuazione delle riforme strutturali. I paesi che vantano finanze pubbliche più equilibrate hanno in genere meglio avviato le riforme strutturali anche se spesso registrano una pressione fiscale molto accentuata (specie nel Nord Europa).

4.5. Per quel che concerne la promozione dell'innovazione, la generalizzazione dell'uso di Internet e l'ampio accesso delle imprese alle nuove tecnologie hanno permesso di migliorare considerevolmente la qualità di prodotti e servizi, con grandi progressi in termini di produttività. L'evoluzione è accompagnata spesso dal ricorso a sistemi di divisione internazionale del lavoro che tengono conto dei vantaggi comparati, anche salariali, con un aumento del subappalto e della delocalizzazione della fabbricazione dei prodotti (cfr. tessili, elettronica, giocattoli, ecc.), o persino della prestazione di servizi (cfr. contabilità aziendale) verso economie esterne emergenti. Per contro, le spese della ricerca, seppur molto ingenti in taluni paesi come Finlandia, Svezia e Francia, rimangono per lo più insufficienti e lontane dall'obiettivo del 3 % del PIL fissato dalla strategia di Lisbona. Si rileva inoltre un certo sfasamento sia reciproco che nei confronti del programma quadro di ricerca e sviluppo europeo. La mancanza di un reale ravvicinamento dei mezzi economici e tecnologici di difesa nel quadro della politica estera e di sicurezza incide infine pesantemente sulla situazione dell'Europa in tale settore e nel relativo indotto (materiali nuovi, elettronica, ecc.). Per quanto riguarda la concessione di brevetti, taluni paesi mantengono un buon livello nazionale (Finlandia, Svezia), ma l'Europa rimane in media molto in ritardo rispetto agli Stati Uniti o al Giappone. Nell'attesa che il recente accordo politico si traduca in realtà, l'attuale assenza di un brevetto comunitario esercita un ulteriore impatto negativo sulla situazione.

4.6. Dal punto di vista del miglioramento del mercato del lavoro, come si evince dalle tabelle allegate, le situazioni variano fortemente a seconda dei paesi. Sebbene nessuno sia esente da problemi, alcuni registrano un livello occupazionale relativamente elevato mentre altri devono far fronte ad una sottoccupazione strutturale e a livelli di disoccupazione preoccupanti. Importanti riforme sono in atto al fine di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e assicurare soprattutto maggiore flessibilità e rispondenza tra offerta e domanda di lavoro, tenendo comunque sempre conto dell'invecchiamento demografico. Le consultazioni delle parti sociali e le negoziazioni con loro e tra di loro mirano soprattutto ad assicurare che, alla luce delle attuali sfide della competitività internazionale, le nuove disposizioni permettano effettivamente di migliorare l'occupazione e le condizioni occupazionali. In taluni paesi, ad esempio in Francia, sono state prese iniziative interessanti per incoraggiare la gente alla ricerca di lavoro a creare una propria impresa, agevolando le procedure amministrative e garantendo, almeno in un primo tempo, il beneficio della protezione sociale come durante la disoccupazione.

4.7. Sul fronte della modernizzazione della protezione sociale sono in corso numerose riforme finalizzate a ripristinarne l'equilibrio finanziario a fronte dell'invecchiamento demografico che colpisce tutti gli Stati membri dell'UE. Occorre in particolare adeguare l'anzianità contributiva all'allungamento della speranza di vita, riformando i regimi pensionistici pubblici e privati in modo da rispecchiare le migliori pratiche in entrambi i settori e garantire che la gente avanti negli anni non sia incitata, se non addirittura costretta, ad abbandonare prematuramente il mercato del lavoro(2). Il ricorso a regimi assicurativi integrativi ed a fondi pensione viene incoraggiato. Pur sviluppandosi, queste riforme incontrano anch'esse problemi di attuazione e di efficacia, specie per la pratica persistente di abbandonare troppo precocemente il mercato del lavoro (Belgio, Francia, Grecia).

