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Dokument 32003D0515
2003/515/EC: Commission Decision of 17 February 2003 on the State aid implemented by the Netherlands for international financing activities (Text with EEA relevance) (notified under document number C(2003) 568)
2003/515/CE: Decisione della Commissione, del 17 febbraio 2003, relativa alla misura d'aiuto alla quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione in favore di attività finanziarie internazionali (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2003) 568]
2003/515/CE: Decisione della Commissione, del 17 febbraio 2003, relativa alla misura d'aiuto alla quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione in favore di attività finanziarie internazionali (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2003) 568]
GU L 180 del 18.7.2003, lk 52–66
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Kehtivad
2003/515/CE: Decisione della Commissione, del 17 febbraio 2003, relativa alla misura d'aiuto alla quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione in favore di attività finanziarie internazionali (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2003) 568]
Gazzetta ufficiale n. L 180 del 18/07/2003 pag. 0052 - 0066
Decisione della Commissione del 17 febbraio 2003 relativa alla misura d'aiuto alla quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione in favore di attività finanziarie internazionali [notificata con il numero C(2003) 568] (Il testo in lingua neerlandese è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE) (2003/515/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 88, paragrafo 2, primo comma, visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l'articolo 62, paragrafo 1, lettera a), dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detto articolo(1), e viste le osservazioni trasmesse, considerando quanto segue: 1. PROCEDIMENTO (1) Per contrastare la concorrenza fiscale dannosa, nel 1997 il Consiglio Ecofin ha adottato un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese(2), ed ha al tempo stesso istituito un gruppo ad hoc incaricato di esaminare le misure fiscali rientranti nel campo di applicazione di tale codice. In base all'impegno assunto nell'ambito del codice di condotta, la Commissione ha pubblicato nel 1998 una comunicazione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese(3), in cui ha sottolineato la sua determinazione ad applicare rigorosamente queste norme, tenendo conto del principio della parità di trattamento. In questo contesto, la Commissione ha cominciato ad esaminare, alla luce delle norme sugli aiuti di Stato, le misure considerate dannose nel quadro del gruppo "Codice di condotta". La Commissione indica il parallelismo fra i lavori del gruppo "Codice di condotta" e la politica dell'Unione europea nel settore degli aiuti di Stato: entrambi hanno infatti come obiettivo quello di eliminare le misure che falsano o rischiano di falsare la concorrenza sul mercato interno. La Commissione prende al tempo stesso atto dei progressi compiuti nel contrastare la concorrenza fiscale dannosa, e in particolare delle azioni avviate dagli Stati membri per sopprimere le misure individuate dal gruppo "Codice di condotta" o per eliminarne gli aspetti dannosi. (2) Con lettera del 12 febbraio 1999 la Commissione ha chiesto ai Paesi Bassi informazioni sul regime relativo alle attività di finanziamento internazionale ("concernfinancieringsactiviteiten", "attività finanziarie di gruppo", in appresso "regime CFA"). I Paesi Bassi hanno fornito queste informazioni con lettera dell'8 marzo 1999. (3) Con lettera dell'11 luglio 2001, la Commissione ha informato i Paesi Bassi della propria decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato riguardo all'aiuto in oggetto. (4) La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee(4). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito alla misura di cui trattasi. (5) La Commissione ha ricevuto osservazioni in merito da parte degli interessati. Essa le ha trasmesse ai Paesi Bassi offrendo l'opportunità di commentarle ed ha ricevuto i relativi commenti con lettera del 30 gennaio 2002. (6) Con lettera del 18 luglio e del 3 ottobre 2002 la Commissione ha ricevuto dai Paesi Bassi informazioni supplementari. Diverse riunioni hanno avuto luogo nel corso del procedimento fra la Commissione e le autorità olandesi. 2. DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLA MISURA (7) Le disposizioni che autorizzano la costituzione di una riserva per i rischi legati alle attività finanziarie di un gruppo internazionale sono contenute nell'articolo 15 bis della legge relativa all'imposta sulle società del 1969. Questo articolo è stato introdotto con la legge del 13 dicembre 1996, che contiene anche delle disposizioni dirette a limitare la possibilità di dedurre, con prestiti artificiali, dal reddito di impresa imponibile, gli interessi connessi alle attività finanziarie di gruppi che operano a livello internazionale. Tale disposizione è diretta a lottare contro l'erosione della base imponibile dell'imposta olandese sulle società. 2.1. Obiettivo (8) Secondo le autorità olandesi, con questa misura il Parlamento olandese ha cercato di impedire che le imprese olandesi che operano a livello internazionale collochino le loro attività finanziarie di gruppo in società all'estero, in particolare nei paradisi fiscali. 2.2. Condizioni (9) Le richieste di costituzione di una riserva di rischio sono esaminate da un comitato di coordinamento appositamente costituito. Questo comitato non ha alcun potere discrezionale, non più del ministro o dell'amministrazione. Un decreto pubblicato il 2 ottobre 1997 è diretto a garantire una corretta applicazione della legge e ad impedire qualsiasi forma di abuso. (10) La possibilità di costituire una riserva di rischio è aperta a tutte le società che sono soggetti passivi, siano esse olandesi o estere, a condizione che vengano soddisfatti i requisiti di legge. (11) Affinché una società possa costituire una riserva di rischio, deve svolgere un'attività di finanziamento a favore di entità del gruppo stabilite in almeno quattro paesi o in almeno due continenti. Un'impresa viene considerata come facente parte dello stesso gruppo dell'impresa olandese se queste imprese sono partecipate per più del 33,33 %. Le azioni che non conferiscono il diritto alla distribuzione delle riserve in caso di liquidazione della società non sono prese in considerazione nel calcolo di questa percentuale. (12) Ai sensi dell'articolo 15 bis, il termine "attività finanziarie" si riferisce ad attività di finanziamento di mezzi di produzione e attività commerciali delle entità facenti parte del gruppo, incluso il finanziamento di partecipazioni, così come la messa a disposizione dell'uso o il diritto d'uso di mezzi di produzione in seno al gruppo, e gli investimenti. (13) I beneficiari di questo sistema devono poter dimostrare di svolgere un'attività regolare di prestito e di investimento di fondi e di essere in grado di operare in maniera autonoma. I dirigenti devono avere la capacità e il potere di prendere a tal fine le misure necessarie. L'attività deve essere gestita unicamente dai Paesi Bassi, senza interferenze dall'estero. La società deve partecipare, in modo non saltuario, agli accordi ed all'esecuzione di operazioni finanziarie a nome delle società del gruppo. (14) Infine, le consociate nei quattro Stati devono contribuire per ciascun paese per almeno il 5 % del reddito imponibile connesso alle attività finanziarie. E ognuno dei due continenti per almeno il 10 %. Inoltre, per comprovare la diffusione internazionale delle attività, alle società del gruppo nei Paesi Bassi non può essere riservato, direttamente o indirettamente, più del 10 % del capitale totale (crediti e capitale netto) utilizzato dalla società per le sue attività finanziarie. (15) Il mancato rispetto delle condizioni di legge fa venir meno il diritto della società in questione di costituire una riserva di rischio. Inoltre, il venir meno dell'osservanza di queste condizioni comporterà lo smobilizzo totale della riserva di rischio e l'imposizione al tasso pieno dell'imposta sulle società. (16) Le richieste delle imprese che desiderano avvalersi del regime CFA vengono trattate dall'amministrazione fiscale. L'autorizzazione viene concessa per dieci anni. 2.3. Conseguenze fiscali (17) Una volta che tutti i requisiti sono rispettati, la società ha diritto di costituire una riserva per i rischi speciali legati alle attività finanziarie internazionali del gruppo. L'apporto annuo alla riserva non può essere superiore all'80 % degli utili delle attività di finanziamento (principalmente interessi e royalties) e degli investimenti di portafoglio a breve conservati in vista di eventuali assunzioni di partecipazioni (in appresso, "utile finanziario"). (18) La proporzione degli investimenti negli utili finanziari è limitata per legge al più basso dei due importi seguenti: o il 25 % del valore netto del gruppo o la somma di tutte le partecipazioni esistenti e dei prestiti in essere all'interno del gruppo (partecipazioni olandesi fino ad un massimo di 1/9 delle partecipazioni estere). Qualsiasi altro reddito è escluso. (19) L'utile finanziario viene calcolato dopo aver tenuto conto delle spese connesse alle attività finanziarie, inclusa la spesa per interessi e una quota proporzionale delle spese generali. Gli utili esentati nel quadro dell'esenzione per le partecipazioni e i crediti d'imposta diretti a evitare la doppia imposizione delle entrate delle filiali non sono considerati utili finanziari, così come non lo sono i prelievi dalla riserva di rischio. (20) Inoltre, l'apporto annuo alla riserva è limitato per legge ad un massimo dell'80 % delle entrate totali imponibili, incluse le entrate che non sono connesse ad attività finanziarie. In