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Document 52009AE1714

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini COM(2009) 262 def.

    GU C 128 del 18.5.2010, p. 80–88 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    18.5.2010   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 128/80


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini

    COM(2009) 262 def.

    (2010/C 128/14)

    Relatore: PARIZA CARIZA

    Correlatore: PÎRVULESCU

    La Commissione, in data 10 giugno 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini

    COM(2009) 262 def.

    La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 ottobre 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore PARIZA CASTAÑOS e dal correlatore PÎRVULESCU.

    Alla sua 457a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 novembre 2009 (seduta del 4 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli e 1 astensione.

    1.   Raccomandazioni

    1.1.   Nel corso degli ultimi anni, il tema della difesa e della promozione dei diritti umani ha perso posizioni nell'agenda dell'UE. La priorità politica è stata la sicurezza degli Stati e si considera la sicurezza come incompatibile con lo sviluppo della libertà e con la protezione dei diritti fondamentali.

    1.2.   Le politiche in materia di sicurezza e giustizia devono proteggere i valori della libertà. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il punto di partenza di queste politiche debba essere la protezione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

    1.3.   Le politiche di sicurezza non devono pregiudicare i valori fondamentali (diritti umani e libertà pubbliche) e i principi democratici (Stato di diritto) condivisi in tutta l'Unione. La libertà personale non deve essere limitata per perseguire l'obiettivo della sicurezza collettiva e dello Stato. Alcune proposte politiche ripetono un errore già commesso in epoche precedenti: sacrificare la libertà per migliorare la sicurezza.

    1.4.   La protezione dei diritti fondamentali e delle libertà va rafforzata attraverso un'autorità politica visibile e forte a livello europeo. Per questo motivo il CESE appoggia la proposta del Presidente della Commissione BARROSO di nominare un commissario europeo responsabile per la giustizia, i diritti fondamentali e le libertà civili, e auspica che i relativi servizi siano dotati degli strumenti politici, e delle risorse organizzative e finanziarie, necessari per l'esercizio di una così importante funzione.

    1.5.   Il CESE tuttavia deplora che l'immigrazione e l'asilo non rientrino tra le competenze di questo portafoglio e che siano invece attribuite insieme con le questioni di sicurezza interna a un altro commissario. Associare l'immigrazione alla sicurezza e separarla dalla protezione dei diritti fondamentali costituisce un messaggio politico sbagliato. Il CESE propone che la nuova Commissione europea consideri le politiche di immigrazione e asilo come strettamente legate alla protezione dei diritti fondamentali nell'ambito di uno stesso approccio politico.

    1.6.   Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le politiche concernenti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia disporranno di basi giuridiche più ampie e di conseguenza il CESE ritiene che l'Unione europea avrà la possibilità di raggiungere obiettivi più ambiziosi di quelli proposti dalla Commissione.

    1.7.   Il CESE raccomanda di procedere a un riesame della normativa concernente la libertà di spostamento, e conseguentemente alla modifica del regolamento (CE) n. 2252/2004.

    2.   Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia

    2.1.   Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (SLSG) dell'UE entra ora in una fase decisiva. Dal 1999 il Consiglio ha adottato due programmi quinquennali: quello di Tampere (1999-2004) e quello dell'Aia (2004-2009).

    2.2.   Dieci anni dopo Tampere gli obiettivi previsti non sono stati raggiunti. L'Unione non è ancora uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. I progressi compiuti in questi anni sono stati insufficienti (1) e, per giunta, non uniformi. Il Consiglio europeo di Stoccolma può rappresentare una nuova possibilità di rilanciare il progetto di Tampere.

    2.3.   La politica comune in materia d'immigrazione, asilo e frontiere ha compiuto notevoli progressi, con l'eccezione degli aspetti dell'immigrazione legale e dell'immigrazione di persone che cercano lavoro, ambiti che rimangono assoggettati alla regola dell'unanimità in seno al Consiglio.

    2.4.   Le politiche relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale sono state rette da una logica intergovernativa, da un clima di marcata diffidenza e dalla regola dell'unanimità; tutto ciò ha reso macchinosa l'adozione di legislazioni comuni a livello europeo.

    2.5.   Il programma di Stoccolma sarà attuato probabilmente dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona; ciò significa che molte delle politiche di tale programma saranno adottate dal Consiglio mediante la procedura ordinaria e la procedura legislativa di codecisione del Parlamento, situazione, questa, che permetterà all'UE di definire obiettivi più ambiziosi, benché anche il Trattato attuale consenta lo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia di cui necessita l'Europa.

    2.6.   Il processo che condurrà all'adozione del programma di Stoccolma è stato già arricchito da numerosi contributi/documenti, fra cui il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo (2), le relazioni del Gruppo consultivo sul futuro della politica europea in materia di affari interni e giustizia (3), nonché i contributi pervenuti alla Commissione europea nel quadro della consultazione pubblica del settembre-novembre 2008 sul tema Libertà, sicurezza e giustizia: quale sarà il futuro? Consultazione pubblica sulle priorità per i prossimi cinque anni  (4).

    2.7.   La Commissione, nel giugno 2009, ha pubblicato la comunicazione intitolata Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini. Maggiore libertà in un contesto più sicuro  (5), da cui prende le mosse il presente parere per illustrare il punto di vista e le raccomandazioni del CESE in merito al processo di Stoccolma.

    2.8.   Il Comitato sta inoltre elaborando un parere d'iniziativa (6) per proporre che le politiche e le norme dell'Unione europea in materia di imm igrazione e frontiere rispettino adeguatamente i diritti umani e pongano la libertà e la sicurezza di tutti gli individui al centro delle proprie preoccupazioni. Anche tale parere è da considerarsi parte del contributo del CESE alla preparazione del programma di Stoccolma.

