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Document 52004IE1655

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I rapporti fra le generazioni

GU C 157 del 28.6.2005, p. 150–154 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

28.6.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 157/150


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I rapporti fra le generazioni

(2005/C 157/28)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 29 gennaio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema: I rapporti fra le generazioni.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 novembre 2004, sulla base del progetto predisposto dal relatore BLOCH-LAINÉ.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 dicembre 2004, nel corso della 413a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Premessa

1.1

I rapporti (1) fra generazioni sono uno dei principali fattori che determinano il grado di coesione di qualsiasi società, nel caso specifico delle nostre, e quindi dell'entità geopolitica in evoluzione costituita dalla loro unione.

1.2

I paesi europei sono caratterizzati dall'invecchiamento delle loro popolazioni. Si tratta di un fenomeno che ha conseguenze pesanti e presenta tutta una serie di problemi complessi che dovranno essere valutati e gestiti in modo quanto più lungimirante possibile, trovando nel contempo soluzioni opportunamente articolate. Spetta agli stessi paesi europei definire e attuare quella che può essere definita una «politica delle età» (2), ossia non già azioni episodiche, frammentarie e compartimentate, bensì piuttosto una strategia d'insieme, globale e sistemica, che miri a favorire, nel tempo, l'intesa e la solidarietà fra le generazioni sempre più numerose che coesistono l'una accanto all'altra all'interno di questi paesi.

1.3

A prescindere dalle differenze e dalle specificità nazionali, l'analisi dell'attuale situazione su questo fronte rivela che sono stati compiuti notevoli errori. Il Comitato è convinto che questo problema sia di capitale importanza per il futuro dell'Europa, e per l'avvenire intende dedicargli un'attenzione costante e tenerlo particolarmente presente nel proprio programma di lavoro.

Alla luce di tali motivazioni il presente parere si propone:

anzitutto, di formulare alcune constatazioni e riflessioni (capitolo 2) e quindi

di esporre alcuni orientamenti e raccomandazioni (capitolo 3).

2.   Constatazioni e riflessioni

2.1

È incontrovertibile che, negli ultimi cinquant'anni, i nostri paesi e le loro istituzioni comuni non si sono avvalsi appieno degli strumenti e delle tecniche — più che mai potenti — a loro disposizione per definire e attuare le politiche nell'ambito in esame, ossia per trovare il modo più idoneo per intervenire sui vari aspetti e componenti della problematica considerata.

2.1.1

Esprimendo un giudizio in proposito occorre evitare, fra l'altro, di esagerare in tre sensi opposti:

2.1.1.1

Da una parte si può esagerare affermando che sarebbe stato molto facile fare previsioni precise. Si tratta però di un'affermazione erronea, perché, se è vero che la scienza demografica permette, grazie a metodi collaudati, di tracciare prospettive illuminanti sul medio e lungo termine, queste possono (com'è noto) dipendere da variabili economiche, sociologiche e politiche piuttosto aleatorie. Ad esempio, le nascite, i decessi e i flussi migratori dipendono sì da fluttuazioni loro proprie, ma al tempo stesso anche da fattori esterni, estrinseci, quali la crescita o il rallentamento dell'economia, l'insicurezza sociale, l'evolvere dei costumi, l'ambiente politico e il grado di fiducia dei cittadini nell'avvenire. Inoltre, a partire dai dati demografici, gli esperti avanzano ipotesi centrali basate su medie, che differiscono però a seconda degli esperti.

2.1.1.2

D'altra parte si può sbagliare sottovalutando i programmi lungimiranti e tenaci e i successi conseguiti in questi ultimi cinquant'anni in materia di sanità, protezione sociale, solidarietà, formazione, attrezzature e infrastrutture, pianificazione territoriale, dialogo sociale, vita associativa, ecc.

2.1.1.3

Infine, un terzo errore consisterebbe nello sminuire le iniziative innovatrici e promettenti, rivolte all'avvenire, intraprese o varate in vari campi dal Consiglio, dal Parlamento europeo e dalla Commissione.

