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Document 62021TJ0272

    Sentenza del Tribunale (Sesta Sezione ampliata) del 5 luglio 2023.
    Carles Puigdemont i Casamajó e a. contro Parlamento europeo.
    Diritto delle istituzioni – Membro del Parlamento – Privilegi ed immunità – Decisione di revocare l’immunità parlamentare – Articolo 9 del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione – Competenza dell’autorità che ha presentato la richiesta di revoca dell’immunità – Certezza del diritto – Errore manifesto di valutazione – Portata del controllo del Parlamento – Procedura di esame della richiesta di revoca dell’immunità – Diritti della difesa – Imparzialità.
    Causa T-272/21.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2023:373

     SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

    5 luglio 2023 ( *1 )

    «Diritto istituzionale – Membro del Parlamento – Privilegi ed immunità – Decisione di revoca dell’immunità parlamentare – Articolo 9 del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione – Competenza dell’autorità che ha emesso la richiesta di revoca dell’immunità – Certezza del diritto – Errore manifesto di valutazione – Portata del controllo del Parlamento – Procedimento di esame della richiesta di revoca dell’immunità – Diritti della difesa – Imparzialità»

    Nella causa T‑272/21,

    Carles Puigdemont i Casamajó, residente a Waterloo (Belgio),

    Antoni Comín i Oliveres, residente a Waterloo,

    Clara Ponsatí i Obiols, residente a Waterloo,

    rappresentati da P. Bekaert, J. Costa i Rosselló, G. Boye e S. Bekaert, avvocati,

    ricorrenti,

    contro

    Parlamento europeo, rappresentato da N. Lorenz, N. Görlitz e J.‑C. Puffer, in qualità di agenti,

    convenuto,

    sostenuto da

    Regno di Spagna, rappresentato da A. Gavela Llopis e J. Ruiz Sánchez, in qualità di agenti,

    interveniente,

    IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata),

    composto, al momento della deliberazione, da A. Marcoulli (relatrice), presidente, S. Frimodt Nielsen, H. Kanninen, J. Schwarcz e R. Norkus, giudici,

    cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

    vista la fase scritta del procedimento,

    vista l’ordinanza del 30 luglio 2021, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento (T‑272/21 R, non pubblicata, EU:T:2021:497),

    vista l’ordinanza del 26 novembre 2021, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento (T‑272/21 RII, non pubblicata, EU:T:2021:834),

    vista l’ordinanza del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna [C‑629/21 P(R), EU:C:2022:413],

    in seguito all’udienza del 25 novembre 2022,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con il ricorso proposto ai sensi dell’articolo 263 TFUE, i ricorrenti Carles Puigdemont i Casamajó, Antoni Comín i Oliveres e Clara Ponsatí i Obiols chiedono l’annullamento delle decisioni P9_TA(2021)0059, P9_TA(2021)0060 e P9_TA(2021)0061 del Parlamento europeo, del 9 marzo 2021, relative alla richiesta di revoca della loro immunità (in prosieguo: le «decisioni impugnate»).

    Fatti

    2

    Il primo ricorrente era presidente della Generalitat de Cataluña (Generalità di Catalogna, Spagna) e gli altri due ricorrenti erano membri del Gobierno autonómico de Cataluña (Governo della comunità autonoma della Catalogna, Spagna) al momento dell’adozione della Ley 19/2017 del Parlamento de Cataluña, reguladora del referéndum de autodeterminación (legge 19/2017 del Parlamento della Catalogna, che disciplina il referendum sull’autodeterminazione), del 6 settembre 2017 (DOGC n. 7449A, del 6 settembre 2017, pag. 1), e della Ley 20/2017 del Parlamento de Cataluña, de transitoriedad jurídica y fundacional de la República (legge 20/2017 del Parlamento della Catalogna, sulla transizione giuridica e costitutiva della Repubblica), dell’8 settembre 2017 (DOGC n. 7451A, dell’8 settembre 2017, pag. 1), nonché dello svolgimento, il 1o ottobre 2017, del referendum per l’autodeterminazione previsto dalla prima delle due leggi succitate, le cui disposizioni erano state, nel frattempo, sospese in forza di una decisione del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna).

    3

    A seguito dell’adozione delle suddette leggi e dello svolgimento di tale referendum, il Ministerio fiscal (pubblico ministero, Spagna), l’Abogado del Estado (avvocato dello Stato, Spagna) e il partito politico VOX hanno avviato un procedimento penale a carico di varie persone, tra le quali i ricorrenti, ritenendo che avessero commesso atti che, a seconda delle persone interessate, erano riconducibili segnatamente a reati di ribellione, di sedizione e di malversazione (in prosieguo: il «procedimento penale di cui trattasi»).

    4

    Il 21 marzo 2018 il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) ha emesso un’ordinanza che accusava i ricorrenti di presunti reati di ribellione e di malversazione. Con ordinanza del 9 luglio 2018, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha dichiarato che questi ultimi avevano rifiutato di comparire, a seguito della loro fuga dal Regno di Spagna, e ha sospeso il procedimento penale avviato nei loro confronti fino al loro ritrovamento.

    5

    I ricorrenti hanno successivamente presentato la loro candidatura alle elezioni dei membri del Parlamento che si sono svolte in Spagna il 26 maggio 2019.

    6

    Il 13 giugno 2019, la Junta Electoral Central (Commissione elettorale centrale, Spagna) ha adottato la decisione che proclamava i candidati eletti al Parlamento europeo in occasione delle elezioni del 26 maggio 2019, tra i quali figuravano il primo e il secondo ricorrente.

    7

    Il 17 giugno 2019 la commissione elettorale centrale ha notificato al Parlamento l’elenco dei candidati eletti in Spagna, nel quale non figuravano i nomi del primo e del secondo ricorrente.

    8

    Il 20 giugno 2019 la commissione elettorale centrale ha comunicato al Parlamento una decisione in cui ha constatato che il primo e il secondo ricorrente non avevano prestato il giuramento di rispettare la Costituzione spagnola richiesto dall’articolo 224, paragrafo 2, della Ley orgánica 5/1985, de régimen electoral general (legge organica 5/1985, recante il sistema elettorale generale), del 19 giugno 1985 (BOE n. 147, del 20 giugno 1985, pag. 19110), e, conformemente a tale articolo, ha dichiarato la vacanza dei seggi loro attribuiti in Parlamento nonché la sospensione di tutte le prerogative che avrebbero potuto loro spettare in virtù delle loro funzioni fino a quando non avessero prestato tale giuramento.

    9

    Il 27 giugno 2019 il presidente del Parlamento allora in carica ha informato il primo e il secondo ricorrente di non poterli trattare come futuri membri del Parlamento.

    10

    Il 14 ottobre 2019 il giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) ha emesso un mandato d’arresto nazionale, un mandato d’arresto europeo e un mandato d’arresto internazionale nei confronti del primo ricorrente, affinché potesse essere giudicato nel procedimento penale di cui trattasi. Il 4 novembre 2019, mandati d’arresto analoghi sono stati emessi dallo stesso giudice nei confronti del secondo e del terzo ricorrente.

    11

    Il 13 gennaio 2020 il presidente del Tribunal Supremo (Corte suprema) ha comunicato al Parlamento la domanda datata 10 gennaio 2020, trasmessa con lettera del presidente della sezione penale di tale Corte, derivante da un’ordinanza dello stesso giorno del giudice istruttore di tale sezione, avente ad oggetto la revoca dell’immunità parlamentare del primo e del secondo ricorrente.

    12

    In occasione della seduta plenaria del 13 gennaio 2020, il Parlamento ha preso atto, a seguito della sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115), dell’elezione in Parlamento del primo e del secondo ricorrente con effetto dal 2 luglio 2019.

    13

    Il 16 gennaio 2020 il vicepresidente del Parlamento ha comunicato in seduta plenaria le richieste di revoca dell’immunità del primo e del secondo ricorrente e le ha rinviate alla commissione competente, vale a dire la commissione giuridica del Parlamento.

    14

    Il 10 febbraio 2020 il Parlamento, a seguito del recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea, avvenuto il 31 gennaio 2020, ha preso atto dell’elezione della terza ricorrente a deputata con effetto dal 1o febbraio 2020.

    15

    Lo stesso giorno il presidente del Tribunal Supremo (Corte suprema) ha comunicato al Parlamento la domanda datata 4 febbraio 2020, trasmessa con lettera del presidente della sezione penale di tale Corte, derivante da un’ordinanza dello stesso giorno del giudice istruttore di tale sezione, avente ad oggetto la revoca dell’immunità parlamentare della terza ricorrente.

    16

    Il 13 febbraio 2020 il vicepresidente del Parlamento ha comunicato in seduta plenaria la richiesta di revoca dell’immunità della terza ricorrente e l’ha rinviata alla commissione giuridica.

    17

    I ricorrenti hanno presentato osservazioni al Parlamento. Essi sono stati altresì ascoltati dalla commissione giuridica il 14 gennaio 2021.

    18

    Il 23 febbraio 2021 la commissione giuridica ha adottato le relazioni A 9‑0020/2021, A 9‑0021/2021, e A 9‑0022/2021, relative alle richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti.

    19

    Con le decisioni impugnate il Parlamento ha accolto le richieste di cui ai punti 11 e 15 supra.

    Conclusioni delle parti

    20

    I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    annullare le decisioni impugnate;

    condannare il Parlamento alle spese.

    21

    Il Parlamento, sostenuto dal Regno di Spagna, chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare i ricorrenti alle spese.

    In diritto

    22

    A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono otto motivi.

    23

    Il primo motivo verte sostanzialmente sull’insufficiente motivazione delle decisioni impugnate.

    24

    Il secondo motivo è fondato sull’asserita incompetenza dell’autorità nazionale che ha emesso e trasmesso al Parlamento le richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti.

    25

    Il terzo motivo si basa sostanzialmente su un’asserita violazione del principio di imparzialità.

    26

    Il quarto motivo verte sostanzialmente sulla violazione del diritto di essere ascoltato.

    27

    Il quinto motivo verte sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di leale cooperazione, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dei diritti della difesa a causa della mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate.

    28

    Il sesto motivo è fondato sulla violazione dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE e FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 7»), e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno del Parlamento applicabile alla nona legislatura (2019-2024), nella versione anteriore alla sua modifica ad opera della decisione del Parlamento del 17 gennaio 2023 (in prosieguo: il «regolamento interno»), in quanto il Parlamento avrebbe violato i limiti che disciplinano il suo potere di revocare l’immunità dei suoi membri.

    29

    Il settimo motivo verte sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento in quanto il Parlamento si sarebbe discostato senza giustificazione dalla sua prassi anteriore o sull’esistenza di errori nella valutazione di un fumus persecutionis.

    30

    L’ottavo motivo verte sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento in quanto il Parlamento avrebbe, per la prima volta, con le decisioni impugnate, autorizzato la custodia cautelare dei suoi membri.

    31

    Dal momento che il sesto motivo contiene sostanzialmente censure vertenti su asseriti errori di diritto e di fatto che viziano l’esame da parte del Parlamento del fumus persecutionis, tali censure saranno trattate congiuntamente al settimo motivo. Inoltre il Tribunale ritiene opportuno esaminare per ultimi il quarto e poi il terzo motivo, dopo aver esaminato l’ottavo motivo.

    Sulla ricevibilità dei rinvii agli allegati

    32

    Il Parlamento ha in particolare contestato la ricevibilità di taluni argomenti dei ricorrenti in quanto figurerebbero solo negli allegati alle loro memorie.

    33

    Ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di tale statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere, in particolare, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Da una giurisprudenza consolidata risulta che tali indicazioni devono essere sufficientemente chiare e precise da consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, se del caso senza altra informazione a sostegno. Sebbene il testo del ricorso possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso (v. sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 40 e giurisprudenza citata).

    34

    Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono a una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza del 20 ottobre 2021, Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione, T‑191/16, non pubblicata, EU:T:2021:707, punto 21 e giurisprudenza citata). Tale funzione puramente probatoria e strumentale degli allegati implica che, laddove essi contengano elementi di diritto sui quali si fondino taluni motivi formulati nel ricorso, tali elementi devono figurare nel testo del ricorso stesso o, quantomeno, devono essere sufficientemente individuati in tale atto (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 99). Gli allegati non possono servire, pertanto, a sviluppare un motivo spiegato in modo sommario nel ricorso, proponendo censure o argomenti ivi non contenuti (v. sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 60 e giurisprudenza citata).

    35

    Tale interpretazione dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura concerne altresì le condizioni di ricevibilità della memoria di replica destinata, secondo l’articolo 83 dello stesso regolamento, a integrare il ricorso (v. sentenza del 29 marzo 2012, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, T‑336/07, EU:T:2012:172, punto 61 e giurisprudenza citata).

    36

    Nel caso di specie, nelle loro memorie, i ricorrenti hanno fatto numerosi rinvii a documenti, talvolta voluminosi, ad esse allegati. Tuttavia, i documenti cui si riferiscono taluni rinvii non mirano unicamente a suffragare e a completare su punti specifici taluni argomenti del testo della memoria cui essi sono allegati, ma contengono la spiegazione stessa dell’esposizione di detti argomenti, di modo che, senza l’analisi di tali documenti, questi ultimi non sono comprensibili.

    37

    Ne consegue che, in applicazione della giurisprudenza richiamata ai punti da 33 a 35 supra, gli allegati prodotti dai ricorrenti saranno presi in considerazione solo nei limiti in cui suffraghino o completino motivi o argomenti espressamente invocati nel testo delle loro memorie e sia possibile determinare con precisione quali siano gli elementi in essi contenuti destinati a suffragare o a integrare detti motivi o argomenti.

    Nel merito

    Contesto normativo

    – Diritto dell’Unione

    38

    L’articolo 343 TFUE dispone che «[l]’Unione gode, sul territorio degli Stati membri, delle immunità e dei privilegi necessari all’assolvimento dei suoi compiti, alle condizioni definite dal protocollo [n. 7]».

    39

    Il capo III del protocollo n. 7, relativo ai «membri del Parlamento europeo», comprende in particolare l’articolo 8, il quale enuncia quanto segue:

    «I membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

    40

    All’interno dello stesso capitolo, l’articolo 9 del protocollo n. 7 così recita:

    «Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano:

    a)

    sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del parlamento del loro paese,

    b)

    sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.

    L’immunità li copre anche quando essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne ritornano.

    L’immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto e non può inoltre pregiudicare il diritto del Parlamento europeo di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri».

    41

    Il capo VII del protocollo n. 7, intitolato «Disposizioni generali», comprende in particolare l’articolo 18, ai sensi del quale:

    «Ai fini dell’applicazione del presente protocollo, le istituzioni dell’Unione agiranno d’intesa con le autorità responsabili degli Stati membri interessati».

    42

    L’articolo 5 del regolamento interno, intitolato «Privilegi e immunità», così prevede:

    «1.   I deputati beneficiano dei privilegi e delle immunità previsti dal [protocollo n. 7] (...).

    2.   Nell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento opera al fine di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni. L’immunità parlamentare non è un privilegio personale del deputato ma una garanzia di indipendenza del Parlamento in quanto istituzione e dei suoi membri

    (…)».

    43

    L’articolo 6 del regolamento interno, intitolato «Revoca dell’immunità», così prevede:

    «1.   Ogni richiesta di revoca dell’immunità è valutata in conformità degli articoli 7, 8 e 9 del protocollo n. 7 (...) nonché dei principi richiamati nell’articolo 5, paragrafo 2, del presente regolamento

    (…)».

    44

    L’articolo 9 del regolamento interno, intitolato «Procedure in materia di immunità», dispone quanto segue:

    «1.   Ogni richiesta diretta al [p]residente [del Parlamento] da un’autorità competente di uno Stato membro e volta a revocare l’immunità di un deputato, ovvero da un deputato o da un ex deputato in difesa dei privilegi e delle immunità, è comunicata in Aula e deferita alla commissione competente.

    (…)

    3.   La commissione esamina senza indugio, ma tenendo conto della loro relativa complessità, le richieste di revoca dell’immunità o di difesa delle immunità e dei privilegi.

    4.   La commissione presenta una proposta di decisione motivata che raccomanda l’accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell’immunità o di difesa dei privilegi e delle immunità. Gli emendamenti sono irricevibili. In caso di reiezione di una proposta, si considera adottata la decisione contraria.

    5.   La commissione può chiedere all’autorità interessata tutte le informazioni e tutti i chiarimenti che reputi necessari per pronunciarsi sull’opportunità di revocare o di difendere l’immunità.

