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Documento 62009CJ0352

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 29 marzo 2011.
    ThyssenKrupp Nirosta GmbH contro Commissione europea.
    Impugnazione - Concorrenza - Intese - Mercato comunitario dei prodotti piatti in acciaio inossidabile - Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 - Competenza della Commissione - Principi nulla poena sine lege e dell’autorità di cosa giudicata - Diritti della difesa - Imputabilità del comportamento illegittimo - Trasferimento della responsabilità per mezzo di dichiarazione - Prescrizione - Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo.
    Causa C-352/09 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 I-02359

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:191

    Causa C‑352/09 P

    ThyssenKrupp Nirosta GmbH, già ThyssenKrupp Stainless AG

    contro

    Commissione europea

    «Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercato comunitario dei prodotti piatti in acciaio inossidabile — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 — Competenza della Commissione — Principi nulla poena sine lege e dell’autorità di cosa giudicata — Diritti della difesa — Imputabilità del comportamento illecito — Trasferimento della responsabilità per mezzo di dichiarazione — Prescrizione — Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo»

    Massime della sentenza

    1.        Concorrenza — Intese — Intese soggette ratione materiae e ratione temporis al regime giuridico del Trattato CECA — Scadenza del Trattato CECA — Mantenimento di un controllo da parte della Commissione che agisce nel contesto giuridico del regolamento n. 1/2003

    (Art. 65, n. 1, CA; regolamento del Consiglio n. 1/2003)

    2.        Atti delle istituzioni — Applicazione nel tempo — Scadenza del Trattato CECA — Decisione della Commissione adottata nei confronti di un’impresa dopo la scadenza del Trattato CECA e riguardante fatti anteriori alla scadenza di detto Trattato — Principio della legalità dei reati e delle pene — Principio del legittimo affidamento — Portata — Responsabilità delle imprese per i loro comportamenti che violano le norme in materia di concorrenza, nell’ambito della successione del contesto giuridico del Trattato CE a quello del Trattato CECA — Norme sostanziali — Norme di procedura

    (Art. 65, nn. 1, e 5, CA; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 49, n. 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 7, n. 1, e 23, n. 2)

    3.        Ricorso di annullamento — Sentenza di annullamento — Portata — Autorità assoluta di cosa giudicata — Portata

    4.        Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Motivi di una sentenza viziati da una violazione del diritto dell’Unione — Dispositivo fondato per altri motivi di diritto — Rigetto

    5.        Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Infrazione commessa da un ente che non ha cessato di esistere e proseguita da un altro ente che gli succede nell’attività economica sul mercato di cui trattasi — Imputazione dell’intera infrazione a tale altro ente

    (Artt. 81, n. 1, e 230, quarto comma, CE)

    6.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Imputazione dell’infrazione a una persona giuridica diversa dalla persona responsabile della gestione dell’impresa al momento dell’infrazione

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25, nn. 1‑6; decisione generale n. 715/78, art. 1, nn. 1‑3)

    7.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti

    (Comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

    8.        Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Erronea valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione dei fatti sottoposti al Tribunale — Esclusione, salvo il caso di snaturamento

    (Artt. 225, n. 1, e 229 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)

    1.        Conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno favorire la continuità degli istituti giuridici. Tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione.

    Non sussiste, a tale riguardo, alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione avrebbe inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza del Trattato medesimo. La successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicura, al fine di garantire una libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, indipendentemente dal fatto che si sia verificato anteriormente o successivamente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo.

    In tale contesto, risulterebbe contrario alla finalità nonché alla coerenza dei Trattati ed inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione il fatto che la Commissione sia priva di legittimazione per garantire l’uniforme applicazione delle norme risultanti dal Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche successivamente alla scadenza di quest’ultimo. Pertanto, il Tribunale non commette errori di diritto interpretando il regolamento n. 1/2003 nel senso che consente alla Commissione di accertare e sanzionare, successivamente alla scadenza del Trattato CECA, le intese realizzate nei settori rientranti nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.

    (v. punti 72-74, 77-78)

    2.        Il principio della legalità dei reati e delle pene, sancito, segnatamente, dall’art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esige che la normativa dell’Unione definisca chiaramente le infrazioni e le relative sanzioni. Inoltre, il principio della certezza del diritto esige che detta normativa consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. A tal riguardo, considerato che i Trattati definiscono con chiarezza le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che possono essere inflitte alle imprese per infrazione alle norme in materia di concorrenza, il principio della legalità dei reati e delle pene ed il principio della certezza del diritto non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali consentano loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato.

    Nel caso di una decisione della Commissione che riguardi una situazione giuridica definitivamente consolidatasi anteriormente alla scadenza del Trattato CECA e che sia stata adottata nei confronti di un’impresa successivamente alla scadenza di detto Trattato, il Tribunale non commette errori dichiarando, da un lato, che il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché le esigenze relative ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste all’art. 65, nn. 1 e 5, CA a fatti avvenuti prima della scadenza del Trattato CECA e che ricadono nella sua sfera di applicazione ratione materiae e ratione temporis. A tal riguardo, l’art. 65, nn. 1 e 5, CA, prevedeva un fondamento normativo chiaro per infliggere una sanzione per infrazione alle norme in materia di concorrenza, ragion per cui un’impresa diligente non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’art. 65 CA da essa commesse nel passato.

    Per quanto riguarda, d’altro lato, le disposizioni procedurali applicabili, il Tribunale ha correttamente concluso che la Commissione è competente ad esperire il procedimento conformemente agli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, la disposizione che costituisce il fondamento giuridico di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo e si presume, in linea generale, che le regole procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore.

    (v. punti 79-83, 86-88)

    3.        Il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste importanza fondamentale sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. L’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi.

    Quando il giudice dell’Unione deve limitarsi a determinare il contenuto di una dichiarazione effettuata da un’impresa, al fine di accertare che detta dichiarazione è volta ad operare un trasferimento della responsabilità per il comportamento illecito da un’impresa a un’altra, la statuizione relativa alla legittimità di tale operazione costituisce un obiter dictum pronunciato al di là dei limiti della controversia sottoposta al giudice dell’Unione, che non risolve, né effettivamente né necessariamente, un punto di diritto. Essa non può, quindi, rivestire autorità di cosa giudicata.

    (v. punti 123, 131-132)

    4.        Se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione deve essere respinta.

    (v. punto 136)

    5.        In linea di principio, incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva un’impresa al momento in cui un’infrazione alle norme in materia di concorrenza è stata commessa rispondere della medesima, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’impresa non era più posta sotto la sua responsabilità. Per quanto attiene alla questione relativa all’individuazione delle circostanze in presenza delle quali un ente che non sia l’autore dell’infrazione possa nondimeno essere sanzionato per questa, rientra in tale ipotesi la situazione in cui l’ente che abbia commesso un’infrazione abbia cessato di esistere giuridicamente o economicamente, atteso che una sanzione inflitta ad un’impresa che non eserciti più attività economiche rischia di essere priva di effetto dissuasivo.

    Quando un’impresa, nata per effetto di una concentrazione delle attività di due società, conferma espressamente, tramite una dichiarazione, di voler assumere, in quanto impresa che prosegue le attività economiche oggetto dell’intesa, la responsabilità del comportamento illecito di un ente appartenente ad una di dette società ai fini dell’ammenda che la Commissione può infliggergli nell’ambito dei procedimenti avviati contro l’intesa medesima, la conseguenza giuridica del trasferimento di responsabilità che l’impresa si è accollata con la suddetta dichiarazione è del tutto precisa e prevedibile per la stessa.

    L’impresa che ha assunto tale responsabilità non può più chiedere la revoca della propria dichiarazione nel momento in cui la Commissione, sulla base di quest’ultima, le ha effettivamente irrogato un’ammenda. Tuttavia, la conseguente irrevocabilità di tale dichiarazione non impedisce alla suddetta impresa di contestare, mediante ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione, l’interpretazione del suo contenuto o il riconoscimento esplicito o implicito di elementi di fatto o di diritto durante il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, non potendo tale irrevocabilità limitare l’esercizio stesso del diritto di proporre ricorso dinanzi al Tribunale, diritto attribuito alle persone fisiche o giuridiche dall’art. 230, quarto comma, CE.

    (v. punti 143-144, 149-150, 153-155)

    6.        Tanto l’art. 1, n. 1, della decisione generale n. 715/78, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, quanto l’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003 assoggettano il potere della Commissione di infliggere ammende per infrazioni alle disposizioni in materia di concorrenza ad un termine di prescrizione di cinque anni. Tale termine decorre, ai sensi dell’art. 1, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 2, del regolamento n. 1/2003, dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa o è cessata e, per effetto degli artt. 2 e 3 della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, nn. 3‑6, del regolamento n. 1/2003, può essere interrotto e sospeso.

    Nel caso di una decisione della Commissione che infligge un’ammenda per infrazioni alle norme in materia di concorrenza ad un’impresa che, in quanto acquirente di un ente economico, ha assunto la responsabilità del comportamento illecito di detto ente, la prescrizione può essere valutata unicamente riguardo all’impresa che si è accollata la responsabilità, dato che la decisione della Commissione infligge un’ammenda unicamente a quest’ultima. In particolare, se è pur vero che taluni atti dell’ente trasferito possono continuare a produrre effetti nei confronti dell’impresa che assume la responsabilità e che una prescrizione maturata nei confronti di tale ente non può essere esclusa da un trasferimento di responsabilità, non ne consegue che la prescrizione debba essere valutata riguardo all’ente medesimo.

    (v. punti 166-168)

    7.        Una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta per infrazione alle norme in materia di concorrenza, sulla base della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa, è giustificabile solo ove le informazioni fornite e il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua.

    (v. punto 176)

    8.        Laddove il Tribunale affermi che la Commissione ha correttamente ritenuto che un’impresa non dovesse beneficiare di una riduzione supplementare dell’ammenda superiore al 20% già concesso, esso compie, nell’esercizio della propria competenza anche di merito, conferita, in applicazione dell’art. 229 CE, dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, una valutazione in punto di fatto, sottratta, in quanto tale, al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

    A tale riguardo, dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa ad esso sottoposti e, dall’altro, a valutare tali fatti. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte.

    (v. punti 179-180)







    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    29 marzo 2011 (*)

    «Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato comunitario dei prodotti piatti in acciaio inossidabile – Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 – Competenza della Commissione – Principi nulla poena sine lege e dell’autorità di cosa giudicata – Diritti della difesa – Imputabilità del comportamento illecito – Trasferimento della responsabilità per mezzo di dichiarazione – Prescrizione – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo»


    Indice


    I –  Contesto normativo

    A –  Le disposizioni del Trattato CECA

    B –  Le disposizioni del Trattato CE

    C –  Il regolamento (CE) n. 1/2003

    D –  Le disposizioni relative al calcolo dell’importo dell’ammenda

    II –  Fatti

    III –  Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    IV –  Conclusioni delle parti

    V –  Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale del procedimento

    VI –  Sull’impugnazione

    A –  Sul primo motivo e sul primo capo del terzo motivo, relativi alla violazione dei principi nulla poena sine lege e «di precisione» nonché al difetto di potere della Commissione

    1.  Argomenti delle parti

    2.  Giudizio della Corte

    B –  Sul secondo motivo e sul secondo capo del terzo motivo

    1.  Sul primo capo del secondo motivo, relativo ad un errore di diritto che vizierebbe l’interpretazione, operata dal Tribunale, del punto 88 della sentenza ThyssenKrupp/Commissione

    a)  Argomenti delle parti

    b)  Giudizio della Corte

    2.  Sul primo argomento invocato a sostegno del secondo capo del secondo motivo, relativo alla violazione, da parte del Tribunale, della portata del principio dell’autorità di cosa giudicata ed alla violazione dei diritti della difesa

    a)  Sulla ricevibilità di tale argomento

    i)  Argomenti delle parti

    ii)  Giudizio della Corte

    b)  Sul merito

    i)  Argomenti delle parti

    ii)  Giudizio della Corte

    3.  Sul secondo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo e sul secondo capo del terzo motivo, relativi all’assenza di trasferimento di responsabilità risultante dalla dichiarazione 23 luglio 1997 ed alla violazione del «principio di precisione»

    a)  Argomenti delle parti

    b)  Giudizio della Corte

    C –  Sul quarto motivo, relativo alla violazione delle disposizioni in materia di prescrizione

    1.  Argomenti delle parti

    2.  Giudizio della Corte

    D –  Sul quinto motivo, relativo alla violazione dei principi che disciplinano il calcolo dell’importo dell’ammenda

    1.  Argomenti delle parti

    2.  Giudizio della Corte

    VII –  Sulle spese

    Nel procedimento C‑352/09 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 2 settembre 2009,

    ThyssenKrupp Nirosta GmbH, già ThyssenKrupp Stainless AG, con sede in Duisburg (Germania), rappresentata dall’avv. M. Klusmann, Rechtsanwalt, e dal sig. S. Thomas, Universitätsprofessor,

    ricorrente,

    procedimento in cui l’altra parte è:

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e R. Sauer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta in primo grado,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, K. Schiemann, A. Arabadjiev (relatore) e J.-J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

    avvocato generale: sig. Y. Bot

    cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 giugno 2010,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 ottobre 2010,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con la sua impugnazione, la ThyssenKrupp Nirosta GmbH, già ThyssenKrupp Stainless AG, chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 1° luglio 2009, causa T‑24/07, ThyssenKrupp Stainless/Commissione (Racc. pag. II‑2309; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stata respinta tanto la domanda della ricorrente diretta all’annullamento della decisione della Commissione 20 dicembre 2006, relativa ad una procedura di applicazione dell’art. 65 del Trattato CECA (caso COMP/F/39.234 − Extra di lega, riadozione) (in prosieguo: la «decisione controversa»), quanto la sua domanda, dedotta in subordine, volta alla riduzione dell’ammenda inflittale dalla decisione controversa.

