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Document 52009IE1710
Opinion of the European Economic and Social Committee on ‘Respect for fundamental rights in European immigration policies and legislation’ (own-initiative opinion)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione (parere d'iniziativa)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione (parere d'iniziativa)
GU C 128 del 18.5.2010, p. 29–35
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
18.5.2010 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 128/29 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione
(parere d'iniziativa)
(2010/C 128/06)
Relatore: PARIZA CASTAÑOS
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 febbraio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 ottobre 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore PARIZA CASTAÑOS.
Alla sua 457a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 novembre 2009 (seduta del 4 novembre 2009), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere all'unanimità.
1. Presentazione e contesto
1.1. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha deciso di elaborare un parere di iniziativa per proporre che le politiche e la legislazione dell'UE in materia di immigrazione e frontiere rispettino adeguatamente i diritti umani e mettano la libertà e la sicurezza di tutte le persone al centro delle loro preoccupazioni.
1.2. Con molte difficoltà politiche in sede di Consiglio, l'UE si sta dotando di un quadro legislativo comune in materia di immigrazione che offre diritti e garanzie sovranazionali e che va oltre le legislazioni soggette a modifiche (e a volte restrittive) degli Stati membri. Il CESE considera positivi i progressi fatti, perché elaborare una legislazione comune tra 27 Stati non è un compito facile in un ambito sensibile com'è quello dell'immigrazione.
1.3. Tuttavia, il carattere di armonizzazione minimalista di molte di queste norme rende ardua e limitata l'applicazione di garanzie piene e adeguate per la protezione dei diritti umani. D'altronde, in alcuni Stati membri il recepimento delle direttive europee nella legislazione nazionale non è realizzato correttamente sotto il profilo della protezione dei diritti fondamentali.
1.4. Durante questi anni il CESE ha elaborato diversi pareri con la finalità di basare la politica comune di immigrazione su un approccio completo, che tenga conto non solo delle necessità degli Stati membri dell'UE e della collaborazione con i paesi d'origine, ma anche del rispetto dei diritti umani degli immigrati.
1.5. Il 16 ottobre 2008, il Consiglio ha approvato il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, che esprime un forte impegno politico dell'UE per fare progressi nella politica comune in materia di immigrazione. Nel semestre di presidenza svedese, l'UE adotterà il programma di Stoccolma (1).
1.6. È prevista altresì l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che potrebbe comportare un nuovo slancio per lo sviluppo delle politiche di immigrazione da adottare attraverso la procedura legislativa ordinaria e conferirà carattere giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali.
1.7. Nel corso degli ultimi anni, il CESE ha rafforzato la sua collaborazione con le organizzazioni della società civile e, attraverso il Forum europeo dell'integrazione (2), ha creato una piattaforma permanente di partecipazione. Il Comitato si è assunto l'impegno, molto importante, di far sì che le politiche di integrazione vengano elaborate con la partecipazione della società civile.
1.8. Il Comitato osserva con preoccupazione la crescita in Europa dell'intolleranza, del razzismo e della xenofobia contro gli immigrati e contro i «diversi» in generale, e teme che questi fenomeni possano essere ulteriormente acuiti dagli effetti sociali della crisi finanziaria. È necessario che i responsabili politici, i leader sociali e i mezzi di comunicazione agiscano con grande senso di responsabilità per prevenire questi comportamenti attraverso un'opera di pedagogia politica e sociale. L'educazione ai valori umani, ai diritti fondamentali, all'uguaglianza e alla non discriminazione deve essere rafforzata nei programmi di studio dell'istruzione primaria e secondaria.
2. I diritti umani fondamentali e le politiche di immigrazione
2.1. Tra i diversi strumenti internazionali, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo proclama l'universalità di un sistema comune di principi e di valori.
2.2. La Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) sottoscritta da tutti gli Stati membri, e la Corte europea dei diritti dell'uomo costituiscono la base e la garanzia per il rispetto di questi diritti nell'intero territorio dell'UE.
2.3. La Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) ha riconosciuto che la CEDU e la giurisprudenza della Corte dei diritti dell'uomo fanno parte dell'ordinamento giuridico comunitario e costituiscono nel suo ambito principi generali.
2.4. Questa interpretazione è confermata dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea (TUE), che ha rafforzato le garanzie dei diritti fondamentali nel sistema giuridico europeo e la competenza della Corte di giustizia per quanto riguarda la garanzia del loro rispetto nelle azioni delle istituzioni europee e degli Stati membri nell'ambito del diritto comunitario.
