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Document 62021CJ0156
Judgment of the Court (Full Court) of 16 February 2022.#Hungary v European Parliament and Council of the European Union.#Action for annulment – Regulation (EU, Euratom) 2020/2092 – General regime of conditionality for the protection of the European Union budget – Protection of the Union budget in the case of breaches of the principles of the rule of law in the Member States – Legal basis – Article 322(1)(a) TFEU – Alleged circumvention of Article 7 TEU and Article 269 TFEU – Alleged infringements of Article 4(1), Article 5(2) and Article 13(2) TEU and of the principles of legal certainty, proportionality and equality of Member States before the Treaties.#Case C-156/21.
Sentenza della Corte (Seduta plenaria) del 16 febbraio 2022.
Ungheria contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 – Regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione europea – Protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri – Base giuridica – Articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE – Asserita elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE – Asserite violazioni dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché dei principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati.
Causa C-156/21.
Sentenza della Corte (Seduta plenaria) del 16 febbraio 2022.
Ungheria contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 – Regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione europea – Protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri – Base giuridica – Articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE – Asserita elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE – Asserite violazioni dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché dei principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati.
Causa C-156/21.
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:97
SENTENZA DELLA CORTE (Seduta Plenaria)
16 febbraio 2022 ( *1 )
Indice
I. Contesto normativo |
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A. Regolamento (CE) n. 1049/2001 |
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B. Regolamento interno del Consiglio |
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C. Linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio |
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D. Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 |
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E. Regolamento finanziario |
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II. Regolamento impugnato |
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III. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte |
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IV. Sulla domanda di non prendere in considerazione alcuni passaggi del ricorso dell’Ungheria e dell’allegato A.3 del medesimo |
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A. Argomenti delle parti |
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B. Giudizio della Corte |
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V. Sul ricorso |
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A. Sulle conclusioni principali dirette all’annullamento del regolamento impugnato nel suo complesso |
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1. Sui motivi di ricorso primo e secondo, vertenti sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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1) Sulla base giuridica del regolamento impugnato |
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2) Sull’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE |
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2. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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B. Sulle conclusioni, formulate in subordine, dirette all’annullamento parziale del regolamento impugnato |
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1. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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2. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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3. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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4. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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5. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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6. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato |
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a) Argomenti delle parti |
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b) Giudizio della Corte |
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VI. Sulle spese |
«Ricorso di annullamento – Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 – Regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione europea – Protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri – Base giuridica – Articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE – Asserita elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE – Asserite violazioni dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché dei principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati»
Nella causa C‑156/21,
avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto l’11 marzo 2021,
Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e M.M. Tátrai, in qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da:
Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti,
interveniente,
contro
Parlamento europeo, rappresentato da F. Drexler, R. Crowe, U. Rösslein, T. Lukácsi e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti,
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, E. Rebasti, A. Tamás e A. Sikora‑Kalėda, in qualità di agenti,
convenuti
sostenuti da:
Regno del Belgio, rappresentato da C. Pochet, M. Jacobs e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;
Regno di Danimarca, rappresentato inizialmente da M. Søndahl Wolff e J. NymannLindegren, e successivamente da M. Søndahl Wolff e V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti;
Repubblica federale di Germania, rappresentata da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;
Irlanda, rappresentata da M. Browne, J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da D. Fennelly, BL;
Regno di Spagna, rappresentato inizialmente da J. Rodríguez de la Rúa Puig e S. Centeno Huerta, e successivamente da J. Rodríguez de la Rúa Puig e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti;
Repubblica francese, rappresentata da A.‑L. Desjonquères, A.‑C. Drouant ed E. Leclerc, in qualità di agenti;
Granducato di Lussemburgo, rappresentato inizialmente da A. Germeaux e T. Uri, e successivamente da A. Germeaux, in qualità di agenti;
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;
Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo e S. Hartikainen, in qualità di agenti;
Regno di Svezia, rappresentato da O. Simonsson, J. Lundberg, C. Meyer‑Seitz, A. Runeskjöld, H. Shev, M. Salborn Hodgson, H. Eklinder e R. Shahsavan Eriksson, in qualità di agenti;
Commissione europea, rappresentata da D. Calleja Crespo, J.‑P. Keppenne, J. Baquero Cruz e A. Tokár, in qualità di agenti,
intervenienti
LA CORTE (Seduta Plenaria),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev (relatore), A. Prechal, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin, I. Jarukaitis, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi, A. Kumin, N. Wahl, D. Gratsias, M.L. Arastey Sahún, M. Gavalec e Z. Csehi, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona
cancellieri: M. Aleksejev, capo unità, e I. Illéssy, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 e del 12 ottobre 2021,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 dicembre 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con il suo ricorso, l’Ungheria chiede alla Corte di annullare, in via principale, il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (GU 2020, L 433I, pag. 1, e rettifica in GU 2021, L 373, pag. 94; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), e, in subordine, l’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera h), l’articolo 5, paragrafo 2 e paragrafo 3, frasi penultima e ultima, e l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del medesimo regolamento. |
I. Contesto normativo
A. Regolamento (CE) n. 1049/2001
2 |
L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), al paragrafo 1 prevede quanto segue: «Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento». |
3 |
Ai sensi dell’articolo 4 di tale regolamento: «(...) 2. Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue: (...)
(...) a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. 3. L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. L’accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, qualora la divulgazione del documento pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. (...) 5. Uno Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo. 6. Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. 7. Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. (...)». |
4 |
L’articolo 5 del medesimo regolamento così dispone: «Qualora uno Stato membro riceva una domanda di accesso a un documento in suo possesso, che provenga da un’istituzione, e non sia chiaro se il documento debba o non debba essere divulgato, lo Stato membro consulta l’istituzione in questione onde adottare una decisione che non metta in pericolo gli obiettivi del presente regolamento. In alternativa, lo Stato membro può deferire all’istituzione la domanda di accesso». |
B. Regolamento interno del Consiglio
5 |
Il 1o dicembre 2009, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2009/937/UE, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU 2009, L 325, pag. 35). L’articolo 6 di tale regolamento interno (in prosieguo: il «regolamento interno del Consiglio»), intitolato «Segreto professionale e produzione in giustizia dei documenti», al paragrafo 2 prevede quanto segue: «Il Consiglio o il [Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri (Coreper)] possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico in conformità delle disposizioni in materia di accesso del pubblico ai documenti». |
6 |
Ai sensi dell’articolo 10 di detto regolamento interno, intitolato «Accesso del pubblico ai documenti del Consiglio»: Le disposizioni specifiche riguardanti l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio figurano nell’allegato II». |
7 |
L’allegato II dello stesso regolamento interno, intitolato «Disposizioni specifiche riguardanti l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio», contiene un articolo 5, relativo alle «[d]omande deferite dagli Stati membri», il quale così recita: «Una domanda che sia deferita al Consiglio da uno Stato membro è trattata in conformità degli articoli 7 e 8 del [regolamento n. 1049/2001] e delle pertinenti disposizioni del presente allegato. In caso di rifiuto di accesso totale o parziale, si informa il richiedente che qualsiasi domanda di conferma deve essere indirizzata direttamente al Consiglio». |
C. Linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio
8 |
Con nota 7695/18, del 10 aprile 2018, il Consiglio ha approvato le linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. I punti 1, 2, 20 e 21 di tali linee guida sono del seguente tenore:
(...)
|
D. Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013
9 |
L’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), definisce, ai fini di quest’ultimo, gli «interessi finanziari dell’Unione» come «entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché quelli coperti dai bilanci delle istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati». |
E. Regolamento finanziario
10 |
Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), intitolato «Definizioni»: «Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: (...)
(...)
(...)
(...)». |
11 |
L’articolo 61 di tale regolamento, intitolato «Conflitto d’interessi», prevede quanto segue: «1. Gli agenti finanziari ai sensi del capo 4 del presente titolo e le altre persone, comprese le autorità nazionali a tutti i livelli, che partecipano all’esecuzione in regime di gestione diretta, indiretta e concorrente del bilancio, anche per quanto riguarda i relativi atti preparatori, all’audit o al controllo, non adottano azioni da cui possa derivare un conflitto tra i loro interessi e quelli dell’Unione. Essi adottano inoltre misure adeguate a prevenire l’insorgere di conflitti d’interessi nell’ambito delle funzioni poste sotto la loro responsabilità e per risolvere le situazioni che possono oggettivamente essere percepite come comportanti un conflitto d’interessi. 2. Laddove esista un rischio di conflitto d’interessi che coinvolga un membro del personale di un’autorità nazionale, la persona in questione ne informa il proprio superiore gerarchico. Qualora tale rischio sussista per un membro del personale statutario, la persona in questione ne informa l’ordinatore delegato competente. Il superiore gerarchico competente o l’ordinatore delegato conferma per iscritto se è accertata l’esistenza di un conflitto d’interessi. Laddove esista un conflitto d’interessi, l’autorità che ha il potere di nomina o l’autorità nazionale competente assicura che la persona in questione cessi ogni sua attività nella materia. L’ordinatore delegato o l’autorità nazionale competente assicura che sia intrapresa qualsiasi altra azione appropriata conformemente al diritto applicabile. 3. Ai fini del paragrafo 1, esiste un conflitto d’interessi quando l’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni di un agente finanziario o di un’altra persona di cui al paragrafo 1 è compromesso da motivi familiari, affettivi, da affinità politica o nazionale, da interesse economico o da qualsiasi altro interesse personale diretto o indiretto». |
12 |
L’articolo 62 di detto regolamento, intitolato «Metodi di esecuzione del bilancio», al paragrafo 1, primo comma, così dispone: «1. «La Commissione esegue il bilancio secondo uno dei metodi seguenti:
(...)». |
13 |
L’articolo 63 del medesimo regolamento, intitolato «Gestione concorrente con gli Stati membri», ai paragrafi 2 e 8 stabilisce quanto segue: «2. Nell’espletare le funzioni connesse all’esecuzione del bilancio, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie, comprese misure legislative, regolamentari e amministrative, per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, vale a dire:
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, nel rispetto del principio di proporzionalità e in conformità del presente articolo, nonché della normativa settoriale pertinente, gli Stati membri effettuano controlli ex ante ed ex post, comprese, se opportuno, verifiche sul posto su campioni di operazioni rappresentativi e/o basati sul rischio. Essi recuperano inoltre i fondi versati indebitamente e, se necessario, avviano azioni legali a tale riguardo. Gli Stati membri irrogano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive ai destinatari ove previsto dalla normativa settoriale o da disposizioni specifiche del diritto nazionale. Nell’ambito della sua valutazione del rischio e in conformità della normativa settoriale, la Commissione sorveglia i sistemi di gestione e di controllo istituiti negli Stati membri. Nell’ambito della sua attività di audit, la Commissione rispetta il principio di proporzionalità e tiene conto del livello di rischio valutato in conformità della normativa settoriale. (...) 8. Al fine di garantire che i fondi dell’Unione siano utilizzati in conformità delle norme applicabili, la Commissione:
La Commissione pone fine integralmente o parzialmente all’interruzione dei termini di pagamento o alla sospensione dei pagamenti dopo che uno Stato membro ha presentato le proprie osservazioni e non appena ha adottato le misure necessarie. La relazione annuale di attività di cui all’articolo 74, paragrafo 9, comprende tutti gli obblighi previsti dal presente paragrafo». |
14 |
L’articolo 129 del regolamento finanziario, intitolato «Cooperazione finalizzata a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione», prevede quanto segue: «1. Ogni persona o entità che riceve fondi dell’Unione coopera pienamente alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione e concede, come condizione per ricevere tali fondi, i diritti necessari e l’accesso di cui hanno bisogno l’ordinatore responsabile, l’EPPO rispetto a quegli Stati membri che partecipano a una cooperazione rafforzata (...), l’OLAF, la Corte dei conti e, se del caso, le competenti autorità nazionali, per esercitare integralmente le rispettive competenze. Nel caso dell’OLAF, tali diritti comprendono il diritto di effettuare indagini, anche attraverso controlli e verifiche sul posto, in conformità del regolamento [sulle indagini svolte dall’OLAF]. 2. Ogni persona o entità che riceve fondi dell’Unione in regime di gestione diretta e indiretta accetta per iscritto di concedere i diritti necessari di cui al paragrafo 1 e garantisce che i terzi coinvolti nell’esecuzione dei fondi dell’Unione concedano diritti equivalenti». |
15 |
Ai sensi dell’articolo 131 del regolamento finanziario, intitolato «Sospensione, risoluzione e riduzione»: «1. Qualora una procedura di aggiudicazione o di attribuzione risulti inficiata da irregolarità o frodi, l’ordinatore responsabile la sospende e può adottare ogni misura necessaria, incluso l’annullamento della procedura stessa. L’ordinatore responsabile informa immediatamente l’OLAF in merito a sospetti casi di frode. (...) 3. L’ordinatore responsabile può sospendere i pagamenti o l’esecuzione dell’impegno giuridico qualora: (...)
(...)». |
16 |
L’articolo 135 dello stesso regolamento, intitolato «Tutela degli interessi finanziari dell’Unione attraverso l’individuazione dei rischi, l’esclusione e l’irrogazione di sanzioni pecuniarie», così dispone: «1. Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione istituisce e gestisce un sistema di individuazione precoce e di esclusione. Tale sistema mira a facilitare:
(...) 3. La decisione di registrare le informazioni relative a un’individuazione precoce dei rischi di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del presente articolo, di escludere persone o entità di cui al paragrafo 2 e/o di irrogare una sanzione pecuniaria nei confronti di un destinatario è adottata dall’ordinatore responsabile. Le informazioni relative a tali decisioni sono registrate nella banca dati di cui all’articolo 142, paragrafo 1. Se tali decisioni sono adottate a norma dell’articolo 136, paragrafo 4, le informazioni registrate nella banca dati comprendono anche le informazioni relative alle persone di cui al detto paragrafo. 4. La decisione di escludere persone o entità di cui al paragrafo 2 del presente articolo o di irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti di un destinatario si basa su una sentenza definitiva o, nelle situazioni che danno luogo a esclusione di cui all’articolo 136, paragrafo 1, su una decisione amministrativa definitiva, oppure su una qualificazione giuridica preliminare da parte del comitato di cui all’articolo 143, nelle situazioni di cui all’articolo 136, paragrafo 2, al fine di garantire una valutazione centralizzata di dette situazioni. Nei casi di cui all’articolo 141, paragrafo 1, l’ordinatore responsabile dispone il rigetto di un partecipante nell’ambito di una determinata procedura di aggiudicazione o di attribuzione. Fatto salvo l’articolo 136, paragrafo 5, l’ordinatore responsabile può adottare una decisione di esclusione di un partecipante o destinatario e/o di irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti di un destinatario e una decisione di pubblicare le relative informazioni, sulla base di una qualificazione giuridica preliminare di cui all’articolo 136, paragrafo 2, solo dopo aver ottenuto una raccomandazione dal comitato di cui all’articolo 143». |
II. Regolamento impugnato
17 |
Dai visti del regolamento impugnato risulta che esso è stato adottato sulla base del «[T]rattato [FUE], in particolare [dell’]articolo 322, paragrafo 1, lettera a),» e del «[T]rattato [CEEA], in particolare [dell’]articolo 106 bis». |
18 |
I considerando 2, 3, da 5 a 10, da 12 a 16, da 18 a 20 e 26 del regolamento impugnato così recitano:
(...)
(...)
(...)
(...)
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19 |
L’articolo 1 del regolamento impugnato così dispone: «Il presente regolamento stabilisce le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri». |
20 |
Ai sensi dell’articolo 2 di tale regolamento: «Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
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21 |
L’articolo 3 del regolamento impugnato, intitolato «Violazioni dei principi dello Stato di diritto», prevede quanto segue: «Ai fini del presente regolamento, possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto:
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22 |
L’articolo 4 del medesimo regolamento, intitolato «Condizioni per l’adozione di misure», così recita «1. Sono adottate opportune misure qualora siano accertate, ai sensi dell’articolo 6, violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. 2. Ai fini del presente regolamento, una violazione dei principi dello Stato di diritto interessa uno o più dei seguenti aspetti:
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23 |
L’articolo 5 del regolamento succitato, intitolato «Misure di protezione del bilancio dell’Unione», ai paragrafi da 1 a 4 prevede quanto segue: «1. Purché siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 4 del presente regolamento, possono essere adottate una o più delle seguenti opportune misure secondo la procedura di cui all’articolo 6 del presente regolamento:
2. Salvo se altrimenti disposto nella decisione che adotta le misure, l’imposizione di opportune misure non pregiudica gli obblighi per i soggetti pubblici di cui al paragrafo 1, lettera a), o per gli Stati membri di cui al paragrafo 1, lettera b), di attuare il programma o il fondo interessati dalla misura e, in particolare, i loro obblighi nei confronti dei destinatari finali o dei beneficiari, compreso l’obbligo di effettuare i pagamenti a norma del presente regolamento e della normativa settoriale o finanziaria applicabile. Nell’esecuzione dei fondi dell’Unione in regime di gestione concorrente, gli Stati membri interessati dalle misure adottate a norma del presente regolamento riferiscono alla Commissione in merito al rispetto di tali obblighi ogni tre mesi a decorrere dall’adozione di tali misure. La Commissione verifica se è stato rispettato il diritto applicabile e, se necessario, adotta tutte le opportune misure per proteggere il bilancio dell’Unione, in conformità della normativa settoriale e finanziaria. 3. Le misure adottate sono proporzionate. Esse sono determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. La natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sono tenute in debita considerazione. Le misure riguardano, per quanto possibile, le azioni dell’Unione interessate dalle violazioni. 4. La Commissione fornisce informazioni e orientamenti a beneficio dei destinatari finali o dei beneficiari circa gli obblighi degli Stati membri di cui al paragrafo 2 attraverso un sito web o un portale internet. La Commissione fornisce altresì su detto sito web o portale internet gli strumenti adeguati per consentire ai destinatari finali o ai beneficiari di informare la Commissione in merito a qualsiasi violazione di tali obblighi che, secondo detti destinatari finali o beneficiari, li riguarda direttamente. Il presente paragrafo si applica in modo da garantire la protezione delle persone che segnalano le violazioni del diritto dell’Unione, in linea con i principi stabiliti dalla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU 2019, L 305, pag. 17)]. Le informazioni fornite dai destinatari finali o dai beneficiari in conformità del presente paragrafo sono corredate della prova che il destinatario o beneficiario finale interessato ha presentato una denuncia formale alla pertinente autorità dello Stato membro interessato». |
24 |
Ai sensi dell’articolo 6 dello stesso regolamento, intitolato «Procedura»: «1. Se conclude che vi sono motivi fondati per ritenere che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte, la Commissione, a meno che non ritenga che altre procedure previste dalla legislazione dell’Unione le consentano di proteggere più efficacemente il bilancio dell’Unione, trasmette allo Stato membro interessato una notifica scritta in cui espone gli elementi di fatto e i motivi specifici sui quali ha fondato la propria conclusione. La Commissione informa senza ritardo il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica e del contenuto della stessa. 2. Alla luce delle informazioni ricevute a norma del paragrafo 1, il Parlamento europeo può invitare la Commissione a un dialogo strutturato sulle sue conclusioni. 3. Nel valutare se le condizioni di cui all’articolo 4 sono soddisfatte, la Commissione tiene conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e altri enti riconosciuti. 4. La Commissione può richiedere tutte le informazioni supplementari che ritiene necessarie per effettuare la valutazione di cui al paragrafo 3, sia prima sia dopo aver trasmesso la notifica scritta di cui al paragrafo 1. 5. Lo Stato membro interessato fornisce le informazioni necessarie e può formulare osservazioni sulle conclusioni contenute nella notifica di cui al paragrafo 1 entro un termine stabilito dalla Commissione, che dev’essere di almeno un mese e non superiore a tre mesi dalla data di notifica delle conclusioni. Nelle sue osservazioni lo Stato membro può proporre l’adozione di misure correttive per tener conto delle conclusioni che figurano nella notifica della Commissione. 6. Al momento di decidere se presentare una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure, la Commissione tiene conto delle informazioni ricevute e delle eventuali osservazioni formulate dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle misure correttive proposte. La Commissione effettua la sua valutazione entro un termine indicativo di un mese a decorrere dal ricevimento di qualsiasi informazione da parte dello Stato membro interessato o delle sue osservazioni oppure, qualora non riceva informazioni o osservazioni, dalla scadenza del termine fissato conformemente al paragrafo 5 e, in ogni caso, entro un termine ragionevole. 7. Qualora la Commissione intenda formulare una proposta ai sensi del paragrafo 9, prima di farlo offre allo Stato membro la possibilità di presentare le proprie osservazioni, in particolare sulla proporzionalità delle misure previste, entro un mese. 8. Nel valutare la proporzionalità delle misure da imporre la Commissione tiene conto delle informazioni e degli orientamenti di cui al paragrafo 3. 9. Se la Commissione ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte e che le eventuali misure correttive proposte dallo Stato membro ai sensi del paragrafo 5 non tengano adeguatamente conto delle conclusioni contenute nella sua notifica, essa presenta al Consiglio una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure entro un mese dal ricevimento delle osservazioni dello Stato membro o, in assenza di osservazioni, senza indebito ritardo e in ogni caso entro un mese dal termine stabilito al paragrafo 7. La proposta espone i motivi specifici e gli elementi di prova su cui la Commissione ha fondato la propria conclusione. 10. Il Consiglio adotta la decisione di esecuzione di cui al paragrafo 9 del presente articolo entro un mese dal ricevimento della proposta della Commissione. Se si verificano circostanze eccezionali, il periodo per l’adozione di tale decisione di esecuzione può essere prorogato di due mesi al massimo. Al fine di garantire una decisione tempestiva, la Commissione esercita, qualora lo ritenga opportuno, i suoi diritti a norma dell’articolo 237 TFUE. 11. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare la proposta della Commissione e adottare il testo modificato mediante una decisione di esecuzione». |