4.8. Sotto il profilo dell'educazione e della formazione, la maggior parte dei paesi europei è dotata di sistemi di insegnamento molto performanti e sviluppati (Nord Europa), a volte però ancora troppo lontani dalle realtà e dalle esigenze economiche. Per rafforzare questa rispondenza e sviluppare nuove formule di apprendimento sono state recentemente avviate delle iniziative, in particolare attraverso leggi, accordi interprofessionali e programmi di scambio (Francia, Lussemburgo, Spagna, Italia, Portogallo). Anche la generalizzazione dell'accesso ad Internet contribuisce ad intensificare la formazione.

4.9. Per quel che concerne il problema della semplificazione della regolamentazione, l'esigenza è comune a tutti gli Stati membri anche se taluni (Danimarca, Finlandia, Regno Unito, Svezia) hanno messo in atto prima di altri programmi e sistemi per porvi rimedio. In genere viene accordata priorità alla semplificazione delle procedure relative alla creazione di imprese e piccole imprese a causa del loro impatto sull'attività economica e sull'occupazione. Questa necessaria semplificazione delle procedure e degli oneri amministrativi dovrebbe andare di pari passo con una più efficace lotta contro l'economia sommersa, che rischia di assumere dimensioni ancora maggiori con l'ampliamento dell'Unione. Altra priorità è un migliore recepimento delle direttive europee, settore in cui, come dimostrano le tabelle comparate pubblicate ogni semestre dalla Commissione, le situazioni differiscono fortemente a seconda dei paesi, ma dove i maggiori ritardi nazionali (Francia, Grecia, Italia) dovrebbero comunque ridursi in seguito alle misure governative adottate all'uopo.

4.10. Per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, le misure nazionali d'applicazione degli accordi di Kyoto si sviluppano con risultati diversi. La tutela ambientale è tradizionalmente più ancorata nelle legislazioni, nei programmi e nei codici di condotta dei paesi del Nord. Nuove misure vengono comunque adottate anche negli altri paesi dell'Unione e gli scambi di buone pratiche permettono di ispirarsi ad esperienze coronate dal successo (cfr. codici volontari di gestione aziendale, carte di protezione ambientale, label, controlli e ripartizione dei permessi di emissione, ecc.).

5. Conclusioni del Comitato sull'impatto delle riforme strutturali

5.1. Il Comitato rileva in primo luogo che, partendo da obiettivi comuni, tutti i paesi dell'UE hanno effettivamente avviato delle riforme strutturali per rivitalizzare la propria competitività, rafforzare la crescita, promuovere l'occupazione ed assicurare la sostenibilità dello sviluppo economico e sociale.

5.2. I principali progressi compiuti, che consentono di restare fiduciosi nella strategia di Lisbona, riguardano:

5.2.1. una presa di coscienza della necessità delle riforme dinanzi alle sfide della competitività e ai mutamenti demografici e tecnologici, e ciò a prescindere dalle spaccature politiche tradizionali;

5.2.2. lo sviluppo, seppur da proseguire, delle iniziative degli ambienti economici e socioprofessionali, specie a scala europea, per contribuire al successo delle riforme;

5.2.3. in particolare, il coinvolgimento delle parti sociali nello sviluppo delle riforme riguardanti la vita professionale e le sfide sociali (formazione, mercato del lavoro, protezione sociale);

5.2.4. l'accelerazione della diffusione delle tecnologie dell'informazione e dell'accesso a Internet a seguito dell'apertura del mercato delle telecomunicazioni;

5.2.5. la maggiore preoccupazione per la sostenibilità e per il futuro (gestione delle finanze pubbliche, riforme della protezione sociale, sicurezza del consumatore, tutela ambientale).

5.3. I principali ritardi da recuperare per favorire in particolare la crescita economica concernono:

5.3.1. il completamento del mercato unico nei settori che riguardano in particolare l'energia, le infrastrutture dei trasporti e i servizi, compresi quelli finanziari, al fine di contribuire ad una maggiore affidabilità e ridurre i costi; il Comitato deplora che l'Europa continui a non poggiare prioritariamente sul mercato unico per assicurare la propria crescita;

5.3.2. un maggiore equilibrio delle finanze pubbliche in condizioni propizie agli investimenti ed alla crescita, con un inizio di armonizzazione europea delle principali normative fiscali direttamente connesse al funzionamento del mercato unico;

5.3.3. l'affermazione di una vera dinamica europea nella ricerca tecnologica oggi insufficientemente sviluppata rispetto alle ambizioni dichiarate a Lisbona;

5.3.4. la semplificazione della regolamentazione ed un maggiore rigore nella trasposizione delle direttive nel diritto nazionale degli Stati membri.