2.5. Benché gli Stati abbiano il diritto sovrano di controllare gli ingressi dei cittadini di paesi terzi e di concedere a questi permessi di soggiorno, il CESE ricorda che essi devono anche rispettare gli obblighi assunti mediante strumenti e convenzioni internazionali ed europee in materia di diritti umani fondamentali, successivamente interpretate (e sviluppate) da parte degli organi giurisdizionali competenti.
2.6. La Carta dei diritti fondamentali dell'UE integra nuovi diritti non compresi nella CEDU (3). Molti di questi diritti sono inoltre indipendenti dalla nazionalità della persona. La Carta avrà valore vincolante in seguito alla ratifica del Trattato di Lisbona e consoliderà la certezza giuridica in materia di protezione dei diritti fondamentali della persona. Essa sarà applicabile alle istituzioni europee e agli Stati membri, in particolare quando applicano la legislazione comunitaria, e servirà a rafforzare il rispetto dei diritti fondamentali in questioni riguardanti l'immigrazione.
2.7. Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'Unione avrà la possibilità di aderire alla CEDU, il che rafforzerà il suo impegno per la difesa dei diritti umani.
2.8. Il CESE ha appoggiato inoltre (4) la creazione dell'Agenzia per i diritti fondamentali dell'UE. Nel 2008 il Consiglio europeo ha adottato il quadro pluriennale di programmazione dell'Agenzia, che prevede nove ambiti tematici, tra cui il razzismo e la xenofobia, la discriminazione, l'asilo, l'immigrazione e l'integrazione, i visti e i controlli alle frontiere. Il CESE desidera partecipare all'Agenzia per rafforzare il ruolo della società civile organizzata nelle sue attività.
2.9. Nonostante l'esistenza di questi strumenti e strutture comunitari, tuttavia, numerose organizzazioni della società civile (e rapporti di ricercatori indipendenti e del mondo accademico) dimostrano che alcune politiche e norme nazionali non rispettano adeguatamente i diritti fondamentali.
2.10. Nell'ambito delle politiche comunitarie, molti rapporti denunciano inoltre violazioni dei diritti umani degli immigrati in diversi Stati membri; in altre occasioni le politiche europee legittimano alcune pratiche nazionali in materia di migrazione che non sono compatibili con i diritti umani e lo Stato di diritto.
2.11. In un recente parere (5), il CESE ha sostenuto «che la politica e la legislazione in materia d'immigrazione devono essere basate sul pieno rispetto dei diritti dell'uomo di tutte le persone, sulla parità di trattamento e sulla non discriminazione. Per rafforzare tale obiettivo, il CESE propone di inserire due nuovi principi comuni», già presenti nel programma di Stoccolma, nella futura politica europea di immigrazione: «i diritti fondamentali, e lo Stato di diritto e le libertà fondamentali».
2.12. I diritti fondamentali dovrebbero essere attribuiti a tutte le persone e non soltanto ai cittadini dell'Unione. I richiedenti asilo e gli immigrati sono protetti dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La normativa europea in materia di immigrazione e frontiere e la giurisprudenza della CGCE offrono inoltre un insieme di garanzie e riconoscono un complesso di diritti che vanno al di là della discrezionalità degli Stati membri.
2.13. Il CESE ha inoltre proposto (6) che, nell'ambito della sua politica estera, l'UE promuova un quadro normativo internazionale per le migrazioni, basato sulla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sul Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e sul Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali. Questo quadro normativo internazionale deve comprendere le principali convenzioni dell'OIL e la convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei loro familiari, non ancora ratificata dagli Stati membri dell'UE benché il CESE abbia adottato un parere d'iniziativa (7) che ne proponeva per l'appunto la ratifica.
2.14. Nel documento Un Programma per l'Europa (8) il CESE propone che si rispettino i diritti fondamentali e i diritti umani nelle politiche dell'UE, e in modo particolare nelle politiche di immigrazione e asilo.
2.15. Il CESE ritiene che i valori e i principi dell'UE e la protezione dei diritti umani e delle libertà vadano rafforzati attraverso un'autorità politica visibile e forte a livello europeo. Per questo motivo appoggia la proposta del Presidente della Commissione BARROSO di nominare un commissario europeo responsabile di giustizia, diritti fondamentali e libertà civili. Il CESE auspica che i relativi servizi siano dotati degli strumenti politici, e delle risorse organizzative e finanziarie, necessari per l'esercizio di una così importante funzione.
2.16. Il CESE tuttavia deplora che l'immigrazione e l'asilo non rientrino tra le competenze di questo portafoglio e che siano invece attribuite insieme con le questioni di sicurezza interna a un altro commissario. Associare l'immigrazione alla sicurezza e separarla dalla protezione dei diritti fondamentali costituisce un messaggio politico sbagliato.