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L’articolo 7 del regolamento impugnato, intitolato «Revoca delle misure», ai paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue: «1. In qualsiasi momento lo Stato membro interessato può adottare nuove misure correttive e presentare alla Commissione una notifica scritta comprensiva di elementi di prova per dimostrare che le condizioni di cui all’articolo 4 non sono più soddisfatte. 2. Su richiesta dello Stato membro interessato o di propria iniziativa e al più tardi un anno dopo l’adozione delle misure da parte del Consiglio, la Commissione riesamina la situazione nello Stato membro interessato, tenendo conto di tutti gli elementi di prova presentati dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle eventuali nuove misure correttive adottate dallo Stato membro interessato. Se ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 non siano più soddisfatte, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa alla revoca delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure sia stata parzialmente risolta, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa all’adeguamento delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure non sia stata risolta, la Commissione indirizza allo Stato membro interessato una decisione motivata e ne informa il Consiglio. Quando lo Stato membro interessato presenta una notifica scritta ai sensi del paragrafo 1, la Commissione presenta la sua proposta o adotta la sua decisione entro un mese dal ricevimento di tale notifica. Tale periodo può essere prorogato in circostanze debitamente giustificate, nel qual caso la Commissione informa senza ritardo lo Stato membro interessato dei motivi della proroga. Si applica per analogia la procedura di cui all’articolo 6, paragrafi 3, 4, 5, 6, 9, 10 e 11, a seconda dei casi». |
III. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
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L’Ungheria chiede che la Corte voglia:
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Inoltre, l’Ungheria ha chiesto alla Corte, ai sensi dell’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che la presente causa fosse giudicata in grande sezione. |
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Il Parlamento e il Consiglio chiedono che la Corte voglia respingere il ricorso e condannare l’Ungheria alle spese. |
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Con istanza del 12 maggio 2021, il Parlamento ha chiesto che la presente causa fosse trattata con procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 133 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno di tale istanza, il Parlamento ha sostenuto che l’adozione del regolamento impugnato costituiva una condizione politica essenziale per la sua approvazione del regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio, del 17 dicembre 2020, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021‑2027 (GU 2020, L 433I, pag. 11) e che, data l’emergenza economica, i fondi disponibili nell’ambito del piano per la ripresa COVID‑19 intitolato «Next Generation EU» dovranno essere messi a disposizione degli Stati membri entro termini estremamente brevi. Esso ha precisato al riguardo, in particolare, che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento 2020/2094, almeno il 60% degli impegni giuridici dovrà essere contratto entro il 31 dicembre 2022 e che la totalità degli impegni giuridici dovrà esserlo entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, il Parlamento ha sottolineato che, a seguito dell’entrata in vigore della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom (GU 2020, L 424, pag. 1), la Commissione lancerà dall’estate 2022 i suoi prestiti sui mercati dei capitali per finanziare il succitato piano per la ripresa. Secondo il Parlamento, il prestito e la messa a disposizione di fondi estremamente ingenti, in termini molto brevi, comporteranno inevitabilmente rischi per il bilancio dell’Unione che il regolamento impugnato mira a proteggere. Una simile protezione sarebbe importante, in quanto l’incapacità di proteggere efficacemente tale bilancio rischierebbe di comportare ripercussioni negative, in particolare per la solidarietà all’interno dell’Unione a lungo termine. |
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L’articolo 133, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su istanza del ricorrente o del convenuto, il presidente della Corte può decidere, sentiti la controparte, il giudice relatore e l’avvocato generale, di trattare una causa con procedimento accelerato quando la natura della controversia impone un suo rapido trattamento. |
31 |
Nel caso di specie, il 9 giugno 2021, il presidente della Corte ha deciso, sentiti le controparti, il giudice relatore e l’avvocato generale, di accogliere tale istanza. Tale decisione è stata motivata dall’importanza fondamentale della presente causa per l’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare in quanto essa riguarda le competenze dell’Unione a difendere il proprio bilancio e i propri interessi finanziari da pregiudizi che possono derivare da violazioni dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. |
32 |
Con decisione del presidente della Corte del 25 giugno 2021, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione sono stati autorizzati a intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio. |
33 |
Con decisione del presidente della Corte dello stesso giorno, la Repubblica di Polonia è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria. |
34 |
Con istanza dell’11 maggio 2021, il Consiglio ha chiesto alla Corte di non prendere in considerazione i passaggi del ricorso dell’Ungheria e dei suoi allegati, in particolare quelli del suo allegato A.3, che fanno riferimento al parere n. 13593/18 del servizio giuridico del Consiglio, del 25 ottobre 2018, concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri [(COM/2018) 324 final], all’origine del regolamento impugnato (in prosieguo: il «parere giuridico n. 13593/18»), o che riproducono il contenuto o il ragionamento di tale parere giuridico. Il 29 giugno 2021, la Corte ha deciso di rinviare l’esame di tale domanda al giudizio di merito. |
35 |
Il 7 settembre 2021, ritenendo che la presente causa rivesta un’importanza eccezionale, la Corte ha deciso, sentito l’avvocato generale, di rinviare la causa alla seduta plenaria, conformemente all’articolo 16, ultimo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. |
IV. Sulla domanda di non prendere in considerazione alcuni passaggi del ricorso dell’Ungheria e dell’allegato A.3 del medesimo
A. Argomenti delle parti
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A sostegno della sua domanda diretta a che non vengano presi in considerazione i punti 21, 22, 164 e 166 del ricorso dell’Ungheria nonché l’allegato A.3 del medesimo, nella parte in cui essi fanno riferimento al parere giuridico n. 13593/18, ne riproducono il contenuto o ne riflettono l’analisi, il Consiglio afferma che tale parere giuridico costituisce un documento interno non classificato recante il contrassegno «LIMITE». Pertanto, esso sarebbe coperto dal segreto professionale e la sua produzione in giustizia sarebbe subordinata alle condizioni previste segnatamente all’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio nonché ai punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. |
37 |
A norma dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento interno, solo il Consiglio o il Coreper possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico in conformità delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di accesso del pubblico ai documenti. Inoltre, conformemente ai punti 20 e 21 di tali linee guida, un documento «LIMITE» non deve essere reso pubblico a meno che una decisione in tal senso non sia stata presa da un funzionario del Consiglio debitamente autorizzato, dall’amministrazione nazionale di uno Stato membro, previa consultazione del SGC, o, se del caso, dal Consiglio, conformemente al regolamento n. 1049/2001 e al regolamento interno del Consiglio. |
38 |
Orbene, nel caso di specie, ad oggi, il Consiglio avrebbe reso pubblici, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, solo i primi otto punti del parere giuridico n. 13593/18 e non avrebbe autorizzato l’Ungheria a produrlo nell’ambito del presente procedimento giurisdizionale. |
39 |
Secondo una giurisprudenza costante della Corte e del Tribunale, sarebbe contrario all’interesse pubblico, secondo il quale le istituzioni devono poter fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di simili documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che detta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da tale giudice. |
40 |
Il Consiglio evidenzia che, se esso ha consentito solo parzialmente l’accesso al parere giuridico n. 13593/18 in seguito a domande fondate sul regolamento n. 1049/2001, ciò è dovuto, in particolare, al rischio che, nell’ambito di una controversia vertente sulla validità del regolamento impugnato, un ricorrente possa confrontarlo con gli argomenti espressi dal suo stesso servizio giuridico in detto parere giuridico, in violazione dei requisiti di un processo equo e della parità delle armi tra le parti di un procedimento giurisdizionale. Del resto, tali rischi si sarebbero concretizzati con la presentazione del ricorso in esame. |
41 |
Oltretutto, secondo il Consiglio, l’Ungheria ha sempre votato, sulla base di tali argomenti, a favore delle decisioni di diniego di accesso del pubblico al parere giuridico n. 13593/18. Se tale Stato membro avesse auspicato che tale parere giuridico fosse reso pubblico, esso avrebbe dovuto presentare una domanda in tal senso ai sensi del regolamento n. 1049/2001 o chiedere un’autorizzazione conformemente al regolamento interno del Consiglio e alle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. |
42 |
Il Consiglio sostiene che, se l’Ungheria fosse autorizzata ad avvalersi del parere giuridico n. 13593/18 nella presente causa, sebbene essa non abbia seguito la procedura prevista a tal fine e la questione non sia stata sottoposta a un controllo giurisdizionale effettivo, le procedure previste dal regolamento n. 1049/2001 e dal regolamento interno del Consiglio risulterebbero eluse. Esso richiama a tale proposito la costante giurisprudenza della Corte che accoglie le domande delle istituzioni volte a ottenere il ritiro dei loro documenti interni dal fascicolo di cui dispone la Corte quando esse non ne hanno autorizzato la produzione in giudizio, e ritiene che ne consegua che il parere giuridico n. 13593/18 non possa essere utilizzato nella presente causa. |
43 |
Inoltre, il Consiglio sostiene che, se fosse ammessa la produzione del parere giuridico n. 13593/18 nel presente procedimento, esso si vedrebbe costretto a effettuare valutazioni dinanzi al giudice dell’Unione su un parere destinato a un uso interno e reso dal suo stesso servizio giuridico nell’ambito dell’elaborazione del regolamento impugnato, il che violerebbe i requisiti di un processo equo e pregiudicherebbe la possibilità per il Consiglio di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. |
44 |
Infine, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che il parere giuridico n. 13593/18 sia stato divulgato senza autorizzazione del Consiglio sul sito Internet di un organo di stampa e che il suo contenuto sia stato così rivelato al pubblico sarebbe irrilevante ai fini di tali considerazioni. In più, il pregiudizio causato al Consiglio e alle istituzioni dell’Unione derivante dall’uso non autorizzato di tale parere giuridico nell’ambito del presente procedimento sarebbe di gran lunga maggiore rispetto a quello causato dalla pubblicazione di detto avviso giuridico sulla stampa. Infatti, consentire all’Ungheria di basarsi sullo stesso parere giuridico minaccerebbe l’interesse pubblico consistente nel fatto che le istituzioni possano beneficiare dei pareri dei loro servizi giuridici in piena indipendenza e vanificherebbe l’efficacia delle procedure volte alla tutela di tale interesse. |
45 |
L’Ungheria contesta gli argomenti del Consiglio. |
B. Giudizio della Corte
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Con i suoi argomenti, il Consiglio afferma in sostanza che l’Ungheria, avendo incluso, ai punti 21, 22, 164 e 166 del ricorso nonché nell’allegato A.3 del medesimo, riferimenti al parere giuridico n. 13593/18 e analisi del contenuto di quest’ultimo, in primo luogo, ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio; in secondo luogo, ha disatteso i punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio; in terzo luogo, ha violato il regolamento n. 1049/2001; in quarto luogo, ha disatteso l’interesse pubblico consistente nel fatto che il Consiglio possa fruire dei pareri del suo servizio giuridico, forniti in piena indipendenza; e, in quinto luogo, ha posto il Consiglio in una situazione tale da indurlo a pronunciarsi nel procedimento principale sulle analisi del suo stesso servizio giuridico, violando in tal modo il principio della parità delle armi. |
47 |
Per quanto attiene all’asserita violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio, occorre ricordare che, ai sensi di tale disposizione, «[i]l Consiglio o il Coreper possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico». |
48 |
A tale riguardo, occorre constatare, anzitutto, che il ricorso e l’allegato A.3 del medesimo fanno riferimento a punti del parere giuridico n. 13593/18 diversi dagli otto punti che il Consiglio ha reso pubblici a norma del regolamento n. 1049/2001, poi, che l’Ungheria non ha chiesto al Consiglio l’autorizzazione a produrre in giudizio una copia o estratti di tale parere giuridico e, infine, che tale Stato membro non ha allegato al suo ricorso una copia dello stesso parere giuridico. |
49 |
Pertanto, occorre stabilire se si debba ritenere che l’Ungheria, avendo menzionato nel suo ricorso e nell’allegato A.3 del medesimo alcuni passaggi del parere giuridico n. 13593/18, abbia prodotto in giustizia estratti di quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio. |
50 |
A tale riguardo, va rilevato che i punti 22 e 164 del ricorso e l’allegato A.3, commi dal secondo al settimo e nono, del medesimo contengono un’argomentazione propria dell’Ungheria, che tale Stato membro afferma riflettere l’analisi effettuata in tale parere giuridico, mentre i punti 21 e 166 del ricorso contengono, sempre nell’ambito di un’argomentazione propria dell’Ungheria, semplici riferimenti a detto parere giuridico. Pertanto, simili argomentazioni corredate di semplici affermazioni di concordanza con il parere giuridico n. 13593/18 e di riferimenti ad esso, di cui il Consiglio contesta oltretutto l’esattezza, non possono essere considerate estratti di tale parere giuridico. |
51 |
Si deve invece ritenere che l’allegato A.3 del ricorso, nei limiti in cui il suo quarto comma cita il parere giuridico n. 13593/18, contenga un «estratto» di tale parere giuridico, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio. Inoltre, la presentazione di un estratto del genere nell’allegato di un atto processuale costituisce una «produzione in giustizia», ai sensi della disposizione citata. |
52 |
Di conseguenza, l’Ungheria era tenuta, in linea di principio, in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio, a ottenere l’autorizzazione del Consiglio per poter produrre dinanzi alla Corte l’estratto del parere giuridico n. 13593/18 contenuto nell’allegato A.3 del ricorso. |
53 |
A tale riguardo, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta senz’altro, come rileva il Consiglio, che sarebbe contrario all’interesse pubblico che esige che le istituzioni possano fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di simili documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che detta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da tale giudice (ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 8 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 66). |
54 |
Infatti, con la produzione non autorizzata di un simile parere giuridico, il ricorrente pone, come sostiene il Consiglio, l’istituzione interessata, nel procedimento vertente sulla validità di un atto impugnato, di fronte a un parere emesso dal suo stesso servizio giuridico nell’ambito dell’elaborazione di tale atto. Orbene, in linea di principio, il fatto di ammettere che tale ricorrente possa versare agli atti un parere giuridico di un’istituzione la cui divulgazione non è stata autorizzata da quest’ultima viola i requisiti di un processo equo ed equivale ad aggirare la procedura di domanda di accesso a un tale documento, istituita dal regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 14 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 68). |
55 |
Tuttavia, occorre tener conto del principio di trasparenza, sancito all’articolo 1, secondo comma, e all’articolo 10, paragrafo 3, TUE nonché all’articolo 15, paragrafo 1, e all’articolo 298, paragrafo 1, TFUE, che consente, in particolare, di garantire una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 13 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, consentendo che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, la trasparenza contribuisce ad accrescere la fiducia di tali cittadini (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 75 e giurisprudenza ivi citata). |
56 |
È vero che solo in via eccezionale il principio di trasparenza può giustificare la divulgazione nell’ambito di un procedimento giurisdizionale di un documento di un’istituzione che non è stato reso accessibile al pubblico e che contiene un parere giuridico. È per tale ragione che la Corte ha dichiarato che il mantenimento, nel fascicolo di una causa, di un documento contenente un parere giuridico di un’istituzione non è giustificato da alcun interesse pubblico prevalente qualora, da un lato, tale parere giuridico non riguardi una procedura legislativa per la quale si impone una trasparenza accresciuta e, dall’altro, l’interesse di tale mantenimento consista soltanto, per lo Stato membro interessato, nell’essere in grado di avvalersi di detto parere giuridico nell’ambito di una controversia. Invero, secondo la Corte, la produzione di un simile parere giuridico appare guidata dagli interessi propri del ricorrente a suffragare la propria argomentazione, e non da un qualsivoglia interesse pubblico prevalente, come quello di rendere pubblica la procedura che ha portato all’atto impugnato (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto18, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 71). |
57 |
Nel caso di specie, occorre constatare che, a differenza delle cause che hanno dato origine alla giurisprudenza citata al punto precedente, il parere giuridico n. 13593/18 riguarda una procedura legislativa. |
58 |
A tale riguardo, la Corte ha ritenuto che la divulgazione dei documenti contenenti un parere del servizio giuridico di un’istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative possa accrescere la trasparenza e l’apertura del processo legislativo e rafforzare il diritto dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Essa ne ha dedotto che non esiste un’esigenza generale di riservatezza connessa ai pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi a un processo legislativo e che il regolamento n. 1049/2001 impone, in linea di principio, l’obbligo di divulgarli (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 67 e 68). |
59 |
Infatti, proprio la trasparenza su tale punto, nel consentire che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, contribuisce a dissipare i dubbi nei cittadini non soltanto sulla legittimità di un atto legislativo isolato, ma anche sulla legittimità del processo legislativo nel suo complesso (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59), e contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e del rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 TUE e nella Carta, come ricorda il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001. |
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Tale trasparenza non impedisce tuttavia che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un determinato processo legislativo, ma avente contenuto particolarmente sensibile o portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito di tale processo legislativo, venga negata richiamandosi alla tutela della consulenza legale, nel qual caso l’istituzione interessata è tenuta a motivare il diniego in modo circostanziato (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 69). |
61 |
Orbene, nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 70 a 72 delle conclusioni, il Consiglio non ha dimostrato che il parere giuridico n. 13593/18 abbia un contenuto particolarmente sensibile o una portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito del relativo processo legislativo. |
62 |
Pertanto, né l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio né la giurisprudenza richiamata al punto 53 della presente sentenza ostavano a che l’Ungheria divulgasse in tutto o in parte tale parere giuridico nel suo ricorso. |
63 |
Tale constatazione non è inficiata dal fatto che l’Ungheria ha un interesse proprio a che i passaggi controversi del suo ricorso e dell’allegato A.3 del medesimo siano presi in considerazione dalla Corte. Invero, poiché il fatto che essi siano presi in considerazione è altresì idoneo a contribuire a dissipare i dubbi nei cittadini non soltanto sulla legittimità del regolamento impugnato, ma anche sulla legittimità del processo legislativo nel suo complesso, esso serve in ogni caso l’interesse pubblico prevalente ricordato ai punti 58 e 59 della presente sentenza. |
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Di conseguenza, e senza che sia necessario pronunciarsi separatamente sui motivi di ricorso relativi alla violazione dei punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio, del regolamento n. 1049/2001 e del principio della parità delle armi, non potendo tali motivi di ricorso, in ogni caso, essere accolti, in considerazione delle valutazioni di cui ai punti da 55 a 63 della presente sentenza, la domanda del Consiglio diretta a che non vengano presi in considerazione i passaggi del ricorso dell’Ungheria e dei suoi allegati, in particolare quelli di cui all’allegato A.3, nella parte in cui fanno riferimento al parere giuridico n. 13593/18, ne riproducono il contenuto o ne riflettono l’analisi, deve essere respinta in quanto infondata. |
V. Sul ricorso
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Con il suo ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, chiede, in via principale, l’annullamento del regolamento impugnato nel suo complesso e, in subordine, l’annullamento parziale dello stesso, ossia dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), dell’articolo 5, paragrafo 2, dell’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, e dell’articolo 6, paragrafi 3 e 8, di tale regolamento. |
A. Sulle conclusioni principali dirette all’annullamento del regolamento impugnato nel suo complesso
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A sostegno delle conclusioni principali dirette all’annullamento del regolamento impugnato nel suo complesso, l’Ungheria deduce tre motivi di ricorso. È opportuno esaminare, per primi e congiuntamente, i motivi di ricorso primo e secondo, vertenti, in sostanza, sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato. |
1. Sui motivi di ricorso primo e secondo, vertenti sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
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Con il primo motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, deduce la mancanza di base giuridica del regolamento impugnato. Essa ricorda al riguardo che l’articolo 322, paragrafo 1, lettere a) e b), TFUE autorizza il legislatore dell’Unione ad adottare, rispettivamente, «regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti» e «regole che organizzano il controllo della responsabilità degli agenti finanziari, in particolare degli ordinatori e dei contabili». Essa aggiunge che, a norma dell’articolo 322, paragrafo 2, TFUE, il Consiglio fissa le modalità e la procedura secondo le quali le entrate di bilancio previste dal regime delle risorse proprie dell’Unione sono messe a disposizione della Commissione e determina le misure da applicare per far fronte alle esigenze di tesoreria. |
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Tali disposizioni avrebbero già costituito, in tutto o in parte, la base giuridica di numerosi atti giuridici connessi effettivamente al bilancio annuale dell’Unione o al suo quadro finanziario pluriennale, quali il regolamento finanziario, il regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2020, che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all’epidemia di COVID‑19 (GU 2020, L 130, pag. 1), che consente l’applicazione di un tasso di cofinanziamento eccezionale nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento, o anche il regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse aggiuntive e le modalità di attuazione per fornire assistenza allo scopo di promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di COVID‑19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell’economia (GU 2020, L 437, pag. 30), che fissa regole di esecuzione al fine di promuovere il superamento degli effetti dovuti alla pandemia e prevede, in via eccezionale, risorse aggiuntive al fine di favorire la coesione sociale e la ripresa dell’economia. |
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In tal senso, quanto al regolamento finanziario, esso fisserebbe, nella sua prima parte, in modo generale e completo, i principi e le procedure per la formazione e l’attuazione del bilancio dell’Unione nonché per il controllo dei suoi fondi. Tali principi e tali procedure costituirebbero «regole finanziarie» che stabiliscono le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. Lo stesso varrebbe per i regolamenti 2020/558 e 2020/2221, le cui regole sarebbero effettivamente e direttamente connesse al bilancio dell’Unione, al quadro finanziario pluriennale e agli aiuti forniti provenienti dai diversi fondi dell’Unione. |
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Gli elementi essenziali delle disposizioni del regolamento impugnato, come la definizione della nozione di «Stato di diritto» o le forme possibili di violazione dei principi dello Stato di diritto, non potrebbero invece essere considerati oggettivamente regole finanziarie che stabiliscono le modalità relative all’esecuzione del bilancio, ai sensi di tale disposizione. L’inadeguatezza dell’articolo 322, paragrafo 1, TFUE quale base giuridica del regolamento in questione risulterebbe in particolare dal confronto tra le norme in materia di conflitto di interessi contenute rispettivamente in tale regolamento e nel regolamento finanziario. |
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A tale riguardo, dall’articolo 61 del regolamento finanziario emergerebbe che l’obbligo di evitare i conflitti di interessi si applica a tutti i metodi di esecuzione dei fondi dell’Unione, comprese le autorità degli Stati membri che agiscono nell’ambito dell’esecuzione di tali fondi, cosicché tali Stati sarebbero tenuti ad adottare una normativa adeguata in tal senso. A tal fine, il regolamento finanziario conterrebbe norme procedurali adeguate per porre fine a conflitti di interessi. |
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Orbene, dall’articolo 3, lettera b), del regolamento impugnato risulterebbe che il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse può essere indicativo di una violazione dei principi dello Stato di diritto, sebbene tale regolamento non stabilisca alcuna norma procedurale relativa alle misure che gli Stati membri potrebbero adottare al fine di prevenire simili conflitti o di porvi rimedio. Tale disposizione consentirebbe quindi l’adozione di misure nei confronti degli Stati membri sulla base di aspettative non precisate, che vanno al di là dei requisiti stabiliti nel regolamento finanziario. |
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Più in generale, l’Ungheria ritiene che le disposizioni del regolamento impugnato non possano essere considerate regole finanziarie che fissano una procedura per l’esecuzione del bilancio dell’Unione. Infatti, a norma del suo articolo 1, l’oggetto di tale regolamento sarebbe quello di stabilire le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. A tal fine, l’articolo 2 dello stesso regolamento definirebbe la nozione di «Stato di diritto» e l’articolo 3 del medesimo elencherebbe, a titolo indicativo, casi di violazioni dei principi dello Stato di diritto. Gli elementi essenziali del regolamento impugnato sarebbero quindi la definizione della nozione di «Stato di diritto» e delle forme possibili di violazione dello Stato di diritto. |
