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Document 62018CJ0418

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 dicembre 2019.
Patrick Grégor Puppinck e a. contro Commissione europea.
Impugnazione – Diritto delle istituzioni – Iniziativa dei cittadini “Uno di noi” – Comunicazione della Commissione europea che espone le conclusioni di tale istituzione e i motivi per non realizzare le azioni richieste nell’iniziativa dei cittadini.
Causa C-418/18 P.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:1113

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

19 dicembre 2019 ( *1 )

«Impugnazione – Diritto delle istituzioni – Iniziativa dei cittadini “Uno di noi” – Comunicazione della Commissione europea che espone le conclusioni di tale istituzione e i motivi per non realizzare le azioni richieste nell’iniziativa dei cittadini»

Nella causa C‑418/18 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 22 giugno 2018,

Patrick Grégor Puppinck, residente in Strasburgo (Francia),

Filippo Vari, residente in Roma (Italia),

Josephine Quintavalle, residente in Londra (Regno Unito),

Edith Frivaldszky, residente in Tata (Ungheria),

Jakub Baltroszewicz, residente in Cracovia (Polonia),

Alicia Latorre Canizares, residente in Cuenca (Spagna),

Manfred Liebner, residente in Zeitlofs (Germania),

rappresentati da R. Kiska, solicitor, e P. Diamond, barrister,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

European Citizens’ Initiative One of Us,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da H. Krämer, in qualità di agente,

convenuta in primo grado,

Repubblica di Polonia,

Parlamento europeo,

Consiglio dell’Unione europea,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Prechal, M. Vilaras, E. Regan, S. Rodin (relatore), P.G. Xuereb, L.S. Rossi e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Ilešič, J. Malenovský e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 marzo 2019,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 luglio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la loro impugnazione, i sigg.ri Patrick Grégor Puppinck, Filippo Vari, Jakub Baltroszewicz e Manfred Liebner, nonché le sigg.re Josephine Quintavalle, Edith Frivaldszky e Alicia Latorre Canizares chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 23 aprile 2018, One of Us e a./Commissione (T‑561/14, EU:T:2018:210; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto il loro ricorso inteso all’annullamento della comunicazione COM(2014) 355 final della Commissione, del 28 maggio 2014, relativa all’iniziativa dei cittadini europei «Uno di noi» (in prosieguo: la «comunicazione controversa»).

Contesto normativo

2

Il considerando 1 del regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, riguardante l’iniziativa dei cittadini (GU 2011, L 65, pag. 1, rettifica in GU 2012, L 94, pag. 49), è così formulato:

«Il trattato sull’Unione europea (TUE) rafforza la cittadinanza dell’Unione e potenzia ulteriormente il funzionamento democratico dell’Unione, prevedendo, tra l’altro, che ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione mediante l’iniziativa dei cittadini europei. Tale procedura offre la possibilità ai cittadini di rivolgersi direttamente alla Commissione sottoponendole una richiesta in cui la invita a presentare una proposta di un atto [giuridico] dell’Unione, ai fini dell’applicazione dei trattati, analogamente al diritto conferito al Parlamento europeo a norma dell’articolo 225 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e al Consiglio a norma dell’articolo 241 TFUE».

3

Il considerando 20 del citato regolamento enuncia quanto segue:

«La Commissione dovrebbe esaminare l’iniziativa dei cittadini e presentare le proprie conclusioni giuridiche e politiche separatamente. Entro un termine di tre mesi, dovrebbe inoltre illustrare le azioni che intende intraprendere in risposta ad essa. Al fine di dimostrare che un’iniziativa dei cittadini sostenuta da almeno un milione di cittadini dell’Unione e il seguito eventualmente datole sono esaminati con attenzione, la Commissione dovrebbe spiegare in modo chiaro, comprensibile e dettagliato le ragioni per cui intende agire e, parimenti, i motivi per cui non intende intraprendere alcuna azione. Qualora alla Commissione sia pervenuta un’iniziativa dei cittadini sostenuta dal numero di firmatari necessario e che soddisfa gli altri requisiti del presente regolamento, gli organizzatori dovrebbero poter presentare tale iniziativa in un’audizione pubblica organizzata a livello dell’Unione».

4

L’articolo 2, punto 1, del citato regolamento recita:

«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

1)

“iniziativa dei cittadini”, un’iniziativa che ha ricevuto il sostegno di almeno un milione di firmatari appartenenti ad almeno un quarto degli Stati membri, sottoposta alla Commissione a norma del presente regolamento e nella quale si chiede alla Commissione di presentare, nell’ambito delle sue attribuzioni, un’adeguata proposta su temi per i quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati».

5

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 211/2011 enuncia quanto segue:

«1.   Prima d’iniziare la raccolta delle dichiarazioni di sostegno dei firmatari per una proposta d’iniziativa dei cittadini, gli organizzatori sono tenuti a chiederne la registrazione alla Commissione fornendo le informazioni indicate nell’allegato II, riguardanti in particolare l’oggetto e gli obiettivi di tale iniziativa dei cittadini.

Le suddette informazioni sono introdotte in una delle lingue ufficiali dell’Unione, in un registro elettronico messo a disposizione a tale scopo dalla Commissione (il “registro”).

Gli organizzatori forniscono, per il registro e, se del caso, sul loro sito web, informazioni regolarmente aggiornate sulle fonti di sostegno e di finanziamento della proposta d’iniziativa dei cittadini.

Dopo la conferma della registrazione a norma del paragrafo 2, gli organizzatori possono inserire nel registro la proposta d’iniziativa dei cittadini in altre lingue ufficiali dell’Unione. La traduzione della proposta d’iniziativa dei cittadini in altre lingue ufficiali dell’Unione è di responsabilità degli organizzatori.

La Commissione istituisce un punto di contatto per la fornitura di informazioni e di assistenza.

2.   Entro due mesi dalla data di ricevimento delle informazioni di cui all’allegato II, la Commissione registra una proposta d’iniziativa dei cittadini attribuendole un numero individuale di registrazione e ne invia conferma agli organizzatori, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

il comitato dei cittadini è stato costituito e le persone di contatto sono state designate a norma dell’articolo 3, paragrafo 2;

b)

la proposta d’iniziativa dei cittadini non esula manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto [giuridico] dell’Unione ai fini dell’applicazione dei trattati;

c)

la proposta d’iniziativa dei cittadini non è presentata in modo manifestamente ingiurioso, o non ha un contenuto futile o vessatorio; e

d)

la proposta d’iniziativa dei cittadini non è manifestamente contraria ai valori dell’Unione quali stabiliti nell’articolo 2 TUE».

6

L’articolo 9 del citato regolamento, dal titolo «Presentazione di un’iniziativa dei cittadini alla Commissione», stabilisce, al primo comma, quanto segue:

«Dopo aver ottenuto i certificati di cui all’articolo 8, paragrafo 2, e purché siano state seguite tutte le pertinenti procedure e rispettate tutte le condizioni stabilite nel presente regolamento, gli organizzatori possono presentare alla Commissione l’iniziativa dei cittadini, corredandola di informazioni relative al sostegno e ai finanziamenti eventualmente ricevuti a tal fine. Tali informazioni sono pubblicate sul registro».

7

L’articolo 10 del medesimo regolamento prevede:

«1.   Quando la Commissione riceve un’iniziativa dei cittadini ai sensi dell’articolo 9, essa:

a)

pubblica senza indugio l’iniziativa dei cittadini sul suo registro;

b)

riceve gli organizzatori a un livello appropriato per consentire loro di esporre in dettaglio le tematiche sollevate dall’iniziativa dei cittadini;

c)

entro tre mesi, espone in una comunicazione le sue conclusioni giuridiche e politiche riguardo all’iniziativa dei cittadini, l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso.