5.4. Il Comitato sottolinea inoltre che:

5.4.1. le situazioni nazionali e lo stato di avanzamento delle riforme differiscono notevolmente da un paese all'altro:

5.4.1.1. nell'insieme, nonostante questi progressi coincidano con il peso di una maggiore pressione fiscale, gli indicatori risultano relativamente migliori nel Nord dell'UE (cfr. apertura dei mercati, equilibrio delle finanze pubbliche, produttività, educazione, ricerca, occupazione, ambiente);

5.4.1.2. i paesi del Sud, che registrano in genere maggiori ritardi comparativi, hanno adottato apposite misure per porvi rimedio; occorre comunque del tempo per superare questi handicap, considerato soprattutto che spesso essi sono culturali e di vecchia data.

5.4.1.3. Lo stato delle finanze pubbliche nazionali è spesso sintomatico dell'andamento delle riforme, in quanto l'aggravarsi dei disavanzi rivela di frequente ritardi nella loro attuazione.

5.4.2. Attualmente, anche gli Stati UE meglio piazzati risultano meno performanti dei loro grandi concorrenti internazionali (anche se, al di là dei progressi o dei ritardi registrati da un anno all'altro, la questione per i paesi europei non è tanto di fare meglio di prima, bensì di fare meglio degli altri).

5.4.3. Le riforme vengono spesso percepite dall'opinione pubblica in modo cauto se non critico a causa dei timori di perdere vantaggi acquisiti senza una contropartita chiaramente visibile in materia di occupazione o sostenibilità della protezione sociale, dato che questi effetti positivi tardano a manifestarsi (cfr. crescita debole, aumento della disoccupazione). Il Comitato è preoccupato dal crescente scostamento tra gli obiettivi fissati per le riforme e i tempi di attuazione di molte di queste nonché dal persistente deterioramento della crescita e dell'occupazione in Europa. Occorre evitare che la strategia europea delle riforme degeneri in un "bolla" ove alla sovrabbondanza di obiettivi, concetti e Stati partecipanti corrispondano deficit sempre maggiori di corresponsabilità, attuazione e impatto reale.

6. Raccomandazioni del Comitato per potenziare l'impatto delle riforme strutturali

6.1. Le attuali insufficienze dell'impatto economico, sociale ed occupazionale delle riforme strutturali che rinfocolano i dubbi dell'opinione pubblica, inducono il Comitato a presentare le seguenti raccomandazioni.

6.2. Il Comitato osserva in primo luogo che, se l'UE ha ben identificato (specie in occasione del Vertice di Lisbona) le principali riforme strutturali da effettuare a livello europeo e nazionale, risulta tuttora ampiamente coerente per quanto riguarda l'attuazione pratica di una "buona governance della riforma". Il Comitato insiste nuovamente sull'importanza di metodologie migliori per garantire il successo delle riforme strutturali. A questo proposito evidenzia le priorità seguenti:

6.2.1. una prima condizione per portare al successo le riforme consiste nell'illustrare con maggiore chiarezza gli obiettivi perseguiti: occorre in particolare migliorare la percezione e la comprensione delle sfide. La preparazione dei Vertici di primavera dovrebbe dare adito, nei diversi Stati membri, a veri e propri dibattiti che vedano uno stretto coinvolgimento dei rappresentanti della società civile organizzata.