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Orbene, l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE non autorizzerebbe l’Unione a definire i casi in cui lo Stato di diritto è violato né a stabilire gli elementi costitutivi della nozione di «Stato di diritto». Pertanto, tale disposizione non costituirebbe una base giuridica che consenta di esaminare o di accertare violazioni dei principi dello Stato di diritto o di prevedere le conseguenze giuridiche riferibili a simili violazioni, poiché norme del genere non potrebbero essere considerate oggettivamente come regole finanziarie che stabiliscono le modalità relative all’esecuzione del bilancio. |
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Il solo fatto che le norme sostanziali e procedurali stabilite nel regolamento impugnato presentino un nesso con il bilancio dell’Unione non può essere sufficiente a qualificarle come «regole finanziarie», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, TFUE. Un’interpretazione della nozione di «regole finanziarie» talmente estensiva da comprendere le disposizioni del regolamento impugnato avrebbe l’effetto di estendere tale nozione alla quasi totalità del diritto dell’Unione e a parti molto ampie degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, poiché sarebbe difficile trovare una disposizione per la quale sia impossibile stabilire un effetto almeno indiretto su una risorsa di bilancio dell’Unione. |
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L’inadeguatezza della base giuridica del regolamento impugnato risulterebbe altresì dal fatto che il suo articolo 5, paragrafo 2, non contiene regole finanziarie che determinano la procedura di esecuzione del bilancio dell’Unione. Infatti, l’obbligo di continuare ad attuare un determinato programma dopo che sono state individuate irregolarità, infrazioni o carenze che compromettono la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari non rientrerebbe tra gli obblighi di controllo o di revisione contabile gravanti sugli Stati membri nell’esecuzione del bilancio a norma dell’articolo 317 TFUE e non deriverebbe neppure dalle regole finanziarie che stabiliscono le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti, previste all’articolo 322 TFUE, al fine di garantire il rispetto dei principi di bilancio e, in particolare, dei principi di sana gestione finanziaria, di trasparenza e di non discriminazione. |
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Regole finanziarie di tal genere non obbligherebbero gli Stati membri a continuare ad attuare un determinato programma dopo che sono state individuate simili irregolarità, infrazioni o carenze. Al contrario, l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE consentirebbe l’adozione di regole finanziarie, quali la sospensione dei pagamenti per un determinato programma, che sarebbero appunto destinate a garantire che lo Stato membro si conformi alle condizioni stabilite dalle pertinenti regole finanziarie al fine di garantire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione e la realizzazione effettiva degli obiettivi perseguiti nell’ambito del programma in questione. |
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Orbene, sarebbe in contrasto con la logica sottesa a tali regole finanziarie il fatto che regole finanziarie dell’Unione possano imporre a uno Stato membro di continuare ad attuare un programma anche se la Commissione ha accertato irregolarità relative all’attuazione di tale programma che arrecano pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione e al principio di sana gestione finanziaria o che compromettono la realizzazione degli obiettivi perseguiti. |
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Ne consegue, secondo l’Ungheria, che l’obiettivo perseguito dall’imposizione di un simile obbligo è non già di garantire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, bensì di sanzionare uno Stato membro in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto, il che sarebbe incompatibile con la base giuridica adottata. Inoltre, l’obbligo per uno Stato membro di finanziare interamente attraverso il proprio bilancio programmi per la definizione dei quali esso ha solo un margine di manovra circoscritto limiterebbe il suo diritto di utilizzare il proprio bilancio e stabilirebbe un requisito gravante non già sul bilancio dell’Unione, bensì su quello dello Stato membro interessato. |
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Con il secondo motivo di ricorso, l’Ungheria sostiene che il regolamento impugnato viola, anzitutto, l’articolo 7 TUE, poi, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 2, TUE e, infine, l’articolo 13, paragrafo 2, TUE e l’articolo 269 TFUE. |
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Essa afferma, in primo luogo, che l’articolo 7 TUE è l’unico articolo sulla base del quale può essere constatato il rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. Il regolamento impugnato istituirebbe, in un determinato settore, una procedura parallela avente la stessa finalità di quella prevista a tale articolo 7, in violazione di quest’ultimo. |
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Infatti, sotto un primo profilo, i trattati non prevedrebbero che l’articolo 7 TUE possa essere attuato mediante atti legislativi vertenti sulla constatazione di una violazione dei valori contenuti all’articolo 2 TUE e sulla determinazione delle conseguenze giuridiche di una simile violazione. |
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Sotto un secondo profilo, la procedura prevista dal regolamento impugnato implicherebbe che la Corte disponga della competenza a controllare le decisioni adottate dal Consiglio sulla base di tale regolamento e, pertanto, a valutare la violazione da parte di uno Stato membro dei principi dello Stato di diritto, anche laddove la normativa o la prassi nazionali all’origine di tale violazione non ricadano nella sfera del diritto dell’Unione e la Corte non sia, di conseguenza, competente a esaminarle. Il regolamento impugnato estenderebbe quindi, in violazione dei trattati ed eludendo, in particolare, le limitazioni previste all’articolo 269 TFUE, le competenze non soltanto del Consiglio e della Commissione, ma anche della Corte. |
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Sotto un terzo profilo, nel sistema dei trattati, solo l’articolo 7 TUE conferirebbe alle istituzioni dell’Unione la competenza a esaminare, constatare e, se del caso, sanzionare le violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro. |
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In maniera analoga a tale disposizione, il regolamento impugnato prevedrebbe che la Commissione debba pronunciarsi su tre elementi prima di presentare la propria proposta di decisione di esecuzione al Consiglio e che quest’ultimo debba successivamente pronunciarsi su ciascuno di tali elementi con tre decisioni in successione tra loro. La Commissione dovrebbe infatti, prima di tutto, constatare, conformemente agli articoli 3 e 4 di tale regolamento, una violazione dei principi dello Stato di diritto. Occorrerebbe poi accertare, alla luce dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento in questione, se tale violazione presenti un nesso sufficientemente stretto con il bilancio dell’Unione o con la tutela dei suoi interessi finanziari. Da ultimo, si dovrebbe stabilire se vada adottata, in forza dell’articolo 5 del medesimo regolamento, una decisione che determini le misure di protezione del bilancio dell’Unione ritenute necessarie. |
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Orbene, di queste tre decisioni, la prima e la terza rientrerebbero nell’ambito dell’articolo 7 TUE. Infatti, la constatazione di una violazione dei principi dello Stato di diritto, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, in combinato disposto con l’articolo 3 del medesimo, sarebbe sostanzialmente identica alla constatazione che spetta al Consiglio e al Consiglio europeo effettuare ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, TUE, mentre l’adozione delle misure ai sensi dell’articolo 5 di tale regolamento sarebbe un’opzione parallela a quella della sospensione di taluni diritti dello Stato membro interessato, prevista all’articolo 7, paragrafo 3, TUE, potendo tale sospensione riguardare le risorse di bilancio dovute allo Stato membro interessato. |
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Il fatto che le misure che possono essere adottate in forza del regolamento impugnato siano connesse alla violazione di uno dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE sarebbe avvalorato dall’articolo 5, paragrafo 3, e dall’articolo 6, paragrafo 8, di tale regolamento, da cui risulta che la natura, la durata, la gravità e la portata della violazione dei principi dello Stato di diritto nonché le fonti pertinenti devono essere tenute in debita considerazione nella valutazione della proporzionalità delle misure. Pertanto, sia la Commissione sia il Consiglio sarebbero tenuti a valutare in modo approfondito l’esistenza e la portata di una violazione del genere, laddove si potrebbe procedere a tale valutazione solo sulla base dell’articolo 7 TUE. |
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L’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, aggiunge che l’articolo 7 TUE prevede una procedura sanzionatoria di natura costituzionale diretta contro uno Stato membro in particolare. Inoltre, gli Stati membri, in quanto potere costituente, avrebbero stabilito esaustivamente tale procedura nel Trattato UE per via della dimensione politica dei settori rientranti in tale procedura, settori che non rientrerebbero necessariamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, come quelli relativi al funzionamento delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri. |
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Il carattere esclusivo della procedura prevista all’articolo 7 TUE per quanto riguarda la violazione dei principi dello Stato di diritto sarebbe confermato dai punti 18 e 24 del parere del servizio giuridico del Consiglio n. 10296/14, del 27 maggio 2014, relativo alla compatibilità con i trattati della comunicazione della Commissione intitolata «Un nuovo quadro dell’[Unione] per rafforzare lo Stato di diritto». Sebbene il regolamento impugnato tenti di collegare l’esame dell’eventuale esistenza di violazioni dei principi dello Stato di diritto all’esecuzione del bilancio dell’Unione, il suo obiettivo reale, quale risulterebbe dalla relazione della proposta della Commissione che ha portato all’adozione dello stesso regolamento, sarebbe quello di esaminare il rispetto dei principi dello Stato di diritto e di imporre sanzioni qualora si constati che uno Stato membro non rispetta tali principi. |
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In secondo luogo, l’Ungheria ritiene che il regolamento impugnato violi i principi di ripartizione e di attribuzione delle competenze, quali garantiti all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, in quanto esso consentirebbe alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame delle situazioni e delle istituzioni nazionali che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Da tale regolamento non emergerebbe infatti chiaramente che l’esame delle violazioni dei principi dello Stato di diritto è limitato ai settori che rientrano nella competenza dell’Unione, potendo oltretutto alcune delle situazioni esposte nei suoi articoli 3 e 4 riferirsi a violazioni che non sono limitate a tali settori. |
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Orbene, alla luce di tali principi di ripartizione e di attribuzione delle competenze, un simile esame al di fuori delle competenze dell’Unione sarebbe possibile solo ai fini di una disposizione di diritto primario, quale l’articolo 7 TUE, e secondo la procedura da essa stabilita. Il regolamento impugnato non potrebbe invece fondarsi su una simile disposizione di diritto primario, sicché si deve ritenere che tale regolamento istituisca una deroga al regime generale di ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri quale sancito nei trattati. Inoltre, mentre la procedura prevista all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, TUE riguarderebbe solo le situazioni che mostrano un rischio manifesto di violazione grave dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE e di una violazione grave e persistente di tali valori, la procedura prevista dal regolamento impugnato sarebbe applicabile anche qualora le violazioni asserite non siano né gravi né persistenti. |
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L’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, adduce infine che, sebbene l’esame effettuato a norma del regolamento impugnato possa presentare, sotto alcuni profili, un nesso con la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o con la tutela dei suoi interessi finanziari, ciò non significa tuttavia che le situazioni esaminate debbano necessariamente essere considerate come rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in forza di questo solo nesso. Essa sottolinea che l’analisi dell’esistenza di una violazione dello Stato di diritto avviene durante la prima fase dell’esame, mentre il nesso con il bilancio dell’Unione può essere accertato solo al termine della seconda fase. Il regolamento impugnato consentirebbe di conseguenza di constatare che uno Stato membro ha violato lo Stato di diritto in situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. |
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In terzo luogo, l’Ungheria sostiene che il regolamento impugnato lede l’equilibrio istituzionale quale stabilito all’articolo 7 e all’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché all’articolo 269 TFUE, come pure i diritti derivanti per lo Stato membro interessato dalla prima di tali disposizioni. |
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A tale riguardo, contrariamente all’articolo 7 TUE, il regolamento impugnato conferirebbe alla sola Commissione il diritto di iniziativa per far constatare una violazione dei principi dello Stato di diritto. Per il voto del Consiglio, esso richiederebbe una maggioranza diversa da quella prevista all’articolo 7 TUE. Inoltre, tale regolamento prevedrebbe soltanto un obbligo di informazione al Parlamento, al quale è invece riconosciuto un diritto di approvazione in forza dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, TUE, e non attribuirebbe alcuna competenza al Consiglio europeo. Poiché una decisione del Consiglio che prevede misure ai sensi del regolamento impugnato è adottata a maggioranza qualificata, la posizione procedurale dello Stato membro interessato risulterebbe indebolita, tenuto conto in particolare del fatto che, nell’ambito dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, TUE, l’adozione di misure in applicazione di tale disposizione presuppone una decisione del Consiglio europeo adottata all’unanimità. |
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Il regolamento impugnato risponderebbe quindi all’intento del legislatore dell’Unione, riflesso nella relazione della proposta della Commissione che ha portato all’adozione di tale regolamento, di fornire una via «più facile», «più rapida» e «più efficace» per constatare e sanzionare violazioni dei principi dello Stato di diritto. In tal modo, in deroga all’articolo 7 TUE, il regolamento in questione attribuirebbe nuove competenze al Consiglio, alla Commissione e alla Corte, consentendo in particolare a quest’ultima, in violazione dell’articolo 269 TFUE, di esaminare la fondatezza delle decisioni che constatano violazioni dei principi dello Stato di diritto. Di conseguenza, lo stesso regolamento contrasterebbe con l’espressa volontà degli Stati membri, quali autori dei trattati, di limitare la competenza della Corte a questioni procedurali in relazione a ricorsi riguardanti un atto adottato dal Consiglio europeo o dal Consiglio in forza dell’articolo 7 TUE. |
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Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
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Con i motivi di ricorso primo e secondo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, da un lato, che né l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE né nessun’altra disposizione del Trattato FUE potevano costituire una base giuridica adeguata per l’adozione del regolamento impugnato, in particolare dei suoi articoli da 2 a 4 e del suo articolo 5, paragrafo 2. Essa aggiunge, dall’altro lato, che la procedura istituita dal medesimo regolamento elude quella prevista all’articolo 7 TUE, la quale riveste peraltro carattere esclusivo per la protezione dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, e pregiudica la limitazione delle competenze della Corte prevista all’articolo 269 TFUE. |
1) Sulla base giuridica del regolamento impugnato
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In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, il Parlamento e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione della Corte dei conti, adottano mediante regolamenti «le regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti». |
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Orbene, simili regole sono volte a disciplinare l’insieme degli aspetti connessi all’esecuzione del bilancio dell’Unione di cui al titolo II, rubricato «Disposizioni finanziarie», della parte sesta del Trattato FUE, relativa alle «[d]isposizioni istituzionali e finanziarie», e, pertanto, tale esecuzione in senso ampio. |
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Infatti, oltre al fatto che l’articolo 322 TFUE è contenuto nel capo 5, intitolato «Disposizioni comuni», di tale titolo II, si deve rilevare che fanno riferimento a tale disposizione l’articolo 310, paragrafi 2 e 3, TFUE, contenuto nella parte introduttiva di detto titolo II, l’articolo 315, commi primo e secondo, e l’articolo 316, commi primo e secondo, TFUE, contenuti nel capo 3 dello stesso titolo II, rubricato «Bilancio annuale dell’Unione», nonché l’articolo 317 TFUE, contenuto nel capo 4 del medesimo titolo, rubricato «Esecuzione del bilancio e scarico». |
101 |
Orbene, gli articoli 310 e da 315 a 317 TFUE presentano tutti collegamenti con l’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
102 |
Invero, l’articolo 310 TFUE stabilisce, al paragrafo 1, che tutte le entrate e le spese dell’Unione devono costituire oggetto di previsioni per ciascun esercizio finanziario ed essere iscritte nel bilancio, e prevede, al paragrafo 3, che l’esecuzione di spese iscritte nel bilancio richiede l’adozione preliminare di un atto giuridicamente vincolante dell’Unione che dà fondamento giuridico alla sua azione e all’esecuzione della spesa corrispondente in conformità del regolamento di cui all’articolo 322 TFUE, fatte salve le eccezioni previste da quest’ultimo. Infine, tale articolo 310 richiede, al paragrafo 5, che detto bilancio sia eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria, e che gli Stati membri e l’Unione cooperino affinché gli stanziamenti ivi iscritti siano utilizzati secondo tale principio. |
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Per quanto riguarda l’articolo 315 TFUE, esso dispone, al primo comma, che, se, all’inizio dell’esercizio finanziario, il bilancio non è stato ancora definitivamente adottato, le spese possono essere effettuate mensilmente per capitolo, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE, nel limite di un dodicesimo degli stanziamenti aperti nel capitolo in questione del bilancio dell’esercizio precedente‚ senza poter superare il dodicesimo degli stanziamenti previsti nello stesso capitolo del progetto di bilancio. L’articolo 316 TFUE riguarda, dal canto suo, il riporto all’esercizio successivo di crediti inutilizzati alla fine di un esercizio finanziario. |
104 |
Quanto all’articolo 317 TFUE, esso dispone in particolare che la Commissione dà esecuzione al bilancio, in cooperazione con gli Stati membri, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE, sotto la propria responsabilità e nei limiti dei crediti stanziati, in conformità del principio della buona gestione finanziaria. Esso richiede altresì che gli Stati membri cooperino con la Commissione per garantire che gli stanziamenti siano utilizzati secondo tale principio e precisa che un regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE prevede gli obblighi di controllo e di revisione contabile degli Stati membri nell’esecuzione del bilancio e le responsabilità che ne derivano. |
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Ne consegue che le regole finanziarie che stabiliscono «in particolare le modalità relative all[’]»esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, letto alla luce delle disposizioni di cui al punto 101 della presente sentenza, comprendono non soltanto le regole che definiscono il modo in cui sono, in quanto tali, eseguite le spese iscritte in tale bilancio, ma anche, in particolare, le regole che stabiliscono gli obblighi di controllo e di revisione contabile incombenti agli Stati membri quando la Commissione dà esecuzione al bilancio in cooperazione con essi, nonché le responsabilità che ne derivano. In particolare, risulta chiaramente che tali regole finanziarie sono volte, segnatamente, a garantire il rispetto, nell’ambito dell’esecuzione del bilancio dell’Unione, del principio della sana gestione finanziaria, anche da parte degli Stati membri. |
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È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre verificare, nel caso di specie, se l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE potesse costituire la base giuridica adeguata per l’adozione del regolamento impugnato. |
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A tale riguardo, per costante giurisprudenza, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano la finalità e il contenuto di tale atto (sentenze del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 31; dell’8 dicembre 2020, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑620/18, EU:C:2020:1001, punto 38, e dell’8 dicembre 2020, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑626/18, EU:C:2020:1000, punto 43). |
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Inoltre, può essere preso in considerazione, per determinare la base giuridica appropriata, il contesto giuridico nel quale si inserisce una nuova normativa, in particolare in quanto un simile contesto può fornire chiarimenti quanto all’obiettivo perseguito da tale normativa (sentenze del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 32; dell’8 dicembre 2020, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑620/18, EU:C:2020:1001, punto 39, e dell’8 dicembre 2020, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑626/18, EU:C:2020:1000, punto 44). |
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Nel caso di specie, per quanto riguarda, anzitutto, la questione se il regolamento impugnato possa, in considerazione della sua finalità, poggiarsi sulla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che l’obiettivo ultimo di tale regolamento consiste nel consentire sia l’esame da parte della Commissione e del Consiglio del rispetto, da parte degli Stati membri, dei principi dello Stato di diritto sia l’applicazione, in caso di constatazione di violazioni di tali principi, di sanzioni mediante il bilancio dell’Unione, obiettivo che risulterebbe altresì dalla relazione che accompagna la proposta della Commissione che ha portato all’adozione del regolamento di cui trattasi. |
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A tale riguardo, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento impugnato, esso stabilisce «le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri». Dal tenore letterale di tale disposizione risulta quindi che tale regolamento mira a proteggere il bilancio dell’Unione dai pregiudizi che possono derivare a quest’ultimo da violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. |
111 |
In secondo luogo, da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato risulta che la procedura prevista ai fini dell’adozione di «opportune misure» di protezione del bilancio dell’Unione può essere avviata dalla Commissione solo qualora tale istituzione concluda che sussistono motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si verifichino violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
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In più, dall’articolo 5, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento risulta che tali opportune misure consistono, essenzialmente, in sospensioni dei pagamenti, dell’esecuzione di impegni giuridici, dell’erogazione di versamenti, di un vantaggio economico nell’ambito di uno strumento garantito, dell’approvazione di programmi o di impegni, in risoluzioni di impegni giuridici, in divieti di assumere nuovi impegni giuridici o di concludere nuovi accordi, in rimborsi anticipati di prestiti garantiti, in riduzioni di un vantaggio economico nell’ambito di uno strumento garantito, di impegni o di prefinanziamenti, e in interruzioni dei termini di pagamento, e che esse devono essere proporzionate, vale a dire limitate a quanto è strettamente necessario alla luce dell’impatto effettivo o potenziale di violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
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Inoltre, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento impugnato, la Commissione propone al Consiglio la revoca delle misure adottate qualora le condizioni previste all’articolo 4 dello stesso regolamento non siano più soddisfatte e, pertanto, in particolare qualora la sana gestione del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari non risultino più compromesse o non rischino più seriamente di essere compromesse, sicché, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 185 delle conclusioni, tali misure devono essere revocate quando cessa l’impatto sull’esecuzione del bilancio, ancorché possano persistere le violazioni dei principi dello Stato di diritto che sono state constatate. |
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Orbene, i tipi di misure che possono essere adottate, i criteri relativi alla scelta e alla portata delle stesse e le condizioni per l’adozione e la revoca di dette misure, in quanto si ricollegano tutti a un pregiudizio o a un rischio serio di pregiudizio per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, avvalorano la constatazione secondo cui il regolamento impugnato ha la finalità di proteggere il bilancio dell’Unione nel corso della sua esecuzione. |
115 |
Inoltre, dal tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato, letto alla luce del paragrafo 4 dello stesso articolo e del considerando 19 di tale regolamento, risulta che tale disposizione mira non già, come vorrebbe l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, a sanzionare uno Stato membro per la violazione di un principio dello Stato di diritto, bensì a tutelare i legittimi interessi dei destinatari finali e dei beneficiari nel caso in cui siano adottate opportune misure in forza di detto regolamento nei confronti di uno Stato membro. Tale disposizione stabilisce quindi le conseguenze di simili misure nei confronti dei terzi. Pertanto, la suddetta disposizione non è idonea a suffragare l’affermazione secondo cui il regolamento impugnato mirerebbe, anziché a proteggere il bilancio dell’Unione, a sanzionare, in quanto tali, violazioni dello Stato di diritto in uno Stato membro. |
116 |