2.   La comunicazione di cui al paragrafo 1, lettera c), è notificata agli organizzatori, al Parlamento europeo e al Consiglio ed è resa pubblica».

8

L’articolo 11 del regolamento n. 211/2011, intitolato «Audizione pubblica», così dispone:

«Qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettere a) e b), ed entro il termine di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), gli organizzatori hanno l’opportunità di presentare l’iniziativa in un’audizione pubblica. La Commissione e il Parlamento europeo garantiscono che l’audizione sia organizzata presso il Parlamento europeo, se d[e]l caso con le altre istituzioni e organismi dell’Unione che intendono partecipare, e che la Commissione sia rappresentata a un livello appropriato».

9

L’allegato II di detto regolamento, dal titolo «Informazioni necessarie per registrare una proposta d’iniziativa dei cittadini», è così formulato:

«Per registrare nel registro elettronico della Commissione una proposta d’iniziativa dei cittadini si devono fornire le seguenti informazioni:

1)

il titolo della proposta d’iniziativa dei cittadini, in non oltre 100 battute;

2)

il suo oggetto, in non oltre 200 battute;

3)

una descrizione degli obiettivi della proposta d’iniziativa dei cittadini nella quale si chiede alla Commissione di agire […], in non oltre 500 battute;

4)

le disposizioni dei trattati che gli organizzatori ritengono pertinenti all’azione proposta;

(…)

Gli organizzatori possono fornire in allegato informazioni più ampie sull’oggetto, gli obiettivi e il contesto dell’iniziativa dei cittadini e, se lo desiderano, possono anche trasmettere la bozza di un atto giuridico».

Fatti all’origine della controversia

10

I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 30 della sentenza impugnata e possono essere riassunti nei termini che seguono.

11

L’11 maggio 2012 la Commissione ha registrato, in conformità dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 211/2011, la proposta di iniziativa dei cittadini europei intitolata «Uno di noi» (in prosieguo: l’«ICE controversa»).

12

L’oggetto dell’ICE controversa era «[l]a protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di competenza [dell’Unione europea] nelle quali tale protezione risulti rilevante».

13

Gli obiettivi di tale ICE erano descritti come segue:

«L’embrione umano merita il rispetto della sua dignità e integrità. Ciò è affermato nella sentenza [della Corte di giustizia dell’Unione europea] nel caso Brüstle, che definisce l’embrione umano come l’inizio dello sviluppo dell’essere umano. Per garantire la coerenza nei settori di sua competenza dove la vita dell’embrione umano è in gioco, l’[Unione] deve introdurre un divieto e porre fine al finanziamento di attività presupponenti la distruzione di embrioni umani, in particolare in tema di ricerca, aiuto allo sviluppo e sanità pubblica».

14

In un allegato annesso alla domanda di registrazione dell’ICE, si proponeva di apportare tre modifiche ad atti dell’Unione, esistenti o in fase di progetto. Gli organizzatori di tale ICE hanno chiesto, in primo luogo, di inserire nel regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1), un nuovo articolo che prevedesse che fosse vietato attribuire fondi dell’Unione ad attività comportanti o aventi a presupposto la distruzione di embrioni umani. In secondo luogo, essi hanno proposto di inserire un nuovo comma nell’articolo 16, paragrafo 3, della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014‑2020) «Orizzonte 2020» [COM(2011) 809 definitivo], escludendo da qualsiasi finanziamento a titolo di tale programma quadro le attività di ricerca comportanti la distruzione di embrioni umani, segnatamente quelle intese a ottenere cellule staminali, nonché la ricerca comportante l’utilizzo di cellule staminali embrionali umane in fasi successive in vista del loro ottenimento. In terzo luogo, essi hanno proposto di aggiungere un paragrafo 5 all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (GU 2006, L 378, pag. 41), in modo da prevedere, in sostanza, che l’aiuto finanziario dell’Unione non dovesse servire, direttamente o indirettamente, al finanziamento degli aborti.

15

Le disposizioni dei Trattati giudicate pertinenti dagli organizzatori dell’ICE controversa erano gli articoli 2 e 17 TUE, nonché l’articolo 4, paragrafi 3 e 4, e gli articoli 168, 180, 182, 209, 210 e 322 TFUE.

16

Il 28 febbraio 2014, in conformità dell’articolo 9 del regolamento n. 211/2011, gli organizzatori dell’ICE controversa hanno presentato quest’ultima alla Commissione.

17

Il 9 aprile 2014, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 211/2011, alcuni rappresentanti della Commissione hanno ricevuto gli organizzatori dell’ICE controversa. L’indomani, questi ultimi si sono visti concedere, in ossequio all’articolo 11 del citato regolamento, la possibilità di presentare tale ICE in occasione di un’audizione pubblica organizzata presso il Parlamento europeo.

18

Il 28 maggio 2014 la Commissione ha adottato, sulla base dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, la comunicazione controversa, suddivisa in quattro parti, nella quale essa ha dichiarato che non avrebbe intrapreso alcuna azione a seguito dell’ICE controversa.

19

Al punto 1 di tale comunicazione, intitolato «Introduzione», la Commissione ha presentato, segnatamente, l’oggetto e gli obiettivi dell’ICE controversa nonché le tre modifiche legislative proposte.

20

Al punto 2 di detta comunicazione, intitolato «Situazione attuale», la Commissione ha, anzitutto, illustrato lo stato presente della normativa dell’Unione in merito alla tutela della dignità umana ed ha precisato le competenze dell’Unione al riguardo, evidenziando, segnatamente, che la questione se la ricerca scientifica facente ricorso all’utilizzo di embrioni umani possa essere condotta e finanziata dall’Unione non era affrontata dalla giurisprudenza della Corte.

21

Poi, la Commissione ha illustrato lo stato della ricerca in merito alle cellule staminali embrionali umane (in prosieguo: la «ricerca sulle hESC»), le competenze e le azioni degli Stati membri e dell’Unione in tale settore, nonché i meccanismi introdotti dall’Unione al fine di garantire il rispetto della dignità umana nel quadro del finanziamento di tale ricerca. A questo proposito, per quanto riguarda le competenze dell’Unione, la Commissione ha rilevato che la ricerca sulle hESC si inserisce in un quadro etico rigoroso comprendente un sistema a «tripla barriera», in virtù del quale, in primo luogo, i progetti dell’Unione devono rispettare le leggi del paese in cui si svolge l’attività di ricerca, in secondo luogo, tutti i progetti devono essere scientificamente validati sulla base di una revisione tra pari ed essere sottoposti a un rigoroso controllo etico e, in terzo luogo, i fondi dell’Unione non possono essere usati per isolare nuove linee di cellule staminali, né per attività di ricerca che contemplino la distruzione di embrioni umani.

22

Infine, la Commissione ha illustrato la competenza e le attività degli Stati membri e dell’Unione per quanto riguarda la salute materna e quella infantile nel quadro della cooperazione allo sviluppo.

23

Al punto 3 della comunicazione controversa, intitolato «Valutazione delle richieste presentate con l’[ICE]», la Commissione ha esposto le ragioni per le quali non intendeva intraprendere alcuna delle azioni proposte dagli organizzatori di tale ICE.

24

Essa ha, anzitutto, rilevato che il regolamento finanziario garantiva già che tutte le spese dell’Unione, ivi comprese quelle assunte nei settori della ricerca, della cooperazione allo sviluppo e della sanità pubblica, rispettassero la dignità umana, il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona.

25

Poi, essa ha precisato che le disposizioni del programma quadro «Orizzonte 2020» relative alla ricerca sulle hESC rispondevano già a varie richieste importanti degli organizzatori dell’ICE controversa, segnatamente a quella intesa ad ottenere che l’Unione non finanziasse la distruzione di embrioni umani ed istituisse controlli adeguati.