tal modo una perdita nelle altre attività riduce a meno dell'80 % la parte di utile finanziario che serve come punto di partenza per il calcolo della riserva massima. Ai fini della regola dell'80 %, l'utile imponibile della società viene calcolato prima di tener conto di eventuali apporti o prelievi dalla riserva. Le perdite riportate a nuovo devono essere dedotte. (21) Una società che dispone di un fondo acquisizioni con l'intenzione (provata all'amministrazione fiscale) di acquisire una o più società può, entro certi limiti, aggiungere i proventi di tale fondo agli utili finanziari netti, che costituiscono la base per il calcolo dell'apporto alla riserva. Il fondo, che è limitato come menzionato sopra, deve essere mantenuto liquido per poter esser utilizzato a breve termine. L'acquisizione deve assumere la forma di capitale azionario. (22) La riserva può essere soppressa volontariamente o meno. (23) Un'acquisizione di quote di una società olandese o estera, o un apporto di capitale in tali società, dà diritto a detrarre dalla riserva, provvisoriamente senza imposizione fiscale, un importo pari al 50 % del prezzo dell'acquisizione o dell'apporto di capitale. Il valore fiscale delle quote acquisite viene tuttavia diminuito del 50 %. In tal modo viene anticipata in termini fiscali un'eventuale perdita per liquidazione. Qualora si verifichi effettivamente una perdita per liquidazione relativamente alla società acquisita, essa, da un punto di vista fiscale, sarà più limitata nella misura in cui l'importo a copertura di tale rischio è già stato dedotto dalla riserva. (24) Se il ministero delle Finanze olandese ritiene che le attività o la localizzazione della consociata comportino rischi straordinari (ad esempio di tipo politico o climatico), la percentuale detraibile dalla riserva per rischi viene portata al 100 %. Lo stesso avviene per la riduzione applicata al valore fiscale delle quote acquisite. Anche in tale caso un'eventuale futura perdita per liquidazione verrà ridotta dello stesso importo. Benché questo caso non si sia finora mai verificato, lo stesso trattamento fiscale vale per un apporto di capitale che deve permettere a una società del gruppo di adempiere a degli impegni ad essa imposti nel quadro di un procedimento giudiziario, e che essa non è in grado di rispettare sulla base delle proprie risorse. Un tale apporto di capitale non può però assumere la forma di una conversione di un prestito (in capitale azionario) o avere come effetto la conversione di uno stabilimento permanente in una consociata. Le quote della società beneficiaria dell'apporto di capitale devono essere conservate per un periodo di almeno cinque anni, a meno che la cessione si basi prevalentemente su motivi commerciali. (25) Anche senza che abbia luogo un'acquisizione o un apporto di capitale, la soppressione volontaria della riserva per rischi può essere intrapresa in qualsiasi momento presentando una richiesta scritta in tal senso. Questo tipo di liquidazione avviene in cinque rate annue uguali, tutte soggette ad imposta ad un'aliquota speciale del 10 %. Nel corso del periodo di cinque anni, non sono consentiti ulteriori apporti alla riserva ma restano possibili utilizzi concernenti i contributi di capitale. I criteri concernenti lo svolgimento delle attività dai Paesi Bassi e la presenza all'estero continuano a valere senza cambiamenti. Eventuali introiti durante questo periodo vengono tassati alla normale aliquota dell'imposta sulle società e non possono essere aggiunti alla riserva. (26) Le perdite derivanti da rischi per i quali la riserva è stata costituita (rinunce a crediti, perdite per liquidazioni e perdite operative subite da stabilimenti permanenti della società o del gruppo) comportano l'utilizzo obbligatorio imponibile della riserva per un importo corrispondente alla perdita. Se la riserva non è sufficiente, l'importo delle perdite che è superiore alla riserva si ripercuoterà sugli altri utili. I rischi e le perdite seguenti comportano obbligatoriamente un prelievo: - i rischi che superano la perdita del valore delle quote in una partecipazione, - la diminuzione di valore di prestiti concessi e le perdite per liquidazioni che, nei Paesi Bassi, si ripercuotono sugli utili, - le perdite di valore di partecipazioni in entità associate che non rientrano nel regime della "partecipazione-esenzione", - le perdite legate alla gestione di un'impresa estera attraverso uno stabilimento permanente in altri paesi, nella misura in cui esse siano subite in qualsiasi parte olandese del gruppo, - perdite relative alle valute. (27) Interviene infine una liquidazione obbligatoria della riserva, imponibile al tasso normale dell'imposta sulle società, quando la società non è più soggetta alla tassazione nei Paesi Bassi, in conseguenza, in particolare, di una liquidazione o di un trasferimento del suo domicilio fiscale in un altro paese. Questa liquidazione imponibile è esclusa dagli utili finanziari e non può essere utilizzata per creare una nuova riserva. Analogamente, il mancato rispetto della condizione secondo cui le operazioni devono effettivamente essere svolte dai Paesi Bassi, delle condizioni relative alla presenza all'estero ovvero di qualsiasi altra condizione imposta dalla legge, condurrà ad una liquidazione obbligatoria con le stesse conseguenze fiscali. (28) Nel caso di una liquidazione obbligatoria che subentra durante il quinquennio di liquidazione volontaria, verrà riscossa un'imposta addizionale del 25 % su tutte le rate liquidate volontariamente che erano soggette alla aliquota speciale del 10 %, portandola quindi effettivamente al 35 %. 2.4. Costi della misura (29) Secondo il governo olandese, il regime CFA è neutro dal punto di vista del bilancio. 3. MOTIVI DELL'AVVIO DEL PROCEDIMENTO (30) Poiché il regime CFA procura vantaggi fiscali temporanei o permanenti solo a multinazionali attive in quattro Stati o in due continenti, la Commissione ha giudicato che ciò rafforzasse la posizione di queste multinazionali e che il regime potesse costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato. Poiché i vantaggi apportati dal regime CFA non sono legati a investimenti volti a creare posti di lavoro o a progetti specifici, essi sembrano comportare esclusivamente un alleggerimento degli oneri fissi. La Commissione ha pertanto giudicato che potessero essere considerati aiuti al funzionamento e che non fosse applicabile nessuna delle deroghe di cui all'articolo 88, paragrafi 2 e 3. 4. OSSERVAZIONI DEGLI INTERESSATI (31) Entro il termine stabilito hanno presentato le loro osservazioni 59 imprese e l'associazione VNO-NCW(5). Si tratta soprattutto di imprese che si avvalgono o si sono avvalse del regime CFA. Le osservazioni di tre imprese non hanno potuto essere trasmesse ai Paesi Bassi perché presentate troppo tardi: esse corrispondono tuttavia, in generale, a quelle presentate entro il termine stabilito. Quasi tutte le imprese che hanno presentato osservazioni si sono associate all'argomentazione della VNO-NCW, di cui viene sintetizzato in appresso il contenuto. 4.1. Il regime CFA non costituisce una misura d'aiuto (32) In primo luogo, il regime CFA è stato introdotto per combattere la fuga di capitali dai Paesi Bassi. Lo scopo era quello di affrontare la questione della concorrenza fiscale fra Stati diversi, non di influenzare le condizioni di concorrenza fra le diverse imprese. La compatibilità del regime con il trattato dovrebbe quindi essere valutata sulla base degli articoli 96 e 97, e non sulla base delle disposizioni in materia di aiuti di Stato. (33) In secondo luogo il regime CFA non costituisce una misura d'aiuto, poiché le imprese che ricorrono a tale misura non beneficiano di alcun vantaggio. Data la mobilità delle attività finanziarie internazionali, è ovvio che le imprese, per svolgerle, si spostano verso la località con il regime fiscale più favorevole. Poiché l'aliquota fiscale nei Paesi Bassi ammontava (all'epoca dei fatti) al 35 %, le imprese avevano la tendenza a spostare le loro attività finanziarie in altri paesi con regimi fiscali più favorevoli. Con l'introduzione del regime CFA, il governo olandese ha cercato di combattere questa fuga di capitali. Non è quindi possibile affermare che le imprese che si avvalgono del regime beneficino di un vantaggio, poiché senza tale regime queste società internazionali avrebbero spostato le loro attività finanziarie in un altro paese. Se vi sia un vantaggio economico o meno, dipende quindi dalla pressione fiscale effettiva che pesa in quel paese sulle attività finanziarie. Il regime non costituisce quindi per queste imprese un alleggerimento degli oneri fissi che esse devono normalmente sostenere. (34) In terzo luogo, il regime ha portato a entrate fiscali supplementari, cosicché non è possibile affermare che per la sua attuazione è stato necessario ricorrere a risorse statali. (35) In quarto luogo, non si tratta di una misura che favorisce determinate imprese o determinate produzioni, ma di una misura generale. Possono in effetti avvalersi del regime tutte le imprese attive nei Paesi Bassi, indipendentemente dalla loro attività economica, a condizione che operino nel settore delle attività finanziarie internazionali di gruppo. Il regime CFA, inoltre, non pone alcuna condizione quanto alle dimensioni o alla nazionalità dell'impresa. Contrariamente a quanto afferma la Commissione, il regime non è destinato primariamente ai grandi gruppi olandesi: esso è paragonabile a un regime fiscale italiano diretto a incitare le imprese italiane a uscire dall'economia sommersa(6), e che la Commissione ha recentemente qualificato come misura generale. (36) In quinto luogo, la condizione secondo la quale le imprese devono operare in quattro Stati o in due continenti non compromette il carattere generale della misura. Sono infatti le imprese che soddisfano questo criterio a correre i maggiori rischi finanziari internazionali, ossia i rischi che il regime CFA cerca di ammortizzare. È poco probabile che le imprese che operano solo in uno o due paesi corrano rischi di questo tipo. La questione di sapere se il limite debba situarsi a tre, quattro o cinque paesi non è rilevante, poiché quello posto dal legislatore olandese è ragionevole in rapporto allo scopo perseguito, ed quindi conforme alla natura e alla struttura del regime. (37) In sesto luogo, i criteri stabiliti sono oggettivi, e le autorità olandesi non dispongono di alcun potere discrezionale per autorizzare o meno la partecipazione al regime CFA. (38) In settimo luogo, il regime fiscale olandese prevedeva, già prima dell'introduzione del regime CFA, la possibilità di esentare da imposta, in determinate circostanze, riserve per rischi specifici. Secondo la VNO-NCW è il caso, in particolare, della riserva per rischi legati all'esportazione, che non contiene alcun elemento di aiuto di Stato. 