2.1.2

Dalla fine della seconda guerra mondiale si è tuttavia palesata una scarsa perspicacia e lungimiranza nel fronteggiare alcune conseguenze, nefaste per la società, dell'invecchiamento delle popolazioni dei nostri paesi. Questo fenomeno demografico risulta dalla combinazione di due tendenze previste e segnalate da parecchio tempo: l'allungamento della vita media e il calo della natalità. A prescindere dalle differenze e dalle sfumature nelle diagnosi degli esperti in previsioni, non possono esserci dubbi sul carattere ineluttabile di questo fenomeno.

2.1.3

È impossibile negare in buona fede che siano stati commessi omissioni, dimenticanze ed errori nel tener conto, con misure idonee, di una realtà ben presente, destinata a protrarsi e a comportare ricadute pesanti: il coesistere sempre più frequente di tre, o addirittura quattro, generazioni (anziché due).

2.1.4

L'incapacità di provvedimenti tempestivi si è purtroppo manifestata su vari fronti, ad esempio:

il finanziamento delle pensioni: non è esagerato affermare che, in vari nostri paesi, si è procrastinato troppo e il problema è stato fronteggiato solo quando è apparso ormai improrogabile, sfociando in situazioni conflittuali che avrebbero potuto essere evitate,

le posizioni e i contributi rispettivi che il personale appartenente alle diverse fasce d'età più consistenti dà al funzionamento delle imprese e delle amministrazioni: per risolvere i problemi dell'organico e alleggerire i costi di gestione sono state adottate misure episodiche e scoordinate, senza preoccuparsi troppo dei «danni collaterali» e degli effetti perversi di espedienti poco lungimiranti,

formazione continua: vari aspetti dei problemi connessi all'allungamento della vita attiva sono stati troppo spesso trascurati perché riguardavano i problemi dei lavoratori «meno giovani»,

urbanistica, habitat e localizzazione delle infrastrutture collettive e commerciali: le concezioni che hanno sinora prevalso hanno spesso ignorato i bisogni specifici rispettivi dei più giovani, dei più anziani e delle famiglie (siano esse unite o disgregate),

trasmissione dei patrimoni materiali: i dispositivi giuridici e fiscali non sono stati affatto rivisti e adattati per tener conto della dinamica demografica,

rapporti fra il mondo della scuola e il mondo del lavoro: in questo campo solo pochi paesi hanno compiuto progressi, mentre molti altri, ben più numerosi, hanno accumulato ritardi,

preservazione, valorizzazione, utilizzo e condivisione del bagaglio di esperienze e memorie: il progresso tecnologico, le innovazioni manageriali, una certa tendenza a valorizzare eccessivamente i giovani non hanno prestato attenzione al rischio di sprecare conoscenze, capacità, esperienza e memorie,

le culture: talvolta, con troppa facilità, si è forse attribuito eccessivo valore a culture emergenti (3), senza distinguere a sufficienza fra i risultati di mode e i progressi invece duraturi. Si è lasciato che s'innescassero fenomeni di «amnesia», di timore, di rimpianto, oppure atteggiamenti di sufficienza, provocando quindi il reciproco isolamento delle generazioni.

2.1.5

Validità degli indicatori del «welfare»: il Comitato giudica positivamente il lavoro compiuto dal sottocomitato «Indicatori» del comitato di coordinamento per la protezione sociale, e in particolare la definizione degli indicatori proposti (o il perfezionamento degli indicatori precedenti). Ciò consente ora di ripartire per gruppi di età una serie d'indicatori riguardanti, fra l'altro, il rischio di povertà. Il Comitato insiste sulla necessità che questo lavoro prosegua, soprattutto allo scopo di completare e consolidare una serie d'indicatori utili per valutare sempre meglio la condizione dei vari gruppi di età da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo.