    6.   Al deputato interessato è offerta l’opportunità di essere ascoltato ed egli può produrre tutti i documenti o gli altri elementi scritti di giudizio che ritiene pertinenti.

    (…)

    7.   Qualora la richiesta di revoca o di difesa dell’immunità comporti vari capi d’accusa, ciascuno di essi può essere oggetto di una decisione distinta. La relazione della commissione può proporre, a titolo eccezionale, che la revoca o la difesa dell’immunità si riferisca esclusivamente alla prosecuzione del procedimento penale senza che contro il deputato possa essere adottata, fintanto che non si abbia sentenza passata in giudicato, alcuna misura privativa o limitativa della sua libertà o qualunque altra misura che gli impedisca di esercitare le funzioni proprie del suo mandato.

    8.   La commissione può fornire un parere motivato sulla competenza dell’autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta, ma in nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del deputato né sull’opportunità o meno di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti, anche qualora l’esame della richiesta abbia fornito alla commissione una conoscenza approfondita del merito della questione.

    (…)

    12.   Il Parlamento esamina unicamente le richieste di revoca dell’immunità di un deputato che gli sono state trasmesse dalle autorità giudiziarie o dalle rappresentanze permanenti degli Stati membri.

    13.   La commissione elabora i principi per l’applicazione del presente articolo.

    14.   Qualsiasi richiesta di informazioni presentata da un’autorità competente quanto alla portata dei privilegi o delle immunità dei deputati è esaminata in conformità delle norme che precedono».

    – Diritto spagnolo

    45

    L’articolo 71 della Costituzione spagnola enuncia quanto segue:

    «1.   I deputati e i senatori beneficiano dell’inviolabilità per le opinioni manifestate nell’esercizio delle loro funzioni.

    2.   Durante il periodo del loro mandato, i deputati e i senatori beneficiano parimenti dell’immunità e possono essere arrestati unicamente in caso di flagranza di reato. Non possono essere incriminati né sottoposti a processo se non previa autorizzazione della rispettiva camera.

    3.   Nei procedimenti penali contro deputati e senatori è competente la sezione penale del Tribunal Supremo [(Corte suprema)]

    (…)».

    46

    Gli articoli da 750 a 753 della Ley de Enjuiciamiento Criminal (Codice di procedura penale) recitano come segue:

    «Articolo 750

    Il giudice o il tribunale che abbia motivo di perseguire penalmente un senatore o un deputato alle Cortes [(Senato e Camera dei deputati, Spagna)] in forza di un reato, si asterrà dall’avviare un procedimento a suo carico qualora [il Senato e la Camera dei deputati] siano in attività, finché non abbia ottenuto la corrispondente autorizzazione dalla camera di cui l’interessato fa parte.

    Articolo 751

    Qualora un senatore o un deputato sia colto in flagranza di reato, può essere arrestato e perseguito penalmente senza l’autorizzazione di cui all’articolo precedente; tuttavia, entro ventiquattro ore dall’arresto o dall’esercizio dell’azione penale, la camera di appartenenza deve esserne informata.

    La camera interessata deve parimenti essere informata di qualsiasi procedimento penale pendente nei confronti di chi, essendo sottoposto a procedimento penale, sia stato eletto senatore o deputato.

    Articolo 752

    Qualora un senatore o un deputato sia sottoposto a processo durante un periodo d’interruzione dei lavori parlamentari, il giudice o il tribunale investito del procedimento penale deve informarne immediatamente la rispettiva camera di appartenenza.

    Lo stesso vale quando un senatore o un deputato eletto sia sottoposto a processo prima della riunione [del Senato o della Camera dei deputati].

    Articolo 753

    In ogni caso, il cancelliere sospende il procedimento penale dal giorno in cui ne sia stata data comunicazione [al Senato o alla Camera dei deputati], a prescindere dalla circostanza che esse siano o meno in attività, restando la situazione nello stato in cui si trovi in tale momento, finché la rispettiva camera non decida quanto ritenga opportuno».

    47

    Il Reglamento del Senado (regolamento del Senato) del 3 maggio 1994 (BOE n. 114, del 13 maggio 1994, pag. 14687) al suo articolo 22, paragrafo 1, prevede quanto segue:

    «Per la durata del loro mandato, i senatori beneficiano dell’immunità e possono essere fermati o arrestati unicamente in caso di flagranza di reato. Il fermo o l’arresto sono immediatamente comunicati alla Presidenza del Senato.

    I senatori non possono essere incriminati né sottoposti a processo senza la previa autorizzazione del Senato, domandata mediante la relativa richiesta di revoca dell’immunità. Una simile autorizzazione è altresì necessaria se una persona diventa senatore quando è sottoposta a processo o incriminata nell’ambito di un procedimento penale».

    Sul primo motivo, vertente sull’insufficiente motivazione delle decisioni impugnate

    48

    I ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate non sono sufficientemente motivate. In primo luogo, il Parlamento non avrebbe fornito alcuna risposta alle loro osservazioni relative sia alle irregolarità procedurali rilevate sia alla fondatezza delle richieste di revoca dell’immunità, né si sarebbe pronunciato sull’applicazione delle disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno. In secondo luogo, le decisioni impugnate non farebbero il minimo riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), compreso il suo articolo 52, nonostante le osservazioni da essi formulate in merito alla violazione di quest’ultima. In terzo luogo, esse non conterrebbero alcuna motivazione quanto all’incidenza della revoca della loro immunità sul buon funzionamento del Parlamento. In quarto luogo, il Parlamento non avrebbe motivato la sua conclusione quanto all’assenza di fumus persecutionis.

    49

    Il Parlamento, sostenuto dal Regno di Spagna, contesta tali argomenti.

    50

    Secondo una giurisprudenza consolidata, la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e all’organo giurisdizionale competente di esercitare il proprio controllo. Il requisito della motivazione deve essere valutato in funzione di tutte le circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che i destinatari dell’atto o i terzi da esso interessati direttamente e individualmente possano avere nel ricevere spiegazioni (v. sentenza del 10 marzo 2016, HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, EU:C:2016:149, punto 16 e giurisprudenza citata).

    51

    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punto 29 e giurisprudenza citata). In particolare, l’istituzione di cui trattasi non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, dal momento che espone i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v. sentenza del 30 giugno 2022, Fakro/Commissione, C‑149/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:517, punto 190; v. altresì sentenza del 30 aprile 2014, Hagenmeyer e Hahn/Commissione, T‑17/12, EU:T:2014:234, punto 173, e giurisprudenza citata; sentenza del 28 novembre 2019, Mélin/Parlamento, T‑726/18, non pubblicata, EU:T:2019:816, punto 25).

    52

    L’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legalità sostanziale dell’atto controverso (v. sentenza del 5 maggio 2022, Commissione/Missir Mamachi di Lusignano, C‑54/20 P, EU:C:2022:349, punto 69 e giurisprudenza citata).

    53

    È alla luce di tali considerazioni che occorre determinare se le decisioni impugnate sono sufficientemente motivate.

    54

    Nel caso di specie, le decisioni impugnate sono ampiamente simili, ad eccezione dei nomi dei deputati interessati, della data di adozione di taluni atti giudiziari e, per quanto riguarda la terza ricorrente, delle circostanze della sua elezione in Parlamento e del fatto che essa è perseguita, nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi, per il solo presunto reato di sedizione.

    55

    In tali decisioni, in sostanza, il Parlamento ha indicato, al punto A, di essere investito di domande, presentate dal presidente della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema), dirette a revocare l’immunità dei ricorrenti prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7, presentate nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi. Esso ha rilevato, ai punti F e G, di non essere competente a pronunciarsi sulla pertinenza dell’azione penale né a mettere in discussione i fondamenti dei sistemi giudiziari nazionali. Parimenti, al punto H, esso ha indicato di non essere competente a valutare o a mettere in discussione la competenza delle autorità giudiziarie nazionali incaricate del procedimento penale di cui trattasi. Al punto I, esso ha rilevato che la sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) era, in applicazione del diritto spagnolo come interpretato dai giudici nazionali e comunicato al Parlamento dal Regno di Spagna, l’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento.

    56

    Inoltre, al punto J, il Parlamento ha ritenuto che l’articolo 8 del protocollo n. 7 non fosse applicabile, in quanto i fatti di cui trattasi non riguardavano opinioni o voti espressi da deputati nell’esercizio delle loro funzioni.

    57

    Il Parlamento ha poi esaminato l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, di detto protocollo. Ai punti da K a N, esso ha rilevato che, secondo le richieste di revoca dell’immunità, l’articolo 71 della Costituzione spagnola non imponeva di ottenere un’autorizzazione parlamentare per proseguire il procedimento penale nei confronti di una persona che aveva acquisito lo status di parlamentare dopo la sua incriminazione e che, pertanto, non era necessario chiedere la revoca dell’immunità in forza dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7. Ha poi precisato che non gli spettava interpretare le norme nazionali relative alle immunità dei deputati (punto N).

    58

    Infine, ai punti da O a W, il Parlamento ha valutato se occorresse revocare l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7. Al riguardo, esso ha sostanzialmente ritenuto che i ricorrenti fossero stati oggetto di mandati di arresto, segnatamente europei, la cui legittimità era stata confermata dai giudici nazionali, e dei quali le richieste di revoca dell’immunità miravano a consentire l’esecuzione (punto P). Esso ha considerato che l’accusa formulata nei confronti dei ricorrenti non era manifestamente connessa alle loro funzioni di deputato, ma riguardava le loro precedenti funzioni in Catalogna (punto T), che tale accusa riguardava anche altre persone che non avevano lo status di deputati europei (punto U) e che non si poteva affermare che il procedimento penale di cui trattasi fosse stato avviato al fine di nuocere all’attività politica dei ricorrenti in qualità di deputati europei (fumus persecutionis), poiché tanto i fatti contestati quanto detto procedimento risalivano a un periodo in cui l’acquisizione dello status di membro del Parlamento da parte dei ricorrenti era ancora ipotetica (punti V e W). Di conseguenza, il Parlamento ha revocato l’immunità dei ricorrenti prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7.

    59

    Anzitutto, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza esposta al punto 51 supra, il silenzio delle decisioni impugnate sulle osservazioni scritte dei ricorrenti non è, di per sé, idoneo a dimostrare che l’obbligo di motivazione sia stato violato dal Parlamento. Al riguardo, occorre sottolineare che né il numero né l’importanza degli argomenti e dei documenti prodotti dai ricorrenti sono tali da modificare la portata dell’obbligo di motivazione che incombe al Parlamento (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 96).

    60

    Inoltre, in primo luogo, i ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate non rispondono alle loro osservazioni scritte sulla fondatezza delle richieste di revoca dell’immunità, mentre tali osservazioni sono in contraddizione diretta con i motivi di dette decisioni.

    61

    Al riguardo, dalle decisioni impugnate, la cui sostanza è stata ricordata ai punti da 55 a 58 supra, risulta che il loro punto I contiene i motivi per i quali il Parlamento ha implicitamente respinto l’argomento dei ricorrenti vertente sull’irricevibilità delle richieste di revoca dell’immunità a causa dell’incompetenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) ad emetterle. Ai punti M e N, il Parlamento ha altresì implicitamente risposto all’argomento relativo al fatto che il procedimento penale in Spagna non era stato autorizzato dal Parlamento. Parimenti, i punti F e G costituiscono una risposta implicita agli argomenti dei ricorrenti diretti a contestare l’opportunità dei procedimenti tenuto conto dei fatti addebitati. Per il resto, dall’analisi contenuta ai punti da O a W delle decisioni impugnate risulta che le obiezioni relative alle persecuzioni politiche, al carattere eccezionale delle cause in questione, alla cronologia degli eventi, al buon funzionamento del Parlamento, in particolare alla sua integrità e alla sua indipendenza, al carattere sproporzionato di una revoca dell’immunità nelle circostanze del caso di specie e ai diversi precedenti invocati dai ricorrenti sono state respinte con la motivazione che il fumus persecutionis, vale a dire l’esistenza di elementi di fatto indicanti che i procedimenti giudiziari di cui trattasi sono stati avviati con l’intento di nuocere all’attività dei deputati e, pertanto, del Parlamento, poteva essere escluso. Al riguardo, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, le ragioni che giustificano l’esclusione di un siffatto fumus emergono in modo sufficientemente chiaro dai punti da T a V delle decisioni impugnate.

    62

    Inoltre, è vero che le decisioni impugnate non si pronunciano esplicitamente sull’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno (v. punto 44 supra) invocato dai ricorrenti, secondo il quale la commissione giuridica può, in via eccezionale, proporre che la revoca dell’immunità verta esclusivamente sulla prosecuzione dell’azione penale, senza che possa essere adottata nei confronti di quest’ultimo alcuna misura di arresto, detenzione o altra misura che impedisca al deputato di esercitare le funzioni inerenti al suo mandato, fintantoché non sia stata pronunciata una sentenza definitiva. Tuttavia, dal momento che la motivazione di un atto deve essere valutata tenendo conto del suo contesto (v. punto 51 supra), la circostanza che la revoca dell’immunità dei ricorrenti mirava a proseguire l’esecuzione di mandati d’arresto europei emessi ai fini della ripresa del procedimento penale condotto nei loro confronti, come esposto in particolare ai punti B e P di tali decisioni, consente di comprendere le ragioni per le quali il Parlamento non ha applicato tale articolo, il cui testo prevede, inoltre, che la sua attuazione è eccezionale.

    63

    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate non hanno risposto alle loro osservazioni scritte, datate segnatamente 16, 23 e 24 novembre 2020, riguardanti presunte irregolarità procedurali, in particolare, la nomina di un solo relatore nell’ambito della commissione giuridica per trattare le tre richieste di revoca dell’immunità e la mancanza di imparzialità del relatore e del presidente di tale commissione.

    64

    Anzitutto, occorre constatare che le norme interne del Parlamento e della commissione giuridica relative all’esame delle richieste di revoca dell’immunità non prevedono alcuna procedura finalizzata a contestare la designazione, da parte di tale commissione, del relatore incaricato di un caso di immunità o la presidenza della riunione nel corso della quale tale caso è esaminato dal presidente in carica.

    65

    Nel caso di specie, le decisioni impugnate non contengono alcuna risposta esplicita né alcun riferimento alle allegazioni dei ricorrenti riguardanti le asserite irregolarità procedurali menzionate al punto 63 supra. Tuttavia, mantenendo in essere il relatore unico per l’esame delle tre richieste di revoca dell’immunità nonché il presidente spagnolo della commissione giuridica, quest’ultima ha necessariamente ritenuto che le irregolarità procedurali allegate dai ricorrenti non fossero fondate. La circostanza che il Parlamento non abbia indicato i motivi di una simile conclusione non inficia tuttavia la chiarezza del ragionamento che ha condotto il Parlamento a revocare l’immunità dei ricorrenti né ostacola il controllo di legittimità da parte del Tribunale su tali asserite irregolarità, le quali saranno esaminate nell’ambito del terzo motivo.

    66

    Inoltre, se i ricorrenti intendono sostenere che la mancata risposta del Parlamento alle loro domande finalizzate a ottenere la traduzione dei documenti da essi prodotti ai fini della loro comunicazione ai membri della commissione giuridica incide sulla motivazione delle decisioni impugnate, un simile argomento deve essere respinto. Infatti, le norme interne del Parlamento e della commissione giuridica non prevedono la possibilità, per il deputato interessato o il suo rappresentante, di chiedere la traduzione di un documento prodotto nell’ambito dell’esame della richiesta di revoca dell’immunità. Inoltre, l’esistenza di una domanda di traduzione non attiene ai fatti e alle considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione, in merito ai quali il Parlamento sarebbe tenuto a prendere esplicitamente posizione in tale decisione.

    67

    In terzo luogo, la circostanza che le decisioni impugnate non contengano alcun riferimento alla Carta e, in particolare, al suo articolo 52, nonostante gli argomenti presentati al riguardo dai ricorrenti, non è tale da configurare un’insufficienza di motivazione. Infatti, da un lato, il Parlamento non era tenuto a rispondere a tutti gli argomenti dei ricorrenti (v. punto 51 supra). Dall’altro, la questione di stabilire se le decisioni impugnate rispettino le disposizioni della Carta rientra nella valutazione della loro fondatezza e sarà esaminata nell’ambito dei motivi di merito presentati dai ricorrenti.

    68

    Pertanto, si deve ritenere che le decisioni impugnate abbiano posto i ricorrenti in condizione di conoscere le ragioni per le quali la loro immunità è stata revocata e il giudice competente in grado di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

    69

    Occorre, di conseguenza, respingere il primo motivo in quanto infondato.