4.2. Se il regime CFA costituisce un aiuto di Stato, si tratta di un aiuto esistente (39) In primo luogo, prima dell'introduzione del regime CFA nel 1997, la Commissione ha ripetutamente confermato la sua posizione secondo la quale misure di questo tipo non costituiscono aiuti di Stato. Se la Commissione modifica la sua politica, i principi generali di certezza del diritto e di diligenza richiedono che essa renda noti per tempo i suoi cambiamenti di posizione. Se non procede a una tale comunicazione, la Commissione deve tenere conto del legittimo affidamento suscitato dalle sue azioni presso gli Stati membri e le imprese interessate. In particolare, deve tenere conto del fatto che l'organizzazione fiscale di un'impresa non può essere ristrutturata con effetto retroattivo. (40) In secondo luogo, il principio di parità di trattamento contenuto al punto 1 della risoluzione del Consiglio del 1o dicembre 1997 su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese(7) (in appresso: "codice di condotta") impedisce alla Commissione di considerare il regime CFA come un nuovo aiuto dopo che essa ha adottato per i centri belgi di coordinamento la qualifica di aiuto esistente. Ciò è tanto più valido viste le considerevoli conseguenze che secondo la giurisprudenza sono legate all'avvio del procedimento relativo ai nuovi aiuti. In conclusione, la Commissione dovrebbe esaminare il regime CFA secondo il procedimento relativo agli aiuti esistenti, e la sua decisione dell'11 luglio 2001 relativa all'avvio del procedimento formale di indagine non può essere mantenuta. (41) In terzo luogo, dal 17 luglio 2000 la Commissione ha nuovamente esaminato il regime dei centri di coordinamento in quanto aiuto esistente sulla base dell'articolo 1, lettera b), punto v) del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio(8) (in appresso: "regolamento di procedura"). Tale disposizione prevede che con "aiuto esistente" si intende: "gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell'evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro". Nella sua lettera del 17 luglio 2000 la Commissione non dà alcuna indicazione su eventuali evoluzioni del mercato comune prima del 10 dicembre 1998, data di pubblicazione della comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese(9) (in appresso: "la comunicazione"). Il regime CFA è stato introdotto a partire dal 1o gennaio 1997, quindi due anni prima della pubblicazione della comunicazione: esso deve quindi essere considerato come un aiuto esistente, poiché, come il regime belga, non costituiva aiuto di Stato al momento della sua entrata in vigore, ma lo è diventato successivamente in seguito all'evoluzione del mercato comune. 4.3. Se il regime CFA è un nuovo aiuto, il suo recupero è in contrasto con i principi generali del diritto comunitario (42) In primo luogo, il governo olandese e l'operatore economico diligente - sulla base delle decisioni della Commissione relative ai centri belgi di coordinamento negli anni '80, sulla base della risposta del commissario Brittan ad un'interrogazione parlamentare nel 1990, e sulla base dell'assenza di intervento della Commissione rispetto a misure simili in altri Stati membri - potevano contare sul fatto che il regime CFA non dovesse essere considerato aiuto di Stato. Questo legittimo affidamento sulla compatibilità del regime CFA con il mercato interno impedisce il recupero dell'aiuto concesso fino alla data della decisione finale. La stessa Commissione sottolinea in effetti che l'avvio del procedimento comporta solo una valutazione preliminare del carattere di aiuto o meno della misura interessata. (43) In secondo luogo, la Commissione è tenuta, ai sensi del regolamento di procedura, ad intervenire immediatamente quando è in possesso di informazioni relative a possibili aiuti illegali. La Commissione aveva ricevuto dalle autorità olandesi, già nel 1997, tutte le informazioni di cui aveva bisogno: ciò è anche dimostrato dal fatto che tutte le argomentazioni addotte nella notificazione dell'11 luglio 2001 contro il regime CFA avrebbero potuto essere mutuate dalle informazioni già precedentemente ricevute. La Commissione non può quindi affermare di aver agito con la prontezza richiesta. Ciò ha un peso ancora maggiore alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza nella causa RSV(10). In questa sentenza, la Corte ha giudicato che la Commissione, per non essere intervenuta per un periodo anormalmente lungo, poteva far nascere nel beneficiario un legittimo affidamento sul fatto che non sarebbe stata avanzata alcuna obiezione riguardo all'aiuto concesso. 4.4. Altre osservazioni (44) Alcune imprese segnalano che esse beneficiavano in precedenza del regime fiscale belga dei centri di coordinamento, e che considerano i due regimi molto simili. Altre imprese dichiarano che la scelta del regime CFA non si basa esclusivamente su considerazioni fiscali, poiché all'epoca, nella Comunità o al di fuori, vi erano altri regimi fiscali più vantaggiosi. La loro scelta sarebbe giustificata da un insieme di fattori, fra cui la qualità delle infrastrutture economiche nei Paesi Bassi. 5. COMMENTI DEI PAESI BASSI (45) In primo luogo le autorità olandesi indicano che la Commissione ha avviato il procedimento sulla base delle informazioni fornite in seguito alla sua richiesta del 12 febbraio 1999, mentre queste informazioni erano già state inviate con lettere del 21 marzo 1997 e del 6 gennaio 1998, in risposta alla richiesta della Commissione del 5 marzo 1997. 5.1. Contesto dell'introduzione del regime (46) I Paesi Bassi indicano che il regime è stato introdotto come conseguenza del trasferimento verso l'estero, per motivi fiscali, delle attività finanziarie dei gruppi internazionali. Secondo stime dell'amministrazione fiscale, si trattava all'epoca di un capitale di più di quindici milioni di fiorini olandesi (NLG), i cui proventi non potevano più essere assoggettati all'imposta olandese sulle società. I Paesi Bassi hanno ritenuto necessario introdurre una misura legislativa che rendesse più interessante, per le imprese operanti a livello internazionale e stabilite nei Paesi Bassi, trasferire nuovamente le loro attività finanziarie nei Paesi Bassi o mantenerle in questo paese. La forma della misura è conforme alla natura e alla struttura della legge relativa all'imposta sulle società del 1969. Essa riguarda la costituzione di una riserva destinata a coprire determinati rischi, in particolare rischi specifici legati alle attività di un gruppo internazionale, con una focalizzazione sulle attività finanziarie e la detenzione di partecipazioni. Secondo i Paesi Bassi non si tratta di un'esenzione fiscale, poiché sulla riserva costituita pesa un reale debito fiscale. La misura non è diretta ad attirare nei Paesi Bassi le attività finanziarie di gruppi di imprese operanti a livello internazionale e stabilite all'estero. Il regime è tuttavia accessibile anche per queste imprese, alle stesse identiche condizioni. (47) I Paesi Bassi sottolineano inoltre che il regime è trasparente e non comporta alcun potere discrezionale per gli ispettori o per qualsiasi altra istanza esecutiva. L'unica restrizione a cui è soggetta l'applicazione di questo regime - ossia il fatto che l'impresa debba svolgere le sue attività in almeno quattro Stati o due continenti - serve unicamente a garantire che ricorrano al regime solo le imprese che corrono i rischi per i quali è stata creata la possibilità della riserva. (48) I Paesi Bassi spiegano poi che la misura fa parte di un pacchetto che precisa le condizioni che devono soddisfare le società di finanziamento di gruppo stabilite all'estero per essere qualificate nei Paesi Bassi come partecipazione nel senso della "partecipazione-esenzione", e che limita, o perlomeno argina l'erosione della base imponibile dovuta a deduzioni d'interessi ingiustificate in seno a un gruppo. (49) I Paesi Bassi ritengono infine che il regime soddisfi i suoi obiettivi, poiché senza di esso i capitali di finanziamento dei gruppi interessati non si sarebbero trovati nei Paesi Bassi, ma all'estero. Non si può ritenere che le imprese che hanno deciso di rimanere nei Paesi Bassi o di stabilirsi in questo Stato siano state avvantaggiate, poiché hanno rinunciato alle aliquote più basse e sicure di certi paesi stranieri. Nei Paesi Bassi, la pressione fiscale reale dipende dall'evoluzione degli utili delle attività di finanziamento del gruppo e dalle perdite per la copertura delle quali è costituita la riserva. 5.2. Qualificazione del regime come aiuto ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE (50) I Paesi Bassi ritengono in primo luogo che il regime relativo alle attività di finanziamento di gruppo previsto all'articolo 15 bis della legge del 1969 relativa all'imposta sulle società non costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE. Essi ritengono in effetti che il regime non sia finanziato con risorse statali, che costituisca una misura generale e che sia conforme alla natura e alla struttura del sistema della sopra citata legge. 