    3.   Osservazioni generali

    3.1.   Il Comitato condivide e appoggia il principio secondo cui la priorità politica dell'agenda di Stoccolma si fonda sulla realizzazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini. Una delle sfide più importanti dei prossimi cinque anni, in particolare una volta che sarà approvato il Trattato di Lisbona, sarà la costruzione dell'Europa dei cittadini, obiettivo che richiederà l'adeguamento delle priorità politiche dell'Unione. Tre anni or sono il CESE ha adottato un parere d'iniziativa al fine di migliorare la visibilità e l'efficacia della cittadinanza europea (7). Occorre migliorare la qualità della cittadinanza europea, rendendolo più aperto, inclusivo ed egualitario ed evitando ogni forma di discriminazione.

    3.2.   Il CESE accoglie poi con favore la priorità che la comunicazione in esame assegna alla creazione di una «Europa dei diritti», poiché la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali costituisce un valore imprescindibile dell'UE (8).

    3.3.   Sebbene il sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali sia piuttosto avanzato, in pratica il rispetto di tali diritti non è garantito nell'UE, specie quando si tratta di mettere in pratica e di applicare il diritto comunitario ai livelli nazionale, regionale e locale. Il programma di Stoccolma dovrebbe contemplare una strategia chiara, ambiziosa e completa per la tutela e la salvaguardia dei diritti fondamentali nell'SLSG e permettere di garantire una «Europa dei diritti» forte e globale, generalizzata a tutti i livelli di governance.

    3.4.   In questi ultimi anni l'UE ha dato priorità alla sicurezza rispetto ai diritti umani, alla giustizia e alla libertà. Il Comitato ritiene che la creazione di un vero spazio di libertà, sicurezza e giustizia richieda un giusto equilibrio tra le tre dimensioni. Le politiche che verranno adottate in materia di sicurezza dovranno proteggere i valori della libertà e dello Stato di diritto. Caposaldo di dette politiche deve essere la tutela dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

    3.5.   I diritti dell«uomo, in quanto diritti universali e indivisibili, vanno tutelati e devono essere garantiti a tutti gli individui, non soltanto ai cittadini dell»Unione. L'«Europa dei diritti e della giustizia» non può riguardare soltanto i cittadini degli Stati membri, ma deve comprendere qualsiasi persona che risieda sul territorio dell'Unione. In caso contrario la dimensione personale dell'SLSG sarebbe incompatibile con i valori e i principi, quali la non discriminazione, la parità ed equità di trattamento e la solidarietà, su cui è stata fondata l'Unione europea. Il programma di Stoccolma dovrà tenere conto del fatto che molti diritti e libertà previsti nelle convenzioni e nei Trattati internazionali ed europei si applicano a tutti gli individui, a prescindere dalla nazionalità, dalla cittadinanza o dallo status amministrativo migratorio.

    3.6.   Il suddetto programma deve ispirarsi a quello di Tampere del 1999, nell'ambito del quale il Consiglio aveva adottato, come elemento portante, il principio del trattamento giusto e della non discriminazione tra cittadini europei e cittadini di paesi terzi. Tale principio potrà essere rinsaldato con il nuovo Trattato, che rende la Carta dei diritti fondamentali dell'UE giuridicamente vincolante e che darà la possibilità all'Unione di aderire alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

    3.7.   Il CESE reputa necessario rafforzare, dopo il 2011, il ruolo dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali incrementandone il bilancio, attribuendole nuove competenze in materia di valutazione e migliorando la sua cooperazione con altre agenzie ed istanze europee, come ad esempio il Garante europeo per la protezione dei dati (GEPD) o il Mediatore europeo. Allo stesso modo, è opportuno conferire all'agenzia maggiore autonomia rispetto ai governi e assicurare il coinvolgimento del CESE in quanto rappresentante della società civile.

    3.8.   Al fine di garantire il successo del programma di Stoccolma, la Commissione propone un metodo incentrato su cinque assi che il CESE appoggia: 1. integrare adeguatamente le politiche in materia di giustizia e affari interni nelle altre politiche dell'UE; 2. ridurre le discrepanze tra le norme adottate a livello comunitario e la loro applicazione a livello nazionale, e sviluppare misure concrete; 3. migliorare la qualità della legislazione europea e del suo impatto; 4. migliorare l'utilizzo della valutazione degli strumenti adottati e delle agenzie istituite; 5. accompagnare le azioni con strumenti finanziari adeguati.

    3.9.   Il CESE, come istituzione, continuerà a collaborare in modo attivo per valutare la qualità e il valore aggiunto delle politiche europee, il loro impatto sui diritti fondamentali e sul principio di proporzionalità e i loro effetti sul piano etico, sociale ed economico.

    3.10.   Il Comitato può pertanto continuare a collaborare a una strategia europea di miglioramento della legislazione e della valutazione sia della qualità e della buona amministrazione del sistema giuridico europeo, sia dell'applicazione e degli effetti delle norme adottate in tale contesto.

    3.11.   Con il programma di Stoccolma, gli impegni assunti dall'Unione europea devono essere più seri e più chiari per quanto riguarda gli obiettivi e le finalità. Il CESE raccomanda di definire una serie di indicatori chiave e un elenco iniziale di obiettivi da raggiungere, che consentiranno di svolgere una valutazione obiettiva dei progressi compiuti, sia nel corso dell'attuazione del programma che alla conclusione del processo.

    3.12.   Il CESE approva le linee d'azione adottate, ma raccomanda di indicare con maggiore chiarezza le priorità del programma e di completarle con impegni riguardanti il sostegno finanziario.