26

Infine, la Commissione ha fatto presente che un divieto di finanziamento dell’aborto praticato nei paesi in via di sviluppo, quale auspicato dagli organizzatori dell’ICE controversa, avrebbe minato la capacità dell’Unione di raggiungere gli obiettivi fissati in materia di cooperazione allo sviluppo.

27

Il punto 4 della comunicazione controversa, intitolato «Conclusioni», contiene un riassunto degli sviluppi illustrati ai punti precedenti di detta comunicazione.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

28

Mediante atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 luglio 2014, l’entità denominata «European Citizens’ Initiative One of Us», nonché le sette persone fisiche che sono gli organizzatori dell’ICE controversa e che compongono il comitato dei cittadini di quest’ultima, hanno proposto un ricorso inteso ad ottenere l’annullamento della comunicazione controversa e, in subordine, l’annullamento dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011.

29

Con ordinanza del 26 novembre 2015, One of Us e a./Commissione (T‑561/14, EU:T:2015:917, non pubblicata), il Tribunale ha respinto detto ricorso perché irricevibile nella parte in cui era diretto contro l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento sopra citato. Il Parlamento e il Consiglio, non potendo più essere considerati come parti convenute nel giudizio, sono stati ammessi quali intervenienti conformemente alla domanda da essi formulata, in virtù di una decisione del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 30 novembre 2015.

30

Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso.

31

Dopo aver statuito, ai punti da 53 a 65 di tale sentenza, che il ricorso era irricevibile nella parte in cui era stato proposto dall’entità European Citizens’ Initiative One of Us, il Tribunale ha esaminato, ai punti da 68 a 101 della medesima pronuncia, il carattere impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, della comunicazione controversa. Esso ha ritenuto, al punto 77 della sentenza impugnata, che tale comunicazione producesse effetti giuridici vincolanti idonei a pregiudicare gli interessi dei ricorrenti, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica. Il Tribunale ha rilevato a questo riguardo che, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011, la Commissione era tenuta a presentare una comunicazione, come la comunicazione controversa, che esponesse le conclusioni giuridiche e politiche di detta istituzione in merito all’iniziativa dei cittadini intrapresa. Esso ha così dichiarato che il ricorso diretto contro tale comunicazione era ricevibile.

32

Quanto all’esame nel merito di tale ricorso, il Tribunale ha respinto, ai punti da 105 a 118 della sentenza impugnata, il primo motivo di ricorso, relativo ad una violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011 per la mancata presentazione di una proposta di atto giuridico in risposta all’ICE controversa, motivando il rigetto del motivo con il fatto che la Commissione dispone, in virtù sia della disposizione suddetta, sia degli articoli 11 TUE e 24 TFUE, del potere di dar seguito ad un’ICE. Il Tribunale ha ricordato a tale titolo che i Trattati conferiscono alla Commissione un quasi‑monopolio dell’iniziativa legislativa.

33

Per le stesse ragioni, esso ha respinto, ai punti da 122 a 125 della sentenza impugnata, il secondo motivo di ricorso, relativo ad una violazione dell’articolo 11, paragrafo 4, TUE.

34

Il Tribunale ha rigettato, ai punti da 128 a 132 di detta sentenza, il terzo motivo di ricorso, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe violato l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011, letto alla luce del considerando 20 di quest’ultimo, non avendo presentato, in modo separato, le proprie conclusioni giuridiche e politiche in merito all’ICE controversa. A questo proposito, esso ha ricordato che tale considerando, anche se prevede che la Commissione presenti separatamente le proprie conclusioni giuridiche e politiche, non può essere inteso nel senso che esso abbia istituito un obbligo in tal senso a carico di detta istituzione, non avendo il preambolo di un atto dell’Unione valore giuridico vincolante. Così, poiché non risulta dal tenore letterale del citato articolo 10 che la Commissione sia tenuta a ricorrere a una presentazione siffatta, non si può addebitare a detta istituzione di non aver proceduto ad una presentazione separata delle proprie conclusioni. Ad abundantiam, il Tribunale ha precisato che, anche supponendo che un obbligo siffatto esistesse, la violazione di quest’ultimo non avrebbe potuto determinare l’annullamento della comunicazione controversa.

35

Il Tribunale ha del pari respinto, ai punti da 141 a 158 della sentenza impugnata, il quarto motivo di ricorso, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, adducendo il fatto che gli elementi contenuti nella comunicazione controversa erano sufficienti per permettere ai ricorrenti di comprendere le ragioni per le quali la Commissione aveva rifiutato di intraprendere un’azione a seguito dell’ICE controversa. Inoltre, il Tribunale ha considerato che l’argomento secondo cui la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione, non avendo né definito né chiarito lo status giuridico dell’embrione umano nella comunicazione controversa, era inoperante e doveva essere respinto, poiché il carattere sufficiente della motivazione doveva essere valutato unicamente in rapporto all’obiettivo dell’ICE controversa.

36

Infine, il Tribunale ha respinto, ai punti da 168 a 183 della sentenza impugnata, il quinto motivo di ricorso, vertente su errori di valutazione compiuti dalla Commissione nella comunicazione controversa.

37

A questo proposito esso ha affermato che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione nell’esercizio del suo potere di iniziativa legislativa, la decisione di detta istituzione di non presentare al legislatore alcuna proposta di atto giuridico doveva costituire l’oggetto di un controllo limitato.

38

Il Tribunale ha giudicato, in primo luogo, ai punti da 172 a 175 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva commesso alcun errore manifesto di valutazione là dove aveva ritenuto che la sentenza della Corte del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669), non fosse pertinente ai fini della valutazione della legittimità della comunicazione controversa, in quanto detta sentenza riguardava unicamente la questione del carattere brevettabile delle invenzioni biotecnologiche e non affrontava quella del finanziamento delle attività di ricerca aventi quale implicazione o presupposto la distruzione di embrioni umani.

39

Il Tribunale ha statuito, in secondo luogo, al punto 176 della sentenza impugnata, che i ricorrenti non avevano dimostrato l’esistenza di un errore manifesto di valutazione per quanto riguardava l’approccio etico della Commissione in merito alla ricerca sulle hESC. Esso ha altresì respinto, in quanto insufficientemente sviluppata, l’allegazione di detti ricorrenti secondo cui tale ricerca non era necessaria.

40

In terzo luogo, il Tribunale ha affermato, al punto 180 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva commesso un errore manifesto di valutazione neppure là dove si era fondata su una pubblicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo la quale esiste un nesso tra gli aborti non sicuri e la mortalità delle madri, per dedurne che il divieto di finanziamento degli aborti avrebbe ostacolato la capacità dell’Unione di raggiungere l’obiettivo relativo alla riduzione della mortalità delle madri.

41

Infine, in quarto luogo, il Tribunale ha statuito, al punto 182 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva commesso alcun errore manifesto di valutazione là dove aveva deciso di non sottoporre al legislatore dell’Unione una proposta di modifica del regolamento finanziario intesa a proibire il finanziamento delle attività che risultino essere contrarie alla dignità umana e ai diritti dell’uomo.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

42

I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la comunicazione controversa, e

condannare la Commissione alle spese.

43

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare i ricorrenti alle spese.

Sull’impugnazione

44

A sostegno della loro impugnazione, i ricorrenti deducono cinque motivi.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

45

Con il loro primo motivo di impugnazione, i ricorrenti fanno valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto respingendo, ai punti 118 e 125 della sentenza impugnata, il loro argomento relativo all’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 4, TUE e del regolamento n. 211/2011. Essi sostengono che il Tribunale, avendo statuito, ai punti 111 e 113 della sentenza impugnata, che il quasi‑monopolio della Commissione quanto all’iniziativa legislativa non era pregiudicato dall’istituzione del meccanismo dell’ICE, avrebbe travisato il carattere specifico di tale meccanismo.