    2        In tale decisione la Commissione europea ha ritenuto che la Thyssen Stahl AG (in prosieguo: la «Thyssen Stahl») avesse violato, nel periodo compreso tra il 16 dicembre 1993 e il 31 dicembre 1994, l’art. 65, n. 1, CA per aver modificato ed applicato in maniera concordata i valori di riferimento della formula di calcolo dell’extra di lega, infliggendo, a tal titolo, alla ThyssenKrupp Stainless AG un’ammenda dell’importo di EUR 3 168 000.

    I –  Contesto normativo

    A –  Le disposizioni del Trattato CECA

    3        L’art. 65 CA così recitava:

    «1. È proibito ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza e in particolare:

    a)      a fissare o determinare i prezzi;

    b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

    c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

    (...)

    4.      Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

    La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo.

    5.      Alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire, per mezzo di arbitrato, di penale, boicottaggio, o in qualsiasi altro modo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto, o un accordo la cui approvazione è stata rifiutata o revocata; oppure che abbiano ottenuto il beneficio d’una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o travisate; oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica contrari alle disposizioni del presente articolo, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in argomento, per quanto concerne l’ammenda, e fino al 20% del volume d’affari giornaliero, per quanto concerne le penalità di mora».

    4        Conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

    B –  Le disposizioni del Trattato CE

    5        L’art. 305, n. 1, CE così disponeva:

    «Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

    C –  Il regolamento (CE) n. 1/2003

    6        A termini dell’art. 4 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

    7        L’art. 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione e eliminazione delle infrazioni», prevede quanto segue:

    «1.      Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

    (…)»

    8        Ai sensi dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettano un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE o dell’art. 82 CE.

    D –  Le disposizioni relative al calcolo dell’importo dell’ammenda

    9        Il punto D della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione») così dispone:

    «1.      Un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B o C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione.

    2.      Ciò può verificarsi in particolare:

    –        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

    –        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

    II –  Fatti

    10      I fatti all’origine della controversia, come esposti ai punti 10‑32 della sentenza impugnata, possono essere così riassunti.

    11      Il 1° gennaio 1995, per effetto di una concentrazione delle attività nel settore dei prodotti piatti in acciaio inossidabile della Thyssen Stahl e della Fried Krupp AG Hoesch-Krupp, nasceva la Krupp Thyssen Nirosta GmbH, società di diritto tedesco. La Thyssen Stahl continuava ad esercitare le proprie attività in modo autonomo in altri settori. A seguito di una serie di cambiamenti della denominazione sociale, la Krupp Thyssen Nirosta GmbH diveniva ThyssenKrupp Stainless AG e, infine, ThyssenKrupp Nirosta GmbH.

    12      L’acciaio inossidabile è un tipo di acciaio speciale resistente alla corrosione per effetto dell’impiego di vari elementi della lega (nickel, cromo e molibdeno). È utilizzato in forma di prodotti piatti (fogli o bobine; laminati a caldo o a freddo) o di prodotti lunghi (barre, vergelle, profilati; laminati a caldo o finiti), la maggioranza dei quali rientra nella sfera d’applicazione del Trattato CECA.

    13      Il 16 marzo 1995, la Commissione chiedeva a vari produttori di acciaio inossidabile di comunicarle informazioni su un supplemento di prezzo, conosciuto con il nome di «extra di lega» e calcolato in funzione delle quotazioni di detti elementi della lega, che si aggiunge al prezzo di base dell’acciaio inossidabile. Il costo di tali elementi della lega rappresenta una componente significativa e molto variabile dei costi di produzione. Sulla base delle informazioni raccolte, il 19 dicembre 1995 la Commissione inviava una comunicazione di addebiti a 19 imprese.

    14      Nel corso dei mesi di dicembre 1996 e gennaio 1997, talune imprese, tra le quali la Thyssen Stahl, facevano presente alla Commissione che intendevano cooperare. Il 24 aprile 1997, l’istituzione inviava ad ognuna delle imprese interessate, tra le quali figuravano la ricorrente e la Thyssen Stahl, una nuova comunicazione degli addebiti, cui le dette due imprese rispondevano individualmente.

    15      Con lettera del 23 luglio 1997 inviata alla Commissione (in prosieguo: la «dichiarazione 23 luglio 1997»), la ricorrente dichiarava quanto segue:

    «Per quanto riguarda il menzionato procedimento [caso IV/35.814 ThyssenKrupp Stainless], avete chiesto al legale rappresentante della [Thyssen Stahl] che [la ricorrente] confermi espressamente che essa si assume, in conseguenza del trasferimento del settore di attività dei prodotti piatti inossidabili della [Thyssen Stahl], la responsabilità dell’operato della [Thyssen Stahl] stessa per quanto riguarda i prodotti piatti inossidabili che costituiscono l’oggetto del presente procedimento, e questo anche per il periodo che risale fino al 1993. Con la presente vi confermiamo espressamente quanto richiesto».

    16      Con decisione 21 gennaio 1998, 98/247/CECA, relativa ad un procedimento di applicazione dell’art. 65 del Trattato CECA (Caso IV/35.814 − Extra di lega) (GU L 100, pag. 55; in prosieguo: la «decisione iniziale»), la Commissione accertava che la maggior parte dei produttori di prodotti piatti in acciaio inossidabile, tra i quali la ricorrente e la Thyssen Stahl, avevano convenuto, nel corso di una riunione tenutasi a Madrid (Spagna) il 16 dicembre 1993, di aumentare in modo concordato i loro prezzi, modificando i parametri di calcolo della extra di lega a decorrere dal 1° febbraio del 1994. L’istituzione ne deduceva che le imprese interessate avevano pertanto violato l’art. 65, n. 1, CA.

    17      La decisione iniziale è stata notificata alla ricorrente e non alla Thyssen Stahl, in quanto la Commissione ha ritenuto, in considerazione della dichiarazione 23 luglio 1997, che la ricorrente fosse responsabile dell’operato della Thyssen Stahl, infliggendole, pertanto, un’ammenda anche per i fatti contestati alla Thyssen Stahl e relativi al periodo compreso tra il mese di dicembre 1993 e il 1° gennaio 1995.

    18      L’11 marzo 1998, la ricorrente proponeva ricorso volto, segnatamente, all’annullamento della decisione iniziale.

    19      Con sentenza 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione (Racc. pag. II‑3757), il Tribunale annullava la decisione iniziale nella parte in cui imputava alla ricorrente la responsabilità della violazione dell’art. 65, n. 1, CA commessa dalla Thyssen Stahl, riducendo conseguentemente l’ammenda, sulla base del rilievo che la Commissione non aveva posto la ricorrente in grado di presentare le proprie osservazioni sui fatti contestati alla Thyssen Stahl, violando così i diritti della difesa.

    20      Con sentenza 14 luglio 2005, cause riunite C‑65/02 P e C‑73/02 P, ThyssenKrupp/Commissione (Racc. pag. I‑6773), la Corte respingeva le impugnazioni proposte avverso detta sentenza dalla ricorrente e dalla Commissione.

    21      A seguito di scambi di corrispondenza con la ricorrente e la Thyssen Stahl, la Commissione inviava alla ricorrente, in data 5 aprile 2006, una comunicazione degli addebiti. Con lettera 17 maggio 2006, la ricorrente rispondeva a tale comunicazione degli addebiti e il 15 settembre seguente aveva luogo un’audizione pubblica.

    22      Il 20 dicembre 2006 la Commissione emanava la decisione controversa. Dal preambolo di tale decisione emerge che essa è fondata, segnatamente, sul Trattato CECA, in particolare l’art. 65 CA, nonché sul Trattato CE e sul regolamento n. 1/2003. Il dispositivo di tale decisione prevede, in particolare:

    «Articolo 1

    [La Thyssen Stahl] ha violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA, dal 16 dicembre 1993 al 31 dicembre 1994, modificando e applicando in maniera concordata i valori di riferimento della formula di calcolo dell’extra di lega, pratica che ha avuto per oggetto ed effetto di limitare e falsare il gioco normale della concorrenza sul mercato comune.

    Articolo 2

    1.      Per l’infrazione di cui all’articolo [1], viene inflitta un’ammenda di 3 168 000 euro.

    2.      Avendo la [ricorrente] assunto con [la dichiarazione] 23 luglio 1997, la responsabilità per il comportamento della [Thyssen Stahl], l’ammenda viene inflitta a[lla ricorrente]».

    III –  Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    23      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 6 febbraio 2007, la ricorrente proponeva ricorso volto all’annullamento, ai sensi degli artt. 225 CE e 230 CE, della decisione controversa.

    24      Con il primo motivo, la ricorrente deduceva la violazione del principio nulla poena sine lege, derivante dall’applicazione dell’art. 65, n. 1, CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA. Il secondo motivo di annullamento atteneva all’illegittimità dell’applicazione congiunta del regolamento n. 1/2003 e dell’art. 65 CA. Con il terzo motivo, la ricorrente faceva valere la violazione dell’autorità di cosa giudicata, considerato che la Corte aveva rilevato, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, che essa non era responsabile dell’operato della Thyssen Stahl.

    25      Con il quarto motivo la ricorrente deduceva che la dichiarazione 23 luglio 1997 non poteva fondare la sua responsabilità né tanto meno il trasferimento dell’onere dell’ammenda. Con il quinto motivo sosteneva che la decisione controversa violava il «principio di precisione», atteso che né il fondamento normativo per infliggere la sanzione né la nozione di «accollo della responsabilità per mezzo di dichiarazione privata» risultavano determinati con sufficiente chiarezza.

    26      Il sesto motivo di ricorso atteneva alla violazione del principio del non bis in idem derivante dal trasferimento della responsabilità per mezzo di una dichiarazione di natura privata. Con il settimo motivo la ricorrente sosteneva che la violazione commessa dalla Thyssen Stahl era prescritta. L’ottavo ed il nono motivo attenevano alla violazione dei diritti della difesa in considerazione, da un lato, della violazione del diritto di accesso agli atti e, dall’altro, dell’irregolarità della comunicazione degli addebiti.

    27      In subordine, la ricorrente deduceva, nell’ambito del decimo motivo di annullamento, che l’importo dell’ammenda era stato calcolato erroneamente, atteso che la Commissione non aveva tenuto conto del fatto che la ricorrente non aveva contestato l’effettività dell’infrazione complessivamente considerata.

