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Document 52009AE1711

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Inclusione sociale (parere esplorativo)

    GU C 128 del 18.5.2010, p. 10–17 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    18.5.2010   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 128/10


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Inclusione sociale

    (parere esplorativo)

    (2010/C 128/03)

    Relatrice: KING

    Con lettera datata 18 dicembre 2008, il ministro svedese per gli Affari europei Cecilia MALMSTRÖM ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

    Inclusione sociale.

    La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 ottobre 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice KING.

    Alla sua 457a sessione plenaria, dei giorni 4 e 5 novembre 2009 (seduta del 4 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, nessun voto contrario e 4 astensioni.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.   In futuro, la strategia dell'Unione europea per la crescita e l'occupazione dovrà rivolgere una maggiore attenzione agli obiettivi della coesione sociale: è quanto reclama la Commissione europea nella sua nuova relazione sull'argomento, presentata il 29 settembre 2009. Nella relazione, elaborata dal Comitato per la protezione sociale, si afferma che la sola protezione sociale non basta a prevenire la povertà e l'esclusione e che occorre sottolineare maggiormente obiettivi quali la lotta contro la povertà dei minori e la promozione dell'inclusione attiva.

    Le prime vittime dell'esclusione sono generalmente i poveri, i meno qualificati, gli immigrati, gli appartenenti a minoranze etniche e culturali, i disabili, coloro che vivono isolati, coloro che dispongono di alloggi inadeguati o che sono senza fissa dimora.

    L'occupazione non consente automaticamente di evitare l'esclusione e di scongiurare il rischio povertà, ma resta comunque il modo migliore per promuovere l'inclusione sociale.

    1.2.   La presidenza svedese ha l'ambizione di combattere l'impatto negativo della crisi economica sulla crescita e l'occupazione sia a livello di UE che di Stati membri. Essa si propone di privilegiare le misure relative al mercato del lavoro, volte a ridurre al minimo la disoccupazione, diminuire il numero di persone escluse e favorire il reinserimento nel mercato del lavoro di coloro che hanno recentemente perso il posto di lavoro. Al tempo stesso la presidenza svedese intende gettare le basi per la creazione di posti di lavoro sostenibili e duraturi.

    1.3.   Al vertice G20 che si è recentemente concluso è stato dichiarato che gli Stati membri, compresa l'Unione europea, sono riusciti a creare e a mantenere posti di lavoro, minimizzando in tal modo l'impatto della crisi per un gran numero di cittadini. Gli sforzi degli Stati membri si sono concentrati in particolare sul sostegno al mantenimento dei posti di lavoro e sulla tutela del reddito delle famiglie.

    1.4.   Tuttavia la sfida che si pone all'UE è che molti cittadini in età lavorativa non hanno accesso a un lavoro e non l'hanno avuto nemmeno durante il recente periodo di crescita economica. Inoltre il reddito di alcuni cittadini non è sufficiente per farli uscire dalla povertà. Si può concludere che, malgrado la realizzazione di interventi incisivi a sostegno della ripresa, negli ultimi 18 mesi questo gruppo è diventato più numeroso e l'impatto sociale della recessione non è ancora pienamente visibile.

    1.5.   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che si debba dedicare maggiore attenzione alle persone che sono più distanti dal mercato del lavoro, intensificando in particolare gli sforzi per l'attuazione dei principi comuni sull'inclusione attiva approvati dal Consiglio nel dicembre 2008. In questo gruppo rientrano i lavoratori meno qualificati, che hanno meno accesso alle opportunità di apprendimento e formazione permanenti le persone con responsabilità di assistenza e cura (principalmente le donne), i prepensionati, i disabili, le minoranze, i migranti e i giovani.

    1.6.   Il CESE raccomanda di utilizzare il metodo aperto di coordinamento per individuare le migliori pratiche per quanto riguarda le transizioni dall'istruzione/formazione all'occupazione e le transizioni dalle attività domestiche/civili all'occupazione, nonché per affrontare gli ostacoli strutturali al mercato del lavoro e alla partecipazione sociale in generale.

    1.7.   Il CESE è consapevole che la protezione e i servizi sociali dipendono in larga misura dai finanziamenti pubblici che diversi Stati membri stanno cercando di ridurre per via della crisi. Pertanto si oppone ad ogni iniziativa che metta a rischio la solidarietà, che costituisce la base della protezione sociale e apporta tanti benefici all'Europa: occorre invece adottare misure che offrano protezione e favoriscano, al tempo stesso, l'accesso al lavoro e la conservazione dell'occupazione.

    1.8.   Il CESE riconosce l'importanza che rivestono l'apprendimento e la formazione permanenti ai fini del miglioramento dell'occupabilità dei cittadini, ma osserva che paradossalmente sono proprio le persone meno istruite che incontrano le maggiori difficoltà di accesso a queste opportunità. Pertanto raccomanda vivamente che il diritto di partecipare e di accedere a tali attività venga effettivamente riconosciuto a tutti i cittadini.

    1.9.   Il CESE è d'accordo con la Commissione in merito all'importanza del coordinamento e della cooperazione a livello nazionale e locale, con il coinvolgimento delle autorità pubbliche, delle parti sociali e della società civile, non solo in ambito occupazionale, ma anche nel campo degli alloggi, della sanità e dell'inclusione territoriale.