    3.13.   Il CESE riconosce il contributo prezioso fornito dalle numerose risoluzioni e raccomandazioni del Consiglio d'Europa nel campo dell'efficacia e della corretta applicazione della giustizia. Chiede pertanto alla Commissione di integrarne il contenuto nei futuri sviluppi in materia di giustizia civile e penale nell'Unione europea (9).

    4.   Osservazioni specifiche

    4.1.   Promuovere i diritti degli individui: un'Europa dei diritti e dello Stato di diritto

    4.1.1.   La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948, proclama l'universalità di un sistema comune di principi e di valori; la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), firmata a Roma nel 1950 e sottoscritta da tutti gli Stati membri, e la Corte europea dei diritti dell'uomo costituiscono la base e la garanzia per il rispetto di questi diritti nell'intero territorio dell'UE.

    4.1.2.   La Carta dei diritti fondamentali dell'UE integra nuovi diritti non compresi nella CEDU. Essa consoliderà la certezza giuridica in materia di protezione dei diritti fondamentali della persona e sarà applicabile alle istituzioni europee e agli Stati membri, in particolare quando applicano la legislazione comunitaria.

    4.1.3.   Il diritto alla libera circolazione delle persone costituisce uno dei diritti essenziali della cittadinanza europea. L'abolizione dei controlli alle frontiere interne e la libertà di circolazione e di soggiorno all'interno dello spazio Schengen rappresentano uno dei principali risultati di questi ultimi dieci anni d'integrazione europea.

    4.1.4.   Il CESE desidera tuttavia esprimere la propria preoccupazione per il fatto che, nella pratica, l'esercizio di questo diritto si scontra ancora con numerosi ostacoli e barriere per lo più all'interno dell'Unione. Il Comitato ritiene che la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri non sia stata recepita in modo adeguato. Il suo recepimento è stato giudicato insoddisfacente dalla Commissione (10), dal Parlamento europeo e in numerose relazioni di esperti, senza dimenticare che esso non è avvenuto nei tempi stabiliti (11).

    4.1.5.   Il CESE si compiace della comunicazione della Commissione concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della suddetta direttiva. Ogni deroga, ogni eccezione applicabile da parte delle autorità nazionali al diritto fondamentale della circolazione delle persone deve essere interpretata in maniera restrittiva e deve essere pienamente compatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (12). Va inoltre migliorata la protezione dei diritti lavorativi e sociali dei lavoratori transfrontalieri, come il CESE ha proposto in diversi suoi pareri (13).

    4.1.6.   Sul tema del miglioramento della tutela dei diritti dell'infanzia, il CESE ha formulato diversi pareri (14) nei quali raccomanda il rispetto dei Trattati internazionali da parte dell'UE e l'attuazione di una strategia volta a ottenere che gli Stati membri onorino in via d'urgenza gli impegni assunti e in essere a livello europeo e internazionale in materia di diritti dell'infanzia, specie nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia.

    4.1.7.   Il CESE desidera sottolineare l'importanza del rispetto della diversità e della tutela delle persone vulnerabili ed evidenzia che le sfide legate alla diversità riguardano vari tipi di minoranze (i rom, per esempio) e numerosi immigrati.

    4.1.8.   Recentemente il Comitato ha adottato diversi pareri a sostegno del rafforzamento della legislazione contro la discriminazione (15), proponendo di migliorare gli strumenti per la lotta contro la discriminazione, il razzismo, la violenza, l'omofobia e la xenofobia. La società civile può svolgere un ruolo essenziale nel vigilare sulla corretta applicazione pratica della legislazione comunitaria.

    4.1.9.   Con l'entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali, l'Unione europea disporrà di una nuova base giuridica per la protezione dei diritti lavorativi e sociali. Il CESE, che in futuro intraprenderà nuove iniziative per lo sviluppo di politiche europee che rafforzino la protezione dei diritti lavorativi e sociali dei lavoratori, propone alla Commissione europea di includere i suddetti diritti tra le sue priorità.

    4.1.10.   L'UE sta elaborando politiche di sicurezza e di controllo delle frontiere basate sull'impiego delle nuove tecnologie e di nuovi sistemi d'informazione. Di tali politiche occorre considerare le conseguenze etiche e giuridiche sul piano della protezione dei dati personali e della vita privata.

    4.1.11.   Il CESE ritiene che la società civile organizzata, in stretta collaborazione con le autorità incaricate della protezione dei dati e i mediatori a livello nazionale ed europeo, potrebbe partecipare al lavoro di valutazione, affinché siano rispettati i principi di finalità, proporzionalità, legittimità, sicurezza e riservatezza.

    4.1.12.   Numerose consultazioni della società civile europea hanno evidenziato che la libertà di spostamento è condizionata da misure di sicurezza sproporzionate, come sarebbe quella di introdurre elementi biometrici e dispostivi per l'identificazione a radiofrequenza (RFID) nei documenti di viaggio. Nel suo parere in materia (16) il CESE ha segnalato che «la RFID non è una tecnologia matura» e può compromettere le libertà fondamentali della persona.

    4.1.13.   Il programma di Stoccolma deve prevedere che la rapida evoluzione delle suddette tecnologie potrebbe rendere necessaria l'adozione di nuove iniziative politiche e legislative per la tutela dei diritti fondamentali, in particolare per quanto concerne la protezione dei dati personali. La Commissione deve avviare campagne d'informazione e di sensibilizzazione sui diritti e sui rischi connessi all'uso delle tecnologie dell'informazione.