6.2.2. Questa esigenza va di pari passo con una migliore consultazione delle organizzazioni socioprofessionali in merito alle riforme da effettuare, le loro prospettive, gli effetti, le condizioni e lo stato di attuazione. Attraverso dette consultazioni bisogna anche ottimizzare la ripartizione dei contributi necessari ed assicurare una migliore corresponsabilità nell'attuazione delle riforme. Oltre al legislatore ed ai pubblici poteri, anche gli attori della società civile hanno un ruolo importante da espletare (iniziative degli ambienti socioeconomici, accordi delle parti sociali, ecc.). Gli Stati dovrebbero quindi incoraggiare ulteriormente gli attori della società civile ad assumersi pienamente le proprie responsabilità nell'attuazione delle riforme, delegando loro nella misura più ampia possibile tutti gli aspetti che impongono prioritariamente la loro partecipazione piuttosto che quella dei poteri pubblici.

6.2.3. Lo stato di attuazione delle riforme andrebbe meglio precisato nelle relazioni annuali degli Stati e della Commissione al Vertice di primavera: tali relazioni dovrebbero indicare non solo le misure adottate dai poteri pubblici ma anche le iniziative degli ambienti socioeconomici e delle parti sociali in materia.

6.2.4. In seguito alla ridefinizione del controllo e della valutazione dei processi realizzata all'inizio del 2003 con la presentazione annuale di una relazione di sintesi da parte della Commissione, occorre assicurare maggiore efficacia all'interazione reciproca dei processi. Ad esempio, le linee direttrici sull'occupazione ed i grandi orientamenti di politica economica potrebbero essere meglio integrate e non solo sincronizzati. Ciò contribuirebbe a semplificare il processo annuale di orientamento economico e sociale dell'UE.

6.2.5. Occorre inoltre potenziare l'efficacia del benchmarking che consente di diffondere le migliori pratiche. A tal fine, sarebbe opportuno creare all'interno del sito Internet Europa, nell'ambito della strategia di Lisbona, una base di osservazione e di dati sulle riforme strutturali nell'UE, incitando gli Stati e gli attori della società civile ad apportare tutti gli elementi di informazione utili a svilupparla. Il Comitato intende dal canto suo contribuire direttamente a questa migliore informazione sulle iniziative prese dagli attori della società civile nell'ambito delle riforme.

6.2.6. Particolare attenzione va prestata ad un'inclusione ottimale nella strategia di Lisbona dei dieci nuovi Stati membri dell'Europa centrorientale (ed all'associazione degli altri paesi candidati all'adesione), tenendo sempre conto delle loro specificità ed in particolare dei ritardi di sviluppo che spesso accusano rispetto ai 15 attuali Stati membri. Ciò non esclude comunque che i nuovi Stati membri possano anche rivelare vantaggi comparativi a livello di riforme. Detti paesi dovrebbero essere invitati a presentare il proprio programma di riforma con relativo stato di avanzamento al prossimo Vertice di primavera del marzo 2004.

6.3. Per quanto riguarda la portata ed il contenuto delle riforme, il Comitato sottolinea in particolare le priorità seguenti:

6.3.1. L'introduzione della moneta unica impone in modo sempre più lampante l'attuazione di una governance economica comune (oggi rifiutata dagli Stati membri) al di là di un coordinamento comunitario ancora embrionario. Una siffatta governance comune implicherà ovviamente un ravvicinamento delle fiscalità, specie per eliminare le doppie imposizioni attraverso un regolamento unico che subentri alle inestricabili e disparate convenzioni bilaterali, per semplificare il regime fiscale degli scambi intracomunitari ed armonizzare le basi imponibili. Il Comitato sta attualmente approntando un parere su queste diverse questioni fiscali.

6.3.2. Il Patto di solidarietà in materia di disavanzo pubblico costituisce un utile parapetto ed esprime al tempo stesso in modo chiaro la solidarietà che unisce tutti gli Stati partecipanti all'euro. Occorre quindi rispettarle. Esso non può però far trascurare l'obiettivo di crescita, anch'esso presente nello spirito e nella lettera del patto; in questo settore i motivi di insoddisfazione sono almeno equivalenti a quelli in materia di disavanzi. Sarebbe quindi illusorio volersi occupare efficacemente dei disavanzi pubblici nazionali senza concordare una politica europea comune che apra vere prospettive di crescita. Altrettanto illusorio sarebbe pensare di portare a buon fine delle riforme strutturali, spesso rigorose, senza offrire agli europei prospettive positive e credibili.

