SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

24 giugno 2019 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Stato di diritto – Tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione – Principi di inamovibilità e di indipendenza dei giudici – Abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema – Applicazione ai giudici in carica – Possibilità di continuare a esercitare le funzioni di giudice al di là di tale età subordinata al conseguimento di un’autorizzazione che dipende da una decisione discrezionale del presidente della Repubblica»

Nella causa C‑619/18,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 2 ottobre 2018,

Commissione europea, rappresentata da K. Banks, H. Krämer e S.L. Kalèda, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, K. Majcher e S. Żyrek, in qualità di agenti,

resistente,

sostenuta da:

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér, in qualità di agente,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Prechal (relatrice), M. Vilaras ed E. Regan, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Ilešič, J. Malenovský, L. Bay Larsen, D. Šváby, C. Vajda, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi e M.I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 febbraio 2019,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 aprile 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che, da un lato, abbassando l’età per il pensionamento dei giudici nominati al Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) e applicando tale misura ai giudici in carica nominati presso tale organo giurisdizionale prima del 3 aprile 2018 e, dall’altro, attribuendo al presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva dei giudici di tale organo giurisdizionale al di là dell’età per il pensionamento di nuova fissazione, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in base al combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Trattato UE

2

L’articolo 2 TUE è così formulato:

«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

3

L’articolo 19, paragrafo 1, TUE dispone quanto segue:

«La Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati.

Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

Carta

4

Il titolo VI della Carta, denominato «Giustizia», comprende l’articolo 47, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», che dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. (…)

(…)».

5

A termini dell’articolo 51 della Carta:

«1.   Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati.

2.   La presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati».

Diritto polacco

Costituzione

6

L’articolo 183, paragrafo 3, della Costituzione prevede che il primo presidente del Sąd Najwyższy (Corte suprema) sia nominato per un periodo di sei anni.

7

Ai sensi dell’articolo 186, paragrafo 1, della Costituzione:

«La Krajowa Rada Sądownictwa [consiglio nazionale della magistratura] è garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici».

8

L’articolo 187 della Costituzione così dispone:

«1.   Il consiglio nazionale della magistratura è composto:

1)

dal primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], dal Ministro della Giustizia, del presidente del [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)] e da una persona designata dal presidente della Repubblica;

2)

da quindici membri eletti tra i giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], degli organi giurisdizionali ordinari, degli organi giurisdizionali amministrativi e degli organi giurisdizionali militari;

3)

da quattro membri eletti [dal Sejm (Dieta)] tra i deputati e da due membri eletti dal Senato tra i senatori.

(…)

3.   Il mandato dei membri eletti del Consiglio nazionale della magistratura è di quattro anni.

4.   Il regime, il settore di attività, le modalità di lavoro del consiglio nazionale della magistratura nonché le modalità di elezione dei suoi membri sono definiti per legge».

Nuova legge sulla Corte suprema

9

L’articolo 30 dell’ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), del 23 novembre 2002 (Dz. U. del 2002, posizione 240), fissava l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) a 70 anni. In forza di tale disposizione, i giudici di detto organo giurisdizionale avevano anche la facoltà, entro sei mesi prima del compimento dei 70 anni, di inviare al primo presidente di tale organo giurisdizionale una dichiarazione che indicasse la loro volontà di continuare ad esercitare le loro funzioni e di presentare un certificato attestante che il loro stato di salute consentiva loro di far parte di un organo giudicante, nel qual caso potevano esercitare pienamente le loro funzioni fino al compimento del 72o anno di età.

10

Il 20 dicembre 2017 il presidente della Repubblica ha firmato l’ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5; in prosieguo: la «nuova legge sulla Corte suprema»), entrata in vigore il 3 aprile 2018. Tale legge è stata modificata in varie occasioni, segnatamente dall’ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych, ustawy o Sądzie Najwyższym or az niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, della legge sulla Corte suprema e di talune altre leggi, del 10 maggio 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 1045; in prosieguo: la «legge di modifica del 10 maggio 2018»).

11

Ai sensi dell’articolo 37 della nuova legge sulla Corte suprema:

«1.   I giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] sono collocati a riposo il giorno del compimento del 65° anno di età, salvo il caso in cui, nel periodo compreso tra dodici e sei mesi prima di tale data, essi rendano una dichiarazione indicante la loro volontà di continuare ad esercitare le loro funzioni e presentino un certificato, redatto in conformità alle condizioni applicabili ai candidati alla carriera di magistrato, attestante che il loro stato di salute consente loro di far parte di un organo giudicante, a condizione che il presidente della Repubblica di Polonia autorizzi la proroga delle loro funzioni presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

1 bis   Prima di concedere tale autorizzazione, il presidente della Repubblica di Polonia chiede il parere del consiglio nazionale della magistratura. Il consiglio nazionale della magistratura trasmette il proprio parere al presidente della Repubblica di Polonia entro 30 giorni dalla data in cui è stato da esso invitato a pronunciarsi. Ove il consiglio nazionale della magistratura non trasmetta il proprio parere entro il termine di cui alla seconda frase, il parere si considera favorevole.

1 ter   Nell’emanare il parere di cui al paragrafo 1 bis, il consiglio nazionale della magistratura tiene conto dell’interesse del sistema giudiziario o di un interesse sociale rilevante, in particolare della razionale assegnazione dei membri del [Sąd Najwyższy (Corte suprema) o delle esigenze legate al carico di lavoro di determinate sezioni del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

2.   La dichiarazione e il certificato di cui al paragrafo 1 sono inviati al primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], che li inoltra immediatamente, accompagnati dal suo parere, al presidente della Repubblica di Polonia. Il primo presidente del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] trasmette la sua dichiarazione e il suo certificato, accompagnati dal parere espresso dal collegio del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], al presidente della Repubblica di Polonia.

3.   Il presidente della Repubblica di Polonia può autorizzare un giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] a continuare ad esercitare le sue funzioni entro tre mesi dalla data in cui gli è pervenuto il parere del consiglio nazionale della magistratura di cui al paragrafo 1 bis o dalla scadenza del termine per l’invio di detto parere. In mancanza di autorizzazione entro il termine di cui al primo periodo, il giudice viene considerato in pensione a partire dal giorno del compimento dei 65 anni di età. Qualora un giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] raggiunga l’età di cui al paragrafo 1 prima della fine della procedura di proroga del suo mandato, egli rimane in servizio sino al termine di detta procedura.

4.   L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è concessa per un periodo di tre anni, per un massimo di due volte. Si applicano mutatis mutandis le disposizioni del paragrafo 3. (…)».

12

L’articolo 39 di tale legge prevede quanto segue:

«Il Presidente della Repubblica di Polonia constata la data in cui il giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] va o è collocato in pensione».

13

L’articolo 111 della legge in parola prevede quanto segue:

«1.   I giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che hanno compiuto l’età di 65 anni alla data di entrata in vigore della presente legge o che compiranno tale età entro tre mesi dalla medesima data sono collocati a riposo dal giorno successivo alla scadenza di detto termine di tre mesi, a meno che, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge, non presentino la dichiarazione e il certificato di cui all’articolo 37, paragrafo 1, e il presidente della Repubblica di Polonia non li autorizzi a continuare ad esercitare le loro funzioni di giudice presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]. Si applicano mutatis mutandis le disposizioni di cui all’articolo 37, paragrafi da 2 a 4.