    28      Ai punti 37 e 38 della sentenza impugnata, è precisato che le parti sono state sentite all’udienza dell’11 dicembre 2008 e che, nel corso di detta udienza, la ricorrente ha dichiarato di revocare la dichiarazione 23 luglio 1997, di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza.

    29      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso, condannando la ricorrente alle spese.

    30      In sostanza, il Tribunale ha, anzitutto, ritenuto che l’applicazione dell’art. 65, n. 1, CA, successivamente al 23 luglio 2002, a fatti antecedenti tale data non costituisse violazione del principio del nulla poena sine lege e che, ai fini di tale applicazione, la Commissione potesse fondare la propria competenza sul regolamento n. 1/2003. Il Tribunale ha osservato che la Corte aveva rilevato, nella citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la quale ha acquisito autorità di cosa giudicata, che, per effetto della dichiarazione 23 luglio 1997, la ricorrente era responsabile dell’operato della Thyssen Stahl.

    31      Inoltre, secondo il Tribunale, i fondamenti normativi della sanzione e del trasferimento della responsabilità risultavano determinati con chiarezza sufficiente, da un lato, dagli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e, dall’altro, dalla dichiarazione 23 luglio 1997. La pretesa violazione del principio del non bis in idem veniva respinta in considerazione del fatto che, per effetto di detta dichiarazione, l’infrazione commessa dalla Thyssen Stahl sarebbe stata imputabile alla ricorrente. Tale infrazione non era prescritta, a parere del Tribunale, in quanto la prescrizione doveva essere valutata nei confronti della ricorrente ed era rimasta sospesa durante il procedimento giurisdizionale riguardante la decisione iniziale.

    32      Il Tribunale ha infine ritenuto che la comunicazione degli addebiti fosse regolare e che la Commissione non avesse violato il diritto della ricorrente di accedere agli atti né fosse incorsa in errore per non aver tenuto conto della pretesa mancata contestazione dell’effettività dell’infrazione.

    IV –  Conclusioni delle parti

    33      La ricorrente conclude che la Corte voglia:

    –        annullare la sentenza impugnata;

    –        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

    –        in via di ulteriore subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflittale a termini dell’art. 2 della decisione controversa, e

    –        condannare la Commissione alle spese.

    34      La Commissione conclude che la Corte voglia:

    –        respingere l’impugnazione e confermare la sentenza impugnata; e

    –        condannare la ricorrente alle spese.

    V –  Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale del procedimento

    35      Con atto pervenuto presso la cancelleria della Corte il 28 ottobre 2010, la Commissione ha chiesto alla Corte di disporre la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura della Corte, nell’ipotesi in cui la Corte stessa dovesse affrontare le questioni relative ad una «restrizione del principio di cosa giudicata per effetto del principio del contraddittorio», alla possibilità per la Commissione di infliggere, in una fase amministrativa del procedimento successiva alla pronuncia della presente sentenza e per il comportamento controverso, un’ammenda alla Thyssen Stahl, o alle conseguenze dell’annullamento della decisione iniziale sulla sospensione della prescrizione. Infatti, a parere dell’istituzione, tali questioni sono state esaminate dall’avvocato generale ai paragrafi 155, 174-176 e 198-212 delle sue conclusioni, ma non costituiscono oggetto della controversia e non sono state dibattute inter partes.

    36      In applicazione di tale disposizione, l’avvocato generale è stato sentito in merito a tale domanda.

    37      La Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del proprio regolamento di procedura, qualora ritenga di non essere sufficientemente istruita ovvero che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v. sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

    38      La Corte ritiene di disporre, nella specie, di tutti gli elementi necessari per risolvere la controversia e che la causa non debba essere esaminata alla luce di un argomento non dibattuto dinanzi ad essa.

    39      Non occorre, quindi, disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    VI –  Sull’impugnazione

    40      La ricorrente deduce cinque motivi. Il primo attiene alla violazione del principio nulla poena sine lege, derivante dall’applicazione dell’art. 65, n. 1, CA successivamente al 23 luglio 2002, all’erronea applicazione dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003 ad un’infrazione all’art. 65, n. 1, CA, alla violazione della sovranità degli Stati firmatari del Trattato CECA e alla inapplicabilità ai fatti della specie della sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑25/04, González y Díez/Commissione (Racc. pag. II‑3121).

    41      Con il secondo motivo, la ricorrente deduce che l’imputazione alla medesima della responsabilità dell’operato della Thyssen Stahl non ha costituito oggetto, nella citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, di accertamento munito dell’autorità della cosa giudicata, che il Tribunale ha violato la portata del principio della res iudicata nonché i diritti della difesa e che ha erroneamente ritenuto che la dichiarazione 23 luglio 1997 avesse operato un trasferimento della responsabilità dalla Thyssen Stahl alla ricorrente stessa.

    42      Il terzo motivo di impugnazione attiene al difetto di precisione, tanto riguardo al fondamento normativo della decisione controversa quanto al trasferimento della responsabilità, che il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di rilevare. Con il quarto motivo, la ricorrente contesta al Tribunale la violazione delle disposizioni in materia di prescrizione. Il quinto motivo di impugnazione attiene alla violazione dei principi relativi al calcolo dell’importo dell’ammenda.

    A –  Sul primo motivo e sul primo capo del terzo motivo, relativi alla violazione dei principi nulla poena sine lege e «di precisione» nonché al difetto di potere della Commissione

    1.     Argomenti delle parti

    43      Con il primo motivo la ricorrente deduce, in primo luogo, che l’applicazione dell’art. 65, n. 1, CA successivamente al 23 luglio 2002 costituisce violazione del principio nulla poena sine lege, considerato che il Trattato CECA e i poteri che esso attribuisce alla Commissione sono scaduti a tale data, per effetto dell’art. 97 CA. La ricorrente sottolinea che il divieto, dettato dal diritto comunitario e dal diritto internazionale, di interpretare per analogia disposizioni del diritto penale e disposizioni in materia di ammende esige che il fondamento normativo della sanzione risulti in modo chiaro e non equivoco dal diritto scritto.

    44      A parere della ricorrente, la circostanza che, successivamente al 23 luglio 2002, talune pratiche, precedentemente ricadenti nella sfera di applicazione del Trattato CECA, possano ricadere nel Trattato CE non consentirebbe alcuna deduzione quanto alla possibilità di sanzionare, successivamente a tale data, sulla base dell’art. 65, n. 1, CA, infrazioni cessate prima di tale data.

    45      Il Tribunale avrebbe confuso le nozioni di unità e di continuità dell’ordinamento giuridico comunitario laddove ha dedotto da tali nozioni che il Trattato CECA potesse applicarsi sotto l’egida del Trattato CE. I Trattati CECA e CE, essendo Trattati di diritto internazionale pubblico, rientrerebbero nella sfera dei principi affermati all’art. 70 della convenzione di Vienna 23 maggio 1969, sul diritto dei Trattati, a termini del quale nessun obbligo contrattuale né alcuna competenza può risultare da un Trattato di diritto internazionale scaduto.

    46      Anche ammesso che i Trattati comunitari debbano essere interpretati secondo principi uniformi, ciò non significherebbe che la Commissione disponga di un potere generale ai fini della loro esecuzione, indipendente dall’esistenza dei singoli ordinamenti giuridici risultanti dai singoli Trattati. Infatti, da vari atti giuridici del diritto comunitario emergerebbe che le istituzioni dispongono unicamente delle competenze di attribuzione specifiche risultanti da Trattati giuridicamente autonomi.

    47      Pertanto, considerato che la Commissione non dispone più di una competenza fondata sul Trattato CECA, la questione se gli elementi costitutivi delle infrazioni sanzionate dagli artt. 65 CA e 81 CE corrispondano e siano interpretati in modo uniforme è, a parere della ricorrente, destituita di interesse. Infatti, la circostanza che, in taluni ordinamenti nazionali, elementi costitutivi di intese vengano interpretati in modo uguale a quelli previsti dagli artt. 81 CE e 82 CE non implicherebbe che la Commissione sia competente per applicare le disposizioni nazionali di cui trattasi.

    48      La ricorrente rileva che, secondo la giurisprudenza del Tribunale, la natura di lex specialis del Trattato CECA rispetto al Trattato CE non può fondare una competenza della Commissione sull’art. 65, n. 5, CA, successivamente alla scadenza del Trattato CECA. Essa ritiene che tale considerazione debba essere estesa all’art. 65, n. 1, CA, atteso che quest’ultimo fa parte del fondamento normativo della sanzione. Il principio lex specialis derogat legi generali non può quindi giustificare l’applicazione dell’art. 65, n. 1, CA che non è più in vigore, considerato che tale principio disciplina unicamente la relazione esistente tra due norme in vigore.

    49      In assenza di disposizioni transitorie aventi valore di norma giuridica – natura che non potrebbe attribuirsi alla comunicazione della Commissione 18 giugno 2002, relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5) – che consentano alla Commissione di sanzionare le violazioni dell’art. 65, n. 1, CA successivamente al 23 luglio 2002, nessuna disposizione dei Trattati o del diritto derivato prevederebbe la possibilità per la Commissione di emanare, successivamente al 23 luglio 2002, una decisione quale la decisione controversa.

    50      In secondo luogo, la ricorrente sottolinea che, successivamente alla scadenza del Trattato CECA, non esiste più alcuna norma giuridica che preveda sanzioni in caso di violazione dell’art. 65, n. 1, CA, considerato che il n. 5 di detto articolo è scaduto con il Trattato CECA, circostanza che il Tribunale avrebbe riconosciuto nella propria precedente giurisprudenza.

    51      Ritenendo che l’art. 23 del regolamento n. 1/2003 debba essere interpretato nel senso che consentiva alla Commissione di sanzionare le violazioni del Trattato CECA e ciò quand’anche tale disposizione non conteneva alcun riferimento all’art. 65 CA, il Tribunale ha violato, a parere della ricorrente, il principio nulla poena sine lege, in base al quale le disposizioni di diritto penale non possono essere interpretate al di là del senso letterale risultante dal loro tenore. Quest’ultimo non può costituire oggetto di un’interpretazione storica, sistematica o teleologica estensiva, poiché ciò equivarrebbe ad un’applicazione analogica, che la disciplina delle sanzioni non consente.

    52      A tal riguardo, la ricorrente rileva che, secondo la giurisprudenza, una sanzione può essere inflitta solamente ove risulti da un fondamento normativo chiaro e non ambiguo, che preveda espressamente l’irrogazione di una sanzione per i fatti considerati, con la conseguenza che la Corte avrebbe respinto, in materia di sanzioni, qualsiasi interpretazione sistematica o teleologia estensiva che vada al di là del senso letterale delle disposizioni considerate. Orbene, il Tribunale avrebbe proceduto ad un’interpretazione analogica vietata.

    53      In terzo luogo, la ricorrente ritiene che non sussistano i requisiti per poter operare un’applicazione analogica dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003 ad un’infrazione all’art. 65, n. 1, CA. Sarebbe, infatti, necessario che i fatti fossero analoghi a quelli contemplati dal detto art. 23 e che sussista un vuoto normativo contrario all’obiettivo perseguito dal legislatore.

    54      Orbene, a parere della ricorrente, anche a voler ammettere che l’art. 65, n. 1, CA fosse identico all’art. 81 CE sotto tutti i profili pertinenti, cosa che non può invece affermarsi, considerato che il contesto di fatto si distingue sotto molteplici aspetti, non sussiste un vuoto normativo contrario all’obiettivo perseguito dal legislatore. Infatti, conformemente ai principi della democrazia e della separazione dei poteri, il giudice potrebbe colmare solamente i vuoti normativi che siano sfuggiti al legislatore, contrariamente all’obiettivo perseguito. Al giudice non competerebbe la rettifica di atti legislativi applicando disposizioni che gli appaiano più adeguate rispetto a quelle vigenti.