5.2.1. Il regime CFA non è finanziato per mezzo di risorse statali (51) Dalla giurisprudenza della Corte deriva che devono essere considerati come misure di aiuto ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE(11) solo i vantaggi finanziati per mezzo di risorse statali. Il regime CFA non è tuttavia finanziato con risorse statali, poiché è impostato per avere un effetto, in termini di bilancio, come minimo neutro. Il regime comporta sia entrate che costi. (52) Dopo l'introduzione del regime CFA, nel 1998 è tornata nei Paesi Bassi una somma di quasi dieci miliardi di EUR, che prima rendeva all'estero e non generava alcun introito per il Tesoro olandese. Inoltre, con l'introduzione del regime è stata bloccata la tendenza di trasferire in altri paesi le attività finanziarie. Sotto questo aspetto può essere affermato che l'introduzione del regime ha avuto un effetto positivo sulle entrate fiscali dei Paesi Bassi. Per quanto riguarda il vantaggio apportato, i Paesi Bassi stimano che la pressione fiscale sulle attività finanziarie nell'ambito del regime è in media del 15 %. A ciò occorre aggiungere il debito fiscale sulla riserva di rischio e sugli utili derivanti da altre attività, tassati secondo l'aliquota normale. È quindi difficile stabilire se il regime è più o meno favorevole dei sistemi fiscali di cui beneficiavano le imprese all'estero prima dell'introduzione del regime nel 1997. 5.2.2. Il regime è una misura generale (53) Il regime non è limitato a settori specifici e non è limitato nel tempo né a certe regioni(12). Esso non conferisce inoltre alcun potere discrezionale allo Stato. (54) Come riconosce anche la Commissione nella sua comunicazione, il fatto che alcune imprese beneficino più di altre di una misura fiscale non ha necessariamente come conseguenza di far rientrare la misura nel campo d'applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato(13). Secondo i Paesi Bassi l'affermazione della Commissione secondo la quale il regime è concepito primariamente per i grossi gruppi olandesi, in relazione alla questione della supposta selettività, è inesatta. In pratica è risultato che vi sono almeno 16 imprese con meno di 1000 dipendenti a livello mondiale (di queste, 10 contano meno di 500 dipendenti), e che vi sono anche almeno 16 imprese il cui capitale utilizzato per le attività di finanziamento di gruppo è inferiore a 27 milioni di EUR (per 9 di queste imprese il capitale è inferiore a 7 milioni di EUR). Delle 87 imprese che sono state autorizzate nell'ambito del regime, solo 20 sono quotate alla Borsa di Amsterdam come fondi AEX o Midkap. (55) La condizione relativa allo svolgimento delle attività in due continenti/quattro Stati non può essere considerata come un criterio di selettività, ma costituisce un parametro ragionevole per delimitare il tipo di attività in cui questi rischi sono sufficientemente reali. Un criterio legale e oggettivo che offra una sufficiente certezza per il tipo di attività in questione è di gran lunga preferibile, ad esempio, a un potere discrezionale dell'ispettore, sotto il controllo del giudice nazionale. Si tratta di una disposizione d'esecuzione necessaria, che si inserisce nell'ambito del sistema dell'articolo 15 bis della legge del 1969 relativa all'imposta sulle società, e che riduce inoltre gli oneri amministrativi. 5.2.3. Il regime CFA è conforme alla natura e alla struttura del sistema della Legge relativa all'imposta sulle società del 1969 (56) Dato il suo obiettivo - evitare l'ulteriore erosione della base imponibile - il regime è necessario e funzionale rispetto al sistema della legge relativa all'imposta sulle società del 1969, ed è giustificato dalla natura e dalla struttura del sistema. I requisiti per l'applicazione del regime CFA (i requisiti di sostanza, il criterio minimo dei due continenti e dei quattro Stati e il requisito della diffusione) sono necessari per l'efficacia del regime, per la realizzazione del suo principio (autorizzazione di una riserva per i rischi legati alle attività di un gruppo internazionale), e per evitare poteri discrezionali. Questi requisiti non possono inoltre essere qualificati come selettivi o estremamente severi. (57) Il governo olandese indica inoltre che un regime che permette di costituire delle riserve per la copertura di perdite future è caratteristico del sistema olandese di calcolo degli utili annui imponibili. Questo sistema, in sé, differisce appena da quello della riserva di pareggiamento dei costi di cui all'articolo 13 della legge relativa all'imposta sul reddito, che è anche applicabile per la riscossione dell'imposta sulle società. (58) Caratteristica del sistema olandese di tassazione degli utili è anche la libertà di scelta (anche se sempre a determinate condizioni ed entro certi limiti) di cui gode generalmente l'imprenditore nel quadro della determinazione degli utili (annui). L'imprenditore può così, per la valutazione delle scorte, scegliere a certe condizioni fra vari sistemi con effetti fiscali diversi (prezzo di costo o valore di mercato inferiore; stock minimo; last-in-first-out). Il motivo di una tale libertà di scelta è sempre che il legislatore non è in grado di elaborare un sistema che tenga conto di tutte le situazioni concrete, e anche il fatto che le istanze esecutive non sono dotate a tal fine di strumenti sufficienti. A tale riguardo si può anche citare il regime per l'unità fiscale dell'imposta sulle società: l'impresa può sceglierlo a determinate condizioni. È sotto questa luce che deve essere considerato anche il regime relativo all'entità della dotazione: l'impresa può determinarlo essa stessa entro le soglie massime indicate. (59) Il sistema olandese comporta inoltre dei regimi legali che permettono, a determinate condizioni, di liquidare la riserva a un tasso nominale (inferiore a quello normale). È stato ad esempio applicato un tasso ridotto del 15 % a determinati organismi che, come conseguenza di modifiche legislative, non potevano più essere considerati organismi di investimento e per questo motivo dovevano essere tassati sulla riserva di reinvestimento costituita. (60) Infine, nel caso di una liquidazione su cinque anni di una riserva di finanziamento di gruppo tassata al 10 % - obbligatoria o no dal punto di vista commerciale - l'impresa interessata incontra una serie di svantaggi: non può più effettuare apporti e deve mantenere i requisiti di sostanza. Se l'impresa non vuole o non può accettare questi svantaggi, la riserva deve essere liquidata all'aliquota normale. 5.3. Articoli 96 e 97 del trattato (61) Per i motivi sopra esposti, il governo olandese ritiene che il regime CFA non costituisca una misura d'aiuto ai sensi dell'articolo 87, e che, se esistesse una disparità fra le disposizioni legislative degli Stati membri tale da falsare le condizioni di concorrenza sul mercato comune, potrebbe essere applicato il procedimento di cui all'articolo 96. Nella misura in cui il rapporto Spaak(14) fa una distinzione fra distorsioni generali e specifiche, il regime CFA potrebbe forse essere qualificato come distorsione generale, e non specifica. Secondo il governo olandese, le discussioni svolte nell'ambito del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese devono essere considerate come una consultazione degli Stati membri ai sensi dell'articolo 96 del trattato CE. (62) I Paesi Bassi ritengono ad ogni modo che l'articolo 87 del trattato riguardi esclusivamente distorsioni specifiche, e che il suo campo d'applicazione non possa venire esteso a misure generali. 5.4. Il regime è un aiuto esistente (63) Se il regime CFA deve essere qualificato come aiuto di Stato, i Paesi Bassi ritengono che debba essere considerato come un aiuto esistente ai sensi dell'articolo 1, lettera b), punto v), del regolamento di procedura. La posizione del governo olandese si basa sulla situazione relativa al regime belga dei centri di coordinamento e sulle discussioni sulla concorrenza fiscale dannosa. (64) Nel 1984 la Commissione ha ritenuto che il regime belga dei centri di coordinamento(15) non costituisse un aiuto. In seguito ha ritenuto che lo stesso regime fosse diventato un aiuto a causa dell'evoluzione del mercato comune, ai sensi dell'articolo 1, lettera b), punto v), del regolamento di procedura. Secondo il governo olandese, vi sono tutti i motivi per considerare il regime CFA - che presenta delle caratteristiche sostanziali comuni col regime belga relativo ai centri di coordinamento - come un aiuto esistente. Entrambi i regimi riguardano infatti imprese operanti a livello internazionale che svolgono attività molto mobili, e che sono quindi molto sensibili rispetto all'imposizione fiscale. (65) I Paesi Bassi si sentono rafforzati in questa posizione dalle risposte fornite dalla Commissione a interrogazioni parlamentari relative ai centri di coordinamento belgi, e in particolare dalla risposta data nel 1990 all'interrogazione scritta(16) del parlamentare Gijs De Vries: da essa risulta che la Commissione riteneva che il regime relativo ai centri d coordinamento belgi, così come regimi comparabili in altri Stati, non rientrassero nel campo d'applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato. (66) Secondo i Paesi Bassi, l'evoluzione in questione del mercato comune ha avuto luogo alla fine degli anni '90. In questi anni il mercato comune ha conosciuto un'ulteriore sviluppo come conseguenza dell'instaurazione della terza fase dell'unione economica e monetaria e della crescente globalizzazione. Le differenze fra i sistemi fiscali degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda l'imposizione fiscale delle imprese, sono diventate così sempre più pregnanti. Al tempo stesso, le imprese operanti a livello internazionale cercano in modo sempre più intenso di ridurre al minimo gli oneri fiscali. Questi sviluppi hanno suscitato diversi appelli, fra l'altro della Commissione, riguardo a un intervento europeo relativo all'imposizione fiscale delle imprese. (67) Secondo i Paesi Bassi questa situazione ha portato, il 1o dicembre 1997, all'accordo, come parte del cosiddetto pacchetto fiscale, sul codice di condotta per contrastare la concorrenza fiscale dannosa. Il codice di condotta riconosce esplicitamente il legame con le regole del trattato CE in materia di aiuti di Stato, e la Commissione si impegna a pubblicare delle linee direttrici per chiarire l'applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato alle misure relative all'imposizione diretta delle imprese. Questi chiarimenti sono stati forniti nella comunicazione della Commissione. Al tempo stesso, nel codice di condotta, la Commissione esprime l'intenzione di esaminare i sistemi fiscali in vigore e i nuovi progetti degli Stati membri o di confrontarli di nuovo con le disposizioni del trattato CE. Secondo il governo olandese questa intenzione della Commissione, e in particolare quella di esaminare nuovamente certe misure, è stata dettata anche dall'idea che un nuovo esame delle misure fiscali era necessario, poiché l'evoluzione del mercato comune poteva portare a nuove considerazioni. 