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Document 52003AE1164

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Applicazione concreta della direttiva sull'istituzione del comitato aziendale europeo (94/45/CE) e aspetti da sottoporre a eventuale revisione"

    GU C 10 del 14.1.2004, p. 11–18 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    52003AE1164

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Applicazione concreta della direttiva sull'istituzione del comitato aziendale europeo (94/45/CE) e aspetti da sottoporre a eventuale revisione"

    Gazzetta ufficiale n. C 010 del 14/01/2004 pag. 0011 - 0018


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema "Applicazione concreta della direttiva sull'istituzione del comitato aziendale europeo (94/45/CE) e aspetti da sottoporre a eventuale revisione"

    (2004/C 10/05)

    Il 26 novembre 2002, con lettera della vicepresidente Loyola de Palacio, la Commissione europea ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, a norma dell'articolo 262 del trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere sul tema "Applicazione concreta della direttiva sull'istituzione del comitato aziendale europeo (94/45/CE) e aspetti da sottoporre a eventuale revisione".

    La sezione specializzata Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere in data 10 settembre 2003 (relatore: Piette).

    Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il 24 settembre 2003, nel corso della 402a sessione plenaria, con 122 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni, il seguente parere.

    OGGETTO DEL PARERE

    Per assecondare le richieste del CESE di maggiore coinvolgimento nelle attività condotte dall'Unione in ambito sociale e nello spirito dell'accordo quadro stipulato con lo stesso CESE, la Commissione ha chiesto al Comitato di elaborare un parere esplorativo sull'applicazione concreta della direttiva riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo, o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori, nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie nonché sugli aspetti da sottoporre a eventuale revisione. Il parere potrà risultare molto utile alla Commissione, che nel corso del 2003 dovrà adottare una decisione ben ponderata sul seguito da riservare alla richiesta di revisione della direttiva 94/45/CE, proveniente da più parti e soprattutto dal Parlamento europeo. Il presente parere, contenente un quadro della situazione ed elementi obiettivi condivisi, potrà servire da supporto alle parti sociali, fatta salva la loro autonomia e capacità decisionale.

    Il presente documento intende dunque essere soprattutto un corpus informativo e ha lo scopo di fare il punto sull'esperienza acquisita nell'applicazione della direttiva.

    1. Quadro generale della direttiva 94/45/CE e del suo riesame

    1.1. L'adozione da parte del Consiglio dei ministri, il 22 settembre 1994, della direttiva riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori, estesa al Regno Unito attraverso la direttiva 97/74/CE del Consiglio del 17 novembre 1997, ha rappresentato un progresso determinante per lo sviluppo di un dialogo sociale realmente europeo a livello d'impresa, in sintonia con la struttura transnazionale delle imprese e dei gruppi di imprese.

    Questo nuovo strumento, dalla natura realmente transnazionale, ha fortemente contribuito a sviluppare la dimensione europea delle relazioni industriali.

    1.2. Gli Stati membri dovevano aver recepito la direttiva nell'ordinamento nazionale entro il 22 settembre 1996 (15 dicembre 1999 per la direttiva 97/74/CE)(1). Le direzioni centrali delle imprese e i rappresentanti dei lavoratori hanno avuto a disposizione lo stesso lasso di tempo per negoziare accordi volontari ai sensi dell'articolo 13. La complessità e la natura fortemente innovatrice della direttiva, che coniuga dimensioni specificamente europee e dimensioni nazionali, ha reso essenziale coordinare il recepimento negli ordinamenti nazionali per ottenere disposizioni fortemente convergenti dal punto di vista del contenuto.

    1.3. Ai sensi dell'articolo 15 della direttiva 94/45/CE, la Commissione era tenuta a riesaminare, al più tardi entro il 22 settembre 1999, le sue modalità d'applicazione al fine di proporre al Consiglio le eventuali modifiche necessarie.

    1.4. Pur considerando che si sarebbe trattato di un processo indubbiamente innovativo, si era ritenuto che a quella data i negoziati condotti e le attività svolte in seno ai comitati aziendali europei avrebbero fornito ormai sufficienti esperienze concrete per consentire il riesame della direttiva.

    1.5. Il riesame doveva essere condotto dalla Commissione "in consultazione con gli Stati membri e le parti sociali a livello europeo".

    1.6. Il riesame doveva vertere sulle modalità d'applicazione della direttiva, dunque su tutti gli aspetti relativi alla costituzione e al funzionamento dei comitati aziendali europei, nonché sulla validità dei limiti numerici per il personale.

