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Document 52003AE1403

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette" (COM(2003) 446 def./2 — 2003/0170 (COD))

    GU C 32 del 5.2.2004, p. 94–97 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    52003AE1403

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette" (COM(2003) 446 def./2 — 2003/0170 (COD))

    Gazzetta ufficiale n. C 032 del 05/02/2004 pag. 0094 - 0097


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette"

    (COM(2003) 446 def./2 - 2003/0170 (COD))

    (2004/C 32/20)

    Il Consiglio dell'Unione europea, in data 5 settembre 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

    Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo ha deciso il 30 ottobre 2003, nel corso della 403a sessione plenaria del 29 e 30 ottobre 2003, di nominare Pezzini relatore generale e ha adottato con 45 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni il seguente parere.

    1. Introduzione

    1.1. Nel 1977, vennero definite le norme in base alle quali le autorità competenti degli Stati membri avrebbero dovuto fornirsi reciproca assistenza e scambiarsi informazioni, onde poter garantire un'efficace applicazione delle legislazioni fiscali nazionali.

    1.2. Estensione delle frodi

    1.2.1. L'esigenza di tali norme era da ricondurre al rischio sempre crescente di pratiche di frode e di evasione fiscale, al di là dei confini nazionali, con notevoli perdite di gettito per gli Stati membri.

    1.2.2. Una tale situazione pregiudicava il principio di equità fiscale nonché la libera circolazione dei capitali e la libera concorrenza determinando inoltre un funzionamento quanto meno imperfetto del mercato interno.

    1.2.3. La rete di accordi bilaterali tra Stati membri si è rivelata però inefficace a combattere tutti i fenomeni di frode e di evasione, aventi carattere multinazionale, tipici di una accentuata internazionalizzazione degli scambi e di una crescente mobilità transnazionale di persone e di capitali.

    1.3. Struttura della direttiva

    1.3.1. La direttiva in vigore prevede tre tipi di scambi di informazioni: scambio su richiesta, scambio automatico e scambio spontaneo. Si impongono alle autorità competenti degli Stati membri termini e limiti allo scambio di tali informazioni, anche nell'ottica del rispetto e della tutela del contribuente, nonché della segretezza dei dati forniti.

    1.3.2. Le amministrazioni degli Stati membri devono inoltre monitorare costantemente le procedure di scambio.

    1.4. Campo di applicazione della direttiva

    1.4.1. Inizialmente la direttiva si applicava unicamente alle imposte dirette. Solo in seguito se ne estese il campo di applicazione all'imposta sul valore aggiunto (IVA) ed alle accise, anche perché diversamente tali settori sarebbero rimasti scoperti.

    1.4.2. La peculiarità e specificità delle singole aree ha però successivamente indotto la Commissione a regolamentare in modo separato gli scambi di informazioni relativi all'imposta sul valore aggiunto(1) e in un prossimo futuro, è prevista l'elaborazione di una proposta che riguardi esclusivamente le accise.

    1.5. Necessità di aggiornamenti

    1.5.1. Il quadro sociale, economico e politico è radicalmente mutato rispetto alla realtà che aveva suggerito l'elaborazione e la successiva adozione della direttiva. Le dimensioni del mercato interno e la quantità degli scambi tra Stati membri sono cambiati. Non vi è dubbio che il concetto stesso di mercato interno, come estensione delle frontiere nazionali, è ormai completamente assimilato, anche sul piano operativo, da un numero sempre maggiore di soggetti. Se da un lato questo aspetto va giudicato con compiacimento e soddisfazione, dall'altro esso va di pari passo con una crescita esponenziale delle operazioni intracomunitarie e con una sempre maggiore conoscenza dei diversi sistemi fiscali nazionali ed ha quindi comportato in modo quasi fisiologico un'estensione del fenomeno delle frodi e dell'evasione fiscale realizzate sfruttando eventuali carenze sia della normativa europea sia, in generale, dei sistemi di controllo in vigore. In questo contesto appare evidente la necessità di modernizzare, rafforzare, semplificare e rendere più efficiente lo strumento della cooperazione amministrativa e dello scambio di informazioni tra Stati membri.