5.5. Recupero (68) Nell'ipotesi in cui - diversamente da quanto sostiene il governo olandese - il regime CFA dovesse essere considerato come una misura d'aiuto e non dovesse essere qualificato come un aiuto esistente, i Paesi Bassi ritengono che via siano delle ragioni per non procedere al recupero dell'aiuto accordato. (69) Sulla base dell'articolo 14 del regolamento di procedura, la Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. In questo caso il recupero dell'aiuto sarebbe in contrasto con il principio generale della protezione del legittimo affidamento(17). I Paesi Bassi basano in particolare la loro valutazione sulle conclusioni dell'avvocato generale nella causa 223/85(18), che affermano che la Commissione è tenuta a intervenire con la dovuta diligenza anche per misure d'aiuto non notificate. (70) Questo principio, secondo il quale la Commissione deve agire con la necessaria diligenza, è codificato anche all'articolo 10 del regolamento di procedura. (71) La Commissione inoltre, come già precedentemente osservato, aveva indirizzato ai Paesi Bassi una richiesta di informazioni con lettera del 5 marzo 1997(19), a cui i Paesi Bassi hanno ampiamente risposto con lettera del 21 marzo 1997. La Commissione è tornata sul caso solo con lettera del 12 febbraio 1999(20), senza riferirsi in alcun modo alla corrispondenza del 1997 e senza porre inoltre altre domande. Il governo olandese ha risposto con lettera del 30 aprile 1999(21), e il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2 è stato avviato solo con lettera dell'11 luglio 2001(22). I Paesi Bassi ritengono pertanto che per questo ritardo di più di quattro anni non vi sia alcun argomento giuridico valido, tanto più che il regime CFA nel frattempo non è cambiato. Per queste ragioni i Paesi Bassi ritengono che, conformemente alla giurisprudenza sopra citata così come alla prassi decisionale della Commissione(23), una durata eccessiva del procedimento amministrativo fornisca un motivo per non procedere al recupero. (72) I Paesi Bassi ritengono inoltre che l'esigenza fondamentale di certezza del diritto si opponga al fatto che la Commissione possa attendere all'infinito per esercitare le sue competenze(24). In risposta alle interrogazioni della Camera dei deputati olandese nel 1997 sulla compatibilità del regime con le regole comunitarie, il governo olandese ha in effetti risposto che la Commissione aveva chiesto informazioni, e che dopo aver ricevuto le risposte non si era più manifestata. Questa informazione è così divenuta pubblica. Nella primavera del 1997 nessuna impresa beneficiava ancora del regime CFA, poiché non era ancora stata presa nessuna decisione. Se all'epoca la Commissione avesse agito con maggiore diligenza e avesse esposto le sue riserve, la situazione avrebbe preso una svolta diversa e si sarebbe potuto evitare che le imprese interessate subissero danni. (73) II regime CFA fa infine parte di un pacchetto globale di misure per contrastare l'erosione della base imponibile, e i Paesi Bassi ritengono che a torto la Commissione si focalizzi su un particolare elemento di un insieme coerente. Anche se la Commissione potesse dimostrare che in alcuni casi certe imprese sono state favorite, in questo caso, e in questo contesto, una richiesta di recupero sarebbe una misura sproporzionata. 6. COMMENTI DEI PAESI BASSI E OSSERVAZIONI DEGLI INTERESSATI (74) Come reazione alle osservazioni degli interessati, i Paesi Bassi indicano che il grande numero di risposte dimostra l'importanza del caso, e che le opinioni espresse confortano e rafforzano la posizione già esposta. Occorre inoltre attirare l'attenzione su due aspetti. (75) In primo luogo, la diversità delle imprese che hanno presentato osservazioni mostra chiaramente che il regime CFA è accessibile a tutte le società che svolgono attività finanziarie internazionali, indipendentemente dal settore in cui operano. (76) In secondo luogo, nel caso in cui la Commissione ritenga che il regime CFA costituisce una misura d'aiuto, alla luce della lettera da essa inviata il 17 luglio 2000 deve essere mantenuta la qualifica di "aiuto esistente". 7. VALUTAZIONE DELL'AIUTO (77) La Commissione conferma la sua posizione, secondo la quale il regime CFA configura un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. La Commissione non può difatti accettare gli argomenti addotti dai Paesi Bassi e dalle parti interessate per le ragioni esposte in appresso. (78) In primo luogo, il fatto che il regime sia stato introdotto per combattere la fuga di capitali dai Paesi Bassi verso altri Stati non significa che la sua compatibilità col trattato debba essere valutata esclusivamente sulla base degli articoli 96 e 97. L'esame della compatibilità di una misura - fiscale o meno - con le regole applicabili in materia di aiuti di Stato riguarda gli effetti prodotti dalla misura in questione, e non lo scopo che essa persegue. Pertanto, se una misura corrisponde a tutti e quattro i criteri di cui all'articolo 87, paragrafo 1, del trattato, essa costituisce una misura d'aiuto e diventano applicabili le disposizioni dell'articolo 88. La Commissione, al termine dell'indagine descritta in appresso, è giunta alla conclusione che la misura in oggetto risponde a tutti e quattro i criteri. 7.1. Vantaggio (79) In primo luogo, la misura deve apportare un vantaggio che alleggerisce gli oneri che le imprese devono normalmente sostenere. Come indicato al punto 9 della comunicazione, questo vantaggio può essere procurato con una riduzione della pressione fiscale attraverso l'iscrizione della riserva in bilancio. (80) Con la riserva di rischio, che è esente da imposta, la pressione fiscale può essere quindi immediatamente ridotta. Questa riduzione della pressione fiscale può essere considerevole, e arrivare fino all'80 % degli utili imponibili ottenuti con le attività finanziarie del gruppo. Questa riduzione considerevole e immediata della pressione fiscale conferisce un vantaggio ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato sia alle imprese che beneficiano direttamente del regime che ai gruppi a cui esse appartengono. Tale vantaggio scaturisce dal differimento dell'imposizione sulle somme riposte nella riserva; in alcuni casi questi importi sono soggetti a un'imposizione inferiore o nulla. (81) I prelievi dalla riserva di rischio devono essere infatti normalmente soggetti all'aliquota standard dell'imposta sulle società applicabile nei Paesi Bassi, ossia il 35 %. Ciò tuttavia non avviene sempre. Da un lato, ad esempio, in alcune circostanze possono essere effettuati prelievi dalla riserva con un'imposizione del 10 %. D'altra parte, in caso di acquisizione di partecipazioni, è possibile effettuare dei prelievi senza un'imposizione immediata. A seconda dei casi, se l'amministrazione ritiene che esista un rischio particolare, le somme prelevate dalla riserva di rischio possono ammontare al 50 % o al 100 % dell'importo dell'acquisizione. A fronte di ciò, gli importi iscritti al bilancio dell'impresa vengono ridotti di conseguenza. Questo meccanismo permette una riduzione immediata della pressione fiscale dell'impresa, senza che si realizzi effettivamente il rischio coperto dalla riserva. È vero che in caso di liquidazione o di vendita degli attivi acquisiti, la perdita fiscale sarà minore se il valore degli attivi iscritti al bilancio sarà diminuito dell'importo prelevato dalla riserva per l'acquisizione; tuttavia, la liquidazione dei detti attivi rimane un elemento incerto, e in alcuni casi pure del tutto ipotetico. Non viene difatti previsto alcun termine per la compensazione fiscale di tale vantaggio. (82) La Commissione non può accettare l'argomento secondo il quale il regime CFA, rispetto a regimi di altri Stati nel campo delle attività di finanziamento di gruppo, non conferisce alcun vantaggio alle imprese operanti a livello internazionale. Nell'ambito dell'indagine in merito al carattere di aiuto di Stato, questo vantaggio deve infatti essere valutato esclusivamente a livello nazionale, nella fattispecie rispetto alle società olandesi escluse dal regime CFA a causa delle rigorose condizioni che esso prevede. Il fatto che il regime CFA possa essere meno interessante di altri regimi applicabili al di fuori dei Paesi Bassi non è pertanto rilevante nel caso in esame. (83) In conclusione, la Commissione ritiene che la costituzione della riserva conferisca un vantaggio nella forma di un differimento di durata indefinita dell'imposizione. Inoltre, comporta un vantaggio ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE - sia per le imprese interessate che per i gruppi a cui esse appartengono - anche l'applicazione di aliquote fiscali ridotte per determinate modalità d'utilizzo della riserva. 