    1.7. A seguito di questo riesame e di un convegno organizzato con le parti sociali nell'aprile 1999, il 4 aprile 2000 la Commissione ha presentato al Parlamento e al Consiglio la propria relazione sullo stato di applicazione della direttiva. Pur vertendo essenzialmente sulla valutazione delle misure di recepimento adottate dagli Stati membri, la relazione ha esaminato anche lo stato di attuazione della direttiva stessa. Indipendentemente dalla qualità degli atti di recepimento, la Commissione ha sottolineato che alcuni suoi punti restavano ancora da interpretare e indicato inoltre che di solito sono le parti interessate, oppure l'autorità giudiziaria, a dirimere queste problematiche.La Commissione non ha dunque ritenuto necessario proporre una modifica della direttiva in quella fase.

    1.8. In seguito la Presidente del Parlamento europeo ha assegnato la relazione, per esame, alla commissione per l'occupazione e gli affari sociali e, per parere, alla commissione giuridica e per il mercato interno nonché alla commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia. Nella sua risoluzione sulla relazione, presentata il 17 luglio 2001, il Parlamento ha invitato la Commissione a presentare in tempi brevi una proposta di modifica della direttiva recante una serie di migliorie(2).

    1.9. A distanza di circa tre anni, al termine di un periodo più lungo di attuazione, la Commissione considera opportuno procedere a un ulteriore esame dello stato di applicazione della direttiva, tanto più che la questione figura nell'Agenda sociale adottata a Nizza nel dicembre 2000.

    1.10. Dalla pubblicazione della relazione della Commissione nell'aprile 2000, il mercato del lavoro è notevolmente cambiato in Europa. L'accelerazione delle ristrutturazioni transnazionali, divenute ormai una costante nella vita delle imprese, e la nuova natura che hanno assunto costituiscono oggi altrettante sfide per i comitati aziendali europei.

    1.11. Il campo d'applicazione della direttiva 94/45/CE includerà i nuovi Stati membri dell'Unione a partire dall'adesione, prevista per il 1o maggio 2004 per dieci di loro. L'allargamento avrà un forte impatto sia su alcuni comitati esistenti, che dovranno accogliere rappresentanti dei lavoratori di quei paesi, sia sull'ingresso di nuovi gruppi di imprese nel campo di applicazione della direttiva, cosa che sicuramente farà sorgere nuove sfide da affrontare. Nei prossimi anni, le riflessioni e le attività relative ai comitati aziendali europei dovranno tener conto della specificità di queste nuove imprese nonché delle caratteristiche proprie dei sistemi di relazioni industriali in vigore in questi nuovi Stati membri. Come hanno sottolineato le parti sociali in occasione del convegno "Comitati aziendali europei: pratica e sviluppo" dell'aprile 1999, si renderà necessario un processo di apprendimento volto a consentire agli interessati di assimilare elementi e dati appartenenti a culture, prassi e realtà diverse e di superare gli ostacoli legati alle differenze sociali, economiche e culturali.

    1.12. D'altro canto, è cambiato anche il contesto legislativo. Sono state emanate nuove norme comunitarie nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori, quali la direttiva 2001/86/CE dell'8 ottobre 2001, sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea, e la direttiva 2002/14/CE dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.

    2. Quadro della situazione

    2.1. Un'esperienza già cospicua

    2.1.1. Alla fine del 2002, su 1865 imprese o gruppi che rientravano nel campo d'applicazione della direttiva sui comitati aziendali europei e occupavano un totale di 17 milioni di dipendenti, erano 639 le imprese dove era già stato costituito un comitato aziendale, per un totale di 11 milioni di lavoratori. Il 72 % di questi accordi (400) era stato stipulato "per anticipazione", a norma dell'articolo 13 della direttiva, e il 28 % a norma dell'articolo 6. Gli accordi di anticipazione, eventualmente prorogati o modificati, rappresentano quindi ancora la base di una larga maggioranza dei comitati aziendali europei oggi in funzione. Risultano inoltre sette accordi stipulati per istituire procedure di informazione e di consultazione senza però formare comitati aziendali europei(3).

    2.1.2. Oltre la metà di questi accordi è stata conclusa nel solo 1996; da allora ogni anno ne è stata sottoscritta un'altra quarantina. Sul totale delle imprese e dei gruppi che rientrano attualmente nel campo d'applicazione della direttiva, ve ne sono 1200, con 6 milioni di dipendenti, che potrebbero ancora attivare un comitato aziendale europeo oppure una procedura di informazione e consultazione dei lavoratori. Si tratta spesso di imprese o di gruppi dalle dimensioni più ridotte, che presentano una minore integrazione transnazionale ma attività transfrontaliere già non trascurabili.