    4.1.14.   Il basso tasso di partecipazione alle recenti elezioni al Parlamento europeo ha posto in evidenza il fatto che molti europei non sono soddisfatti della qualità della propria cittadinanza e di alcune politiche dell'UE. Il Comitato sottoscrive l'obiettivo della Commissione di migliorare la vita democratica e la partecipazione attiva dei cittadini europei. Per porre rimedio al crescente disinteresse dei cittadini degli Stati membri per la politica comunitaria, il CESE raccomanda di adottare una serie di misure volte a incoraggiare a una pratica attiva della cittadinanza europea. Sostiene inoltre l'idea di tenere le elezioni del Parlamento europeo nella settimana del 9 maggio e di conferire ai programmi e alle campagne elettorali un carattere meno nazionale e più europeo.

    4.1.15.   Il CESE ritiene che sia opportuno allargare la base delle nostre democrazie includendo nuovi cittadini con pari diritti e obblighi. I diritti di cittadinanza, nazionale ed europea, dovrebbero tutelare tutte le diversità, di origine nazionale, etnica, religiosa o culturale che in parte derivano dall'immigrazione.

    4.1.16.   Il CESE ha elaborato un parere (17) d'iniziativa destinato alla Convenzione nel quale sostiene l'opportunità di concedere la cittadinanza europea ai cittadini di paesi terzi che abbiano lo status di residente di lungo periodo e propone alle istituzioni dell'UE di tenere conto di tale proposta nel programma di Stoccolma.

    4.2.   Facilitare la vita dei cittadini: un'Europa del diritto e della giustizia Garantire il diritto e la giustizia in un'Europa aperta al mondo

    4.2.1.   Reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie

    4.2.1.1.   Il CESE si compiace dello sforzo profuso a favore del riconoscimento reciproco, che rimane la pietra angolare della costruzione dello spazio giudiziario europeo. Quest'ultimo deve coesistere con la tradizione giuridica di ciascuno Stato membro e garantire il consolidamento di uno spazio di libertà e responsabilità. L'Unione deve dotarsi di una base normativa comune. D'altra parte, tutto il sistema coercitivo, a livello delle norme sia dell'Unione europea sia degli Stati membri, deve essere soggetto a vincoli di legge onde eliminare ogni possibilità di abuso: le norme non possono in alcun caso compromettere le libertà e i diritti dell'uomo e devono assicurare la tutela dei diritti civili e sociali.

    4.2.1.2.   Si potrebbe estendere il riconoscimento reciproco ai settori che non risultano ancora regolamentati, per esempio i regimi testamentari e di successione, i regimi patrimoniali e le conseguenze patrimoniali della separazione dei coniugi, e a tutti i gli ambiti legati alla vita quotidiana dei cittadini dell'Unione. Il reciproco riconoscimento deve applicarsi alla totalità delle forme di unione civile legalmente riconosciute negli Stati membri.

    4.2.1.3.   In materia civile, è opportuno abolire la procedura di exequatur con cui gli Stati membri applicano le decisioni di natura civile e commerciale emanate in altri Stati membri ed estendere il reciproco riconoscimento alle materie non ancora coperte. In materia penale, tale principio deve essere applicato sempre, in tutte le fasi del procedimento, e deve essere esteso alle misure di protezione delle vittime e dei testimoni, così come ai casi di decadenza dei diritti.

    4.2.2.   Rafforzare la reciproca fiducia

    4.2.2.1.   Per incrementare la fiducia reciproca tra i sistemi giudiziari occorre rafforzare e sostenere la formazione degli operatori della giustizia attraverso l'elaborazione di strumenti comuni. È opportuno incoraggiare e aiutare gli scambi tra funzionari giudiziari, sia attraverso il forum della giustizia e le attività delle varie reti di professionisti, sia attraverso la messa in atto di un sistema simile all'Erasmus. Per migliorare la comunicazione e il trasferimento delle buone pratiche sarebbe opportuno rafforzare il Forum europeo sulla giustizia.

    4.2.2.2.   Bisogna continuare a rinsaldare la fiducia reciproca sostenendo con più forza, soprattutto sul piano finanziario, i programmi di formazione professionale degli operatori della giustizia e lo sviluppo delle reti professionali, iniziative, queste, che devono accompagnarsi a scambi di buone pratiche e all'elaborazione di progetti innovativi nel campo della modernizzazione della giustizia.

    4.2.3.   Un accesso agevolato alla giustizia: una priorità

    4.2.3.1.   L'azione condotta a livello europeo in materia penale per migliorare il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie non deve concentrarsi esclusivamente sul terrorismo, sulla criminalità organizzata e sugli attacchi agli interessi finanziari dell'Unione, ma occuparsi anche dei fenomeni che ledono i diritti dell'uomo e le relative libertà fondamentali. La crescente mobilità dei cittadini degli Stati membri all'interno delle frontiere dell'Unione rende gli stessi vulnerabili alle discriminazioni e agli abusi, tanto nella vita privata quanto sul luogo di lavoro.

    4.2.3.2.   L'Unione dovrà adoperarsi per potenziare i dispositivi di assistenza giurisdizionale esistenti, mobilitare i mezzi elettronici (giustizia elettronica) (18) nei casi in cui ciò sia necessario e fare soprattutto in modo che i cittadini possano più agevolmente fruire di servizi di traduzione e interpretazione nell'ambito giudiziario. Dovrà inoltre attuare degli sforzi volti a semplificare gli adempimenti relativi alla legalizzazione degli atti e dei documenti e potenziare il sostegno alle vittime di reati, soprattutto nelle cause transnazionali.