7.2. Utilizzo di risorse statali (84) In secondo luogo, il vantaggio deve essere concesso mediante risorse statali. Nella fattispecie, la Commissione ritiene che la misura sia finanziata con risorse statali poiché le riduzioni fiscali accordate - indipendentemente dal fatto che assumano la forma di differimenti d'imposizione o di una riduzione delle aliquote fiscali - portano a una riduzione delle entrate statali. Sia i Paesi Bassi che le parti interessate hanno affermato che la misura non ha portato ad alcuna perdita nelle entrate dello Stato, ma che, al contrario, ha bloccato il trasferimento di imprese al di fuori dei Paesi Bassi e ha contribuito al ritorno o allo stabilimento di società in questo Stato, compensando così la diminuzione delle entrate derivante da una minore pressione fiscale. La Commissione non può condividere questo approccio, che si basa su un'analisi costi-benefici. Il fatto che una diminuzione delle entrate possa essere compensata posteriormente per un aumento del numero di contribuenti ottenuto grazie alla misura, non permette di concludere che tale misura non sia finanziata mediante risorse statali. Il fatto che una misura contenga o no elementi di aiuto deve difatti essere valutato in un dato momento a livello della singola impresa, per poter stabilire se alcune imprese ricevono più aiuti statali o se contribuiscono meno al finanziamento di beni e servizi pubblici. Se così non fosse, ogni forma di aiuto sarebbe giustificata nel momento in cui attirasse un'impresa a stabilirsi in un determinato Stato membro, permettesse d'aumentare le future entrate fiscali o evitasse che l'impresa lasci il paese. 7.3. Incidenza negativa sulla concorrenza e sul commercio fra gli Stati membri (85) Conformemente alla giurisprudenza della Corte(25) e al punto 11 della sopra citata comunicazione, "il semplice fatto che l'aiuto rafforzi la posizione dell'impresa rispetto ad altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari permette di concludere che l'aiuto incide sugli scambi". Questa condizione ricorre, poiché i beneficiari sono imprese appartenenti a gruppi multinazionali, di cui la maggior parte - se non l'insieme - opera sul mercato intracomunitario. La concessione di particolari vantaggi a queste imprese stabilite in almeno quattro Stati o due continenti rafforza la loro posizione finanziaria. La Commissione indica inoltre che il regime pregiudica gli scambi intracomunitari e la concorrenza, poiché esso - come del resto sottolineano sia i Paesi Bassi che le parti interessate - è aperto a tutti i settori d'attività, anche a quelli in cui esiste un commercio intracomunitario intenso. 7.4. Selettività (86) La misura deve infine essere selettiva o specifica, favorendo certe imprese o certe produzioni. (87) Innanzitutto, il fatto che il regime CFA non sia selettivo per quanto riguarda il settore di attività, la nazionalità o le dimensioni delle imprese interessate non basta a dimostrare che si tratti di una misura generale. Dato che il regime in questione vale solo per le attività finanziarie di gruppi operanti a livello internazionale stabiliti almeno in quattro Stati o in due continenti, si può ragionevolmente ritenere che il criterio di selettività effettivamente ricorra. Come indicato al punto 20 della comunicazione, alcuni vantaggi fiscali sono limitati a certe funzioni, in particolare servizi intragruppo. Se tali vantaggi fiscali favoriscono certe imprese o certe produzioni, possono configurare aiuti di Stato. Il regime CFA non solo è limitato alle operazioni finanziarie intragruppo, ma vi sono ammissibili solo alcune di queste operazioni. (88) Alle imprese che possono beneficiare del regime vengono poste difatti delle condizioni supplementari. Sono ad esempio ammissibili solo le operazioni finanziarie gestite in modo indipendente dai Paesi Bassi, e il volume delle attività finanziarie a favore di entità nei Paesi Bassi deve essere limitato al 10 % delle attività complessive. Questi criteri confermano l'esplicita intenzione delle autorità olandesi di riservare questo regime a gruppi multinazionali il cui centro finanziario si trova nei Paesi Bassi, ma che gestiscono attività finanziarie che vengono realizzate principalmente con entità estere del gruppo. La misura è pertanto selettiva, foss'anche solo perché non vale per gruppi stabiliti principalmente sul territorio olandese né per società multinazionali stabilite in meno di quattro Stati. Come ha sottolineato il governo olandese, la misura ha inoltre come scopo quello di bloccare il trasferimento delle attività finanziarie di società multinazionali e di favorire il loro ritorno nei Paesi Bassi. Fin dall'inizio la misura era quindi destinata a un numero limitato d'imprese. (89) Non può essere inoltre accettato l'argomento secondo il quale si tratta nella fattispecie di una misura generale poiché paragonabile ad altre disposizioni fiscali olandesi relative alla costituzione di riserve di rischio e al regime italiano relativo all'economia sommersa. Queste due misure presentano difatti caratteristiche diverse da quelle del regime CFA. Per quanto riguarda il regime italiano, la Commissione sottolinea che esso è accessibile a tutte le imprese, indipendentemente dall'attività realizzata, intragruppo o meno, e dal luogo in cui viene svolta, che sia a livello nazionale o internazionale. (90) Va inoltre indicato che i vantaggi sopra descritti, che possono portare a una considerevole riduzione della pressione fiscale, valgono solo per un numero di imprese molto limitato, ossia 87. È chiaro che questa cifra è particolarmente bassa in confronto al numero complessivo di imprese soggette all'imposta sulle società(26). Inoltre, quand'anche si partisse dal presupposto che questo numero debba essere confrontato con quello del numero complessivo di società multinazionali nei Paesi Bassi, andrebbe constatato che solo una minoranza di questi gruppi soddisfa i requisiti stabiliti dal regime CFA, e questo indipendentemente dalla natura o dall'entità del rischio che essi corrono per le loro attività internazionali. Giustificazione in base alla natura o alla struttura del sistema (91) Come indicato al punto 23 della comunicazione, "il carattere differenziato di determinate misure non significa necessariamente che debbano considerarsi aiuti di Stato". Alcune misure che sembrano degli aiuti possono difatti essere giustificate in virtù della natura o della struttura del sistema. Dato che nella fattispecie si tratta della costituzione di una riserva per rischi connessi a determinate attività, le autorità olandesi hanno avanzato gli argomenti esposti in appresso. (92) In primo luogo le attività internazionali comportano rischi specifici in confronto alle operazioni svolte a livello nazionale, per le quali i rischi politici o commerciali sono minori o più facilmente prevedibili. Come dichiarano le autorità olandesi, gli apporti alla riserva devono inoltre essere proporzionati ai rischi reali. (93) In seguito agli argomenti addotti nel quadro del procedimento, la Commissione riconosce che gli importi collocati nella riserva possono coprire rischi molto reali. Ciò risulta dal fatto che diverse parti interessate hanno indicato alla Commissione di aver effettuato dei prelievi dalla riserva in seguito all'effettivo verificarsi di determinati rischi. Il fatto che la riserva, almeno in certi casi, possa essere giustificata da un punto di vista contabile e finanziario, non significa tuttavia che sia giustificata la sua limitazione solo a certe categorie di imprese. (94) La Commissione non può accettare l'argomento secondo il quale la condizione relativa allo svolgimento di attività in almeno quattro Stati o due continenti serve solo per poter disporre di criteri obiettivi per stabilire se le condizioni di base sono soddisfatte. Se infatti è logico prevedere, in un sistema fiscale, determinati limiti o determinate soglie per assicurare il buon funzionamento del sistema stesso, queste soglie non devono tuttavia portare a stabilire condizioni eccessive e sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti. Obiettivamente, i gruppi che operano solo in tre paesi o solo in un continente non sono meno esposti ai rischi legati alle attività finanziarie internazionali. D'altra parte, non vi è alcun dubbio sul fatto che il numero di imprese che non soddisfano i criteri del regime CFA è molto più alto del numero di società che vi rispondono. In questo senso, e alla luce della recente giurisprudenza del Tribunale di primo grado nella causa Alava(27), non è stato dimostrato che la misura sia giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema fiscale olandese. La lotta contro l'erosione della base imponibile o l'insufficiente competitività registrata dalle attività di finanziamento di gruppo nei Paesi Bassi prima del 1997 non possono così giustificare la concessione di un aiuto di Stato a un numero limitato di imprese. Ciò è stato in particolare stabilito dalla sentenza della Corte nella causa 173/73(28). (95) Come prima indicato, il regime ha come scopo esplicito quello di favorire il rientro nei Paesi Bassi delle attività finanziarie di grossi gruppi multinazionali. Si tratta di un obiettivo di politica economica, e non di un obiettivo inerente a un sistema fiscale. (96) Inoltre, anche se alla luce delle osservazioni dei Paesi Bassi e delle parti interessate è emerso che gli apporti alla riserva erano effettivamente diretti a coprire dei rischi, non è stato dimostrato che il limite dell'80 % degli utili netti derivanti dalle attività di finanziamento internazionali e dell'80 % degli utili derivanti dall'insieme delle attività