46

I ricorrenti affermano che, se è pur vero che l’articolo 17, paragrafo 2, TUE prevede che un atto legislativo dell’Unione possa essere adottato soltanto su proposta della Commissione, tale disposizione non può però essere interpretata nel senso che essa conferisca alla Commissione un potere discrezionale illimitato quanto alle proposte legislative su questioni costituenti l’oggetto di un’iniziativa dei cittadini che abbia raccolto il sostegno necessario, ai sensi dell’articolo 2, punto l, del regolamento n. 211/2011. I ricorrenti deducono dalla sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217), che il potere discrezionale di iniziativa legislativa della Commissione deve incontrare dei limiti allorché tale istituzione decide di non presentare alcuna proposta di atto legislativo a seguito di un’ICE, tenendo presente che in tal caso l’esercizio del potere discrezionale di detta istituzione per ostacolare gli obiettivi di un’ICE deve essere considerato illegittimo.

47

Essi sostengono che, da un lato, la decisione della Commissione di non presentare una proposta legislativa a seguito di un’ICE debba essere motivata, tenendo presente che le ragioni addotte devono essere supportate da elementi convincenti e non contrari all’obiettivo dell’ICE in questione. Dall’altro lato, essi ritengono che il potere discrezionale di valutazione della Commissione debba essere esercitato nel rispetto delle politiche generali e degli obiettivi di politica pubblica, sotto il controllo del giudice. Orbene, secondo i ricorrenti, il Tribunale non ha né preso in esame né identificato gli obiettivi di politica pubblica dell’ICE controversa e l’interdipendenza tra il titolo III del Trattato UE e l’articolo 24 TFUE risultante dal regolamento n. 211/2011.

48

I ricorrenti affermano che il Tribunale è incorso in un errore di diritto constatando, al punto 124 della sentenza impugnata, che il meccanismo dell’ICE aveva come unico obiettivo di «invitare» la Commissione a presentare una proposta. Nella misura in cui l’articolo 11, paragrafo 4, TUE non stabilisce che soltanto le persone che abbiano raccolto almeno un milione di firme possono «invitare» la Commissione ad adottare misure appropriate, i ricorrenti ritengono che ciascuna persona o ciascun gruppo possa «invitare» la Commissione a prendere misure siffatte. A loro avviso, tenuto conto delle sue caratteristiche, dei costi e delle difficoltà di organizzazione che essa implica, un’ICE non può essere assimilata ad un semplice «invito» rivolto alla Commissione a prendere misure appropriate.

49

I ricorrenti fanno valere che l’interpretazione del meccanismo dell’ICE adottata dal Tribunale ai punti 111, 113 e 124 della sentenza impugnata priva tale meccanismo di qualsiasi effetto utile e non permette di ovviare al deficit democratico dell’Unione.

50

Essi ritengono che, tenuto conto dell’influenza del Consiglio e del Parlamento sulla Commissione, il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere ad un gruppo di almeno un milione di cittadini che abbiano sostenuto un’ICE la medesima forza di cui godono dette istituzioni. Essi sostengono che il potere della Commissione di dare o no un seguito ad un’ICE deve fondarsi su criteri di valutazione di cui un giudice possa verificare il rispetto. A loro avviso, la valutazione compiuta dal Tribunale nella sentenza impugnata è incoerente nella misura in cui l’esistenza stessa del controllo di legittimità della comunicazione controversa, effettuato dal Tribunale nella sua pronuncia, supporta la loro argomentazione secondo cui la Commissione non è libera di dare o no seguito a un’ICE.

51

Infine, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto là dove ha giudicato che il regolamento n. 211/2011 doveva essere interpretato nel senso che esso permetteva alla Commissione di privare i cittadini del loro diritto di vedere, nell’ambito di un’ICE, le loro proposte di atti legislativi esaminate dal Parlamento.

52

La Commissione ricorda come essa abbia sostenuto dinanzi al Tribunale che la comunicazione controversa non costituiva un atto impugnabile con un ricorso, ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Quanto al merito, essa ritiene che il primo motivo di impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

53

L’articolo 11, paragrafo 4, TUE, introdotto dal Trattato di Lisbona, riconosce ai cittadini dell’Unione il diritto di prendere, a determinate condizioni, l’iniziativa di invitare la Commissione, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei Trattati (sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 23).

54

Il diritto di promuovere un’ICE costituisce, al pari, segnatamente, del diritto di petizione al Parlamento, uno strumento attinente al diritto dei cittadini di partecipare alla vita democratica dell’Unione, previsto dall’articolo 10, paragrafo 3, TUE, in quanto consente loro di rivolgersi direttamente alla Commissione per sottoporle una richiesta che la invita a presentare una proposta di atto giuridico dell’Unione, ai fini dell’attuazione dei Trattati (sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 24).

55

In conformità dell’articolo 24, primo comma, TFUE, le procedure e le condizioni necessarie per la presentazione di un’ICE sono state precisate nel regolamento n. 211/2011.

56

Mediante il loro primo motivo di impugnazione, i ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto là dove ha statuito che la Commissione non era tenuta, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 4, TUE e del regolamento n. 211/2011, a presentare una proposta di atto legislativo a seguito dell’ICE controversa.

57

A questo proposito occorre, in primo luogo, rilevare come risulti dal tenore letterale stesso dell’articolo 11, paragrafo 4, TUE che l’ICE mira a «invitare» la Commissione a presentare una proposta appropriata ai fini dell’attuazione dei Trattati, e non, come sostengono i ricorrenti, a obbligare tale istituzione a intraprendere l’azione o le azioni prospettate dall’ICE in parola. Tale interpretazione letterale è corroborata dalla formulazione dell’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 211/2011, il quale definisce l’«iniziativa dei cittadini» come un’iniziativa sottoposta alla Commissione, a norma di tale regolamento, nella quale si «chiede» a tale istituzione di presentare una proposta quale quella prevista dall’articolo 11, paragrafo 4, TUE. Risulta inoltre dai termini dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), e del considerando 20 di detto regolamento che, allorché riceve un’ICE, la Commissione illustra l’azione che essa intende, eventualmente, intraprendere, nonché le ragioni che essa ha per intraprendere o non intraprendere un’azione, il che conferma che la presentazione, da parte della Commissione, di una proposta di atto dell’Unione a seguito di un’ICE riveste carattere facoltativo.

58

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto nel quale si inscrive il meccanismo dell’ICE, non è consentito – come esattamente sostenuto dalla Commissione – inferire dalla sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione (C‑409/13, EU:C:2015:217), che riguardava la revoca, da parte della Commissione, di una proposta di atto dell’Unione durante l’iter legislativo, che tale istituzione sia costretta a presentare una proposta di atto dell’Unione a seguito di un’ICE.

59

Al contrario, come ricordato dalla Corte in tale sentenza, sia l’articolo 17, paragrafo 2, TUE, sia l’articolo 289 TFUE conferiscono alla Commissione il potere di iniziativa legislativa, il quale implica che spetta a tale istituzione decidere di presentare, oppure no, una proposta di atto legislativo, salva l’ipotesi in cui essa sia tenuta, in forza del diritto dell’Unione, a presentare una proposta siffatta. In virtù di tale potere, in caso di presentazione di una proposta di atto legislativo, spetta parimenti alla Commissione, la quale, conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, TUE, promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine, determinare l’oggetto, la finalità e il contenuto di tale proposta (sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 70).

60

Tale potere di iniziativa legislativa della Commissione è una delle espressioni del principio dell’equilibrio tra istituzioni, caratteristico della struttura istituzionale dell’Unione, il quale implica che ciascuna istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata).