    4.2.4.   Ruolo degli ambienti giuridici nel sostegno all'attività economica

    4.2.4.1.   Occorre migliorare l'esecuzione delle decisioni giudiziarie, soprattutto istituendo un procedimento europeo di sequestro conservativo dei depositi bancari. I lavori volti a definire un quadro comune di riferimento in materia di diritto contrattuale potrebbero servire all'elaborazione di future proposte di legge e potrebbe essere prevista l'introduzione di contratti tipo e di regimi facoltativi europei in settori ben definiti del mercato interno (28° regime). Bisogna continuare ad armonizzare la legislazione applicabile in materia di diritto societario e di contratti d'assicurazione.

    4.2.4.2.   Lo spazio giudiziario europeo, soprattutto nei periodi di crisi, deve assecondare non solo il buon funzionamento dell'attività economica nell'ambito del mercato interno ma anche la responsabilizzazione degli attori economici nei confronti della società e dei propri dipendenti. In un contesto di crisi finanziaria ed economica come quello attuale, è importante consolidare i legami di solidarietà tra gli Stati, gli attori economici e i cittadini e rispettare la dignità e i diritti di questi ultimi.

    4.2.5.   Rafforzamento della presenza dell'Unione in materia giuridica sulla scena internazionale

    Occorre attribuire priorità all'azione di promozione dello Stato di diritto in tutto il mondo, in particolare nei paesi vicini e in quelli con cui l'Unione condivide un programma economico, sociale e di sicurezza comune, nonché potenziare sensibilmente gli strumenti di cooperazione e di assistenza che l'Unione utilizza in campo giudiziario con i paesi terzi.

    4.3.   Un'Europa della sicurezza Quadro normativo e principi di un'Unione aperta che protegge i suoi cittadini

    Il CESE accoglie favorevolmente l'elaborazione di una strategia di sicurezza interna dell'Unione e afferma che tale processo deve coinvolgere un ampio ventaglio di soggetti interessati pubblici e privati (19). La partecipazione della società civile assicurerà la prevalenza di una prospettiva fondata sulla tolleranza, sul dialogo e sulla cooperazione, non già sull'esclusione, sulla paura e sulla diffidenza nei confronti dei cittadini di Stati membri o paesi terzi. Essa garantirà al tempo stesso la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali, che diventano più vulnerabili quando vengono adottati mezzi coercitivi e di controllo i quali, in assenza di una società civile democratica, possono essere impiegati in maniera discriminatoria e abusiva. La strategia in materia di sicurezza interna va completata con una strategia europea di valutazione del funzionamento dei sistemi giudiziari europei.

    4.3.1.   Mezzi potenziati

    4.3.1.1.   La cooperazione di polizia deve includere un capitolo importante riguardante la formazione e l'istruzione del personale delle forze di polizia. L'Agenzia dei diritti fondamentali dell'UE ha osservato che il comportamento duro e aggressivo delle forze di polizia costituisce una fonte importante di discriminazione. Per limitare queste pratiche, è opportuno intraprendere azioni volte a contrastare questi comportamenti e a ristabilire la fiducia dell'opinione pubblica nella correttezza delle forze di polizia (20).

    4.3.1.2.   La mobilitazione dei mezzi tecnologici necessari a garantire la sicurezza interna non può realizzarsi senza che siano assicurate responsabilità e trasparenza nell'uso di tali strumenti in rapporto ai cittadini e alla società civile.

    4.3.2.   Politiche efficaci

    4.3.2.1.   Tra le priorità in materia di criminalità transfrontaliera deve figurare anche il potenziamento dei diritti della difesa attraverso l'estensione delle garanzie minime comuni alla tutela della presunzione di innocenza e alla custodia cautelare (durata e revisione dei motivi della custodia). Le misure di lotta alla criminalità transfrontaliera devono rispettare il principio di proporzionalità. Iniziative in tal senso devono essere elaborate e sostenute con mezzi adeguati, segnatamente nel quadro di un piano di azione, e devono essere sottoposte a monitoraggio, specie nelle situazioni che si sono rivelate sin qui problematiche (trattamento delle persone sospettate di attività di terrorismo).

    4.3.2.1.1.   Per quanto riguarda il controllo e la sorveglianza delle frontiere e, più specificatamente la protezione delle persone e dei gruppi vulnerabili, è indispensabile che gli obblighi fondamentali di salvataggio in mare che incombono agli Stati membri prevalgano sulle esigenze di controllo e sorveglianza marittimi.

    4.3.2.1.2.   Il visto Schengen comune europeo, possibilmente rilasciato da un'autorità consolare comune, può garantire la parità di trattamento dei richiedenti. Occorre tuttavia abbandonare progressivamente il concetto di presunzione del rischio connesso alla nazionalità e optare per una valutazione del rischio individuale - un'evoluzione positiva - in modo da prevenire abusi e discriminazioni nei confronti dei richiedenti.

    4.3.3.   Obiettivi comuni

    4.3.3.1.   La strategia di sicurezza interna deve concentrarsi su una serie di minacce cui non è stata rivolta sufficiente attenzione. Essa deve attribuire una priorità specifica alle misure attive di lotta all'odio, al razzismo, alla xenofobia e all'antisemitismo. Gli strumenti utilizzati non devono essere destinati esclusivamente al settore della sicurezza ma devono essere estesi alla sfera economica, sociale, culturale e dell'istruzione e devono essere impiegati in maniera preventiva.

    La strategia di sicurezza interna deve riconoscere un ruolo di primo piano alla trasparenza e alla lotta alla corruzione, fenomeno che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche e nel processo democratico a livello nazionale ed europeo.