    Sul secondo motivo, vertente sull’incompetenza dell’autorità nazionale che ha emesso e trasmesso al Parlamento le richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti

    70

    I ricorrenti sostengono che il Parlamento è venuto meno al suo obbligo di verificare la competenza dell’autorità nazionale che ha presentato le richieste di revoca dell’immunità.

    71

    Al riguardo, i ricorrenti sostengono che il Tribunal Supremo (Corte suprema) non era l’autorità competente a emettere le richieste di revoca della loro immunità. Essi spiegano che tale giudice avrebbe considerato che, sebbene nessun testo gli conferisse espressamente una simile competenza nei confronti di un deputato europeo eletto per il Regno di Spagna, quest’ultima era fondata sull’applicazione per analogia, in forza dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, del diritto nazionale, ossia l’articolo 71, paragrafo 3, della Costituzione spagnola, che gli conferiva la competenza a istruire, giudicare e presentare una richiesta di revoca dell’immunità nei confronti dei parlamentari spagnoli. Tale giudice avrebbe altresì ritenuto che una simile applicazione per analogia fosse esclusa nei confronti dei deputati europei eletti per un altro Stato membro e che, per questi ultimi, fosse il tribunale spagnolo territorialmente competente a chiedere la revoca dell’immunità. Secondo i ricorrenti, tale interpretazione del Tribunal Supremo (Corte suprema) sarebbe errata e violerebbe gli articoli 20, 21 e 47 della Carta. L’incompetenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) sarebbe già stata riconosciuta dalla cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio) e dal gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nella replica, i ricorrenti aggiungono che l’interpretazione del Tribunal Supremo (Corte suprema) sarebbe tanto più sorprendente in quanto si fonda sull’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, di cui tale giudice nega loro tuttavia il beneficio. Essi ricordano che il Tribunal Supremo (Corte suprema) si è sistematicamente rifiutato di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale al riguardo.

    72

    I ricorrenti sostengono che il Parlamento non era vincolato da tale interpretazione del Tribunal Supremo (Corte suprema), di cui era tenuto a esaminare il fondamento. A loro avviso, anche supponendo che sia dimostrata, la circostanza che il Parlamento abbia esaminato la competenza delle autorità nazionali riguardo alle notifiche del Regno di Spagna dell’11 giugno 2014 e del 30 settembre 2020, che non sono neppure menzionate nelle decisioni impugnate, non può essere assimilata a un controllo, tenuto conto del carattere speculativo e puramente indicativo di tali notifiche.

    73

    Non procedendo a un simile controllo, il Parlamento, secondo i ricorrenti, avrebbe violato l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento interno, letto alla luce dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, nonché gli articoli 20, 21 e 47 della Carta, letti alla luce dei principi di parità di trattamento e di effettività del diritto dell’Unione.

    74

    Inoltre, i ricorrenti rilevano che l’articolo 756 del codice di procedura penale dispone che la richiesta di revoca dell’immunità è presentata tramite il ministero della Giustizia, il che non è avvenuto.

    75

    Il Parlamento e il Regno di Spagna contestano tale argomento.

    76

    In primo luogo, per quanto riguarda l’autorità competente a comunicare al Parlamento una richiesta di revoca dell’immunità, i ricorrenti fanno valere, come confermato in udienza, che le richieste di revoca dell’immunità sono state trasmesse da un’autorità incompetente. Essi precisano che, ai sensi dell’articolo 756 del codice di procedura penale, simili domande avrebbero dovuto essere presentate tramite il ministero della Giustizia.

    77

    Al riguardo, occorre rilevare che, nell’ambito del potere di organizzazione interna di cui dispone in applicazione dell’articolo 232 TFUE, il Parlamento ha deciso, come figura all’articolo 9, paragrafo 12, del regolamento interno, che le richieste di revoca dell’immunità di un deputato dovevano essergli comunicate dalle autorità giudiziarie o dalla rappresentanza permanente di uno Stato membro, senza operare alcun rinvio al diritto nazionale. Tale disposizione, la cui legittimità non è contestata dai ricorrenti, è stata rispettata nel caso di specie, dal momento che le richieste di revoca dell’immunità sono state comunicate al Parlamento dal presidente del Tribunal Supremo (Corte suprema), come ricordato al primo trattino dei visti delle decisioni impugnate.

    78

    Pertanto, occorre respingere la censura di cui al punto 76 supra.

    79

    In secondo luogo, per quanto riguarda l’autorità competente a emettere una richiesta di revoca dell’immunità, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento interno, il presidente ha l’obbligo di comunicare in Aula e di rinviare alla commissione competente qualsiasi richiesta di revoca dell’immunità di un deputato che gli sia stata rivolta da un’autorità competente di uno Stato membro. Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 8, di detto regolamento, quando la commissione competente del Parlamento esamina tale richiesta, essa può emettere un parere motivato sulla competenza dell’autorità in questione e sulla ricevibilità della domanda. In forza di tali disposizioni, spetta al Parlamento assicurarsi della competenza dell’autorità che ha formulato le richieste di revoca dell’immunità.

    80

    In mancanza di disposizioni del diritto dell’Unione che determinino l’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento, spetta a ciascuno Stato membro, nell’ambito della sua autonomia procedurale, designarla. Una simile designazione rientra quindi esclusivamente nell’ambito del diritto nazionale.

    81

    Al riguardo, il Parlamento ha chiesto a ogni Stato membro di identificare l’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento. Con una notifica datata 11 giugno 2014, inviata al presidente del Parlamento dal rappresentante permanente del Regno di Spagna presso l’Unione europea, il governo spagnolo ha indicato che, in assenza di disposizioni nel diritto spagnolo che identificassero tale autorità, si poteva ritenere, a titolo puramente indicativo, che si trattasse della stessa autorità competente in materia di richiesta di revoca dell’immunità dei deputati e dei senatori spagnoli, vale a dire il presidente del Tribunal Supremo (Corte suprema).

    82

    In una seconda notifica datata 30 settembre 2020, il governo spagnolo ha precisato che l’articolo 71 della Costituzione spagnola (v. punto 45 supra) e l’articolo 57 della Ley Orgánica 6/1985 del Poder Judicial (legge organica 6/85 sul potere giudiziario) attribuivano il procedimento penale nei confronti dei deputati e dei senatori spagnoli al Tribunal Supremo (Corte suprema) e che, in tale contesto e alla luce di precedenti recenti, il presidente della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema), che agiva tramite il presidente di detto Tribunale, era stato identificato come l’autorità competente in materia di richiesta di revoca dell’immunità di un deputato europeo.

    83

    Nel caso di specie, al punto I delle decisioni impugnate, il Parlamento ha rilevato che la sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) era, in applicazione del diritto spagnolo come interpretato dai giudici nazionali e comunicato al Parlamento dal Regno di Spagna, l’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento.

    84

    I ricorrenti non mettono in discussione il fatto che la notifica del 30 settembre 2020 rifletta lo stato della giurisprudenza nazionale relativa all’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento, eletto per il Regno di Spagna. Le sentenze invocate dai ricorrenti, nelle quali il Tribunal Supremo (Corte suprema) constata la propria incompetenza a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento, riguardano infatti il caso dei deputati europei non eletti per il Regno di Spagna. Per contro, i ricorrenti sostengono che il Parlamento non ha esaurito il controllo che era tenuto a svolgere al riguardo, facendo valere che, alla luce degli elementi da essi prodotti dinanzi alla commissione giuridica, esso avrebbe dovuto esaminare se tale giurisprudenza nazionale era conforme al diritto dell’Unione, in particolare alla Carta, e ciò tanto più in quanto essa è fondata su un’interpretazione dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7.

    85

    A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, TUE e all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, il Parlamento agisce nei limiti delle competenze che gli sono conferite dai Trattati. Orbene, nessuna disposizione del diritto dell’Unione, in particolare del protocollo n. 7, conferisce al Parlamento una competenza a valutare la conformità al diritto dell’Unione delle scelte effettuate dagli Stati membri quanto alla determinazione dell’autorità competente a emettere una richiesta di revoca dell’immunità, la quale rientra nel diritto nazionale (v. punto 80). Spetta ai giudici nazionali statuire sulla suddetta conformità, se del caso, dopo un rinvio pregiudiziale alla Corte.

    86

    Inoltre, la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), invocata dai ricorrenti, è irrilevante nel caso di specie. Infatti, essa si riferisce al controllo giurisdizionale degli atti di avvio, degli atti preparatori o delle proposte non vincolanti adottati dalle autorità nazionali nell’ambito di procedimenti amministrativi che conducono all’adozione di un atto dell’Unione. La Corte ha statuito che i giudici dell’Unione erano i soli competenti a esercitare un controllo di legittimità sulla decisione finale, il quale includeva l’esame dei potenziali vizi della legittimità dei suddetti atti intermedi che sarebbero tali da inficiare la validità di detta decisione finale (sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest, C‑219/17, EU:C:2018:1023, punti 4344). Tuttavia, le richieste di revoca dell’immunità controverse rientrano nell’ambito di un procedimento penale condotto a livello nazionale, nel quale il potere decisionale finale spetta al giudice nazionale competente. Esse non costituiscono quindi un atto preparatorio, di apertura o una proposta non vincolante adottata dalle autorità nazionali nell’ambito di procedimenti amministrativi sfociati nell’adozione di un atto dell’Unione ai sensi di detta sentenza, di cui spetterebbe al Parlamento e, se del caso, al Tribunale controllare la regolarità. I ricorrenti hanno inoltre contestato la regolarità delle richieste di revoca della loro immunità dinanzi ai giudici spagnoli.

    87

    Parimenti, le sentenze del 17 maggio 1972, Meinhardt/Commissione (24/71, EU:C:1972:37), e del 5 maggio 2021, Falqui/Parlamento (T‑695/19, non pubblicata, attualmente oggetto di impugnazione, EU:T:2021:242), invocate dai ricorrenti, non sono pertinenti nel caso di specie. Infatti, tali cause riguardano situazioni in cui un’istituzione dell’Unione attua una normativa nazionale alla quale il diritto dell’Unione rinvia. Ciò non avviene nel caso del Parlamento quando, statuendo su una richiesta di revoca dell’immunità, esso verifica se sia stato adito da un’autorità nazionale competente.

    88

    Ne consegue che i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che il Parlamento era tenuto a valutare la conformità al diritto dell’Unione della giurisprudenza spagnola relativa all’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un deputato europeo eletto per il Regno di Spagna.

    89

    Pertanto, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

    Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di leale cooperazione, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dei diritti della difesa a causa della mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate

    90

    I ricorrenti sostengono che il principio della certezza del diritto è stato violato, in quanto la portata delle decisioni impugnate non è chiara e ne deriva una violazione del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dei loro diritti della difesa nonché una violazione del principio di leale cooperazione del Parlamento nei confronti degli Stati membri.

    91

    In sostanza, il quinto motivo, nella parte in cui riguarda la violazione del principio della certezza del diritto, si basa su due censure. La prima censura verte sul fatto che le decisioni impugnate non preciserebbero se la loro portata debba o meno essere limitata ai procedimenti di esecuzione dei mandati d’arresto europei in corso al momento della presentazione delle richieste di revoca dell’immunità, vale a dire i procedimenti condotti in Belgio e nel Regno Unito. La seconda censura verte sul fatto che il Parlamento avrebbe, per la prima volta, revocato unicamente l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7, senza precisare come tale revoca dell’immunità si articolava con il mantenimento dell’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, di detto protocollo.

    92

    Il Parlamento e il Regno di Spagna contestano tali argomenti.

    93

    In via preliminare, occorre ricordare che il principio della certezza del diritto, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nell’ambito del diritto dell’Unione. Esso richiede, in particolare, che qualsiasi atto adottato dalle istituzioni dell’Unione sia chiaro e preciso, al fine di consentire alle persone interessate di conoscere esattamente i diritti e gli obblighi che ne derivano e di regolarsi di conseguenza (v. sentenze del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 128 e giurisprudenza citata, e del 7 marzo 2018, Gollnisch/Parlamento, T‑624/16, non pubblicata, EU:T:2018:121, punto 129 e giurisprudenza citata).

    – Sulla prima censura, vertente sulla mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate quanto ai procedimenti previsti dalla revoca dell’immunità

    94

    I ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate mancano di chiarezza in quanto non precisano i procedimenti cui si riferisce la revoca dell’immunità. Secondo i ricorrenti, poiché la revoca della loro immunità è stata richiesta al fine di proseguire l’esecuzione allora in corso dei mandati d’arresto europei, le decisioni impugnate possono autorizzare soltanto la prosecuzione di tale esecuzione in Belgio per quanto riguarda il primo e il secondo ricorrente e nel Regno Unito per quanto riguarda la terza ricorrente, e non l’esecuzione di detti mandati in qualsiasi altro Stato membro. Essi ne traggono la conseguenza che, dal momento che le autorità del Regno Unito hanno rinunciato all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti della terza ricorrente, non vi sarebbe più luogo a statuire sul ricorso, nei limiti in cui è stato proposto da quest’ultima.

    95

    Anzitutto, occorre rilevare che, secondo il punto 1 del loro dispositivo, le decisioni impugnate revocano l’immunità dei ricorrenti prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7, ossia l’immunità conferita nel territorio di qualsiasi Stato membro diverso dal Regno di Spagna, senza operare una qualsivoglia selezione di tali Stati.

    96

    Occorre poi ricordare che le decisioni impugnate fanno seguito a richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti che sono state presentate mediante due ordinanze datate 10 gennaio 2020 (primo e secondo ricorrente) e 4 febbraio 2020 (terza ricorrente) del giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema). Nel richiamo ai fatti contenuto in tali ordinanze, è riprodotto, in particolare, un estratto delle ordinanze del 10 gennaio 2020 (primi due ricorrenti) e del 3 febbraio 2020 (terza ricorrente) con le quali il giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) ha respinto i ricorsi proposti avverso le ordinanze del 14 ottobre e del 4 novembre 2019 con cui sono stati emessi i mandati d’arresto nei confronti dei ricorrenti. In tale estratto, si indica in particolare che le richieste di revoca dell’immunità mirano a far sì che l’esecuzione dei mandati d’arresto europei possa «proseguire». Tale indicazione è ripresa al punto P delle decisioni impugnate. Nelle motivazioni delle citate ordinanze del 10 gennaio e del 4 febbraio 2020 si indica, in particolare, che la revoca dell’immunità dei ricorrenti prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7 è richiesta dal momento che tale immunità osta a che i mandati d’arresto europei emessi nei confronti dei ricorrenti possano ricevere esecuzione. È inoltre indicato che la revoca dell’immunità faciliterà l’esercizio dell’azione penale. In tale contesto, i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che le richieste di revoca dell’immunità miravano unicamente a consentire l’esecuzione dei mandati d’arresto europei in Belgio e nel Regno Unito.

    97

    Pertanto, i ricorrenti non sono legittimati a sostenere che le decisioni impugnate, lette indipendentemente o in relazione alle richieste di revoca dell’immunità, mancano di chiarezza per quanto riguarda i procedimenti in forza dei quali l’immunità è stata revocata. La prima censura deve quindi essere respinta.

    – Sulla seconda censura, vertente sulla mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate quanto alla natura delle misure che possono essere adottate nell’ambito dell’esecuzione dei mandati d’arresto europei

    98

    I ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate non sono chiare quanto alle misure esatte che potrebbero essere adottate nell’ambito dei procedimenti di esecuzione dei mandati d’arresto europei. Essi sostengono che tali decisioni non dovrebbero consentire l’adozione di qualsiasi limitazione alla loro libertà dal momento che continuano a beneficiare dell’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7, contrariamente a quanto sostiene il Regno di Spagna. Le interpretazioni, diverse su tale punto, del Parlamento, del Regno di Spagna e delle autorità giudiziarie di esecuzione italiane confermerebbero tale mancanza di chiarezza. I ricorrenti sottolineano altresì il carattere inedito delle decisioni impugnate nelle quali il Parlamento revoca l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7 senza pronunciarsi sulla sorte dell’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, di tale protocollo, creando così una totale incertezza giuridica.