3. L'universalità dei diritti umani
3.1. L'Europa deve affrontare oggi una grande sfida: assicurare a tutte le persone i diritti umani nel quadro degli ordinamenti giuridici dell'UE e degli Stati membri, basati sul concetto tradizionale di cittadinanza, che nega alcuni di questi diritti ai «non cittadini», e sulla distinzione giuridica tra cittadino e straniero, o tra immigrato legale e immigrato irregolare.
3.2. Le normative europee in materia di immigrazione non garantiscono adeguatamente che l'immigrato sia soggetto di diritto e oggetto di protezione. Lo stretto legame giuridico esistente tra il permesso di lavoro e il permesso di soggiorno rende evidente il fatto che l'immigrato non è visto come una persona ma come manodopera, ossia come strumento al servizio del mercato del lavoro. Quando non è più necessario, perde la possibilità di rimanere legalmente nel paese di accoglienza e quindi perde molti dei suoi diritti perché la sua situazione amministrativa è cambiata: è diventato «clandestino».
3.3. I diritti umani sono universali e irrevocabili, e proteggono tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione o dal loro status giuridico.
4. Diritti umani e politica di immigrazione: 10 priorità operative per fare dell'Europa uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
4.1. L'Europa dei diritti
4.1.1. Nel corso degli ultimi anni, il tema della difesa e della promozione dei diritti umani ha perso posizioni nell'agenda dell'UE. La priorità politica è stata la sicurezza degli Stati e si intende la sicurezza come se fosse incompatibile con lo sviluppo della libertà e con la protezione dei diritti fondamentali.
4.1.2. Le politiche che si adottano in materia di sicurezza devono proteggere i valori di libertà e giustizia. Il CESE ritiene che il punto di partenza di queste politiche debba essere la protezione dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali.
4.1.3. Un rafforzamento della sicurezza non deve avvenire a scapito dei valori fondamentali (diritti umani e libertà pubbliche) e dei principi democratici (Stato di diritto) condivisi in tutta l'Unione. La libertà personale non deve essere ridotta col pretesto della sicurezza collettiva e dello Stato. Alcune proposte politiche ripetono un errore già commesso in epoche precedenti: sacrificare la libertà per migliorare la sicurezza.
4.1.4. In questo senso, il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione del giugno 2009 sul tema Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio del cittadino, che indica come priorità la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini europei.
4.1.5. Il CESE appoggia l'iniziativa della Commissione volta a promuovere una «cultura dei diritti fondamentali» fin dalle prime fasi del processo legislativo, anche per quanto riguarda la politica di immigrazione. Il rispetto dei diritti fondamentali deve costituire un obiettivo comune di tutte le istituzioni comunitarie (9). A ciò dovrebbe accompagnarsi un sistema comune europeo di valutazione periodica (ex post) dell'applicazione delle politiche europee a livello nazionale, regionale e locale riguardante, oltre alla loro efficacia, la loro compatibilità con i diritti fondamentali (10). In questa valutazione dovrebbero avere un ruolo di primo piano il CESE e la società civile organizzata.
4.2. Legislazione e ammissione
4.2.1. Il CESE ha già affermato in passato la necessità che l'Unione disponga di una politica comune in materia di immigrazione e di una legislazione armonizzata. L'UE e gli Stati membri devono poter disporre di una legislazione aperta, che permetta un'immigrazione per motivi di lavoro mediante canali legali e trasparenti, sia per i lavoratori altamente qualificati che per quelli che svolgono lavori meno qualificati. In questo modo i diritti degli immigrati saranno protetti adeguatamente.
4.2.2. Il CESE ha proposto l'adozione di una normativa orizzontale, ma gli Stati membri, la Commissione e il Consiglio hanno deciso di elaborare direttive specifiche per alcuni gruppi di immigrati, il che può generare situazioni di discriminazione.
4.2.3. Nei suoi pareri sulle diverse iniziative legislative della Commissione, il CESE intende garantire una coerenza generale e assicurare la protezione dei diritti fondamentali, la parità di trattamento e la non discriminazione, indipendentemente dalla categoria professionale dei lavoratori immigrati.
4.3. I diritti dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie
4.3.1. La base di questi diritti deve essere il principio di non discriminazione (articolo 21 della Carta). Il lavoratore immigrato, indipendentemente dal periodo di tempo per il quale ha ricevuto i permessi di soggiorno e di lavoro, deve godere dei medesimi diritti economici, occupazionali e sociali di tutti gli altri lavoratori. Ciò è conforme anche all'articolo 15, paragrafo 3, della Carta, secondo il quale «i cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione».
4.3.2. La parità di trattamento nel lavoro riguarda le condizioni di lavoro, il salario, il licenziamento, la salute e sicurezza sul posto di lavoro e i diritti di associazione e di sciopero.