    4.3.3.2.   Al fine di ridurre le minacce terroristiche, l'Unione deve raddoppiare gli sforzi volti a promuovere dei modelli europei di dialogo interculturale e interreligioso in grado di opporsi all'isolamento e alla radicalizzazione di comunità, gruppi e organizzazioni all'interno e all'esterno delle sue frontiere. Le misure di sicurezza interna, per quanto efficaci possano essere, si occupano solo degli effetti, non già delle cause del fenomeno del terrorismo. È pertanto indispensabile intavolare un dialogo paneuropeo che consenta di individuare tali modelli, affinché l'Unione possa in seguito promuoverli attivamente in collaborazione con gli Stati membri.

    4.4.   Una politica di immigrazione dinamica

    4.4.1.   L'attuazione di una politica di immigrazione sulla base degli obiettivi fissati nel quadro del Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo costituisce una delle principali priorità dei prossimi anni. Tra le priorità definite dalla Commissione figura il consolidamento dell'approccio globale all'immigrazione.

    4.4.2.   L'UE deve migliorare il dialogo e la cooperazione con i paesi di origine. Il CESE ha proposto (21) che, nell'ambito della sua azione esterna, l'UE promuova un quadro legislativo internazionale per le migrazioni basato sulla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sul Patto relativo ai diritti civili e politici e sul Patto relativo ai diritti economici, sociali e culturali. Esso dovrebbe includere le principali convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e la Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori emigranti e dei membri delle loro famiglie, che gli Stati membri non hanno ancora provveduto a ratificare nonostante l'adozione di un parere d'iniziativa (22) che raccomanda di agire in tal senso.

    4.4.3.   Perché la politica europea di immigrazione possa dare un contributo allo sviluppo dei paesi di origine, è necessario che gli accordi tra l'UE e questi ultimi siano conclusi in condizioni d'interesse reciproco e di rispetto dei diritti dei migranti. Secondo il Comitato, gli accordi per la mobilità dovrebbero evitare e compensare la fuga dei cervelli. Affinché la migrazione circolare abbia un rapporto positivo con lo sviluppo, è necessario rendere più flessibili le norme concernenti l'ammissione e lo status di residente di lungo periodo al fine di favorire il rimpatrio volontario senza che ciò determini per gli immigrati la perdita del diritto di soggiorno.

    4.4.4.   La cooperazione con i paesi terzi non dovrebbe fondarsi esclusivamente sulla gestione dell'immigrazione illegale, sul rimpatrio e sul controllo delle frontiere - sebbene si tratti di aspetti importanti - e gli accordi conclusi con questi paesi dovrebbero tenere conto degli interessi di tutte le parti in causa: quelli dei migranti a vedere rispettati i loro diritti fondamentali e a ricevere un trattamento giusto, quelli dei paesi d'origine ad avere dall'immigrazione ripercussioni positive per il loro sviluppo sul piano lavorativo e sociale e, infine, quelli delle società di accoglienza europee.

    4.4.5.   Il CESE ritiene che uno dei punti deboli dell'impostazione complessiva in materia d'immigrazione sia precisamente la difficoltà dell'Unione europea di passare dai discorsi politici generali all'adozione di iniziative legislative concrete secondo il metodo comunitario e nel rispetto delle competenze previste nei Trattati.

    4.4.6.   Il Comitato non condivide il punto di vista secondo cui la politica europea di immigrazione deve basarsi sulla migrazione circolare. Certamente una parte dei progetti migratori saranno temporanei e in alcuni casi avranno carattere di circolarità, ma l'esperienza insegna che la maggioranza di essi è permanente o di lunga durata. Alla luce di quanto sopra, è necessario che le politiche e le legislazioni europee promuovano sempre il rispetto dei diritti dell'uomo, la sicurezza dello status giuridico dei migranti, l'integrazione e il ricongiungimento familiare.

    4.4.7.   In un suo recente parere (23), il CESE ha affermato che la politica e la legislazione in materia di immigrazione devono rispettare pienamente i diritti umani di tutte le persone nonché i principi della parità di trattamento e della non discriminazione.

    4.4.8.   Il Comitato non è favorevole all'uso dell'espressione «immigrazione illegale» e condivide il punto di vista di altri attori europei, quali l'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e il Parlamento europeo, che preferiscono invece le formule «immigrazione irregolare» e «immigrati senza documenti» per evitare il falso collegamento tra immigrazione e crimine.

    4.4.9.   Nonostante non sia legale entrare in un paese senza i documenti e le autorizzazioni del caso, queste persone non sono delinquenti. Il collegamento tra immigrazione illegale e delinquenza proposto in numerosi mezzi di comunicazione e discorsi politici non corrisponde alla realtà e fomenta atteggiamenti di paura e di xenofobia tra la popolazione dello Stato di accoglienza.

    4.4.10.   Il CESE appoggia l'obiettivo prioritario della Commissione di provvedere alla supervisione dell'applicazione a livello nazionale delle garanzie e dei diritti previsti nella direttiva sul rimpatrio 2008/115/CE, che entrerà in vigore nel dicembre 2010.

    4.4.11.   Il Comitato approva sia la proposta della Commissione di dotare l'Unione «di standard comuni in materia di custodia degli immigrati in posizione irregolare che non possono essere allontanati», sia quella concernente le regolarizzazioni, in merito alle quali la Commissione afferma che «a tal fine, potrebbero essere definite delle linee direttrici». Per regolarizzare la posizione degli interessati occorre tenere conto di elementi quali il radicamento sociale e professionale, come previsto nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo.

    4.4.12.   I minori non accompagnati in posizione irregolare dovranno anch'essi essere tutelati grazie a una politica europea specifica.