61

A questo proposito, occorre rilevare che, come risulta dal considerando 1 del regolamento n. 211/2011, l’ICE intende conferire ai cittadini dell’Unione un diritto paragonabile a quello di cui dispongono, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 225 e 241 TFUE, il Parlamento e il Consiglio di chiedere alla Commissione di presentare qualsiasi proposta appropriata ai fini dell’attuazione dei Trattati. Orbene, risulta da questi due articoli che il diritto così riconosciuto al Parlamento e al Consiglio non pregiudica il potere di iniziativa legislativa della Commissione, la quale resta libera di non presentare alcuna proposta, a condizione che ne indichi le ragioni all’istituzione interessata. Pertanto, neppure un’ICE presentata a norma dell’articolo 11, paragrafo 4, TUE e del regolamento n. 211/2011 può pregiudicare il potere suddetto.

62

Oltre a ciò, la tesi dei ricorrenti, secondo cui la Commissione è tenuta, in tutti i casi, a dare seguito alle proposte contenute in un’ICE registrata e che abbia raccolto le adesioni necessarie, sarebbe inconciliabile con il potere discrezionale di cui gode la Commissione, a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, nella sua missione consistente nel promuovere l’interesse generale dell’Unione e nell’adottare le iniziative appropriate a tal fine, nonché con l’obbligo generale incombente a tale istituzione, in forza del paragrafo 3 dell’articolo sopra citato, di agire in piena indipendenza nell’esercizio del suo potere di iniziativa.

63

Pertanto, è corretta la statuizione del Tribunale, di cui al punto 111 della sentenza impugnata, secondo cui il quasi‑monopolio dell’iniziativa legislativa conferito dai Trattati alla Commissione non subisce pregiudizio per effetto del diritto all’ICE sancito dall’articolo 11, paragrafo 4, TUE.

64

In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’interpretazione del meccanismo dell’ICE offerta dal Tribunale nella sentenza impugnata priva tale meccanismo di qualsiasi effetto utile, occorre ricordare che, ai termini dell’articolo 10, paragrafo 1, TUE, il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa, la quale concretizza il valore della democrazia. Quest’ultima costituisce, in virtù dell’articolo 2 TUE, uno dei valori su cui l’Unione si fonda.

65

Tale sistema di democrazia rappresentativa è stato completato, ad opera del Trattato di Lisbona, mediante strumenti di democrazia partecipativa, come il meccanismo dell’ICE, i quali hanno come obiettivo di favorire la partecipazione dei cittadini al processo democratico e di promuovere il dialogo tra i cittadini e le istituzioni dell’Unione. Orbene, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, tale obiettivo si inscrive nell’equilibrio istituzionale preesistente e si esercita nei limiti delle attribuzioni che sono conferite a ciascuna istituzione dell’Unione dai Trattati, dovendosi considerare che gli autori di questi ultimi non hanno inteso, con l’instaurazione di tale meccanismo, privare la Commissione del potere di iniziativa legislativa che le è riconosciuto dall’articolo 17 TUE.

66

Ciò premesso, il fatto che la Commissione non sia tenuta ad intraprendere un’azione a seguito di un’ICE non significa che un’iniziativa siffatta sia privata di effetto utile.

67

Infatti, un’ICE che sia stata registrata in conformità dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 211/2011 e che rispetti l’insieme delle procedure e delle condizioni previste da tale regolamento fa sorgere una serie di obblighi specifici in capo alla Commissione, elencati negli articoli 10 e 11 di questo stesso regolamento.

68

Anzitutto, una volta che riceve un’ICE, la Commissione deve, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento, pubblicarla senza indugio nel registro previsto a questo scopo, al fine di portare a conoscenza del pubblico le questioni, prospettate in questa ICE, per le quali i cittadini ritengono che sia necessario un atto giuridico dell’Unione. Poi, ai sensi della lettera b) della disposizione sopra citata, la Commissione è tenuta a ricevere, a un livello appropriato, gli organizzatori di un’ICE che abbia raccolto il sostegno di almeno un milione di firmatari, al fine di consentire loro di esporre in dettaglio le tematiche sollevate da tale ICE. Infine, la lettera c) del medesimo articolo 10, paragrafo 1, prescrive che la Commissione esponga in una comunicazione le proprie conclusioni giuridiche e politiche riguardo all’ICE, l’eventuale azione che intende intraprendere, nonché le ragioni che essa ha per intraprendere o non intraprendere tale azione.

69

Risulta altresì dall’articolo 11 del regolamento n. 211/2011 che gli organizzatori di un’ICE la quale soddisfi le condizioni enunciate all’articolo 10, paragrafo 1, lettere a) e b), del medesimo regolamento hanno la possibilità di presentare tale iniziativa in occasione di un’audizione pubblica, organizzata presso il Parlamento, se del caso insieme con le altre istituzioni e gli organi dell’Unione che intendono partecipare, e in presenza della Commissione, ciò che garantisce loro un accesso privilegiato alle istituzioni dell’Unione.

70

Il Tribunale ha dunque correttamente statuito, al punto 124 della sentenza impugnata, che il rigetto della tesi dei ricorrenti riguardo all’obbligo per la Commissione di intraprendere un’azione a seguito dell’ICE controversa non priva di effetto utile il meccanismo dell’ICE. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, il valore aggiunto particolare di questo meccanismo risiede non già nella certezza del suo esito, bensì nelle possibilità e nelle opportunità che esso crea per i cittadini dell’Unione di dar vita a un dibattito politico in seno alle istituzioni di quest’ultima senza dover attendere l’avvio di un procedimento legislativo.

71

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Tribunale aveva titolo per affermare, ai punti da 105 a 118 della sentenza impugnata, che l’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011 propugnata dai ricorrenti era erronea in diritto. Del pari correttamente il Tribunale ha respinto, ai punti da 122 a 125 della sentenza impugnata, l’argomentazione dei ricorrenti secondo cui l’articolo 11, paragrafo 4, TUE fa sorgere un obbligo per la Commissione di avviare un procedimento legislativo a seguito di un’ICE registrata e beneficiante del sostegno necessario.

72

Ne consegue che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

73

Con il loro secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto statuendo, ai punti 128 e 132 della sentenza impugnata, che la Commissione non era tenuta, a norma dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011, a presentare in maniera separata le proprie conclusioni giuridiche e politiche in merito alle ICE che le erano sottoposte. Essi sostengono che la disposizione di cui sopra deve essere letta alla luce del considerando 20 del citato regolamento, dal quale risulta che la Commissione dovrebbe presentare le proprie conclusioni «giuridiche» e «politiche» separatamente.

74

La Commissione, condividendo la valutazione del Tribunale secondo cui il preambolo di un atto dell’Unione non ha alcun valore giuridico vincolante e non può essere invocato né per derogare ad una disposizione né per interpretare quest’ultima in un senso manifestamente contrario al suo tenore letterale, ritiene che tale secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

75

Il preambolo di un atto dell’Unione è idoneo a precisare il contenuto delle disposizioni dell’atto stesso (v., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 76). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, i considerando di un atto dell’Unione costituiscono, infatti, importanti elementi di interpretazione, che sono idonei a chiarire la volontà dell’autore di tale atto.

76

Per contro, il preambolo di un atto dell’Unione non ha alcun valore giuridico vincolante e non può essere invocato né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione, né per interpretare queste disposizioni in un senso manifestamente contrario al loro tenore letterale (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Deutsches Milch‑Kontor, C‑136/04, EU:C:2005:716, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

77

Nel caso di specie, il Tribunale, dopo aver ricordato, al punto 128 della sentenza impugnata, la consolidata giurisprudenza in merito al valore giuridico del preambolo di un atto, ha dichiarato, ai punti 129 e 130 della sua pronuncia, che la Commissione non era soggetta all’obbligo di presentare separatamente le proprie conclusioni giuridiche e politiche, nella misura in cui tale obbligo, che compare nel considerando 20 del regolamento n. 211/2011, non viene ripreso nell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento. Ad abundantiam, il Tribunale ha aggiunto, al punto 131 della sentenza impugnata, che, anche supponendo che la Commissione fosse tenuta, in virtù di quest’ultima disposizione, a presentare in maniera separata le proprie conclusioni giuridiche e politiche, tale obbligo sarebbe stato unicamente formale, sicché la violazione dello stesso non avrebbe determinato l’annullamento della comunicazione controversa.