    55      La ricorrente ritiene che, nella specie, deponga contro la sussistenza di un siffatto vuoto normativo il fatto che il legislatore non abbia previsto alcuna disposizione transitoria – mentre, in vari altri settori del Trattato CECA, sono state adottate disposizioni di proroga o transitorie – e che, con la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 20 luglio 1998 sulla scadenza del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU C 247, pag. 5), il Consiglio dell’Unione europea e i detti rappresentanti avevano invitato la Commissione, facendo presente di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza di tale Trattato, a sottoporre proposte concernenti altri settori interessati dalla scadenza, senza che la Commissione abbia peraltro risposto a tale invito riguardo alla disciplina delle intese.

    56      In quarto luogo, la ricorrente ritiene che l’applicazione dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003 ad un’infrazione all’art. 65, n. 1, CA costituisca violazione degli artt. 5 CE, 7, n. 1, CE e 83 CE, non potendo l’applicazione di detto art. 23 andare al di là di quanto consentito dalla delega posta alla base del regolamento medesimo. Anche ammesso che il Consiglio abbia inteso formulare tale art. 23 in modo da consentire la sanzione delle violazioni dell’art. 65, n. 1, CA, ciò non sarebbe stato possibile, considerato che il Trattato CE attribuisce poteri unicamente ai fini dell’applicazione delle proprie disposizioni.

    57      La ricorrente rileva che dagli artt. 5 CE, 7, n. 1, secondo periodo, CE e 211 CE emerge che, nell’ambito dell’esecuzione di compiti incombenti alle istituzioni comunitarie in base al Trattato CE, le competenze e le attribuzioni della Commissione sono strettamente limitate al Trattato CE e ciò per effetto del Trattato medesimo. Considerato che gli elementi costitutivi dell’infrazione e le sue conseguenze giuridiche formerebbero congiuntamente il fondamento giuridico della sanzione, tale ratio si applicherebbe tanto alle conseguenze giuridiche dirette dell’infrazione quanto agli elementi costitutivi della medesima.

    58      La ricorrente precisa che l’art. 83 CE autorizza il Consiglio unicamente ad adottare un regolamento ai fini dell’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE. Conseguentemente, la limitazione della sfera di applicazione dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003 alle infrazioni alle disposizioni del Trattato CE non costituirebbe un errore di redazione della norma rettificabile mediante applicazione analogica del detto art. 23 alle violazioni dell’art. 65, n. 1, CA.

    59      Ritenendo che l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 affermi una regola di procedura, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto. Infatti, a parere della ricorrente, detto art. 23 costituisce una regola sostanziale che attribuisce un potere sanzionatorio, autorizzando la Commissione ad infliggere ammende per violazione degli artt. 81 CE e 82 CE, ammende non direttamente previste nel Trattato CE.

    60      La ricorrente sostiene che, al punto 85 della sentenza impugnata, il Tribunale sia incorso in un errore di logica giustificando l’applicabilità dell’art. 65, n. 1, CA in base alle regole che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo, secondo cui dovevano applicarsi le norme sostanziali vigenti all’epoca dei fatti., L’applicazione nel tempo di una disposizione scaduta, infatti, presupporrebbe che la Commissione abbia conservato, contrariamente a quanto invece avvenuto nella specie, i propri poteri ai fini dell’applicazione delle disposizioni dell’ordinamento giuridico in questione.

    61      In quinto luogo, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata violi la sovranità degli Stati firmatari del Trattato CECA, atteso che, con la scadenza di tale Trattato, il potere di infliggere sanzioni nel settore interessato è stato restituito agli Stati membri, ove gli Stati firmatari avrebbero attribuito alla Commissione un potere sanzionatorio solo fino alla detta data di scadenza.

    62      In sesto luogo, la ricorrente deduce, da un lato, che il Tribunale si è erroneamente richiamato ai punti 57 e segg. della propria sentenza González y Díez/Commissione, citata supra. Tale sentenza, anche ammessa la sua fondatezza, è stata pronunciata nel settore degli aiuti di Stato. Orbene, nel settore delle intese, il principio nulla poena sine lege imporrebbe norme più severe per l’irrogazione delle ammende.

    63      D’altro canto, il Tribunale avrebbe rilevato che la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di aiuti di Stato può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA. Per contro, la causa in esame riguarda, a parere della ricorrente, un’infrazione all’art. 65 CA, cessata nel mese di gennaio 1998 e che, alla data in cui l’ammenda è stata inflitta, vale a dire il 20 dicembre 2006, non produceva quindi più alcun effetto che solo l’irrogazione di un’ammenda avrebbe consentito di eliminare.

    64      Con il primo capo del terzo motivo, la ricorrente deduce che il Tribunale, laddove ha dichiarato che dalla decisione controversa emergerebbe che la Commissione intendesse operare un’applicazione congiunta dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 con l’art. 65, n. 1, CA, ha violato il «principio di precisione del fondamento normativo», secondo il quale una sanzione non potrebbe essere irrogata se non su un fondamento normativo chiaro e non ambiguo, che preveda una sanzione per la relativa fattispecie. Orbene, l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 prevederebbe sanzioni non in caso di violazione dell’art. 65, n. 1, CA, bensì unicamente in caso di violazione degli artt. 81 CE e 82 CE.

    2.     Giudizio della Corte

    65      In limine, si deve anzitutto rilevare che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie contemplata all’art. 65, n. 1, CA, concluso o attuato anteriormente alla scadenza, verificatasi il 23 luglio 2002, del Trattato CECA, poteva dar luogo, sino a tale data compresa, in base all’art. 65, n. 5, CA, ad una decisione della Commissione di irrogazione di ammende alle imprese che avessero concorso nel detto accordo o alla sua esecuzione.

    66      Conseguentemente, si deve necessariamente rilevare che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie contemplata dall’art. 65, n. 1, CA, concluso o attuato entro il 24 luglio 2002 e il 30 novembre 2009, poteva dar luogo ad un’analoga decisione della Commissione, fondata sull’art. 81 CE e sugli artt. 15, n. 2, lett. a), del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato CE (GU 1962, 13, pag. 204), ovvero sull’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003.

    67      Infine, è parimenti pacifico che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie prevista all’art. 65, n. 1, CA, concluso o attuato a decorrere dal 1° dicembre 2009, può dar luogo ad un’analoga decisione della Commissione, fondata sugli artt. 101 TFUE e 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003.

    68      Orbene, nella specie la ricorrente contesta, sostanzialmente, l’affermazione del Tribunale secondo cui la Commissione, con la decisione controversa adottata il 23 luglio 2002, poteva infliggerle, sulla base del combinato disposto dell’art. 65, nn. 1 e 5, CA e degli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003, un’ammenda per aver concorso, anteriormente al 23 luglio 2002, alla conclusione e all’esecuzione di un accordo corrispondente alla fattispecie contemplata all’art. 65, n. 1, CA.

    69      In primo luogo, per quanto attiene alla competenza della Commissione, il Tribunale ha rilevato, al punto 74 della sentenza impugnata, che la disposizione che costituisce il fondamento normativo di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione europea ad adottare l’atto in questione deve essere in vigore al momento della sua adozione, cosa che avverrebbe nel caso dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

    70      Ai punti 76-79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che il Trattato CECA costituiva, in forza dell’art. 305, n. 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis costituita dal Trattato CE medesimo e che, per effetto della scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002, la sfera di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è estesa, il 24 luglio 2002, ai settori precedentemente disciplinati dal Trattato CECA.

    71      Ai punti 80-82 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato che la successione del quadro normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA si colloca nel contesto della continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e dei suoi obiettivi, ove l’istituzione ed il mantenimento di un regime di libera concorrenza costituisce uno degli obiettivi essenziali tanto del Trattato CE quanto del Trattato CECA. A tal riguardo, il Tribunale ha sottolineato che le nozioni di accordi e di pratiche concertate contemplate dall’art. 65, n. 1, CA rispondono a quelle di accordi e di pratiche concertate ai sensi dell’art. 81 CE e che dette due disposizioni sono interpretate dal giudice dell’Unione allo stesso modo.

    72      Ai punti 83 e 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha quindi concluso che la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione esige che la Commissione garantisca, nei confronti di situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi sussistenti eo tempore in forza del Trattato CECA, nei confronti tanto degli Stati membri quanto dei singoli, e che, conseguentemente, l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 deve essere interpretato nel senso che consente alla Commissione di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.

    73      Tali considerazioni non risultano viziate da alcun errore di diritto. Infatti, risulta dalla giurisprudenza, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno favorire la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modificazioni del diritto primario dell’Unione (v., in tal senso, sentenza 25 febbraio 1969, causa 23/68, Klomp, Racc. pag. 43, punto 13).

    74      Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, non esiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione avrebbe inteso consentire che i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA potessero sfuggire all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza del Trattato medesimo.

    75      Infatti, da un lato, come emerge dal punto 55 supra, la ricorrente stessa ha sottolineato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano fatto presente di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del detto Trattato. Dall’altro, la Commissione ha precisato che essa avrebbe dovuto sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto vigenti, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese tale necessità non sussistesse.

    76      Ne consegue che la ricorrente non può trarre alcun valido argomento dall’assenza di disposizioni transitorie in materia.

    77      Inoltre, dai rilievi effettuati supra ai punti 65‑67 emerge che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicura, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’art. 65, n. 1, CA, indipendentemente dal fatto che si sia verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo.

    78      Ciò premesso, sarebbe contrario allo scopo e alla coerenza sistematica dei Trattati nonché incompatibile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione che la Commissione sia priva della legittimazione per garantire l’uniforme applicazione delle norme connesse al Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche dopo la scadenza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini, Racc. pag. I‑6199, punto 41).

    79      In secondo luogo, correttamente il Tribunale ha dichiarato a tal riguardo, ai punti 85, 86 e 89 della sentenza impugnata, che il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché le esigenze relative ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste dall’art. 65, nn. 1 e 5, CA ai fatti di specie che ricadono nella sua sfera di applicazione ratione materiae e ratione temporis.

    80      In particolare, laddove la ricorrente fa valere che la decisione controversa viola il principio nulla poena sine lege nonché un preteso «principio di precisione», segnatamente nella parte in cui né il regolamento n. 1/2003 né l’art. 83 CE fanno riferimento all’art. 65 CA, si deve rammendare che il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), sancito, segnatamente, dall’art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esige che la legge dell’Unione definisca chiaramente le infrazioni e le relative sanzioni (v., in tal senso, sentenza 3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten voor de Wereld, Racc. pag. I‑3633, punti 49 e 50).

    81      Inoltre, il principio della certezza del diritto esige che la legge dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro e che questi debbano poter conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza 10 marzo 2009, causa C‑345/06, Heinrich, Racc. pag. I‑1659, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

    82      A tal riguardo, si deve sottolineare che, all’epoca dei fatti, l’art. 65, nn. 1 e 5, CA prevedeva un fondamento normativo chiaro per la sanzione inflitta nella specie, ragion per cui la ricorrente non poteva ignorare le conseguenze derivanti dal proprio comportamento. Peraltro, dai rilievi effettuati supra ai punti 65‑67 emerge che lo stesso comportamento sarebbe stato parimenti passibile, in qualsiasi momento successivo, di analoga sanzione inflitta dalla Commissione.

    83      Orbene, considerato che i Trattati definivano con chiarezza, sin da prima dell’epoca dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che potevano essere conseguentemente inflitte, tali principi non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali consentano loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro illeciti comportamenti tenuti in passato.

    84      Si deve aggiungere che la Commissione ha rilevato, già prima della scadenza del Trattato CECA, l’impossibilità di sfuggire a tale sanzione, precisando, al punto 31 della propria comunicazione, adottata il 18 giugno 2002, relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA, che, laddove essa accerti un’infrazione in un settore ricompreso nella sfera di applicazione del Trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile è, indipendentemente dalla data di applicazione, quello in vigore nel momento in cui si siano verificati i fatti costitutivi dell’infrazione ed il diritto procedurale applicabile, successivamente alla scadenza del Trattato CECA, è quello istituito dal Trattato CE.

    85      D’altronde, il principio della lex mitior non s’oppone, nella specie, all’applicazione dell’art. 65, n. 5, CA, considerato che l’ammenda inflitta dalla decisione controversa è, in ogni caso, inferiore al massimale previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 per l’irrogazione di ammende per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza.