    2.1.3. Un quarto degli accordi ricade nell'ambito d'applicazione della legge tedesca, il 12-13 % negli ordinamenti francese, belga o britannico e il 4-7 % negli ordinamenti olandese, svedese, italiano, irlandese o finlandese, mentre meno di 20 accordi rientrano rispettivamente nell'ambito d'applicazione della legge austriaca, norvegese, danese, lussemburghese, svizzera, spagnola o greca.

    2.1.4. L'allargamento è già operativo per circa il 30 % dei comitati aziendali europei esistenti(4), che già annoverano membri oppure osservatori provenienti dai paesi che aderiranno all'Unione europea il 1o maggio 2004. Tali paesi hanno iniziato a recepire la direttiva 94/45/CE nei rispettivi ordinamenti interni, nella fattispecie lo hanno già fatto Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

    2.1.5. Più di 10000 rappresentanti dei lavoratori oggi partecipano direttamente al funzionamento dei comitati aziendali europei e praticano scambi e attività interculturali, il che rappresenta uno dei fenomeni più visibili e più sostanziali dell'Europa sociale.

    2.2. La negoziazione degli accordi

    2.2.1. La validità del principio introdotto dalla direttiva, che impone agli interlocutori sociali a livello di impresa di avviare le negoziazioni, si è vista confermata dal numero di accordi siglati sulla base degli articoli 6 o 13. La complessità e la natura intrinsecamente europea di questo nuovo strumento non hanno certo agevolato il ruolo delle parti sociali ma, in generale, gli studi indicano che esse si avvantaggiano decisamente delle reciproche esperienze in materia di comitati aziendali europei.

    2.2.2. Gli accordi stipulati sono molto diversi fra di loro, che si tratti di accordi di anticipazione, i più numerosi, oppure di accordi conclusi dopo l'entrata in vigore della direttiva. Nella maggior parte dei casi l'accordo reca disposizioni relative sia all'informazione che alla consultazione transnazionale dei lavoratori, nel rispetto dei diritti sanciti dalla direttiva, mentre soltanto otto accordi si limitano all'informazione. D'altro canto diversi accordi non contemplano soltanto meccanismi centrali di informazione e di consultazione, ma prevedono altresì procedure decentrate a livello nazionale su taluni aspetti di queste attività.

    2.2.3. Il solo fatto che sia in corso una negoziazione fra la direzione centrale e la delegazione speciale di negoziazione sulla costituzione di un comitato aziendale europeo rafforza il dialogo sociale e il ruolo degli interlocutori sociali dell'impresa. Le analisi condotte su diversi accordi dimostrano che, in più di tre quarti delle negoziazioni volontarie, le federazioni sindacali europee hanno svolto un importante ruolo di coordinamento e sono state cofirmatarie degli accordi. I membri della delegazione speciale di negoziazione hanno spesso chiesto di essere assistiti nel loro lavoro da esperti di loro scelta, nella fattispecie da rappresentanti delle pertinenti organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario.

    2.2.4. Le modalità per negoziare un nuovo accordo sono definite dalla direttiva 94/95/CE. Tuttavia, quando non è previsto nulla nell'accordo su questo argomento, la modifica del funzionamento o la rinegoziazione degli accordi esistenti può spesso porre il delicato problema dei negoziatori e dei firmatari.

    2.2.5. Sulla base dell'esperienza, il primo problema che devono affrontare i lavoratori dei 1200 tra imprese e gruppi di imprese potenzialmente interessati ad avviare il processo negoziale per costituire un nuovo comitato europeo o una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori è quello di ottenere le informazioni sulla struttura dell'impresa o del gruppo di imprese in Europa, sugli organici e sugli interlocutori nei vari paesi. Tre casi approdati a titolo pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunità europee(5) stabiliscono il principio secondo cui, nello Spazio economico europeo, tutte le informazioni indispensabili all'apertura di negoziazioni sulla costituzione di un comitato aziendale, in particolare quelle relative alla struttura del gruppo e agli organici, devono essere trasmesse dalle direzioni delle imprese interessate ai rappresentanti dei lavoratori, qualunque sia la sede del gruppo o il parere della sua direzione quanto all'applicabilità della direttiva.