    2.   Contesto

    2.1.   Le economie e le società europee fanno fronte attualmente ad una serie di sfide, ad esempio il cambiamento climatico, il progresso tecnologico, la globalizzazione e l'invecchiamento della popolazione. La maggiore partecipazione al mercato del lavoro che ha caratterizzato gli ultimi decenni, pur essendo un fenomeno positivo, è stata accompagnata da persistenti livelli di povertà generale e di povertà lavorativa, da una notevole segmentazione del mercato del lavoro e da progressi soltanto marginali per quanto riguarda il numero di famiglie senza occupazione. Poiché tuttavia un lavoro di qualità rappresenta la migliore garanzia contro la povertà e l'esclusione, il presente parere si concentra in particolare sul legame esistente tra occupazione e inclusione.

    2.2.   La crisi finanziaria mondiale è l'ultima sfida che è arrivata a colpire l'economia reale: la situazione del mercato del lavoro si è infatti deteriorata significativamente a causa della riduzione della domanda e di condizioni di finanziamento più rigide (1). Nel marzo 2009 il tasso di disoccupazione stagionalizzato dell'UE a 27 era pari all'8,3 % (rispetto al 6,7 % del marzo 2008). Ciò indica un'inversione di tendenza nell'evoluzione del tasso di disoccupazione che nell'UE a 25 era sceso, negli anni precedenti, dall'8,9 % (marzo 2005) all'8,4 % (marzo 2006), fino a raggiungere il 7,3 % (marzo 2007). Tutti i paesi e la maggior parte dei settori sono stati interessati dalla profonda recessione economica internazionale, anche se la situazione varia da uno Stato membro all'altro. I più colpiti hanno visto raddoppiare (Spagna e Irlanda) se non quasi triplicare (Stati baltici) il tasso di disoccupazione interno. Secondo le previsioni questa tendenza al rialzo dovrebbe continuare.

    2.3.   Le attuali misure per facilitare la situazione monetaria e per creare incentivi fiscali, introdotte in quasi tutti gli Stati membri per combattere quest'ultima crisi, sono destinate innanzitutto a stabilizzare i sistemi finanziari e ad attenuare gli effetti sociali negativi e poi a contribuire a una ripresa della crescita. Anche se il margine di manovra degli Stati membri presenta ampie variazioni, viene generalmente attribuita particolare attenzione alle politiche volte a mantenere in attività i lavoratori, promuovere il reinserimento nel mercato del lavoro, sostenere il reddito della popolazione, proteggere chi ha sottoscritto un mutuo ipotecario dal rischio di riacquisizione dell'immobile da parte degli istituti di credito, promuovere l'accesso al credito e investire in infrastrutture sociali e sanitarie, al fine sia di stimolare l'occupazione sia di migliorare l'accesso ai servizi (2). Tuttavia, la presidenza svedese ritiene che le misure necessarie per lottare contro la crisi debbano essere affiancate dalle opportune riforme strutturali che consentano all'UE di affrontare le altre sfide (ad esempio i cambiamenti demografici e la globalizzazione). Ancor prima della crisi, infatti, troppi cittadini, pur potendo entrare nel mercato del lavoro, non riuscivano a trovare un'occupazione nonostante una congiuntura economica relativamente favorevole.

    2.4.   La presidenza svedese intende porre l'accento sulle seguenti questioni:

    2.4.1.   in che modo gli Stati membri dovrebbero affrontare congiuntamente gli effetti di una rapida crescita della disoccupazione in seguito alla crisi economica;

    2.4.2.   quali riforme effettive possono accrescere la mobilità nel mercato del lavoro, e quali misure possono essere adottate per facilitare il reinserimento nel mercato del lavoro.

    L'obiettivo è contrastare gli effetti a breve termine della crisi e adottare misure volte ad assicurare che gli Stati membri raggiungano l'obiettivo a lungo termine di elevati livelli occupazionali, nel quadro di una nuova strategia comunitaria per la crescita e l'occupazione.

    3.   Occupazione e inclusione sociale

    3.1.   Promuovere transizioni sicure

    3.1.1.   Le transizioni e la mobilità sociale sono sempre esistiti in Europa. I cambiamenti introdotti dalla globalizzazione sottolineano la necessità di sistemi di governance economica e sociale che siano attivamente orientati sia alle transizioni che alla mobilità sociale. Collegare le strategie di attivazione, riabilitazione e reinserimento nel mondo del lavoro con i regimi di protezione sociale dovrebbe essere considerato un obiettivo politico. I testi disponibili su questo argomento parlano di almeno cinque transizioni (3): dall'istruzione/formazione all'occupazione; tra diverse forme di occupazione, compreso il lavoro autonomo; dall'occupazione alle attività domestiche o civili; dall'occupazione alla disabilità; dall'occupazione alla pensione. L'obiettivo è quello di convincere le persone che la transizione conviene, incoraggiarle a cercare attivamente un'occupazione e al tempo stesso fornire loro il necessario sostegno e metterle al riparo dalle necessità materiali.