    86      Da tutte le suesposte considerazioni emerge che un’impresa diligente nella situazione della ricorrente non poteva in nessun momento ignorare le conseguenze derivanti dal proprio comportamento né fare affidamento sul fatto che la successione del quadro normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsivoglia sanzione per le infrazioni all’art. 65 CA commesse in passato.

    87      Per quanto attiene al fondamento normativo ed alle disposizioni procedurali applicabili, il Tribunale ha parimenti correttamente affermato, ai punti 84 e 87 della sentenza impugnata, che il potere della Commissione di infliggere, con la decisione controversa, l’ammenda di cui trattasi derivava dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che la procedura doveva essere condotta conformemente a tale regolamento.

    88      Infatti, dalla giurisprudenza emerge che la disposizione che costituisce il fondamento normativo di un atto che legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza 4 aprile 2000, causa C‑269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2257, punto 45) e che si presume, in linea generale, che le norme procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore (v., in tal senso, sentenze 12 novembre 1981, cause riunite 212/80‑217/80, Meridionale Industria Salumi e a., Racc. pag. 2735, punto 9, nonché 23 febbraio 2006, causa C‑201/04, Molenbergnatie, Racc. pag. I‑2049, punto 31).

    89      Si deve aggiungere che l’applicazione, da parte della Commissione, del regolamento n. 1/2003 non ha ristretto, bensì è stata piuttosto tale da estendere, le garanzie procedurali offerte dal quadro normativo del Trattato CECA alle imprese perseguite, cosa che d’altronde la ricorrente non contesta.

    90      Ne consegue che senza incorrere in errori di diritto il Tribunale ha potuto concludere, ai punti 87 e 89 della sentenza impugnata, da un lato, che il potere della Commissione di infliggere, con la decisione controversa, l’ammenda di cui trattasi derivava dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che la procedura doveva essere condotta conformemente a tale regolamento, e, dall’altro, che il diritto sostanziale che prevedeva la sanzione applicabile era costituito dall’art. 65, nn. 1 e 5, CA.

    91      Conseguentemente, il primo motivo ed il primo capo del terzo motivo di impugnazione devono essere respinti.

    B –  Sul secondo motivo e sul secondo capo del terzo motivo

    1.     Sul primo capo del secondo motivo, relativo ad un errore di diritto che vizierebbe l’interpretazione, operata dal Tribunale, del punto 88 della sentenza ThyssenKrupp/Commissione

    a)     Argomenti delle parti

    92      A parere della ricorrente, erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la Corte le abbia ascritto, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la responsabilità per le infrazioni commesse dalla Thyssen Stahl. Al contrario, in tale sentenza, la Corte avrebbe escluso, in base ad una motivazione complementare, di imputarle tale responsabilità. Il contesto procedurale, cui il Tribunale avrebbe fatto riferimento a sostegno della propria interpretazione, non consentirebbe di attribuire un senso differente al tenore di detto punto 88. Pertanto, per poter accogliere la propria interpretazione, il Tribunale avrebbe dovuto introdurre una domanda di interpretazione ai sensi dell’art. 102 del regolamento di procedura della Corte.

    93      Considerato che il detto punto 88 fa riferimento a tutte le dichiarazioni menzionate ai punti 85 e 86 della sentenza medesima e si colloca nell’ambito dello stesso ragionamento, la ricorrente ritiene incomprensibile l’esclusione della dichiarazione 23 luglio 1997 operata dal Tribunale. Parimenti, laddove il Tribunale ha ritenuto che tale dichiarazione non potesse essere presa in considerazione in quanto non riguardante le attività della Thyssen Stahl, la ricorrente sostiene che detta dichiarazione verteva, invece, proprio sulle attività di tale società.

    94      Infine, per quanto attiene alla motivazione della sentenza impugnata, secondo cui, nel caso in cui il menzionato punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione dovesse essere interpretato nel senso proposto dalla ricorrente, la Corte non avrebbe avuto alcuna ragione per pronunciarsi sul secondo e sul terzo motivo di impugnazione incidentale, la ricorrente sottolinea che i giudici dell’Unione si pronunciano regolarmente, oltre che sul motivo accolto, anche su altri motivi.

    b)     Giudizio della Corte

    95      In limine, si deve rammentare che, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la Corte ha affermato che, per quanto riguarda le pretese circostanze eccezionali invocate dalla Commissione e menzionate al punto 79 della sentenza medesima, era sufficiente ricordare, anzitutto, che la ricorrente non è il successore economico della Thyssen Stahl, atteso che quest’ultima ha continuato ad esistere come persona giuridica distinta fino alla data di adozione della decisione controversa e che l’unità di azione che aveva potuto caratterizzare il comportamento della Thyssen Stahl e della ricorrente successivamente al 1° gennaio 1995 non bastava a giustificare l’imputazione alla ricorrente dell’operato della Thyssen Stahl prima di tale data, alla luce del principio ricordato al punto 82 della sentenza medesima, secondo cui una persona giuridica può essere sanzionata esclusivamente per i fatti specificamente contestatile. La Corte ha aggiunto di avere già indicato, ai punti 85 e 86 della sentenza stessa, quanto alle dichiarazioni che sarebbero state fatte dalla ricorrente in merito alle attività della Thyssen Stahl nel corso del procedimento amministrativo, che esse non consentivano di imputare alla ricorrente la responsabilità per l’operato della Thyssen Stahl anteriormente a tale data.

    96      Al punto 118 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che l’impugnazione della ricorrente da cui è scaturita la citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione non aveva riguardato le valutazioni compiute dal Tribunale in merito al trasferimento alla ricorrente stessa della responsabilità della Thyssen Stahl. Tale rilievo effettuato dal Tribunale nella sentenza impugnata non è stato contestato nell’ambito del presente procedimento.

    97      Ai punti 119-121 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, in risposta a detta impugnazione, la Commissione aveva proposto impugnazione incidentale con cui aveva fatto valere, segnatamente, lo snaturamento di taluni documenti di prova e l’errore di diritto nella valutazione del trasferimento della responsabilità. Il Tribunale ha precisato che è l’interpretazione della risposta della Corte, contenuta nel punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, a tale motivo di impugnazione incidentale che ha costituito oggetto del dibattito inter partes. Il Tribunale ha ritenuto che tale interpretazione sia connessa alla portata di detto motivo di impugnazione e ai termini precisi degli argomenti sviluppati dalla Commissione a sostegno del motivo medesimo.

    98      Al punto 122 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che dai punti 73‑79 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, risultava che, con detto motivo di impugnazione incidentale, la Commissione intendeva rimettere in discussione non il riconoscimento da parte del Tribunale del trasferimento di responsabilità controverso sulla base della dichiarazione 23 luglio 1997, bensì, unicamente, la successiva conclusione del Tribunale, secondo cui tale dichiarazione non poteva essere interpretata nel senso che implicasse parimenti la rinuncia della ricorrente al proprio diritto ad essere sentita sui fatti contestati alla Thyssen Stahl.

    99      Ai punti 126‑128 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che, ai punti 81 e 82 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la Corte avesse rammentato e confermato la conclusione del Tribunale secondo cui la dichiarazione 23 luglio 1997 non avrebbe implicato la rinuncia della ricorrente al proprio diritto ad essere sentita e che, ai successivi punti 83-86, essa avrebbe esaminato e respinto l’argomento della Commissione relativo alla mancata presa in considerazione, da parte del Tribunale, di altri elementi di prova in relazione a tale dichiarazione nonché il conseguente snaturamento di tali elementi. A parere del Tribunale, al punto 87 di detta sentenza, la Corte avrebbe, pertanto, concluso nel senso dell’assenza di snaturamento, da parte del Tribunale, riguardo tanto alla dichiarazione 23 luglio 1997 quanto ad altri elementi di prova.

    100    Al punto 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che l’unico oggetto del punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, era costituito dall’esame e dal rigetto, da parte della Corte, di un «altro argomento della Commissione relativo all’esistenza di circostanze eccezionali, attinenti all’asserita successione economica della [ricorrente] alla Thyssen [Stahl], all’evidente unità di azione tra questi due operatori e alle dichiarazioni fatte dalla [ricorrente] in nome della Thyssen [Stahl] nel corso del procedimento amministrativo».

    101    Ai punti 131-135 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che, alla luce dell’oggetto del primo motivo di impugnazione incidentale della Commissione, dalla lettura del terzo periodo del punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione emergeva che tale periodo si limitava a rinviare all’analisi, effettuata ai punti 85 e 86 della sentenza medesima, delle dichiarazioni effettuate dalla ricorrente, nel corso del procedimento amministrativo, in merito alle attività della Thyssen Stahl diverse dalla dichiarazione 23 luglio 1997, vale a dire le risposte della ricorrente alle due comunicazioni di addebiti e alla sua lettera del 17 dicembre 1996.

    102    Alla luce di tali rilievi, il Tribunale ha concluso, al punto 136 della sentenza impugnata, che l’interpretazione di detto punto 88 sostenuta dalla ricorrente «finirebbe per ammettere che la Corte abbia trasformato, senza alcuna motivazione e tramite un mero rinvio, un’affermazione concernente la violazione del diritto ad essere ascoltata in una conclusione quanto al trasferimento di responsabilità, ciò che non è ammissibile» ed ha pertanto respinto, al punto 138 della sentenza stessa, il terzo motivo della ricorrente perché fondato su un’erronea lettura del menzionato punto 88.

    103    Tali considerazioni contenute nella sentenza impugnata non appaiono viziate da alcun errore di diritto. Infatti, in primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha contestato nella sentenza impugnata che, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la Corte avesse ammesso che la responsabilità per le infrazioni commesse dalla Thyssen Stahl fosse ascritta alla ricorrente. Al contrario, il Tribunale ha rilevato, ai punti 118 e 122 della sentenza impugnata, da un lato, che l’impugnazione della ricorrente da cui era scaturita la citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione non verteva sulla valutazione, da parte del Tribunale, del trasferimento alla ricorrente della responsabilità del comportamento illecito contestato alla Thyssen Stahl e, dall’altro, che il punto 88 di detta sentenza si riferisce all’impugnazione incidentale della Commissione sulla quale, tantomeno, non è stato messo in discussione tale trasferimento di responsabilità.

    104    In secondo luogo, come correttamente rilevato dal Tribunale, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la Corte ha risposto specificamente agli argomenti della Commissione esposti al punto 79 della sentenza medesima. Orbene, quest’ultimo punto si limita a riassumere gli argomenti contenuti ai punti 84‑87 dell’impugnazione incidentale che si richiamano ai precedenti punti 60‑64.

    105    A tal riguardo, emerge dagli atti che tutti gli argomenti esposti dalla Commissione ai detti punti dell’impugnazione incidentale riguardavano esclusivamente le dichiarazioni effettuate dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo distinte dalla dichiarazione 23 luglio 1997.

    106    Ne consegue che né la Commissione né la ricorrente hanno fatto valere dinanzi alla Corte la possibilità di imputare alla ricorrente, sulla base della dichiarazione 23 luglio 1997, la responsabilità del comportamento controverso della Thyssen Stahl. Inoltre, al punto 83 di detta sentenza, la Corte ha ritenuto che occorresse verificare l’esistenza di elementi di prova diversi da tale dichiarazione. Pertanto, il riferimento contenuto nell’ultimo periodo del punto 88 della sentenza de qua alle dichiarazioni menzionate ai precedenti punti 85 e 86 rinvia esclusivamente alle dichiarazioni della ricorrente diverse da quella del 23 luglio 1997.

    107    Ne consegue che il primo capo del secondo motivo di impugnazione dev’essere respinto.

    2.     Sul primo argomento invocato a sostegno del secondo capo del secondo motivo, relativo alla violazione, da parte del Tribunale, della portata del principio dell’autorità di cosa giudicata ed alla violazione dei diritti della difesa

    a)     Sulla ricevibilità di tale argomento

    i)     Argomenti delle parti

    108    La Commissione deduce che l’argomento della ricorrente è in contraddizione con le osservazioni dedotte dalla medesima in primo grado, in cui avrebbe sostenuto che il giudice dell’Unione si era già definitivamente pronunciato sulla questione del trasferimento della responsabilità. Tale motivo sarebbe quindi nuovo e, pertanto, irricevibile in sede di impugnazione.

    ii)  Giudizio della Corte

    109    Dai punti 105‑109 della sentenza impugnata emerge che la ricorrente aveva dedotto dinanzi al Tribunale, con il quarto motivo svolto a sostegno della propria domanda di annullamento della decisione controversa, che la dichiarazione 23 luglio 1997 non poteva comportare un trasferimento della responsabilità in suo capo per il comportamento controverso della Thyssen Stahl.