1 bis   I giudici del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] che compiranno i 65 anni di età in un periodo compreso tra tre e dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente legge sono collocati a riposo dodici mesi dopo tale entrata in vigore, a meno che, entro tale data, non presentino la dichiarazione e il certificato di cui all’articolo 37, paragrafo 1, e il presidente della Repubblica di Polonia non li autorizzi a continuare ad esercitare le loro funzioni di giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]. Si applicano mutatis mutandis le disposizioni di cui all’articolo 37, paragrafi da 1 bis a 4».

14

La legge di modifica del 10 maggio 2018 contiene, oltre alle disposizioni di modifica della nuova legge sulla Corte suprema, alcune disposizioni autonome che disciplinano la procedura di proroga della funzione giudiziaria attiva dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) i quali abbiano raggiunto l’età per il pensionamento entro il 3 luglio 2018. L’articolo 5 di detta legge di modifica è così formulato:

«Il presidente della Repubblica di Polonia trasmette immediatamente al consiglio nazionale della magistratura le dichiarazioni di cui all’articolo 37, paragrafo 1, e all’articolo 111, paragrafo 1, della [nuova legge sulla Corte suprema] da lui non esaminate alla data di entrata in vigore della presente legge affinché emetta un parere al riguardo. Il consiglio nazionale della magistratura emette il suo parere entro 30 giorni dalla data della richiesta avanzata dal presidente della Repubblica di Polonia in tal senso. Il presidente della Repubblica di Polonia può autorizzare un giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] a continuare a esercitare le sue funzioni entro 60 giorni dalla data in cui gli è pervenuto il parere del consiglio nazionale della magistratura o dalla scadenza del termine per l’invio di detto parere. Si applicano mutatis mutandis le disposizioni dell’articolo 37, paragrafi da 2 a 4, della [nuova legge sulla Corte suprema], come modificata dalla presente legge».

Procedimento precontenzioso

15

Ritenendo che, con l’adozione della nuova legge sulla Corte suprema e delle successive leggi di modifica di quest’ultima, la Repubblica di Polonia fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, la Commissione, in data 2 luglio 2018, ha inviato a tale Stato membro una lettera di diffida. Quest’ultimo ha risposto con lettera del 2 agosto 2018, nella quale ha negato qualsiasi violazione del diritto dell’Unione.

16

Il 14 agosto 2018 la Commissione ha emesso un parere motivato nel quale ha ribadito che la normativa nazionale menzionata al punto precedente viola le suddette disposizioni del diritto dell’Unione. Di conseguenza, tale istituzione ha invitato la Repubblica di Polonia ad adottare le misure necessarie per conformarsi a detto parere motivato entro il termine di un mese a decorrere dalla sua ricezione. Tale Stato membro ha risposto con lettera del 14 settembre 2018 in cui concludeva per l’inesistenza delle asserite infrazioni.

17

In tale contesto, la Commissione ha deciso di proporre il ricorso in esame.

Procedimento dinanzi alla Corte

18

Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 2 ottobre 2018, la Commissione ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori ai sensi dell’articolo 279 TFUE e dell’articolo 160, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, diretta a ordinare alla Repubblica di Polonia, in attesa della pronuncia della Corte sul merito:

di sospendere l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 37, paragrafi da 1 a 4, e dell’articolo 111, paragrafi 1 e 1 bis, della nuova legge sulla Corte suprema, dell’articolo 5 della legge di modifica del 10 maggio 2018, nonché di qualunque provvedimento adottato in applicazione di tali disposizioni;

di adottare tutte le misure necessarie per garantire che i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) interessati dalle suddette disposizioni potessero continuare ad esercitare le proprie funzioni nella stessa posizione che occupavano alla data del 3 aprile 2018, data di entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, godendo nel contempo dello status e di diritti e condizioni di lavoro identici a quelli di cui beneficiavano sino al 3 aprile 2018;

di astenersi dall’adottare qualsiasi provvedimento diretto alla nomina di giudici al Sąd Najwyższy (Corte suprema) in sostituzione di quelli interessati da dette stesse disposizioni, nonché qualsiasi provvedimento diretto a nominare il nuovo primo presidente di tale organo giurisdizionale o a designare la persona incaricata di dirigerlo al posto del suo primo presidente fino alla nomina del nuovo primo presidente, e

di comunicare alla Commissione, entro un mese dalla notifica dell’ordinanza della Corte concessiva dei provvedimenti provvisori e successivamente, con cadenza regolare, ogni mese, tutte le misure che avrebbe adottato per conformarsi pienamente a detta ordinanza.

19

La Commissione ha inoltre chiesto, a norma dell’articolo 160, paragrafo 7, del regolamento di procedura della Corte, che i provvedimenti provvisori citati al punto precedente venissero concessi ancor prima che la resistente presentasse le sue osservazioni, a causa del rischio immediato di danni gravi e irreparabili nei confronti del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nell’ambito dell’applicazione del diritto dell’Unione.

20

Con ordinanza del 19 ottobre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18 R, non pubblicata, EU:C:2018:852), la vicepresidente della Corte ha accolto provvisoriamente detta domanda fino alla pronuncia dell’ordinanza di chiusura del procedimento sommario.

21

Il 23 ottobre 2018, in applicazione dell’articolo 161, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la vicepresidente della Corte ha deferito tale domanda alla Corte, che, alla luce della sua importanza, ne ha attribuito l’esame alla Grande Sezione, conformemente all’articolo 60, paragrafo 1, di detto regolamento.

22

Con ordinanza del 17 dicembre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18 R, EU:C:2018:1021), la Corte ha accolto in toto la domanda di provvedimenti provvisori della Commissione sino alla pronuncia della sentenza definitiva nella presente causa.

23

Inoltre, con ordinanza del 15 novembre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18, non pubblicata, EU:C:2018:910), il presidente della Corte, su istanza della Commissione, ha deciso di trattare la presente causa con procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 133 del regolamento di procedura.

24

Con ordinanza del 9 gennaio 2019, il presidente della Corte ha ammesso l’intervento dell’Ungheria a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia.

Sul ricorso

25

Nel suo ricorso, la Commissione deduce due censure relative alla violazione di obblighi che deriverebbero, per gli Stati membri, dal combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

26

Con la sua prima censura, la Commissione contesta alla Repubblica di Polonia di aver violato tali obblighi in quanto la nuova legge sulla Corte suprema, in violazione del principio di indipendenza dei giudici e, in particolare, del principio di inamovibilità di questi ultimi, ha previsto l’applicazione della misura consistente nell’abbassare l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ai giudici in carica che sono stati nominati a tale organo giurisdizionale prima del 3 aprile 2018, data di entrata in vigore di detta legge. Con la sua seconda censura, la Commissione imputa a tale Stato membro di aver violato detti obblighi conferendo al presidente della Repubblica, attraverso detta legge e in violazione del principio d’indipendenza dei giudici, il potere discrezionale di prorogare a due riprese, ogni volta per una durata di tre anni, la funzione giudiziaria attiva dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), al di là dell’età per il pensionamento di nuova fissazione.