3.   Orientamenti e raccomandazioni

3.1

È lecito chiedersi per quale motivo, in questi ultimi anni, problemi così reali e fondamentali siano stati trascurati. Si tratta però di un tema importante, complesso e vasto, che si presta a una riflessione sociologica e politica non adatta ad essere compiuta in maniera sbrigativa nel presente parere. In quanto organo consultivo, il Comitato è comunque decisamente convinto di essere meno esposto ai vincoli e alle pressioni del momento di quanto non lo siano gli attori con poteri decisionali. La varietà della sua composizione, l'abitudine dei suoi membri di lavorare insieme liberamente e in maniera continuativa, di confrontare le loro esperienze, conoscenze, informazioni e preoccupazioni, e di mettere in comune intuizioni ed analisi, la loro attitudine a formulare proposte circa i metodi da seguire, la loro forte adesione e il loro impegno nei confronti della cosiddetta «democrazia partecipativa», sono tutti punti forti e facilitazioni che gli schiudono ambiti d'azione nei quali ha la facoltà, e il dovere, d'impegnarsi più di quanto già non faccia. Uno di questi ambiti è appunto quello delle «Relazioni fra le generazioni».

3.1.1

Per intervenire in un campo così complesso occorre dar prova di cautela e lucidità:

3.1.1.1

il Comitato deve agire nei limiti delle proprie attribuzioni, evitando di fare propri obiettivi che eccedono le proprie capacità o che non sono conformi ai compiti che gli sono assegnati.

3.1.1.2

La riflessione anticipatrice, che si definisce anche «di prospettiva», non va confusa né con la programmazione né con la futurologia.

3.1.1.3

Gli scienziati più seri fanno spesso presente che le loro conoscenze altro non sono che «una serie di errori in attesa della riprova del contrario»: se di per sé l'economia non è una scienza esatta, tantomeno lo è la scienza sociale, per cui le previsioni di carattere socioeconomico sono inevitabilmente a rischio di errore.

3.1.1.4

Fra i numerosi ambiti d'intervento legati ai rapporti fra le generazioni taluni implicano oggi iniziative riparatrici, mentre altri, infine, richiedono una grande capacità di ricerca e d'invenzione. Occorre identificare bene questi due fronti diversi, operare le debite distinzioni e diffidare sempre delle utopie pericolose o sterili.

3.1.2

Quanto al metodo che intende adottare per assolvere a dovere il ruolo che discende dalle sue ambizioni in proposito, il Comitato ha deciso una linea di condotta che consisterà nell'agire nella più stretta cooperazione possibile con le istituzioni dell'Unione (Consiglio, Parlamento e Commissione). Questo modo di procedere è non solo la logica conseguenza di quanto considerato ai punti 2.1.1.3 e 3.1.2 che precedono e della volontà di rispettare sia la lettera che lo spirito dei testi istituzionali, ma discende anche dagli imperativi dettati dal semplice buon senso.

3.1.2.1

Dato che il tema dei rapporti fra le generazioni è particolarmente vasto, in questa sede si poteva solo cominciare col tracciarne un inventario abbastanza generale.

3.1.2.2

In questo primo parere il Comitato ha deciso di sottoporre alle istituzioni dell'Unione il seguente elenco di argomenti di riflessione (non in ordine di priorità) che esse potranno affrontare in collaborazione con lo stesso Comitato, con modalità da stabilire purché sempre attente alle correlazioni, qualora lo giudichino opportuno:

ampiezza, peso e limiti dei ruoli e delle responsabilità che per l'avvenire incomberanno alle famiglie nell'organizzazione della società: giovani, adulti, genitori, nonni,

accesso delle donne al mercato del lavoro e strutture di accoglienza per l'infanzia,

solitudine e isolamento nelle società europee: anziani (4), giovani svantaggiati («infanzia povera»),

i cosiddetti «contratti fra generazioni» e la solidarietà fra le generazioni: come organizzare sul piano sociale e politico degli arbitraggi soddisfacenti (che cioè tengano presenti le prospettive per l'avvenire) prendendo in considerazione i vincoli e le pressioni attuali e il silenzio di altri «titolari di diritti», i quali non possono far valere le loro istanze perché assenti,