    2.2.6. La creazione delle condizioni e dei mezzi per avviare la negoziazione ricade sotto la responsabilità della direzione centrale, che è tenuta a farsi carico con il proprio bilancio dei vari risvolti organizzativi e pratici delle riunioni, come spostamenti, alloggio, interpretazione, tempistica. Il problema è particolarmente rilevante per i gruppi europei di medie dimensioni, che costituiscono la maggior parte delle imprese che potrebbero ancora aprire negoziazioni. Potrebbe risultare utile una riflessione sui modi per dare un sostegno specifico all'avvio del dialogo sociale transnazionale in queste imprese, per esempio attraverso le linee di bilancio aperte in questo ambito.

    2.2.7. La negoziazione deve essere avviata entro sei mesi dalla richiesta o dall'iniziativa e può durare fino a tre anni, ma in genere si conclude prima. Le condizioni in cui essa si svolge si rivelano spesso determinanti per la fase iniziale del funzionamento dei comitati.

    2.2.8. Numerose imprese adeguano o rinegoziano il/i loro comitato/i europeo/i in funzione di fusioni, cessioni o modifiche rilevanti in termini di dimensioni. Gli aspetti relativi all'adattamento della composizione delle strutture di rappresentanza, in caso di modifiche dimensionali a livello di impresa o di gruppo, e al loro effettivo mantenimento nei periodi di transizione sono essenziali ai fini della capacità del comitato o dei comitati di affrontare le ristrutturazioni. Metà degli accordi includono nell'ambito di competenza del comitato europeo aspetti legati alle ristrutturazioni: il 51 % degli accordi fa riferimento alle fusioni, il 47 % alle chiusure di stabilimenti produttivi e il 53 % alle delocalizzazioni(6). Le modifiche dimensionali hanno creato problemi alla maggior parte dei comitati.

    2.3. Funzionamento dei comitati aziendali europei

    2.3.1. Le relazioni pubblicate congiuntamente dalla Commissione europea (DG Occupazione e affari sociali) e dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro operano una distinzione fra gli accordi che hanno costituito comitati aziendali europei il cui potenziale sembra limitarsi a funzioni formali o simboliche, e che si riuniscono una volta all'anno, e gli accordi che hanno costituito comitati in grado di esercitare un ruolo dinamico, nei quali i rappresentanti del personale sono attivi anche negli intervalli fra le riunioni e intrattengono contatti costanti con la direzione(7).

    2.3.2. I comitati esistenti sono peraltro in costante evoluzione secondo le linee di un processo formativo interno; per questo motivo, volendo determinare fino a che punto un accordo offra a un comitato reali possibilità di svolgere un ruolo attivo, non bisogna guardare soltanto alle sue norme, ma esaminare anche le esperienze concrete.

    2.3.3. I risultati di vari studi [cfr. per esempio Lecher(8)] indicano che, per un comitato aziendale europeo, la conclusione di un accordo rappresenta più un punto di partenza che l'esito della sua evoluzione in quanto organo.

    2.3.4. Il funzionamento dei comitati aziendali europei è stato analizzato per mezzo di studi monografici, indagini o scambi di buone pratiche, i quali rivelano che in effetti si assiste a un processo dinamico di sviluppo per tappe successive. Se inizialmente potevano manifestarsi certe resistenze rispetto alla richiesta di costituire un comitato, oggi si constata come molti ne riconoscano il ruolo positivo nel miglioramento del dialogo sociale e dell'informazione-consultazione all'interno dell'impresa.

    2.3.5. Un documento pubblicato dall'organizzazione datoriale dei Paesi Bassi descrive compiti e ruoli dei comitati aziendali europei di 17 imprese con sede centrale in questo paese e rivela che la maggior parte dei datori di lavoro ritiene che il comitato apporti o possa apportare un valore aggiunto, soprattutto nel contesto di una ristrutturazione(9). Alcuni datori di lavoro ritengono tuttavia che i comitati aziendali europei non abbiano contribuito a migliorare il dialogo sociale nell'impresa. Anche da un'indagine condotta presso alcune multinazionali giapponesi(10) emerge che gran parte degli alti dirigenti intervistati valuta positivamente i comitati aziendali europei. Un'inchiesta condotta recentemente da una struttura di consulenza americana presso i responsabili di 24 grandi multinazionali per lo più statunitensi fornisce anch'essa una valutazione positiva dell'esperienza realizzata attraverso i comitati(11). Nella maggior parte dei casi, nella prassi si è andati oltre le disposizioni dell'accordo, le direzioni oggi sono più disponibili di quanto non lo fossero inizialmente ad affrontare le problematiche in una dimensione transnazionale, la riservatezza quasi non costituisce un problema, si apprezza il contributo degli esperti e si valuta positivamente la consultazione in tema di ristrutturazioni. Complessivamente, e anche se queste strutture richiedono molto tempo e mezzi, tre quarti dei dirigenti interrogati ritengono che i comitati aziendali europei rappresentino un valore aggiunto per l'impresa. Diversi di loro fanno rilevare che i comitati hanno portato anche vantaggi inattesi, grazie alla migliore disciplina indotta e al coordinamento tra i dirigenti nel processo decisionale.