Sul mantenimento dell’oggetto della controversia

27

In udienza, la Repubblica di Polonia ha fatto valere che l’insieme delle disposizioni nazionali censurate dalla Commissione nel suo ricorso sono state abrogate e che tutti gli effetti di queste ultime sono stati rimossi dall’ustawa o zmianie ustawy o Sądzie Najwyższym (legge recante modifica della nuova legge sulla Corte suprema), del 21 novembre 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 2507), firmata dal presidente della Repubblica il 17 dicembre 2018 ed entrata in vigore il 1o gennaio 2019.

28

Secondo detto Stato membro, in forza di tale legge, i giudici in carica del Sąd Najwyższy (Corte suprema) che erano già stati interessati dall’abbassamento dell’età per il pensionamento stabilito dalla nuova legge sulla Corte suprema sono infatti stati mantenuti o reintegrati in tale organo giurisdizionale alle condizioni vigenti prima dell’adozione di quest’ultima legge e, peraltro, l’esercizio delle loro funzioni si considera essere proseguito senza interruzioni. Le disposizioni che consentono al presidente della Repubblica di autorizzare la proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) quando è raggiunta l’età ordinaria per il pensionamento sarebbero state anch’esse abrogate. Di conseguenza, secondo la Repubblica di Polonia, il presente procedimento per inadempimento è ormai privo di oggetto.

29

Da parte sua, la Commissione ha affermato, in udienza, di mantenere il proprio ricorso.

30

Si deve rammentare, a tale proposito, che, secondo costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, e che la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenza del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

31

Nel caso di specie, è pacifico che, alla data in cui è scaduto il termine fissato dalla Commissione nel suo parere motivato, le disposizioni della nuova legge sulla Corte suprema censurate dalla Commissione con il ricorso in esame erano ancora in vigore. Ne consegue che è necessario, per la Corte, pronunciarsi su detto ricorso, e ciò quand’anche l’entrata in vigore della legge recante modifica della nuova legge sulla Corte suprema, del 21 novembre 2018, abbia comportato l’eliminazione retroattiva di tutti gli effetti delle disposizioni nazionali contestate dalla Commissione, dal momento che un evento siffatto non può essere preso in considerazione, essendosi verificato dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687, punto 45).

Sulla portata del ricorso

32

In udienza, la Commissione ha precisato che, con il suo ricorso, essa chiede, in sostanza, che venga constatata la violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta. Secondo la Commissione, la nozione di tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve, infatti, essere interpretata in considerazione del contenuto dell’articolo 47 della Carta e, in particolare, delle garanzie inerenti al diritto a un ricorso effettivo sancito da quest’ultima disposizione, ragion per cui la prima di tali disposizioni implica che debba essere garantita la salvaguardia dell’indipendenza di un organo come il Sąd Najwyższy (Corte suprema), al quale è affidato, tra gli altri, il compito di interpretare e di applicare il diritto dell’Unione.

33

Per statuire sul ricorso in esame, occorre pertanto accertare se la Repubblica di Polonia sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

Sull’applicabilità e sulla portata dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE

Argomenti delle parti

34

Richiamandosi, in particolare, alle sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586), la Commissione fa valere che, per soddisfare l’obbligo loro imposto dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE di stabilire un sistema di rimedi giurisdizionali che assicurino una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti, in particolare, a garantire che gli organi nazionali che possano pronunciarsi su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione di tale diritto soddisfino il requisito dell’indipendenza dei giudici, requisito che costituisce un aspetto essenziale del diritto fondamentale a un processo equo sancito, in particolare, dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

35

Poiché il Sąd Najwyższy (Corte suprema) costituisce un organo del genere, le disposizioni nazionali che disciplinano la composizione, la struttura organizzativa e le modalità di funzionamento di tale organo giurisdizionale dovrebbero garantire che quest’ultimo risponda a detto requisito di indipendenza.

36

Infatti, il suddetto requisito riguarderebbe non solo lo svolgimento di uno specifico procedimento, ma anche le modalità di organizzazione della giustizia. Da un provvedimento nazionale che pregiudichi, in generale, l’indipendenza dei giudici nazionali conseguirebbe che un ricorso giurisdizionale effettivo non risulta più garantito, segnatamente, qualora tali giudici applichino o interpretino il diritto dell’Unione.

37

La Repubblica di Polonia, sostenuta, a tal riguardo, dall’Ungheria, fa valere che norme nazionali come quelle contestate dalla Commissione nel ricorso in esame non possono essere vagliate alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

38

Infatti, da un lato, tali disposizioni del diritto dell’Unione non comporterebbero alcuna deroga al principio di attribuzione che governa le competenze dell’Unione e che discende dall’articolo 4, paragrafo 1, dall’articolo 5, paragrafi 1 e 2, nonché dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE. Orbene, sarebbe pacifico che l’organizzazione della giustizia nazionale costituisce una competenza esclusivamente riservata agli Stati membri, cosicché l’Unione non può arrogarsi alcuna competenza in tale materia.

39

Dall’altro lato, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta, al pari dei principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio di indipendenza dei giudici, sarebbero unicamente applicabili nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione.

40

Orbene, le norme nazionali censurate dalla Commissione nella presente causa non presenterebbero alcun nesso con il diritto dell’Unione e si distinguerebbero, al riguardo, dalla normativa nazionale a proposito della quale è stata emessa la sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), normativa che, dal canto suo, sarebbe stata legata alla concessione di un’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro nel contesto della lotta contro i disavanzi di bilancio eccessivi e, di conseguenza, sarebbe stata adottata in applicazione del diritto dell’Unione.

41

Neppure l’articolo 47 della Carta sarebbe applicabile al caso di specie, tenuto conto della mancanza di una situazione di attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della medesima. Risulterebbe peraltro dall’articolo 6, paragrafo 1, TUE nonché dall’articolo 51, paragrafo 2, della Carta e dal protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta alla Repubblica di Polonia e al Regno Unito (GU 2010, C 83, pag. 313) che la Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze di quest’ultima.

Giudizio della Corte

42

Occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 49 TUE, secondo cui ogni Stato europeo può chiedere di diventare membro dell’Unione, quest’ultima raggruppa Stati che hanno liberamente e volontariamente aderito ai valori comuni di cui all’articolo 2 TUE, rispettano tali valori e si impegnano a promuoverli, sicché il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, detti valori (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

43

Tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri e, in particolare, tra i loro organi giurisdizionali nel riconoscimento di tali valori su cui si fonda l’Unione, tra cui quello dello Stato di diritto, e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua [v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 30, nonché del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 35].

44

Occorre altresì ricordare che, per garantire la preservazione delle caratteristiche specifiche e dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, i trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale destinato ad assicurare la coerenza e l’unità nell’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

45

In particolare, la chiave di volta del sistema giurisdizionale così concepito è costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE, il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice, precisamente tra la Corte e gli organi giurisdizionali degli Stati membri, mira ad assicurare detta coerenza e detta unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai trattati (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 37).

46

Infine, come emerge da costante giurisprudenza, l’Unione è un’unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione [sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 49].

47

In tale contesto, l’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, affida ai giudici nazionali e alla Corte il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza di detto diritto [v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 32, nonché del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

48

Per tale motivo, come previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca un controllo giurisdizionale effettivo in detti settori (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

49

Il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, cui fa riferimento dunque l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce, infatti, un principio generale di diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

50

Quanto all’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, occorre peraltro ricordare che tale disposizione riguarda i «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 29).