    110    Orbene, risulta che la ricorrente aveva dedotto tale motivo nell’ipotesi in cui il Tribunale avesse dovuto respingere l’interpretazione del punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, sostenuta dalla ricorrente nell’ambito del proprio terzo motivo, ed in cui nessuna autorità di cosa giudicata avesse potuto essere attribuita, a tal riguardo, a detta sentenza e tantomeno alla citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione.

    111    Ai punti 139‑147 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale quarto motivo, senza esaminarlo nel merito, richiamandosi all’autorità di cosa giudicata attribuita al rilievo dal medesimo effettuato al punto 62 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, secondo cui, alla luce della dichiarazione 23 luglio 1997, la Commissione era eccezionalmente legittimata ad imputare alla ricorrente la responsabilità del comportamento contestato.

    112    Pertanto, non può essere vietato alla ricorrente di rimettere in discussione, con la propria impugnazione, tale valutazione effettuata dal Tribunale, per la prima volta, nella sentenza impugnata e che ha costituito il fondamento del rigetto del quarto motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno della domanda di annullamento della decisione controversa.

    113    Conseguentemente, il primo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo di impugnazione è ricevibile.

    b)     Sul merito

    i)     Argomenti delle parti

    114    In primo luogo, la ricorrente deduce che il Tribunale ha violato il principio dell’autorità di cosa giudicata. Atteso che tale principio afferma l’impossibilità di proporre nuova azione giurisdizionale vertente sullo stesso oggetto, la sua portata non potrebbe andare al di là dell’oggetto della controversia relativa al procedimento anteriore. Orbene, considerato che l’oggetto della controversia è determinato dalla domanda e dai fatti ad essa sottesi, detto principio riguarderebbe, nel caso di impugnazione di una decisione amministrativa, esclusivamente la decisione contestata. Secondo la ricorrente, ne consegue che il principio dell’autorità di cosa giudicata non può impedire un ricorso diretto contro una nuova decisione, ancorché le due decisioni in questione vertano sullo stesso oggetto.

    115    Nella specie, l’autorità di cosa giudicata atterrebbe quindi, in ogni caso, unicamente alla decisione iniziale. A parere della ricorrente, la questione se il comportamento della Thyssen Stahl potesse esserle imputato doveva essere quindi riesaminato nella decisione controversa. A tal riguardo, la ricorrente sottolinea di essersi limitata, nei procedimenti giurisdizionali precedenti, a dedurre la violazione dei diritti della difesa. L’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata accolto dal Tribunale la priverebbe, quindi, della possibilità di dedurre motivi da essa non ancora fatti valere.

    116    La ricorrente ritiene, inoltre, che, avendo essa revocato la dichiarazione 23 luglio 1997, i fatti relativi al preteso trasferimento in suo capo della responsabilità per l’operato della Thyssen Stahl siano mutati, riguardo alla decisione controversa, successivamente all’adozione della decisione iniziale. Orbene, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 147 della sentenza impugnata, il principio dell’autorità di cosa giudicata non potrebbe in alcun caso escludere un successivo mutamento delle circostanze di fatto o di diritto.

    117    In secondo luogo, la ricorrente deduce che l’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata accolto dal Tribunale costituisce una violazione dei diritti della difesa. Considerato che la decisione iniziale è stata annullata per mancato rispetto del diritto ad essere sentiti riguardo all’imputazione alla ricorrente dell’operato della Thyssen Stahl, la ricorrente stessa ritiene che tale diritto dovesse essere garantito nel nuovo procedimento. Orbene, qualora potesse esserle ascritta la responsabilità di detto operato unicamente sulla base dell’autorità di cosa giudicata, non sussisterebbe alcun interesse alla proposizione di un nuovo ricorso, con conseguente svuotamento sostanziale del diritto ad essere sentiti.

    118    La Commissione deduce che, secondo costante giurisprudenza, l’autorità di cosa giudicata riguarda i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente risolti dalla sentenza di cui trattasi. La Commissione precisa che tanto il procedimento contenzioso diretto contro la decisione iniziale quanto quello sfociato nella sentenza impugnata hanno richiesto l’esame della questione se, sulla base della dichiarazione 23 luglio 1997, l’istituzione potesse imputare alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione commessa dalla Thyssen Stahl.

    119    Tale dichiarazione avrebbe quindi costituito l’oggetto della controversia di tali procedimenti e, ai punti 59 e 62 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, il Tribunale avrebbe dichiarato tale imputabilità, che non sarebbe stata contestata nell’ambito dell’impugnazione oggetto di tale sentenza e che, inoltre, sarebbe stata confermata nel merito dalla Corte. La Commissione, essendo tenuta, a termini dell’art. 233 CE, ad adottare tutte le misure necessarie ai fini dell’esecuzione della sentenza della Corte, sarebbe stata obbligata a tener conto di tali dichiarazioni. Inoltre, atteso che l’adozione della decisione controversa è intervenuta nell’ambito dello stesso procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione iniziale, la ricorrente non potrebbe formulare affermazioni differenti sugli stessi fatti.

    120    La Commissione rileva peraltro che l’autorità di cosa giudicata, se è pur vero che non poteva essere opposta riguardo alla proposizione di un nuovo ricorso di annullamento avverso la stessa decisione, potrebbe essere fatta valere solamente nell’ipotesi di una conferma della decisione nell’ambito del primo procedimento. Orbene, tale principio sarebbe parimenti applicabile in caso di annullamento per vizio procedurale, qualora talune questioni preliminari siano state risolte in tale contesto.

    121    A parere della Commissione, la revoca della dichiarazione 23 luglio 1997, effettuata, per la prima volta, all’udienza dinanzi al Tribunale, non era più giuridicamente possibile, in quanto la decisione controversa era stata adottata medio tempore. Pertanto, l’accollo della responsabilità non potrebbe più essere escluso come fondamento di tale decisione. Inoltre, la ricorrente si contraddirebbe affermando, al tempo stesso, che l’autorità di cosa giudicata riguarda solamente le conseguenze di sentenze precedenti aventi ad oggetto la decisione iniziale e che, al punto 88 della citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, la Corte ha definitivamente escluso, alla luce del diritto sostanziale, la responsabilità della ricorrente.

    122    Infine, atteso che la decisione iniziale è stata annullata per vizio procedurale, un valido accollo della responsabilità della Thyssen Stahl non sarebbe subordinato alla concessione del diritto ad essere sentiti, in quanto la ricorrente stessa aveva dichiarato di procedere a tale accollo con cognizione delle conseguenze derivanti da tale dichiarazione.

    ii)  Giudizio della Corte

    123    In varie occasioni la Corte ha ricordato, da un lato, l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali (sentenze 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, Racc. pag. I‑10239, punto 38; 16 marzo 2006, causa C‑234/04, Kapferer, Racc. pag. I‑2585, punto 20, e 29 giugno 2010, causa C‑526/08, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑6151, punto 26) e, dall’altro, che l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi (sentenza Commissione/Lussemburgo, cit. supra, punto 27, nonché la giurisprudenza ivi citata).

    124    Nella specie, si deve rilevare che, al punto 62 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, il Tribunale ha affermato quanto segue:

    «Si deve sottolineare che non è contestato che, tenuto conto della dichiarazione fatta dalla [ricorrente] il 23 luglio 1997, la Commissione aveva certamente titolo per imputare a quest’ultima la responsabilità del comportamento produttivo dell’infrazione rimproverato alla Thyssen Stahl tra il mese di dicembre 1993 e il 1° gennaio 1995. Si deve infatti considerare che una siffatta dichiarazione, la quale risponde, in particolare, a considerazioni di carattere economico tipiche delle operazioni di concentrazione tra imprese, implica che la persona giuridica sotto la cui responsabilità sono state poste le attività di un’altra persona giuridica, successivamente alla data dell’infrazione derivante dalle dette attività, sia tenuta a risponderne, anche se, in linea di principio, spetta risponderne alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa di cui trattasi al momento in cui è stata consumata l’infrazione».

    125    Ne consegue che, al punto 62 della menzionata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, il Tribunale si è pronunciato sulla legittimità del trasferimento di responsabilità, effettuato con la dichiarazione 23 luglio 1997, per l’operato illegittimo di cui trattasi.

    126    Ai punti 139 e 140 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, conseguentemente, tale punto di diritto riveste autorità di cosa giudicata, essendo stato effettivamente oggetto di pronuncia da parte del giudice dell’Unione.

    127    Tuttavia, come emerge dal punto 115 supra, la ricorrente deduce che, nelle cause sfociate nelle citate sentenze Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione nonché ThyssenKrupp/Commissione, essa si era limitata a dedurre la violazione dei diritti della difesa e che, conseguentemente, l’interpretazione del principio dell’autorità di cosa giudicata accolto dal Tribunale nella sentenza impugnata la priva della possibilità di dedurre motivi da essa non ancora fatti valere.

    128    A tal riguardo si deve rilevare che, al punto 51 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, il Tribunale stesso aveva rilevato che la ricorrente si era limitata a sostenere che non era stato «rispettato il suo diritto di essere sentita in merito ai comportamenti ascritti alla Thyssen Stahl» e che essa aveva «accettato di assumere, in quanto acquirente, la responsabilità delle infrazioni eventualmente commesse dalla [Thyssen Stahl]». Al successivo punto 62 della sentenza medesima, il Tribunale ha sottolineato che il trasferimento, per mezzo della dichiarazione 23 luglio 1997, della responsabilità della Thyssen Stahl alla ricorrente non era contestato.

    129    Ciò premesso, si deve necessariamente rilevare che la legittimità del trasferimento della responsabilità operato con la dichiarazione 23 luglio 1997 non costituiva oggetto della controversia da cui è scaturita la citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione.

    130    Infatti, alla luce degli argomenti dedotti dinanzi al Tribunale in tale causa, il compito di quest’ultimo si limitava a valutare se la ricorrente avesse o meno rinunciato, con la dichiarazione 23 luglio 1997, al proprio diritto ad essere sentita specificamente in merito all’illegittimo comportamento della Thyssen Stahl.

    131    Se è pur vero che, nell’ambito di tale valutazione, il Tribunale doveva determinare il contenuto di tale dichiarazione e poteva, quindi, rilevare che essa era volta ad operare tale trasferimento di responsabilità, non competeva peraltro al medesimo pronunciarsi sulla legittimità di tale operazione, salvo statuire, eventualmente, ultra petita.

    132    Ne consegue che, considerato che la legittimità di tale trasferimento di responsabilità per mezzo della dichiarazione 23 luglio 1997 non è stata dedotta dinanzi al Tribunale, il rilievo effettuato al punto 62 della menzionata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione costituisce un obiter dictum pronunciato al di là dei limiti della controversia sottoposta al Tribunale e non ha quindi risolto, né effettivamente né necessariamente, un punto di diritto. Tale rilievo non può, quindi, rivestire autorità di cosa giudicata.

    133    Ai punti 96 e 102-106 supra è stato inoltre rilevato che né l’impugnazione della ricorrente né l’impugnazione incidentale della Commissione, da cui è scaturita la citata sentenza ThyssenKrupp/Commissione, vertevano sulla questione della legittimità del trasferimento di responsabilità operato per mezzo della dichiarazione 23 luglio 1997. Pertanto, a tutt’oggi, la Corte non si è pronunciata su tale punto di diritto.

    134    Alla luce di tali considerazioni, si deve dichiarare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove ha affermato, ai punti 139‑145 della sentenza impugnata, che le valutazioni dal medesimo effettuate in merito alla legittimità di detto trasferimento di responsabilità al punto 62 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, rivestivano autorità di cosa giudicata.