    99

    Anzitutto, occorre rilevare che i privilegi e le immunità riconosciuti all’Unione dal protocollo n. 7 rivestono un carattere funzionale in quanto mirano a evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione, il che implica, in particolare, che tali privilegi e immunità sono concessi esclusivamente nell’interesse di quest’ultima [v., in tal senso, ordinanza del 29 marzo 2012, Gollnisch/Parlamento, C‑569/11 P(R), non pubblicata, EU:C:2012:199, punto 29, e sentenza del 30 novembre 2021, LR Ģenerālprokuratūra, C‑3/20, EU:C:2021:969, punto 57 e giurisprudenza citata]. In particolare, le immunità mirano ad assicurare al Parlamento una tutela completa ed effettiva contro gli ostacoli o i rischi per il suo buon funzionamento e la sua indipendenza (v. sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 82 e giurisprudenza citata). Spetta quindi al Parlamento, nell’esercizio dei poteri di cui dispone, garantire l’effettività di tali immunità (sentenza del 19 marzo 2010, Gollnisch/Parlamento, T‑42/06, EU:T:2010:102, punto 107). A tal fine, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 6 del regolamento interno (v. punti 42 e 43 supra), quando esamina una richiesta di revoca dell’immunità, il Parlamento deve operare al fine di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.

    100

    Inoltre, quando il Parlamento è investito di una richiesta di revoca dell’immunità di uno dei suoi membri, esso deve, dopo essere stato informato, se del caso, sia dallo Stato membro sia dal membro interessato in forza delle disposizioni dell’articolo 9, paragrafi 5 e 6, del regolamento interno, valutare la situazione di tale membro alla luce dei fatti all’origine di tale domanda. Al riguardo, il Parlamento deve, in un primo tempo, verificare se tali fatti possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 del protocollo n. 7, in quanto disposizione speciale. In caso affermativo, il Parlamento deve constatare che una revoca dell’immunità è impossibile. È solo qualora tale istituzione concluda in senso negativo che le spetta verificare, in un secondo tempo, se il deputato interessato benefici dell’immunità prevista all’articolo 9 del Protocollo per i fatti di cui trattasi e, in tal caso, decidere se occorra o meno revocare tale immunità sulla base dell’articolo 9, terzo comma, del protocollo n. 7 (ordinanza del 12 novembre 2020, Jalkh/Parlamento, C‑792/18 P e C‑793/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:911, punto 33, e sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punti 4647).

    101

    Nel caso di specie, nelle decisioni impugnate, il Parlamento ha indicato, al punto A, che la richiesta di revoca dell’immunità era fondata sull’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7.

    102

    In applicazione della procedura descritta al punto 100 supra, il Parlamento ha esaminato se i fatti contestati ai ricorrenti nel procedimento penale di cui trattasi rientrassero nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 del protocollo n. 7 e, al punto J delle decisioni impugnate, ha concluso in senso negativo.

    103

    Inoltre, per quanto riguarda l’articolo 9 del protocollo n. 7, in particolare nei limiti in cui la richiesta di revoca dell’immunità mirava a rimuovere un ostacolo che ostava all’arresto dei ricorrenti da parte di uno Stato membro diverso dal Regno di Spagna, ai fini della loro consegna a quest’ultimo per la prosecuzione del procedimento penale di cui trattasi, il Parlamento ha previsto l’immunità di cui all’articolo 9, primo comma, lettera a), di detto protocollo. Esso ha rilevato, al punto M delle decisioni impugnate, che, secondo le richieste di revoca dell’immunità, l’articolo 71 della Costituzione spagnola non imponeva di ottenere un’autorizzazione parlamentare per proseguire il procedimento penale nei confronti di una persona che aveva acquisito lo status di parlamentare dopo la sua incriminazione e che, pertanto, non era necessario chiedere la revoca dell’immunità prevista da tale disposizione. Ha aggiunto, al punto N, che non spettava al Parlamento interpretare le norme nazionali relative alle immunità dei deputati. Così facendo, come confermato in udienza dal Parlamento, quest’ultimo ha preso atto che il diritto spagnolo, come interpretato dai giudici spagnoli, applicabile a motivo del rinvio operato dall’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, non conferiva alcuna immunità ai ricorrenti per i fatti di cui trattasi.

    104

    Infine, a partire dal punto O delle decisioni impugnate, il Parlamento ha esaminato se occorresse, come gli era stato chiesto, revocare l’immunità dei ricorrenti prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7. Esso ha concluso in senso affermativo al primo punto del dispositivo.

    105

    Nei limiti in cui, nell’ambito dei suoi poteri relativi alle immunità, il Parlamento deve garantirne l’effettività, risulta implicitamente ma necessariamente dalle decisioni impugnate che esso ha considerato che solo l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7 costituiva un ostacolo all’arresto dei ricorrenti e alla loro consegna alle autorità spagnole in applicazione dei mandati d’arresto europei controversi e che essa doveva essere revocata.

    106

    Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il silenzio delle decisioni impugnate riguardo all’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7 non è tale da conferire loro un carattere ambiguo. Infatti, da un lato, allo stato attuale della sua prassi, il Parlamento è in sessione continua dall’apertura della prima sessione fino alla sua chiusura, che avviene contemporaneamente all’apertura della prima sessione tenutasi dopo le elezioni successive. L’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, del protocollo n. 7, che si applica per la durata delle sessioni del Parlamento, copre quindi i suoi membri per tutta la durata del loro mandato (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:958, punto 83). Dall’altro lato, nei limiti in cui garantisce a ciascun membro del Parlamento la possibilità di recarsi senza ostacoli alla prima riunione della nuova legislatura e di compiere i passi necessari per l’assunzione del proprio mandato (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punti 8586), l’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7 non era in discussione nella fattispecie, dato che le autorità spagnole competenti, chiedendo la revoca dell’immunità dei ricorrenti, avevano riconosciuto la loro qualità di membro del Parlamento e questi ultimi esercitavano il loro mandato.

    107

    Tenuto conto degli elementi menzionati al punto 106 supra, nelle circostanze del caso di specie, e indipendentemente dagli sviluppi del Parlamento esposti nel corso del presente procedimento e dei procedimenti sommari, l’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7 non conferiva ai ricorrenti una tutela autonoma rispetto a quella di cui essi beneficiavano ai sensi dell’articolo 9, primo comma, di detto protocollo.

    108

    Pertanto, la seconda censura deve essere respinta.

    109

    Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo nella parte in cui è fondato sulla violazione del principio di certezza del diritto e, dato che le censure vertenti sulla violazione del principio di leale cooperazione, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dei diritti della difesa sono fondate esclusivamente sulla violazione del principio della certezza del diritto, respingere integralmente il quinto motivo.

    Sul sesto motivo, nella parte in cui verte sulla violazione dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno, nonché di taluni diritti fondamentali dei ricorrenti

    110

    Con il sesto motivo, i ricorrenti fanno valere, in particolare, che le decisioni impugnate sono state adottate in violazione delle disposizioni che disciplinano il diritto del Parlamento di revocare l’immunità, vale a dire, da un lato, l’articolo 343 TFUE, l’articolo 9 del protocollo n. 7 e l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno e, dall’altro, talune disposizioni della Carta.

    111

    Il Parlamento e il Regno di Spagna contestano gli argomenti dei ricorrenti.

    112

    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 9, terzo comma, del protocollo n. 7 dispone che «[l]’immunità (...) non può inoltre pregiudicare il diritto del Parlamento europeo di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri», senza precisare le condizioni alle quali il Parlamento deve valutare se occorra o meno revocare l’immunità. Il Parlamento dispone quindi di un potere discrezionale molto ampio per quanto riguarda l’orientamento che intende dare a una decisione a seguito di una richiesta di revoca dell’immunità, a causa della natura politica di una simile decisione (v., in tal senso, sentenze del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 59, e del 12 febbraio 2020, Bilde/Parlamento, T‑248/19, non pubblicata, EU:T:2020:46, punto 19).

    113

    Al riguardo, il regolamento interno, al suo articolo 6, paragrafo 1, dispone che «[o]gni richiesta di revoca dell’immunità è valutata in conformità degli articoli 7, 8 e 9 del protocollo n. 7 (...) nonché dei principi richiamati nell’articolo 5, paragrafo 2, del presente regolamento». Ai sensi di quest’ultima disposizione, «[n]ell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento opera al fine di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni».

    114

    Nessun’altra disposizione disciplina i criteri sostanziali per l’esame delle richieste di revoca dell’immunità. In tale contesto, la commissione incaricata di esaminare le richieste di revoca dell’immunità e di presentare una proposta di decisione motivata al Parlamento ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento interno (v. punto 44 supra) ha inviato diverse comunicazioni ai suoi membri in cui individuava i principi che intendeva seguire per quanto riguarda i casi di immunità. L’ultima è la comunicazione ai membri della commissione giuridica relativa ai principi applicabili alle richieste di revoca dell’immunità, datata 19 novembre 2019 (in prosieguo: la «comunicazione n. 11/2019»). In tal senso, ai punti da 41 a 44, tale comunicazione prevede sostanzialmente che, quando il Parlamento riceve una richiesta di revoca dell’immunità per fatti che non sono coperti dall’immunità prevista all’articolo 8 del protocollo n. 7, ma dall’immunità prevista all’articolo 9 di tale protocollo, esso revoca l’immunità a meno che non constati l’esistenza di un fumus persecutionis, vale a dire qualora risulti che lo scopo del procedimento nazionale è quello di nuocere all’attività politica del deputato e, pertanto, all’indipendenza del Parlamento. Nelle sue memorie, il Parlamento ha confermato che tale comunicazione rifletteva la prassi effettivamente seguita per l’esame di una richiesta di revoca dell’immunità.

    115

    Occorre parimenti ricordare che i privilegi e le immunità riconosciuti all’Unione dal protocollo n. 7 rivestono un carattere funzionale in quanto mirano a evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione, il che implica, in particolare, che tali privilegi e immunità sono concessi esclusivamente nell’interesse di quest’ultima (v. punto 99 supra).

    116

    Quanto al controllo del Tribunale sulle decisioni adottate dal Parlamento a seguito di una richiesta di revoca dell’immunità, dalla giurisprudenza risulta che il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dall’istituzione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 60 e giurisprudenza citata; sentenza del 1o dicembre 2021, Jalkh/Parlamento, T‑230/21, non pubblicata, EU:T:2021:848, punto 24).

    – Sull’asserita violazione delle disposizioni dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno

    117

    I ricorrenti sostengono che il Parlamento ha violato i limiti che circoscrivono il suo diritto di revocare l’immunità derivante dalle disposizioni dell’articolo 343 TFUE, dall’articolo 9 del protocollo n. 7 e dall’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno.

    118

    In primo luogo, i ricorrenti fanno valere che, in violazione delle disposizioni menzionate al punto 117 supra, e in particolare dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno, il Parlamento non ha esaminato se la revoca della loro immunità potesse arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione e, in particolare, all’integrità o all’indipendenza del Parlamento. Pertanto, esso non avrebbe preso in considerazione le potenziali conseguenze di una revoca dell’immunità sull’esercizio del loro mandato parlamentare sebbene essa potesse sfociare nel loro arresto e nella loro custodia cautelare.

    119

    Al riguardo, occorre rilevare che il Parlamento, tramite la commissione giuridica, ha definito i principi che intendeva seguire per determinare se una revoca dell’immunità arrecasse pregiudizio alla sua indipendenza o alla sua integrità. Esso ha quindi accolto il criterio del fumus persecutionis, in quanto l’immunità prevista all’articolo 9 del protocollo n. 7 è revocata se il Parlamento ritiene che non vi sia prova che i procedimenti giudiziari nei confronti del membro in questione siano stati avviati al fine di nuocere all’attività politica di quest’ultimo e, pertanto, del Parlamento. Il Parlamento ha indicato nel corso del procedimento che tale criterio era stato determinato tenendo conto sia dell’obiettivo di salvaguardia della sua indipendenza e del suo buon funzionamento sia del necessario rispetto del principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in virtù del quale l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati.

    120

    Ne consegue che, escludendo l’esistenza di un fumus persecutionis, il Parlamento ha necessariamente considerato che una revoca dell’immunità dei ricorrenti non avrebbe arrecato pregiudizio ai suoi interessi, in particolare al suo buon funzionamento e alla sua indipendenza.

    121

    Secondo i ricorrenti, una simile conclusione sarebbe erronea in quanto le decisioni impugnate li privano di un’immunità necessaria all’adempimento della loro missione, in violazione dell’articolo 343 TFUE, tenuto conto del rischio che essi siano privati della loro libertà a seguito della loro consegna alle autorità spagnole e, pertanto, nell’incapacità di esercitare il loro mandato.

    122

    Un simile argomento deriva tuttavia da una confusione tra le immunità di cui devono disporre i membri del Parlamento, le quali devono garantire che il Parlamento sia in grado di svolgere il suo compito, e il diritto del Parlamento, previsto all’articolo 9, terzo comma, del protocollo n. 7, di revocare l’immunità parlamentare. Se è vero che, come statuito dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 76), l’Unione e, in particolare, i membri delle sue istituzioni, devono beneficiare, in forza dell’articolo 343 TFUE, delle immunità necessarie all’assolvimento dei loro compiti, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che l’immunità di un membro del Parlamento non può mai essere revocata se la prosecuzione del procedimento in base al quale è stata chiesta la revoca dell’immunità può ostacolare l’esercizio del suo mandato, o addirittura, al termine di tale procedura, condurre alla perdita dello stesso. Una simile interpretazione equivarrebbe a privare di ogni effetto utile l’articolo 9, terzo comma, del protocollo n. 7.

    123

    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate sono state adottate in violazione delle immunità previste all’articolo 9, primo e secondo comma, del protocollo n. 7.

    124

    Per prima cosa, i ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate violano l’articolo 9, primo comma, lettere a) e b), del protocollo n. 7, in quanto mirano a consentire l’esecuzione di mandati d’arresto nazionali ed europei emessi in flagrante violazione di tali disposizioni.

    125

    Anzitutto, occorre rilevare che, nell’ambito del suo esame della richiesta di revoca dell’immunità, come indicato al punto 100 supra, spetta al Parlamento verificare se il deputato interessato benefici dell’immunità prevista all’articolo 9 del protocollo e, in caso affermativo, decidere se occorra o meno revocare tale immunità sulla base dell’articolo 9, terzo comma, del protocollo n. 7. A tal fine esso applica il criterio del fumus persecutionis.

    126

    Per contro, non spetta al Parlamento valutare la legittimità degli atti adottati dalle autorità giudiziarie nel corso del procedimento di cui trattasi, poiché tale questione rientra nella competenza esclusiva delle autorità nazionali.

    127

    Ne consegue che non spettava al Parlamento, nell’ambito del suo esame della richiesta di revoca dell’immunità, pronunciarsi sulla legittimità dei mandati d’arresto nazionali ed europei adottati nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi. Occorre altresì precisare che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, le decisioni impugnate non producono alcun effetto di convalida o di legalizzazione di detti mandati.

    128

    Per seconda cosa, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate si basano erroneamente sulla constatazione che essi non beneficiano di alcuna immunità ai sensi dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7. A loro avviso, sostanzialmente, in forza del diritto spagnolo a cui tale articolo rinvia, una persona incriminata prima di aver acquisito la qualità di parlamentare spagnolo beneficia di un’immunità. A sostegno della loro allegazione, essi fanno valere l’articolo 71, paragrafo 2, della Costituzione spagnola, l’articolo 751, secondo comma, e l’articolo 753 del codice di procedura penale nonché l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento del Senato.

    129

    Al riguardo, è già stato constatato, al punto 103 supra, che, nelle decisioni impugnate, il Parlamento ha preso atto che il diritto spagnolo, come interpretato dai giudici spagnoli, applicabile a causa del rinvio operato dall’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, e che esso si rifiutava di interpretare, non conferiva alcuna immunità ai ricorrenti per i fatti di cui trattasi. In udienza, il Parlamento ha indicato che, durante la fase istruttoria delle richieste di revoca dell’immunità, esso non era stato messo in possesso di alcun elemento tale da mettere in discussione il fatto che, allo stato della giurisprudenza nazionale, i ricorrenti non beneficiavano dell’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7 e che, in caso contrario, esso avrebbe chiesto chiarimenti alle autorità spagnole.

    130

    Nei limiti in cui, ai sensi dell’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo n. 7, l’ampiezza e la portata dell’immunità di cui godono i deputati sul loro territorio nazionale sono determinate dai vari ordinamenti nazionali cui esso rinvia (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2010, Gollnisch/Parlamento, T‑42/06, EU:T:2010:102, punto 106), i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che il Parlamento è incorso in un errore di diritto nel riferirsi al diritto nazionale come interpretato dai giudici nazionali.