    4.4.13.   Il Comitato condivide il punto di vista della Commissione secondo cui l'Unione dovrà dotarsi di un quadro comune che, assumendo la forma di un regime flessibile di ammissione degli immigrati, sia adeguato al fabbisogno dei mercati nazionali del lavoro. Tuttavia, ritiene che la legislazione europea debba evitare politiche fondate in via esclusiva sul fabbisogno dei mercati del lavoro in una determinata congiuntura o in un determinato periodo e che considerano il migrante come mera unità lavorativa e non come un individuo, soggetto di diritti, che abbisogna di protezione e di sicurezza.

    4.4.14.   Il Comitato appoggia la proposta della Commissione di creare una piattaforma europea di dialogo al fine di migliorare la gestione dell'immigrazione di persone che cercano lavoro, piattaforma alla quale parteciperebbero i datori di lavoro, i sindacati, i servizi pubblici di collocamento degli Stati membri, le agenzie di reclutamento e le altre parti interessate. Il CESE può essere l'istituzione europea di accoglimento delle attività di questa piattaforma, alla stregua del Forum europeo dell'integrazione.

    4.4.15.   Il CESE ha ribadito in più occasioni che la legislazione comune in materia di ammissione a livello europeo dovrebbe comporsi di un quadro legislativo complessivo e orizzontale, anziché di legislazioni settoriali (24).

    4.4.16.   Malgrado ciò, la Commissione sta elaborando diverse proposte di direttiva a carattere settoriale. Recentemente il Consiglio europeo ha adottato la direttiva sulla carta blu  (25), che prevede una procedura accelerata e flessibile di ammissione destinata unicamente ai lavoratori migranti considerati «altamente qualificati» e ai loro familiari, rischiando in tal modo di ingenerare un trattamento discriminatorio tra i lavoratori considerati altamente qualificati e gli altri (che saranno oggetto di direttive specifiche). Inoltre, questa direttiva lascia agli Stati membri un ampio margine discrezionale per la definizione e la specificazione delle condizioni e dei diritti accordati dalla carta blu.

    4.4.17.   Il CESE reputa che all'impostazione settoriale della legislazione europea in materia di immigrazione debba accompagnarsi un quadro comune (statuto europeo) di diritti a carattere orizzontale che garantisca il rispetto e la tutela dei diritti e delle libertà degli immigrati in Europa, indipendentemente dalla categoria professionale, dallo status giuridico o dalla posizione amministrativa degli stessi.

    4.4.18.   La Commissione ha redatto una proposta di direttiva quadro sui diritti degli immigrati che, ad oggi, non è stata ancora approvata dal Consiglio. Riguardo a tale proposta il Comitato ha elaborato un parere (26) che auspica sia preso in considerazione nell'ambito dei lavori del Consiglio.

    4.4.19.   Il CESE analizzerà la proposta della Commissione di adottare un codice dell'immigrazione affinché sia garantito agli immigrati in Europa un insieme di diritti uniformi e comparabili, ma disapprova il fatto che essa comporti il ritiro della proposta di direttiva quadro. Per tale motivo propone alle future presidenze del Consiglio di proseguire i lavori sino all'adozione della direttiva.

    Per quanto concerne il ricongiungimento familiare, il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che «si potrebbe procedere a una revisione della direttiva dopo un'ampia consultazione».

    4.4.20.   Il CESE auspica che la Commissione elabori a breve un Libro verde per aprire un dibattito circa le modifiche da apportare alla direttiva in parola: in effetti, dato il carattere minimalista della direttiva europea 2003/86/CE, vi è il rischio che in talune legislazioni nazionali il diritto di ricongiungimento non venga garantito appieno ai cittadini dei paesi terzi, come peraltro già confermato dalla relazione della Commissione concernente la trasposizione della normativa a livello nazionale (27).

    4.4.21.   Il Comitato tiene particolarmente alla promozione dell'integrazione e ha approntato diversi pareri d'iniziativa a favore dell'attuazione nell'UE di politiche d'integrazione proattive, contraddistinte da un'impostazione bidirezionale, orientata sia alla società di accoglienza sia agli immigrati. Si tratta di un approccio positivo all'integrazione, diverso da quello, negativo, di certi governanti che interpretano l'integrazione come un nuovo ostacolo all'uguaglianza e un nuovo strumento di discriminazione.

    4.4.22.   Come afferma la Commissione, occorre intensificare gli sforzi dell'UE, degli Stati membri e delle autorità regionali e locali ed è necessario un maggiore coinvolgimento della società di accoglienza e degli immigrati. Recentemente, è stato costituito il Forum europeo dell'integrazione, frutto di una collaborazione tra la Commissione europea e il CESE. Si tratta di una piattaforma per la partecipazione della società civile e delle organizzazioni di immigrati alle politiche europee di promozione dell'integrazione.

    4.4.23.   Il CESE ha appoggiato la proposta di creare un metodo aperto di coordinamento per l'integrazione e intende collaborare alla sua attuazione formulando nuovi pareri. La Commissione ritiene che occorra creare un «meccanismo di coordinamento comune che permetta di sostenere l'azione degli Stati membri partendo da un quadro comune di riferimento», attraverso la definizione di buone pratiche e lo sviluppo di indicatori, il collegamento con altre politiche e il coinvolgimento della società civile tramite il portale e del Forum europeo dell'integrazione.

    4.4.24.   Il Forum può contribuire anche alla valutazione delle pratiche, allo sviluppo degli indicatori e al collegamento dell'integrazione con altre politiche dell'Unione.