6.3.3. Ciò implica un uso più dinamico e determinato del mercato unico come fattore di crescita privilegiato per l'economia europea, accelerando le aperture reciproche necessarie al suo completamento ed imponendo maggiore rigore a livello di recepimento nazionale. Una siffatta gestione rafforzata del mercato unico è più che mai necessaria in vista dell'allargamento da 15 a 25 Stati nel 2004. Bisogna garantirne meglio la coesione, l'identità, la fluidità e la sicurezza. A tal fine si potrebbero in particolare prevedere, in cooperazione o in complementarità con le amministrazioni nazionali, gli elementi seguenti:

6.3.3.1. vere ispezioni comunitarie del mercato unico;

6.3.3.2. una gestione comune delle dogane europee alle frontiere esterne;

6.3.3.3. un migliore coordinamento transnazionale dei servizi pubblici atto a predisporre, in taluni settori che lo giustifichino, la nascita di servizi di interesse generale a scala europea.

6.3.4. Sarebbe inoltre opportuno incoraggiare un maggior numero di imprese, di qualsiasi dimensione, a servirsi effettivamente del mercato europeo come del loro vero mercato interno, ed a realizzarsi a detta scala. Il Comitato ricorda le sue proposte a favore di uno statuto europeo semplificato aperto alle piccole e medie imprese e ribadisce l'invito rivolto alla Commissione perché presenti un siffatto progetto di statuto(3).

6.3.5. Un'altra riforma essenziale per l'economia europea è, come precisa a ragion veduta la strategia di Lisbona, la promozione dell'economia della conoscenza: i paesi dell'Unione europea non investono abbastanza nelle tecnologie del futuro e, quando lo fanno, agiscono in modo ancora troppo disperso. Il programma quadro di ricerca dell'UE, la cui modesta dotazione (appena il 5 % dei bilanci nazionali di ricerca) viene spesso frammentata tra gli Stati, dovrebbe essere chiaramente rivalorizzato per raggiungere un vero livello di efficacia e maggiormente concentrato sui programmi tecnologici autenticamente europei, atti a sostenere la crescita dei paesi dell'UE. La definizione di un'impostazione più convergente nel settore della difesa per la politica estera e di sicurezza comune, nelle sue diverse faccette (presenza spaziale, armonizzazione degli armamenti, nuove tecnologie a doppio uso civile e militare, ecc.), che includa una più effettiva apertura reciproca dei mercati pubblici corrispondenti, dovrebbe espletare un ruolo fondamentale nella nuova dimensione da dare all'innovazione tecnologica europea.

6.3.6. Il rilancio dell'occupazione sarà soprattutto il risultato di una ripresa della crescita attivata dalle riforme economiche (approfondimento del mercato interno, promozione delle iniziative degli operatori, incoraggiamento degli investimenti, ecc.). Le riforme sociali per l'occupazione (educazione e formazione, occupabilità, maggiore fluidità del mercato del lavoro) devono essere finalizzate ad affiancare le riforme economiche e ad ottimizzarne le ripercussioni sull'occupazione. Gli esempi positivi di ripresa dell'occupazione nei Paesi Bassi, nel Regno Unito, in Irlanda e Danimarca sono emblematici a questo riguardo.

6.3.7. Il Comitato si pronuncia quindi a favore di un'iniziativa europea di crescita come proposto in luglio dalla Presidenza italiana del Consiglio, dalla Commissione e dal gruppo di alto livello presieduto da André Sapir. In settembre, Francia e Germania hanno inoltre presentato degli orientamenti comuni che vanno nello stesso senso. Il Consiglio europeo del 16 e 17 ottobre 2003 ha anch'esso appoggiato la necessità di detta iniziativa, le cui modalità dovranno formare oggetto di decisioni concrete in sede di Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2003. Per il Comitato si tratta di definire e attuare a livello europeo degli incentivi alla crescita che consentano di attivare gli investimenti necessari al buon funzionamento del mercato allargato tanto nella ricerca e nelle nuove tecnologie (come sopra indicato), quanto nelle infrastrutture transnazionali (trasporti, energia, telecomunicazioni, ambiente). Maggiori prestiti e finanziamenti della BEI a favore di questi investimenti, con il coinvolgimento del privato nel quadro dei nuovi partenariati pubblico/privato, contribuirebbero a ridare maggiore fiducia ai diversi attori dell'economia europea e compenserebbero gli effetti negativi a breve termine che possono conseguire per i bilanci nazionali dai rigori del patto di stabilità.