51

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dall’Ungheria a tal riguardo, la circostanza che le misure nazionali di riduzione salariale discusse nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), siano state adottate a causa di esigenze imperative connesse all’eliminazione del disavanzo eccessivo del bilancio dello Stato membro interessato e nel contesto di un programma di assistenza finanziaria dell’Unione a tale Stato membro, come emerge dai punti da 29 a 40 di tale sentenza, non ha giocato alcun ruolo nell’interpretazione che ha portato la Corte a concludere per l’applicabilità dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE alla causa di cui trattasi. Tale conclusione è stata, infatti, fondata sulla circostanza che l’organo nazionale interessato da tale causa, vale a dire il Tribunal de Contas (Corte dei conti, Portogallo), era, fatte salve le verifiche spettanti al giudice del rinvio in detta causa, idoneo a pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40).

52

Peraltro, sebbene, come ricordato dalla Repubblica di Polonia e dall’Ungheria, l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenze del 13 novembre 2018, Raugevicius, C‑247/17, EU:C:2018:898, punto 45, nonché del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia, C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 57) e, in particolare, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40). Inoltre, richiedendo agli Stati membri di rispettare in tal modo detti obblighi, l’Unione non pretende affatto di esercitare essa stessa detta competenza né, pertanto, di arrogarsela, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica di Polonia.

53

Infine, e quanto al protocollo n. 30, occorre rilevare che esso non riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e ricordare, del resto, che esso neppure rimette in discussione l’applicabilità della Carta in Polonia, né ha lo scopo di esonerare la Repubblica di Polonia dall’obbligo di rispettare le disposizioni della Carta (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S e a., C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 119120).

54

Dall’insieme delle suesposte considerazioni deriva che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, segnatamente ai sensi dell’articolo 47 della Carta, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione (sentenza del 14 giugno 2017, Online Games e a., C‑685/15, EU:C:2017:452, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

55

Più specificamente, ogni Stato membro deve, a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, garantire che gli organi facenti parte, in quanto «organo giurisdizionale» nel senso definito dal diritto dell’Unione, del suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva [sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 37, e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 52].

56

Nel caso di specie, è pacifico che il Sąd Najwyższy (Corte suprema) può essere chiamato a pronunciarsi su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e che, in quanto «organo giurisdizionale» nel senso definito da tale diritto, esso è parte del sistema polacco di rimedi giurisdizionali nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, ragion per cui tale organo deve soddisfare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 17 dicembre 2018, Commissione/Polonia, C‑619/18 R, EU:C:2018:1021, punto 43).

57

Per garantire che un organo come il Sąd Najwyższy (Corte suprema) sia in grado di offrire una simile tutela, è di primaria importanza preservare l’indipendenza di detto organo, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice «indipendente» tra i requisiti connessi al diritto fondamentale ad un ricorso effettivo [v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 41, nonché del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 53].

58

Questo requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto [v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 4863].

59

Alla luce di quanto precede, le norme nazionali censurate dalla Commissione nel suo ricorso possono essere vagliate alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e occorre, pertanto, esaminare la sussistenza delle violazioni di questa disposizione prospettate da tale istituzione.

Sulla prima censura

Argomenti delle parti

60

Con la sua prima censura, la Commissione contesta alla Repubblica di Polonia di aver violato l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, per il fatto che la nuova legge sulla Corte suprema ha previsto l’applicazione della misura consistente nell’abbassare l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ai giudici in carica che sono stati nominati a tale organo giurisdizionale prima del 3 aprile 2018, data di entrata in vigore di detta legge. In tal modo, detto Stato membro avrebbe violato il principio di indipendenza dei giudici e, in particolare, il principio di inamovibilità di questi ultimi.

61

La Commissione rileva, a tale riguardo, che, in conseguenza dell’articolo 37, paragrafo 1, e dell’articolo 111, paragrafi 1 e 1 bis, della nuova legge sulla Corte suprema, i giudici di quest’ultima che hanno compiuto l’età di 65 anni prima della data di entrata in vigore di tale legge, ossia il 3 aprile 2018, oppure entro il 3 luglio 2018, sono collocati a riposo, in linea di principio, il 4 luglio 2018, e che quelli il cui 65° compleanno interviene tra il 4 luglio 2018 e il 3 aprile 2019 devono, in linea di principio, andare in pensione il 3 aprile 2019. Quanto ai giudici che raggiungono l’età di 65 anni dopo il 3 aprile 2019, essi dovrebbero, in linea di principio, andare in pensione a 65 anni compiuti.

62

La Commissione sottolinea, peraltro, che tali disposizioni nazionali hanno interessato in modo immediato 27 dei 72 giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) che erano in carica alla data di entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, tra i quali la prima presidente di tale organo giurisdizionale. Per quanto riguarda quest’ultima, detta istituzione rileva inoltre che, conformemente all’articolo 183, paragrafo 3, della Costituzione, l’interessata è stata nominata per un mandato di sei anni che doveva, nella specie, scadere il 30 aprile 2020.

63

Orbene, la Commissione ritiene che, procedendo ad un siffatto abbassamento dell’età per il pensionamento per quanto riguarda i giudici in carica in seno al Sąd Najwyższy (Corte suprema), pur autorizzando, peraltro, agli articoli 112 e 112 bis della nuova legge sulla Corte suprema, il presidente della Repubblica a decidere discrezionalmente, fino al 3 aprile 2019, di aumentare il numero di posti all’interno di tale organo giurisdizionale, la Repubblica di Polonia ha aperto la strada a una ricomposizione profonda e immediata di detto organo, in violazione del principio dell’inamovibilità dei giudici quale garanzia intrinsecamente connessa alla loro indipendenza e, pertanto, dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

64

La Commissione ritiene che, anche se un abbassamento dell’età del collocamento a riposo dei giudici non può essere totalmente escluso, sono comunque necessarie misure appropriate, quali un periodo transitorio o un approccio per fasi che consentano di prevenire l’uso di un siffatto abbassamento per dissimulare modifiche alla composizione degli organi giurisdizionali, in particolare per evitare qualsiasi impressione che un abbreviamento della durata della funzione giudiziaria dei giudici interessati sia in realtà giustificato dalle attività svolte da tali giudici nel corso dell’esercizio attivo di tale funzione e per non pregiudicare la certezza di questi ultimi di poter continuare ad occupare il loro posto.

65

Secondo la Repubblica di Polonia, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non richiede che, in caso di abbassamento dell’età per il pensionamento, sia obbligatoriamente previsto un periodo transitorio per i giudici in carica al fine di garantire la loro indipendenza. Infatti, poiché tale età per il pensionamento si applica, in modo generale ed automatico, a tutti i giudici interessati, essa non sarebbe atta a generare pressioni che possano influenzare gli interessati nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali.

66

Nell’ordinamento giuridico polacco, le garanzie di indipendenza della giustizia sarebbero connesse principalmente alla tutela del carattere permanente della funzione giudiziaria, ivi compresa la garanzia di inamovibilità, all’immunità, a una retribuzione adeguata, al segreto delle deliberazioni, all’incompatibilità tra le funzioni giurisdizionali e altre funzioni pubbliche, all’obbligo di neutralità politica e al divieto di esercitare un’attività economica. Una revoca dei giudici sarebbe autorizzata soltanto in presenza delle violazioni disciplinari più gravi o di condanna penale definitiva. Orbene, il collocamento a riposo di un giudice non costituirebbe una revoca, dato che l’interessato mantiene il titolo di giudice e conserva, in tale qualità, il beneficio dell’immunità e il diritto a una retribuzione adeguata, continuando al contempo a essere soggetto a diverse regole deontologiche.