    131

    Inoltre, sebbene i ricorrenti invochino diverse disposizioni di diritto nazionale, essi non hanno dimostrato che il Parlamento sarebbe incorso in un errore rilevando che il diritto nazionale, quale risulta in particolare da tali disposizioni, era interpretato dai giudici nazionali nel senso che non implicava l’ottenimento di un’autorizzazione parlamentare per proseguire il procedimento penale nei confronti di una persona che, al pari dei ricorrenti, è stata eletta dopo la sua incriminazione.

    132

    Per terza cosa, i ricorrenti fanno valere che l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7 non poteva essere revocata senza revocare anche l’immunità prevista all’articolo 9, secondo comma, di detto protocollo, a pena di violare tale seconda disposizione.

    133

    Orbene, è sufficiente ricordare che, nelle circostanze del caso di specie, in particolare nei limiti in cui il Regno di Spagna aveva riconosciuto lo status di deputato ai ricorrenti, l’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7 non conferiva loro una tutela autonoma rispetto a quella di cui essi beneficiavano ai sensi dell’articolo 9, primo comma, di detto protocollo (v. punto 107 supra). Pertanto, i ricorrenti non sono legittimati a far valere che le decisioni impugnate sono state adottate in violazione dell’articolo 9, secondo comma, del protocollo n. 7.

    134

    Di conseguenza, occorre respingere in quanto infondata la censura vertente sulla violazione delle disposizioni dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno.

    – Sull’illegittima ingerenza nei diritti fondamentali dei ricorrenti

    135

    I ricorrenti ritengono sostanzialmente che – poiché l’immunità parlamentare è una garanzia cruciale del rispetto del loro diritto di esercitare il loro mandato garantito dall’articolo 3 del protocollo n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e del diritto di eleggibilità sancito all’articolo 39, paragrafo 2, della Carta, letto alla luce degli articoli 6, 45 e 48 di quest’ultima e dell’articolo 21 TFUE – la sua revoca costituisca un’ingerenza in tali diritti, soggetta al rispetto delle condizioni previste all’articolo 52 della Carta.

    136

    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 39, paragrafo 2, della Carta, ai sensi del quale «[i] membri del Parlamento europeo sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto», garantisce il diritto di eleggibilità alle elezioni del Parlamento. Il diritto di eleggibilità comprende il diritto di ogni individuo di presentarsi alle elezioni e, una volta eletto, di esercitare il proprio mandato [v., per quanto riguarda l’articolo 3 del protocollo n. 1 alla CEDU, Corte EDU, 11 giugno 2002, Sadak e altri c. Turchia (n. 2), CE:ECHR:2002:0611JUD002514494, §33].

    137

    Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta:

    «1.   Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

    138

    Orbene, l’immunità non può costituire un diritto fondamentale riconosciuto ai deputati europei in quanto è concessa esclusivamente nell’interesse del Parlamento (v. punto 99 supra). La circostanza che una decisione di revoca dell’immunità modifica la situazione giuridica del deputato in questione per il solo effetto della soppressione della tutela conferita al medesimo dal protocollo n. 7, ristabilendo, nei suoi confronti, lo status di persona soggetta al diritto comune degli Stati membri ed esponendolo, senza che si rendano necessarie norme intermedie, a provvedimenti disposti in forza di tale diritto comune, in particolare detentivi e giudiziari (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 45), è irrilevante al riguardo. Infatti, tale circostanza implica soltanto che i ricorrenti siano legittimati a contestare le decisioni impugnate dinanzi al giudice dell’Unione.

    139

    In particolare, se l’immunità concessa ai deputati europei concorre a garantire l’effettività del diritto fondamentale costituito dal diritto di eleggibilità, in particolare consentendo alle persone che sono state elette membri del Parlamento di compiere i passi diretti a prendere possesso del loro mandato (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 86), essa non si può confondere con tale diritto.

    140

    Inoltre, la revoca dell’immunità parlamentare non ha di per sé alcuna conseguenza sull’esercizio del mandato. Essa mira soltanto a consentire alle autorità nazionali di proseguire un procedimento nazionale. Pertanto, solo le decisioni che saranno eventualmente adottate dalle autorità nazionali in esito a tale procedura potrebbero condurre a una limitazione dell’esercizio del mandato, o addirittura alla sua perdita, e, in quanto tale, costituire un’ingerenza nell’esercizio del diritto di eleggibilità.

    141

    Per gli stessi motivi, una decisione di revoca dell’immunità non comporta alcuna conseguenza sulla libertà, in particolare di circolazione, dei ricorrenti né pregiudica il loro diritto al rispetto della presunzione di innocenza. Si ricorda a tale riguardo che la questione di stabilire se, al momento in cui ne viene fatta domanda, ricorrano i presupposti per la revoca dell’immunità parlamentare, in forza dell’articolo 9 del protocollo n. 7, è distinta da quella consistente nello stabilire se i fatti contestati ai deputati interessati siano dimostrati, dato che tale questione ricade nella competenza delle autorità dello Stato membro (sentenza del 17 settembre 2020, Troszczynski/Parlamento, C‑12/19 P, EU:C:2020:725, punto 57).

    142

    Di conseguenza, gli argomenti dei ricorrenti relativi al fatto che le decisioni impugnate costituirebbero ingerenze in alcuni dei diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU e dalla Carta devono essere respinti in quanto infondati. Ne consegue che il loro argomento volto a dimostrare che tali ingerenze non rispetterebbero i requisiti posti dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta è inconferente e deve essere respinto per tale ragione.

    143

    Da tutto quanto precede risulta che il sesto motivo, nella parte in cui è fondato sulla violazione da parte del Parlamento dei limiti che circoscrivono il suo diritto di revocare l’immunità, deve essere respinto.

    Sul sesto motivo, nella parte in cui verte su errori di fatto e di diritto che viziano l’esame, da parte del Parlamento, del fumus persecutionis e sul settimo motivo, vertente sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento e su errori manifesti in cui è incorso il Parlamento nella sua valutazione del fumus persecutionis

    144

    Il sesto motivo verte, in particolare, sostanzialmente su errori di diritto e di fatto in cui sarebbe incorso il Parlamento nella sua valutazione del fumus persecutionis. Quanto al settimo motivo, esso verte, da un lato, su una violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento in quanto il Parlamento si sarebbe discostato, senza una motivazione, dalla sua prassi anteriore in materia di valutazione delle richieste di revoca dell’immunità e, dall’altro, su errori manifesti in cui sarebbe incorso il Parlamento nella sua valutazione del fumus persecutionis.

    145

    Il Parlamento e il Regno di Spagna contestano tali argomenti.

    – Sugli asseriti errori di diritto e di fatto che viziano l’esame da parte del Parlamento del fumus persecutionis

    146

    Nel caso di specie, nelle decisioni impugnate, il Parlamento ha preso in considerazione l’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7 a partire dal punto O e la questione di stabilire se occorresse o meno revocare tale immunità a partire dal punto Q. In particolare, esso ha constato, al punto T, che l’accusa nei confronti dei ricorrenti non era manifestamente connessa alle loro funzioni di deputato, ma era relativa alle loro precedenti funzioni in Catalogna. Al punto U, esso ha rilevato che anche altre persone che non avevano la qualità di deputati europei erano state sottoposte a esame per i medesimi fatti. Al punto V, esso ha constatato che i suddetti fatti erano stati commessi nel corso del 2017 e che il procedimento penale di cui trattasi nei confronti dei ricorrenti era stato avviato in un momento in cui l’acquisizione della qualità di membro del Parlamento da parte di questi ultimi era ancora ipotetica. Di conseguenza, il Parlamento ha ritenuto, al punto W, di non aver potuto dimostrare che i procedimenti giudiziari di cui trattasi fossero stati avviati al fine di nuocere all’attività politica dei ricorrenti e, pertanto, alla sua.

    147

    In primo luogo, i ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate si basano su un errore di diritto quanto alla finalità dell’immunità parlamentare. A loro avviso, il Parlamento avrebbe erroneamente ritenuto che essa proteggesse il deputato contro i soli procedimenti giudiziari aventi a oggetto attività svolte nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari o indissociabili da queste ultime. Esso avrebbe quindi erroneamente concluso che la circostanza che il procedimento penale di cui trattasi non fosse connesso all’esercizio delle loro funzioni parlamentari giustificava la revoca della loro immunità.

    148

    A questo proposito, va osservato che il punto S delle decisioni impugnate riproduce il principio enunciato al punto 3 della comunicazione n. 11/2019, secondo cui «l’immunità parlamentare è intesa a proteggere il Parlamento e i deputati che lo compongono da procedimenti penali relativi ad attività svolte nell’esercizio del mandato parlamentare e che non possono essere disgiunte da tale mandato».

    149

    Anzitutto, occorre ricordare che l’immunità prevista all’articolo 8 del protocollo n. 7 riguarda unicamente le opinioni o i voti espressi dai membri del Parlamento nell’esercizio delle loro funzioni parlamentari. Per contro, l’immunità prevista all’articolo 9 di detto protocollo copre tali membri, per la durata delle sessioni del Parlamento, anche a titolo di fatti privi di nesso con l’esercizio delle funzioni parlamentari. La portata di tale immunità non è stata messa in discussione nel caso di specie. Infatti, è pacifico che i ricorrenti erano coperti dall’immunità prevista all’articolo 9, primo comma, lettera b), del protocollo n. 7, anche se il procedimento penale di cui trattasi riguardava attività non connesse con l’esercizio delle funzioni parlamentari.

    150

    Inoltre, per quanto concerne la valutazione dell’esistenza di un fumus persecutionis, è giocoforza constatare che il Parlamento, indipendentemente dalla formulazione inequivocabile del punto S, non si è limitato a constatare che i fatti contestati ai ricorrenti nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi erano anteriori alla loro elezione in Parlamento e, pertanto, privi di nesso con le attività svolte nell’ambito delle loro funzioni parlamentari. Il Parlamento ha del resto riconosciuto in udienza che una simile circostanza non può essere determinante per valutare l’esistenza di un fumus persecutionis.

    151

    Per concludere nel senso dell’assenza di fumus persecutionis, il Parlamento si è basato su diversi elementi che, considerati congiuntamente, erano, a suo avviso, tali da escludere l’esistenza di un caso di fumus persecutionis. Si tratta della circostanza che i fatti contestati sono stati commessi nel 2017 mentre i ricorrenti hanno acquisito la qualità di membro del Parlamento il 13 giugno 2019, ma anche delle circostanze che, da un lato, essi sono stati incriminati il 21 marzo 2018, vale a dire in un momento in cui l’acquisizione dello status di deputato europeo era ipotetica e, dall’altro, tale incriminazione riguardava anche altre persone, che non erano membri del Parlamento.

    152

    Pertanto, si deve ritenere che l’affermazione generale di cui al punto S delle decisioni impugnate non sia stata attuata nel senso che la richiesta di revoca dell’immunità di un membro del Parlamento deve essere accolta se mira a proseguire un procedimento giudiziario riguardante fatti privi di nesso con l’esercizio delle funzioni parlamentari.

    153

    L’argomento relativo all’esistenza di un errore di diritto deve quindi essere respinto.

    154

    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il Parlamento ha fondato la sua valutazione del fumus persecutionis su un errore di fatto quanto allo stato di avanzamento del procedimento penale di cui trattasi. Essi fanno valere che, al punto B delle decisioni impugnate, il Parlamento ha erroneamente ritenuto che la fase istruttoria del procedimento penale di cui trattasi fosse stata chiusa nei loro confronti, basandosi su due ordinanze del Tribunal Supremo (Corte suprema), tra cui quella del 25 ottobre 2018, che non li riguardavano.

    155

    Occorre ricordare che, al punto B, le decisioni impugnate indicano quanto segue:

    «considerando che gli atti perseguibili sarebbero stati commessi nel 2017; che l’ordinanza di rinvio a giudizio nel caso di specie è stata emessa il 21 marzo 2018 e confermata da successive ordinanze di rigetto dei ricorsi; che l’indagine è stata chiusa con ordinanza del 9 luglio 2018 e confermata in via definitiva il 25 ottobre 2018; che, con ordinanza del 9 luglio 2018, [il primo/il secondo/la terza ricorrente] tra gli altri, è [stato/a dichiarato/a] contumace ed è stato deciso di sospendere il procedimento nei suoi confronti e nei confronti di altre persone fintantoché non fossero state ritrovate».

    156

    In udienza è stato precisato che, da un lato, la terza frase del punto B, secondo la quale «l’indagine è stata chiusa con ordinanza del 9 luglio 2018 e confermata in via definitiva il 25 ottobre 2018», non riguardava i ricorrenti, bensì le altre persone interessate dal procedimento penale di cui trattasi, che non avevano rifiutato di comparire e che, dall’altro, lo stato del procedimento penale di cui trattasi nei confronti dei ricorrenti era rispecchiato dall’ultima frase del punto B che menziona la sospensione del procedimento. È stato altresì precisato che la fase istruttoria del procedimento penale non era stata chiusa nei confronti dei ricorrenti, in quanto una simile chiusura non poteva essere disposta, secondo il diritto nazionale, senza che gli imputati fossero stati ascoltati.

    157

    I ricorrenti sono quindi legittimati a sostenere che il punto B delle decisioni impugnate è inficiato da un errore di fatto o, quantomeno, da una mancanza di chiarezza relativa alla questione di stabilire se la fase istruttoria del procedimento penale di cui trattasi fosse stata chiusa nei loro confronti.

    158

    Secondo i ricorrenti, tale errore ha inciso sulla valutazione dell’esistenza di un fumus persecutionis dal momento che, se il Parlamento avesse avuto conoscenza del fatto che l’istruzione era ancora in corso nei loro confronti, avrebbe potuto ritenere che l’emissione di mandati d’arresto europei nei loro confronti fosse sproporzionata.

    159

    Tuttavia, dal punto B delle decisioni impugnate risulta chiaramente che il procedimento penale a carico dei ricorrenti, indipendentemente dalla sua fase, è stato sospeso a causa del rifiuto dei ricorrenti di comparire dinanzi alle autorità competenti e che è a causa di tale rifiuto e del fatto che essi hanno lasciato il Regno di Spagna che è stata chiesta la revoca della loro immunità, affinché potesse essere presa in considerazione l’esecuzione dei mandati d’arresto europei emessi nei loro confronti. Nei confronti dei coimputati comparsi, l’istruzione era chiusa ed era stata pronunciata una sentenza di condanna.

    160

    In tale contesto, non risulta che l’errore o, quantomeno, la mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate riguardo alla fase esatta del procedimento penale di cui trattasi abbia inciso sull’esame della richiesta di revoca dell’immunità.

    161

    Da quanto precede risulta che occorre respingere in quanto infondata la censura relativa agli errori di fatto e di diritto in cui sarebbe incorso il Parlamento nella sua valutazione del fumus persecutionis.

    – Sulla presunta violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento

    162

    I ricorrenti fanno valere che, in violazione di una prassi costante, il Parlamento non ha concluso per l’esistenza di un fumus persecutionis mentre, in primo luogo, le accuse erano manifestamente infondate, in secondo luogo, era stata dimostrata l’esistenza di una chiara intenzione di penalizzare taluni deputati per le loro attività politiche, in terzo luogo, i mandati d’arresto in questione erano stati emessi per la terza volta in funzione di calcoli politici delle autorità spagnole, in quarto luogo, le richieste di revoca dell’immunità erano motivate dalla volontà di impedire loro di esercitare il loro mandato parlamentare, in quinto luogo, i procedimenti erano stati avviati da un avversario politico, in sesto luogo, essi erano stati avviati unicamente nei confronti di membri del Parlamento, in settimo luogo, sussistevano seri dubbi quanto al rispetto dei loro diritti fondamentali nel corso del procedimento penale di cui trattasi, in ottavo luogo, vi erano stati vari appelli affinché fossero loro inflitte sanzioni esemplari e, in nono luogo, il pubblico ministero aveva reso talune dichiarazioni pubbliche ai media.

    163

    I ricorrenti sostengono altresì che il Parlamento ha violato la sua prassi secondo cui l’immunità non doveva essere revocata qualora gli Stati membri diversi da quello per cui il deputato è stato eletto sanzionino meno severamente i fatti addebitati, come sarebbe stato riconosciuto nel caso di specie. Il Parlamento avrebbe altresì violato la sua prassi consistente, da un lato, nel non revocare l’immunità quando il procedimento penale verte su accuse connesse a manifestazioni e riunioni pubbliche pacifiche e, dall’altro, nel non tener conto né della data dei fatti contestati né della data di avvio del procedimento penale.