    2.3.6. Parallelamente alla suddivisione in base alle diverse tappe del loro sviluppo, i comitati aziendali europei spesso vengono distinti per tipologia funzionale (Lecher): alcuni risultano essere un'estensione delle strutture di rappresentanza nazionali del paese dove si trova la sede centrale, nel qual caso costituiscono una fonte d'informazione aggiuntiva a uso nazionale; altri sono gestiti dai rappresentanti del paese dominante, nel qual caso la caratteristica transnazionale è percettibile ma poco sviluppata; altri ancora hanno sviluppato una reale "identità collettiva sovranazionale", caratterizzata dalla parità fra i loro componenti e dall'elaborazione di posizioni comuni.

    2.3.7. Gli aspetti relativi al momento, al contenuto e all'incidenza dell'informazione e della consultazione transnazionale rappresentano elementi determinanti del funzionamento dei comitati aziendali europei, in particolare:

    - la qualità dell'informazione, che deve essere costante e specifica, da parte della direzione e dei membri del comitato verso i loro colleghi nonché la sua accessibilità concreta da parte di tutti gli interessati sono essenziali per la qualità del dialogo che può crearsi in seno al comitato europeo e per la sua capacità di svolgere un ruolo attivo. Alcuni comitati hanno così concordato di elaborare tabelle di marcia e tipologie di informazioni necessarie e di procedere alla loro analisi;

    - la clausola di confidenzialità figura nell'87 % degli accordi e, nella pratica, è spesso oggetto di dibattito, essenzialmente nel caso delle ristrutturazioni. Ciò nondimeno, l'instaurazione di un clima di fiducia sembra aver permesso di attenuare il problema grazie ai meccanismi di dialogo creati.

    2.3.8. L'esperienza ha dimostrato che la possibilità per il comitato di intervenire precocemente in tutti i processi decisionali può contribuire a favorire una gestione responsabile e preventiva, soprattutto nei casi di ristrutturazione.

    2.3.9. Il concetto di transnazionalità delle problematiche affrontate in seno al comitato aziendale europeo è spesso al centro di discussioni concrete, nella fattispecie quando si tratta di decisioni che di fatto riguardano un solo paese, ma in pratica hanno implicazioni strategiche che travalicano il livello nazionale. La direttiva sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea, pur rientrando in un ambito diverso soprattutto per la natura meramente facoltativa di quest'ultima, prevede che "l'organo di rappresentanza dei lavoratori fornisca informazioni sui [...] problemi riguardanti o la società stessa SE e qualsiasi affiliata o dipendenza della medesima situata in un altro Stato membro, o su questioni che esorbitano dai poteri degli organi decisionali di un unico Stato membro."

    2.3.10. Le ricerche condotte dalla Fondazione europea presso 12 imprese o gruppi di imprese che hanno stipulato accordi transnazionali(12) nonché le banche dati che raccolgono gli accordi(13) dimostrano che taluni comitati aziendali europei cominciano ad andare oltre il loro ruolo di informazione e consultazione, elaborando pareri comuni, codici di condotta, carte, programmi d'azione e accordi a livello europeo, nella fattispecie in materia di sanità, di sicurezza e ambiente, di diritti fondamentali, di mobilità, di formazione, di pensioni complementari e infine di fusioni, chiusure, delocalizzazioni e ristrutturazioni.

    2.3.11. La prassi rivela altresì che il crearsi di un dialogo sociale reale e proficuo in seno al comitato aziendale europeo dipende dalle sue modalità di funzionamento in termini di circolazione dell'informazione, capacità di coordinamento e interazioni da ciò determinate.