67

Peraltro, dalle sentenze del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler (C‑159/10 e C‑160/10, EU:C:2011:508), nonché del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), discenderebbe che gli Stati membri mantengono la facoltà di adeguare le condizioni di lavoro applicabili ai giudici e, quindi, l’età del loro collocamento a riposo, segnatamente al fine, come nel caso di specie, di allineare tale età a quella prevista dal regime generale di pensionamento, ottimizzando allo stesso tempo la ripartizione delle fasce di età del personale dell’organo giurisdizionale interessato.

68

Infine, se si dovesse ritenere che l’età per il pensionamento di un giudice debba restare legata al diritto vigente alla data a partire dalla quale l’interessato ha iniziato a svolgere le sue funzioni, si dovrebbe, nel caso di specie, tener conto del fatto che l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) è stata riformata nel 2002 e ristabilita a 70 anni, dopo essere stata fissata a 65 anni tra il 1990 e il 2002. Orbene, 17 dei 27 giudici in carica presso tale organo giurisdizionale interessati dall’abbassamento dell’età per il pensionamento risultante dalla nuova legge sulla Corte suprema sarebbero stati nominati tra il 1990 e il 2002, di modo che non vi sarebbe, per quanto li riguarda, alcuna riduzione della durata iniziale dell’esercizio delle loro funzioni.

69

Considerare la data della nomina a giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) come criterio per determinare l’età per il pensionamento di questi ultimi creerebbe, inoltre, un rischio di discriminazione tra i giudici di tale organo giurisdizionale, dato che taluni di essi, in particolare quelli che saranno nominati dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, saranno chiamati ad andare in pensione più presto di altri che, invece, sono stati nominati prima di detta entrata in vigore, a un’epoca in cui l’età per il pensionamento era di 70 anni.

70

Secondo l’Ungheria, la Commissione non ha dimostrato che l’abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) e il collocamento a riposo di taluni giudici di questo organo giurisdizionale derivanti da tale misura sarebbero tali da pregiudicare la capacità di detto organo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

Giudizio della Corte

71

Il requisito dell’indipendenza delle autorità giurisdizionali di cui gli Stati membri devono, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e come risulta dai punti da 42 a 59 della presente sentenza, assicurare il rispetto per quanto riguarda gli organi giurisdizionali nazionali che, come il Sąd Najwyższy (Corte suprema), sono chiamati a statuire su questioni legate all’interpretazione e all’applicazione del diritto dell’Unione comporta due aspetti.

72

Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

73

Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 65 e giurisprudenza ivi citata].

74

Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti [sentenze del 19 settembre 2006, Wilson, C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 66 e giurisprudenza ivi citata].

75

In particolare, tale indispensabile libertà dei giudici rispetto a qualsivoglia intervento o pressione esterni richiede, come ha ripetutamente ricordato la Corte, talune garanzie idonee a tutelare le persone che svolgono la funzione giurisdizionale, come l’inamovibilità [v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 64 e giurisprudenza ivi citata].

76

Il principio di inamovibilità esige, in particolare, che i giudici possano continuare a esercitare le proprie funzioni finché non abbiano raggiunto l’età obbligatoria per il pensionamento o fino alla scadenza del loro mandato, qualora quest’ultimo abbia una durata determinata. Pur non essendo totalmente assoluto, questo principio può conoscere eccezioni solo a condizione che ciò sia giustificato da motivi legittimi e imperativi, nel rispetto del principio di proporzionalità. In tal senso, è comunemente ammesso che i giudici possano essere revocati se non sono idonei a proseguire le loro funzioni a causa di un’incapacità o di un inadempimento grave, nel rispetto di adeguate procedure.

77

A quest’ultimo riguardo, emerge, più precisamente, dalla giurisprudenza della Corte che il requisito di indipendenza impone che le regole relative al regime disciplinare e, pertanto, all’eventuale revoca di coloro che svolgono una funzione giurisdizionale offrano le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un regime siffatto come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie In tal senso, l’emanazione di norme che definiscano, segnatamente, sia i comportamenti che integrano illeciti disciplinari sia le sanzioni concretamente applicabili, che prevedano l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscano la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67].

78

Nel caso di specie, si deve rilevare che la riforma contestata, che prevede l’applicazione della misura consistente nell’abbassare l’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ai giudici già in carica presso tale organo giurisdizionale, comporta la cessazione anticipata dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali di questi ultimi, e che essa è quindi idonea a generare preoccupazioni legittime quanto al rispetto del principio di inamovibilità dei giudici.

79

In tali circostanze, e tenuto conto dell’importanza cardinale di detto principio, ricordata ai punti da 75 a 77 della presente sentenza, un’applicazione siffatta può essere ammessa solo se è giustificata da un obiettivo legittimo ed è proporzionata rispetto a quest’ultimo, e purché non sia atta a suscitare legittimi dubbi nei singoli quanto all’impermeabilità dell’organo giurisdizionale interessato rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

80

Nel caso di specie, la Repubblica di Polonia sostiene che l’abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) a 65 anni deriva da una volontà di armonizzare tale età con l’età generale per il pensionamento applicabile a tutti i lavoratori in Polonia e di ottimizzare, in tal modo, la ripartizione delle fasce di età del personale di tale organo giurisdizionale.

81

A tale riguardo, occorre in primo luogo osservare che la Corte ha, certamente, riconosciuto il carattere legittimo che potevano presentare obiettivi in materia di politica dell’occupazione come quelli diretti, da un lato, a uniformare, nell’ambito delle professioni rientranti nel pubblico impiego, i limiti di età per la cessazione obbligatoria dell’attività, e, dall’altro, a favorire una ripartizione più equilibrata delle fasce di età, agevolando l’accesso dei giovani, in particolare, alle professioni di giudice (v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C‑159/10 e C‑160/10, EU:C:2011:508, punto 50, nonché del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687, punti 6162).

82

Tuttavia, si deve rilevare, sotto un primo profilo, che, come sottolineato dalla Commissione e come parimenti rilevato dalla commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (cosiddetta «commissione di Venezia»), ai punti 33 e 47 del suo parere n. 904/2017 [CDL-AD (2017)031], la relazione che accompagna il progetto della nuova legge sulla Corte suprema contiene elementi tali da far sorgere seri dubbi quanto al fatto che la riforma dell’età per il pensionamento dei giudici in carica presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema) sia stata guidata da tali obiettivi, e non da una volontà di procedere alla rimozione di un certo gruppo di giudici di tale organo giurisdizionale.

83

Sotto un secondo profilo, occorre ricordare che l’abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) in carica al momento dell’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema si è accompagnata, nel caso di specie, all’instaurazione di un nuovo meccanismo che consente al presidente della Repubblica di decidere, in modo discrezionale, di prorogare l’esercizio, in tal modo abbreviato, delle funzioni di giudice, per due periodi consecutivi di tre anni.

84

Orbene, da un lato, l’introduzione di una simile possibilità di proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice per sei anni, contestualmente all’abbassamento di cinque anni dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) in carica al momento dell’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, è tale da far dubitare del fatto che la riforma operata miri effettivamente ad armonizzare l’età per il pensionamento di tali giudici a quella applicabile a tutti i lavoratori e a ottimizzare la ripartizione delle fasce di età del personale di tale organo giurisdizionale.