4.3.3. Il CESE ritiene che la parità di trattamento vada promossa anche in relazione ad altri diritti sociali e fondamentali, come già proposto in un precedente parere: «il CESE propone specificamente un complesso di diritti per i cittadini di paesi terzi che esercitino temporaneamente un'attività lavorativa nell'Unione europea e vi risiedano legalmente» (11), quali:
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il diritto alla protezione sociale, inclusa la copertura sanitaria, |
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l'accesso a beni e servizi, tra cui l'alloggio (articoli 34 e 35 della Carta), |
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l'accesso all'istruzione ed alla formazione professionale (articolo 14 della Carta), |
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il riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli attestati nel quadro della legislazione comunitaria, |
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il riconoscimento dei diritti del lavoro e dei diritti sociali dei lavoratori migranti che sono distaccati nell'UE (12), |
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il diritto all'istruzione per i minori di età, compresi i sussidi e le borse di studio, |
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il diritto, qualora necessario, all'assistenza giuridica gratuita (articolo 47 della Carta), |
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il diritto ad accedere ad un servizio gratuito (pubblico) di collocamento, |
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il diritto a ricevere un insegnamento della lingua del paese di accoglienza, |
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il rispetto della diversità culturale, religiosa e linguistica (articolo 22 della Carta), |
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il diritto a soggiornare e a circolare liberamente nel paese di accoglienza. |
4.3.4. L'esercizio dei diritti fondamentali presuppone l'esistenza di servizi pubblici messi in grado di rispettarli (mezzi, formazione del personale) e i cui rappresentanti siano obbligati per legge a comportarsi in maniera indipendente e neutrale nei confronti delle persone. D'altronde il CESE nutre qualche dubbio, in questo periodo di crisi, sulle risorse di bilancio di cui dispongono gli Stati membri dell'Unione e sul volume di queste risorse che essi sono pronti a mobilitare, a livello sia nazionale che europeo, per rendere effettiva la protezione dei diritti umani, in particolare di quelli degli immigrati.
4.3.5. Il CESE non condivide la proposta di direttiva quadro che concede agli Stati membri la facoltà di limitare il diritto alla parità di trattamento, per quanto riguarda certe condizioni di lavoro (salario e licenziamento, salute e sicurezza sul posto di lavoro, protezione sociale) e la libertà di riunione, associazione e sciopero (13), esclusivamente a chi occupi effettivamente un posto di lavoro. Limitazioni di questo tipo possono violare anche il principio di non discriminazione e l'articolo 12 della Carta.
4.3.6. Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di presentare un Codice europeo dell'immigrazione, che dovrebbe contemplare i diritti fondamentali e le garanzie per tutti gli immigrati nell'UE.
4.4. Ricongiungimento familiare
4.4.1. Il diritto alla vita familiare fa parte dei diritti umani che l'UE e gli Stati membri devono proteggere e garantire nelle loro politiche e normative in materia di immigrazione (14).
4.4.2. Il carattere de minimis della direttiva 2003/86/CE sul diritto al ricongiungimento familiare sta permettendo ad alcune legislazioni nazionali di non garantire pienamente ai cittadini dei paesi terzi l'esercizio del suddetto diritto. Lo conferma la relazione della Commissione sul recepimento della direttiva (15), che esprime dubbi sul fatto che l'applicazione di misure di integrazione come prerequisito per l'ammissione nel territorio sia compatibile con il diritto al rispetto della vita familiare (articolo 7 della Carta) e con il principio di proporzionalità.
4.4.3. A giudizio del CESE, la direttiva sulla «Carta blu» dà un'interpretazione del ricongiungimento familiare meno restrittiva rispetto a quella della direttiva 2003/86/CE. Questo approccio va esteso a tutte le categorie di immigrati, indipendentemente dal loro livello di qualificazione.
4.4.4. Il Comitato invita pertanto la Commissione ad elaborare nel 2010 una proposta di modifica della direttiva 2003/86/CE.
4.5. Frontiere e immigrazione irregolare
4.5.1. Il Comitato auspica che l'efficacia dei controlli alle frontiere non pregiudichi il rispetto del diritto fondamentale di asilo (art. 18 della Carta) e del principio del non respingimento, che vieta di respingere una persona verso un paese ove la sua vita o la sua libertà siano in pericolo (art. 19 della Carta). Molte delle persone che hanno bisogno di protezione internazionale giungono alle nostre frontiere esterne attraverso canali clandestini. Le autorità devono garantire a queste persone la possibilità di presentare la loro richiesta di protezione, che dovrà essere valutata senza eccezioni, conformemente alle convenzioni internazionali ed europee, alla legislazione comunitaria e alle normative nazionali.