    135    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che, senza necessità di esaminare gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente, il primo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo di impugnazione dev’essere accolto.

    136    Si deve tuttavia rammentare che, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione deve essere respinta (sentenza 13 luglio 2000, causa C‑210/98 P, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. I‑5843, punto 58).

    137    A tal riguardo, si deve ricordare che il Tribunale, dichiarando, al punto 62 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, che la propria valutazione della legittimità del trasferimento di responsabilità di cui trattasi rivestiva autorità di cosa giudicata, ha respinto il quarto motivo dinanzi ad esso dedotto, riguardante la legittimità di tale trasferimento di responsabilità per mezzo della dichiarazione 23 luglio 1997.

    138    Ciò premesso, occorre esaminare il secondo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo di impugnazione che riprende, sostanzialmente, il quarto motivo fatto valere dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

    3.     Sul secondo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo e sul secondo capo del terzo motivo, relativi all’assenza di trasferimento di responsabilità risultante dalla dichiarazione 23 luglio 1997 ed alla violazione del «principio di precisione»

    a)     Argomenti delle parti

    139    Con il secondo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo, la ricorrente ricorda di aver fatto valere dinanzi al Tribunale che, conformemente alla giurisprudenza, essa non poteva essere considerata responsabile quale impresa succeduta nei diritti e negli obblighi della Thyssen Stahl, atteso che quest’ultima continuava ad esistere. Laddove il Tribunale le ha ascritto tale responsabilità sulla base della dichiarazione 23 luglio 1997, la ricorrente deduce di essersi limitata a dichiarare di accollarsi la responsabilità in materia civile delle passività della Thyssen Stahl e che tale dichiarazione – ammesso che trovi sempre applicazione, il che va invece escluso – non consentirebbe di imputarle la responsabilità risultante dalla disciplina delle ammende.

    140    La ricorrente precisa che la Commissione le aveva chiesto di effettuare una dichiarazione senza informarla del proprio intendimento di utilizzarla a sostegno del trasferimento della responsabilità per il pagamento dell’ammenda. Tale richiesta sarebbe intesa come riguardante unicamente la responsabilità civile. Al fine di porre termine all’erronea interpretazione di tale dichiarazione da parte della Commissione, la ricorrente avrebbe fatto trascrivere nel verbale di udienza dinanzi al Tribunale di revocare detta dichiarazione.

    141    In ogni caso, tale dichiarazione di natura privata, effettuata da un’impresa, non è idonea, a parere della ricorrente, a trasferire la responsabilità di un’infrazione in materia di intese, tenuto conto che l’ammenda costituisce una sanzione inflitta dai pubblici poteri in base alla legge, ivi compresa l’individuazione del soggetto sanzionato. In base al principio ius publicum privatorum pactis mutari non potest, né le autorità né le imprese potrebbero derogare all’obbligo legale del pagamento dell’ammenda per mezzo del trasferimento di responsabilità.

    142    Infine, con il secondo capo del terzo motivo, la ricorrente sostiene che, affermando che dalla decisione controversa emergerebbe che la Commissione aveva fondato la propria responsabilità sulla dichiarazione 23 luglio 1997, il Tribunale abbia violato il «principio di precisione», considerato che nella lex lata non sussisterebbe alcun elemento in base al quale una dichiarazione di natura privata, effettuata da un’impresa, potrebbe determinare un trasferimento della responsabilità per il pagamento di un’ammenda, e che non siano nemmeno definiti né la portata né i limiti di tale trasferimento.

    b)     Giudizio della Corte

    143    Secondo costante giurisprudenza, in linea di principio incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa di cui trattasi al momento in cui l’infrazione è stata commessa rispondere della medesima, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’impresa non era più posta sotto la sua responsabilità (sentenze 16 novembre 2000, causa C‑248/98 P, KNP BT/Commissione, Racc. pag. I‑9641, punto 71; causa C‑279/98 P, Cascades/Commissione, Racc. pag. I‑9693, punto 78; causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. I‑9925, punto 37, e causa C‑297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I‑10101, punto 27).

    144    Per quanto attiene alla questione relativa all’individuazione delle circostanze in presenza delle quali un ente che non sia l’autore dell’infrazione possa nondimeno essere sanzionato per questa, la Corte ha già avuto modo di precisare che rientra in tale ipotesi la situazione in cui l’ente che abbia commesso un’infrazione abbia cessato di esistere giuridicamente o economicamente, atteso che una sanzione inflitta ad un’impresa che non eserciti più attività economiche rischia di essere priva di effetto dissuasivo (sentenza 11 dicembre 2007, causa C‑280/06, ETI e a., Racc. pag. I‑10893, punto 40).

    145    Nella specie, da un lato, è pacifico che, all’epoca dei fatti, l’ente cui l’illegittimo comportamento controverso è stato ascritto faceva parte della Thyssen Stahl ed operava sotto il controllo di questa. Dall’altro, non è contestato che, alla data di adozione della decisione controversa, la Thyssen Stahl continuasse tanto ad esistere giuridicamente quanto ad esercitare attività economiche. Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza rammentata supra ai punti 143 e 144, la Commissione era tenuta, in linea di principio, ad infliggere l’ammenda de qua alla Thyssen Stahl.

    146    A tal riguardo, dal fascicolo emerge che i procedimenti avviati dalla Commissione in considerazione dell’illegittimo comportamento di cui trattasi riguardavano inizialmente la Thyssen Stahl e che, anche a seguito del trasferimento dell’ente interessato alla ricorrente, la Commissione ha continuato a perseguire, per tale operato, la Thyssen Stahl.

    147    La Commissione ha precisato che, a seguito del trasferimento alla ricorrente di tale ente, sia la ricorrente sia la Thyssen Stahl avevano insistito nei suoi confronti affinché il procedimento fosse diretto unicamente contro la ricorrente. Orbene, la Commissione avrebbe ritenuto possibile un’archiviazione dei procedimenti avviati nei confronti della Thyssen Stahl solo nel caso in cui la ricorrente si fosse accollata la responsabilità dell’infrazione per iscritto.

    148    Come risulta dal tenore stesso della dichiarazione 23 luglio 1997, menzionata supra al punto 15, la ricorrente ha effettuato tale dichiarazione in risposta alla richiesta di accollo, per iscritto, della responsabilità dell’illegittimo comportamento contestato alla Thyssen Stahl. Infatti, tale dichiarazione, come risulta dal suo stesso tenore, da un lato, è stata effettuata, al tempo stesso, riguardo al procedimento relativo alle azioni avviate contro l’intesa de qua e su richiesta della Commissione e, dall’altro, riguardava la responsabilità della ricorrente a seguito del trasferimento del settore di attività di cui trattasi, in considerazione degli atti compiuti dalla Thyssen Stahl.

    149    In considerazione di tale tenore, le affermazioni della ricorrente, secondo cui la Commissione le avrebbe richiesto di effettuare una dichiarazione senza informarla della sua intenzione di utilizzare la dichiarazione stessa a sostegno del trasferimento della responsabilità del pagamento dell’ammenda, ragion per cui tale richiesta sarebbe stata intesa nel senso che avrebbe riguardato unicamente la responsabilità civile, devono essere respinte. Si deve infatti necessariamente rilevare che, con tale dichiarazione, la ricorrente aveva espressamente confermato di voler assumere, in quanto impresa che proseguiva le attività economiche oggetto dell’intesa, la responsabilità del comportamento illegittimo ai fini dell’ammenda che la Commissione poteva infliggere nell’ambito dei procedimenti avviati contro l’intesa medesima.

    150    A tale riguardo, si deve sottolineare che, ciò premesso, la conseguenza giuridica del trasferimento di responsabilità che la ricorrente si è accollata con la dichiarazione 23 luglio 1997 era, contrariamente a quanto essa pretende, del tutto precisa e prevedibile.

    151    Dagli atti emerge inoltre, da un lato, che la Commissione si è basata su tale dichiarazione per infliggere alla ricorrente l’ammenda di cui, in linea di principio, la Thyssen Stahl era passibile e, dall’altro, che, nel proprio ricorso avverso la decisione iniziale, la ricorrente non ha né contestato tale operazione giuridica della Commissione né messo in discussione, nell’impugnazione diretta contro la menzionata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, l’accertamento effettuato dal Tribunale al punto 62 di detta sentenza, secondo cui, alla luce di tale dichiarazione, la Commissione era eccezionalmente legittimata ad ascriverle la responsabilità dell’illegittimo comportamento della Thyssen Stahl.

    152    Infatti, come dedotto dalla Commissione, risulta che la ricorrente ha sostenuto di non aver assunto, con la dichiarazione 23 luglio 1997, la responsabilità dell’illegittimo comportamento della Thyssen Stahl, per la prima volta nella risposta alla comunicazione degli addebiti effettuata nell’ambito del procedimento sfociato nella decisione controversa e, dunque, in una fase in cui la prescrizione delle azioni relative al comportamento illegittimo era maturata nei confronti della Thyssen Stahl. Inoltre, la ricorrente ha dichiarato di voler revocare tale dichiarazione per la prima volta all’udienza dinanzi al Tribunale nel procedimento sfociato nella sentenza impugnata.

    153    Alla luce di tali particolari e specifiche circostanze della specie, vale a dire, in primo luogo, la cessione alla ricorrente dell’ente appartenente alla Thyssen Stahl operante sul mercato dei prodotti piatti in acciaio inossidabile, in secondo luogo, la dichiarazione 23 luglio 1997, con cui la ricorrente ha espressamente confermato alla Commissione di volersi accollare, in quanto acquirente di tale ente, la responsabilità del comportamento illegittimo ai fini dell’ammenda che la Commissione poteva infliggere e, in terzo luogo, la circostanza che la ricorrente non si è opposta, benché ne abbia avuto modo in varie occasioni, all’interpretazione di tale dichiarazione accolta dalla Commissione prima che, nei confronti della Thyssen Stahl, maturasse la prescrizione delle azioni per l’illecito comportamento tenuto, si deve ritenere che la Commissione poteva imputare alla ricorrente la responsabilità del comportamento contestato alla Thyssen Stahl ed infliggerle l’ammenda de qua.

    154    Si deve peraltro rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la revoca della dichiarazione 23 luglio 1997 non era più possibile in sede di udienza dinanzi al Tribunale. Infatti, il contenuto di tale dichiarazione, diretto a consentire alla Commissione di infliggere l’ammenda alla ricorrente piuttosto che alla Thyssen Stahl, escludeva tale possibilità in un momento in cui la Commissione, sulla base di tale dichiarazione, aveva effettivamente irrogato, con l’adozione della decisione controversa, un’ammenda alla ricorrente.

    155    A tal riguardo, si deve precisare che la conseguente irrevocabilità della dichiarazione 23 luglio 1997 non impedisce alla ricorrente di contestare, mediante ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione, l’interpretazione del contenuto di tale dichiarazione, come emerge dai punti 64‑66 della citata sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, o il riconoscimento esplicito o implicito di elementi di fatto o di diritto durante il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, non potendo questo limitare l’esercizio stesso del diritto di proporre ricorso dinanzi al Tribunale, diritto attribuito alle persone fisiche o giuridiche dall’art. 230, quarto comma, CE (sentenza 1° luglio 2010, causa C‑407/08 P, Knauf Gips/Commissione, Racc. pag. I‑6375, punto 90).

    156    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il secondo argomento dedotto a sostegno del secondo capo del secondo motivo di impugnazione, che riprende sostanzialmente il quarto motivo dedotto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale, ed il secondo capo del terzo motivo devono essere respinti.

    157    Ciò premesso, e tenuto conto del fatto che, qualora dalla motivazione della sentenza impugnata risulti una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della sentenza stessa appaia fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione dev’essere respinta (v., in tal senso, sentenza Salzgitter/Commissione, cit., punto 58), l’errore di diritto commesso dal Tribunale e rilevato supra al punto 134 resta privo di conseguenze nell’esame della presente impugnazione.