scelte riguardanti l'urbanistica, l'habitat e i rapporti fra le generazioni: le concezioni e le scelte adottate in questi ultimi anni risultano aver spesso trascurato l'emergere di forti esigenze da parte delle diverse generazioni, originate in particolare:

dallo sviluppo (felice) dell'autonomia residenziale degli anziani e dei rapporti fra questi e le generazioni più giovani, i bambini e gli adolescenti,

dalla coabitazione forzata di adulti ancor giovani e non coniugati in alloggi familiari non progettati a tale scopo,

dall'esigenza di alloggiare, con modalità non segregative e temporanee, le famiglie considerate «difficili»,

quali ruoli utili possono e devono essere svolti dalla «democrazia partecipativa» nell'organizzazione dei rapporti fra le generazioni?

3.2

Il Comitato ha deciso di occuparsi sin d'ora, sotto forma di raccomandazioni, in forma più dettagliata e a più breve termine, di due aspetti della problematica generale che possono formare anch'essi oggetto di una collaborazione con le istituzioni dell'Unione qualora esse vi acconsentano.

3.2.1

La durata della vita attiva: è uno dei dati che meglio rivelano la scarsa lucidità e lungimiranza dei paesi europei nei confronti dei problemi posti dall'invecchiamento delle loro popolazioni, peraltro previsto da tempo.

3.2.1.1

L'accorciarsi delle carriere professionali comporta una perdita di potenziale economico, sociale e culturale. Non ha infatti prodotto gli effetti sperati sotto il profilo della distribuzione del lavoro e della crescita dell'occupazione giovanile. In vari paesi è stato considerato e utilizzato come una «variabile di regolazione», ossia un espediente a breve.

3.2.1.2

Pregiudizi e idee preconcette sia dei decisori politici che delle imprese e di parte dell'opinione pubblica hanno indotto, a torto, a considerare i lavoratori anziani come relativamente incapaci di adattarsi all'evolvere delle tecniche di produzione e dei metodi di gestione, frenando così i guadagni di produttività.

3.2.1.3

E tutto ciò malgrado da vari anni venissero formulati analisi sensate, moniti energici e raccomandazioni assennate. In proposito giova sottolineare la perspicacia, la continuità e la qualità delle iniziative intraprese dalla Commissione in questo difficile ambito. Vanno pure ricordati i lavori autorevoli compiuti dall'OCSE e da numerosi istituti di ricerca, organizzazioni professionali e consigli economici e sociali di vari paesi.

3.2.1.4

Il ventaglio di strumenti da utilizzare per invertire la tendenza è ora ben definito e noto: provvedere maggiormente all'occupabilità dei lavoratori meno giovani perfezionando i metodi di formazione continua, migliorare la qualità dei posti di lavoro e accrescere la flessibilità degli orari per assicurare un migliore equilibrio fra il tempo di lavoro e la vita personale, sviluppare équipe composte di lavoratori di età diverse nelle imprese e nelle amministrazioni, infondere nei lavoratori più anziani maggiore fiducia in se stessi, rafforzare le misure per la protezione della loro salute, assicurare, in maniera continuata, una migliore pianificazione delle carriere, adottare incentivi sul fronte delle pensioni e delle imposte, (...).

3.2.1.5

In particolare a Lisbona e a Stoccolma, il Consiglio dell'Unione ha proclamato la volontà di prolungare la durata della vita attiva con strumenti diretti a stimolare scelte spontanee.

3.2.1.6

Ciò non impedisce però di constatare quanto segue negli Stati membri (eccezione fatta per un numero esiguo di paesi):

i sistemi fiscali e di sicurezza sociale, come pure i contratti collettivi e gli accordi aziendali, presentano caratteristiche e disposizioni che favoriscono, in maniera esplicita o implicita, i pensionamenti anticipati,

le dichiarazioni e le intenzioni formulate durante riunioni del Consiglio non trovano, concretamente, un'eco adeguata nei singoli Stati membri.