In terzo luogo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 130 delle conclusioni, i considerando del regolamento impugnato corroborano la finalità perseguita da tale regolamento, quale risulta dal suo articolo 1, consistente nel proteggere il bilancio dell’Unione. Infatti, i considerando 2 e da 7 a 9 di detto regolamento indicano, in particolare, che il Consiglio europeo ha affermato che gli interessi finanziari dell’Unione devono essere tutelati in conformità dei valori di cui all’articolo 2 TUE; che, quando gli Stati membri eseguono il bilancio dell’Unione, il rispetto dello Stato di diritto è un presupposto essenziale per il rispetto dei principi di una sana gestione finanziaria, sanciti nell’articolo 317 TFUE; che gli Stati membri possono garantire una sana gestione finanziaria solo se le loro autorità pubbliche agiscono in conformità della legge, se le violazioni del diritto sono effettivamente perseguite e se le decisioni arbitrarie o illegittime delle autorità pubbliche possono essere soggette a un effettivo controllo giurisdizionale; e che l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura nonché dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale sono richieste come garanzia minima avverso decisioni illegittime e arbitrarie delle autorità pubbliche che possano ledere gli interessi finanziari dell’Unione. Secondo il considerando 13 del medesimo regolamento, in tale contesto, vi è pertanto «una chiara correlazione tra il rispetto dello Stato di diritto e l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione in conformità dei principi di sana gestione finanziaria», mentre il considerando 15 dello stesso precisa che «[l]e violazioni dei principi dello Stato di diritto, in particolare quell[e] che si ripercuotono sul corretto funzionamento delle autorità pubbliche e sull’effettivo controllo giurisdizionale, possono nuocere gravemente agli interessi finanziari dell’Unione». |
117 |
Quanto al considerando 14 del regolamento impugnato, pur indicando che il meccanismo da questo previsto «integra» gli strumenti che promuovono lo Stato di diritto e la sua applicazione, esso precisa che tale meccanismo contribuisce a tale promozione «proteggendo il bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto che ne compromettono la sana gestione finanziaria o incidono sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione». |
118 |
In quarto luogo, nella relazione che accompagna la sua proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato, la Commissione ha indubbiamente affermato che erano stati espressi auspici affinché l’Unione prendesse provvedimenti per tutelare lo Stato di diritto e, pertanto, adottasse misure volte a garantirne il rispetto. Tuttavia, nella medesima relazione, la Commissione ha giustificato la sua proposta con la necessità di «tutelare gli interessi finanziari dell’Unione dal rischio di perdite finanziarie causate da carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto in uno Stato membro». |
119 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, la finalità del regolamento impugnato consiste nel proteggere il bilancio dell’Unione da pregiudizi derivanti per quest’ultimo in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro, e non già nel sanzionare, di per sé, simili violazioni. |
120 |
Orbene, tale finalità è coerente con l’esigenza secondo la quale il bilancio dell’Unione deve essere eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria, prevista in particolare all’articolo 310, paragrafo 5, TFUE, esigenza che è applicabile all’insieme delle disposizioni del titolo II della parte sesta del Trattato FUE relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione e, pertanto, in particolare, all’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
121 |
Per quanto riguarda poi la questione se, in considerazione del suo contenuto, il regolamento impugnato possa poggiarsi sulla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che ciò non può avvenire in particolare per gli articoli da 2 a 4 e per l’articolo 5, paragrafo 2, di tale regolamento. In primo luogo, l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE non consentirebbe di definire né la nozione di «Stato di diritto» né quella di «violazioni dei principi dello Stato di diritto». In secondo luogo, il nesso tra le violazioni dei principi dello Stato di diritto e il bilancio dell’Unione sarebbe troppo ampio e consentirebbe, se accolto, di ricollegare a quest’ultimo qualsiasi settore del diritto dell’Unione nonché aspetti importanti dei sistemi giuridici degli Stati membri. In terzo luogo, detto articolo 5, paragrafo 2, non riguarderebbe il bilancio dell’Unione né la sua esecuzione, ma si riferirebbe ai bilanci degli Stati membri. In quarto luogo, i suddetti articoli da 2 a 4 consentirebbero alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni e istituzioni nazionali che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. |
122 |
A tale riguardo, sotto un primo profilo, le parti del procedimento concordano nel ritenere che un «meccanismo di condizionalità», che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto di talune condizioni, possa rientrare nella nozione di «regole finanziarie», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
123 |
Tuttavia, mentre l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, ritiene che una simile condizione debba essere strettamente connessa a uno degli obiettivi di un programma o di un’azione specifica dell’Unione, oppure alla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione, il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, ritengono che un meccanismo del genere possa anche avere il carattere di una «condizionalità orizzontale», nel senso che la condizione in questione può essere connessa al valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE, che deve essere rispettato in tutti i settori di azione dell’Unione. |
124 |
A questo proposito, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 2 TUE, l’Unione si fonda su valori, tra i quali lo Stato di diritto, che sono comuni agli Stati membri e che, conformemente all’articolo 49 TUE, il rispetto di tali valori costituisce una condizione preliminare per l’adesione all’Unione di qualsiasi Stato europeo che chieda di diventare membro dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 160 e 161 e giurisprudenza ivi citata). |
125 |
Infatti, come rilevato al considerando 5 del regolamento impugnato, quando uno Stato candidato diventa uno Stato membro, aderisce a una costruzione giuridica che poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, i valori comuni contenuti nell’articolo 2 TUE, sui quali l’Unione si fonda. Tale premessa fa parte delle caratteristiche specifiche ed essenziali del diritto dell’Unione, attinenti alla sua stessa natura, che risultano dall’autonomia di cui gode detto diritto nei confronti dei diritti degli Stati membri nonché del diritto internazionale. Essa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al riconoscimento di tali valori e, pertanto, al rispetto del diritto dell’Unione che li attua [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 166 a 168; sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 30, e del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 62]. Tale considerando precisa altresì che le leggi e le prassi degli Stati membri dovrebbero continuare a rispettare i valori comuni sui quali l’Unione si fonda. |
126 |
Ne consegue che il rispetto da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro (sentenze del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 63; del 18 maggio 2021, AsociaţiaForumul Judecătorilor din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 162, e del 21 dicembre 2021,Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 162). Infatti, il rispetto di tali valori non può essere ridotto a un obbligo cui uno Stato candidato è tenuto al fine di aderire all’Unione e al quale potrebbe sottrarsi dopo la sua adesione. |
127 |
I valori contenuti nell’articolo 2 TUE sono stati identificati e sono condivisi dagli Stati membri. Essi definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune. Pertanto, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni previste dai trattati, di difendere detti valori. |
128 |
Ne consegue che, conformemente al principio di attribuzione delle competenze sancito all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, nonché al principio di coerenza delle politiche dell’Unione previsto all’articolo 7 TFUE, il valore comune all’Unione e agli Stati membri costituito dallo Stato di diritto, il quale fa parte dei fondamenti stessi dell’Unione e del suo ordinamento giuridico, è idoneo a fondare un meccanismo di condizionalità rientrante nella nozione di «regole finanziarie» ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
129 |
A tale riguardo, occorre rilevare, da un lato, che il bilancio dell’Unione è uno dei principali strumenti che consentono di concretizzare, nelle politiche e nelle azioni dell’Unione, il principio di solidarietà, di cui all’articolo 2 TUE, il quale costituisce a sua volta uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 15 luglio 2021, Germania/Polonia, C‑848/19 P, EU:C:2021:598, punto 38), e, dall’altro, che l’attuazione di tale principio, mediante tale bilancio, si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri nell’utilizzo responsabile delle risorse comuni iscritte nello stesso bilancio. Orbene, tale fiducia reciproca si basa a sua volta, come ricordato al punto 125 della presente sentenza, sull’impegno di ciascuno degli Stati membri a conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e a rispettare in modo continuativo, come rileva altresì il considerando 5 del regolamento impugnato, i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, tra i quali figura il valore dello Stato di diritto. |
130 |
Inoltre, come rilevato al considerando 13 del regolamento impugnato, vi è una chiara correlazione tra il rispetto del valore dello Stato di diritto, da un lato, e l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione, in conformità dei principi di sana gestione finanziaria, nonché la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, dall’altro. |
131 |
Tale sana gestione finanziaria e tali interessi finanziari possono infatti essere gravemente compromessi da violazioni dei principi dello Stato di diritto commesse in uno Stato membro, giacché tali violazioni possono comportare, in particolare, l’assenza di garanzia che spese coperte dal bilancio dell’Unione soddisfino tutte le condizioni di finanziamento previste dal diritto dell’Unione e, pertanto, rispondano agli obiettivi perseguiti dall’Unione quando essa finanzia spese di tal genere. |
132 |
In particolare, il rispetto di tali condizioni e di tali obiettivi, in quanto elementi del diritto dell’Unione, non può essere pienamente garantito in assenza di un sindacato giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, fermo restando che l’esistenza di un simile sindacato, sia negli Stati membri sia a livello dell’Unione, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, è intrinseca a uno Stato di diritto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 219 e 222). |
133 |
Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, un meccanismo di condizionalità può rientrare nella nozione di «regole finanziarie» di cui all’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE anche allorché esso istituisce, ai fini del beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione, una condizionalità orizzontale che è connessa al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto, contenuto nell’articolo 2 TUE, e che si riferisce all’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
134 |
Orbene, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato istituisce un simile meccanismo di condizionalità orizzontale, in quanto prevede che siano adottate opportune misure qualora siano accertate violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
135 |
L’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento, infatti, prevede tassativamente le «opportune misure» che possono essere adottate, le quali sono riassunte al punto 112 della presente sentenza e si riferiscono tutte effettivamente all’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
136 |
Per quanto riguarda la condizione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, relativa all’esistenza di «violazioni dei principi dello Stato di diritto», l’articolo 2, lettera a), del medesimo dispone che per «Stato di diritto» si intende, ai sensi di tale regolamento, il «valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE» e precisa che in tale nozione rientrano i principi di legalità, della certezza del diritto, del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, della tutela giurisdizionale effettiva, della separazione dei poteri nonché della non discriminazione e dell’uguaglianza di fronte alla legge. La medesima disposizione sottolinea, nondimeno, che la nozione di «Stato di diritto», come definita ai fini dell’applicazione di detto regolamento, «è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell’Unione sanciti nell’articolo 2 TUE». Ne consegue che il rispetto di tali valori e di tali principi – in quanto partecipi della definizione stessa del valore dello «Stato di diritto» contenuto nell’articolo 2 TUE o, come emerge dalla seconda frase di tale articolo, intimamente collegati a una società rispettosa dello Stato di diritto – può essere richiesto nell’ambito di un meccanismo di condizionalità orizzontale come quello istituito dal regolamento impugnato. |
137 |
Inoltre, l’articolo 3 del regolamento impugnato, che cita casi che possono essere indicativi di violazioni di tali principi, tra i quali figura il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse, mira, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 152 e 280 delle conclusioni, a facilitare l’applicazione di tale regolamento. |
138 |
Quanto all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, da esso emerge che, per poter rientrare nel meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1 del medesimo articolo, le violazioni dei principi dello Stato di diritto devono interessare quelle situazioni o condotte di autorità che sono elencate alle lettere da a) a h) di tale paragrafo 2, purché siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
139 |
Da quanto precede risulta che l’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato sono elementi costitutivi del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, in quanto stabiliscono le definizioni necessarie per la sua attuazione, specificano il suo ambito di applicazione e prevedono le misure cui esso può condurre. Tali disposizioni costituiscono dunque parte integrante di tale meccanismo e rientrano, pertanto, nella nozione di «regole finanziarie», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
140 |
Sotto un secondo profilo, tale constatazione non è inficiata dall’argomentazione dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo cui gli articoli da 2 a 4 del regolamento impugnato consentirebbero alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. |
141 |
Invero, come rilevato al punto 111 della presente sentenza, da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato risulta che la procedura da esso prevista ai fini dell’adozione di «opportune misure» di protezione del bilancio dell’Unione può essere avviata dalla Commissione solo qualora tale istituzione concluda che sussistono motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si siano verificate violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
142 |
Inoltre, come constatato al punto 138 della presente sentenza, dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato emerge che, per poter rientrare nel meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1 del medesimo articolo, le violazioni dei principi dello Stato di diritto devono interessare quelle situazioni o condotte di autorità che sono elencate alle lettere da a) a h) di tale paragrafo 2, purché siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
143 |
Orbene, tale rilevanza può essere presunta per l’attività delle autorità che eseguono il bilancio dell’Unione e che sono preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari, di cui alle lettere a) e b) del suddetto paragrafo 2. Quanto ai servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, il loro corretto funzionamento è contemplato, alla lettera c) dello stesso, solo nei limiti in cui esso riguarda violazioni del diritto dell’Unione relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione o alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Lo stesso vale per la prevenzione e la sanzione, da parte degli organi giurisdizionali nazionali o delle autorità amministrative, delle violazioni del diritto dell’Unione menzionate alla lettera e). Quanto al controllo giurisdizionale menzionato alla lettera d), esso è contemplato solo nei limiti in cui riguarda la condotta delle autorità menzionata alle suddette lettere da a) a c). Il recupero dei fondi indebitamente versati, previsto alla lettera f), riguarda solo fondi provenienti dal bilancio dell’Unione, il che vale anche per la cooperazione con l’OLAF e la Procura europea (EPPO), menzionata alla lettera g). Infine, la lettera h) riguarda espressamente qualsiasi altra situazione o condotta di autorità rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
144 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, da un lato, il regolamento impugnato consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e, dall’altro, possono essere adottate opportune misure in forza di tale regolamento solo qualora sia accertato che situazioni del genere comportano una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che compromette o rischia seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari. |
145 |
Orbene, tali situazioni, rilevanti per l’esecuzione del bilancio dell’Unione, non solo ricadono nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, ma possono anche, come constatato al punto 133 della presente sentenza, rientrare nell’ambito di una regola finanziaria, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, che assume la forma di un meccanismo di condizionalità orizzontale collegato al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto. |
146 |
Sotto un terzo profilo, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, il fatto che un meccanismo di condizionalità orizzontale rispondente ai criteri individuati al punto 133 della presente sentenza, relativi al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE e riferiti all’esecuzione del bilancio dell’Unione, possa rientrare nella nozione di «regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative (...) all’esecuzione del bilancio», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, non estende la portata di tale nozione al di là di quanto è necessario per l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione. |
147 |
Infatti, l’articolo 4 del regolamento impugnato limita, al paragrafo 2, l’ambito di applicazione del meccanismo di condizionalità istituito dallo stesso regolamento alle situazioni e alle condotte di autorità che presentano un nesso con l’esecuzione del bilancio dell’Unione e richiede, al paragrafo 1, che l’adozione di opportune misure sia subordinata all’esistenza di violazioni dei principi dello Stato di diritto che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. Quest’ultima condizione richiede quindi che venga accertato un nesso effettivo tra tali violazioni e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio. |
148 |
Va sottolineato, al riguardo, che l’applicazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento impugnato è soggetta ai requisiti procedurali specificati all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del medesimo, i quali implicano, come rileva il considerando 26 del regolamento in questione, l’obbligo per la Commissione di basarsi, quando verifica se l’adozione di opportune misure sia giustificata, su elementi di prova e di rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
149 |
Per quanto riguarda, nello specifico, l’individuazione e la valutazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto, il considerando 16 del regolamento impugnato precisa che tale valutazione deve essere oggettiva, imparziale ed equa. Inoltre, il rispetto di tutti questi obblighi è soggetto a un sindacato giurisdizionale completo da parte della Corte. |
150 |
Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda la questione se l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato possa poggiarsi sulla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, al punto 115 della presente sentenza è stato constatato che la prima disposizione ha l’obiettivo di tutelare i legittimi interessi dei destinatari finali e dei beneficiari nel caso in cui siano adottate opportune misure in forza del regolamento in questione nei confronti di uno Stato membro. Ne consegue che detta disposizione verte su effetti giuridici e finanziari connessi a misure di protezione del bilancio dell’Unione, ai sensi di tale articolo 5, le quali vertono a loro volta sull’esecuzione del bilancio dell’Unione, come precisato ai punti 112 e 135 della presente sentenza. |
151 |
Inoltre, come constatato al punto 99 della presente sentenza, le regole finanziarie che stabiliscono «in particolare le modalità all[’]»esecuzione del bilancio, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, sono volte a disciplinare l’insieme degli aspetti connessi all’esecuzione del bilancio dell’Unione di cui al titolo II della parte sesta del Trattato FUE e, quindi, tale esecuzione in senso ampio. |
152 |
Orbene, si deve ritenere che una disposizione che, come l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato, verte su effetti giuridici e finanziari connessi a misure di protezione del bilancio dell’Unione, ai sensi di tale articolo 5, misure queste che vertono sull’esecuzione del bilancio dell’Unione, si riferisca a sua volta a tale esecuzione e stabilisca quindi una modalità relativa all’esecuzione di tale bilancio. |
153 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le affermazioni dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, vertenti sul difetto di base giuridica del regolamento impugnato, in quanto quest’ultimo non stabilirebbe regole finanziarie ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, devono essere respinte. |
154 |
Tuttavia, occorre ancora verificare se, come afferma, in sostanza, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, regole finanziarie come quelle previste dal regolamento impugnato non possano essere adottate dal legislatore dell’Unione, per via del fatto che esse eludono l’articolo 7 TUE e l’articolo 269 TFUE. |
2) Sull’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE
155 |
In primo luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che solo la procedura prevista all’articolo 7 TUE conferisce alle istituzioni dell’Unione la competenza a esaminare, constatare e, se del caso, sanzionare le violazioni dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE in uno Stato membro, giacché, in particolare, una simile competenza riguarda settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, quali il funzionamento delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri, e gli Stati membri, in quanto autori dei trattati, hanno disciplinato tutti gli aspetti di tale procedura nell’ambito del Trattato UE. Poiché i trattati non prevedono alcuna delega di potere legislativo in forza dell’articolo 7 TUE, né tale disposizione né nessun’altra disposizione degli stessi trattati autorizzerebbero il legislatore dell’Unione a istituire una procedura parallela a quella prevista all’articolo 7 TUE, che verta sulla constatazione della violazione dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE e che definisca le conseguenze giuridiche che ne derivano. |
156 |
A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che i valori fondanti dell’Unione e comuni agli Stati membri, contenuti nell’articolo 2 TUE, comprendono quelli del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, in una società caratterizzata in particolare dalla non discriminazione, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. |
157 |
Il preambolo della Carta ricorda, in particolare, che l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello Stato di diritto e riconosce i diritti, le libertà e i principi enunciati nella stessa Carta. Gli articoli 6, da 10 a 13, 15, 16, 20, 21 e 23 di quest’ultima precisano la portata dei valori della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto dei diritti umani, della non discriminazione e della parità tra donne e uomini, contenuti nell’articolo 2 TUE. L’articolo 47 della Carta e l’articolo 19 TUE garantiscono in particolare il diritto a un ricorso effettivo e il diritto a un giudice indipendente e imparziale precostituito per legge, per quanto riguarda la tutela dei diritti e delle libertà garantiti dal diritto dell’Unione. |
158 |
Inoltre, gli articoli 8 e 10, l’articolo 19, paragrafo 1, l’articolo 153, paragrafo 1, lettera i), e l’articolo 157, paragrafo 1, TFUE precisano la portata dei valori di uguaglianza, di non discriminazione e della parità tra donne e uomini e consentono al legislatore dell’Unione di adottare norme di diritto derivato dirette ad attuare tali valori. |
159 |
Dai due punti precedenti si ricava che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, oltre alla procedura prevista all’articolo 7 TUE, numerose disposizioni dei trattati, frequentemente concretizzate da diversi atti di diritto derivato, conferiscono alle istituzioni dell’Unione la competenza a esaminare, constatare e, se del caso, sanzionare violazioni dei valori enunciati all’articolo 2 TUE commesse in uno Stato membro. |
160 |
Per quanto attiene in particolare al valore dello Stato di diritto, taluni aspetti di questo sono tutelati dall’articolo 19 TUE, come riconosce d’altronde l’Ungheria. Lo stesso vale per gli articoli da 47 a 50 della Carta, contenuti nel titolo VI della stessa, rubricato «Giustizia», che garantiscono, rispettivamente, il diritto a un ricorso effettivo e il diritto a un giudice imparziale, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa, i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene e il diritto a non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato. |
161 |
Più nello specifico, la Corte ha dichiarato che l’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE, impone agli Stati membri, conformemente al paragrafo 1, secondo comma, dello stesso articolo 19, di prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punti 108 e 109 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, il rispetto di tale requisito può essere controllato dalla Corte, in particolare nell’ambito di un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 258 TFUE [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 58 e 59, e del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari), C‑192/18, EU:C:2019:924, punti 106 e 107]. |
162 |
La Corte ha inoltre dichiarato che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, interpretato alla luce dell’articolo 47 della Carta, pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso e non accompagnato da alcuna condizione con riferimento all’indipendenza che deve caratterizzare i giudici chiamati a interpretare e ad applicare il diritto dell’Unione, sicché un giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione del diritto nazionale che violi l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, se del caso dopo aver ottenuto dalla Corte un’interpretazione di quest’ultima disposizione nell’ambito di un procedimento di rinvio pregiudiziale [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punti da 142 a 146]. |
163 |
Dalle considerazioni di cui ai punti da 159 a 162 della presente sentenza risulta quindi che l’argomentazione dell’Ungheria secondo la quale il valore dello Stato di diritto può essere tutelato dall’Unione solo nell’ambito della procedura prevista all’articolo 7 TUE deve essere respinto. |
164 |
Per quanto riguarda poi le affermazioni dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo le quali solo l’articolo 7 TUE consentirebbe alle istituzioni dell’Unione di controllare il rispetto da parte degli Stati membri dello Stato di diritto nei settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, tra i quali rientrerebbe il funzionamento delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri, è sufficiente ricordare che il regolamento impugnato non autorizza né la Commissione né il Consiglio a procedere a un simile controllo se non in riferimento a una condotta di un’autorità di uno Stato membro o a una situazione imputabile a una tale autorità che riguardi l’esecuzione del bilancio dell’Unione e che rientri, pertanto, nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. |
165 |
Infatti, come constatato ai punti da 141 a 145 della presente sentenza, da un lato, il regolamento impugnato consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e, dall’altro, possono essere adottate opportune misure in forza di tale regolamento solo qualora sia accertato che situazioni del genere comportano una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che compromette o rischia seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari. |