4.5.2. Il CESE propone che, prima di rafforzare le competenze dell'Agenzia Frontex, venga realizzata una valutazione indipendente sul rispetto dei diritti umani nelle operazioni comuni di controllo alle frontiere e si rafforzi il controllo parlamentare nazionale ed europeo. È inoltre necessario valutare la compatibilità con le garanzie presenti nel Codice frontiere Schengen, in particolare agli articoli 6 e 13.
4.5.3. Le misure attuate dall'UE per il controllo e la sorveglianza dell'immigrazione irregolare si stanno estendendo anche geograficamente, al di là delle frontiere esterne dell'UE, attraverso operazioni congiunte svolte in Africa. L'UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e diverse ONG hanno denunciato la mancanza di garanzie riguardo al rispetto dei diritti umani quando il controllo delle frontiere avviene al di fuori del territorio dell'UE.
4.5.4. La strategia europea per il controllo delle frontiere utilizza in modo intensivo le tecnologia applicata alla sicurezza; tuttavia, la creazione di banche dati che manipolano grandi quantità di dati personali (sistema d'informazione Schengen - SIS II; sistema di informazione visti - VIS, ecc.) viene utilizzata per determinare profili etnici e culturali-religiosi, il che comporta un impegno a verificare l'effettiva applicazione del diritto alla non discriminazione previsto all'art. 21 della Carta europea dei diritti fondamentali.
4.5.5. Analogamente, il sistema proposto dalla Commissione con il suo «pacchetto frontiere» del 2008 (16) fa sorgere qualche dubbio circa i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che qualsiasi nuovo atto legislativo dell'UE deve rispettare, e suscita le stesse gravi preoccupazioni a proposito del modo in cui il diritto alla protezione dei dati personali (art. 8 della Carta) e il principio della non discriminazione sancito all'art. 13 del Trattato CE saranno pienamente garantiti con l'uso di alcune soluzioni tecnologiche (per es. il sistema di controllo automatizzato alle frontiere).
4.5.6. Per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali, il CESE ritiene che vada rafforzata la solidarietà dell'UE agli Stati membri che, per la loro posizione geografica, si trovino a dover assistere numerose persone giunte sul loro territorio in modo irregolare e che sono vittime delle reti criminali dedite al traffico illegale di persone. Il CESE propone di istituire l'Ufficio europeo di sostegno all'asilo.
4.5.7. L'UE deve promuovere anche la cooperazione con i paesi d'origine per migliorare il rispetto dei diritti umani, prevenire l'immigrazione irregolare, favorire quella legale e contrastare le reti criminali dedite al traffico di esseri umani.
4.6. Rimpatrio e riammissione
4.6.1. La direttiva sul rimpatrio (17) istituirà un quadro europeo di garanzie giuridiche e procedurali di protezione (18). Il CESE apprezza molte di queste garanzie, come per esempio il diritto effettivo a presentare ricorso contro una decisione di rimpatrio dinanzi a un organo giurisdizionale, a un'autorità amministrativa o a un altro organo competente indipendente, oppure l'assistenza giuridica e la rappresentanza legale gratuita, certe garanzie per chi è in attesa di rimpatrio, le condizioni di internamento, ecc.
4.6.2. Il CESE condivide tuttavia il parere di numerose organizzazioni della società civile, nonché di esperti indipendenti del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (19), che fanno notare una certa tensione tra il regime comune istituito dalla direttiva e i diritti fondamentali degli immigrati. La fase di recepimento e di attuazione a livello nazionale delle misure di espulsione e di detenzione, nonché di quelle relative alle vie di ricorso e al trattamento delle persone vulnerabili, dovrà essere oggetto di un seguito attento.
4.6.3. Il CESE propone che la politica europea di rimpatrio si fondi sul carattere volontario dello stesso e sulla massima considerazione per i valori umanitari. Da ciò dipendono la legittimità e la credibilità della politica europea di immigrazione agli occhi del resto del mondo. Le eccezioni previste per esempio all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva (concetto di «rischio di fuga») possono rendere nulla la volontarietà del rimpatrio, per la discrezionalità concessa agli Stati membri relativamente al recepimento e all'interpretazione della direttiva. Quest'ultima d'altronde non garantisce una protezione adeguata né alle persone che si trovano in una sorta di limbo giuridico in attesa di espulsione, né per quanto riguarda le condizioni che giustificano la custodia temporanea (20), che può arrivare fino a un periodo di sei mesi (con possibilità di prolungamento per altri 12) (21).
4.6.4. L'articolo 19 della Carta vieta espressamente le espulsioni collettive e garantisce che nessuno potrà essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (principio del non respingimento, cfr. gli articoli 4 e 19 della Carta). La direttiva rafforza il rispetto dei diritti fondamentali. Tuttavia sia l'UNHCR che diverse ONG hanno denunciato pratiche di espulsione collettiva e di espulsione di immigrati irregolari e di richiedenti asilo verso paesi nei quali i diritti umani sono violati.