78

È giocoforza constatare che, nell’ambito del regolamento n. 211/2011, le rispettive formulazioni dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), e del considerando 20 differiscono unicamente per il fatto che soltanto in tale considerando compare la menzione della presentazione «separata», da parte della Commissione, delle sue conclusioni giuridiche e politiche. Tale menzione viene dunque a precisare l’obbligo gravante sulla Commissione in virtù della disposizione suddetta.

79

A questo proposito, il termine «separatamente», impiegato nel considerando 20 del citato regolamento, deve essere inteso nel senso che tanto le conclusioni giuridiche quanto le conclusioni politiche della Commissione devono comparire nella comunicazione relativa all’ICE in questione in un modo che consenta di comprendere la natura giuridica e politica delle ragioni che tale comunicazione espone.

80

Per contro, il termine suddetto non può essere inteso nel senso che esso imponga un obbligo di separazione formale delle conclusioni giuridiche, da un lato, e delle conclusioni politiche, dall’altro, obbligo la cui violazione sarebbe suscettibile di essere sanzionata con l’annullamento della comunicazione in questione.

81

Nel caso di specie, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 104 delle sue conclusioni, risulta dai punti da 13 a 30 della sentenza impugnata che la comunicazione controversa soddisfa il requisito illustrato al punto 79 della presente sentenza.

82

Ne consegue che l’argomentazione sviluppata dai ricorrenti nell’ambito del secondo motivo di impugnazione non può, in ogni caso, trovare accoglimento.

83

Pertanto, tale secondo motivo di impugnazione deve essere respinto perché inoperante.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

84

Con il loro terzo motivo di impugnazione, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto al punto 170 della sentenza impugnata, avendo affermato che la comunicazione controversa doveva costituire l’oggetto di un controllo circoscritto da parte del Tribunale, limitato agli errori manifesti di valutazione. Essi ritengono, da un lato, che il Tribunale si sia fondato su una giurisprudenza non applicabile al meccanismo dell’ICE e, dall’altro, che esso non abbia proposto alcun criterio che consenta di distinguere tra gli errori «manifesti» e gli errori che tali non sono.

85

I ricorrenti fanno valere, più in particolare, che erroneamente il Tribunale ha riconosciuto alla Commissione, allorché questa presenta una comunicazione a seguito di un’ICE, un ampio potere discrezionale paragonabile a quello di cui essa dispone in materia di politica socio‑economica. Essi aggiungono che il Tribunale non ha illustrato le ragioni per le quali esso si è fondato per analogia sulla sentenza del 14 luglio 2005, Rica Foods/Commissione (C‑40/03 P, EU:C:2005:455), ancorché non trasponibile al meccanismo dell’ICE.

86

La Commissione reputa infondato il terzo motivo di impugnazione.

Giudizio della Corte

87

Il Tribunale ha statuito, al punto 169 della sentenza impugnata, che, nel quadro dell’esercizio del suo potere di iniziativa legislativa, la Commissione deve godere di un ampio potere discrezionale, nella misura in cui, mediante il suddetto esercizio, essa è chiamata, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, a promuovere l’interesse generale dell’Unione effettuando, eventualmente, difficili conciliazioni tra interessi divergenti. Di conseguenza, esso ha giudicato, al punto 170 della sua pronuncia, che la comunicazione controversa doveva costituire l’oggetto di un controllo giurisdizionale limitato.

88

A questo proposito, come è stato sottolineato nell’ambito dell’esame del primo motivo di impugnazione, la decisione della Commissione di non intraprendere alcuna azione a seguito di un’ICE che sia stata registrata ed abbia raccolto il sostegno richiesto rientra nell’esercizio, da parte di tale istituzione, del suo potere di iniziativa legislativa sancito all’articolo 17 TUE.

89

Orbene, poiché, come giustamente sottolineato dal Tribunale al punto 169 della sentenza impugnata, la Commissione gode, nell’esercizio di tale potere, di un ampio potere discrezionale, risulta del pari corretta la statuizione di detto giudice, al punto 170 della sua pronuncia, secondo cui la comunicazione controversa era soggetta a un controllo giurisdizionale limitato, e non ad un controllo pieno come sostenuto dai ricorrenti.

90

Peraltro, a questo proposito occorre precisare che, se è pur vero, come sottolineato dalla Commissione, che la Corte ha statuito, nella sentenza del 9 dicembre 2014, Schönberger/Parlamento (C‑261/13 P, EU:C:2014:2423, punto 24), che una decisione del Parlamento riguardante il seguito da dare ad una petizione conforme ai requisiti enunciati all’articolo 227 TFUE si sottrae al controllo del giudice dell’Unione, nondimeno, una comunicazione della Commissione adottata ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011 si distingue da una decisione quale quella di cui sopra per diversi aspetti.

91

Infatti, a differenza di una petizione siffatta, un’ICE registrata sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 211/2011 soggiace, in virtù di tale regolamento, a condizioni rigorose e a precise garanzie procedurali. Inoltre, mentre una decisione del Parlamento quale quella contemplata al punto precedente rientra in un potere discrezionale «di natura politica» (sentenza del 9 dicembre 2014, Schönberger/Parlamento, C‑261/13 P, EU:C:2014:2423, punto 24), risulta dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento che la Commissione è tenuta a indicare, mediante una comunicazione, le proprie conclusioni, sia giuridiche che politiche, in merito all’ICE in questione, l’eventuale azione che essa intende intraprendere, nonché i motivi che essa ha per intraprendere o non intraprendere tale azione.

92

Simili requisiti mirano non soltanto a informare, in modo chiaro, comprensibile e circostanziato, gli organizzatori di un’ICE in merito alla posizione della Commissione riguardo alla loro iniziativa, ma anche a permettere al giudice dell’Unione di controllare le comunicazioni della Commissione adottate in conformità dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011.

93

Per quanto riguarda la portata di tale controllo, il Tribunale ha statuito, al punto 170 della sentenza impugnata, che detto controllo deve mirare a verificare, oltre al carattere sufficiente della motivazione della comunicazione controversa, l’esistenza, segnatamente, di errori manifesti di valutazione in tale decisione.

94

A questo proposito occorre, da una parte, ricordare che l’obbligo di motivazione deve applicarsi, in linea di principio, a qualsiasi atto dell’Unione produttivo di effetti giuridici [v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Commissione/Consiglio (CMR‑15), C‑687/15, EU:C:2017:803, punto 52]. La motivazione deve far apparire in modo chiaro e inequivoco l’iter logico seguito dall’istituzione autrice dell’atto, in modo da permettere, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata al fine di tutelare i loro diritti e, dall’altro lato, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo sulla legittimità di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 28).

95

Dall’altra parte, quando le istituzioni dell’Unione dispongono, come la Commissione nella presente fattispecie, di un ampio potere discrezionale, e quando, in particolare, esse sono chiamate ad operare delle scelte di natura, segnatamente, politica e valutazioni complesse, il controllo giurisdizionale delle valutazioni sottese all’esercizio di tale potere deve consistere nel verificare l’assenza di errori manifesti (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punti 123124 nonché la giurisprudenza ivi citata).