166 |
In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale il regolamento impugnato avrebbe l’effetto di eludere la procedura prevista all’articolo 7 TUE e di ampliare le competenze della Corte stabilite all’articolo 269 TFUE, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che la procedura istituita da tale regolamento concretizza, in determinati casi, la procedura di cui all’articolo 7 TUE e istituisce pertanto una procedura parallela che consente di constatare, al termine di un’analisi approfondita, violazioni dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri. Il regolamento in questione consentirebbe di ricollegare a simili violazioni conseguenze giuridiche identiche a quelle previste all’articolo 7 TUE, ancorché né tale disposizione né nessun’altra disposizione dei trattati autorizzino il legislatore dell’Unione a farlo. Il medesimo regolamento lederebbe dunque l’equilibrio istituzionale quale stabilito all’articolo 7 TUE, all’articolo 13, paragrafo 2, TUE e all’articolo 269 TFUE, attribuendo nuove competenze al Consiglio, alla Commissione e alla Corte. |
167 |
A tale riguardo, sotto un primo profilo, si deve rilevare che il legislatore dell’Unione non può istituire, senza violare l’articolo 7 TUE, una procedura parallela a quella prevista da tale disposizione, che abbia, in sostanza, il medesimo oggetto, persegua il medesimo obiettivo e consenta l’adozione di misure identiche, prevedendo al contempo l’intervento di altre istituzioni o condizioni sostanziali e procedurali diverse da quelle previste da detta disposizione. |
168 |
Tuttavia, il legislatore dell’Unione, quando dispone di una base giuridica a tal fine, è legittimato a istituire, in un atto di diritto derivato, altre procedure riguardanti i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, tra i quali figura lo Stato di diritto, sempreché tali procedure si distinguano sia per il loro scopo sia per il loro oggetto dalla procedura prevista all’articolo 7 TUE (v., per analogia, sentenza del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione, 15/76 e 16/76, EU:C:1979:29, punto 26; ordinanza dell’11 luglio 1996, An Taisce e WWF UK/Commissione, C‑325/94 P, EU:C:1996:293, punto 25, e sentenza dell’11 gennaio 2001, Grecia/Commissione, C‑247/98, EU:C:2001:4, punto 13). |
169 |
Nel caso di specie, quanto alle rispettive finalità della procedura di cui all’articolo 7 TUE e di quella prevista dal regolamento impugnato, dall’articolo 7, paragrafi da 2 a 4, TUE risulta che la procedura prevista da tale articolo consente in particolare al Consiglio, qualora il Consiglio europeo abbia constatato violazioni gravi e persistenti da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, di sospendere alcuni dei diritti derivanti a tale Stato membro dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro al Consiglio, e di decidere successivamente di modificare le misure adottate o di revocarle per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione. |
170 |
La procedura prevista all’articolo 7 TUE ha quindi la finalità di consentire al Consiglio di sanzionare violazioni gravi e persistenti dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, al fine, in particolare, di ingiungere allo Stato membro interessato di porre fine a tali violazioni. |
171 |
Invece, come risulta dai punti da 110 a 120 della presente sentenza, dalla natura delle misure che possono essere adottate in forza del regolamento impugnato nonché dalle condizioni per l’adozione e la revoca di tali misure risulta che la procedura istituita da tale regolamento ha la finalità di garantire, conformemente al principio di sana gestione finanziaria enunciato all’articolo 310, paragrafo 5, e all’articolo 317, primo comma, TFUE, la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro, e non già di sanzionare, mediante il bilancio dell’Unione, violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
172 |
Ne consegue che la procedura prevista dal regolamento impugnato persegue una finalità diversa da quella dell’articolo 7 TUE. |
173 |
Per quanto riguarda l’oggetto di ciascuna di queste due procedure, si deve rilevare che l’ambito di applicazione della procedura prevista all’articolo 7 TUE verte sull’insieme dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, mentre quello della procedura istituita dal regolamento impugnato verte soltanto su uno di tali valori, ossia lo Stato di diritto. |
174 |
In più, nell’articolo 7 TUE può sussumersi qualsiasi violazione grave e persistente di un valore contenuto nell’articolo 2 TUE, mentre il regolamento impugnato autorizza l’esame delle violazioni dei principi dello Stato di diritto menzionati al suo articolo 2, lettera a), solo laddove sussistano motivi fondati per ritenere che esse abbiano un’incidenza sul bilancio. |
175 |
Quanto alle condizioni per l’avvio delle due procedure, occorre rilevare che la procedura prevista all’articolo 7 TUE può essere avviata, ai sensi del suo paragrafo 1, qualora sussista un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, nel qual caso il diritto di iniziativa spetta a un terzo degli Stati membri, al Parlamento o alla Commissione, e la soglia richiesta è inizialmente quella di un evidente rischio di violazione grave di tali valori e successivamente, per quanto riguarda la sospensione, in forza dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, di alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro interessato dall’applicazione dei trattati, quella di una violazione grave e persistente di tali valori da parte di quest’ultimo. La procedura istituita dal regolamento impugnato può invece essere avviata dalla sola Commissione, qualora sussistano motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si siano verificate violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma anche e soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
176 |
Inoltre, la sola condizione sostanziale richiesta per l’adozione di misure ai sensi dell’articolo 7 TUE risiede nella constatazione, da parte del Consiglio europeo, dell’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. Invece, come rilevato al punto 147 della presente sentenza, a norma dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento impugnato, possono essere adottate misure ai sensi di tale regolamento solo qualora ricorrano due condizioni. Da un lato, deve essere accertato che una violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro interessi almeno una delle situazioni o una delle condotte di autorità previste a tale paragrafo 2, purché queste siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. Dall’altro lato, deve altresì essere dimostrato che tali violazioni compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto tale sana gestione finanziaria o tali interessi finanziari, condizione questa che implica quindi di accertare l’esistenza di un nesso effettivo tra tali violazioni e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio. |
177 |
Quanto alla natura delle misure che possono essere adottate sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE, esse consistono nella sospensione di «alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio» e possono, pertanto, riguardare qualsiasi diritto derivante allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati. Le misure che possono essere adottate in forza del regolamento impugnato sono invece, dal canto loro, limitate a quelle elencate al suo articolo 5, paragrafo 1, e riassunte al punto 112 della presente sentenza, che sono tutte di natura finanziaria. |
178 |
Infine, l’articolo 7 TUE contempla la modifica e la revoca delle misure adottate solo per rispondere a cambiamenti della situazione che ha condotto alla loro adozione. L’articolo 7, paragrafo 2, commi secondo e terzo, del regolamento impugnato ricollega invece la revoca e la modifica delle misure adottate alle condizioni per l’adozione delle misure di cui all’articolo 4 di tale regolamento. Pertanto, tali misure possono essere revocate o modificate non soltanto nel caso in cui sia posto fine, almeno in parte, alle violazioni dei principi dello Stato di diritto nello Stato membro interessato, ma soprattutto in quello in cui tali violazioni, per quanto perduranti, non abbiano più incidenza sul bilancio dell’Unione. Ciò può verificarsi, in particolare, qualora esse non riguardino più almeno una delle situazioni o delle condotte di autorità di cui al paragrafo 2 di tale articolo, qualora tali situazioni o condotte non siano più rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, qualora la violazione non comprometta più o non rischi più seriamente di compromettere tale sana gestione o tali interessi finanziari, o qualora il nesso tra la violazione di un principio dello Stato di diritto e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio non presenti più un carattere sufficientemente diretto. |
179 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la procedura prevista all’articolo 7 TUE e quella istituita dal regolamento impugnato perseguono scopi diversi e hanno ciascuna un oggetto nettamente distinto. |
180 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, non si può ritenere che il regolamento impugnato istituisca una procedura parallela che elude l’articolo 7 TUE. |
181 |
Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomentazione dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo cui il regolamento impugnato lede l’equilibrio istituzionale quale stabilito all’articolo 7 TUE e all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, da un lato, nei due punti precedenti della presente sentenza è stato constatato che la procedura prevista all’articolo 7 TUE e quella istituita dal regolamento impugnato perseguono finalità diverse e hanno ciascuna un oggetto distinto, sicché non si può ritenere che il regolamento impugnato istituisca una procedura parallela che elude tale disposizione. |
182 |
Ciò posto, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, non può legittimamente sostenere che il regolamento impugnato lede l’equilibrio istituzionale stabilito all’articolo 7 TUE. |
183 |
Dall’altro lato, per quanto riguarda i requisiti di cui all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, ai sensi del quale «[c]iascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste», dall’articolo 6 del regolamento impugnato emerge che la Commissione svolge tale procedura e che il Consiglio adotta, se del caso, su proposta della Commissione, una decisione di esecuzione sulle opportune misure, fermo restando che, nonostante il riferimento, al considerando 26 di tale regolamento, al Consiglio europeo, detto articolo 6 non attribuisce alcun ruolo a quest’ultimo nell’ambito della procedura istituita dal regolamento in questione. |
184 |
A tale riguardo, anzitutto, conformemente all’articolo 317, primo comma, TFUE, la Commissione dà esecuzione al bilancio‚ in cooperazione con gli Stati membri, sotto la propria responsabilità, in conformità del principio della buona gestione finanziaria, cosicché il suo ruolo nella procedura istituita dal regolamento impugnato è conforme alle attribuzioni che le sono conferite da tale disposizione. |
185 |
Come giustamente sostenuto dal Consiglio, poi, l’intervento di quest’ultimo può essere fondato sull’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), e sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, sicché esso non viola la competenza di cui è investita la Commissione in forza dell’articolo 317, primo comma, TFUE. |
186 |
Infatti, da un lato, come constatato al punto 99 della presente sentenza, le regole finanziarie che stabiliscono «in particolare le modalità relative (…) all’esecuzione del bilancio», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, sono volte a disciplinare l’insieme degli aspetti connessi all’esecuzione del bilancio dell’Unione di cui al titolo II della parte sesta del Trattato FUE e, quindi, tale esecuzione in senso ampio. |
187 |
Pertanto, il meccanismo di condizionalità orizzontale istituito dal regolamento impugnato fa parte di una concezione dell’esecuzione del bilancio che eccede quella che, definita all’articolo 2, punto 7, del regolamento finanziario come lo svolgimento di attività correlate alla gestione, alla sorveglianza, al controllo e alla revisione degli stanziamenti di bilancio, rientra, ai sensi dell’articolo 317, primo comma, TFUE, nelle attribuzioni della Commissione in cooperazione con gli Stati membri. |
188 |
Dall’altro lato, l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE consente, in casi specifici debitamente motivati, di conferire al Consiglio competenze di esecuzione allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione di atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. A tale riguardo, dall’articolo 6, paragrafi da 9 a 11, del regolamento impugnato risulta che le misure che possono essere adottate dal Consiglio ai sensi di tale regolamento sono decisioni di esecuzione, mentre il considerando 20 di tale regolamento precisa che tali competenze di esecuzione sono attribuite al Consiglio al fine di garantire condizioni uniformi per l’attuazione del medesimo regolamento, data l’importanza degli effetti finanziari di simili misure. |
189 |
Tali elementi sono sufficienti per ritenere che l’attribuzione al Consiglio di una competenza ai fini dell’adozione delle opportune misure di cui all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato sia debitamente motivata. |
190 |
Infine, l’assenza di competenza attribuita al Consiglio europeo nell’ambito della procedura istituita dall’articolo 6 del regolamento impugnato è conforme alle attribuzioni al medesimo conferite dall’articolo 15, paragrafo 1, TUE, ai sensi del quale il Consiglio europeo, senza esercitare funzioni legislative, dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. |
191 |
Se è vero che il considerando 26 del regolamento impugnato prevede che il Consiglio europeo possa, su richiesta dello Stato membro oggetto della procedura avviata in forza dell’articolo 6 di tale regolamento, discutere la questione se, nel corso di tale procedura, siano rispettati i principi di obiettività, di non discriminazione e di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati, è sufficiente rilevare che un simile intervento, in via eccezionale, del Consiglio europeo non è previsto da detto articolo 6 né in nessun’altra disposizione del regolamento di cui trattasi. Ciò posto, tenuto conto del fatto che il preambolo di un atto dell’Unione non ha valore vincolante (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Puppinck e a./Commissione, C‑418/18 P, EU:C:2019:1113, punto 76 e giurisprudenza ivi citata), tale considerando 26 non può essere invocato per derogare alle disposizioni stesse del regolamento impugnato né per interpretare tali disposizioni in un senso contrario al loro tenore letterale. |
192 |
Sotto un terzo profilo, quanto all’affermazione dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo cui la Corte sarà chiamata a valutare, nell’ambito del sindacato giurisdizionale di una decisione adottata dal Consiglio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, del regolamento impugnato, l’esistenza di violazioni da parte di uno Stato membro dei principi dello Stato di diritto, e secondo cui la competenza così attribuita alla Corte costituisce una violazione dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE e dell’articolo 269 TFUE, occorre rilevare che quest’ultimo articolo riguarda, secondo il suo tenore letterale, soltanto il controllo di legittimità di un atto adottato dal Consiglio europeo o dal Consiglio in forza dell’articolo 7 TUE. |
193 |
Ciò posto, e alla luce delle constatazioni di cui ai punti 179 e 180 della presente sentenza, il controllo di legittimità che la Corte può essere indotta a effettuare, in particolare nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto sulla base dell’articolo 263 TFUE, su decisioni del Consiglio adottate ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, del regolamento impugnato non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 269 TFUE e non è, pertanto, soggetto alle norme specifiche previste da quest’ultimo. |
194 |
Ne consegue che il regolamento impugnato non attribuisce alla Corte alcuna nuova competenza. |
195 |
Infine, al punto 165 della presente sentenza è stato constatato che, da un lato, il regolamento impugnato consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e, dall’altro, possono essere adottate opportune misure in forza di tale regolamento solo qualora sia accertato che situazioni del genere comportano una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che compromette o rischia seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari. |
196 |
Orbene, poiché situazioni del genere riguardano l’esecuzione del bilancio dell’Unione e rientrano quindi nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, non può affermare che la Corte è incompetente a esaminare le valutazioni del Consiglio contenute in decisioni adottate ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, del regolamento impugnato. |
197 |
Ne consegue che le affermazioni dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, vertenti sull’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE, devono essere respinte in quanto infondate. |
198 |
Dalle considerazioni che precedono risulta che i motivi di ricorso primo e secondo devono essere respinti in quanto infondati. |
2. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto
a) Argomenti delle parti
199 |
Con il terzo motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che il regolamento impugnato viola i principi della certezza del diritto e della chiarezza delle norme, riconosciuti quali principi generali del diritto dell’Unione, argomentando che le nozioni contenute in tale regolamento, sulla base delle quali si può constatare che uno Stato membro ha violato i principi dello Stato di diritto, non sono oggetto di alcuna definizione uniforme negli Stati membri. Essa ritiene in particolare che la nozione di «Stato di diritto», quale definita all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento, faccia emergere gravi incertezze concettuali e gravi incoerenze che potrebbero mettere a rischio l’interpretazione dei valori dell’Unione e condurre a un’applicazione del medesimo regolamento contraria a tali valori. |
200 |
In primo luogo, l’Ungheria afferma che lo Stato di diritto è un ideale o, tutt’al più, un criterio orientativo, che non è mai pienamente raggiunto e il cui rispetto dovrebbe pertanto essere valutato in termini relativi, atteso che nessuno Stato può pretendere di aderirvi in maniera perfetta. Tale ideale, che caratterizza la democrazia moderna, si sarebbe sviluppato secondo un iter complesso nel corso dei secoli, dando luogo, come emergerebbe dallo studio n. 512/2009, del 28 marzo 2011, della Commissione di Venezia, intitolato «Relazione sullo Stato di diritto», a una concezione complessa che sfugge a una definizione precisa e la cui sostanza è in costante evoluzione. |
201 |
Tale concezione dello Stato di diritto risulterebbe altresì dallo studio n. 711/2013, del 18 marzo 2016, della Commissione di Venezia recante un «elenco di criteri per la valutazione dello Stato di diritto», studio cui il considerando 16 del regolamento impugnato fa per di più riferimento. Infatti, secondo i punti 12 e 18 di tale studio, gli elementi essenziali della nozione di «Stato di diritto» non definirebbero tale nozione e costituirebbero essi stessi categorie teoriche e principi che possono essere a loro volta suddivisi in vari altri principi. Inoltre, dai punti 29 e 30 dello stesso studio risulterebbe che i criteri per la valutazione dello Stato di diritto da esso definiti non sarebbero tassativi e non potrebbero essere trasformati in regole. |
202 |
A tale riguardo, l’Ungheria ricorda che l’Unione rispetta, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’identità nazionale degli Stati membri, di cui la loro struttura fondamentale, politica e costituzionale fa parte. Orbene, il meccanismo creato dal regolamento impugnato non sarebbe conforme a tale garanzia fondamentale, poiché la procedura da esso stabilita consentirebbe di esaminare la legislazione o la prassi di uno Stato membro anche qualora questa non rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. |
203 |
Le incertezze concettuali che interessano la nozione di «Stato di diritto» sarebbero ulteriormente aggravate dal fatto che i rappresentanti della Commissione hanno più volte affermato che le constatazioni contenute nella relazione annuale della Commissione sullo Stato di diritto sarebbero state utilizzate nell’ambito dell’applicazione del regolamento impugnato, nonostante che tale regolamento non contenga alcun riferimento a tale relazione. Inoltre, la Commissione avrebbe esaminato in detta relazione l’applicazione dei requisiti dello Stato di diritto in settori che non corrisponderebbero né alle nozioni utilizzate nel regolamento impugnato in riferimento ai principi dello Stato di diritto né all’elenco di criteri per la valutazione dello Stato di diritto elaborati dalla Commissione di Venezia nel suo studio menzionato al punto 201 della presente sentenza. |
204 |
L’Ungheria ritiene che la Commissione abbia una percezione degli elementi costitutivi dello Stato di diritto diversa da quella della Commissione di Venezia e da quella da cui derivano le nozioni contenute nel regolamento impugnato, cosicché l’applicazione di tale regolamento da parte di tale istituzione può divenire imprevedibile al punto da essere incompatibile con il principio della certezza del diritto, il quale costituisce a sua volta un aspetto dello Stato di diritto. |
205 |
In secondo luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, ritiene che il legislatore dell’Unione abbia tentato invano, all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato, di chiarire gli elementi costitutivi della nozione di «Stato di diritto». Tale disposizione si limiterebbe infatti a riprendere elementi paralleli contenuti nell’articolo 2 TUE e che presentano uno stesso livello di astrazione, come il rispetto dei diritti fondamentali, il divieto di qualsiasi discriminazione e il principio della tutela giurisdizionale effettiva, i quali sarebbero altresì garantiti distintamente nei trattati. Tale circostanza confermerebbe quindi il fatto che i valori di cui all’articolo 2 TUE ispirano la cooperazione politica all’interno dell’Unione, ma non hanno un contenuto giuridico proprio. Definendo la nozione di «Stato di diritto» in una normativa settoriale e consentendo in tal modo che altri atti di diritto derivato ricorrano a una concezione diversa di tale nozione, il legislatore dell’Unione comprometterebbe l’interpretazione di quest’ultima quale valore comune dell’Unione, come definito dalla comunità degli Stati membri ai sensi dell’articolo 2 TUE. |
206 |
Inoltre, dopo aver definito, all’articolo 2, lettera a), la nozione di «Stato di diritto», il regolamento impugnato riporterebbe, all’articolo 3, a titolo indicativo, casi di «violazioni dei principi dello Stato di diritto» che, in realtà, avrebbero solo un legame marginale con la definizione di tale nozione. Allo stesso modo, il rapporto tra, da un lato, l’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento, che precisa le situazioni e condotte su cui devono vertere le violazioni di tali principi, e, dall’altro, le nozioni di «Stato di diritto» e di «principi dello Stato di diritto» non sarebbe chiaramente determinabile. Pertanto, l’esame congiunto dei casi di violazioni dei principi dello Stato di diritto, contenuti a titolo indicativo nell’articolo 3 del regolamento impugnato, con la definizione della nozione di «Stato di diritto», di cui all’articolo 2, lettera a), del medesimo, non consentirebbe di escludere che situazioni non connesse alla sana gestione delle risorse del bilancio dell’Unione siano oggetto di sanzioni. |
207 |
L’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che il fatto che le autorità pubbliche assumano un comportamento basato sul diritto, immune dall’arbitrarietà e idoneo a essere oggetto di un ricorso dinanzi a un giudice soddisfa gli elementi costitutivi dello Stato di diritto. Essa ritiene, d’altra parte, che «l’omessa prevenzione (...) la mancata assegnazione di risorse finanziarie e umane a scapito del (...) corretto funzionamento [delle autorità pubbliche]», «il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse» oppure «l’omessa prevenzione (...) delle decisioni (...) illegittime», cui fa riferimento l’articolo 3, lettera b), del regolamento impugnato, presentino solo un nesso lontano e indiretto con la nozione di «Stato di diritto», recidendo il legame tra la finalità e il contenuto di tale norma. Orbene, se il legislatore dell’Unione avesse inteso penalizzare simili carenze, che sono essenzialmente di natura amministrativa, per il motivo che le stesse compromettono il bilancio dell’Unione, esso avrebbe potuto sanzionarle senza ricorrere a tale nozione. |
208 |
In terzo luogo, l’Ungheria rileva che da uno studio realizzato dal Parlamento nel 2015, intitolato «The General Principles of EU Administrative Procedural Law» (I principi generali del diritto processuale amministrativo dell’Unione europea), risulta che la nozione di «Stato di diritto» è talmente generica che il suo contenuto preciso può essere stabilito solo dai suoi elementi costitutivi, tra i quali figura il principio della certezza del diritto, il quale esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, affinché gli interessati possano orientarsi nelle situazioni e nei rapporti giuridici rientranti nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tali requisiti dovrebbero quindi essere soddisfatti anche allorché viene istituito un meccanismo sanzionatorio per violazioni dello Stato di diritto. |
209 |
Orbene, oltre alla discrepanza tra la nozione di «Stato di diritto» e i «principi dello Stato di diritto», il regolamento impugnato farebbe ricorso, all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, a espressioni non definite in modo sufficientemente preciso perché sia possibile prevedere le condizioni in presenza delle quali può essere constatata una violazione dei principi dello Stato di diritto. Sarebbe il caso del «corretto funzionamento [delle autorità]», dell’«effettivo controllo giurisdizionale, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, (...) delle autorità», dell’«effettiva e tempestiva collaborazione con l’OLAF» e di «altre situazioni o condotta di autorità rilevanti (...)». Pertanto, alla Commissione e al Consiglio sarebbe attribuito un potere discrezionale talmente esteso da essere incompatibile con una procedura che può condurre a sanzioni. |
210 |
Conformemente a una giurisprudenza costante dei giudici dell’Unione, la legislazione dell’Unione dovrebbe essere certa e la sua applicazione prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, necessità questa che si impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro. Tale necessità si estenderebbe alla prevedibilità dei mezzi di prova e dei metodi utilizzati nelle procedure sanzionatorie. |
211 |
L’Ungheria afferma che il principio della certezza del diritto indubbiamente non osta a che la legge disciplini una questione in modo generale e astratto, nel qual caso i giudici sono tenuti, nell’applicazione della stessa, a procedere alla sua interpretazione. Essa ritiene nondimeno che, in considerazione dell’obbligo di «tutelare» l’identità nazionale degli Stati membri, lo Stato di diritto e i principi dello Stato di diritto debbano poter essere oggetto di una valutazione diversa in ciascuno degli Stati membri, tanto più che le istituzioni dell’Unione non sempre valuterebbero in modo uniforme le diverse situazioni giuridiche. Orbene, un elemento fondamentale dello Stato di diritto e della certezza del diritto consisterebbe nel fatto che il diritto deve essere formulato in modo tale che situazioni analoghe siano trattate in modo analogo. Per via delle carenze concettuali del regolamento impugnato e dell’impossibilità di definire con precisione la nozione di «Stato di diritto», tale regolamento non soddisferebbe tale condizione di base per un’applicazione uniforme della legge. |
212 |