4.6.5. Il CESE ricorda che gli articoli 3, 5, 6, 8 e 13 della CEDU, nonché gli articoli 3, 4, 19, 24 e 47 della Carta, contengono disposizioni applicabili a una politica europea in materia di immigrazione irregolare, con particolare attenzione alla protezione in caso di rimpatrio, espulsione o estradizione. Molti immigrati irregolari si trovano in una situazione umanitaria difficile, per cui le norme e le pratiche in materia devono essere elaborate e applicate secondo severi criteri di diritto umanitario e conformemente ai principi morali della solidarietà.
4.6.6. Lo Stato di diritto protegge il diritto fondamentale di tutte le persone al ricorso effettivo dinanzi a un giudice, come riconosciuto dagli articoli 47 e 48 della Carta. D'altronde, secondo l'articolo 6, paragrafo 2, del Codice frontiere Schengen, le guardie di frontiera non esercitano verso le persone discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Analogamente, ai sensi dell'articolo 13, i cittadini di paesi terzi cui venga negato l'accesso hanno diritto di presentare ricorso contro tale decisione e di ricevere una copia del provvedimento indicante le ragioni precise del respingimento (22).
4.6.7. Le persone affette da gravi malattie fisiche o mentali non potranno essere trattenute né espulse, secondo l'interpretazione data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo all'art. 3 della CEDU (23), in quanto bisognose di cure mediche. Anche la situazione dei minori richiede un'attenzione particolare e una protezione specifica. Il CESE appoggia l'iniziativa della Commissione riguardante la situazione dei minori non accompagnati.
4.6.8. A giudizio del CESE, il rispetto dei diritti umani è una condizione imprescindibile per la firma di convenzioni di riammissione con paesi terzi. Il CESE è contrario alla pratica in base alla quale l'Unione europea o i suoi Stati membri concludono accordi di rimpatrio o di controllo delle frontiere con paesi che non abbiano sottoscritto i principali strumenti giuridici internazionali per la difesa dei diritti umani, o riguardo ai quali esistano prove di violazione dei diritti stessi. Va dedicata particolare attenzione alla protezione del diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale efficace dei richiedenti asilo (24).
4.7. Centri di custodia temporanea
4.7.1. Il CESE ribadisce di essere contrario al mantenimento in condizioni di detenzione dei richiedenti asilo e degli immigranti irregolari, dato che il loro internamento in centri di detenzione deve costituire in ogni caso una misura eccezionale (25).
4.7.2. Le situazioni e le condizioni di detenzione prolungata come quelle che si verificano attualmente in alcuni Stati membri sono inaccettabili e dovrebbero essere oggetto di un'analisi dettagliata dal punto di vista dei diritti fondamentali, ivi compreso quello alla buona amministrazione di cui all'articolo 41 della Carta.
4.7.3. Il CESE chiede una maggiore trasparenza in relazione ai centri di custodia temporanea sia all'interno che all'esterno dell'UE, e che l'UNHCR sia informato della situazione delle persone che vi si trovano, le quali devono poter essere assistite dalle ONG.
4.7.4. Il CESE ritiene che le donne in stato di gravidanza e i minori debbano essere oggetto di una protezione particolare e che quindi non debbano essere detenuti nei suddetti centri.
4.8. Immigrati sprovvisti di documenti
4.8.1. Il CESE ritiene che una persona sprovvista di documenti non sia una persona senza diritti e che quindi l'UE e gli Stati membri debbano proteggere i suoi diritti fondamentali.
4.8.2. Il termine «immigrazione illegale» quando è riferito alle persone che emigrano, dev'essere precisato. Nonostante non sia legale entrare in uno Stato senza la dovuta documentazione o autorizzazione, queste persone non sono delinquenti. L'assimilazione dell'immigrazione irregolare alla delinquenza operata in numerosi mezzi di comunicazione e in alcuni discorsi politici non corrisponde alla realtà e fomenta atteggiamenti di paura e di xenofobia tra la popolazione degli Stati di accoglienza.
4.8.3. Il CESE ritiene che alcuni Stati membri debbano proteggere meglio i diritti fondamentali degli immigrati sprovvisti di documenti, e che l'UE debba considerarli come uno dei gruppi più vulnerabili, impedendo lo sfruttamento di queste persone sul posto di lavoro e garantendo loro l'accesso ai servizi sanitari, ad altri servizi sociali e, nel caso dei minori, all'istruzione.