    - Il comitato ristretto, comitato direttivo o segreteria, presente nel 75 % dei casi, la sua composizione, la frequenza delle sue riunioni, il suo legame con gli organi nazionali di rappresentanza, la sua possibilità di contattare le varie sedi, i mezzi di cui dispone per le traduzioni sono tutti elementi considerati essenziali nel funzionamento dei comitati aziendali europei.

    - I mezzi e le capacità dei membri variano a seconda dei comitati: una formazione è prevista già nel 42 % degli accordi per rispondere a esigenze specifiche legate all'esercizio di funzioni di rappresentanza a livello europeo; la possibilità di un ricorso ad esperti è contemplata nella maggior parte degli accordi (il 57 % degli accordi ne prevede la presenza nelle riunioni plenarie e preparatorie), ma questo aspetto resta argomento di discussione, date le specificità e le prassi abituali degli organi nazionali, che in certi paesi comprendono alcuni funzionari sindacali; gli strumenti di comunicazione sono essenziali, comprese la capacità di collegarsi con le varie sedi rappresentate, la traduzione e l'interpretazione in funzione delle esigenze; pure la frequenza delle riunioni ordinarie del comitato pone qualche problema pratico (l'83 % degli accordi limita esplicitamente il numero di riunioni previste a una soltanto oppure a una riunione ordinaria con possibilità di una riunione straordinaria, mentre il 14 % degli accordi prevede due riunioni ordinarie).

    - Il processo di informazione e consultazione tocca essenzialmente i temi previsti dalla direttiva e si dimostra particolarmente importante in caso di ristrutturazione. Ciò nondimeno, taluni comitati lo estendono agli interventi programmati dalla direzione, nella fattispecie nei seguenti ambiti: formazione continua, ambiente, salute e sicurezza, pari opportunità, eventuali forme di partecipazione finanziaria dei lavoratori e, anche se in forma ancora molto marginale, attività culturali e sociali.

    Il comitato aziendale europeo si rivela essere una sede di scambio ove concretare obiettivi come quelli introdotti a Lisbona, incentrati tra l'altro sull'istruzione e la formazione lungo tutto l'arco della vita.

    2.3.12. Anche la capacità di adeguare e far evolvere il comitato aziendale europeo per conformarlo a cambiamenti intervenuti nel gruppo o migliorarne il funzionamento (processo dinamico) riveste la massima importanza ai fini pratici. Nelle sue prescrizioni accessorie, lo strumento belga di recepimento della direttiva cita i cambiamenti strutturali o dimensionali dell'impresa o del gruppo e prevede per quel caso regole apposite, che possono figurare in un protocollo di collaborazione.

    2.3.13. Alcuni accordi trattano in maniera specifica i diversi settori di attività o le diverse divisioni presenti all'interno di un gruppo. Anche se certi comitati sono organi unitari malgrado l'estrema varietà delle categorie professionali che rappresentano, la strutturazione per categorie professionali all'interno di uno stesso comitato è già realtà in più di un decimo dei casi (studio della Fondazione europea di Dublino, 2000). La maggior parte delle imprese interessate ha anche istituito formalmente meccanismi che regolano la circolazione delle informazioni e l'articolazione fra i vari livelli e organi di dialogo.

    2.3.14. Un elemento costante è dato dalla rappresentanza più che squilibrata degli uomini e delle donne in seno alle delegazioni speciali di negoziazione e ai comitati aziendali europei, che certamente riflette uno squilibrio esistente anche negli organi di rappresentanza a livello nazionale. Appare opportuno riflettere su modalità che impongano un'attenuazione di questo squilibrio, anche alla luce del ruolo dei comitati aziendali europei nel modello sociale europeo.

    2.3.15. Inoltre, alcuni accordi e alcune leggi nazionali di recepimento hanno previsto una rappresentanza equilibrata delle differenti categorie del personale all'interno dei comitati.

    2.3.16. Le questioni relative alla personalità giuridica dei comitati aziendali europei e alla loro capacità di agire in giustizia, di gestire un patrimonio e di concludere accordi si pongono in termini diversi a seconda degli Stati membri.

    2.3.17. Tutti i paesi hanno previsto un sistema di sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto degli obblighi contemplati dalla direttiva, per quanto attiene sia alla costituzione di un organo negoziale che al funzionamento del comitato aziendale europeo. In certi casi possono peraltro porsi problemi di accessibilità al diritto, nella fattispecie quando un gruppo extraeuropeo abbia designato la propria sede centrale europea in uno Stato i cui lavoratori non sono rappresentati in seno al comitato. I rappresentanti possono di conseguenza trovarsi di fronte a difficoltà pratiche e all'impossibilità di far valere il diritto di ricorso alle giurisdizioni competenti nel paese della sede centrale (è per esempio il caso del Belgio, dove la legge permette alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori di ricorrere al giudice del lavoro).