96

Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto statuendo, ai punti 169 e 170 della sentenza impugnata, che la comunicazione controversa rientrava nell’esercizio di un ampio potere discrezionale della Commissione e doveva dunque costituire l’oggetto di un controllo giurisdizionale limitato, inteso a verificare, segnatamente, il carattere sufficiente della motivazione della comunicazione stessa e l’assenza di errori manifesti di valutazione.

97

Ne consegue che il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto perché infondato.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

98

Con il loro quarto motivo di impugnazione, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha, da un lato, commesso errori di diritto là dove ha proceduto al controllo limitato del potere discrezionale della Commissione, ed ha, dall’altro lato, effettuato un controllo incompleto della comunicazione controversa.

99

Più precisamente, i ricorrenti fanno valere che il Tribunale, ai punti da 159 a 165 della sentenza impugnata, ha identificato gli errori di valutazione fatti valere e, nei successivi punti da 166 a 177, ha limitato il proprio controllo alla determinazione del carattere manifesto di tali errori. Nondimeno, secondo i ricorrenti, risulta dai punti da 172 a 183 della sentenza impugnata che il Tribunale ha applicato tale controllo soltanto ad alcuni degli errori di valutazione fatti valere.

100

A questo proposito essi sostengono, in primo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto, da un lato, ha omesso di constatare un’incoerenza tra il divieto, enunciato nella sentenza del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669), di brevettare invenzioni che presuppongono la distruzione di embrioni umani e il finanziamento della ricerca relativa a simili invenzioni, e, dall’altro lato, non ha dedotto da tale sentenza che la qualità di essere umano poteva essere attribuita all’embrione umano. Essi affermano che i punti 33 e 34 di detta sentenza affermano la dignità umana quale principio di diritto che prevale sul diritto dei brevetti e che deve essere «preso in considerazione anche per giudicare il contributo economico e finanziario dell’Unione alla distruzione di embrioni umani».

101

In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha omesso di constatare che la Commissione era tenuta a chiarire preliminarmente lo status giuridico di un embrione umano, per poter ricercare un equilibrio tra l’interesse della ricerca sulle hESC e la dignità dell’embrione umano. A loro avviso, il riconoscimento, da parte della Commissione, della dignità umana dell’embrione non le avrebbe permesso di ricercare un equilibrio tra tale dignità e qualsiasi interesse sociale concorrente, stante che la nozione stessa di dignità umana vieta una siffatta messa in bilanciamento.

102

In terzo luogo, per quanto riguarda la ricerca sulle hESC, i ricorrenti fanno valere che l’affermazione, secondo cui il sistema di «tripla barriera» costituisce un criterio adeguato dal punto di vista etico per valutare i progetti di ricerca, è manifestamente erronea, nella misura in cui un sistema siffatto non impedisce il finanziamento di progetti di ricerca illegittimi e costituisce persino un incitamento per gli Stati membri ad abbassare i loro standard etici. Essi sostengono che la constatazione operata dal Tribunale, al punto 176 della sentenza impugnata, secondo cui l’approccio etico della Commissione, che differisce da quello dell’ICE controversa, non è viziato da un errore manifesto di valutazione, costituisce un errore di diritto. Secondo i ricorrenti, non spetta al Tribunale stabilire i rispettivi meriti delle posizioni etico‑sociali in competizione, nella misura in cui una constatazione siffatta è di natura politica e non giuridica. I ricorrenti aggiungono che il controllo effettuato dal Tribunale è incompleto, in quanto esso non ha esaminato tutti gli errori di valutazione fatti valere. A questo proposito, essi asseriscono che il Tribunale non ha né esaminato il carattere manifestamente erroneo delle affermazioni della Commissione relative al sistema di «tripla barriera», né formulato osservazioni supplementari relative a tali affermazioni.

103

In quarto luogo, i ricorrenti fanno valere che è manifestamente paradossale affermare, senza fornire alcuna prova in proposito, che la fornitura di servizi di aborto finanziati dal bilancio dell’Unione riduce gli aborti.

104

In quinto luogo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, al punto 164 della sentenza impugnata, ha travisato i loro argomenti, nella misura in cui questi riguardavano, in realtà, il fatto che la Commissione aveva erroneamente qualificato gli impegni assunti nel quadro degli obiettivi di «Sviluppo del Millennio» (in prosieguo: gli «OSM») e del programma di azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo (in prosieguo: l’«ICPD») come configuranti obblighi giuridici vincolanti.

105

La Commissione sostiene che il quarto motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto privo di fondamento.

Giudizio della Corte

106

In primo luogo, occorre respingere l’argomento dei ricorrenti secondo cui il Tribunale è incorso in un errore là dove ha constatato, ai punti da 173 a 175 della sentenza impugnata, che la questione se una ricerca scientifica implicante l’utilizzazione di embrioni umani possa essere finanziata mediante fondi dell’Unione è chiaramente distinta da quella che ha portato alla pronuncia della sentenza del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669).

107

Infatti, come risulta dal punto 40 di quest’ultima sentenza, la Corte ha rilevato che la direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche (GU 1998, L 213, pag. 13), la cui interpretazione era in discussione in quella causa, non ha come scopo di disciplinare l’utilizzazione di embrioni umani nell’ambito di ricerche scientifiche, stante che l’oggetto di detta direttiva è limitato al carattere brevettabile delle invenzioni tecnologiche (v. altresì, in questo senso, sentenza del 18 dicembre 2014, International Stem Cell, C‑364/13, EU:C:2014:2451, punto 22). La sentenza del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669), non contiene, del resto, alcuna valutazione della Corte secondo cui delle ricerche scientifiche contemplanti l’utilizzo di embrioni umani non potrebbero in nessun caso essere finanziate dall’Unione.

108

Pertanto, poiché tale argomento si basa su una lettura errata della sentenza del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669), il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto constatando che tale sentenza non poteva essere invocata dai ricorrenti per dimostrare l’incoerenza dell’approccio della Commissione riguardo all’utilizzazione di embrioni umani nell’ambito di ricerche scientifiche.

109

In secondo luogo, l’argomento dei ricorrenti relativo all’obbligo di chiarimento dello status giuridico di un embrione umano prende di mira, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 136 delle sue conclusioni, il punto 156 della sentenza impugnata, che riguarda il quarto motivo di ricorso dedotto dinanzi al Tribunale, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione incombente alla Commissione.

110

Date tali circostanze, e al di là del fatto che questo argomento non fa che reiterare un argomento sviluppato nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale contro la comunicazione controversa, tale argomento non può utilmente sostenere il quarto motivo di impugnazione, relativo alla mancata constatazione, da parte del Tribunale, di presunti errori manifesti di valutazione della Commissione in tale comunicazione.

111

In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti relativi alla ricerca sulle hESC, secondo i quali il Tribunale avrebbe stabilito, ai punti 176 e 177 della sentenza impugnata, i rispettivi meriti delle posizioni etico‑sociali in competizione, occorre rilevare che essi si basano su una lettura erronea della sentenza impugnata.

112

Infatti, risulta dal punto 176 della sentenza impugnata che il Tribunale ha presentato gli approcci etici relativi alla ricerca sulle hESC seguiti, rispettivamente, nell’ICE controversa e dalla Commissione. Esso ha considerato che l’approccio di tale istituzione non era viziato da un errore manifesto di valutazione. Inoltre, al punto 177 di detta sentenza, esso ha respinto perché insufficientemente sviluppato l’argomento dei ricorrenti relativo all’esistenza di soluzioni alternative alla ricerca sulle hESC che renderebbero tale ricerca obsoleta.

113

Agendo in tal modo, il Tribunale non ha affatto proceduto all’esame dei rispettivi meriti degli approcci etico‑sociali in competizione. Infatti, esso ha soltanto verificato se la Commissione, nella scelta dell’approccio che essa ha deciso di seguire, non avesse commesso un errore manifesto di valutazione.