L’Ungheria adduce, a titolo di esempio, che la Commissione, nelle sue relazioni annuali sullo Stato di diritto, non ha considerato come costitutivo di un abuso il fatto che la procura possa, in alcuni Stati membri, ricevere istruzioni dall’esecutivo, mentre invece la Corte ha espresso serie preoccupazioni al riguardo in cause in cui era in discussione l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo. Pertanto, sarebbe difficile stabilire se, in un caso del genere, il requisito del corretto funzionamento delle autorità responsabili dell’azione penale sia o no soddisfatto. Quanto al grado richiesto di collaborazione con l’OLAF, tale Stato membro si chiede, anzitutto, se esso possa essere misurato con riferimento ai procedimenti penali avviati sulla base delle raccomandazioni dell’OLAF, poi, se, per conformarsi al regolamento impugnato, si debba fissare una percentuale di procedimenti sulla base di tali raccomandazioni e, infine, se, al fine di raggiungere tale soglia, occorra poter dare istruzioni alla procura in cause individuali, sebbene l’esistenza di simili istruzioni possa far sorgere dubbi quanto all’imparzialità e alla legittimità dei procedimenti nonché all’indipendenza della procura. L’Ungheria rileva altresì che una soglia di condanne sulla base di simili raccomandazioni metterebbe in dubbio l’indipendenza del potere giudiziario. Tenuto conto di tali interrogativi, l’Ungheria teme che possa sorgere una contraddizione tra le condizioni esaminate dalla Commissione nell’ambito del meccanismo istituito dal regolamento impugnato, da un lato, e i requisiti fondamentali posti dalla Corte e dalle disposizioni costituzionali nazionali, dall’altro. |
213 |
In quarto luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che alcune disposizioni del regolamento impugnato violano il principio della certezza del diritto e che tali violazioni dovrebbero comportare l’annullamento di tale regolamento nel suo complesso. |
214 |
Sotto un primo profilo, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, nell’autorizzare l’adozione di misure non appena sussista un «rischio» di pregiudizio al bilancio dell’Unione, consentirebbe l’adozione di sanzioni in situazioni incerte o non dimostrate. Infatti, in assenza di un concreto pregiudizio a tale bilancio, l’applicazione di sanzioni sarebbe arbitraria e violerebbe il principio della certezza del diritto, in quanto la determinazione oggettiva, tecnica e fattuale da parte della Commissione delle condizioni per l’adozione di misure sarebbe impossibile. In una situazione del genere, i soli criteri oggettivi per giustificare l’adozione di misure sarebbero la gravità e la natura della violazione dello Stato di diritto, il che sarebbe tuttavia incompatibile con la base giuridica del regolamento impugnato. |
215 |
Sotto un secondo profilo, sarebbe contrario al principio della certezza del diritto, secondo il quale una norma che consente l’adozione di sanzioni deve elencare in modo preciso e tassativo i comportamenti che possono essere oggetto di sanzioni, il fatto che l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato consenta, alla lettera h), al di fuori dei casi di cui alle lettere da a) a g), l’adozione di misure in presenza di «altre situazioni o condotta di autorità», che non sono definite. Tale lettera h) avrebbe come unica specificità, rispetto al contenuto dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, il fatto di indicare che la situazione o la condotta censurata deve essere imputabile ad «autorità», ma non fornirebbe, contrariamente ad altre disposizioni del medesimo regolamento, alcuna precisazione quanto alla natura di tali «autorità». Tale nozione potrebbe dunque ricomprendere qualsiasi gruppo di individui aventi responsabilità ufficiali per un determinato settore di attività, poiché, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «autorità» è intesa in senso ampio nei diversi atti di diritto dell’Unione. |
216 |
Inoltre, dal raffronto tra le versioni tedesca, inglese e francese del regolamento impugnato non emergerebbe chiaramente se, nell’espressione «andere Umstände oder Verhaltensweisen von Behörden», «other situations or conduct of authorities» o «autres situations ou comportements des autorités» («altre situazioni o condotta di autorità»), il termine «situazioni» sia o no collegato al termine «autorità». È vero che, a prima vista, l’espressione «Umstände von Behörden», «situations of authorities» o «situations des autorités» («situazioni di autorità») non sembrerebbe avere senso, ma la versione ungherese di tale disposizione collegherebbe il termine «situazione» al termine «autorità», sicché detta disposizione non soddisferebbe il requisito della chiarezza della norma. |
217 |
L’Ungheria ne deduce che la lettera h) dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato priva di senso l’elencazione di cui alle lettere da a) a g) di tale disposizione, conferendole carattere non tassativo, il che è incompatibile con il principio della certezza del diritto. |
218 |
Sotto un terzo profilo, anche l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato, limitandosi a prevedere che le misure da adottare debbano tenere in considerazione la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto, senza definire con precisione la natura e la portata di tali misure, violerebbe il principio della certezza del diritto. Tale disposizione non fisserebbe, infatti, alcun criterio concreto al fine di valutare il carattere giustificato, necessario o proporzionato di una misura né preciserebbe il tipo di violazione dei principi dello Stato di diritto che può servire da base per determinare la natura e la portata di una misura sanzionatoria. |
219 |
Sotto un quarto profilo, l’Ungheria ritiene che l’articolo 5, paragrafo 3, ultima frase, del regolamento impugnato, nello stabilire che le misure da adottare devono riguardare «per quanto possibile» le azioni dell’Unione interessate dalle violazioni, non consenta di garantire l’esistenza di un nesso diretto tra la violazione dei principi dello Stato di diritto che è stata constatata e l’adozione delle misure di protezione del bilancio dell’Unione. Tale disposizione renderebbe quindi possibile l’adozione di misure in relazione a un programma dell’Unione con il quale la violazione dei principi dello Stato di diritto che è stata constatata è priva di qualsiasi nesso effettivo, il che violerebbe, oltre al principio di proporzionalità, il principio della certezza del diritto. Inoltre, tale violazione confermerebbe il fatto che il regolamento impugnato è uno strumento volto non già a proteggere il bilancio dell’Unione, bensì a sanzionare le violazioni dello Stato di diritto, strumento che non sarebbe coperto dalla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
220 |
Sotto un quinto profilo, l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato, nel consentire alla Commissione di tener conto, nelle varie fasi della valutazione ad essa incombente, «delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e altri enti riconosciuti», non definirebbe in modo sufficientemente preciso le fonti di informazione ammissibili in tale contesto, poiché non chiarirebbe su quale base la Commissione debba esaminare e valutare l’esistenza o il rischio di una violazione dei principi dello Stato di diritto. |
221 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
222 |
Con il terzo motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, in primo luogo, che la nozione di «Stato di diritto» non si presta a una definizione precisa e non può essere oggetto di un’interpretazione uniforme, per via dell’obbligo di rispettare l’identità nazionale di ciascuno degli Stati membri. L’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato includerebbe valori paralleli contenuti nell’articolo 2 TUE, che presentano lo stesso livello di astrazione e che sarebbero altresì garantiti distintamente nei trattati, il che confermerebbe che tali valori sarebbero di natura politica e non giuridica. Inoltre, definendo la nozione di «Stato di diritto» in una normativa settoriale, il legislatore dell’Unione comprometterebbe l’interpretazione di tale nozione quale valore comune dell’Unione. In secondo luogo, il rapporto tra l’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, e l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato non sarebbe chiaramente determinabile e la loro applicazione congiunta non consentirebbe di escludere che situazioni che non sono connesse alla sana gestione finanziaria delle risorse del bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari siano oggetto di sanzioni. Allo stesso modo, i termini impiegati all’articolo 3, lettera b), di tale regolamento presenterebbero solo un nesso lontano con la nozione di «Stato di diritto», il che reciderebbe il legame tra la finalità e il contenuto di tale norma. In terzo luogo, il regolamento in questione farebbe ricorso, all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, a espressioni troppo imprecise per consentire di prevedere le condizioni sulla cui base può essere accertata una violazione dei principi dello Stato di diritto. Di conseguenza, la Commissione e il Consiglio disporrebbero di un potere discrezionale eccessivo nell’ambito di una procedura che può condurre a sanzioni. In quarto luogo, la nozione di «rischio», di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del medesimo regolamento, darebbe luogo a una presunzione che non consentirebbe di stabilire alcun nesso, sotto il profilo giuridico, tra lo Stato di diritto e un pregiudizio al bilancio dell’Unione o ai suoi interessi finanziari, e che consentirebbe quindi di infliggere sanzioni in situazioni in cui un simile pregiudizio non è dimostrato. In aggiunta, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato sarebbe redatto in termini poco chiari e l’elenco riportato a tale paragrafo 2 non sarebbe tassativo, pur fungendo da fondamento per l’adozione di sanzioni. In quinto luogo, l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, di tale regolamento non definirebbe sufficientemente la natura e la portata delle misure che possono essere adottate. In sesto luogo, l’espressione «per quanto possibile», di cui all’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento in questione reciderebbe il legame tra la violazione che è stata constatata e l’adozione delle misure di protezione. In settimo luogo, l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del medesimo regolamento non definirebbe in modo sufficientemente preciso le fonti di informazione sulle quali la Commissione può basarsi. |
223 |
Secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio della certezza del diritto esige, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli. Detto principio impone in particolare che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che essi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). |
224 |
Tuttavia, tali esigenze non possono essere intese nel senso che ostano a che il legislatore dell’Unione, nell’ambito di una norma che esso adotta, utilizzi una nozione giuridica astratta né nel senso che impongono che una simile norma astratta menzioni le diverse ipotesi concrete in cui essa può essere applicata, in quanto il legislatore non può determinare in anticipo tutte le suddette ipotesi (v., per analogia, sentenza del 20 luglio 2017, Marco Tronchetti Provera e a., C‑206/16, EU:C:2017:572, punti 39 e 40). |
225 |
Di conseguenza, il fatto che un atto legislativo conferisca un potere discrezionale alle autorità preposte alla sua attuazione non disattende di per sé l’esigenza di prevedibilità, a condizione che l’estensione e le modalità di esercizio di un simile potere vengano definite con sufficiente chiarezza, in considerazione del legittimo obiettivo in gioco, per fornire una protezione adeguata contro l’arbitrio (v., in tal senso, sentenze del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 94, e del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 57). |
226 |
È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare gli argomenti avanzati dall’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, a sostegno del suo motivo di ricorso vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto, esaminando, in primo luogo, quelli secondo i quali la nozione di «Stato di diritto» esula da qualsiasi definizione precisa e non può essere oggetto di un’interpretazione uniforme, per via dell’obbligo di «tutelare» l’identità nazionale di ciascuno degli Stati membri, quelli secondo cui la nozione di Stato di diritto definita all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato include altri valori contenuti nell’articolo 2 TUE, i quali sono tutti di natura politica e non giuridica, e quelli secondo cui quest’ultima disposizione ha l’effetto di compromettere l’interpretazione della nozione di «Stato di diritto» come valore comune dell’Unione. |
227 |
A tale riguardo, anzitutto, l’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non mira a definire in modo esaustivo tale nozione, ma si limita a specificare, ai soli fini di tale regolamento, vari principi che essa ricomprende e che sono, secondo il legislatore dell’Unione, i più pertinenti rispetto all’oggetto del regolamento in questione, che consiste nel garantire la protezione del bilancio dell’Unione. |
228 |
Come precisato poi al punto 136 della presente sentenza, la nozione di «Stato di diritto» di cui all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato va intesa come «il valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE», nozione questa che ricomprende i principi menzionati al suddetto articolo 2, lettera a). Ne consegue che tale disposizione non ha l’effetto di compromettere l’interpretazione della nozione di «Stato di diritto» come valore comune dell’Unione quale risulta dall’articolo 2 TUE. |
229 |
Inoltre, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, i principi menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non travalicano i limiti della nozione di «Stato di diritto». In particolare, il riferimento alla tutela dei diritti fondamentali è effettuato solo a titolo di illustrazione dei requisiti del principio della tutela giurisdizionale effettiva, parimenti garantita all’articolo 19 TUE e che, come la stessa Ungheria riconosce, fa parte di tale nozione. Lo stesso vale per il riferimento al principio di non discriminazione. Infatti, sebbene l’articolo 2 TUE menzioni separatamente lo Stato di diritto quale valore comune agli Stati membri e il principio di non discriminazione, occorre constatare che uno Stato membro la cui società sia caratterizzata dalla discriminazione non si può ritenere garantisca il rispetto dello Stato di diritto, ai sensi di tale valore comune. |
230 |
Tale constatazione è avvalorata dal fatto che, nello studio menzionato al punto 201 della presente sentenza e cui fa riferimento il considerando 16 del regolamento impugnato, la Commissione di Venezia ha precisato, in particolare, che la nozione di «Stato di diritto» si basa su un sistema di diritto sicuro e prevedibile, nel quale qualsiasi persona ha il diritto di essere trattata dai titolari di poteri decisionali in modo dignitoso, uguale e razionale, nel rispetto del diritto esistente, e di disporre di mezzi di ricorso per contestare le decisioni dinanzi a giudici indipendenti e imparziali, secondo un procedimento equo. Orbene, tali caratteristiche sono appunto riflesse nell’articolo 2, lettera a), di tale regolamento. |
231 |
Infine, l’obbligo relativo al rispetto dello Stato di diritto e la cui violazione può rientrare nell’ambito del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, letto alla luce dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento, costituisce un’espressione specifica dei requisiti discendenti, per gli Stati membri, dalla loro appartenenza all’Unione, in forza dell’articolo 2 TUE. Infatti, tale obbligo costituisce un obbligo di risultato che, come ricordato ai punti da 124 a 127 della presente sentenza, discende direttamente dagli impegni assunti dagli Stati membri gli uni nei confronti degli altri nonché nei confronti dell’Unione. |
232 |
A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 2 TUE non costituisce una mera enunciazione di orientamenti o di intenti di natura politica, ma contiene valori che, come rilevato al punto 127 della presente sentenza, fanno parte dell’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune, valori che sono concretizzati in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri. |
233 |
Orbene, anche se, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, cosicché tali Stati dispongono di una certa discrezionalità per garantire l’attuazione dei principi dello Stato di diritto, ciò non comporta in alcun modo che tale obbligo di risultato possa variare da uno Stato membro all’altro. |
234 |
Infatti, pur disponendo di identità nazionali distinte, insite nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, che l’Unione rispetta, gli Stati membri aderiscono a una nozione di «Stato di diritto» che condividono, quale valore comune alle loro proprie tradizioni costituzionali, e che si sono impegnati a rispettare in modo continuativo. |
235 |
Pertanto, e nonostante il fatto che la Commissione e il Consiglio debbano effettuare le loro valutazioni tenendo debitamente conto delle circostanze e dei contesti specifici di ciascuna procedura condotta ai sensi del regolamento impugnato e, in particolare, prendendo in considerazione le peculiarità del sistema giuridico dello Stato membro di cui trattasi e la discrezionalità di cui tale Stato membro dispone per garantire l’attuazione dei principi dello Stato di diritto, tale esigenza non è in alcun modo incompatibile con l’applicazione di criteri di valutazione uniformi. |
236 |
Se è pur vero poi che l’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non descrive dettagliatamente i principi dello Stato di diritto in esso menzionati, resta il fatto che il considerando 3 di tale regolamento ricorda che i principi di legalità, della certezza del diritto, del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, della tutela giurisdizionale effettiva e della separazione dei poteri, contemplati da tale disposizione, sono stati oggetto di una copiosa giurisprudenza della Corte. Lo stesso vale per i principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, parimenti menzionati, come risulta in particolare dai punti 94 e 98 della sentenza del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, EU:C:2021:426), nonché dai punti 57 e 58 della sentenza del 2 settembre 2021, État belge (Diritto di soggiorno in caso di violenza domestica) (C‑930/19, EU:C:2021:657). |
237 |
Tali principi dello Stato di diritto, come sviluppati sulla base dei Trattati dell’Unione nella giurisprudenza della Corte, sono quindi riconosciuti e precisati nell’ordinamento giuridico dell’Unione e trovano la loro fonte in valori comuni riconosciuti e applicati anche dagli Stati membri nei loro propri ordinamenti giuridici. |
238 |
Inoltre, i considerando da 8 a 10 e 12 del regolamento impugnato menzionano i principali requisiti derivanti da tali principi. In particolare, essi forniscono chiarimenti sui casi che possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto, previsti all’articolo 3 di tale regolamento, nonché sulle situazioni e condotte che tali violazioni devono interessare, descritte all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento in questione, per poter giustificare l’adozione di opportune misure ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del medesimo. |
239 |
Infine, le valutazioni della Commissione e del Consiglio sono soggette ai requisiti procedurali specificati all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato. Tali requisiti implicano in particolare, come rileva il considerando 26 di tale regolamento, l’obbligo per la Commissione di basarsi su elementi di prova e di rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati quando essa conduce procedure ai sensi di tale disposizione. Per quanto riguarda l’individuazione e la valutazione delle violazioni dei principi dello Stato di diritto, detti requisiti devono essere interpretati alla luce del considerando 16 del regolamento in questione, secondo il quale tale valutazione deve essere oggettiva, imparziale ed equa. |
240 |
Ciò posto, l’Ungheria non può affermare che gli Stati membri non sono in grado di determinare con sufficiente precisione il contenuto essenziale e i requisiti derivanti da ciascuno dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato né che tali principi sono di natura unicamente politica e che il controllo del loro rispetto non può essere oggetto di una valutazione strettamente giuridica. |
241 |
In secondo luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che il rapporto tra l’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, e l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato non sarebbe chiaramente determinabile, che l’applicazione congiunta di tali disposizioni non consentirebbe di escludere che situazioni che non sono connesse alla sana gestione delle risorse del bilancio dell’Unione siano oggetto di sanzioni e che le nozioni di cui all’articolo 3, lettera b), di tale regolamento presenterebbero solo un nesso lontano con la nozione di «Stato di diritto». |
242 |
Al riguardo, anzitutto, ai punti da 136 a 138 e 147 della presente sentenza è stato rilevato che l’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato definisce tale nozione, ai soli fini di quest’ultimo, nel senso che in essa rientrano i principi di legalità, della certezza del diritto, del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, della tutela giurisdizionale effettiva, della separazione dei poteri, di non discriminazione e di uguaglianza di fronte alla legge; che l’articolo 3 di tale regolamento, nel citare casi che possono essere indicativi di violazioni di tali principi, mira a facilitare l’applicazione del regolamento in questione, precisando i requisiti insiti a tali principi; e che l’articolo 4 del medesimo regolamento illustra, al paragrafo 2, l’ambito di applicazione del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1, il quale richiede che le violazioni dei principi dello Stato di diritto interessino quelle situazioni o condotte di autorità che sono elencate alle lettere da a) a h), purché siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
243 |
Da quanto precede risulta che l’articolo 2, lettera a), l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato presentano tra loro legami sufficientemente precisi alla luce del principio della certezza del diritto. |
244 |
Inoltre, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, l’applicazione congiunta di tali disposizioni non implica affatto il rischio che situazioni che non sono connesse alla sana gestione delle risorse del bilancio dell’Unione possano essere oggetto di misure adottate a norma dell’articolo 4 del regolamento impugnato. Infatti, come rilevato al punto 147 della presente sentenza, tale articolo limita, al paragrafo 2, l’ambito di applicazione del meccanismo di condizionalità orizzontale alle sole situazioni e condotte delle autorità degli Stati membri che sono rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e richiede, al paragrafo 1, che sia accertato un nesso effettivo, in tutti i casi, tra violazioni dei principi dello Stato di diritto, da un lato, e pregiudizi o rischi seri di pregiudizi a tale sana gestione finanziaria o alla tutela di tali interessi finanziari, dall’altro. |
245 |
Infine, non possono essere accolte le affermazioni dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo le quali le espressioni «l’omessa prevenzione (...) la mancata assegnazione di risorse finanziarie e umane a scapito del (...) corretto funzionamento [delle autorità pubbliche]», «il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse» oppure «l’omessa prevenzione (...) delle decisioni (...) illegittime», di cui all’articolo 3, lettera b), del regolamento impugnato, presentano solo un nesso lontano e indiretto con la nozione di «Stato di diritto». Infatti, come risulta dai considerando 9 e 10 di tale regolamento, tali situazioni possono condurre alla violazione del principio del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo o di quello della tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenze del 18 maggio 2021, Asociaţia Forumul Judecătorilor din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti da 210 a 214, e del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti da 195 a 213). |
246 |
In terzo luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che il regolamento impugnato non è conforme al principio della certezza del diritto in quanto fa ricorso, all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, a espressioni troppo imprecise – quali «[il] corretto funzionamento [delle autorità]», «l’effettivo controllo giurisdizionale, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, (...) delle autorità», «l’effettiva e tempestiva collaborazione con l’OLAF» e «altre situazioni o condotta di autorità rilevanti» – per poter prevedere le circostanze nelle quali può essere constatata una violazione dei principi dello Stato di diritto e in quanto accorda alla Commissione e al Consiglio un potere discrezionale eccessivo a tale riguardo. |
247 |
L’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma altresì, per quanto riguarda in particolare l’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, che tale disposizione è contraria ai requisiti del principio della certezza del diritto. Infatti, mentre una norma che istituisce una sanzione dovrebbe definire in modo preciso ed esaustivo la condotta che intende sanzionare, tale disposizione disattenderebbe tale requisito, poiché prevedrebbe, senza definirle, che «altre situazioni o condotta di autorità» possano giustificare l’adozione di misure. Inoltre, la formulazione di tale disposizione non consentirebbe di stabilire se il termine «situazioni» sia o no connesso al termine «autorità». Infine, la mancanza di precisione della nozione di «autorità» ingenererebbe incertezza giuridica. |
248 |
A tale riguardo, sotto un primo profilo, per quanto riguarda il «corretto funzionamento» delle autorità pubbliche, comprese quelle di contrasto, che eseguono il bilancio dell’Unione e sono preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari, nonché dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, di cui all’articolo 3, lettera b), e all’articolo 4, paragrafo 2, lettere da a) a c), del regolamento impugnato, dai considerando 8 e 9 di tale regolamento risulta che tale espressione si riferisce alla capacità di tali autorità di svolgere correttamente e in modo effettivo ed efficace le loro funzioni rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
249 |
Sotto un secondo profilo, la nozione di «effettivo controllo giurisdizionale, da parte di organi giurisdizionali indipendenti» delle azioni od omissioni compiute dalle autorità che eseguono il bilancio dell’Unione, o dalle autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari o ancora dai servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), del regolamento impugnato, è non solo precisata ai considerando da 8 a 10 e 12 di tale regolamento, ma è stata altresì oggetto, come ricordato ai punti 132, 161 e 162 della presente sentenza, di una copiosa giurisprudenza della Corte nell’ambito dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 47 della Carta. |
250 |
Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’«effettiva e tempestiva collaborazione con l’OLAF», si deve rilevare che il requisito di una simile collaborazione risulta dalla normativa finanziaria dell’Unione. Infatti, l’articolo 63, paragrafo 2, lettera d), del regolamento finanziario impone che gli Stati membri, nell’espletare le funzioni connesse all’esecuzione del bilancio, adottino tutte le misure necessarie, comprese misure legislative, regolamentari e amministrative, per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, impone loro di cooperare, in conformità di tale regolamento e della normativa settoriale, con l’OLAF. |
251 |
Tale requisito di cooperazione è specificato, in particolare, all’articolo 129 del regolamento finanziario e include l’obbligo di accordare all’OLAF i diritti e l’accesso necessari per esercitare integralmente le sue competenze, diritti che comprendono quello di effettuare indagini, anche attraverso controlli e verifiche sul posto, in conformità del regolamento n. 883/2013. Dall’articolo 131, paragrafo 1, del regolamento finanziario risulta inoltre che, qualora una procedura di aggiudicazione o di attribuzione risulti inficiata da frodi, la persona responsabile deve informare immediatamente l’OLAF. Infine, altre precisazioni relative alla cooperazione richiesta possono essere dedotte dall’articolo 57, dall’articolo 91, paragrafo 2, dall’articolo 132, paragrafo 2, dall’articolo 187, paragrafo 3, lettera b), ii), e dall’articolo 220, paragrafo 5, lettera c), di detto regolamento nonché dal regolamento n. 883/2013. |