    2.4. Articolazione fra dialogo sociale nazionale ed europeo

    2.4.1. Il principio di sussidiarietà è stato ampiamente rispettato dalla direttiva 94/45/CE, in quanto questa ha tenuto conto delle varie forme di rappresentanza, di informazione e di consultazione dei lavoratori nell'impresa. La modalità di elezione o di designazione dei rappresentanti dei lavoratori viene determinata a livello di Stati membri.

    2.4.2. L'interazione fra livello locale e livello europeo in taluni casi ha contribuito a migliorare le realtà nazionali.

    2.4.3. Per esempio, sulla scia del comitato aziendale europeo, alcune imprese hanno istituito, talvolta attraverso un accordo, dei comitati di gruppo (intersede) a livello nazionale. Secondo un'indagine condotta presso i rappresentanti belgi della CSC-ACV (Confédération des Syndicats Chrétiens/Algemeen Christelijk Vakverbond), nel 35 % dei casi il comitato aziendale europeo ha indotto a costituire reti di comunicazione intersede a livello nazionale. Secondo la stessa indagine, il 67 % dei rappresentanti ritiene che il comitato aziendale europeo abbia avuto un peso nel migliorare il funzionamento del locale comitato d'impresa(14).

    2.4.4. In alcune imprese il comitato aziendale europeo ha per esempio contribuito anche a eliminare gli ostacoli all'informazione, alla consultazione e alla comunicazione con il personale, grazie al fatto che il punto 5 dell'allegato alla direttiva prevede che i membri del comitato informino i rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di questi, l'insieme dei lavoratori.

    2.4.5. Per rafforzare la coerenza fra direzioni locali, contestualmente alla costituzione dei comitati aziendali europei, taluni gruppi hanno anche avviato riunioni transnazionali delle direzioni.

    2.4.6. I comitati hanno favorito l'emergere di una coscienza europea del dialogo sociale, non solo attraverso l'informazione e la consultazione ma anche attraverso la straordinaria opportunità culturale di sviluppare gli scambi a livello transnazionale. Nell'ambito della costruzione europea, date le diverse modalità di rappresentanza, gli scambi di conoscenze, le influenze reciproche, nonché la creazione di sinergie fra gli interessi dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro dello stesso gruppo rappresentano un concreto progresso culturale.

    3. Conclusioni

    3.1. Stando ai vari rapporti e studi elaborati in materia di accordi e pratiche dei comitati aziendali europei, le esperienze già acquisite consentono di trarre alcune conclusioni su come organizzare un processo negoziale, volto a costituire un comitato aziendale europeo oppure ad avviare la procedura di informazione e consultazione dei lavoratori, affinché sia semplice, democratico ed efficace. Abbondano anche le esperienze riguardanti il punto essenziale della direttiva, ossia i possibili modi per far valere il diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione.

    3.2. Grazie alla propria composizione, il Comitato economico e sociale europeo è certamente riuscito a gettare una luce particolare sul processo dinamico di dialogo sociale in atto nelle imprese e nei gruppi di imprese. Il comitato aziendale europeo è un organo ancora molto acerbo ma in costante evoluzione, come testimonia la percentuale di accordi rinegoziati ogni anno.

    3.3. L'informazione e la consultazione a livello del comitato aziendale europeo e la dinamica del suo ruolo e delle sue attività potranno certamente rivelarsi utili per tutti i soggetti coinvolti, compreso il cittadino. Le risposte fornite nel contesto della globalizzazione delle imprese e delle ristrutturazioni si ripercuotono infatti non solo sulle condizioni di vita e di lavoro, ma anche sul clima sociale all'esterno delle imprese.