114

Ne consegue che gli argomenti dei ricorrenti relativi alla ricerca sulle hESC devono essere respinti perché infondati.

115

In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo al presunto errore commesso dal Tribunale ai punti 179 e 180 della sentenza impugnata, secondo i quali la fornitura di servizi di aborto finanziati dal bilancio dell’Unione riduce gli aborti stessi, occorre constatare che esso si basa su un’erronea lettura della sentenza impugnata.

116

Infatti, al punto 180 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente rilevato che, nella comunicazione controversa, la Commissione, fondandosi su una pubblicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva fatto riferimento al fatto che il miglioramento della sicurezza dei servizi sanitari correlati, segnatamente, all’aborto contribuisce a ridurre la mortalità e le malattie delle madri, una delle cui cause risiede nella pratica degli aborti non sicuri.

117

Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente dichiarato che la Commissione non era incorsa in alcun errore manifesto di valutazione là dove aveva ritenuto che il finanziamento, da parte dell’Unione, di un insieme di servizi sanitari sicuri ed efficaci, segnatamente in materia di aborto, contribuisse alla riduzione del numero di aborti non sicuri e, dunque, del rischio di mortalità e di malattie delle madri. Ne consegue che l’argomento dei ricorrenti deve essere respinto perché manifestamente infondato.

118

In quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo al travisamento dell’argomentazione dei ricorrenti riportata al punto 164 della sentenza impugnata, relativa agli OSM e al programma di azione della ICPD, è sufficiente constatare, conformemente a quanto osservato dall’avvocato generale al paragrafo 146 delle sue conclusioni, che il suddetto argomento non può, in ogni caso, essere accolto nella misura in cui la comunicazione controversa non contiene alcuna affermazione secondo cui gli OSM e il programma di azione della ICPD conterrebbero obblighi giuridici vincolanti.

119

Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che il quarto motivo di impugnazione deve essere respinto.

Sul quinto motivo

Argomenti delle parti

120

Con il loro quinto motivo di impugnazione, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto là dove ha rilevato, al punto 156 della sentenza impugnata, che non era necessario chiarire lo status giuridico dell’embrione umano al fine di respingere le tre proposte di modifica di atti dell’Unione esistenti o in progetto suggerite mediante l’ICE controversa. L’obiettivo dell’ICE controversa non riguarderebbe unicamente l’adozione delle tre misure suggerite alla Commissione, ma concernerebbe principalmente la tutela giuridica della dignità, del diritto alla vita e del diritto all’integrità di qualsiasi essere umano a partire dal suo concepimento. I ricorrenti sostengono che la Commissione era tenuta a cooperare con gli organizzatori dell’ICE controversa e a presentare una proposta di atto legislativo a seguito di quest’ultima. Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto non avendo preso in considerazione l’obiettivo specifico di tale ICE allorché ha statuito che la Commissione non era tenuta a dare seguito a quest’ultima.

121

La Commissione ritiene che il quinto motivo di impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

122

Con tale quinto motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che erroneamente il Tribunale, al punto 156 della sentenza impugnata, ha affermato che la Commissione era legittimata a intendere l’ICE controversa come mirante unicamente ad ottenere la presentazione, da parte di tale istituzione, delle tre proposte legislative che erano descritte nell’ICE stessa, e non anche l’elaborazione di una definizione o di un chiarimento dello status giuridico dell’embrione umano.

123

A questo proposito, risulta dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 211/2011 che gli organizzatori di un’ICE, per registrare quest’ultima, devono fornire le informazioni descritte nell’allegato II del regolamento stesso. Tra i requisiti elencati in tale allegato figurano il titolo della proposta di un’ICE, l’oggetto di quest’ultima, la descrizione degli obiettivi della stessa, nonché le disposizioni dei Trattati che gli organizzatori reputano pertinenti per l’azione proposta. Inoltre, gli organizzatori possono allegare alla loro domanda di registrazione informazioni più dettagliate in merito all’oggetto, agli obiettivi e al contesto dell’ICE in questione o un progetto di atto giuridico.

124

Nel caso di specie, risulta dai punti da 2 a 4 della sentenza impugnata che, secondo le indicazioni contenute nel registro messo on-line dalla Commissione ai fini della registrazione delle ICE, in primo luogo, l’oggetto dell’ICE controversa consisteva nella tutela giuridica della dignità, del diritto alla vita e del diritto all’integrità di qualsiasi essere umano a partire dal concepimento, nei settori di competenza dell’Unione in cui tale tutela ha un’importanza particolare.

125

In secondo luogo, tale ICE aveva come obiettivo la tutela della dignità e dell’integrità dell’embrione umano a seguito della sentenza del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669), la quale, secondo gli organizzatori, definisce l’embrione umano come il principio del processo di sviluppo di un essere umano. Gli organizzatori hanno indicato al riguardo che, al fine di assicurare una coerenza nell’esercizio delle sue competenze, l’Unione dovrebbe vietare e porre fine al finanziamento delle attività che implicano la distruzione di embrioni umani, in particolare nei settori della ricerca, dell’aiuto allo sviluppo e della sanità pubblica.

126

In terzo luogo, gli organizzatori hanno fatto riferimento agli articoli 2 e 17 TUE, all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, nonché agli articoli 168, 180, 182, 209, 210 e 322 TFUE quali disposizioni pertinenti.

127

Gli organizzatori dell’ICE controversa avevano allegato alla loro domanda di registrazione tre proposte di modifica di atti dell’Unione esistenti o in progetto.

128

Più precisamente, come si è ricordato al punto 14 della presente sentenza, essi hanno chiesto, in primo luogo, di inserire, nel regolamento finanziario applicabile al bilancio dell’Unione, una disposizione volta a vietare il finanziamento, da parte dell’Unione, delle attività che distruggono embrioni umani o che presuppongono la distruzione degli stessi, in secondo luogo, di aggiungere, in una proposta di regolamento dell’Unione istitutivo del programma quadro per la ricerca e l’innovazione, una disposizione volta ad escludere da qualsiasi finanziamento a titolo di tale programma quadro le attività di ricerca che distruggono embrioni umani, segnatamente quelle intese ad ottenere cellule staminali, e la ricerca implicante l’utilizzazione di cellule staminali embrionali umane in tappe successive per ottenerle, e, in terzo luogo, di aggiungere, nella normativa dell’Unione che istituisce uno strumento di finanziamento della cooperazione allo sviluppo, una disposizione che preveda, in sostanza, che l’aiuto finanziario dell’Unione non debba servire, direttamente o indirettamente, a finanziare degli aborti.

129

Risulta dagli elementi che precedono che giustamente, al punto 156 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’obiettivo dell’ICE controversa era di invitare la Commissione a presentare tre proposte legislative consistenti nel modificare atti dell’Unione, esistenti o in progetto, relativi, rispettivamente, al bilancio dell’Unione, alla ricerca e all’innovazione, nonché alla cooperazione allo sviluppo, e non anche quello di sollecitare detta istituzione a sottoporre anche una proposta intesa a definire o a chiarire lo status giuridico dell’embrione umano.

130

Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo di impugnazione e, per l’effetto, rigettare l’impugnazione stessa.

Sulle spese

131

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione non è fondata, la Corte decide sulle spese.

132

L’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, stabilisce che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

133

Poiché la Commissione ha concluso chiedendo la condanna dei ricorrenti alle spese e questi ultimi sono rimasti soccombenti nei motivi proposti, occorre condannare tali ricorrenti a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

I sigg.ri Patrick Grégor Puppinck, Filippo Vari, Jakub Baltroszewicz e Manfred Liebner, nonché le sigg.re Josephine Quintavalle, Edith Frivaldszky e Alicia Latorre Canizares, sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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