4.8.4. Come stabilito all'articolo 5, paragrafo 3, della Carta, va rafforzata la lotta alla tratta di esseri umani (minori, donne e uomini) a fini di sfruttamento, che sia sessuale o sul posto di lavoro. Gli Stati membri devono proteggere efficacemente le vittime, agevolandone la cooperazione con la giustizia e la regolarizzazione.
4.9. Regolarizzazioni
4.9.1. Secondo il CESE, i governi agiscono in modo ipocrita. La politica di rimpatrio non costituisce l'unica risposta alle situazioni di irregolarità. Numerosi Stati membri hanno introdotto procedure di regolarizzazione degli immigrati irregolari, considerando che in determinate condizioni, per garantire i diritti fondamentali e in considerazione delle necessità economiche e sociali, è opportuno ricorrere alla regolarizzazione.
4.9.2. Il CESE concorda sulla necessità di migliorare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sulle regolarizzazioni e di elaborare alcuni orientamenti europei per la loro applicazione, sulla base dell'impegno assunto al Consiglio nel quadro del Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo (26), con il quale si è concordato di realizzare regolarizzazioni individuali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici.
4.9.3. Il rimpatrio, attraverso provvedimento di espulsione, di persone il cui permesso di soggiorno sia scaduto, va considerato come la soluzione estrema. Prima di ricorrervi è opportuno verificare se l'interessato abbia manifestato l'intenzione di rinnovare il suo soggiorno.
4.9.4. Il CESE ritiene che la necessità dell'espulsione in una società democratica debba essere valutata (principio di proporzionalità), conformemente all'interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (27). Il CESE propone agli Stati membri di avvalersi della possibilità di regolarizzare la situazione di queste persone come previsto all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva sul rimpatrio.
4.9.5. Si dovrà inoltre tenere conto delle conseguenze (e della fattibilità) dell'espulsione sotto il profilo del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare, sancito dall'articolo 7 della Carta.
4.10. Le politiche di integrazione
4.10.1. Il CESE ha elaborato diversi pareri di iniziativa al fine di incoraggiare l'UE ad adottare politiche di integrazione a carattere proattivo, con un approccio bidirezionale, rivolto sia agli immigrati che alla società di accoglienza. L'integrazione è un processo sociale che si sviluppa all'interno della stessa società, tra gli immigrati e la società di accoglienza e tra quest'ultima e gli immigrati.
4.10.2. Il CESE sta promuovendo un approccio europeo all'integrazione, tenendo però conto del fatto che ciascuno Stato membro ha il suo sistema giuridico, le sue istituzioni sociali e diversi sistemi e modelli culturali.
4.10.3. Un approccio comune europeo comporta un importantissimo valore aggiunto per le politiche e i processi di integrazione: il rapporto trasversale con le altre politiche dell'UE, per esempio la strategia di Lisbona, la politica occupazionale, l'agenda sociale e la politica di coesione. Esso è utile anche per rafforzare i legami tra l'integrazione e i valori e i principi dell'UE, sanciti dalla Carta e dalla CEDU.
4.10.4. Durante il 2008 il CESE ha partecipato alle attività relative all'Anno europeo del dialogo interculturale, con l'obiettivo di far sì che nella diversità delle società europee il dialogo favorisca l'integrazione e promuova una cittadinanza europea più inclusiva. A tal fine il CESE ha proposto (28) l'elaborazione di manuali.
4.10.5. Il CESE propone un approccio positivo all'integrazione. Nondimeno alcuni leader politici hanno verso l'integrazione un approccio negativo, come un nuovo strumento di discriminazione e come un nuovo ostacolo all'uguaglianza e all'accesso ai diritti fondamentali. Il CESE ritiene che un approccio di questo tipo contraddica quanto stabilito dagli articoli 21 (diritto alla non discriminazione) e 22 (diritto alla diversità culturale, religiosa e linguistica) della Carta.
4.10.6. La creazione di forum e piattaforme consultive nelle quali la società civile partecipa a livello nazionale, regionale e locale costituisce un esempio di buona pratica. Il CESE incoraggia quindi tutti gli Stati membri a dotarsi di strutture di questo tipo. Il forum europeo dell'integrazione, creato di recente con la collaborazione della Commissione europea e del CESE, rappresenta uno strumento molto importante per rafforzare l'integrazione con un approccio europeo.
5. Una cittadinanza europea più inclusiva
5.1. Alcuni leader politici, sulla base di un nazionalismo esclusivo, definiscono l'identità nazionale e l'identità europea in modo da escluderne la diversità oggi presente nelle società europee e le diversità di molte persone a causa della loro origine etnica, della loro nazionalità, religione o cultura.
5.2. Le nostre società democratiche sono pluraliste e molto ricche di diversità, e ciascun cittadino europeo è un crogiuolo di identità diverse. Le democrazie europee sono società libere e aperte, e devono fondarsi sull'inclusione di tutti i cittadini, indipendentemente dai loro punti di riferimento identitari.