85

Dall’altro lato, la combinazione di queste due misure è altresì idonea a rafforzare l’impressione che, in realtà, lo scopo perseguito sia stato quello di fare in modo di rimuovere una parte predeterminata dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), dato che il presidente della Repubblica, nonostante l’applicazione del provvedimento di abbassamento dell’età per il pensionamento a tutti i giudici di tale organo giurisdizionale in carica al momento dell’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, conserva il potere discrezionale di mantenere in servizio una parte degli interessati.

86

Sotto un terzo profilo, occorre rilevare che la misura dell’abbassamento, pari a cinque anni, dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) in carica al momento dell’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema e l’effetto di abbreviazione dell’esercizio delle funzioni di detti giudici che ne è risultato hanno interessato, in modo immediato, quasi un terzo dei membri in carica di tale organo giurisdizionale, tra i quali, in particolare, la prima presidente del medesimo, il cui mandato di sei anni garantito dalla Costituzione è, per tale motivo, anch’esso stato ridotto. Come sostenuto dalla Commissione, tale rilievo dimostra l’impatto potenzialmente considerevole della riforma in questione sulla composizione e sulla continuità del funzionamento del Sąd Najwyższy (Corte suprema). Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, un tale importante riassetto della composizione di un organo giurisdizionale supremo, per effetto di una riforma che lo riguarda specificamente, può, a sua volta, risultare idoneo a suscitare dubbi quanto al vero carattere di una simile riforma e quanto alle finalità effettivamente perseguite con la medesima.

87

I dubbi che accompagnano, in tal senso, le reali finalità della riforma contestata e che derivano dall’insieme delle considerazioni esposte ai punti da 82 a 86 della presente sentenza non possono essere fugati dagli argomenti dedotti dalla Repubblica di Polonia secondo i quali, da un lato, taluni dei giudici in carica del Sąd Najwyższy (Corte suprema) interessati da detta riforma sarebbero stati nominati a tale posto a un’epoca in cui l’età per il pensionamento dei giudici del suddetto organo giurisdizionale era fissata a 65 anni e, dall’altro, un simile giudice, quando è collocato a riposo, conserva pur sempre il proprio titolo di giudice, continua a beneficiare di immunità e di emolumenti e rimane soggetto a talune regole deontologiche.

88

Infatti, tali circostanze, quand’anche dimostrate, non sono idonee a rimettere in discussione il fatto che il collocamento a riposo dei giudici interessati implica la cessazione immediata e anticipata, rispetto a quanto era previsto prima dell’adozione della riforma contestata, dell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali.

89

In secondo luogo, come confermato dalla Repubblica di Polonia in udienza, l’età generale per il pensionamento dei lavoratori alla quale detto Stato membro indica di aver voluto allineare l’età del collocamento a riposo dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) non comporta un collocamento a riposo d’ufficio di tali lavoratori, ma solo il diritto, e non l’obbligo, per questi ultimi, di cessare la propria attività professionale e di beneficiare, in tal caso, di una pensione di vecchiaia.

90

Ciò considerato, la Repubblica di Polonia non ha dimostrato che la misura contestata costituirebbe un mezzo appropriato per ridurre la diversità dei limiti di età per la cessazione obbligatoria dell’attività tra le varie professioni interessate. In particolare, tale Stato membro non ha addotto alcuna ragione obiettiva in base alla quale, ai fini dell’allineamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) all’età generale per il pensionamento applicabile a tutti i lavoratori in Polonia, era necessario prevedere un collocamento a riposo d’ufficio di detti giudici, fatta salva una proroga dell’esercizio delle loro funzioni decisa discrezionalmente dal presidente della Repubblica, mentre, per il resto dei lavoratori, il pensionamento all’età prevista dalla legge a tale riguardo è facoltativo.

91

In terzo luogo, occorre sottolineare che, per quanto riguarda l’obiettivo di uniformazione dell’età per il pensionamento, la Corte ha già dichiarato che disposizioni nazionali che procedono ad un abbassamento immediato e considerevole del limite di età per la cessazione obbligatoria dell’attività di giudice, senza prevedere misure transitorie atte a tutelare il legittimo affidamento delle persone interessate in carica al momento dell’entrata in vigore di tali disposizioni, non rispettano il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2012, Commissione/Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687, punti 6880).

92

Per quanto riguarda la sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), cui la Repubblica di Polonia ha fatto altresì riferimento al fine di giustificare la legittimità della misura nazionale contestata dalla Commissione nell’ambito della sua prima censura, occorre ricordare che tale sentenza riguardava una misura di riduzione dell’importo della retribuzione dei giudici. Nella suddetta sentenza, la Corte ha dichiarato – dopo aver rilevato che tale misura di riduzione salariale era, al contempo, limitata nell’importo e temporanea e che essa non era stata specificamente adottata nei confronti dei membri del Tribunal de Contas (Corte dei conti, Portogallo), ma poteva essere accostata, al contrario, ad una misura di applicazione generale – che l’articolo 19 TUE deve essere interpretato nel senso che il principio dell’indipendenza dei giudici non osta all’applicazione di una misura siffatta.

93

Orbene, considerati sotto il profilo della tutela dell’indipendenza dei giudici, gli effetti di una siffatta riduzione salariale, limitata e temporanea, non hanno nulla di comparabile a quelli di una misura consistente in un abbassamento dell’età per il pensionamento di giudici in carica, la quale, dal canto suo, ha come conseguenza di porre fine alla carriera giudiziaria degli interessati, in modo anticipato e definitivo.

94

In quarto luogo, l’applicazione immediata della riforma contestata ai giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) in carica alla data di entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema non può nemmeno essere giustificata dalla preoccupazione, espressa dalla Repubblica di Polonia, di evitare un’eventuale discriminazione, in termini di durata dell’esercizio delle funzioni di giudice, tra detti giudici e quelli che saranno nominati a tale organo giurisdizionale successivamente a tale data.

95

Infatti, come sostenuto dalla Commissione, queste due categorie di giudici non si trovano in una situazione analoga, dal momento che solo i primi vedono la loro carriera abbreviata mentre sono in carica presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema), mentre i secondi sono, dal canto loro, chiamati alla nomina presso tale organo giurisdizionale nella vigenza della nuova normativa, che prevede un’età per il pensionamento fissata dalla legge a 65 anni. Inoltre, e per la parte in cui la Repubblica di Polonia suggerisce anche, nella sua argomentazione, che i giudici già in carica presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema) non si vedrebbero riconoscere, a differenza dei loro colleghi nominati dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulla Corte suprema, la possibilità di beneficiare della nuova età per il pensionamento introdotta da tale legge, si deve osservare che, come rilevato dalla Commissione, sarebbe stato lecito prevedere la possibilità per gli interessati di rinunciare, su base volontaria, all’esercizio delle loro funzioni al raggiungimento di tale nuova età legale per il pensionamento, senza quindi costringerli.

96

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rilevare che l’applicazione della misura di abbassamento dell’età per il pensionamento dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ai giudici in carica presso tale organo giurisdizionale non è giustificata da una finalità legittima. Pertanto, tale applicazione lede il principio di inamovibilità dei giudici intrinsecamente connesso alla loro indipendenza.

97

Ne consegue che la prima censura della Commissione, relativa alla violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, deve essere accolta.