252 |
Sotto un quarto profilo, l’espressione «altre situazioni o condotta di autorità», di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, deve essere interpretata alla luce dell’articolo 4, paragrafo 2, lettere da a) a g), e dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento. |
253 |
A questo proposito, dal combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato risulta che sono adottate opportune misure qualora sia accertata la commissione di una violazione di uno dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento, che riguardi una situazione imputabile a un’autorità di uno Stato membro o una condotta di una tale autorità, purché tale situazione o condotta sia rilevante per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, e purché detta violazione comprometta o rischi seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o tali interessi finanziari. |
254 |
Orbene, l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, del medesimo, non solo è circoscritta dall’insieme dei criteri rilevati al punto precedente, ma è altresì soggetta ai requisiti procedurali ricordati al punto 239 della presente sentenza. |
255 |
Non si può dunque ritenere che le «altre situazioni o condotta di autorità» menzionate all’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, in quanto definite in termini astratti e generali, conferiscano carattere non tassativo all’elenco delle violazioni dei principi dello Stato di diritto di cui a tale paragrafo 2. |
256 |
Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, nella parte in cui si riferisce, alle lettere da a) a g), a talune autorità, tra cui le «autorità che eseguono il bilancio dell’Unione», le «autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari» o ancora le «autorità amministrative», fornisce indicazioni sulle autorità alle quali fa riferimento la sua lettera h). |
257 |
Per di più, dalla definizione della nozione di «soggetto pubblico» di cui all’articolo 2, lettera b), del regolamento impugnato si può dedurre che sono contemplate le autorità pubbliche a qualsiasi livello di governo, comprese le autorità nazionali, regionali e locali, nonché gli istituti di diritto pubblico, o anche le entità di diritto privato investite di attribuzioni di servizio pubblico che presentano sufficienti garanzie finanziarie fornite dallo Stato membro. Tale constatazione è avvalorata dai considerando 3, 8, 9, 15 e 19 di tale regolamento e dall’articolo 3, lettera b), del medesimo, che fanno riferimento esclusivamente ad «autorità pubbliche», ad «autorità di contrasto» e ad «autorità nazionali». |
258 |
Infine, come precisato al punto 164 della presente sentenza, il termine «situazioni» riguarda situazioni imputabili a una tale autorità. |
259 |
Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, l’Ungheria non può sostenere che le espressioni censurate dell’articolo 3 e dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato non consentirebbero a uno Stato membro di determinare con sufficiente certezza la loro portata o il loro senso, al fine di consentirgli di prevedere le condizioni in presenza delle quali può essere constatata una violazione dei principi dello Stato di diritto ai sensi del regolamento in questione. |
260 |
Sotto un quinto profilo, alla luce delle considerazioni che precedono, secondo le quali le espressioni di cui al punto 246 della presente sentenza soddisfano, in quanto tali, i requisiti del principio della certezza del diritto, nonché delle motivazioni di cui ai punti 171 e 239 della presente sentenza, le obiezioni dell’Ungheria, sostenuta dalla Polonia, relative a un preteso potere discrezionale troppo ampio che sarebbe accordato alla Commissione e al Consiglio da tali espressioni devono essere respinte in quanto infondate. |
261 |
In quarto luogo, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che la nozione di «rischio» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato viola il principio della certezza del diritto in quanto consentirà di infliggere sanzioni arbitrarie in situazioni incerte o non dimostrate. Tale nozione darebbe luogo infatti a una presunzione, giacché non può essere stabilito alcun nesso, sotto il profilo giuridico, tra lo Stato di diritto e un pregiudizio al bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari, e per via dell’impossibilità di procedere a una determinazione oggettiva, tecnica e fattuale delle condizioni per l’applicazione di tale disposizione. |
262 |
A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 311 delle conclusioni, sarebbe incompatibile con le esigenze di una sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e con la tutela dei suoi interessi finanziari limitare l’adozione di opportune misure ai casi di pregiudizi appurati a tale sana gestione finanziaria o a tali interessi finanziari. Tale limitazione equivarrebbe infatti a escludere l’adozione di opportune misure nei casi in cui i pregiudizi, pur non essendo ancora appurati, possono nondimeno essere ragionevolmente previsti, stante l’elevata probabilità che essi si verifichino. Detta limitazione sarebbe, pertanto, tale da compromettere la finalità del regolamento impugnato, che consiste, come constatato al punto 119 della presente sentenza, nel proteggere il bilancio dell’Unione contro pregiudizi a quest’ultimo che possono derivare da violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro. |
263 |
Quanto alle nozioni di «sana gestione finanziaria» e di «tutela degli interessi finanziari dell’Unione», la prima è altresì contemplata all’articolo 317, primo comma, TFUE ed è definita all’articolo 2, punto 59, del regolamento finanziario come l’esecuzione del bilancio secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia, mentre la seconda rientra parimenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 325 TFUE e riguarda, secondo l’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento finanziario, tutte le misure legislative, regolamentari e amministrative intese, in particolare, a prevenire, individuare e rettificare le irregolarità e le frodi nel corso dell’esecuzione del bilancio. |
264 |
Va altresì precisato che l’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 883/2013 definisce gli «interessi finanziari dell’Unione» come «entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché quelli coperti dai bilanci delle istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati». L’articolo 135, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento finanziario prevede invece che, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione istituisce e gestisce un sistema di individuazione precoce e di esclusione. |
265 |
La Corte ha inoltre dichiarato che la nozione di «interessi finanziari dell’Unione», ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, comprende non solo le entrate messe a disposizione del bilancio dell’Unione, ma anche le spese coperte da tale bilancio (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 183). Tale nozione è quindi rilevante non solo nel contesto delle misure di lotta contro le irregolarità e la frode di cui a tale disposizione, ma anche per la sana gestione finanziaria di tale bilancio, dal momento che la tutela di tali interessi finanziari contribuisce parimenti a tale sana gestione. |
266 |
La prevenzione di pregiudizi come quelli di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato è, pertanto, un complemento alla correzione di pregiudizi del genere, che è insito sia nella nozione di «sana gestione finanziaria» sia in quella di «tutela degli interessi finanziari dell’Unione», e deve, pertanto, essere come un’esigenza costante e orizzontale della normativa finanziaria dell’Unione. |
267 |
Infine, tale disposizione richiede che le violazioni dei principi dello Stato di diritto constatate rischino «seriamente» di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o i suoi interessi finanziari e impone, di conseguenza, di dimostrare l’esistenza di una probabilità elevata che tale rischio si verifichi, in relazione alle situazioni o condotte di autorità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, fermo restando che possono essere adottate opportune misure solo a condizione che sia accertato un nesso sufficientemente diretto, ossia un nesso effettivo, tra la violazione di uno dei principi dello Stato di diritto e tale rischio serio. Inoltre, al momento dell’adozione di tali misure, occorre altresì rispettare i requisiti procedurali ricordati da ultimo al punto 239 della presente sentenza. |
268 |
Ne consegue che l’argomentazione dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo cui la nozione di «rischio» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato consente di infliggere sanzioni arbitrarie in situazioni incerte o non dimostrate deve essere respinta in quanto infondata. |
269 |
In quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato non definisce in maniera sufficiente la natura e l’ampiezza delle misure di protezione del bilancio dell’Unione che possono essere adottate ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, si deve ricordare, anzitutto, che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento in questione elenca tassativamente le diverse misure di protezione che possono essere adottate, come constatato al punto 135 della presente sentenza. |
270 |
Inoltre, il carattere giustificato e necessario dell’adozione di una di tali misure di protezione risulta dall’osservanza delle condizioni enunciate all’articolo 4 del regolamento impugnato. |
271 |
Infine, per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare la o le misure che devono essere adottate in una determinata situazione, nonché la loro portata, l’articolo 5, paragrafo 3, frasi dalla prima alla terza, di tale regolamento precisa che le misure adottate devono essere proporzionate, devono essere determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari e che la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato devono essere tenute in debita considerazione. Ne consegue che le misure adottate devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni constatate dei principi dello Stato di diritto sul bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. |
272 |
Da quanto precede risulta che l’argomento secondo cui l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato non definisce in maniera sufficiente la natura e la portata delle opportune misure che possono essere adottate deve essere respinto in quanto infondato. |
273 |
In sesto luogo, per quanto riguarda attiene agli argomenti dell’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, secondo i quali l’espressione «per quanto possibile», di cui all’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, viola il principio della certezza del diritto in quanto recide il legame tra la violazione constatata e le misure di protezione adottate, con l’effetto di pregiudicare la proporzionalità di tali misure e di conferire loro carattere sanzionatorio, occorre, anzitutto, sottolineare che tale espressione non autorizza a modulare le misure che possono essere adottate ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento al di qua o al di là dell’impatto della violazione che è stata constatata sul bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. |
274 |
Infatti, come rilevato al punto 271 della presente sentenza, dall’articolo 5, paragrafo 3, frasi dalla prima alla terza, del regolamento in questione risulta che le misure adottate devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sul bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari che sono state constatate, indipendentemente dalla questione se le misure possano o no effettivamente riguardare le azioni dell’Unione interessate da tali violazioni. |
275 |
L’espressione «per quanto possibile» autorizza poi l’adozione di misure vertenti su azioni dell’Unione diverse da quelle che sono interessate da una simile violazione solo qualora queste ultime azioni non possano o non possano più essere contemplate, oppure possano esserlo solo in modo insufficiente per conseguire la finalità del regolamento impugnato, che consiste, come risulta dal suo articolo 1, nel garantire la protezione del bilancio dell’Unione nel suo insieme, sicché tali misure si rivelano necessarie per conseguire tale finalità. |
276 |
È quindi solo in subordine e, di conseguenza, a titolo di deroga, in ipotesi che la Commissione deve debitamente dimostrare, che le misure adottate possono riguardare azioni dell’Unione diverse da quelle interessate da tali violazioni. |
277 |
Di conseguenza, l’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato accorda alla Commissione e al Consiglio un potere discrezionale quanto alla scelta dell’azione oggetto della misura da adottare solo qualora ciò si riveli indispensabile per garantire la protezione del bilancio dell’Unione nel suo insieme. Inoltre, conformemente all’articolo 6, paragrafi 7 e 8, di tale regolamento, la Commissione è tenuta a valutare, in particolare, la proporzionalità delle misure previste e a offrire allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni su tali misure e, in particolare, sulla loro proporzionalità, requisiti questi che devono essere intesi alla luce del considerando 26 del medesimo regolamento, come ricordato da ultimo al punto 239 della presente sentenza. |
278 |
Ne consegue che l’espressione «per quanto possibile», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, non recide il legame tra la violazione di un principio dello Stato di diritto che è stata constatata e il pregiudizio o il rischio serio di pregiudizio al bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari che ne deriva, giacché tale espressione consente di contemplare un’azione dell’Unione diversa da quella interessata da tale violazione solo qualora la finalità di tale regolamento consistente nel garantire la protezione del bilancio dell’Unione nel suo insieme non possa essere conseguita altrimenti. Ne consegue altresì che il regolamento in questione prevede per una tale possibilità rigidi requisiti procedurali e che la suddetta espressione non dispensa la Commissione e il Consiglio dal loro obbligo di rispettare rigorosamente la proporzionalità delle misure adottate, in considerazione dell’impatto della violazione constatata sul bilancio dell’Unione. |
279 |
Ciò posto, tale disposizione non ha l’effetto di conferire alle misure di protezione del bilancio dell’Unione carattere di misura sanzionatoria di violazioni dello Stato di diritto in quanto tali, sicché l’argomento vertente sul fatto che l’espressione «per quanto possibile», di cui all’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, reciderebbe, in violazione del principio della certezza del diritto, il legame tra una violazione constatata e le misure adottate deve essere respinto in quanto infondato. |
280 |
In settimo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non definisce in modo sufficientemente preciso le fonti di informazione sulle quali la Commissione può basarsi, in quanto non indica su quale base tale istituzione deve esaminare e valutare l’esistenza di una violazione dei principi dello Stato di diritto, occorre ricordare che, ai sensi della disposizione citata, nell’esaminare se le condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento siano soddisfatte e nel valutare la proporzionalità delle misure da imporre, la Commissione tiene conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e di altri enti riconosciuti. |
281 |
A tale riguardo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, spetta alla Commissione accertare che le condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento siano soddisfatte. |
282 |
Inoltre, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la Commissione è tenuta a esporre, in una notifica scritta allo Stato membro interessato, gli elementi di fatto e i motivi specifici sui quali ha fondato la propria conclusione che vi sono motivi fondati per ritenere che tali condizioni siano soddisfatte. |
283 |
Ne consegue che la Commissione è tenuta a procedere a una valutazione diligente dei fatti alla luce delle condizioni stabilite all’articolo 4 del regolamento impugnato. Lo stesso vale, conformemente all’articolo 6, paragrafi da 7 a 9, di tale regolamento, per il requisito di proporzionalità delle misure, previsto all’articolo 5, paragrafo 3, del medesimo. |
284 |
Secondo i considerando 16 e 26 del regolamento in questione, la Commissione deve inoltre procedere a una valutazione qualitativa approfondita, che deve essere oggettiva, imparziale ed equa, che deve rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e che deve essere condotta secondo un approccio imparziale e basato su elementi di prova. |
285 |
Ne consegue che la Commissione è tenuta ad assicurarsi, sotto il controllo del giudice dell’Unione, della pertinenza delle informazioni di cui essa si avvale e dell’affidabilità delle sue fonti. In particolare, tali disposizioni non conferiscono un valore probatorio specifico o assoluto e non attribuiscono effetti giuridici determinati alle fonti di informazione da esse menzionate né a quelle che sono indicate al considerando 16 del regolamento impugnato, sicché esse non dispensano la Commissione dal suo obbligo di procedere a una valutazione diligente dei fatti che soddisfi pienamente i requisiti ricordati al punto precedente. |
286 |
A tale riguardo, il considerando 16 del regolamento impugnato chiarisce che le pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili e da enti riconosciuti comprendono, in particolare, le sentenze della Corte, le relazioni della Corte dei conti, la relazione sullo Stato di diritto e il quadro di valutazione UE della giustizia elaborati annualmente dalla Commissione, le relazioni dell’OLAF, della Procura europea e dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali nonché le conclusioni e le raccomandazioni delle organizzazioni e reti internazionali pertinenti, compresi gli organi del Consiglio d’Europa come il GRECO e la Commissione di Venezia, in particolare il suo elenco di criteri per la valutazione dello Stato di diritto, e le reti europee delle Corti supreme e dei Consigli di giustizia. |
287 |
La Commissione resta dunque responsabile delle informazioni di cui si avvale e dell’affidabilità delle sue fonti. Inoltre, lo Stato membro interessato ha la facoltà, nel corso della procedura di cui all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato, di presentare osservazioni sulle informazioni che la Commissione intende utilizzare per proporre l’adozione di opportune misure. Pertanto, esso può contestare il valore probatorio di ciascuno degli elementi presi in considerazione, potendo la fondatezza delle valutazioni della Commissione, in ogni caso, essere soggetta al controllo del giudice dell’Unione nell’ambito di un ricorso proposto avverso una decisione del Consiglio adottata ai sensi di tale regolamento. |
288 |
In particolare, la Commissione deve comunicare, in modo preciso, allo Stato membro interessato, una volta avviata la procedura ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato e, periodicamente, per tutta la durata di tale procedura, le pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili sulle quali essa intende fondare la proposta di decisione di esecuzione che dispone le opportune misure che essa presenterà al Consiglio. |
289 |
Ne consegue che il terzo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato. |
290 |
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, le conclusioni principali dirette all’annullamento del regolamento impugnato nel suo complesso devono essere respinte. |
B. Sulle conclusioni, formulate in subordine, dirette all’annullamento parziale del regolamento impugnato
1. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
291 |
Con il quarto motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che tale disposizione è sproporzionata e viola i principi della certezza del diritto e della chiarezza della norma, come è stato esposto nell’ambito del terzo motivo di ricorso, in quanto essa consente l’adozione di misure di protezione del bilancio dell’Unione non solo qualora tale bilancio o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione siano compromessi in modo sufficientemente diretto, ma anche qualora sussista unicamente un rischio serio che vengano compromessi. |
292 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, in via principale, eccepiscono l’irricevibilità del quarto motivo di ricorso e, in subordine, contestano tale argomentazione nel merito. |
b) Giudizio della Corte
293 |
Secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento parziale di un atto di diritto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui si chiede l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. Tale requisito non è soddisfatto quando l’annullamento parziale dell’atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dello stesso, circostanza che deve essere valutata sul fondamento di un criterio oggettivo e non di un criterio soggettivo legato alla volontà politica dell’autorità che ha adottato l’atto di cui trattasi (sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 38 e giurisprudenza ivi citata). |
294 |
A tale riguardo, il Parlamento e il Consiglio sostengono giustamente che l’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato avrebbe l’effetto di modificare la sostanza di tale regolamento, dal momento che tale disposizione precisa le condizioni richieste per consentire l’adozione delle misure di cui all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento in questione e costituisce in tal senso il cuore stesso del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito dal medesimo regolamento. Infatti, senza la disposizione di cui si chiede l’annullamento, il regolamento impugnato non soddisferebbe più l’obiettivo, previsto al suo articolo 1, di stabilire «le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri». |
295 |
Ne consegue che le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato devono essere respinte in quanto irricevibili, sicché non occorre esaminare la fondatezza del quarto motivo di ricorso, dedotto a sostegno di tali conclusioni. |
2. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
296 |
Con il quinto motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che tale disposizione è contraria al requisito secondo cui una norma che istituisce una sanzione deve definire in modo preciso i comportamenti e le situazioni che essa mira a reprimere. La mancanza di un’elencazione precisa e tassativa delle situazioni interessate dal meccanismo di condizionalità orizzontale istituito da tale regolamento violerebbe dunque il principio della certezza del diritto nonché l’articolo 7 TUE. |
297 |
In primo luogo, l’Ungheria osserva che, nel suo parere giuridico n. 13593/18, il servizio giuridico del Consiglio ha rilevato che una disposizione che prevede un meccanismo di condizionalità deve indicare in modo preciso le condizioni da soddisfare per beneficiare di un finanziamento, le quali devono essere sufficientemente connesse all’obiettivo del finanziamento, di modo che, se non sono soddisfatte, il finanziamento diviene incompatibile con una sana gestione finanziaria. Pertanto, il regolamento impugnato, nell’elencare in maniera non tassativa i casi in cui può essere avviato il meccanismo di condizionalità da esso istituito, non consentirebbe di garantire l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto con la protezione del bilancio dell’Unione e la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. |
298 |
In secondo luogo, l’Ungheria deduce dalla formulazione «estremamente generica» dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato una violazione dei requisiti di chiarezza, di precisione e di prevedibilità e, pertanto, del principio della certezza del diritto, in quanto tale disposizione non elencherebbe in modo preciso e tassativo le situazioni in cui possono essere adottate opportune misure ai sensi di tale regolamento. Detta disposizione sarebbe infatti, tenuto conto in particolare delle sue diverse versioni linguistiche, vaga, ambigua, senza limiti e non potrebbe essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione uniformi. Ne risulterebbe un rischio serio di violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
299 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
300 |
In primo luogo, dai punti 244 e 253 della presente sentenza emerge che, contrariamente a quanto sostiene l’Ungheria, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato non deroga affatto al requisito secondo il quale deve sempre esistere un nesso sufficientemente diretto tra una violazione di un principio dello Stato di diritto e un pregiudizio o un rischio serio di pregiudizio alla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari. |
301 |
Inoltre, dai punti 255 e 259 della presente sentenza risulta che tale disposizione, da un lato, non conferisce carattere non tassativo all’elenco delle situazioni e delle condotte di autorità interessate dalle violazioni dei principi dello Stato di diritto di cui all’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento e, dall’altro, è sufficientemente precisa per soddisfare il principio della certezza del diritto. |
302 |
In secondo luogo, quanto agli argomenti relativi alla finalità del regolamento impugnato e alla pretesa elusione della procedura prevista all’articolo 7 TUE, è sufficiente rinviare all’analisi svolta ai punti da 98 a 196 della presente sentenza. |
303 |
In terzo luogo, per quanto riguarda le affermazioni vertenti sulla mancanza di precisione e sulle incoerenze interne dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato, è sufficiente rinviare all’analisi svolta ai punti da 252 a 258 della presente sentenza. |
304 |
Di conseguenza, il quinto motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato, sicché devono essere respinte anche le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato. |
3. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
305 |
Con il sesto motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che tale disposizione impone, in violazione della base giuridica di tale regolamento e delle disposizioni del diritto dell’Unione relative ai disavanzi pubblici, vincoli sui bilanci degli Stati membri interessati, poiché dispone che, se vengono adottate opportune misure nei confronti di uno Stato membro, quest’ultimo non è dispensato dal suo obbligo di continuare a finanziare i programmi interessati presso i beneficiari finali. |
306 |
A tale riguardo, l’Ungheria rileva che gli aiuti dell’Unione previsti dal quadro finanziario pluriennale 2021‑2027 stabilito dal regolamento 2020/2093 e dal regolamento 2020/2094 sono versati nell’ambito di programmi di gestione concepiti principalmente, se non esclusivamente, secondo le priorità dell’Unione. Orbene, se misure adottate in forza del regolamento impugnato dovessero sospendere in tutto o in parte tali aiuti, lo Stato membro interessato sarebbe costretto, in forza di tale disposizione, a finanziare interamente tali programmi. |
307 |
In tal modo, l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato limiterebbe il diritto di tale Stato membro di utilizzare il proprio bilancio, renderebbe la pianificazione della sua politica economica imprevedibile e rischierebbe di costringerlo a violare le disposizioni del diritto dell’Unione relative ai disavanzi pubblici. Orbene, tali circostanze potrebbero portare all’irrogazione di sanzioni aggiuntive e a un indebitamento strutturale dello Stato membro interessato, in particolare quando quest’ultimo dispone di un bilancio modesto, dando così luogo a una violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
308 |
Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato rimetterebbe in discussione l’adeguatezza della base giuridica adottata per tale regolamento, giacché tale disposizione fisserebbe requisiti destinati non già al bilancio dell’Unione, bensì a quello degli Stati membri interessati, il che confermerebbe il fatto che le misure di protezione del bilancio dell’Unione che possono essere adottate ai sensi del regolamento in questione mirano a sanzionare tali Stati membri per violazioni dello Stato di diritto. |