    3.1.2.   Un motivo di particolare preoccupazione è dato dalla transizione dall'istruzione/formazione all'occupazione, in quanto molti giovani sono stati esclusi in misura spropositata dal mercato del lavoro durante il periodo di crescita e sono ora colpiti in misura altrettanto spropositata dalla crisi economica e finanziaria (4). Sebbene i giovani d'oggi dispongano di migliori qualifiche rispetto alle generazioni precedenti, essi entrano nel mercato del lavoro più tardi, hanno meno stabilità occupazionale e sono maggiormente esposti alla segmentazione del mercato del lavoro e alla disoccupazione. Il CESE prende atto e si compiace dell'accento posto dalla Commissione sul tema Aiutare i giovani ora  (5), ma si interroga sulle modalità che verranno seguite per valutare e rivedere le attività di formazione e di apprendistato per continuare ad assicurarne la pertinenza. Il CESE ha formulato delle raccomandazioni su come lottare contro la disoccupazione giovanile nel suo parere sul tema L'occupazione per le categorie prioritarie  (6). Il CESE ricorda che i migranti, le persone appartenenti a minoranze etniche, i genitori singoli e i lavoratori poco qualificati sono particolarmente a rischio di esclusione sociale e di esclusione dal mercato del lavoro.

    3.1.3.   Le transizioni dall'occupazione alle attività domestiche o civili incidono fortemente sulle donne e sulle possibilità di cui esse dispongono in termini di tipologia di contratto di lavoro o di durata del tempo trascorso fuori del mercato del lavoro. Il CESE raccomanda quindi che vengano potenziate le misure per garantire la parità di genere.

    3.2.   Elaborazione e attuazione di una politica integrata, promozione di azioni ad hoc e miglioramento della governance

    3.2.1.   L'esperienza maturata col tempo in materia di politiche di transizione permette di definire alcune caratteristiche di una «corretta politica di transizione». Gli incentivi e i sostegni emergono come fattori essenziali. Le politiche di transizione nel mercato del lavoro devono essere coordinate con le strategie di inclusione, in particolare per quanto concerne le persone più distanti dal mercato del lavoro, che richiedono sistematicamente ulteriori sforzi. Il CESE condivide l'opinione (7) secondo la quale crisi rende ancora più urgente e necessario attuare strategie complete di inclusione attiva, che combinino in modo equilibrato le diverse misure intese a promuovere mercati del lavoro inclusivi, un accesso a servizi di qualità e un reddito minimo adeguato.

    3.2.2.   Per una buona parte della popolazione in età lavorativa che deve compiere una transizione verso l'occupazione, il CESE accoglie quindi con favore la raccomandazione della Commissione (8) che auspica una partecipazione più forte e un coordinamento più efficace a livello nazionale. Il CESE tuttavia raccomanda altresì la personalizzazione degli interventi. Quest'ultimo aspetto è importante in quanto ai fini di una riforma risultano essenziali servizi di consulenza locali o «vicini» ai cittadini, capaci di fornire soluzioni su misura se non ai singoli individui per lo meno a gruppi. I progetti e le organizzazioni dell'economia sociale sono spesso in prima linea nel promuovere percorsi per l'ingresso nel mondo del lavoro e nel creare nuovi posti di lavoro per coloro che sono più distanti dal mercato occupazionale.

    3.2.3.   In questo contesto il CESE raccomanda altresì di completare il dialogo sociale con il dialogo civile. In alcuni Stati membri esistono forme di dialogo sociale già in atto. Le organizzazioni della società civile, che dispongono dell'esperienza, delle conoscenze e spesso di forti collegamenti con i gruppi vulnerabili (ad esempio i poveri, i minori, i giovani, le famiglie in situazione economica precaria, gli immigrati, le minoranze etniche, i disabili, gli anziani), avranno in tal modo la possibilità di essere incluse tra i protagonisti principali della definizione di politiche volte a incrementare l'integrazione sociale in Europa. Alcune ricerche mostrano che le qualità e la competenza dei professionisti e delle istituzioni che offrono i servizi, compresa la conoscenza e la capacità di trattare con i gruppi svantaggiati, sono elementi importanti delle buone pratiche.

    3.2.4.   Il CESE condivide la raccomandazione espressa nella comunicazione della Commissione (9), secondo la quale per migliorare le possibilità per le persone svantaggiate di accedere al mercato del lavoro occorre una migliore cooperazione tra le autorità pubbliche, i servizi per l'impiego pubblici e privati, i servizi sociali, i servizi di istruzione per adulti, le parti sociali e la società civile. Inoltre insiste sulla necessità di garantire un coordinamento tra i servizi di diverso tipo (ad esempio la sanità, l'istruzione, gli alloggi, ecc.) poiché è stato dimostrato che questo è un elemento chiave delle buone pratiche.

    3.3.   La strategia di Lisbona

    3.3.1.   La strategia di Lisbona, elaborata dall'UE, mette in particolar modo l'accento sull'inclusione sociale all'interno dell'Unione. La strategia definisce, come obiettivo generale, la necessità di passare ad un'economia più completa, capace di combinare l'efficienza e la creazione di maggiori e migliori posti di lavoro con livelli elevati di protezione sociale e una maggiore coesione economica e sociale. Queste sono le basi su cui poggiano i modelli economici e sociali europei. La strategia dell'UE dopo il 2010 dovrà sviluppare una chiara visione delle grandi sfide della società e dovrà dotarsi di strumenti rinnovati per i settori dell'occupazione e dell'inclusione sociale. Il CESE sta attualmente elaborando un parere sulla politica che succederà alla strategia di Lisbona.