    2. Proposte della Commissione

    2.1. I cambiamenti proposti rispetto agli attuali articoli della direttiva di base sono elencati nell'articolo 1.

    2.2. Il primo cambiamento proposto, che diverrebbe il terzo comma dell'articolo 2 dell'attuale direttiva, specifica le modalità di attuazione degli scambi su richiesta. In particolare si dispone che per far fronte alle richieste ricevute da un altro Stato membro, l'autorità competente dello Stato membro interpellato procederà come se agisse per conto proprio.

    2.2.1. Questa modifica è totalmente condivisibile, perché tende ad eliminare gli effetti dilatori per le indagini di alcune disposizioni nazionali, che impongono all'autorità competente di comunicare al contribuente - mediante notifica - il ricevimento da parte dell'autorità competente di un altro Stato membro di una richiesta di assistenza per raccogliere informazioni a suo carico. Tale obbligo di notifica non sussiste invece quando gli Stati membri operano per conto proprio. La durata delle indagini veniva quindi condizionata, in negativo, solo perché l'autorità che le aveva sollecitate non era nazionale ma straniera. Va quindi eliminata questa discriminazione che è pregiudizievole sia nei confronti dello Stato membro richiedente le informazioni sia nei confronti del funzionamento del mercato interno. Detta modifica si allinea d'altronde pienamente a quella contenuta nella proposta relativa all'IVA(2).

    2.3. Il secondo cambiamento proposto riguarda l'articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, secondo trattino, seconda parte della frase e concerne le modalità di utilizzo, da parte dell'autorità competente di uno Stato membro, delle informazioni ricevute da un altro Stato. Queste informazioni sono infatti tutelate da un vincolo di segretezza allo stesso modo delle informazioni raccolte in applicazione della legislazione nazionale.

    2.3.1. L'attuale testo della direttiva ha creato divergenze interpretative. Infatti, ancorché sia unanimemente riconosciuto il principio che è possibile divulgare le informazioni ricevute da un altro Stato membro solo se quest'ultimo non si oppone, alcuni Stati membri sostengono che è necessaria un'autorizzazione esplicita (dell'autorità competente che ha fornito le informazioni stesse) prima di utilizzarle in procedimenti giudiziari. Di converso, altri Stati membri sostengono che si può presupporre una tacita autorizzazione a tale uso, se non viene manifestata una specifica opposizione.

    2.3.2. Si condivide sia la necessità che la forma proposta per la modifica della direttiva dato che il nuovo testo tende ad eliminare ogni ambiguità interpretativa rendendo più veloce e chiara la procedura. Esso prevede infatti che le informazioni ricevute possano essere utilizzate nel corso di pubbliche udienze o sentenze, qualora l'autorità competente dello Stato membro che le ha fornite non vi si opponga al momento della loro trasmissione iniziale. Il procedimento giudiziario non resterà quindi più in sospeso, in attesa di autorizzazioni esplicite da parte delle autorità competenti degli Stati membri, che ritenevano necessaria detta prassi.

    2.4. La successiva modifica proposta consiste in una riformulazione di due commi - il primo ed il terzo - dell'articolo 8 dell'attuale direttiva, che disciplina i limiti allo scambio di informazioni.

    2.4.1. Il testo attuale del primo comma ha generato ambiguità interpretative legate al possibile rifiuto, da parte di uno Stato membro, a fornire le informazioni richieste quando le stesse non sono previste dalla legislazione fiscale nazionale.

    2.4.2. La modifica chiarisce in modo esplicito che un altro Stato membro può opporre un rifiuto a fornire le informazioni richieste solo quando le ricerche necessarie per procurarsele non sono autorizzate dalla sua legislazione o pratica amministrativa nazionale.

    2.4.3. La proposta apporta senza dubbio un miglioramento al testo attuale, probabilmente il migliore realisticamente attuabile. Si segnala tuttavia come le differenze esistenti tra le procedure di indagine, che sono il riflesso diretto della solo approssimativa armonizzazione delle legislazioni fiscali nazionali, compromettano un efficace sistema di scambio di informazioni, cosa che va a pregiudizio di un effettivo controllo delle operazioni sospette e, in definitiva, del funzionamento del mercato interno.