    3.4. Sono stati così messi in comune diversi dati relativi all'applicazione concreta della direttiva e al funzionamento dei comitati, il che ha consentito al CESE di identificare gli apporti forniti da questi ultimi al dialogo sociale e allo sviluppo in Europa. Ciò nondimeno, restano ancora aperte alcune questioni fondamentali, che riguardano essenzialmente i seguenti aspetti:

    - le nozioni di "effetto utile" e di "tempo utile" per l'informazione e la consultazione dei lavoratori;

    - il campo d'applicazione della direttiva 94/45/CE, per esempio per quanto attiene alle joint venture, alla possibile esclusione della marina mercantile e alla nozione di impresa, data la diversità delle modalità di intraprendere. Quest'ultima aumenterà ulteriormente a livello europeo con l'arrivo di imprese di tipo associativo, cooperativo e mutualistico, che svolgono attività economiche sempre più ingenti e sempre più transfrontaliere. Le imprese pubbliche sono peraltro citate esplicitamente negli strumenti di recepimento di due Stati membri (Svezia e Spagna);

    - la questione della rappresentanza e della proporzionalità della rappresentanza in seno ai comitati europei, che non è disciplinata da norme transnazionali;

    - la questione dell'impatto dei comitati aziendali europei sul dialogo sociale nell'impresa a livello nazionale;

    - la questione della possibilità per i componenti dei comitati aziendali europei di recarsi nei siti di cui rappresentano i lavoratori e di comunicare con i rispettivi rappresentanti e lavoratori;

    - il problema dei rapporti fra il comitato aziendale europeo e le autorità di regolazione della concorrenza. Il regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio sul controllo comunitario delle concentrazioni prevede che, nel quadro dell'esame di un'operazione di concentrazione sottoposta al controllo comunitario, "i rappresentanti riconosciuti dai lavoratori" possano essere intesi come "persone fisiche o giuridiche che dimostrino un sufficiente interesse". Attualmente i rappresentanti dei lavoratori non hanno però alcuna garanzia di poter accedere al fascicolo, neanche a una versione "non confidenziale". La questione è rivolta principalmente alle autorità comunitarie, nel quadro di una migliore articolazione fra la politica sociale e la politica della concorrenza.

    3.5. Le riflessioni condotte e i dati raccolti, peraltro, hanno fatto emergere anche all'interno del CESE ottiche divergenti sull'applicazione della direttiva e sul funzionamento dei comitati aziendali europei. Alcuni membri ritengono infatti che il presente parere esplorativo debba limitarsi ad essere un corpus informativo, astenendosi dal voler incidere su eventuali future discussioni fra parti sociali in merito alla revisione della direttiva 94/45/CE, posto che la Commissione ha previsto nel proprio programma di lavoro di consultare le parti sociali a partire dall'autunno 2003. Altri membri ritengono invece che il bilancio effettuato nell'ambito del CESE sull'applicazione della direttiva e sul funzionamento dei comitati debba servire da punto di partenza per l'esame degli aspetti che renderanno eventualmente necessaria una revisione della direttiva.

    Bruxelles, 24 settembre 2003.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Roger Briesch

    (1) I testi di recepimento negli ordinamenti nazionali della direttiva 94/95/CE sono disponibili sul sito web http://europa.eu.int/comm /employment_social/soc-dial /labour/directive9445/index_en.htm

    (2) Relazione finale del Parlamento europeo A5-0282/2001, del 17 luglio 2001, sulla comunicazione della Commissione sullo stato di applicazione della direttiva 94/45/CE del Consiglio - commissione per l'occupazione e gli affari sociali.

    (3) Banca dati Infopoint della CES.

    (4) Istituto sindacale europeo, European Works Councils - Facts and Figures, Bruxelles, novembre 2002.

    (5) C-62/99 Bofrost, sentenza del 29 marzo 2001; C-440/00 Kühne & Nagel, conclusioni presentate l'11 luglio 2002; C-349/01 ADS Anker GmbH, conclusioni presentate il 27 febbraio 2003.

    (6) Banca dati sugli accordi (Infopoint) della CES.

    (7) Mark Carley - Paul Marginson, Negotiating European Works Councils: a comparative study of Article 6 and Article 13 agreements, Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, 2000.

    (8) Lecher W., Nagel B. & Platzer H.W (1999), The Establishment of European Works Councils. From Information Committee to Social Actor, Ashgate Publishing, Aldershot.

    (9) J. Lamers, The Added Value of European Works Councils, AWVN, Haarlem, 1998.

    (10) S. Nakano in: "European Journal of Industrial Relations", vol. 5, n. 3, pagg. 307-326.

    (11) Organization Resources Counselors Inc. (ORC), "European Works Councils Survey 2002", sintesi in: EIROnline, 01/2003.

    (12) M. Carley, Joint Texts Negotiated by European Works Councils, EFILWC, Dublino, 2001.

    (13) Banca dati Infopoint della CES.

    (14) Le CENE est-il sur la bonne voie?, CSC - Hoger Instituut voor de arbeid, Veerle Cortebeeck, Joris Van Ruysseveldt, Lovanio, 2002.

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