    3.3.2.   La strategia di Lisbona ha sottolineato che la creazione di posti di lavoro dipende fortemente da politiche attive dell'occupazione, da un quadro macroeconomico sicuro, da investimenti nelle competenze, nella ricerca e nell'infrastruttura, da una migliore regolamentazione e dalla promozione dello spirito imprenditoriale e dell'innovazione. Dato che la situazione dei mercati del lavoro continua a peggiorare per colpa della recessione economica, risultano necessarie ulteriori azioni tenendo conto che la recessione avrà il suo massimo impatto sulle persone. I mercati del lavoro europei verranno profondamente trasformati dalla crisi. I lavoratori e le imprese devono disporre dei mezzi necessari per adattarsi perfettamente all'evolversi della situazione, in altre parole devono poter conservare l'occupazione, migliorare le competenze a tutti i livelli, specie per quanto concerne i lavoratori meno qualificati, favorire il reinserimento nel mondo del lavoro e garantire le condizioni necessarie alla creazione di nuovi posti di lavoro.

    3.4.   Il concetto di gestione della flessicurezza in tempi di crisi (10)

    Nel quadro di una strategia integrata per promuovere tanto la flessibilità quanto la sicurezza del mercato del lavoro e per sostenere coloro che ne sono temporaneamente esclusi, il CESE ritiene che:

    3.4.1.   la flessicurezza risulti ancora più importante ed opportuna nel difficile contesto economico attuale, caratterizzato da un aumento della disoccupazione, della povertà e della segmentazione e dalla sfida urgente di stimolare la crescita, creare posti di lavoro nuovi e migliori e rafforzare la coesione sociale;

    3.4.2.   l'attuazione della flessicurezza richieda non solo componenti di sostegno della protezione sociale, ma anche chiari incentivi all’occupazione e un mercato dell'occupazione aperto e qualificante, capace di sostenere altri elementi; il tutto combinato con politiche finalizzate a superare gli ostacoli strutturali alla partecipazione e a promuovere la creazione e il mantenimento di posti di lavoro, anche di qualità. Ciò contribuirà a ridurre l’esclusione sociale e il rischio di povertà, aprendo il mercato del lavoro a tutti i cittadini e in particolare ai gruppi vulnerabili;

    3.4.3.   i principi comuni della flessicurezza, come mezzo per attuare la strategia europea per l'occupazione, in combinazione con strategie complete di inclusione attiva per le persone che sono più distanti dal mercato del lavoro, forniscano una strategia a tutto campo per coordinare gli sforzi di gestione dell'impatto sociale e occupazionale della crisi e preparare la ripresa economica.

    3.4.4.   Il CESE si compiace che le parti sociali dell'UE abbiano convenuto di monitorare l'attuazione dei principi comuni dell'UE sulla flessicurezza e di far propri gli insegnamenti tratti. Il CESE sta attualmente elaborando un parere sulla flessicurezza per fornire un contributo in questo ambito (11). Inoltre invita gli Stati membri a intensificare gli sforzi per applicare i principi comuni sull'inclusione attiva e la Commissione a seguire regolarmente i progressi compiuti in materia.

    4.   Politica di protezione sociale e di inclusione sociale

    4.1.   I regimi di protezione sociale sono potenzialmente un elemento fondamentale dell'inclusione sociale in quanto riconoscono uno status anche a chi sta al di fuori del mercato, comportano azioni positive da parte dello Stato e combattono, mediante la solidarietà collettiva, i fattori che limitano la capacità delle persone e dei gruppi svantaggiati di vivere una vita dignitosa. Il successo del welfare state europeo, specie nella lotta contro le disparità, è ben documentato e riflette il valore fondamentale europeo della solidarietà, sancito nella Carta dei diritti fondamentali. Secondo il Comitato, le sfide principali della protezione sociale consistono attualmente nel garantire che i bisogni primari delle persone, anche se variano da un paese all'altro, vengano universalmente soddisfatti nell'agevolare delle corrette transizioni, come già affermato sopra. È urgente adottare misure per rendere fruttuose le transizioni e migliorare l'accesso all'occupazione per determinate categorie svantaggiate sul mercato del lavoro, senza tuttavia modificare il livello del gettito fiscale degli Stati membri, riducendo i costi non salariali di assunzione a carico dei datori di lavoro, attraverso la diminuzione degli oneri amministrativi, sfruttando le possibilità di creazione di posti di lavoro particolarmente per le persone poco qualificate, riducendo i disincentivi al lavoro, migliorando la struttura del prelievo fiscale e delle prestazioni previdenziali per rendere il lavoro conveniente (cosa che comporta eventualmente una riduzione della pressione fiscale sul cumulo dei redditi familiari), e fornendo infine incentivi ai disoccupati affinché creino la loro impresa (ad esempio attraverso la formazione all'imprenditorialità e i microcrediti), assicurando l'accesso ai servizi necessari per consentire la partecipazione. Per le persone che non sono in grado di lavorare dovrà essere fornito un adeguato sostegno al reddito.