    164

    In via preliminare, si deve ricordare che le istituzioni sono tenute a esercitare le proprie competenze in conformità ai principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione. Tenuto conto di tali principi, spetta a loro prendere in considerazione le decisioni già adottate nell’ambito di domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. Inoltre, i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legalità (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 109 e giurisprudenza citata).

    165

    Al riguardo, il principio della parità di trattamento osta, tra l’altro, a che situazioni comparabili siano trattate in modo diverso, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 110 e giurisprudenza citata).

    166

    Nel caso di specie, in primo luogo, al fine di dimostrare l’esistenza di una prassi del Parlamento consistente nel negare la revoca dell’immunità di un deputato quando quest’ultimo è perseguito per le sue attività politiche, quando tali procedimenti sono stati avviati da un avversario politico o quando le autorità nazionali in questione hanno chiesto sanzioni esemplari nei confronti di tale deputato, i ricorrenti si avvalgono della comunicazione n. 11/2003, datata 6 giugno 2003, redatta dalla commissione giuridica e per il mercato interno del Parlamento, allora incaricata delle questioni di immunità, che costituisce una sintesi della precedente prassi decisionale del Parlamento. Tale comunicazione indica che l’immunità non sarà revocata nel caso in cui gli atti in base ai quali un membro del Parlamento è perseguito rientrino nell’ambito della sua attività politica o vi siano direttamente connessi. Tale comunicazione precisa altresì che l’immunità non sarà revocata in caso di fumus persecutionis, il quale è definito come «la presunzione che i procedimenti giudiziari a carico di un parlamentare siano stati avviati con l’intento di ledere le sue attività politiche». Essa menziona, a titolo di esempio, un certo numero di indizi idonei a presumerne l’esistenza. Orbene, occorre rilevare che tale comunicazione è stata sostituita dalla comunicazione n. 11/2019 il 19 novembre 2019, data della pubblicazione di quest’ultima. Infatti, ai sensi del suo punto 53, la comunicazione n. 11/2019 «sostituisce tutte le precedenti comunicazioni e qualsiasi altro documento della commissione giuridica [del Parlamento] relativo alle prassi e modalità di lavoro della commissione nel settore delle immunità», tra cui, in particolare, la comunicazione n. 11/2003.

    167

    In secondo luogo, il Parlamento fa valere che la prassi, come sintetizzata nella comunicazione n. 11/2003, è stata abbandonata nel senso di una limitazione dei casi in cui il Parlamento rifiuta di revocare l’immunità. Occorre rilevare che la comunicazione n. 11/2019, al pari della precedente comunicazione n. 11/2016, adottata il 9 maggio 2016, definisce il fumus persecutionis come unico caso in cui l’immunità non deve essere revocata, senza precisare i criteri da prendere in considerazione al fine di stabilire la sua esistenza né individuare categorie di casi in cui un simile fumus dovrebbe essere presunto.

    168

    In terzo luogo, nei limiti in cui i ricorrenti fanno valere la prassi costante secondo cui il Parlamento rifiuta di revocare l’immunità se lo scopo dei procedimenti giudiziari di cui trattasi è di ostacolare l’esercizio delle funzioni parlamentari del deputato, occorre rilevare che l’esistenza di tale prassi non è contestata e che tale approccio è stato seguito dal Parlamento nel caso di specie.

    169

    In quarto luogo, al fine di dimostrare l’esistenza di una prassi costante del Parlamento quanto agli elementi da prendere in considerazione al fine di individuare un fumus persecutionis e, più in generale, quanto ai casi in cui il Parlamento rifiuta di revocare l’immunità di uno dei suoi membri, i ricorrenti si limitano a invocare talune decisioni adottate dal Parlamento, senza tuttavia dimostrare in che modo queste ultime sarebbero in grado di dimostrare l’esistenza di una simile prassi.

    170

    Occorre altresì rilevare che la maggior parte delle decisioni invocate dai ricorrenti sono state adottate nel corso degli anni dal 1982 al 2003. Esse si inseriscono quindi nell’ambito della prassi sintetizzata nella comunicazione n. 11/2003, che è stata espressamente ritirata dal Parlamento e che, secondo quest’ultimo, è obsoleta. I ricorrenti invocano solo una dozzina di decisioni adottate a partire dal 2004. Le più recenti, rese durante la legislatura 2014-2019, sono sette. Quattro di esse sono decisioni con le quali il Parlamento ha revocato l’immunità dei deputati interessati dopo aver concluso per l’assenza di fumus persecutionis e sono invocate dai ricorrenti al fine di dimostrare la prassi non contestata menzionata al punto 168 supra.

    171

    In quinto luogo, come fatto valere dal Parlamento, ogni decisione adottata in risposta a una richiesta di revoca dell’immunità è intrinsecamente connessa alle circostanze particolari del caso di specie. Orbene, il Parlamento afferma, senza essere contraddetto, di non aver mai dovuto, per quanto gli consta, trattare una richiesta di revoca dell’immunità di un deputato diretta a consentire l’esecuzione di un mandato d’arresto emesso al fine di proseguire un procedimento penale avviato prima dell’elezione di quest’ultimo.

    172

    Alla luce di tutti questi elementi, si deve considerare che, fatta salva la prassi non contestata menzionata al punto 168 supra e seguita nel caso di specie, i ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza, alla data delle decisioni impugnate, di una prassi costante del Parlamento consistente nel rifiutare la revoca dell’immunità nei casi menzionati ai punti 162 e 163 supra. La censura relativa alla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento deve quindi essere respinta.

    – Sugli asseriti errori manifesti commessi nella valutazione del fumus persecutionis

    173

    I ricorrenti ritengono che il Parlamento potesse revocare l’immunità solo dopo aver escluso l’esistenza di un fumus persecutionis. Essi sostengono che il Parlamento è incorso in errori manifesti nella valutazione dell’esistenza di un simile fumus persecutionis non tenendo conto degli elementi di prova che essi gli avevano trasmesso. Pertanto, il Parlamento avrebbe erroneamente fondato la sua valutazione tenendo conto del procedimento penale «iniziale» e dei primi mandati d’arresto europei, seppur revocati, mentre avrebbe dovuto prendere in considerazione il procedimento penale alla sua «riapertura», vale a dire i mandati d’arresto europei del 14 ottobre e del 4 novembre 2019. Così facendo, il Parlamento avrebbe ignorato una serie di considerazioni pertinenti, in particolare il fatto che nessun mandato d’arresto europeo era più in vigore nei loro confronti dal 18 luglio 2018 e che gli ultimi mandati d’arresto europei erano stati emessi solo in seguito alla loro elezione in Parlamento, dopo il fallimento delle manovre delle autorità spagnole dirette a impedire loro di presentarsi alle elezioni e poi di prestare giuramento. Tali mandati avrebbero il solo scopo di impedire loro di sedere in Parlamento, ove essi sono gli unici rappresentanti della minoranza catalana.

    174

    In primo luogo, nei limiti in cui i ricorrenti fanno valere che il Parlamento è incorso in un errore nel valutare l’esistenza di un fumus persecutionis con riferimento al procedimento penale di cui trattasi e non ai soli mandati d’arresto europei emessi nell’ottobre e nel novembre 2019, occorre ricordare che un fumus persecutionis è accertato quando esistono elementi di fatto che indicano che i procedimenti giudiziari sono stati avviati con l’intento di nuocere all’attività politica del deputato. Orbene, i citati mandati d’arresto europei si inseriscono proprio nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi avviato nei confronti dei ricorrenti, il quale era stato sospeso a causa del loro rifiuto di comparire dinanzi alle autorità nazionali competenti. Infatti, tali mandati mirano a far sì che i ricorrenti siano arrestati negli Stati membri diversi dal Regno di Spagna ai fini della loro consegna alle autorità di quest’ultimo, affinché il procedimento penale di cui trattasi possa riprendere. Pertanto, i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che il Parlamento è incorso in un errore nel procedimento giudiziario pertinente ai fini della valutazione dell’esistenza di un fumus persecutionis.

    175

    I ricorrenti contestano altresì al Parlamento di non aver tenuto conto del fatto che ciascuno di essi era stato oggetto di due precedenti mandati d’arresto europei, uno nel novembre 2017, che era stato revocato il mese successivo, l’altro nel marzo 2018, che era stato revocato nel luglio 2018, e che, pertanto, essi non erano più oggetto di mandato d’arresto europeo da tale data. Una simile circostanza sarebbe, secondo i ricorrenti, idonea a dimostrare che i mandati d’arresto europei del 14 ottobre e del 4 novembre 2019, emessi dopo la loro elezione in Parlamento, miravano a nuocere all’esercizio delle loro funzioni in Parlamento.

    176

    Al riguardo, dalle discussioni in udienza risulta che un lasso di tempo anormalmente lungo tra i fatti addebitati a un membro del Parlamento e l’avvio di procedimenti penali nei suoi confronti può, in mancanza di giustificazione, costituire un elemento pertinente per la valutazione del fumus persecutionis. Ciò potrebbe avvenire anche se un simile periodo fosse trascorso tra la revoca di un primo mandato d’arresto e l’emissione di un nuovo mandato.

    177

    Tuttavia, nel caso di specie, occorre rilevare che il termine tra la revoca dei mandati d’arresto europei emessi nel corso del mese di marzo 2018 e l’emissione dei mandati d’arresto europei del 14 ottobre e del 4 novembre 2019 è inferiore a sedici mesi. Inoltre, il Regno di Spagna ha indicato che questi ultimi mandati d’arresto europei sono stati emessi dopo la sentenza di condanna del 14 ottobre 2019 pronunciata nei confronti di altri imputati, alla luce della quale i capi d’accusa formulati a carico dei ricorrenti sono stati parzialmente modificati.

    178

    In tale contesto, i ricorrenti non possono fondatamente sostenere che, non tenendo conto dell’assenza di mandati d’arresto europei nel corso del periodo compreso tra il mese di luglio 2018 e i mesi di ottobre o novembre 2019, il Parlamento è incorso in un errore manifesto di valutazione.

    179

    In secondo luogo, da un lato, i ricorrenti fanno valere che le accuse nei loro confronti sono manifestamente infondate. Pertanto, essi sarebbero perseguiti a titolo dell’organizzazione illegittima di un referendum, che non costituisce più un reato in Spagna. Essi si avvalgono inoltre di dichiarazioni e di decisioni di organismi di difesa dei diritti dell’uomo, di pareri giuridici, di decisioni giurisdizionali e di dichiarazioni politiche. Dall’altro lato, i ricorrenti fanno valere che la normativa degli altri Stati membri sanzionerebbe meno severamente i fatti contestati o non li qualificherebbe come reato. Essi aggiungono che, alla data delle decisioni impugnate, era in corso una riforma in Spagna al fine di ridefinire, o addirittura di eliminare, il reato di sedizione e che nove persone condannate dalla citata sentenza 14 ottobre 2019 sono state graziate il 22 giugno 2021. Essi aggiungono che non tutte le persone interessate dai fatti di cui trattasi sono state perseguite.

    180

    A tale riguardo, la questione di stabilire se, al momento in cui ne viene fatta domanda, ricorrano i presupposti per la revoca dell’immunità parlamentare, in forza dell’articolo 9 del protocollo n. 7, è distinta da quella consistente nello stabilire se i fatti contestati ai deputati interessati siano dimostrati, dato che tale questione ricade nella competenza delle autorità dello Stato membro (v. punto 141 supra). Analogamente, nell’ambito dell’esame di una richiesta di revoca dell’immunità, non spetta al Parlamento pronunciarsi sull’opportunità di esercitare l’azione penale (v., in tal senso, sentenze del 17 ottobre 2018, Jalkh/Parlamento, T‑26/17, non pubblicata, EU:T:2018:690, punto 83, e del 30 aprile 2019, Briois/Parlamento, T‑214/18, non pubblicata, EU:T:2019:266, punto 47) e, in tale ambito, di valutare l’adeguatezza delle disposizioni di diritto nazionale che istituiscono i reati a titolo dei quali i deputati di cui trattasi sono stati sottoposti a processo.

    181

    Inoltre, nel caso di specie, è pacifico che i ricorrenti sono stati accusati di presunti reati previsti dalla Ley Orgánica del Código Penal (codice penale) in vigore sia alla data dei fatti contestati sia alla data delle decisioni impugnate.

    182

    Ne consegue che, dal momento che mirano a mettere in discussione la realtà dei fatti contestati ai ricorrenti, la loro qualificazione alla luce della legge penale spagnola nonché la questione di stabilire se tali fatti giustificassero o meno procedimenti penali nei loro confronti, gli argomenti menzionati al punto 179 supra sono inoperanti e devono essere respinti per tale ragione.

    183

    In terzo luogo, come è stato constatato al punto 151 supra, per concludere nel senso dell’assenza di fumus persecutionis, il Parlamento si è basato su diversi elementi, considerati congiuntamente, ossia la circostanza che i fatti contestati sono stati commessi nel 2017 mentre i ricorrenti hanno acquisito la qualità di membro del Parlamento il 13 giugno 2019 e che, da un lato, essi sono stati incriminati il 21 marzo 2018, vale a dire in un momento in cui l’acquisizione dello status di deputato europeo era ipotetica e, dall’altro, tale imputazione riguardava anche altre persone, che non erano membri del Parlamento.

    184

    Così facendo, il Parlamento ha ritenuto che tali fatti, considerati congiuntamente, fossero tali da escludere qualsiasi sospetto di fumus persecutionis, nonostante gli elementi addotti dai ricorrenti. Ne consegue che il loro argomento relativo al fatto che il Parlamento avrebbe revocato la loro immunità senza aver escluso l’esistenza di un fumus persecutionis è infondato in fatto e deve essere respinto per tale ragione.

    185

    Inoltre, nei limiti in cui i ricorrenti contestano al Parlamento di non aver esaminato le asserite irregolarità che inciderebbero sul procedimento penale di cui trattasi, occorre ricordare che, nell’ambito della sua valutazione dell’esistenza di un fumus persecutionis, non spetta al Parlamento valutare la legittimità degli atti adottati dalle autorità giudiziarie nel corso del procedimento di cui trattasi, poiché tale questione rientra nella competenza esclusiva delle autorità nazionali (v. punto 126 supra). Queste ultime sono state del resto effettivamente adite dai ricorrenti. Ciò premesso, non si può escludere che, nell’ambito del suo amplissimo potere discrezionale, il Parlamento possa basarsi su taluni fatti invocati a sostegno di tali irregolarità per concludere nel senso dell’esistenza di un caso di fumus persecutionis.

    186

    Nel caso di specie, si deve considerare che i ricorrenti non hanno dimostrato che, basandosi sulle circostanze ricordate al punto 183 supra per escludere l’esistenza di un fumus persecutionis, il Parlamento sia incorso in un errore manifesto di valutazione. In particolare, alla luce di tali circostanze, le circostanze che, in primo luogo, i ricorrenti sono perseguiti a titolo delle loro attività politiche nazionali, in secondo luogo, potrebbero, nell’ambito o in esito al procedimento penale di cui trattasi, essere temporaneamente impossibilitati a esercitare il loro mandato o, se del caso, perderlo, in terzo luogo, il partito spagnolo VOX ha esercitato l’azione popolare nel procedimento penale di cui trattasi e, in quarto luogo, essi sono stati oggetto di talune dichiarazioni pubbliche negative, chiedendo in particolare che siano loro inflitte sanzioni esemplari, non sono tali da mettere in discussione detta conclusione. Lo stesso vale per le allegazioni dei ricorrenti dirette a mettere in discussione l’imparzialità delle autorità giudiziarie intervenute nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi. Infine, per dimostrare l’esistenza di un errore manifesto del Parlamento nella valutazione del fumus persecutionis, i ricorrenti non possono utilmente avvalersi di eventi successivi alle decisioni impugnate, quali il fatto che essi stessi e i loro consulenti sarebbero stati spiati dalle autorità spagnole e la comunicazione della commissione elettorale centrale del 3 novembre 2022.

    187

    Pertanto, occorre respingere il sesto motivo, nella parte in cui verte su errori di fatto e di diritto che viziano l’esame, da parte del Parlamento, del fumus persecutionis, e il settimo motivo.

    Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento in quanto il Parlamento ha rifiutato di applicare le disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno

    188

    I ricorrenti fanno valere che il Parlamento si è discostato senza motivo dalla sua prassi secondo la quale, qualora esista il rischio che un deputato sia arrestato senza essere stato condannato, il Parlamento rifiuta di revocare l’immunità o applica l’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno.

    189

    Il Parlamento e il Regno di Spagna sostengono che l’ottavo motivo è infondato.