3.2.1.7

È generalmente riconosciuto che una «conversione rapida» non determinerebbe un'inversione di tendenza o un deciso cambiamento nei costumi.

In effetti, l'evoluzione auspicata implica l'instaurazione di strategie globali abbastanza complesse a causa della forza delle abitudini, della varietà dei tipi, dimensioni e «culture» delle imprese e delle amministrazioni, delle difficoltà — normali e legittime — insite nel dialogo sociale su un tema come questo, nel cui ambito non sarebbe possibile pronunciarsi puramente e semplicemente per l'abolizione delle conquiste in campo sociale, perché proposte del genere sarebbero subito votate al fallimento. Un'evoluzione prenderà inevitabilmente tempo, e questo è un ulteriore motivo per non tergiversare e per passare direttamente alla messa a punto e all'attuazione di queste strategie.

3.2.2

Il Comitato auspica vivamente che i decisori politici al livello dell'Unione, ossia il Parlamento e il Consiglio, s'impegnino in maniera più chiara, precisa e fattiva, negli Stati membri che li hanno, rispettivamente, eletti o designati, per tradurre coerentemente nei fatti le politiche enunciate. Operando in questo modo, nell'interesse comune di un'Unione europea che ha manifestato l'ambizione di essere un polo economico di primo piano a livello mondiale, essi dovrebbero poter:

ben individuare, nei sistemi giuridici e contrattuali in vigore nei rispettivi paesi, disposizioni che, esplicitamente o implicitamente, ostacolino il prolungamento volontario della vita attiva,

attivarsi a loro volta, di più e meglio di quanto non facciano ora, per dar seguito alle raccomandazioni autorevoli della Commissione ed applicarne più sollecitamente le direttive, con accresciuta determinazione,

svolgere azioni intese a informare, incentivare e persuadere gli altri decisori e le parti economiche e sociali, nonché provvedere ad una comunicazione più efficace con i media dei rispettivi Stati membri.

3.2.3

Riequilibrare le strutture di età in Europa: in proposito basta rammentare le prospettive decisamente allarmanti illustrate in numerosi studi sulle conseguenze, per la dinamica demografica dell'Unione europea, del calo della fecondità e della natalità: un ricambio generazionale insufficiente, che certo non verrà compensato dalla nuova immigrazione, finirà inevitabilmente per provocare un ridimensionamento della posizione dell'Europa nel mondo e per comportare difficoltà economiche e finanziarie nonché rischi di fratture e conflitti deprecabili fra le generazioni all'interno dell'Europa.

3.2.3.1

Qualora si ritenga opportuno, come obiettivo a lungo termine, riequilibrare le strutture d'età dei paesi europei, l'Unione europea dovrebbe allora adoperarsi per incoraggiare maggiormente la natalità negli Stati membri e, a tale scopo, impegnarsi maggiormente nelle politiche familiari ivi attuate. L'Unione europea non ha certamente trascurato i problemi delle famiglie: in effetti il Consiglio dell'UE ha più volte formulato proposte che le riguardano. Il problema è che gli orientamenti delineati al livello dell'Unione permangono frammentari e si prefiggono obiettivi, indubbiamente ragionati e interessanti, che restano comunque molto parziali (5).

3.2.3.2

Manifestamente, non sarebbe facile fare di più e meglio su questo fronte, visto che le politiche attuate dagli Stati membri sono decisamente eterogenee: le politiche a favore della natalità sono costose, e per di più, sia gli esperti che i decisori non sono affatto concordi nel valutarne l'effettiva incidenza ed efficacia specifica. Detto ciò, il Comitato ritiene che queste considerazioni, benché pregnanti, non dovrebbero costituire un alibi per giustificare la relativa latitanza delle istituzioni dell'Unione in questo campo.