    4.2.   Il Comitato desidera sottolineare che l'accesa concorrenza derivante dalla globalizzazione e l'impatto della crisi economica rendono quanto mai essenziale disporre di un'adeguata protezione contro i rischi sociali, tra cui la disoccupazione, e rafforzare il ruolo della protezione sociale in quanto investimento a favore sia della competitività economica sia della inclusione sociale. Le riforme non devono mettere a repentaglio i principi di solidarietà che sono alla base della protezione sociale e che si sono dimostrati validi in Europa. D'altra parte, se il cambiamento è essenziale, i regimi di protezione sociale non devono essere contrari al cambiamento, ma devono essere guidati da una politica di riforma sociale coerente, a lungo termine e coordinata, capace di garantire una protezione e di promuovere le transizioni a breve e a lungo termine.

    È dunque importante valutare in che modo le varie componenti della protezione sociale possano contribuire più efficacemente all'inclusione sociale ed economica. In tale contesto, il CESE richiama l'attenzione sui seguenti aspetti.

    4.3.1.   Tener conto dello squilibrio demografico e dei cambiamenti in ambito familiare

    4.3.1.1.   La prospettiva di un invecchiamento della popolazione nella maggior parte dei paesi europei solleva varie questioni concernenti l'inclusione sociale. Diversi paesi hanno già adottato una serie di azioni. Il problema più chiaramente sentito, ma non sempre affrontato in modo efficace, è quello dell'aumento del numero di persone aventi diritto alla pensione abbinato alla necessità di servizi di assistenza sanitaria e sociale. Il CESE accoglie con favore la raccomandazione della Commissione (9) di promuovere l'occupazione dei lavoratori anziani, nonché di stimolare la domanda e l'occupazione nel settore delle cure e dell'assistenza, per esempio introducendo agevolazioni fiscali o altri incentivi. Esso ritiene che la proposta della Commissione di scoraggiare i programmi di pensionamento anticipato richieda un profondo dibattito concernente le condizioni quadro, la portata giuridica, le misure politiche di accompagnamento, ecc., al fine di non creare nuovamente problemi sociali alle persone anziane. Il Comitato ha già fornito importanti contributi in proposito.

    4.3.1.2.   Un altro aspetto che contribuisce alla situazione demografica attuale è il fatto che molte politiche, in particolare le politiche familiari, non consentono ai cittadini di soddisfare il loro desiderio di avere figli (12). Il CESE richiama in particolare l'attenzione dei politici sul suo parere relativo alla famiglia e all'evoluzione demografica (13). Ciascun paese ha bisogno di una politica familiare che rispetti la volontà di ogni singolo cittadino (anche dei bambini), che valorizzi la vita familiare, che minimizzi il notevole impatto della rottura familiare, della violenza, della povertà e dell'esclusione sociale sulle persone (specie i bambini), e che sia vicina alla vita e alle aspettative dei cittadini. L'elaborazione di una politica familiare completa, che affronti aspetti quali il reddito, i servizi di assistenza all'infanzia, l'accesso dei genitori a un lavoro di qualità a tempo pieno, la parità di genere, i servizi educativi, sociali e culturali, l'occupazione e infine la creazione e la pianificazione delle infrastrutture, dovrebbe pertanto costituire una priorità assoluta di ciascun paese europeo.

    4.3.2.   Ottimizzare i sussidi di disoccupazione e promuovere l'integrazione

    4.3.2.1.   I sussidi di disoccupazione sono un importante vantaggio sociale che dà sicurezza ai lavoratori in esubero o disoccupati, specie in un contesto in cui la crisi economica e la concorrenza impongono continuamente delle ristrutturazioni. I sussidi di disoccupazione, se congrui, possono essere addirittura un fattore di fluidità economica e facilitare la mobilità della forza lavoro. In taluni paesi, tuttavia, questi sistemi comportano unicamente una distribuzione passiva dei sussidi, senza che vi sia un meccanismo adeguato di rientro nel mercato del lavoro (ad es. transizione dalla disoccupazione all'occupazione) o di formazione orientata all'ottenimento di un lavoro sostenibile. In linea di massima, è opportuno rendere più attive le spese per i sussidi di disoccupazione basandole, come avviene in diversi paesi, su accordi individuali di rientro al lavoro, i quali sono una condizione preliminare per l'ottenimento dei sussidi stessi. In questo contesto, le autorità hanno la responsabilità di fornire un sostegno adeguato, di garantire l'integrazione, di predisporre sistemi di formazione e di consentire l'accesso ad altri servizi abilitanti. Un altro elemento importante è quello della prevenzione. Per tale motivo, è necessario realizzare un intervento precoce che sottolinei la necessità di combattere la povertà infantile attraverso una politica efficace di formazione continua che dovrà essere definita e che potrebbe implicare dei riorientamenti in materia di istruzione e formazione nel corso della vita.