    4.5.   Asilo: uno spazio comune e solidale

    4.5.1.   L'Europa deve essere disposta ad accogliere degnamente i richiedenti asilo grazie a una legislazione improntata alla tutela e a una politica più solidale. Molte persone bisognose di protezione internazionale raggiungono le frontiere esterne dell'UE illegalmente. Le autorità devono garantire che abbiano la possibilità di presentare la loro richiesta di protezione, che dovrà essere valutata conformemente alle convenzioni internazionali ed europee, alla legislazione comunitaria e alle normative nazionali.

    4.5.2.   In questi ultimi anni il Comitato ha formulato diversi pareri a sostegno dello sviluppo di un sistema comune di asilo (28). Il Sistema europeo comune di asilo (SECA) va realizzato in modo da garantire un elevato livello di qualità, senza abbassare gli standard internazionali di tutela. L'armonizzazione non dovrà in alcun caso essere utilizzata per ridurre gli attuali livelli di tutela assicurati in alcuni Stati membri e dovrà servire a migliorare la legislazione degli Stati membri che presentano livelli di tutela insufficienti.

    4.5.3.   Per creare il SECA non basta armonizzare la legislazione, occorre anche una notevole cooperazione tra gli Stati membri. Tale cooperazione e solidarietà saranno migliorate con l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo proposto dalla Commissione e sostenuto dal CESE.

    4.5.4.   La nuova legislazione deve permettere ai richiedenti asilo di accedere al mercato del lavoro e alla formazione, riconoscere il ruolo svolto dalle ONG specializzate e garantire a queste ultime il pieno accesso alle procedure e ai luoghi collegati con la loro attività.

    4.5.5.   Le procedure stabilite dal regolamento di Dublino devono essere modificate per consentire al richiedente asilo di scegliere il paese nel quale desidera presentare domanda, tenuto conto di motivi umanitari e dei legami familiari, culturali e sociali.

    4.5.6.   Le decisioni assunte in merito a tali richieste potranno essere oggetto di un ricorso che, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, dovrà avere un effetto sospensivo.

    4.5.7.   La detenzione dei richiedenti asilo e degli immigrati irregolari in centri di detenzione amministrativa è tuttora prassi corrente in diversi Stati membri dell'UE. Il CESE si oppone a tale tipo di pratica, ritenendo che la custodia nei centri di detenzione amministrativa debba essere una misura straordinaria.

    4.5.8.   Il CESE reputa che il rispetto dei diritti dell'uomo sia condizione indispensabile per la conclusione di accordi di riammissione con paesi terzi e non approva che l'UE o gli Stati membri concludano accordi di rimpatrio o di controllo delle frontiere con paesi che non hanno firmato i principali strumenti giuridici internazionali di protezione dei diritti umani.

    4.5.9.   Il Comitato ritiene che la solidarietà finanziaria intraeuropea in materia di asilo debba essere potenziata, motivo per cui occorrerà rafforzare e modificare il Fondo europeo per i rifugiati.

    Bruxelles, 4 novembre 2009

    Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  Secondo l'ex vicepresidente della Commissione europea FRATTINI, è stato raggiunto soltanto il 53 % degli obiettivi.

    (2)  Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, Consiglio dell'Unione europea, Bruxelles, 13440/08, 24 settembre 2008.

    (3)  Relazione del Gruppo consultivo sul futuro della politica in materia di affari interni Libertà, sicurezza, vita privata - Affari interni europei in un mondo aperto del giugno 2008.

    (4)  http://ec.europa.eu/justice_home/news/consulting_public/news_consulting_0001_en.htm

    (5)  COM(2009) 262 def.

    (6)  Parere CESE del 4 settembre 2009 sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, relatore: PARIZA CASTAÑOS (cfr. pag. 29 della GU C 128).

    (7)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 163.

    (8)  GU C 218 dell’11.9.2009, pag. 69.

    (9)  Cfr. Relevant Council of Europe Resolutions and Recommendations in the field of efficiency and fairness of justice (CEPEJ(2003)7 riv, del 13 novembre 2003).

    (10)  COM(2008) 840 def.

    (11)  30 aprile 2006.

    (12)  COM(2009) 313 def.

    (13)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14 e GU C 325 del 30.12.2006, pag. 43.

    (14)  GU C 325 del 30.12.2006, pag. 65.

    (15)  GU C 182 del 4.8.2009, pag. 19 e GU C 77 del 31.3.2009, pag. 102.

    (16)  GU C 256 del 27.10.2007, pag. 66.

    (17)  GU C 208 del 3.9.2003, pag. 76.

    (18)  Parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo - Verso una strategia europea in materia di giustizia elettronica, del 30 settembre 2009, relatore: PEGADO LIZ (GU C 318 del 23.12.2009, pag. 69).

    (19)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 147 e GU C 211 del 19.8.2008, pag. 61.

    (20)  Agenzia dei diritti fondamentali dell'Unione europea, 2009 - The Stockholm Programme: A chance to put fundamental rights protection right in the centre of the European Agenda (Il programma di Stoccolma: un'opportunità per mettere la protezione dei diritti fondamentali al centro dell'agenda europea).

    (21)  GU C 44 del 16.2.2008, pag. 91.

    (22)  GU C 302 del 7.12.2004, pag. 49.

    (23)  GU C 218 dell’11.9.2009, pag. 69.

    (24)  GU C 286 del 17.11.2005, pag. 20.

    (25)  Direttiva 2009/50/CE.

    (26)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 114.

    (27)  COM(2008) 610 def.

    (28)  GU C 204 del 9.8.2008, pag. 77; GU C 218 dell’11.9.2009, pag. 78; parere CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (rifusione), relatrice: LE NOUAIL MARLIÈRE (GU C 317 del 23.12.2009, pag. 110).; e parere CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione), relatrice: LE NOUAIL MARLIÈRE (GU C 317 del 23.12.2009, pag. 115)..


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