5.3. Limitando i diritti di cittadinanza con una visione ristretta ed esclusiva dell'identità si rischia di far diminuire la qualità della democrazia. Le politiche di integrazione e la legislazione in materia di immigrazione non devono mai essere utilizzate come alibi politici per escludere gli immigrati e le minoranze dal diritto alla cittadinanza.
5.4. Il CESE ritiene che la base delle nostre democrazie debba essere allargata e accogliere nuovi cittadini con gli stessi diritti e doveri. I diritti di cittadinanza nazionale ed europea devono includere tutte le diversità, senza discriminazioni (29).
5.5. Il CESE ha adottato un parere d'iniziativa (30), indirizzato alla Convenzione che ha elaborato il fallito Trattato costituzionale, in cui proponeva di concedere la cittadinanza europea ai cittadini di paesi terzi in possesso dello status di residenti di lungo periodo. Il CESE invita la Commissione e il Parlamento europeo a inserire tale proposta tra gli obiettivi della nuova legislatura.
Bruxelles, 4 novembre 2009
Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo
Mario SEPI
(1) COM(2009) 262 def., del 10 giugno 2009.
(2) Forum europeo dell'integrazione e sito web dell'UE sullo stesso tema.
(3) GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1.
(4) Parere del CESE, GU C 88 dell’11.4.2006, pag. 37.
(5) Parere CESE GU C 218 dell’11.9.2009, pag. 78.
(6) Parere CESE in GU C 44 del 16.2.2008, pag. 91.
(7) Parere CESE in GU C 302 del 7.12.2004, pag. 49.
(8) Un Programma per l'Europa: http://www.eesc.europa.eu/documents/publications/pdf/booklets/EESC-2009-10-IT.pdf.
(9) Commissione europea: Relazione sul funzionamento pratico della metodologia per un controllo sistematico e rigoroso del rispetto della Carta dei diritti fondamentali (COM(2009) 205 def., del 29 aprile 2009).
(10) Conformemente all'articolo 60 del Trattato di Lisbona.
(11) Parere del CESE, GU C 286 del 17.11.2005, pag. 20.
(12) Nel quadro della proposta di direttiva che la Commissione adotterà nei prossimi mesi.
(13) COM(2007) 638 def., articolo 12, paragrafo 2, lettere d ed e. Ai sensi della proposta, gli Stati membri possono applicare limitazioni per quanto riguarda la concessione di borse per gli studi e la formazione professionale e l'accesso agli alloggi pubblici per chi abbia diritto di risiedere sul loro territorio per almeno tre anni.
(14) Questo principio è stato confermato dalla CGCE nella sua sentenza sulla causa Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea C-540/03.
(15) COM(2008) 610 def., dell'8 ottobre 2008.
(16) COM(2008) 69 def., del 13 febbraio 2008.
(17) Direttiva 2008/115/CE.
(18) Cfr. gli articoli 12, paragrafi 1 e 2, 13, paragrafi 1, 2, 3 e 4, e 14, paragrafi 1 e 2, della direttiva.
(19) Comunicato stampa United Nations Experts express concern about the proposed European Union Return Directive (Dagli esperti delle Nazioni Unite preoccupazioni per la proposta di direttiva europea sul rimpatrio) del 18 luglio 2008.
(20) Articolo 15, paragrafo 1.
(21) Articolo 15, paragrafi 5 e 6.
(22) Regolamento (CE) n. 562/2006 (Codice frontiere Schengen), GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1.
(23) L'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali incorpora la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in particolare la sentenza Ahmed c. Austria, REC. 1996, VI-2006 del 17 dicembre 1998 e la sentenza Soering del 7 luglio 1989.
(24) Come ricordato dalla CGCE nella causa Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea, C-133/06.
(25) Cfr. il parere del CESE del 16 luglio 2009 sul tema Norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, relatrice LE NOUAIL MARLIÈRE, adottato nel corso della sessione plenaria del 15 e 16 luglio 2009 (GU C 317 del 23.12.2009, pag. 110).
(26) Consiglio dell'UE, 13440/08 del 24 settembre 2008.
(27) Per esempio, causa Boulfir contro Svizzera, n. 54273/00, §§ 39, 41 e 46, del 2 novembre 2001, ECHR 2001-IX; causa Űner contro Paesi Bassi [GC] n. 46410/99, del 18 ottobre 2006, § 58.
(28) Parere del CESE, GU C 185 dell’8.8.2006, pag. 42.
(29) Cfr. l'art. 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
(30) Parere d'iniziativa del CESE in GU C 208 del 3.9.2003, pag. 76.