    4.3.2.2.   La transizione e l'integrazione sono importanti anche per altri gruppi, ad esempio le vittime di incidenti e le persone malate (transizione dall'occupazione alla disoccupazione a causa di una disabilità). Questo solleva innanzi tutto la questione di trovare un reddito di sostituzione e, in secondo luogo, di garantire il ritorno o l'accesso all'occupazione. Disporre di un reddito è essenziale per vivere una vita autonoma, ma non è necessariamente sufficiente. In molti casi, all'integrazione delle persone nel mondo del lavoro non viene attribuita un'importanza sufficiente nonostante vi siano disposizioni giuridiche al riguardo. Le misure pratiche di orientamento e sostegno per la ricerca di un lavoro o per la reintegrazione nel mondo del lavoro sono spesso pesanti e inadeguate. Né i requisiti di ammissibilità né l'ammontare delle compensazioni devono essere tali da dissuadere le persone interessate dal sottoporsi ad una riconversione funzionale o professionale o dal riprendere il loro lavoro, anzi devono essere di stimolo in questo senso. Tuttavia le riforme, che spostano l'accento dalle misure passive a quelle attive, non dovrebbero perdere di vista gli obiettivi fissati nel Codice europeo di sicurezza sociale e nei suoi protocolli. La cosiddetta adeguata occupazione deve mirare a garantire che i disoccupati vengano orientati verso i posti di lavoro per i quali le loro abilità e qualifiche possano essere sfruttate nel modo più produttivo ed efficace, a vantaggio di tutta la società. Tuttavia alle persone per le quali il lavoro non rappresenta un'opzione possibile deve essere assicurato un sostegno al reddito sufficiente per condurre una vita dignitosa.

    5.   Promuovere l'apprendimento e la formazione permanenti

    5.1.   Gli Stati membri dispongono di sistemi e livelli molto diversi di istruzione e formazione professionale per i lavoratori. Il fatto che le possibilità di formazione continua fra i cittadini europei siano ripartite in modo alquanto diseguale (i lavoratori con più elevati livelli d'istruzione beneficiano, nel corso della loro carriera professionale, di maggiori possibilità di formazione e di formazione continua rispetto ai meno qualificati) rappresenta una grossa sfida politica in un'epoca di globalizzazione e nella fase attuale di recessione economica. Dato che i lavoratori meno istruiti sono quelli maggiormente esposti al rischio disoccupazione e delocalizzazione, una delle principali priorità politiche è quella di assicurare a questi gruppi un maggiore accesso e una più ampia partecipazione all'istruzione e alla formazione. Di conseguenza il CESE chiede che il diritto alla formazione venga garantito concretamente a tutti i cittadini desiderosi di migliorare le loro opportunità sul mercato del lavoro, e in particolare ai gruppi maggiormente esclusi.

    5.2.   Il fatto che i cambiamenti nel contesto sociale, economico, politico e tecnologico comporteranno adeguamenti successivi delle competenze impone anche di riflettere attentamente sul contenuto della formazione generale, soprattutto affinché l'istruzione e la formazione siano maggiormente orientate alle esigenze del mercato del lavoro. Pertanto, è essenziale 1) fornire a tutti i giovani una solida istruzione di base; 2) individuare i bisogni in materia di competenze attuali e future, che dovrebbero essere analizzati a livello locale e/o nazionale, per rispecchiare le diversità tra gli Stati membri e al loro interno. Il CESE prende atto dell'iniziativa della Commissione Nuove competenze per nuovi lavori  (14), alla quale fornirà una risposta dettagliata.

    5.3.   Il CESE è d'accordo con la raccomandazione della Commissione, secondo la quale la carriera professionale di un individuo non dovrebbe iniziare con l'esperienza della disoccupazione. È dunque essenziale che al termine del ciclo di studi, ogni persona capace e volenterosa abbia la possibilità di proseguire negli studi oppure di partecipare ad un programma di formazione professionale, incoraggiando il più possibile l'accettazione dell'offerta. Per ulteriori informazioni sulla risposta del CESE, cfr. il parere del CESE sull'occupazione delle categorie prioritarie (15).

    6.   L'alloggio come fattore di inclusione sociale

    6.1.   La mancanza di un alloggio è una delle forme di esclusione più gravi. Molti paesi dell'Unione europea hanno ratificato Trattati e convenzioni internazionali che riconoscono e tutelano il diritto all'alloggio: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (articolo 25), la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (articolo 11), la Convenzione sui diritti dei minori (articolo 27), la Convenzione sull'eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne (articoli 14 e 15), la Convenzione relativa alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali (articolo 8), la Carta sociale europea (articoli 15, 16, 19, 23, 30 e 31) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 34, paragrafo 3).

    6.2.   In Europa, la crisi degli alloggi colpisce 70 milioni di persone che vivono in condizioni abitative inadeguate; di queste, circa 18 milioni sono minacciate di sfratto e 3 milioni sono senza fissa dimora. Queste cifre tendono ad aumentare come conseguenza della crisi finanziaria mondiale: circa due milioni di famiglie in Europa rischiano infatti di perdere la loro casa per il mancato pagamento delle rate del mutuo (16). Gli Stati membri devono fare di questo tema una priorità, al fine di minimizzare l'impatto sui cittadini, specialmente su quelli più vulnerabili.