dell'impresa beneficiaria fosse in tutti i casi proporzionale ai rischi reali. Gli apporti alla riserva possono essere effettuati non appena viene dimostrata l'esistenza di un rischio; tuttavia non deve essere dimostrata in alcun modo l'entità del rischio, e l'unica limitazione prevista è, appunto, che non può confluire nella riserva più dell'80 % degli utili derivanti dalle attività finanziarie internazionali. (97) Poiché lo scopo della riserva è quello di coprire i rischi legati alle attività finanziarie internazionali, i prelievi effettuati sulla riserva, con un'esenzione temporanea da imposta, in vista di acquisizioni nei Paesi Bassi o all'estero, non collimano con la logica che viene addotta per la costituzione della riserva di rischio in generale, ma rientrano piuttosto nella logica di un regime di aiuti per l'acquisizione di società. In effetti, in caso di acquisizione di società, la riduzione della pressione fiscale viene compensata solo se le società in questione sono rivendute o liquidate. Se in tali circostanze vi è un'imposizione fiscale, ciò non dipende dal verificarsi o meno del rischio coperto, ma da una decisione dell'impresa beneficiaria del regime CFA. (98) La Commissione ritiene infine a priori, indipendentemente dai limiti previsti in questo regime, che il trattamento fiscale delle operazioni finanziarie in seno a un gruppo non dovrebbe essere diverso da quello delle operazioni finanziarie fra società non legate tra di loro. Visto che lo svantaggio incontrato da queste attività nei Paesi Bassi in confronto a certi altri sistemi fiscali è la principale giustificazione addotta nell'ambito del procedimento, la Commissione ritiene che questa giustificazione non sia riconducibile alla logica del sistema fiscale olandese ma risponda piuttosto a obiettivi di politica economica. 7.5. Qualifica del regime come aiuto illegale (99) Sia i Paesi Bassi che i terzi interessati hanno affermato che il regime CFA deve essere considerato come un aiuto esistente, in particolare per l'analogia con il regime belga relativo ai centri di coordinamento, che nel 1984 la Commissione non aveva classificato fra le misure d'aiuto. A questo proposito occorre distinguere una serie di aspetti. (100) Occorre in primo luogo osservare che il concetto di misura d'aiuto è un dato oggettivo, e che a tale riguardo la Commissione non dispone di alcun potere discrezionale. La Corte(29) ha a sua volta statuito che la Commissione non dispone di alcun margine di manovra nel valutare se una misura costituisce o meno un aiuto esistente. Nel caso in esame, è accertato che il regime olandese non è stato notificato alla Commissione prima della sua attuazione, e che le informazioni fornite dai Paesi Bassi alla Commissione nel marzo 1997 dietro richiesta di questa non possono venire equiparate a una notificazione ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato. (101) In secondo luogo, va osservato che il regime dei centri belgi di coordinamento menzionato dai Paesi Bassi e dagli interessati è stato certo oggetto, nel 1984, di una decisione che non lo classifica come una misura d'aiuto: questa decisione, tuttavia, riguarda naturalmente solo questo regime belga, visto che è indirizzata esclusivamente al Belgio. Benché i due regimi presentino alcune analogie, è innegabile che non siano identici, in particolare per le tecniche utilizzate e per la forma che assumono i vantaggi concessi. (102) Il regime CFA non può infine essere considerato come un aiuto esistente ai sensi dell'articolo 1, lettera b), punto v), del regolamento di procedura, poiché esso presentava, fin dal momento della sua introduzione, tutti gli elementi compresi nella nozione di aiuto di Stato. Del resto, non è stato dimostrato in quale misura il mercato comune si sia sviluppato. In effetti, se è vero che l'introduzione della terza fase dell'unione economica e monetaria e la crescente mondializzazione sono avvenimenti incontestabili e notevoli, essi fanno tuttavia parte di processi continui iniziati molto prima dell'approvazione del regime CFA. La terza fase dell'unione monetaria è il coronamento dei tentativi di coordinamento della politica valutaria cominciati dagli anni '70. Quanto alla mondializzazione, essa è da ricondurre al carattere multilaterale dell'accordo GATT(30) dell'immediato dopoguerra. Per quanto riguarda la sopra citata comunicazione della Commissione, essa è, come ha osservato il Tribunale di primo grado nella sentenza Alava(31), basata in gran parte sulla giurisprudenza della Corte e del Tribunale e non fa che fornire chiarimenti riguardo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato alle misure fiscali. Anche supponendo che la prassi decisionale della Commissione sia cambiata, come ha sottolineato il Tribunale di primo grado nella sentenza Gibraltar/Commissione(32), il carattere di aiuto esistente o di nuovo aiuto di una data misura statale non può dipendere da una valutazione soggettiva della Commissione, ma deve essere determinato indipendentemente da ogni sua prassi amministrativa precedente. 7.6. Esame della compatibilità (103) Dato che il regime fiscale in questione costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, la sua eventuale compatibilità deve essere esaminata alla luce delle deroghe di cui ai paragrafi 2 e 3 dello stesso articolo. (104) Le deroghe di cui al paragrafo 2 dell'articolo 87 del trattato CE, relative agli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, agli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, e agli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania, non sono applicabili nella fattispecie. (105) Non è neanche applicabile in questo caso la deroga di cui al paragrafo 3, lettera a), dell'articolo 87, relativa alla possibilità di autorizzare aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, poiché nei Paesi Bassi non vi è alcuna regione che rientri in questa disposizione. Non risulta applicabile inoltre la deroga di cui al paragrafo 3, lettera c), dell'articolo 87, che autorizza gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune regioni, dato che il regime vale anche al di fuori delle regioni ammissibili a questa deroga. (106) Il regime fiscale relativo alla riserva di rischio non rientra neppure nella categoria di progetti di comune interesse europeo ammissibili alla deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera b), e, non essendo destinato a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, non può beneficiare della deroga prevista all'articolo 87, paragrafo 3, lettera d). (107) Va infine esaminato se il regime in questione è ammissibile alla deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), che autorizza gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. (108) I vantaggi fiscali associati alla costituzione della riserva di rischio e alla liquidazione volontaria di questa non sono legati alla realizzazione di investimenti, alla creazione di occupazione o a progetti specifici; essi comportano solo un alleggerimento degli oneri fissi e possono di conseguenza venire considerati come aiuti al funzionamento. La Commissione ritiene pertanto che essi possano alterare le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse, e che non possano così beneficiare della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c). (109) Per quanto riguarda l'aiuto accordato in occasione della liquidazione della riserva in vista dell'acquisizione di società nei Paesi Bassi e all'estero, la Commissione osserva che queste misure devono generalmente rimanere limitate alle aree assistite, o alle PMI, e agli investimenti ammissibili agli aiuti - ossia gli investimenti iniziali(33) - e che la loro intensità deve essere conforme al livello autorizzato dalla Commissione. La Commissione osserva che la misura esaminata nella fattispecie non contiene tuttavia alcuna disposizione relativa alle regioni contemplate, all'esclusione delle grandi imprese, ai costi ammissibili all'aiuto o alla limitazione delle intensità. Inoltre, la riduzione fiscale dopo la realizzazione dell'investimento è immediata e l'importo finale non può essere calcolato in anticipo; la misura può quindi comportare un aiuto al funzionamento che, come precedentemente osservato, non può beneficiare della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c). (110) Poiché il regime in questione non può beneficiare di alcuna delle deroghe di cui all'articolo 87 del trattato CE, esso è incompatibile con il mercato comune. 7.7. Legittimo affidamento (111) L'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999 stabilisce che: "La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario". Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia e alla prassi decisionale propria della Commissione, un ordine di recupero di un aiuto comporta una violazione di un principio generale del diritto comunitario qualora, per effetto dell'azione della Commissione, sia sorto nel beneficiario il legittimo affidamento che l'aiuto è stato accordato conformemente alla legislazione comunitaria. Nella causa Van den Bergh en Jurgens(34) la Corte ha dichiarato: "Dalla costante giurisprudenza della Corte emerge che il principio della tutela del legittimo affidamento può essere fatto valere dall'operatore economico nel quale un'istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Tuttavia, l'operatore economico prudente ed accorto, qualora sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento comunitario idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato". Nel caso in questione la Commissione osserva che, benché il regime belga e quello olandese non siano del tutto identici, il regime CFA presenta comunque delle analogie con quello introdotto in Belgio col Regio decreto n. 187 del 30 dicembre 1982 e relativo al trattamento fiscale dei centri di coordinamento. Entrambi i regimi riguardano infatti attività intragruppo, e un gran numero di beneficiari del regime CFA aveva in precedenza fatto ricorso al regime belga dei centri di coordinamento. Con decisione del 2 maggio 1984, la Commissione ha stabilito che il regime belga non costituiva un aiuto ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE. Anche se tale decisione non è stata pubblicata va osservato, come del resto sottolineano i Paesi Bassi e le parti interessate, che sia nella XIV relazione sulla concorrenza che in una risposta a un'interrogazione parlamentare(35) è stato dichiarato che la Commissione non aveva sollevato obiezioni riguardo al regime belga dei centri di coordinamento. (112) In questo contesto la Commissione osserva che la sua decisione riguardo al regime belga dei centri di coordinamento è stata presa prima dell'entrata in vigore del regime CFA. La Commissione osserva altresì che tutti i beneficiari del regime CFA sono stati autorizzati come tali prima della decisione della Commissione dell'11 luglio 2001 relativa all'avvio del procedimento formale di indagine. La Commissione accetta di conseguenza gli argomenti dei Paesi Bassi e degli interessati riguardanti l'esistenza di un legittimo affidamento da parte dei beneficiari del regime, e rinuncia a ordinare il recupero degli aiuti concessi. 8. NECESSITÀ DI UN PERIODO DI TRANSIZIONE (113) Con lettera del 3 ottobre 2002 i Paesi Bassi hanno comunicato alla Commissione che essa, tenuto conto del legittimo affidamento e del rispetto dei diritti acquisiti, doveva consentire alle imprese beneficiarie del regime CFA di poter continuare ad avvalersi di tale regime fino alla fine del periodo per cui erano state riconosciute come beneficiarie. La Commissione ritiene che a tale proposito debbano essere considerate due questioni. In primo luogo, quale sorte assegnare alle riserve già costituite conformemente al regime CFA, e, in secondo luogo, se le imprese, dopo la decisione finale, possono sempre avvalersi del regime per costituire nuove riserve. (114) In primo luogo va osservato che, per la costituzione di queste riserve, i beneficiari del regime possono invocare un legittimo affidamento. Si suppone che gli importi collocati in queste riserve siano destinati a coprire i rischi legati alle attività finanziarie. Indipendentemente dalla natura dei possibili rischi, è risultato che le decisioni di collocare somme nelle riserve sono state il risultato di arbitraggi, e si inseriscono nella strategia a lungo termine delle imprese beneficiarie. La Commissione ritiene che, anche se i vantaggi derivanti dall'utilizzo della riserva possono essere scaglionati nel tempo, essi nascono comunque con la costituzione della riserva. Si può quindi ritenere che i vantaggi legati agli importi effettivi delle riserve siano stati acquisiti in linea di principio sulla base di un legittimo affidamento. Nel presente caso non si può quindi esigere che le somme collocate nella riserva di rischio siano immediatamente assoggettate all'imposta sulle società con l'aliquota normale. Gli importi collocati nelle riserve possono quindi essere utilizzati con i vantaggi previsti, conformemente alla legislazione olandese esistente. (115) Per quanto riguarda la costituzione di nuove riserve, la Commissione ritiene in linea di principio che, dopo una decisione finale con cui un aiuto viene classificato come illegale, le imprese non possono più invocare i principi del legittimo affidamento o di certezza del diritto. Va da sé che il legittimo affidamento non può più essere invocato al di là di un termine ragionevole che fornisce allo Stato membro e alle imprese interessate il tempo necessario per adattarsi alla nuova situazione. Nella fattispecie, tuttavia, la Commissione ha ritenuto opportuno tenere conto dei fattori seguenti. (116) In primo luogo, la Commissione prende atto del contesto in cui va situata la procedura in oggetto. Essa costituisce un complemento ai lavori avviati dagli Stati membri nell'ambito del codice di condotta per contrastare la concorrenza fiscale dannosa. Va inoltre tenuto conto dei progressi compiuti dagli Stati membri nella realizzazione dell'obiettivo finale di porre fine alla concorrenza fiscale dannosa. La distorsione della concorrenza provocata dal mantenimento del regime fino al 2010 va quindi messa a raffronto con i progressi compiuti a livello comunitario nella realizzazione dell'obiettivo della lotta contro la concorrenza fiscale dannosa. (117) In secondo luogo, come i Paesi Bassi hanno indicato nella lettera del 3 ottobre 2002, il numero di beneficiari del regime diminuirà progressivamente fino al 2010. Le autorità olandesi hanno difatti annunciato, nel dicembre 2002, che non sarà trattata alcuna nuova richiesta di applicazione del regime. Di conseguenza il numero dei beneficiari diminuirà progressivamente, ed è probabile che la maggior parte di essi, essendosi i Paesi Bassi impegnati a non prorogare il regime oltre il 2010, utilizzerà la restante durata del regime per liquidare le riserve già costituite. Data l'annunciata fine del regime, la Commissione ritiene che la maggior parte delle attività delle imprese beneficiarie del regime CFA riguarderà l'utilizzo delle riserve e non tanto la costituzione di nuove riserve. (118) Date queste circostanze eccezionali la Commissione ritiene che le imprese che al momento dell'avvio di questo procedimento potevano beneficiare del regime CFA, possono continuare sia a costituire nuove riserve che a utilizzare quelle già esistenti conformemente alle disposizioni d'esecuzione del regime in vigore, e questo per la durata delle decisioni già adottate e al più tardi fino al 31 dicembre 2010. 9. CONCLUSIONI (119) La Commissione constata che i Paesi Bassi hanno dato esecuzione illegalmente all'aiuto in oggetto in violazione dell'articolo 88, paragrafo 3. La Commissione constata che il regime CFA è incompatibile con il mercato comune. Tuttavia, dati il legittimo affidamento dei beneficiari e le circostanze eccezionali sopra descritte, non vi è ragione per procedere al recupero degli aiuti versati e il regime può essere mantenuto fino al massimo al 31 dicembre 2010, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'aiuto di Stato al quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione nel quadro dell'articolo 15 bis della legge relativa all'imposta sulle società del 1969, e che è stato introdotto con la legge del 13 dicembre 1996, è incompatibile con il mercato comune. Articolo 2 I Paesi Bassi sopprimono il regime di aiuti di cui all'articolo 1. Le imprese rientranti in questo regime alla data dell'11 luglio 2001 possono continuare a beneficiarne fino alla fine del periodo di dieci anni concesso loro dall'amministrazione fiscale olandese. L'applicazione del regime cessa in ogni caso al più tardi il 31 dicembre 2010. Articolo 3 Entro due mesi dalla notificazione della presente decisione, i Paesi Bassi informano la Commissione circa i provvedimenti presi per conformarvisi. Articolo 4 Il Regno dei Paesi Bassi è destinatario della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 17 febbraio 2003. Per la Commissione Mario Monti Membro della Commissione (1) GU C 306 del 31.10.2001, pag. 6. (2) GU C 2 del 6.1.1998, pag. 1. (3) GU C 384 del 10.12.1998, pag. 3. (4) Cfr. la nota 1. (5) Verbond van Nederlandse Ondernemingen - Nederlands Christelijk Werkgeversverbond. (6) N 674/01. (7) Cfr. la nota 2. (8) GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1. (9) Cfr. la nota 3. (10) Sentenza della Corte del 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione, Racc. 1987, pag. 4617. (11) Sentenza del 13 marzo 2001, causa C-379/98, Preussen Elektra/Schleswag, Racc. 2001, pag. I-2099, punto 59. (12) Cfr. la decisione 96/369/CE della Commissione (GU L 146 del 20.6.1996, pag. 42). (13) Cfr. il punto 14 della comunicazione. (14) Rapporto dei capi delegazione ai ministri degli Affari esteri, Bruxelles 1956, pagg. 60-61. (15) Quattordicesima relazione sulla politica di concorrenza (1984), pag. 271. (16) Interrogazione scritta n. 1735/90, GU C 63 dell'11.3.1991, pag. 37. Cfr. anche le interrogazioni precedenti degli europarlamentari belgi Radoux (n. 2381/82, GU C 170 del 26.6.1983, pag. 9) e Van Rompuy (n. 1817/83, GU C 148 del 6.6.1984, pag. 14). (17) Un principio riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte: sentenza del 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA/Commissione, Racc. 1975, pag. 533; sentenza del 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke/Mainz, Racc. 1979, pag. 69. (18) Cfr. la nota 10. (19) Lettera D/51112 del 5 marzo 1997. (20) Lettera D/50716 del 12 febbraio 1999. (21) N. 9596. (22) Riferimento D/289741. (23) Cfr. in particolare le decisioni 92/329/CEE e 2001/168/CECA. (24) Cfr. la sentenza del 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. 1972, pag. 619, punto 49. (25) Sentenza della Corte del 17 settembre 1980, Philip Morris/Commissione, causa 730/79, Racc. 1980, pag. 2671. (26) Secondo la relazione dell'Osservatorio europeo per le PMI, n. 2/2002, il numero totale di imprese nei Paesi Bassi è 555000. (27) Sentenza del 23 ottobre 2002, causa T-346/99, punti 58-63, Racc. 2002, pag. II-4259. (28) Sentenza del 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione, Racc. 1974, pag. 709, punti 22-33. (29) Sentenza del 17 giugno 1999, causa C-295/97, Piaggio, Racc. 1999, pag. I-3735, punti 44 e segg. (30) General Agreement on Tariffs and Trade. (31) Punti 83 e 84. (32) Sentenza del 30 aprile 2002, cause riunite T-195/01 e T-207/01, Racc. 2002, pag. II-2309, punto 121. (33) Per la definizione di investimento iniziale, cfr. il punto 4.4 degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU C 74 del 10.3.1998, pag. 9). (34) Sentenza della Corte dell'11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens/Commissione, Racc. 1987, pag. 1155, punto 44. (35) Cfr. nota a piè di pagina 16.