3.2.3.3

Il Comitato giudica opportuno che in proposito le istituzioni summenzionate definiscano una vera strategia, che tenga conto dei numerosi aspetti della problematica, e che esse incitino gli Stati membri a condurre politiche familiari intese a riequilibrare, nel lungo periodo, le strutture di età nei diversi paesi dell'Unione.

3.2.3.4

Il Comitato è pronto, e tiene, a cooperare, attivamente e nella misura dei suoi mezzi, ai lavori resi necessari da eventuali iniziative in tal senso.

4.   Conclusione

4.1

Le società degli Stati membri dell'Unione europea, e la società europea che esse si sono proposte di costruire insieme, sono, e saranno normalmente, esposte a rischi di fratture sociali, politiche, etniche e culturali. È importante adoperarsi al massimo per evitare che vi si aggiungano minacce di fratture fra le generazioni.

4.2

Per loro stessa natura i problemi posti dai rapporti fra le generazioni s'inquadrano nel lungo termine, e questo vale anche per la ricerca delle loro soluzioni.

4.3

La molteplicità e la complessità delle componenti settoriali da considerare non esime dal concepire e sviluppare un approccio globale e sistemico, perché in questo, come anche in altri ambiti, le realtà non sono né compartimentate né dissociabili. Non va poi dimenticato che una gestione soddisfacente dei rapporti fra le generazioni avrebbe ricadute economiche molto positive.

4.4

Se, da un lato, in certi campi non è possibile prendere iniziative affrettate, né si possono ignorare le regole del principio di sussidiarietà, d'altro canto occorre evitare gli atteggiamenti dilatori o la ricerca del minimo comune denominatore.

4.5

Il Comitato economico e sociale europeo annette un'importanza cruciale al lavoro di riflessione su questa problematica, che manifestamente suscita crescente attenzione ma non assume ancora l'importanza che merita nelle preoccupazioni politiche dell'Unione europea e dei suoi Stati membri.

4.6

Il presente parere raccoglie una sfida, quella di contribuire, per il futuro, ad una maggiore concertazione su una problematica di fondamentale importanza, che implica l'intervento coordinato e prolungato di svariati soggetti, richiede che si eviti il prevalere d'interessi a breve termine e presuppone la continuità di un disegno costruttivo. Si tratta in pratica di forgiare progressivamente un nuovo patto fra le generazioni nell'intera Unione europea  (6).

4.7

Il presente parere è tutt'altro che un documento compiuto, nel senso che non pretende di presentare soluzioni già fatte, anzi, segna il primo passo di un lavoro di lungo periodo che si protrarrà verosimilmente per vario tempo.

4.8

In questa fase il Comitato raccomanda che, in tempi realistici, venga organizzato un convegno pubblico per riflettere su quest'ampia problematica, che dovrebbe riunire, fra gli altri, decisori politici, rappresentanti delle istituzioni europee, attori della società civile ed esperti. Il Comitato è pronto ad avviare e organizzare quest'iniziativa.

4.9

È in stretta collaborazione con le istituzioni dell'Unione che il Comitato potrà, e dovrà, impegnarsi in un campo così vasto, costantemente e durante l'intera durata dei lavori.

Bruxelles, 16 dicembre 2004.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Il presente parere considera tali rapporti sotto diversi punti di vista: economico, sociale, politico, ecc.

(2)  Quest'espressione deriva da un rapporto presentato da Jean BILLET al Consiglio economico e sociale francese nel 2004.

(3)  In taluni casi anche a secondi fini, non da ultimo commerciali, …

(4)  Cfr. in particolare il parere del CESE sul tema «Verso il Settimo programma quadro per la ricerca: Le esigenze di ricerca nel campo dei cambiamenti demografici - Qualità di vita degli anziani ed esigenze tecnologiche», relatrice: HEINISCH - CESE 1206/2004 del 15 settembre 2004.

(5)  Famiglie in difficoltà, custodia dei bambini, congedo di maternità e congedo parentale.

(6)  In proposito è opportuno ricordare il rapporto del gruppo di alto livello del maggio 2004 sull'avvenire della politica sociale in un'Unione europea allargata.


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