    6.3.   Questa crisi degli alloggi determina l'esatto contrario dell'inclusione sociale: è infatti previsto un aumento delle richieste di un alloggio dignitoso ed economicamente accessibile, una minore sicurezza degli inquilini nei contratti di affitto, un maggior rischio di pignoramento in caso di mutuo ipotecario e un incremento delle minacce di sfratto. A farne maggiormente le spese saranno i giovani, i più anziani, i disoccupati, i poveri e gli immigrati, nonché le famiglie con un reddito medio. Pertanto, il CESE raccomanda vivamente di garantire la parità di trattamento in materia di alloggi e l'introduzione di meccanismi per la prevenzione degli sfratti, in particolare per quanto concerne i diversi gruppi vulnerabili.

    Il CESE è favorevole all'utilizzo del metodo aperto di coordinamento come quadro per lo scambio di buone pratiche e alla scelta della mancanza di alloggio e dell'esclusione legata all'alloggio come focus tematico del metodo aperto di coordinamento sociale nel 2009. Raccomanda inoltre l'ulteriore ampliamento di tale metodo attraverso il rafforzamento degli strumenti finanziari esistenti nell'UE, per quanto concerne:

    6.4.1.   programmi per la fornitura di alloggi dignitosi e a prezzi accessibili;

    6.4.2.   programmi per sostenere lo sviluppo di soluzioni alternative di alloggio e progetti sperimentali per nuovi tipi di case popolari, che tengano conto della solidarietà intergenerazionale, degli aspetti multiculturali e del fenomeno dell'esclusione sociale, in partenariato con gli enti locali, la società civile e gli investitori sociali.

    6.5.   Il CESE condivide quanto affermato dal Consiglio e dalla Commissione (17), ovvero che l'inclusione finanziaria è una condizione imprescindibile per garantire un accesso sostenibile al mercato degli alloggi e che quanti si trovano ad affrontare uno sfratto o la riacquisizione dell'immobile da parte dell'istituto di credito devono poter beneficiare di un sostegno e di una consulenza adeguati.

    7.   Una politica territoriale in quanto fattore di inclusione sociale

    7.1.   Le politiche per garantire gli alloggi devono essere informate e completate dalle politiche che prestano attenzione alle zone territoriali o geografiche. Tutti i lavori relativi all'inclusione sociale sottolineano l'esistenza di regioni e località svantaggiate. In molti casi, gli svantaggi sono causati da fattori infrastrutturali - vale a dire una scarsa fornitura di servizi o strutture oppure la mancanza di posti di lavoro - e questo può comportare un degrado ambientale e sociale. Gli studi più recenti sottolineano l'importanza del livello locale, il che dimostra come i problemi e le difficoltà si accumulino e formino aree non solo abitate da popolazioni vulnerabili, ma vulnerabili esse stesse per diversi motivi. In queste zone l'assenza di capitale investito, sia esso locale, nazionale o estero, rende più grave il problema.

    7.2.   Un obiettivo di tale politica dovrebbe pertanto essere quello di evitare squilibri tra zone e regioni e di assicurare che alle aree particolarmente svantaggiate venga attribuita un'adeguata considerazione. A tale proposito, svolgono un ruolo essenziale sia le iniziative locali sia le azioni volte al recupero sociale delle aree o delle zone residenziali degradate e impoverite. Non si tratta solo di investire nelle infrastrutture fisiche, ma anche di mettere l'accento sulla ricostruzione dell'infrastruttura sociale e della comunità e sul capitale sociale di queste zone.

    7.3.   L'occupazione è di particolare importanza per superare gli svantaggi territoriali. I posti di lavoro esistenti a livello locale consentono di ridurre la povertà, di promuovere l'inclusione sociale e di incrementare l'autostima, la fiducia in sé stessi e le risorse di coloro che soffrono per l'esclusione sociale. Essi inoltre contribuiscono ad aumentare le risorse finanziarie e di altro tipo disponibili a livello locale. Viceversa, l'accesso ai servizi è un requisito indispensabile per la creazione di occupazione a livello locale. La partecipazione delle comunità locali a questo o ad altri tipi di iniziative - ad esempio lo sviluppo di microimprese gestite localmente - è un elemento fondamentale in tale contesto.

    7.4.   Il CESE è convinto che sia necessario definire, accanto ai settori che formano tradizionalmente parte della politica d'inclusione sociale, un nuovo settore o approccio politico incentrato sulla creazione di una società attiva ed integrata. In un certo senso, esso coincide in maniera abbastanza netta con alcune strutture politiche già esistenti (concernenti ad esempio gli alloggi o i lavoratori meno qualificati), ma è anche un approccio che deve essere affrontato in modo specifico con una politica che sia tale a tutti gli effetti.

    7.5.   Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione (18) di mobilitare e accelerare i finanziamenti utilizzando un nuovo strumento europeo di microfinanziamento per l'occupazione, per sviluppare le microimprese e l'economia sociale. Il CESE ritiene che la politica territoriale dovrebbe essere una priorità e dovrebbe prevedere il coinvolgimento degli Stati membri, delle parti sociali, delle comunità e delle autorità locali competenti, compresa l'economia sociale.