Sulla seconda censura

Argomenti delle parti

98

Con la sua seconda censura, la Commissione contesta alla Repubblica di Polonia di aver violato l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE conferendo al presidente della Repubblica, ai sensi della nuova legge sulla Corte suprema, il potere discrezionale di prorogare a due riprese, ogni volta per una durata di tre anni, la funzione giudiziaria attiva dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), al di là della nuova età per il pensionamento fissata da tale legge.

99

Secondo la Commissione, in mancanza tanto di criteri vincolanti che disciplinino la decisione di concedere o meno simili proroghe dell’esercizio delle funzioni di giudice quanto dell’obbligo di motivare tali decisioni e della possibilità di controllo giurisdizionale delle stesse, il presidente della Repubblica è in grado di esercitare un’influenza sui giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema). Infatti, la prospettiva di doversi rivolgere al presidente della Repubblica per chiedere simili proroghe e, successivamente, una volta presentate tali domande, la situazione di attesa della decisione di quest’ultimo potrebbero ingenerare, nel giudice interessato, una pressione tale da portarlo a piegarsi, nelle cause di cui è investito, a eventuali desideri del presidente della Repubblica, compreso il caso in cui detto giudice sia chiamato ad interpretare e ad applicare disposizioni del diritto dell’Unione.

100

L’obbligo, per il presidente della Repubblica, di chiedere il parere del Consiglio nazionale della magistratura, previsto all’articolo 37, paragrafi 1 bis e 1 ter, e all’articolo 111 bis della nuova legge sulla Corte suprema nonché all’articolo 5 della legge di modifica del 10 maggio 2018, non inciderebbe su quanto sopra affermato. Infatti, i criteri impartiti a tale Consiglio per rendere il suo parere sarebbero troppo generici e detto parere non vincolerebbe il presidente della Repubblica. Inoltre, alla luce della recente riforma dell’ustawa o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge sul Consiglio nazionale della magistratura), del 12 maggio 2011 (Dz. U. del 2011, posizione 714), operata dall’ustawa o zmianie ustawy o Krajowej Radzie Susdownictwa oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifiche della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e di talune altre leggi), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 3), i quindici membri di tale Consiglio che, sui ventisette membri di cui esso si compone, devono essere eletti tra i giudici, lo sarebbero ormai non più da loro pari come in precedenza, bensì dalla Dieta, cosicché sarebbe lecito dubitare della loro indipendenza.

101

Infine, la Commissione fa valere che, per quanto riguarda i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) che raggiungeranno l’età di 65 anni dopo il 3 luglio 2018, non è stato fissato un termine entro il quale il presidente della Repubblica deve chiedere il parere del Consiglio nazionale della magistratura, il che ha l’effetto potenziale di aumentare il periodo effettivo durante il quale il mantenimento in carica del giudice interessato rientra nella discrezionalità del presidente della Repubblica.

102

Questi diversi fattori sarebbero tali da condurre ad una situazione in cui non si potrà ritenere che il Sąd Najwyższy (Corte suprema) offra la garanzia di agire, in ogni circostanza, in modo imparziale e indipendente.

103

La Repubblica di Polonia fa valere che il potere, conferito al presidente della Repubblica, di decidere l’eventuale proroga dell’esercizio delle funzioni dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) che abbiano raggiunto l’età per il pensionamento costituisce una competenza derivata dalla prerogativa, affidata al medesimo presidente dalla Costituzione, di nominare i giudici. Orbene, tale prerogativa, che avrebbe proprio lo scopo di tutelare il potere giudiziario da ingerenze tanto del potere legislativo quanto del potere esecutivo, dovrebbe essere esercitata personalmente dal presidente della Repubblica nel rispetto delle sole norme e dei soli principi costituzionali, e risulterebbe da giurisprudenza costante che le decisioni di quest’ultimo che negano la nomina di un candidato ad un posto di giudice costituiscono atti che non rientrano nell’ambito dell’attività amministrativa e non possono formare oggetto di ricorsi giurisdizionali.

104

Tuttavia, i pareri trasmessi al presidente della Repubblica dal Consiglio nazionale della magistratura prenderebbero in considerazione, come risulta dall’articolo 37, paragrafo 1 ter, della nuova legge sulla Corte suprema, l’interesse del sistema giudiziario o un interesse sociale rilevante, in particolare l’impiego razionale del personale del Sąd Najwyższy (Corte suprema) o le esigenze derivanti dal carico di lavoro di talune delle sezioni di detto organo giurisdizionale. Inoltre, anche se tali pareri non possono avere carattere vincolante per il presidente della Repubblica senza che vengano pregiudicate le prerogative costituzionali di quest’ultimo menzionate al punto precedente, sarebbe evidente che, in pratica, egli tiene conto di tali pareri. Sarebbe parimenti chiaro che, sebbene la suddetta legge non preveda un termine a tal fine, il presidente della Repubblica chiede il parere del Consiglio nazionale della magistratura sin dal momento in cui ha a propria disposizione la domanda di proroga dell’esercizio delle funzioni formulata da un giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema).

105

Per quanto riguarda la composizione del Consiglio nazionale della magistratura, la Repubblica di Polonia indica di non condividere i timori della Commissione. Essa fa valere, inoltre, che tali timori sono irrilevanti ai fini della valutazione della presente causa, poiché la Commissione addebita sostanzialmente a tale Stato membro di aver lasciato la decisione di autorizzare o meno l’eventuale proseguimento dell’esercizio delle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) al di là dell’età legale per il pensionamento alla discrezionalità del presidente della Repubblica, senza che esista una possibilità di ricorso giurisdizionale contro una decisione siffatta, e che, dal canto suo, il parere del Consiglio nazionale della magistratura non è, ad ogni modo, vincolante nei confronti del presidente della Repubblica.

106

Infine, la Repubblica di Polonia ritiene che i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema) non possano, in pratica, lasciarsi influenzare dal presidente della Repubblica al solo scopo di prorogare l’esercizio delle loro funzioni anziché andare in pensione beneficiando di una pensione elevata, tanto più che il segreto delle deliberazioni impedirebbe a quest’ultimo di disporre di informazioni sul senso del voto emesso da ciascun giudice. Del resto, il termine entro il quale il presidente della Repubblica è chiamato a pronunciarsi sulla domanda di proroga dell’esercizio delle funzioni formulata da un giudice, ossia circa quattro mesi, sarebbe abbastanza breve.

107

Modelli simili di proroga dell’esercizio di funzioni giudiziarie oltre l’età ordinaria per il pensionamento esisterebbero, del resto, in Stati membri diversi dalla Repubblica di Polonia, e il rinnovo del mandato di un giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea dipenderebbe anch’esso dalla valutazione discrezionale del governo dello Stato membro cui l’interessato appartiene.

Giudizio della Corte

108

Come è stato ricordato ai punti da 72 a 74 della presente sentenza, le garanzie di indipendenza e di imparzialità degli organi giurisdizionali richiedono che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, essendo tutelato contro gli interventi o le pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni, nel rispetto dell’obiettività e nell’assenza di qualsiasi interesse nella soluzione della controversia. Le norme volte a garantire detta indipendenza e detta imparzialità devono essere tali da fugare qualsiasi legittimo dubbio ragionevole che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

109

Nel caso di specie, si deve rilevare, anzitutto, che la norma nazionale oggetto della seconda censura della Commissione riguarda non il processo di nomina di candidati all’esercizio di funzioni giudiziarie, bensì la possibilità, per giudici in carica che beneficiano quindi delle garanzie inerenti all’esercizio di tali funzioni, di proseguire l’esercizio delle stesse al di là dell’età ordinaria per il pensionamento, e che tale regola riguarda, pertanto, le condizioni di svolgimento e di cessazione della carriera di detti giudici.