6.3.8. Le riforme della protezione sociale, che devono consentire di assicurare l'equilibrio finanziario dei diversi regimi (disoccupazione, salute, pensione), sono particolarmente necessarie in considerazione dell'invecchiamento demografico, dell'aumento dei costi di copertura sociosanitaria, e del maggiore rigore che si impone alle finanze pubbliche. Analogamente alle riforme sociali per l'occupazione, esse implicano una stretta consultazione delle parti sociali, che possono essere chiamate, attraverso la politica contrattuale, ad espletare un ruolo di primo piano nelle misure da adottare.

6.3.9. A parte le numerose iniziative positive della Commissione (codificazioni, libro bianco sulla governance, misure annunciate dal programma europeo di semplificazione, ecc.) occorre anche potenziare la qualità e la semplificazione delle norme legislative ed amministrative, settore in cui rimane ancora molto da fare. Ciò implica:

6.3.9.1. una nuova cultura della semplificazione amministrativa, orientata in funzione delle necessità dell'utente, tanto sul piano europeo (con un codice di condotta delle istituzioni europee), che su quello degli Stati membri (i quali dovrebbero assumere impegni paralleli ed attuarli a livello nazionale), con risultati rapidi, concreti e misurabili;

6.3.9.2. un miglioramento delle analisi di impatto dei nuovi progetti di regolamentazione, che ne garantiscano l'autonomia e la qualità.Il Comitato attribuisce grande importanza a dette analisi ed è pronto a contribuire al loro rafforzamento nell'ambito della sua missione consultiva.

6.3.10. Occorre infine promuovere le iniziative degli attori socioeconomici che condizionano l'adattamento dell'Europa al suo nuovo ambiente economico e sociale. Queste iniziative devono accompagnare più sistematicamente le riforme strutturali economiche e sociali ed accrescerne l'impatto positivo. Esse dovrebbero essere meglio sostenute dai pubblici poteri europei e nazionali. A tal fine occorrono in particolare:

6.3.10.1. ulteriori spazi di libertà e responsabilità specie su scala europea, assicurando al tempo stesso una più efficace applicazione della regolamentazione;

6.3.10.2. un migliore ricorso ad approcci di autoregolazione e coregolamentazione nel quadro di un partenariato con i pubblici poteri, in particolare nei settori che riguardano il dialogo sociale, il riconoscimento delle professioni, i servizi, la tutela ambientale, il commercio e i consumatori.

6.4. Concludendo, il Comitato è convinto della necessità di far sì che le riforme strutturali necessarie alla competitività dell'Unione europea siano, da un canto, supportate dal rilancio della crescita economica attraverso il completamento del mercato unico e lo sviluppo degli investimenti transeuropei e, dall'altro, meglio dibattute, meglio comprese e meglio ripartite tra decisori politici e attori della società civile organizzata. Occorre quindi ottimizzare il sito economico Europa dando maggiore vigore alla sua capacità autonoma di crescita ed assicurando una migliore demoltiplicazione degli sforzi necessari a tal fine. L'efficacia dell'impatto di dette riforme in un contesto economico e sociale difficile, e quindi il loro successo o il loro fallimento, dipenderanno in definitiva dalla misura in cui esse non verranno soltanto decise e portate avanti dai dirigenti politici attraverso leggi e regolamenti, ma anche e soprattutto diffuse e appoggiate alla base dagli attori economici e sociali nella loro capacità specifica di partner contrattuali e di creatori di iniziative in loco.

Bruxelles, 30 ottobre 2003.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger Briesch

(1) www.unice.org/lisbon.

(2) "Lavoratori anziani" GU C 14 del 16.1.2001.

(3) "L'accesso delle PMI ad uno statuto di diritto europeo" GU C 125 del 27.5.2002.

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