    8.   La gestione della diversità e l'integrazione degli immigrati

    8.1.   La diversità culturale è ampiamente riconosciuta come una caratteristica tipicamente europea, anche se la governance nelle società europee non è sempre multiculturale. Per il CESE, l'inclusione sociale deve affrontare la questione del modo in cui le società trattano gli immigrati e le minoranze (ad esempio i Rom (19)). Ci sono diversi metodi sia per esplorare la questione che per rettificare la situazione.

    8.2.   Il Comitato ritiene che sia necessario esplorare la possibilità di combinare «pluralismo» e «uguaglianza» in quanto condizioni per l'inclusione sociale. L'apprezzamento reciproco delle culture e dei valori può costituire una sfida sia per la società di accoglienza sia per le minoranze e per gli immigrati. Il CESE raccomanda una serie di azioni fondamentali. Il paese ospitante deve ad esempio prevedere misure per individuare il contributo degli immigrati e i fattori che concorrono alla discriminazione, allo svantaggio e all'esclusione. Le minoranze e gli immigrati devono invece mostrare la volontà di adattarsi alle norme e alle tradizioni del paese ospitante, senza per questo rinunciare alla loro identità e alle loro radici culturali. Per un approfondimento, si veda il parere del CESE sull'occupazione delle categorie prioritarie (15).

    8.3.   È infine opportuno sottolineare il ruolo del dialogo interculturale, sia in quanto parte del dialogo civile sia come aspetto a sé stante. Tra i possibili obiettivi politici di questo tipo di attività figurano:

    l'istituzione di procedure che creino fiducia in un futuro comune e in valori civili quali l'equità, la tolleranza, il rispetto per la libertà e la democrazia, l'uguaglianza di genere, la solidarietà e la responsabilità sociale, e la creazione di un senso di appartenenza e di riconoscimento reciproco,

    il rafforzamento dell'inclusione sociale attraverso l'integrazione economica, sociale e culturale degli immigrati,

    la riconsiderazione di tutte le politiche tenendo conto della loro «equità da un punto di vista culturale», e prendendo in esame anche aspetti quali la stigmatizzazione e la discriminazione.

    Bruxelles, 4 novembre 2009

    Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  Cfr. il punto 2.1 del parere CESE dell'11 giugno 2009, sul tema Risultati del vertice sull'occupazione, relatore: GREIF (GU C 306 del 16.12.2009, pag. 70).

    (2)  Cfr. http://ec.europa.eu/social/keyDocuments.jsp? type=3 & policyArea=750 & subCategory=758 & country=0 & year=0 & advSearchKey= & mode=advancedSubmit&langId=en. Il prossimo aggiornamento è previsto a novembre 2009.

    (3)  Schmid, G. Wege in eine neue Vollbeschäftigung, Übergangsarbeitsmärkte und aktivierende Arbeitsmarktpolitik («Per una nuova piena occupazione, mercati del lavoro di passaggio e politica attiva del mercato del lavoro»). Francoforte, Campus Verlag, 2002.

    (4)  Cfr. http://ec.europa.eu/youth/news/news1389_en.htm.

    (5)  In: Un impegno comune per l'occupazione (COM(2009) 257 def.), pag. 8.

    (6)  Cfr. punto 5 del parere del CESE del 12 luglio 2007 sul tema L'occupazione per le categorie prioritarie (strategia di Lisbona), relatore: GREIF (GU C 256 del 27.10.2007).

    (7)  Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do? uri=OJ:L:2008:307:0011:0014:DE:PDF

    (8)  Cfr: Un impegno comune per l'occupazione (COM(2009) 257 def.), pag. 13.

    (9)  Cfr. Un impegno comune per l'occupazione (COM(2009) 257 def.), pag. 9.

    (10)  Progetto di conclusioni del Consiglio Flessicurezza in tempi di crisi (SOC/374, Ecofin 407, 10388/09).

    (11)  Cfr. parere CESE del 1o.10.2009 sul tema Come servirsi della flessicurezza ai fini delle ristrutturazioni, nel contesto dello sviluppo globale, relatore: SALVATORE, correlatore: CALVET CHAMBON (GU C 318 del 23.12.2009, pag. 1).

    (12)  Cfr. parere CESE del 30 settembre 2009 sul tema Lavoro e povertà: verso un approccio globale indispensabile, relatrice: PRUD'HOMME. (GU C 318 del 23.12.2009, pag. 52).

    (13)  Cfr. parere CESE del 14 marzo 2007 sul tema La famiglia e l'evoluzione demografica, relatore: BUFFETAUT (GU C 161 del 13.7.2007, pag. 66).

    (14)  Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, COM(2008) 868 def.

    (15)  Cfr. nota 6.

    (16)  Fonte: http://www.habitants.org/noticias/inhabitants_of_europe/european_platform_on_the_right_to_housing_2009.

    (17)  Cfr. Relazione congiunta Commissione/Consiglio sulla protezione sociale e l'inclusione sociale 2009, 7309/09, sezione 2, paragrafo 8.

    (18)  Cfr. Un impegno comune per l'occupazione (COM(2009) 257 def.), pag. 11.

    (19)  Parere CESE sul tema Integrazione delle minoranze - I Rom, relatrice: SIGMUND, correlatrice: SHARMA (GU C 27 del 3.2.2009, pag. 88).


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