110

Peraltro, anche se spetta ai soli Stati membri decidere se autorizzare o meno una tale proroga dell’esercizio delle funzioni giudiziarie al di là dell’età ordinaria per il pensionamento, resta il fatto che, quando essi optano per un simile meccanismo, sono tenuti ad assicurare che le condizioni e le modalità cui è soggetta una proroga siffatta non siano tali da pregiudicare il principio dell’indipendenza dei giudici.

111

A tal riguardo, è vero che la circostanza che un organo quale il presidente della Repubblica sia investito del potere di decidere o meno di concedere tale eventuale proroga non è di per sé sufficiente a far ravvisare l’esistenza di un pregiudizio a detto principio. Tuttavia, occorre garantire che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione di simili decisioni siano tali da non poter suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

112

A tal fine è necessario, in particolare, che tali requisiti e modalità siano concepiti in modo tale che detti giudici si trovino al riparo da eventuali tentazioni di cedere ad interventi o pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2013, D. e A., C‑175/11, EU:C:2013:45, punto 103). Siffatte modalità devono quindi, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati (v., per analogia, sentenze del 16 ottobre 2012, Commissione/Austria, C‑614/10, EU:C:2012:631, punto 43, e dell’8 aprile 2014, Commissione/Ungheria, C‑288/12, EU:C:2014:237, punto 51).

113

Orbene, nel caso di specie, i requisiti e le modalità procedurali cui la nuova legge sulla Corte suprema subordina l’eventuale proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) al di là dell’età ordinaria per il pensionamento non rispondono a tali esigenze.

114

A tale riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che, in forza della nuova legge sulla Corte suprema, una proroga siffatta è ormai subordinata a una decisione del presidente della Repubblica che ha carattere discrezionale, poiché la sua adozione non è delimitata, in quanto tale, da alcun criterio oggettivo e verificabile, e non deve essere motivata. Inoltre, una decisione del genere non può essere oggetto di un ricorso giurisdizionale.

115

In secondo luogo, e quanto al fatto che la nuova legge sulla Corte suprema prevede che il Consiglio nazionale della magistratura sia chiamato a fornire un parere al presidente della Repubblica prima che quest’ultimo adotti la propria decisione, è certamente vero che l’intervento di tale organo, nell’ambito di un processo di proroga dell’esercizio delle funzioni di un giudice al di là dell’età ordinaria per il suo pensionamento, può, in linea di principio, risultare idoneo a contribuire a rendere tale processo più obiettivo.

116

Questo è vero, tuttavia, solo a patto che siano soddisfatte talune condizioni e, in particolare, che detto organo sia a sua volta indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo e dall’autorità alla quale è chiamato a fornire un parere, e che un parere siffatto sia reso sulla base di criteri al tempo stesso obiettivi e pertinenti e sia debitamente motivato, così da essere idoneo a guidare in modo obiettivo detta autorità nell’adozione della sua decisione.

117

A questo proposito, è sufficiente constatare che, come confermato dalla Repubblica di Polonia in udienza, il Consiglio nazionale della magistratura, quando è stato chiamato a fornire simili pareri al presidente della Repubblica, si è limitato, in generale e in assenza di una norma che lo obbligasse a motivarli, a rendere pareri, fossero essi favorevoli o sfavorevoli, talora privi di qualsiasi motivazione, talora accompagnati da una motivazione puramente formale, che operava un mero rinvio generico ai termini in cui sono formulati i criteri fissati all’articolo 37, paragrafo 1 ter, della nuova legge sulla Corte suprema. Ciò considerato, e senza che sia necessario determinare se criteri come quelli menzionati da tale disposizione siano sufficientemente trasparenti, obiettivi e verificabili, si deve osservare che pareri del genere non sono idonei a contribuire a guidare in modo obiettivo il presidente della Repubblica nell’esercizio del potere di cui è investito al fine di autorizzare o negare la proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema) dopo che l’interessato abbia raggiunto l’età ordinaria per il pensionamento.

118

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve constatare che il potere discrezionale di cui è investito il presidente della Repubblica al fine di autorizzare, a due riprese, ogni volta per tre anni, tra l’età di 65 e l’età di 71 anni, la proroga dell’esercizio delle funzioni di giudice di un organo giurisdizionale supremo nazionale quale il Sąd Najwyższy (Corte suprema) è idonea a suscitare legittimi dubbi, segnatamente nei singoli, quanto all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi che possono trovarsi contrapposti dinanzi ad essi.

119

Infine, l’argomento della Repubblica di Polonia vertente su un’asserita somiglianza tra le disposizioni nazionali così messe in discussione e le procedure applicabili in altri Stati membri o in occasione dell’eventuale rinnovo del mandato di giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea non può essere accolto.

120

Infatti, da un lato, anche supponendo che una procedura prevista in un altro Stato membro comporti, nell’ottica dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, vizi analoghi a quelli che sono stati rilevati a proposito delle disposizioni nazionali discusse nella presente causa, il che non è stato dimostrato, resterebbe il fatto che uno Stato membro non può basarsi su un’eventuale violazione del diritto dell’Unione da parte di un altro Stato membro per giustificare il proprio inadempimento (v., in particolare, sentenza del 6 giugno 1996, Commissione/Italia, C‑101/94, EU:C:1996:221, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

121

Dall’altro lato, occorre ricordare che, a differenza di magistrati nazionali che sono nominati fino al raggiungimento dell’età legale per il pensionamento, la nomina di giudici alla Corte avviene, come previsto dall’articolo 253 TFUE, per una durata determinata di sei anni. Peraltro, una nuova nomina a un posto siffatto di un giudice uscente richiede, in forza di tale articolo, e al pari della nomina iniziale dello stesso, il comune accordo dei governi degli Stati membri, previo parere del comitato di cui all’articolo 255 TFUE.

122

Le condizioni così fissate dai trattati non possono modificare la portata degli obblighi cui gli Stati membri sono tenuti in applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

123

Di conseguenza, la seconda censura della Commissione, relativa alla violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e, pertanto, il ricorso nel suo insieme devono essere accolti.

124

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre dichiarare che la Repubblica di Polonia, prevedendo, da un lato, l’applicazione della misura consistente nell’abbassare l’età per il pensionamento dei giudici presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ai giudici in carica nominati prima del 3 aprile 2018, e attribuendo, dall’altro, al presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva dei giudici di tale organo giurisdizionale oltre l’età per il pensionamento di nuova fissazione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

Sulle spese

125

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

126

Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’Ungheria sopporta le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La Repubblica di Polonia, prevedendo, da un lato, l’applicazione della misura consistente nell’abbassare l’età per il pensionamento dei giudici presso il Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) ai giudici in carica nominati prima del 3 aprile 2018, e attribuendo, dall’altro, al presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva dei giudici di tale organo giurisdizionale oltre l’età per il pensionamento di nuova fissazione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

 

2)

La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.

 

3)

L’Ungheria sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.