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Document 62015CN0382

Causa C-382/15 P: Impugnazione proposta il 15 luglio 2015 dalla Skype avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 5 maggio 2015, causa T-183/13, Skype/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

GU C 354 del 26.10.2015, p. 14–15 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

26.10.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 354/14


Impugnazione proposta il 15 luglio 2015 dalla Skype avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 5 maggio 2015, causa T-183/13, Skype/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

(Causa C-382/15 P)

(2015/C 354/17)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Skype (rappresentanti: A. Carboni, M. Browne, Solicitors)

Altre parti nel procedimento: Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), Sky IP International Ltd, Sky plc

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare integralmente la decisione del Tribunale del 5 maggio 2015 nella causa T-183/13 e rinviare la domanda all’UAMI ai fini della prosecuzione del procedimento; e

condannare l’UAMI e gli eventuali intervenienti nel presente procedimento alle proprie spese e a quelle sostenute dalla ricorrente per il presente procedimento nonché quelle (i) del ricorso dinanzi al Tribunale nella causa T-183/13; (ii) del ricorso dinanzi alla quarta commissione di ricorso nel procedimento R 2398/2010-4; e (iii) dell’opposizione B 812 380 dinanzi alla divisione di opposizione.

Motivi e principali argomenti

L’unico motivo di ricorso dedotto dalla ricorrente verte sulla violazione da parte del Tribunale dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario (1) nel pronunciarsi sulla causa T-183/13 relativa alla domanda di marchio comunitario n. 3 660 065 (il «marchio controverso»). In particolare, il Tribunale ha commesso i seguenti errori nel decidere di confermare le conclusioni del convenuto circa il rischio di confusione:

1.

nel considerare la somiglianza dei prodotti e servizi tra il marchio controverso e il marchio anteriore degli intervenienti, la Corte ha individuato un elenco errato di servizi contrassegnati dal marchio controverso;

2.

ha valutato in modo inesatto le caratteristiche del pubblico di riferimento, non considerando il fatto che il servizio Skype della ricorrente si basava su una forma di tecnologia nuovissima e innovativa alla data di priorità del marchio controverso (la «data di riferimento»), e quindi che il pubblico di riferimento aveva un livello di competenza tecnica al di sopra della media e una maggiore capacità di operare distinzioni tra marchi;

3.

avrebbe erroneamente dedotto che il riconoscimento da parte della ricorrente della circostanza che i servizi contrassegnati dal marchio controverso sono identici a taluni servizi contrassegnati dal marchio anteriore costituisse anche un riconoscimento della circostanza che il marchio anteriore aveva carattere distintivo accresciuto e/o notorietà in relazione alle aree che si sovrappongono a quelle specificate per il marchio controverso alla data di riferimento;

4.

ha applicato erroneamente la legge sotto vari aspetti nell’esame della valutazione effettuata dal convenuto della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi di cui trattasi, in particolare, facendo riferimento all’erronea finzione giuridica secondo cui il consumatore medio legge le singole parole corte da sinistra a destra e attribuendo indebita importanza alla coincidenza delle lettere S-K-Y all’inizio di entrambi i marchi, nonché non valutando il fatto che la differenza concettuale tra essi neutralizza ogni somiglianza visiva o fonetica;

5.

ha commesso due errori rilevanti nel confermare le conclusioni del convenuto secondo le quali il marchio anteriore ha un carattere distintivo accresciuto in relazione a prodotti e servizi diversi dai servizi «principali» di radiodiffusione televisiva degli intervenienti: in primo luogo, si è basato erroneamente sull’uso del marchio anteriore in relazione ai servizi «principali» degli intervenienti per dedurne il carattere distintivo per altri servizi e in secondo luogo ha tenuto conto della prova dell’uso successiva alla data di riferimento;

6.

ha applicato erroneamente la legge sotto vari aspetti nell’effettuare la valutazione complessiva del rischio di confusione non prendendo in considerazione:

i.

la significativa notorietà di cui godeva il marchio controverso alla data di riferimento; e

ii.

la prova effettiva della coesistenza pacifica nel mercato tra i marchi di cui trattasi per oltre dieci anni, senza che gli intervenienti proponessero alcuna azione per violazione, circostanza che è fortemente indicativa dell’insussistenza di rischio di confusione alla data di riferimento.

Pertanto, la ricorrente chiede che la Corte: (1) annulli la decisione del Tribunale nella causa T-183/13 e rinvii la domanda al convenuto ai fini della prosecuzione del procedimento; e (2) ordini che siano rimborsate le spese alla ricorrente.


(1)  GU L 78, pag. 1.


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