    190

    Al fine di dimostrare il mancato rispetto da parte del Parlamento di una prassi anteriore consistente nel non revocare l’immunità o nell’applicare l’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno nei casi in cui esista il rischio che uno dei suoi membri sia arrestato senza previa condanna, i ricorrenti invocano talune decisioni adottate dal Parlamento in materia di immunità nel corso degli anni dal 1984 al 2011.

    191

    Tuttavia, da un lato, i ricorrenti si limitano a invocare dette decisioni senza tuttavia dimostrare sotto quale profilo esse sarebbero in grado di stabilire l’esistenza, alla data delle decisioni impugnate, della prassi asserita.

    192

    Dall’altro, i ricorrenti non dimostrano sotto quale profilo le decisioni citate si riferiscano a situazioni paragonabili alla loro. Al riguardo, occorre constatare che, nel caso di specie, le richieste di revoca dell’immunità mirano a consentire l’esecuzione di mandati d’arresto europei emessi dopo che i ricorrenti hanno rifiutato di comparire dinanzi alle autorità competenti spagnole. Esse mirano quindi a consentire l’arresto dei ricorrenti ai fini della loro consegna alle autorità spagnole affinché il procedimento penale di cui trattasi possa proseguire. Orbene, nessuna delle decisioni invocate si riferisce a una situazione del genere.

    193

    Pertanto, l’ottavo motivo deve essere respinto.

    Sul quarto motivo, vertente sostanzialmente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

    194

    Il quarto motivo consta, in sostanza, di due parti.

    195

    Con la prima parte, i ricorrenti sostengono di non essere stati ascoltati relativamente a vari documenti ai quali non hanno avuto accesso. Essi aggiungono che non si può escludere che tali documenti abbiano avuto un’incidenza decisiva sulle decisioni impugnate. Con la seconda parte, i ricorrenti fanno valere che il presidente della commissione giuridica ha ostacolato il loro diritto di essere ascoltati durante la loro audizione e che il relatore non ha assistito alle osservazioni preliminari del primo ricorrente. Nella replica, i ricorrenti sostengono che la posizione del Parlamento nelle sue memorie in merito all’irricevibilità dell’allegato 44 del ricorso, vale a dire le osservazioni dei ricorrenti sottoposte alla commissione giuridica il 15 febbraio 2021, sembra dimostrare che esse non sono state prese in considerazione benché tali da influire sull’esito delle richieste di revoca dell’immunità.

    196

    Il Parlamento e il Regno di Spagna contestano tali argomenti.

    197

    Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, il diritto a una buona amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio. Tale diritto, che fa parte dei diritti della difesa, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punti 6465 e giurisprudenza citata). Esso garantisce a chiunque la possibilità, prima dell’adozione della decisione che lo riguarda, di far valere utilmente il proprio punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze sulla base dei quali tale decisione è adottata (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 176 e giurisprudenza citata).

    198

    Secondo la giurisprudenza, una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltato, determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso. Al riguardo, non si può obbligare un ricorrente che deduce la violazione dei suoi diritti della difesa a dimostrare che la decisione dell’istituzione dell’Unione interessata avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che una simile ipotesi non è totalmente esclusa. La valutazione di tale questione deve, inoltre, essere effettuata in funzione delle circostanze di fatto e di diritto specifiche di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punti da 105 a 107 e giurisprudenza citata).

    199

    È alla luce di tali principi che occorre esaminare le due parti del quarto motivo.

    – Sulla prima parte, vertente sul fatto che i ricorrenti non hanno avuto accesso a tre documenti

    200

    In primo luogo, i ricorrenti fanno valere di non essere stati ascoltati in merito all’ordinanza del 25 ottobre 2018 sulla quale il Parlamento si è basato per considerare, erroneamente, che l’istruttoria penale era stata chiusa e che non figurava nel fascicolo.

    201

    Al riguardo, occorre ricordare che tale ordinanza non riguarda i ricorrenti, bensì le altre persone coinvolte nel procedimento penale di cui trattasi, che non hanno rifiutato di comparire (v. punto 156 supra).

    202

    Inoltre, si è considerato che non risulterebbe che l’errore o, quantomeno, la mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate riguardo alla fase esatta del procedimento penale di cui trattasi abbia inciso sull’esame della richiesta di revoca dell’immunità (v. punto 160 supra).

    203

    Ne consegue che, anche supponendo che una violazione del diritto di essere ascoltato possa essere constatata in quanto i ricorrenti non sono stati posti in condizione di far valere le loro osservazioni in merito a tale ordinanza, essa non sarebbe tale da giustificare l’annullamento delle decisioni impugnate.

    204

    In secondo luogo, i ricorrenti fanno valere di non aver potuto prendere posizione sugli argomenti presentati dal Regno di Spagna nelle notifiche, datate 11 giugno 2014 e 30 settembre 2020, inviate al Parlamento relative all’autorità competente in materia di richiesta di revoca dell’immunità di un deputato (v. punti 81 e 82 supra), le quali non sono state loro comunicate.

    205

    Tuttavia, non è stato contestato che, allo stato della giurisprudenza nazionale, è la sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) a essere competente a chiedere la revoca dell’immunità di un membro del Parlamento eletto per il Regno di Spagna (v. punto 84 supra). Ne consegue che i ricorrenti non hanno dimostrato che le decisioni impugnate avrebbero potuto avere un contenuto diverso se essi fossero stati ascoltati in merito alle suddette notifiche del Regno di Spagna.

    206

    In terzo luogo, i ricorrenti fanno valere di non aver avuto accesso, nonostante la loro domanda, alla «comunicazione usuale ai membri della commissione [giuridica]», redatta dal relatore, prevista dalla comunicazione di tale commissione datata 10 febbraio 2015, la quale consisterebbe in una sintesi dei principali fatti relativi a ciascun caso di immunità, redatta dal relatore, nonché nell’elenco completo dei documenti ricevuti.

    207

    Il Parlamento afferma tuttavia, senza essere contraddetto, che nel caso di specie non è stata dimostrata alcuna «comunicazione usuale», dal momento che quest’ultima era prevista dalla comunicazione del 10 febbraio 2015, che è stata sostituita dalla comunicazione n. 11/2019, la quale non ne fa più menzione.

    208

    In quarto luogo, a seguito della produzione del controricorso e dei suoi allegati, i ricorrenti fanno valere nella replica di non aver avuto accesso alla comunicazione n. 1/20, vale a dire alla nota di trasmissione ai membri della commissione giuridica delle richieste di revoca dell’immunità del primo e del secondo ricorrente, alla quale era allegato l’estratto della sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 14 ottobre 2019 che aveva condannato persone oggetto del procedimento penale di cui trattasi che non avevano rifiutato di comparire.

    209

    Al riguardo, occorre rilevare che le richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti erano corredate di diversi allegati, individuati nelle ordinanze menzionate ai punti 11 e 15 supra, tra cui la citata sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 14 ottobre 2019. Non è contestato che i ricorrenti hanno potuto presentare le loro osservazioni su tali documenti che facevano parte del fascicolo di revoca dell’immunità accessibile ai ricorrenti. La comunicazione n. 1/20, che è una semplice nota di trasmissione, non aggiunge alcun elemento sostanziale a tali documenti nei confronti del quale i ricorrenti avrebbero dovuto essere messi in condizione di presentare le loro osservazioni. Pertanto, anche supponendo che la comunicazione n. 1/20 non sia stata portata a conoscenza dei ricorrenti, fatto contestato dal Parlamento, tale circostanza è priva di qualsiasi incidenza sull’esito delle decisioni impugnate. L’argomento deve quindi essere respinto senza che sia necessario statuire sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento.

    210

    Pertanto, occorre respingere la prima parte del quarto motivo.

    – Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato in occasione dell’audizione dei ricorrenti

    211

    L’articolo 9, paragrafo 6, terzo comma, del regolamento interno stabilisce che il presidente della commissione giuridica invita il deputato di cui è stata chiesta la revoca a un’audizione e che il deputato può rinunciare al suo diritto di essere ascoltato. Occorre altresì rilevare che, secondo il punto 20 della comunicazione n. 11/2019, incluso nella parte «Audizioni», il deputato la cui immunità è controversa o colui che lo rappresenta può prendere la parola solo durante un’audizione che è facoltativa. Può formulare osservazioni preliminari che non possono superare i quindici minuti e che sono seguite da brevi risposte alle domande dei membri della commissione. Inoltre, nella parte intitolata «Durata degli interventi», il punto 11 di tale comunicazione dispone che, tenuto conto del tempo limitato di cui dispone la commissione giuridica per esaminare i casi di immunità, la durata degli interventi è rigorosamente disciplinata dal presidente. Il punto 13 precisa inoltre che, in caso di audizione, i membri della commissione giuridica diversa dal relatore possono intervenire brevemente per porre domande.

    212

    Nel caso di specie, i ricorrenti contestano al presidente della commissione giuridica di aver seguito rigorosamente i principi esposti al punto 211 supra, mentre la complessità delle cause in questione avrebbe giustificato che vi si derogasse e il relatore non ha assistito alle osservazioni preliminari del primo ricorrente.

    213

    Al riguardo, è pacifico che i ricorrenti hanno avuto a disposizione ciascuno quindici minuti per presentare le loro osservazioni preliminari e che hanno potuto rispondere a quesiti posti dai membri della commissione giuridica, conformemente ai principi stabiliti dalla comunicazione n. 11/2019.

    214

    Occorre altresì ricordare che i ricorrenti hanno trasmesso, a più riprese, alla commissione giuridica, le loro osservazioni corredate degli elementi di prova che ritenevano pertinenti ai fini dell’esame delle richieste di revoca dell’immunità. Essi hanno quindi potuto, anche in tal modo, esercitare il loro diritto di essere ascoltati facendo conoscere il loro punto di vista nel corso del procedimento. Al riguardo, non è dimostrato, né risulta dalle osservazioni del Parlamento in merito alla presentazione formale dell’allegato A44, costituito dalle osservazioni presentate il 15 febbraio 2021 dai ricorrenti ai membri della commissione giuridica e dai loro allegati, che tale commissione non avrebbe preso in considerazione detto allegato prima di adottare le decisioni impugnate.

    215

    Quanto alla circostanza che il relatore non era fisicamente presente quando il primo ricorrente ha presentato le sue osservazioni preliminari in occasione della riunione della commissione giuridica del 14 gennaio 2021, non è precisato in che modo un tale fatto sarebbe contrario alle norme interne del Parlamento o pregiudicherebbe il diritto di essere ascoltato. Del resto, il Parlamento indica, senza essere contestato, che il relatore avrebbe assistito a distanza all’inizio di tale riunione, fino a quando un problema tecnico lo ha indotto a parteciparvi fisicamente.

    216

    Ne consegue che la seconda parte del motivo deve essere respinta in quanto infondata.

    217

    Pertanto, i ricorrenti non possono legittimamente sostenere che il loro diritto di essere ascoltati è stato violato. Occorre altresì respingere, in ogni caso e di conseguenza, la censura relativa alla violazione del diritto di accesso ai documenti e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva che, in assenza di qualsiasi argomento dei ricorrenti al riguardo, è fondata esclusivamente sull’asserita violazione del diritto di essere ascoltati.

    218

    Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto.

    Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di imparzialità

    219

    Il terzo motivo si basa su un’asserita violazione del principio di imparzialità previsto all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, da cui risulterebbe altresì una violazione dell’articolo 15 TFUE nonché dell’articolo 39, paragrafo 2, e degli articoli 47 e 48 della Carta. Il terzo motivo è articolato in quattro parti vertenti, la prima, sull’irregolarità della designazione di un solo relatore per tre casi di immunità, la seconda, sulla mancanza di imparzialità del relatore e, la terza, sulla mancanza di imparzialità del presidente della commissione giuridica. Con la quarta parte, i ricorrenti fanno valere che lo svolgimento a porte chiuse dei lavori di tale commissione ostacola la loro possibilità di dimostrare l’impatto della parzialità del relatore e del presidente di detta commissione sulle decisioni impugnate.

    220

    Il Parlamento, sostenuto dal Regno di Spagna, contesta tale argomento.

    221

    In via preliminare, occorre in primo luogo ricordare che le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione, tra i quali figura il diritto a una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta.

    222

    L’articolo 41 della Carta enuncia, in particolare, che ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo da istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Tale diritto riflette un principio generale del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Spagna/Consiglio, C‑521/15, EU:C:2017:982, punti 8889). Il requisito di imparzialità, che si impone quindi alle istituzioni, agli organi e agli organismi nell’adempimento dei loro compiti, mira a garantire la parità di trattamento che è alla base dell’Unione (v. sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 26 e giurisprudenza citata).

    223

    Tale requisito è inteso, in particolare, a evitare situazioni di conflitti di interessi eventuali relativamente ai funzionari e agli agenti che agiscono per conto di tali istituzioni, organi e organismi. Tenuto conto dell’importanza fondamentale della garanzia d’indipendenza e d’integrità per quanto riguarda tanto il funzionamento interno quanto l’immagine esterna delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, il requisito d’imparzialità copre tutte le circostanze che il funzionario o l’agente chiamato a pronunciarsi su un caso deve ragionevolmente comprendere come suscettibili di apparire, agli occhi dei terzi, come idonee ad influire sulla sua indipendenza in materia (v. sentenza del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 26 e giurisprudenza citata).

    224

    Un simile obbligo di imparzialità si impone anche ai membri del Parlamento che intervengono nell’ambito dell’adozione di decisioni rientranti nelle funzioni amministrative del Parlamento (v., in tal senso, sentenze del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 61, e del 12 ottobre 2022, Vasallo Andrés/Parlamento, T‑496/21, non pubblicata, EU:T:2022:628, punti da 20 a 24).

    225

    Quanto alle decisioni, di natura politica, con le quali il Parlamento statuisce su una richiesta di revoca dell’immunità (v. punto 112 supra), occorre ricordare che esse sono atte a modificare in modo significativo la posizione giuridica individuale del deputato interessato, eliminando la protezione che tale immunità gli conferisce e che, in tale misura, possono essere oggetto di un ricorso di annullamento. In tale contesto, e come rilevato dal vicepresidente della Corte nell’ordinanza del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna [C‑629/21 P (R), EU:C:2022:413, punto 192], il procedimento che può condurre all’adozione di una simile decisione deve necessariamente essere corredato di garanzie individuali sufficienti.

    226

    Il Parlamento ha quindi istituito una fase istruttoria della richiesta di revoca dell’immunità affidata alla commissione competente, nella fattispecie la commissione giuridica, la quale è incaricata dell’elaborazione del progetto di decisione sottoposto a votazione in seduta plenaria. Nell’ambito di tale fase istruttoria della richiesta di revoca dell’immunità, si deve constatare che, secondo le norme interne del Parlamento, il deputato interessato beneficia dei diritti previsti all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, vale a dire il diritto di essere ascoltato, il diritto di accesso al suo fascicolo e l’obbligo per il Parlamento di motivare la sua decisione. Durante tale fase, il deputato interessato deve altresì beneficiare del diritto, previsto all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo, come ammesso dal Parlamento nelle sue memorie e in udienza. Tale requisito di imparzialità deve tuttavia necessariamente tener conto del fatto che i deputati, membri di detta commissione, non sono, per definizione, politicamente neutri, il che li distingue dai funzionari e dagli agenti che agiscono per conto delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione.

    227

    In secondo luogo, il requisito di imparzialità riguarda, da un lato, il profilo soggettivo, nel senso che nessuno dei membri dell’istituzione interessata incaricato della questione deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, nel senso che l’istituzione è tenuta a offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Dalli/Commissione, C‑615/19 P, EU:C:2021:133, punto 112 e giurisprudenza citata).

    228

    È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare il terzo motivo.

    – Sulla prima parte del terzo motivo, vertente sulla designazione di un unico relatore per le tre cause

    229

    Con la prima parte, i ricorrenti fanno valere che il Parlamento ha nominato, segretamente e senza motivazione, un unico relatore per esaminare le tre richieste di revoca dell’immunità, in violazione dei punti 6 e 8 della comunicazione n. 11/2019. A loro avviso, l’inosservanza di tale formalità sostanziale caratterizza una violazione del loro diritto, garantito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a che le loro questioni siano trattate in modo imparziale ed equo.

    230

    Al riguardo, occorre ricordare che l’articolo 9 del regolamento interno, intitolato «Procedure in materia di immunità», prevede che le richieste di revoca dell’immunità, se comunicate in Aula, sono deferite alla commissione competente, la quale è incaricata di presentare una proposta di decisione motivata, dopo aver offerto al deputato interessato la possibilità di essere ascoltato e, se del caso, aver chiesto informazioni e chiarimenti all’autorità in questione. Tale articolo 9 prevede altresì, al paragrafo 11, che la commissione deve trattare le questioni relative alle immunità con la massima riservatezza. Per il resto, è la commissione competente che determina le modalità di applicazione dell’articolo 9, in forza del paragrafo 13 di tale articolo, e quindi la procedura da seguire per elaborare la proposta di decisione da sottoporre al Parlamento riunito in seduta plenaria.