    2.4.4. Osservazioni simili valgono per la modifica proposta per il terzo comma dell'articolo 8, volta a chiarire ambiguità interpretative circa l'applicazione del principio di reciprocità nello scambio di informazioni.

    2.4.5. La proposta della Commissione, chiarisce che l'autorità competente di uno Stato membro può rifiutare di fornire informazioni quando l'autorità competente dello Stato membro richiedente non è in grado di fornire lo stesso tipo di informazioni.

    2.4.6. Pur considerando apprezzabile lo sforzo compiuto per eliminare divergenze interpretative, si fa osservare che il ricorso al principio di reciprocità tutela il singolo Stato membro ma pregiudica la completa attuazione del mercato interno.

    2.5. Il testo della proposta di direttiva inserisce dopo l'articolo 8 due nuovi articoli: 8 bis e 8 ter con lo scopo di uniformare le disposizioni in materia di imposte dirette con quelle in materia di imposte indirette.

    2.5.1. L'articolo 8 bis dispone, al primo comma, che su richiesta dell'autorità di uno Stato membro, l'autorità competente di un altro Stato membro notifichi al contribuente, secondo le procedure e le norme vigenti, ogni atto e decisione delle autorità dello Stato membro richiedente. Il secondo comma riprende gli elementi sostanziali da riportare nella notifica, mentre il terzo comma prevede l'obbligo di informare tempestivamente lo Stato membro richiedente del seguito dato alla sua richiesta di notifica.

    2.5.2. Il nuovo articolo prende atto delle diverse prassi e procedure vigenti nell'ambito delle legislazioni fiscali nazionali e sottolinea l'obbligo di rifarsi a dette procedure per evadere richieste provenienti da altri Stati membri. In particolare l'obbligo di notifica - inesistente in alcuni Stati membri - assume una valenza procedurale essenziale in altri. Certo è che, la procedura sarebbe molto più snella se fosse gestita direttamente dallo Stato membro richiedente. Allo stato attuale però questo è poco realistico e rischioso: poco realistico poiché implicherebbe da parte di ogni autorità competente nazionale conoscenze approfondite delle procedure, anche di notifica, legate alle legislazioni di ciascuno Stato membro; rischioso perché una notifica non completa e giuridicamente nulla secondo una legislazione fiscale nazionale pregiudicherebbe quanto meno i tempi di indagine.

    2.5.3. La proposta della Commissione è comunque apprezzabile poiché, sul piano concreto, evidenzia l'importanza di tali procedure e prevede delle modalità di informazione immediata delle notifiche inoltrate, al fine di agevolare ogni azione successiva.

    2.5.4. L'articolo 8 ter regola la possibilità di eseguire controlli simultanei su un unico contribuente da parte di due o più Stati membri ove tali controlli appaiano più efficaci di controlli singoli. L'autorità competente di uno Stato membro individua i soggetti passivi sui quali intende proporre un controllo simultaneo e informa le rispettive autorità degli altri Stati membri interessati dei motivi inerenti l'opportunità di tali controlli nonché dei tempi di attuazione. L'autorità interpellata comunica all'altra il proprio assenso o rifiuto a tali controlli. In caso di assenso, nomina il proprio rappresentante incaricato di tale controllo.

    2.5.5. Il nuovo testo riconosce l'importanza dei controlli simultanei, che sono infatti considerati uno dei metodi di controllo più efficaci se non il più efficace in assoluto. È intuitiva infatti la maggiore probabilità che si ha di riscontrare pratiche di frode o di evasione fiscale incrociando i dati rilevati nel medesimo periodo dalle autorità competenti dei diversi Stati membri in cui operano i soggetti passivi oggetto di un controllo. Non a caso da più parti si auspica un maggiore utilizzo di controlli simultanei, soprattutto per riscontrare usi fraudolenti dei prezzi di trasferimento, per operazioni intracomunitarie, tra entità operanti in più Stati membri.