    C –  Sul quarto motivo, relativo alla violazione delle disposizioni in materia di prescrizione

    1.     Argomenti delle parti

    158    La ricorrente deduce che il Tribunale, respingendo, ai punti 193‑214 della sentenza impugnata, il suo settimo motivo, ha violato l’art. 1, n. 1, della decisione della Commissione 6 aprile 1978, n. 715/78/CECA, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 94, pag. 22).

    159    La ricorrente ritiene che, atteso che tale disposizione prevede la prescrizione delle azioni cinque anni dopo la cessazione dell’infrazione e che l’infrazione de qua è cessata il 31 dicembre 1994 con il trasferimento dell’attività della Thyssen Stahl di cui essa ha beneficiato, l’infrazione si fosse prescritta nel 1999. Essa aggiunge che, se la data di tale cessazione venisse fissata alla data alla quale gli altri partecipanti hanno cessato l’infrazione, vale a dire, nel corso dell’anno 1998, la prescrizione sarebbe maturata durante il 2003. La ricorrente precisa che ciò varrebbe anche in caso di applicazione dell’art. 25 del regolamento n. 1/2003 o del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1).

    160    La ricorrente sostiene che nei confronti della Thyssen Stahl non è intervenuto alcun atto di interruzione della prescrizione previsto dall’art. 2 della decisione n. 715/78. Inoltre, la prescrizione non sarebbe stata sospesa per effetto dell’art. 3 di tale decisione, considerato che la Thyssen Stahl non ha proposto ricorso avverso la decisione iniziale e che il ricorso proposto dalla ricorrente non comportava una sospensione della prescrizione nei confronti della Thyssen Stahl, atteso che la sospensione produrrebbe effetti solamente inter partes.

    161    Laddove il Tribunale avrebbe ritenuto che la sospensione della prescrizione dovesse essere valutata in relazione alla ricorrente, atteso che quest’ultima avrebbe dovuto essere considerata, alla luce della dichiarazione 23 luglio 1997, autrice stessa dell’infrazione di cui trattasi, la ricorrente medesima rammenta che, a suo parere, la responsabilità ascrittale non è una responsabilità del genere di quella incorsa da un’impresa che sia succeduta ad un’altra impresa ma, tutt’al più, una responsabilità di carattere sostitutivo. Orbene, l’infrazione commessa dalla Thyssen Stahl costituirebbe un’infrazione distinta la cui responsabilità sarebbe stata successivamente trasferita alla ricorrente.

    162    A tal riguardo, la ricorrente osserva che il Tribunale stesso ha rilevato che l’accollo della responsabilità da parte della Thyssen Stahl per effetto della dichiarazione 23 luglio 1997 non consentiva di considerare le due infrazioni, quella commessa dalla ricorrente medesima e quella commessa dalla Thyssen Stahl, quale infrazione unica. Essa ne trae la conclusione che, per quanto attiene alla prescrizione, non può nemmeno ritenersi che le due infrazioni costituiscano un’infrazione unica i cui effetti giuridici dipenderebbero unicamente dagli atti procedurali da essa compiuti.

    163    Il riferimento operato dal Tribunale alla sentenza 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä-Serla e a./Commissione (Racc. pag. I‑10065) è peraltro, a parere della ricorrente, inoperante, in quanto, nella causa sfociata in detta sentenza, la Corte doveva pronunciarsi sulla possibilità di imporre in solido un’ammenda a due imprese in considerazione dell’esistenza tra di esse di un’unica entità economica. Orbene, tali circostanze non presenterebbero alcun nesso con quelle della specie, riguardanti l’imputazione della responsabilità per effetto della sola dichiarazione 23 luglio 1997.

    164    Infine, anche ammesso che si potesse considerare la ricorrente stessa autrice dell’infrazione de qua, tale circostanza resterebbe priva di effetti riguardo alla prescrizione. Dalla giurisprudenza emergerebbe che, in materia di intese, il trasferimento della responsabilità presuppone che ad un soggetto venga attribuita la responsabilità per il comportamento anticoncorrenziale tenuto da un altro soggetto. La ricorrente ne trae la conclusione che, ancorché l’obbligo di versare l’ammenda sia stato trasferito, le conseguenze giuridiche derivanti da tale responsabilità per il comportamento altrui continuano a dipendere dagli atti procedurali dell’autore iniziale dell’infrazione.

    165    La ricorrente precisa che proprio per effetto di tale circostanza gli atti dell’autore iniziale dell’infrazione che consentono di escludere o ridurre la sua responsabilità, quali le domande di clemenza, vincolano e producono effetti sui terzi cui la responsabilità sia stata trasferita. Parimenti, se l’infrazione commessa da detto autore iniziale è prescritta nei suoi confronti, tale conseguenza giuridica non potrebbe essere esclusa in considerazione del trasferimento di responsabilità ad un terzo.

    2.     Giudizio della Corte

    166    Si deve rammentare, da un lato, che tanto l’art. 1, n. 1, della decisione n. 715/78 quanto l’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003 assoggettano il potere della Commissione di infliggere ammende per infrazioni alle disposizioni in materia di concorrenza ad un termine di prescrizione di cinque anni che decorre, ai sensi dell’art. 1, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 2, del regolamento n. 1/2003, dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa o sia cessata e che, per effetto degli artt. 2 e 3 della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, nn. 3‑6, del regolamento n. 1/2003, può essere interrotto e sospeso.

    167    Si deve rilevare, dall’altro, che la decisione controversa ha inflitto un’ammenda unicamente alla ricorrente. Ciò premesso, la prescrizione può essere valutata unicamente riguardo alla ricorrente stessa.

    168    In particolare, se è pur vero che correttamente la ricorrente rileva che taluni atti della Thyssen Stahl possono continuare a produrre effetti nei suoi confronti e che una prescrizione maturata nei confronti di tale impresa non può essere esclusa da un trasferimento di responsabilità, non ne consegue che la prescrizione debba essere valutata riguardo all’impresa medesima.

    169    Ne consegue che dev’essere respinto l’argomento della ricorrente, secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi sulla prescrizione in relazione alla Thyssen Stahl.

    170    Conseguentemente, considerato che la ricorrente non contesta il fatto che la Commissione abbia adottato la decisione iniziale nei suoi confronti entro il termine di prescrizione quinquennale e che essa non abbia dedotto alcun argomento riguardante errori in cui il Tribunale sarebbe incorso nella valutazione dei periodi di interruzione e di sospensione della prescrizione nei suoi confronti, il quarto motivo dev’essere respinto.

    D –  Sul quinto motivo, relativo alla violazione dei principi che disciplinano il calcolo dell’importo dell’ammenda

    1.     Argomenti delle parti

    171    La ricorrente sostiene che il Tribunale, respingendo, ai punti 295‑315 della sentenza impugnata, il decimo motivo, è incorso in una violazione della comunicazione sulla cooperazione. A suo parere, la sua totale cooperazione nel corso del procedimento avrebbe dovuto condurre ad un’ulteriore riduzione dell’ammenda, superiore a quella del 20% accolta in base al punto D della comunicazione medesima, in considerazione della sua cooperazione nell’ambito del procedimento sfociato nell’adozione della decisione iniziale. A tal riguardo, la ricorrente sottolinea di aver riconosciuto la materialità dei fatti e la violazione dell’art. 65, n. 1, CA.

    172    L’argomento della ricorrente non potrebbe essere inficiato da alcuna delle considerazioni sulla base delle quali il Tribunale è giunto alla conclusione che il comportamento della ricorrente stessa non dimostrava un vero spirito di cooperazione.

    173    Quanto all’argomento secondo cui l’omessa contestazione dei fatti materiali non riguardava il periodo 1993/1994 e non presentava alcuna utilità, considerato che la ricorrente non ha riconosciuto la propria responsabilità risultante dall’infrazione commessa dalla Thyssen Stahl, da un lato, la ricorrente rileva di aver dedotto dinanzi al Tribunale che la propria mancata contestazione riguardava tale periodo. Dall’altro, essa deduce che la prova dell’infrazione di cui trattasi doveva essere fornita nell’ambito del secondo procedimento e che tale omessa contestazione ha, pertanto, facilitato il lavoro della Commissione, per quanto attiene alla prova dei fatti.

    174    Quanto alla considerazione secondo cui la ricorrente ha contestato il potere della Commissione di infliggere, successivamente al 23 luglio 2002, una sanzione ex art. 65, n. 1, CA, la ricorrente sottolinea che tale questione riguarda non la prova dei fatti, bensì una valutazione di natura giuridica e, pertanto, una questione di diritto. Orbene, considerato che la Commissione doveva, in ogni caso, effettuare una corretta valutazione giuridica dei fatti accertati, la contestazione o meno di tale valutazione da parte dei soggetti interessati non potrebbe presentare né svantaggi né utilità.

    175    Quanto alla circostanza secondo cui la ricorrente avrebbe negato per la prima volta dall’avvio del procedimento iniziale la validità della dichiarazione 23 luglio 1997, da un lato, la ricorrente rileva di non aver contestato l’esistenza di tale dichiarazione bensì di essersi limitata a difendere la valutazione giuridica, secondo cui tale dichiarazione non consentirebbe di imputarle la responsabilità per l’infrazione commessa dalla Thyssen Stahl. Dall’altro, essa afferma di aver sostenuto dinanzi al Tribunale, sin dal procedimento sfociato nella decisione iniziale, di aver fatto presente che tale dichiarazione non poteva essere interpretata nel senso di giustificare un trasferimento della responsabilità per il pagamento dell’ammenda.

    2.     Giudizio della Corte

    176    Dalla giurisprudenza emerge che una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione sulla cooperazione è giustificabile solo ove le informazioni fornite e il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua (sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 395).

    177    Si deve peraltro ricordare che, a norma degli artt. 229 CE e 31 del regolamento n. 1/2003, il Tribunale può eliminare, ridurre o aumentare l’ammenda o le penalità inflitte, atteso che statuisce con competenza anche nel merito sui ricorsi proposti avverso le decisioni con cui la Commissione ha fissato ammende o penalità.

    178    Pertanto, laddove il Tribunale ha affermato, ai punti 305‑314 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva correttamente ritenuto che la ricorrente non dovesse beneficiare di una riduzione supplementare dell’ammenda superiore al 20% già concesso, esso ha compiuto, nell’esercizio della propria competenza anche di merito, una valutazione in punto di fatto. Correttamente, quindi, la Commissione deduce che, con il motivo in esame, la ricorrente mette in discussione accertamenti di fatto e valutazioni di prove effettuate dal Tribunale.

    179    A tale riguardo, si deve rammentare che dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (sentenza 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 51, nonché ordinanza 29 settembre 2010, cause riunite C‑74/10 P e C‑75/10 P, EREF/Commissione, punto 41).

    180    La Corte ha parimenti precisato che la valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (sentenza 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 85, nonché ordinanza EREF/Commissione, cit., punto 42).

    181    Orbene, la ricorrente non ha dedotto alcun argomento idoneo a dimostrare uno snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale.

    182    Infatti, per quanto attiene all’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la mancata contestazione dei fatti materiali non riguardasse il periodo 1993/1994, si deve rilevare che dai punti 306 e 307, primo periodo, della sentenza impugnata emerge che, nel secondo periodo di detto punto 307, il Tribunale non ha sostenuto che il punto 75 della risposta alla comunicazione degli addebiti non si estendesse a detto periodo, ma che tale punto 75 fosse insufficientemente specificato e chiaro per risultare utile alla Commissione.

    183    Inoltre, laddove la ricorrente deduce di aver sostenuto, sin dall’inizio del procedimento sfociato nella decisione iniziale, che la dichiarazione 23 luglio 1997 non poteva essere interpretata nel senso che giustificasse un trasferimento della responsabilità del pagamento dell’ammenda de qua, è stato già rilevato al punto 152 supra che ciò non è avvenuto.

    184    Ciò premesso, il quinto motivo dev’essere respinto.

    185    Ne consegue che l’impugnazione dev’essere respinta in toto.

    VII –  Sulle spese

    186    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che la Commissione ha chiesto la condanna della ricorrente e che quest’ultima è risultata soccombente, essa dev’essere condannata alle spese inerenti al giudizio di impugnazione.

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      L’impugnazione è respinta.

    2)      La ThyssenKrupp Nirosta GmbH è condannata alle spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

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