309 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
310 |
Con il sesto motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato impone vincoli sui bilanci degli Stati membri interessati, il che, anzitutto, sarebbe incompatibile con la base giuridica di tale regolamento, poi, violerebbe le disposizioni del diritto dell’Unione relative ai disavanzi pubblici e, infine, violerebbe il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
311 |
A tale riguardo, in primo luogo, per quanto concerne la censura vertente sul fatto che l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato sarebbe incompatibile con la base giuridica di tale regolamento, essa deve essere respinta per le ragioni già esposte ai punti da 150 a 152 della presente sentenza. |
312 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la censura vertente sulla presunta violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione relative ai disavanzi pubblici, occorre rilevare che l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato si limita a precisare che l’adozione di misure ai sensi di tale regolamento non modifica gli obblighi preesistenti, derivanti in particolare dalla «normativa settoriale o finanziaria applicabile», di tali soggetti pubblici e di tali Stati membri, non potendo simili misure, in particolare, costituire un motivo che consenta a questi ultimi di liberarsi da detti obblighi. Ne consegue che tale disposizione non impone alcun nuovo obbligo agli Stati membri. |
313 |
Orbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 324 e 325 delle conclusioni, sebbene l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato abbia come conseguenza che gli Stati membri devono sostenere i costi derivanti dalle misure imposte ai sensi di tale regolamento, tale conseguenza non pregiudica tuttavia la possibilità di cui essi dispongono, nei limiti dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, di definire i mezzi mediante i quali raggiungere gli obiettivi in materia di disavanzi pubblici fissati dai trattati. |
314 |
Pertanto, l’incidenza che tale disposizione può avere sul bilancio degli Stati membri interessati non è diversa da quella che può risultare da altri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. |
315 |
Inoltre, sebbene gli Stati membri possano prendere in considerazione, nella definizione dei loro bilanci, i finanziamenti derivanti dal bilancio dell’Unione loro spettanti, ove le condizioni per ottenere tali finanziamenti risultino soddisfatte, ciò non toglie che, qualora successivamente si constati che tali condizioni non erano o non sono più soddisfatte, cosicché i finanziamenti in questione non sono versati o sono oggetto di una rettifica finanziaria, uno Stato membro non può invocare i propri obblighi relativi ai disavanzi pubblici per sottrarsi all’applicazione di dette condizioni. Pertanto, uno Stato membro non può neppure sostenere che tale applicazione renda imprevedibile la pianificazione della sua politica economica. |
316 |
In terzo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati, dall’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento impugnato risulta che le opportune misure adottate ai sensi di tale regolamento devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni dei principi dello Stato di diritto constatate sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari, e tale requisito di proporzionalità si applica in egual maniera a qualsiasi Stato membro. Inoltre, conformemente all’articolo 6, paragrafi 7 e 8, del medesimo regolamento, la Commissione è tenuta a valutare, segnatamente, la proporzionalità delle misure da imporre e a offrire a qualsiasi Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni sulle misure previste e, in particolare, sulla loro proporzionalità. Poiché tale disposizione deve essere intesa alla luce del considerando 26 dello stesso regolamento, ne deriva che la Commissione deve basarsi, nella sua valutazione, su elementi di prova e rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
317 |
Questi diversi requisiti presuppongono quindi che venga effettuata un’analisi individualizzata al tempo stesso obiettiva e diligente di ciascuna situazione oggetto di una procedura ai sensi del regolamento impugnato, nonché delle opportune misure eventualmente resesi necessarie per tale situazione, nel rigoroso rispetto del principio di proporzionalità, al fine di proteggere efficacemente il bilancio dell’Unione e gli interessi finanziari dell’Unione dagli effetti di violazioni dei principi dello Stato di diritto, assicurando al contempo il rispetto del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. Ciò posto, l’affermazione dell’Ungheria secondo cui l’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato comporterebbe una violazione di tale principio è priva di fondamento. |
318 |
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il sesto motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato, sicché devono essere respinte anche le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato. |
4. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
319 |
Con il settimo motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che i criteri per valutare la proporzionalità delle misure che possono essere adottate nei confronti di uno Stato membro, previsti da tale disposizione, non presentano alcun nesso con il bilancio dell’Unione o con gli interessi finanziari di quest’ultima e mirano a sanzionare violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
320 |
Infatti, secondo i termini stessi della suddetta disposizione, la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto devono essere tenute in debita considerazione ai fini della determinazione delle misure da adottare. Il considerando 18 del regolamento impugnato precisa che l’esame della proporzionalità a tal fine deve tenere conto della gravità della situazione, del tempo trascorso dal verificarsi della condotta in questione, della durata e della ricorrenza della condotta, dell’intenzione, del grado di collaborazione dello Stato membro interessato nel porre fine alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e degli effetti sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
321 |
L’Ungheria ritiene che tali criteri rimettano in discussione, in violazione della base giuridica del regolamento impugnato e dell’articolo 7 TUE, il nesso tra la violazione constatata dei principi dello Stato di diritto e l’impatto effettivo di tale violazione sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. |
322 |
In primo luogo, da una lettura congiunta dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento impugnato e del considerando 18 del medesimo risulterebbe che la Commissione e il Consiglio sono chiamati a tener conto dell’intenzione dell’«autore della violazione». A questo proposito, tale regolamento non definirebbe l’autore della violazione dei principi dello Stato di diritto, in quanto i casi specificati agli articoli 3 e 4 del regolamento in questione si riferirebbero a situazioni e condotte che possono essere imputabili o allo Stato membro interessato considerato nella sua globalità o a taluni dei suoi organi. Orbene, l’Ungheria rileva che questi ultimi non dispongono della capacità di esercitare un atto di volontà, sicché non è chiaro in che modo si dovrebbe tener conto dell’intenzione di «commettere» un atto al momento della determinazione delle opportune misure. |
323 |
Inoltre, tener conto di una simile intenzione inciderebbe necessariamente sulla natura della misura. Se la proporzionalità di una misura è determinata, anche solo in parte, dall’intenzione connessa alla violazione che le serve da fondamento, tale circostanza conferirebbe carattere punitivo a tale misura, la quale non mirerebbe quindi a riparare al pregiudizio al bilancio dell’Unione o alla tutela degli interessi finanziari di quest’ultima. Tener conto dell’intenzione costituirebbe dunque una chiara indicazione del fatto che la finalità e l’oggetto primari del regolamento impugnato non sono conformi alla sua base giuridica. |
324 |
In secondo luogo, tale constatazione sarebbe avvalorata dal fatto che si debba tener conto della durata e della gravità della violazione dei principi dello Stato di diritto nonché del grado di collaborazione dello Stato membro interessato nel porvi fine, poiché tali criteri sarebbero, anch’essi, privi di nesso con l’impatto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. |
325 |
In terzo luogo, da un’interpretazione sistematica del regolamento impugnato risulterebbe che, poiché l’obbligo per le istituzioni di tener conto dell’impatto effettivo o potenziale di una violazione dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari è già previsto alla seconda frase dell’articolo 5, paragrafo 3, di tale regolamento, la terza frase di tale disposizione mira a tener conto di altre forme di impatto. |
326 |
L’Ungheria ritiene che da ciò derivi, anzitutto, che l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato non soddisfa il requisito relativo all’esistenza di un nesso diretto tra le misure adottate e la protezione del bilancio dell’Unione o dei suoi interessi finanziari. Inoltre, tener conto dei criteri previsti da tale disposizione presupporrebbe una valutazione approfondita della violazione dello Stato di diritto da parte della Commissione e del Consiglio, che potrebbe essere effettuata solo nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 TUE. Infine, l’applicazione della suddetta disposizione comporterebbe che le misure adottate abbiano natura di sanzioni, sebbene a uno Stato membro possano essere inflitte sanzioni solo sulla base dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE. |
327 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
328 |
Con il settimo motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, in sostanza, che l’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato, letto alla luce del considerando 18 del medesimo, è incompatibile con la base giuridica di tale regolamento e viola sia l’articolo 7 TUE sia il principio della certezza del diritto, in quanto i criteri in esso menzionati per l’adozione di opportune misure, relativi alla violazione dei principi dello Stato di diritto, non presentano alcun nesso con il bilancio dell’Unione o con la tutela dei suoi interessi finanziari. |
329 |
A tale riguardo, come rilevato al punto 271 della presente sentenza, dall’articolo 5, paragrafo 3, frasi dalla prima alla terza, del regolamento impugnato risulta che le misure adottate devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni constatate dei principi dello Stato di diritto sul bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. |
330 |
Tale disposizione precisa infatti, alla prima frase, che le misure adottate sono «proporzionate», alla seconda frase, che esse sono «determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale» delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari e, alla terza frase, che la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sono «tenute in debita considerazione». |
331 |
Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 177 e 178 delle conclusioni, dall’ordine di tali frasi nonché dai termini utilizzati risulta che la proporzionalità delle misure da adottare è garantita, in maniera determinante, dal criterio dell’«impatto» delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari. Quanto ai criteri della natura, della durata, della gravità e della portata di tali violazioni, essi possono essere «tenuti in debita considerazione» solo al fine di determinare l’ampiezza di tale impatto, che può variare a seconda delle caratteristiche delle violazioni constatate, quali evidenziate mediante l’applicazione di tali criteri. |
332 |
È vero che il considerando 18 del regolamento impugnato, pur facendo riferimento agli stessi criteri di cui all’articolo 5, paragrafo 3, frasi seconda e terza, di tale regolamento, li menziona in un ordine diverso. Tale considerando non può tuttavia portare a un’interpretazione di tale disposizione incompatibile con il suo tenore letterale e la sua struttura, considerato che il preambolo di un atto dell’Unione, sulla scorta di una giurisprudenza costante della Corte richiamata al punto 191 della presente sentenza, non ha valore giuridico vincolante e non può quindi essere invocato per derogare alle disposizioni stesse dell’atto di cui trattasi o per interpretare tali disposizioni in un senso manifestamente contrario al loro tenore letterale. Inoltre, nel fare riferimento anche all’«intenzione (...) dello Stato membro interessato», lo stesso considerando allude non già all’intenzione di violare i principi dello Stato di diritto, bensì a quella di «porre fine alle violazioni» constatate. Orbene, tale intenzione, così come il «grado di collaborazione» di cui fa prova tale Stato membro in tal senso, parimenti menzionato dal medesimo considerando, possono essere rilevanti, in particolare, al fine di determinare la durata e la portata di una violazione, ai sensi dei criteri di cui all’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento in questione e, di conseguenza, conformemente a quanto esposto al punto precedente, al fine di misurare l’impatto di tale violazione sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
333 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, sebbene i criteri di cui all’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato presuppongano una valutazione approfondita da parte della Commissione e del Consiglio delle caratteristiche della violazione dei principi dello Stato di diritto in questione, essi presentano nondimeno un nesso con la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione e con la tutela dei suoi interessi finanziari, sicché non si può ritenere che essi conferiscano alle opportune misure adottate in forza del regolamento in questione natura di sanzioni riferibili a violazioni dello Stato di diritto in quanto tali. |
334 |
Ciò posto, il settimo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato, sicché devono essere respinte anche le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, terza frase, del regolamento impugnato. |
5. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
335 |
Con l’ottavo motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che tale disposizione viola i principi di proporzionalità e della certezza del diritto in quanto prevede che solo «per quanto possibile» le misure adottate devono riguardare le azioni dell’Unione interessate dalle violazioni. |
336 |
Dai termini della suddetta disposizione risulterebbe, infatti, che tali misure possono riguardare azioni dell’Unione non interessate dalla violazione dei principi dello Stato di diritto, e che quindi simili misure potrebbero essere adottate senza che sia dimostrato un nesso diretto tra una violazione del genere e un’azione specifica dell’Unione contemplata da tali misure. Orbene, il principio della certezza del diritto imporrebbe, rigorosamente, che l’applicazione di norme che comportano conseguenze finanziarie sia certa e prevedibile, il che non avverrebbe in assenza di un nesso effettivo tra violazioni dei principi dello Stato di diritto e misure adottate ai sensi del regolamento impugnato. |
337 |
L’assenza di un nesso effettivo comporterebbe altresì una violazione del principio di proporzionalità. Infatti, anche supponendo che l’obiettivo del regolamento impugnato consista nel definire le norme necessarie alla protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro, l’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, di tale regolamento andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo, poiché autorizzerebbe l’adozione di misure in relazione a programmi dell’Unione che non sono interessati da una simile violazione. |
338 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
339 |
Con l’ottavo motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che l’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato viola i principi di proporzionalità e della certezza del diritto, in quanto consente, mediante l’uso dell’espressione «per quanto possibile», di contemplare azioni e programmi che non presentano alcun nesso con una violazione constatata di un principio dello Stato di diritto. |
340 |
A tale riguardo, da un lato, per quanto attiene alla pretesa violazione del principio di proporzionalità, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, tale principio, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 206 e giurisprudenza ivi citata). |
341 |
Nel caso di specie, è sufficiente rilevare, come constatato ai punti da 273 a 279 della presente sentenza, che, anzitutto, l’espressione «per quanto possibile», di cui all’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, non autorizza a modulare le misure che possono essere adottate ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento al di qua o al di là dell’impatto della violazione che è stata constatata sul bilancio dell’Unione, poi, che il regolamento in questione mira alla protezione del bilancio dell’Unione nel suo insieme e, infine, che tale espressione consente di contemplare azioni dell’Unione diverse da quelle che sono interessate da una violazione del genere solo a titolo di deroga, qualora tali azioni non possano o non possano più essere contemplate, oppure possano esserlo solo in modo insufficiente per conseguire la finalità del medesimo regolamento, che consiste nel garantire la protezione di tale bilancio nel suo insieme, sicché un simile modo di procedere si rivela indispensabile per raggiungere tale obiettivo. |
342 |
Ne consegue che l’argomento secondo cui, mediante l’uso dell’espressione «per quanto possibile», l’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere detto obiettivo deve essere respinto in quanto infondato. |
343 |
Dall’altro lato, per quanto riguarda la pretesa violazione del principio della certezza del diritto, anzitutto, dalle constatazioni effettuate ai punti da 269 a 272 della presente sentenza risulta che il tipo di misure che possono essere adottate ai sensi del regolamento impugnato è fissato all’articolo 5, paragrafo 1, del medesimo e che la portata delle misure è determinata rigorosamente, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento in questione, in funzione dell’impatto della violazione sul bilancio dell’Unione che è stata constatata. |
344 |
Ai punti da 273 a 279 della presente sentenza è stato poi precisato che l’espressione «per quanto possibile», di cui all’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato, non recide il legame tra una violazione di un principio dello Stato di diritto e il pregiudizio o il rischio serio di pregiudizio al bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari. Inoltre, l’uso di tale espressione rende possibile, a titolo di deroga nella stretta misura indispensabile, l’applicazione di misure di protezione del bilancio dell’Unione ad azioni diverse da quelle interessate dalla violazione di un principio dello Stato di diritto, qualora la finalità di tale regolamento, che è di garantire una protezione di tale bilancio nel suo insieme o di tali interessi, non può essere conseguita altrimenti. L’articolo 6 del regolamento in questione prevede inoltre per una tale possibilità rigidi requisiti procedurali e non dispensa la Commissione e il Consiglio dal loro obbligo di rispettare rigorosamente il requisito di proporzionalità delle misure adottate, in funzione dell’impatto della violazione sul bilancio dell’Unione o sulla tutela dei suoi interessi finanziari che è stata constatata. |
345 |
Infine, dato che il regolamento impugnato precisa la natura e la portata delle misure che possono essere adottate, che accorda alla Commissione e al Consiglio la facoltà di contemplare azioni diverse da quelle interessate dalla violazione di un principio dello Stato di diritto solo nella misura in cui essa sia necessaria per garantire la protezione del bilancio dell’Unione nel suo insieme e dei suoi interessi finanziari, e che tale facoltà è oltretutto strettamente circoscritta, in particolare dal principio di proporzionalità, non si può ritenere che l’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato violi i principi di proporzionalità e della certezza del diritto. |
346 |
Pertanto, l’ottavo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato, sicché devono essere respinte anche le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 5, paragrafo 3, quarta frase, del regolamento impugnato. |
6. Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato
a) Argomenti delle parti
347 |
Con il nono motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle sue conclusioni formulate in subordine e dirette all’annullamento dell’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma che l’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento impugnato viola il principio della certezza del diritto in quanto consente alla Commissione di tenere conto, ai fini della valutazione delle condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento, delle «pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e altri enti riconosciuti». Lo stesso varrebbe per l’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento in questione, che rinvia al suddetto articolo 6, paragrafo 3, per quanto riguarda la valutazione della proporzionalità delle misure da imporre. |
348 |
L’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non definirebbe infatti in modo sufficientemente preciso le fonti di informazione pertinenti cui rinvia, poiché non indicherebbe su quale base la Commissione debba valutare l’esistenza di una violazione dei principi dello Stato di diritto. |
349 |
In particolare, non sarebbe escluso, tenuto conto dell’espressione «pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili», di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento impugnato, che la Commissione basi la propria valutazione sull’opinione individuale espressa da determinate persone o organizzazioni la cui obiettività non sia accertata o che basi la stessa valutazione sulla mancata attuazione di raccomandazioni giuridicamente non vincolanti ed emesse da organizzazioni internazionali al di fuori dell’ambito dell’Unione. Orbene, simili raccomandazioni, di natura diversa, non potrebbero essere considerate indicatori affidabili di una carenza generalizzata in materia di Stato di diritto. |
350 |
L’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non indicherebbe neppure in che modo la Commissione debba sintetizzare tali fonti. Tenuto conto dell’ampia discrezionalità accordata a tale istituzione da tali disposizioni, qualsiasi documento non vincolante utilizzato da quest’ultima potrebbe costituire uno strumento di prova di una violazione, anche qualora esso sia stato scelto arbitrariamente. |
351 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
b) Giudizio della Corte
352 |
Con il nono motivo di ricorso, l’Ungheria, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, afferma, anzitutto, che l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non soddisfa, tenuto conto del carattere impreciso della sua formulazione, il requisito derivante dal principio della certezza del diritto, poi, che tale disposizione consente alla Commissione di basare la sua valutazione su opinioni la cui obiettività non è garantita e su raccomandazioni non vincolanti emesse al di fuori dell’ambito dell’Unione e, infine, che detta disposizione non precisa in che modo tale istituzione debba sintetizzare le informazioni prese in considerazione e valutarne la rilevanza alla luce della finalità del regolamento impugnato. |
353 |
A tale riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, contrariamente a quanto afferma l’Ungheria, il regolamento impugnato non mira a sanzionare le violazioni dello Stato di diritto in quanto tali, ma, come constatato ai punti da 98 a 152 della presente sentenza, a garantire la protezione del bilancio dell’Unione, sicché l’argomento secondo cui tale regolamento dovrebbe soddisfare i requisiti asseritamente applicabili alle misure sanzionatorie non può, in ogni caso, essere accolto. |
354 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato consenta alla Commissione di basare la sua valutazione su opinioni la cui obiettività potrebbe essere considerata dubbia e su raccomandazioni non vincolanti emesse al di fuori dell’ambito dell’Unione, occorre anzitutto rilevare che tale disposizione si riferisce non già a «opinioni», bensì a «decisioni, (...) conclusioni e (...) raccomandazioni» nonché a «orientamenti». |
355 |
In ogni caso, l’Ungheria non adduce alcun elemento preciso che possa rimettere in discussione l’obiettività degli organismi ed enti menzionati al considerando 16 di tale regolamento, sicché nulla consente di sospettare che essi produrrebbero opinioni la cui obiettività sia dubbia. |
356 |
L’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato richiede poi che la Commissione tenga conto, ai fini della sua valutazione delle condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento nonché della proporzionalità delle opportune misure ad adottare, delle «pertinenti» informazioni a tali fini, il che presuppone necessariamente che tali informazioni si riferiscano ai principi di cui all’articolo 2, lettera a), del regolamento in questione, che comprende il valore dello Stato di diritto, comune agli Stati membri, contenuto nell’articolo 2 TUE. |
357 |
Infine, per quanto riguarda il carattere non vincolante delle raccomandazioni che possono essere prese in considerazione dalla Commissione, al punto 285 della presente sentenza è stato rilevato che l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non conferisce un valore probatorio specifico o assoluto e non attribuisce determinati effetti giuridici alle fonti di informazione da esso menzionate, né a quelle indicate al considerando 16 di tale regolamento, sicché tale disposizione non dispensa la Commissione dal suo obbligo di procedere a una valutazione diligente dei fatti che soddisfi pienamente i requisiti ricordati al punto 284 della presente sentenza. |
358 |
Inoltre, poiché, come rilevato al punto 287 della presente sentenza, la Commissione deve accertarsi della pertinenza delle informazioni da essa utilizzate e dell’affidabilità delle sue fonti, lo Stato membro interessato può, nel corso della procedura prevista all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato, presentare le proprie osservazioni su tali informazioni e, pertanto, contestare il valore probatorio di ciascuno degli elementi presi in considerazione dalla Commissione, e la fondatezza delle valutazioni di quest’ultima può, se del caso, essere verificata dal giudice dell’Unione. |
359 |
In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti relativi al fatto che l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non precisa in che modo la Commissione debba sintetizzare le informazioni prese in considerazione né in che modo debba valutare, sulla base di tali informazioni, la gravità di una violazione di un principio dello Stato di diritto nonché il suo rapporto con la protezione della sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o dei suoi interessi finanziari, ai punti 357 e 358 della presente sentenza è stato ricordato che la Commissione è tenuta a procedere a una valutazione diligente dei fatti e a rispettare il requisito di proporzionalità delle misure adottate ai sensi di tale regolamento, garantito all’articolo 5, paragrafo 3, del medesimo, e la validità di una decisione adottata dal Consiglio ai sensi del regolamento in questione può essere controllata dal giudice dell’Unione. |
360 |
Di conseguenza, il nono motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato, sicché devono essere respinte anche le conclusioni dirette all’annullamento dell’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato. |
361 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso. |
VI. Sulle spese
362 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
363 |
L’Ungheria, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese sostenute dal Parlamento e dal Consiglio, conformemente alla domanda di questi ultimi. |
364 |
Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di tale regolamento, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione si faranno carico delle proprie spese in quanto parti intervenienti nella controversia. |
Per questi motivi, la Corte (Seduta Plenaria) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.