    2.5.6. È dunque da salutare con favore l'introduzione dell'articolo 8 ter. Si osserva però che la facoltà di rifiuto a dar seguito all'attuazione di controlli simultanei, ancorché motivato, può limitare la portata effettiva di tali controlli e quindi la cooperazione tra le amministrazioni degli Stati membri.

    3. Conclusioni

    3.1. Il CESE condivide l'esigenza di instaurare un sistema efficace di scambi di informazioni tra Stati membri al fine di contrastare la pratica delle frodi e dell'evasione fiscale.

    3.2. Prende atto che lo sviluppo del mercato interno sia sul piano dimensionale che su quello operativo nonché il moltiplicarsi di soggetti passivi che operano in più Stati membri comporta per forza di cose l'esigenza di una maggiore cooperazione tra le amministrazioni nazionali.

    3.3. Il CESE pur riconoscendo le peculiarità e specificità di ciascun settore, sottolinea che un sistema efficace di controlli e la reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri non può prescindere da un maggiore e più sistematico coordinamento tra i sistemi di controllo in materia di imposte dirette, indirette e accise.

    3.4. Il CESE ribadisce l'asserzione(3) che le differenze esistenti tra i vari Stati membri a livello di procedure amministrative pregiudicano l'efficacia dei controlli, ne dilatano i tempi necessari e rappresentano un notevole ostacolo al funzionamento del mercato unico.

    3.5. Ancora una volta i benefici che deriverebbero da un più efficace funzionamento del mercato unico e nella fattispecie delle procedure atte a rilevare e combattere le frodi e l'evasione fiscale vengono limitati dalla tutela degli interessi nazionali. Come già richiamato dal CESE(4), "cooperazione amministrativa e prevenzione frodi" devono andare di pari passo con "modernizzazione e semplificazione" dei regimi fiscali. Ciò vale, a maggior ragione, in una Unione allargata nella quale un processo di armonizzazione assume un'importanza ancora maggiore.

    3.6. Sarebbe opportuno affiancare a strumenti giuridici sovranazionali, quali la società europea, adeguati strumenti fiscali e relative procedure di controllo e scambio di informazioni. In altre parole si potrebbe ipotizzare un sistema di scambio e controllo "europeo" svincolato dalle attuali procedure nazionali e da applicare gradualmente.

    3.7. Il CESE coglie l'occasione per denunciare ancora una volta i limiti legati al principio dell'unanimità, che attualmente regola ogni decisione comunitaria in materia di legislazione fiscale, e ribadisce la necessità di un superamento dello stesso a favore del principio di maggioranza, pur qualificata.

    3.8. È curioso che si faccia spesso riferimento, in generale, ai principi costituzionali di equità fiscale, con riferimento alle potenziali distorsioni del mercato interno europeo, per poi accettare di fatto differenze e privilegi figli di legislazioni e di procedure nazionali.

    3.9. Il CESE, tenuto conto delle procedure nazionali in vigore e della volontà politica di non stravolgere dette strutture, accetta le modifiche proposte come punto di convergenza e come passo ulteriore, ancorché insufficiente, verso una modernizzazione della cooperazione tra Stati membri. Il CESE invita peraltro le autorità competenti degli Stati membri a reagire tempestivamente alle richieste di cooperazione provenienti delle altre amministrazioni, senza discriminare tali pratiche a favore di indagini puramente nazionali. In tale contesto anche gli aspetti tecnologici degli strumenti di controllo e di scambio devono essere evidentemente adeguati alle più evolute forme di frode e di evasione, che si avvalgono delle più moderne tecnologie.

    Bruxelles, 30 ottobre 2003.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Roger Briesch

    (1) COM(2001) 294 def.

    (2) Articolo 5, paragrafo 3, del documento COM(2001) 294 def.

    (3) Parere CESE in merito alla "Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (Comitato dell'imposta sul valore aggiunto)", GU C 19 del 21.1.1998, pag. 56.

    (4) Parere CESE in merito alla "Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA)" ed alla "Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 388/77/CEE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici", GU C 116 del 20.4.2001, pag. 59.

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