    231

    In tale contesto, la commissione giuridica ha adottato la comunicazione n. 11/2019, che stabilisce norme di condotta indicative della prassi che intende seguire nel trattare le richieste di revoca dell’immunità (sentenza del 1o dicembre 2021, Jalkh/Parlamento, T‑230/21, non pubblicata, EU:T:2021:848, punto 44; v. altresì, per analogia, sentenza del 12 febbraio 2020, Bilde/Parlamento, T‑248/19, non pubblicata, EU:T:2020:46, punto 24).

    232

    La comunicazione n. 11/2019 prevede, al suo punto 6, che la commissione competente nomini un relatore per «ciascun caso di immunità». Secondo il punto 7 di tale comunicazione, spetta a ciascun gruppo politico designare un deputato che funge da relatore permanente per i casi di immunità e assume le funzioni di coordinatore «al fine di garantire che tali casi siano trattati da deputati con esperienza». Il punto 8 di questa medesima comunicazione dispone che, per ciascun caso di immunità, la funzione di relatore è oggetto di una rotazione in modo paritario tra i gruppi politici, ma il relatore non può appartenere allo stesso gruppo politico o essere eletto nello stesso Stato membro del deputato della cui immunità si tratti.

    233

    Ne consegue che, come confermato in udienza, ciascun gruppo politico del Parlamento designa, tra i suoi membri che siedono nella commissione giuridica, un relatore permanente per i casi di immunità. Dal momento che il Parlamento conta, a titolo della legislatura 2019-2024, sette gruppi politici, sono stati designati sette deputati per svolgere le funzioni di relatore per i casi di immunità. La commissione giuridica affida ogni richiesta di revoca dell’immunità a uno di questi relatori, secondo un sistema di turni stabilito in modo paritario tra i gruppi politici, al quale, in linea di principio, si deroga solo se il relatore del gruppo in questione si astiene, nel qual caso la questione è affidata al relatore designato dal gruppo politico successivo.

    234

    Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare che i ricorrenti sostengono che la designazione di un unico relatore per esaminare le tre richieste di revoca dell’immunità, asseritamente in violazione dei punti 6 e 8 della comunicazione n. 11/2019, violerebbe il loro diritto, garantito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, a che le loro questioni siano trattate in modo imparziale ed equo. Orbene, fatta salva la questione dell’imparzialità del relatore designato, che sarà esaminata nell’ambito della seconda parte del motivo, essi non producono alcun elemento al fine di dimostrare in che modo l’asserita violazione di detti punti della comunicazione n. 11/2019 sarebbe tale da costituire una violazione di detto diritto.

    235

    Per quanto riguarda poi l’asserita violazione del punto 6 della comunicazione n. 11/2019, occorre rilevare che un relatore, certamente identico, è stato designato per ciascuna richiesta di revoca dell’immunità. Il principio che figura in detto punto è stato così rispettato.

    236

    Quanto al principio della rotazione paritaria della funzione di relatore di cui al punto 8 della comunicazione n. 11/2019, esso non può essere interpretato nel senso che osta a che un unico relatore sia designato per esaminare più casi di immunità connessi quando, come nel caso di specie, le richieste di revoca dell’immunità riguardano deputati interessati da un medesimo procedimento penale.

    237

    Inoltre, anche ammettendo che sia stato violato il punto 8 della comunicazione n. 11/2019, si deve ricordare che, tra le disposizioni che disciplinano le procedure interne a un’istituzione, occorre distinguere quelle la cui violazione non può essere invocata dalle persone fisiche e giuridiche, poiché riguardano soltanto le modalità di funzionamento interno dell’istituzione che non sono tali da incidere sulla loro situazione giuridica, da quelle la cui violazione può, al contrario, essere invocata, in quanto fanno sorgere diritti e costituiscono un fattore di certezza del diritto per tali persone (v. sentenza del 28 novembre 2019, Portigon/CRU, T‑365/16, EU:T:2019:824, punto 135 e giurisprudenza citata; v. altresì, in tal senso, sentenze del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti 4950, e del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 132). Orbene, detto punto 8 non sancisce un diritto a favore di tali deputati né appare un fattore di certezza del diritto per questi ultimi. Infatti, esso mira a organizzare il funzionamento interno del Parlamento, garantendo un trattamento paritario dei gruppi politici al suo interno. Si tratta quindi di una misura di organizzazione puramente interna la cui violazione non sarebbe tale da inficiare la legittimità delle decisioni impugnate.

    238

    Pertanto, occorre respingere la prima parte del terzo motivo.

    – Sulla seconda parte del terzo motivo, vertente sulla mancanza di imparzialità del relatore

    239

    Con la seconda parte, i ricorrenti sostengono che il Parlamento ha violato una formalità sostanziale designando un relatore assolutamente parziale. Il relatore sarebbe infatti membro dello stesso gruppo politico del Parlamento al quale appartengono i deputati eletti per il Regno di Spagna membri del partito politico spagnolo VOX, vale a dire il gruppo dei conservatori e riformisti europei (ECR). Orbene, il partito VOX, insieme al Ministerio fiscal (pubblico ministero) e all’Abogado del Estado (avvocato dello Stato), ha avviato il procedimento penale a carico dei ricorrenti per il quale è stata chiesta la revoca della loro immunità. Tale partito manifesterebbe una particolare animosità nei confronti dei ricorrenti. Questi ultimi aggiungono che il relatore avrebbe manifestato il proprio punto di vista prima e dopo l’adozione delle decisioni impugnate. In tal senso, avrebbe organizzato e presieduto una riunione in Parlamento con tale partito spagnolo, durante la quale vi sarebbero stati propositi manifestamente ostili nei loro confronti. Tale mancanza di imparzialità sarebbe confermata da dichiarazioni del relatore successive all’adozione delle decisioni impugnate e dalle reazioni del partito spagnolo VOX. I ricorrenti fanno altresì valere i legami di amicizia tra il relatore e i membri del partito VOX.

    240

    I ricorrenti hanno precisato, in udienza, che essi mettevano principalmente in discussione l’imparzialità soggettiva del relatore, pur segnalando che gli elementi di prova prodotti dimostravano, quantomeno, un inadempimento dell’obbligo di imparzialità oggettiva.

    241

    In via preliminare, è pacifico che il relatore incaricato della richiesta di revoca dell’immunità del primo ricorrente è stato designato conformemente alla rotazione stabilita tra i gruppi politici. I ricorrenti sostengono tuttavia che tale relatore, anch’esso incaricato dell’esame delle richieste di revoca dell’immunità del secondo e del terzo ricorrente, avrebbe dovuto astenersi o essere ricusato tenuto conto della sua mancanza di imparzialità.

    242

    Al riguardo, in primo luogo, occorre ricordare il carattere politico delle decisioni con le quali il Parlamento statuisce su una richiesta di revoca dell’immunità (v. punto 225 supra).

    243

    Occorre altresì rilevare che la fase istruttoria della richiesta di revoca dell’immunità è condotta da una commissione parlamentare, vale a dire da un organo politico, la cui composizione, ai sensi dell’articolo 209 del regolamento interno, mira a riflettere la pluralità esistente nell’ambito del Parlamento, mentre la ripartizione dei seggi è, per quanto possibile, proporzionale alla rappresentanza dei gruppi politici nell’ambito del Parlamento. Come esposto al punto 231 supra, detta commissione designa, al suo interno, il relatore secondo un sistema di rotazione paritaria tra i gruppi politici. Ne consegue che, anche se la missione di relatore è affidata a un deputato appartenente a un determinato gruppo politico, tale deputato agisce nell’ambito di una commissione la cui composizione riflette l’equilibrio dei gruppi politici in Parlamento.

    244

    In tale contesto, l’imparzialità di un deputato che interviene nel corso di detta fase istruttoria, come il relatore, non può, in linea di principio, essere valutata alla luce della sua ideologia politica né alla luce di un confronto tra la sua ideologia politica e quella del deputato interessato dalla richiesta di revoca dell’immunità. In particolare, l’appartenenza del relatore a un partito politico nazionale o a un gruppo politico costituito nell’ambito del Parlamento, a prescindere dai valori e dalle idee di questi ultimi, e anche supponendo che essi possano avere una sensibilità a priori sfavorevole alla situazione del deputato interessato dalla richiesta di revoca dell’immunità, è, in linea di principio, irrilevante ai fini della valutazione dell’imparzialità del relatore. Al riguardo, è già stato dichiarato che la differenza di ideologia politica tra il relatore e il deputato interessato dalla richiesta di revoca dell’immunità non era idonea, di per sé, a incidere sulla procedura di adozione della decisione impugnata (sentenza del 1o dicembre 2021, Jalkh/Parlamento, T‑230/21, non pubblicata, EU:T:2021:848, punto 46).

    245

    Ne consegue che, nel caso di specie, l’appartenenza del relatore al gruppo politico europeo dei conservatori e riformisti europei è, in linea di principio, ininfluente sulla valutazione della sua imparzialità.

    246

    È vero che tale gruppo politico comprende anche i deputati del partito politico VOX che, come rilevato dal vicepresidente della Corte nell’ordinanza del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna [C‑629/21 P (R), EU:C:2022:413, punto 202], si trova in una situazione del tutto particolare nei confronti dei ricorrenti, poiché è all’origine del procedimento penale di cui trattasi. Tuttavia, tale situazione particolare riguarda i deputati membri del partito politico VOX e non può estendersi, per principio, a tutti i membri del gruppo politico dei conservatori e riformisti europei per il solo motivo che condividono affinità politiche in quanto fanno parte di uno stesso gruppo.

    247

    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il relatore avrebbe presieduto in Parlamento una riunione del partito politico VOX, nel corso della quale avrebbe sostenuto lo slogan «Puigdemont en prison» («Puigdemont in carcere».)

    248

    Anzitutto, occorre constatare che l’esposizione sommaria di tale censura figura nel ricorso e che essa è suffragata da un elemento di prova contenuto in allegati identificati, ossia un link a un video. Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 34 supra, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento al riguardo.

    249

    Inoltre, è pacifico che, nell’ambito delle sue funzioni di membro del Parlamento, il relatore ha organizzato e partecipato a un evento tenutosi il 6 marzo 2019, in Parlamento, consistente in un intervento del segretario generale del partito politico VOX sul tema «Cataluña es España» («La Catalogna è Spagna»). Quest’ultimo ha chiuso il suo discorso con la formula «Viva España, viva Europa y Puigdemont a prisión» («Viva la Spagna, viva l’Europa e Puigdemont in carcere»).

    250

    Da un lato, è pacifico che, nel corso di tale evento, il relatore non si è espresso verbalmente. Risulta infatti dalla registrazione di tale evento che, sebbene il relatore fosse presente al tavolo degli oratori, a fianco del segretario generale del partito VOX e di altri due membri del Parlamento, solo il segretario generale di detto partito è intervenuto oralmente.

    251

    Dall’altro lato, l’organizzazione di un simile evento può essere considerata una manifestazione del sostegno del relatore alle idee di detto partito politico riguardanti, in particolare, tenuto conto del tema dell’evento, la situazione politica della Catalogna, nonché la sua opposizione alle idee politiche formulate dai ricorrenti. Se è vero che i fatti contestati ai ricorrenti nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi riguardano la situazione politica in Catalogna in quanto si riferiscono all’adozione delle leggi menzionate al punto 2 supra e allo svolgimento del referendum di autodeterminazione menzionato allo stesso punto, la manifestazione, da parte del deputato, futuro relatore delle cause vertenti sulla revoca dell’immunità dei ricorrenti, della sua posizione riguardo a tale situazione non può, per i motivi esposti ai punti 244 e 246 supra, essere sufficiente a configurare una violazione del principio di imparzialità. Occorre aggiungere che, come constatato al punto 141 supra, le questioni di stabilire se i fatti contestati ai ricorrenti siano dimostrati, se tali fatti giustificassero o meno procedimenti penali nei loro confronti e se le disposizioni di diritto nazionale che istituiscono i reati per i quali i ricorrenti sono stati perseguiti fossero appropriate sono distinti da quella consistente nel determinare se le condizioni per una revoca dell’immunità parlamentare, in forza dell’articolo 9 del protocollo n. 7, fossero soddisfatte nel momento in cui ne viene fatta domanda. Orbene, quest’ultima questione è l’unica che è stata esaminata dal relatore.

    252

    In terzo luogo, nella replica, i ricorrenti fanno valere taluni fatti sopravvenuti dopo le decisioni impugnate che attesterebbero l’assenza di imparzialità del relatore.

    253

    Anzitutto, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. L’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura precisa che le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

    254

    Dato che i ricorrenti fanno valere un’intervista del relatore in un giornale bulgaro, datata il giorno successivo all’adozione delle decisioni impugnate, quindi anteriore al deposito del ricorso, occorre rilevare che tale documento è stato prodotto nella replica, senza che i ricorrenti ne giustificassero la produzione tardiva. Pertanto, occorre respingere tale elemento di prova in quanto irricevibile, come chiede il Parlamento.

    255

    Inoltre, le diverse reazioni del partito politico VOX espresse successivamente all’adozione delle decisioni impugnate e al deposito del ricorso, in particolare le manifestazioni di soddisfazione nei confronti della relazione redatta dal relatore, non sono tali da dimostrare la mancanza di imparzialità del relatore. Lo stesso vale per la circostanza, dedotta dai ricorrenti, che il relatore sarebbe stato oggetto di una sanzione amministrativa a titolo del suo comportamento nell’emiciclo per fatti estranei alla presente causa.

    256

    In quarto luogo, i ricorrenti non sostengono che il relatore si trovasse in una situazione di conflitto di interessi, che sussiste, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato I del regolamento interno, «qualora un deputato al Parlamento europeo abbia un interesse personale che potrebbe influenzare indebitamente l’esercizio delle sue funzioni in qualità di deputato». Più in generale, i ricorrenti non invocano alcun interesse personale del relatore che possa incidere sulla sua imparzialità nell’esercizio delle sue funzioni. Parimenti, i ricorrenti non menzionano alcuna dichiarazione del relatore tale da rivelare che egli avrebbe approcciato la sua funzione con un pregiudizio di ordine personale, dissociabile dalla sua ideologia politica.

    257

    Ne consegue che la seconda parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

    – Sulla terza parte del terzo motivo, vertente sulla mancanza di imparzialità del presidente della commissione giuridica

    258

    I ricorrenti fanno valere che il presidente della commissione giuridica non offriva alcuna garanzia di imparzialità per le ragioni esposte nelle osservazioni che essi hanno comunicato a tale commissione, figuranti in allegato al ricorso. Essi precisano, in particolare, che quest’ultimo e il partito politico nazionale cui appartiene hanno dato prova di una feroce ostilità nei loro confronti, portando avanti una strategia volta a impedire loro di prendere possesso del loro seggio in Parlamento.

    259

    Al riguardo, dalle considerazioni svolte ai punti da 33 a 37 supra risulta che occorre respingere in quanto irricevibili gli argomenti relativi all’assenza di imparzialità del presidente della commissione giuridica che sono esposti solo negli allegati al ricorso senza figurare espressamente in quest’ultimo. È questo il caso dell’argomento relativo alla sua cittadinanza spagnola. Ciò vale anche per taluni argomenti relativi al suo asserito comportamento, come sostiene il Parlamento.

    260

    Per contro, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità del Parlamento nella parte in cui è diretta contro l’argomento, menzionato al punto 145 del ricorso, vertente sull’asserita ostilità del presidente della commissione giuridica risultante dalla strategia che sarebbe stata condotta al fine di impedire ai ricorrenti di prendere possesso del loro seggio in Parlamento.

    261

    Tale argomento deve pertanto essere respinto. Infatti, dagli atti di causa risulta che le asserite iniziative volte a impedire ai ricorrenti di prendere possesso del loro seggio in Parlamento provengono non dal presidente della commissione giuridica, bensì dal partito politico nazionale cui appartiene, che non è quello che ha esercitato l’azione popolare nel procedimento penale di cui trattasi. Orbene, dal punto 244 supra risulta che l’imparzialità del presidente della commissione giuridica non può, in linea di principio, essere valutata alla luce della sua ideologia politica, in particolare della sua appartenenza a un partito politico nazionale.

    262

    Pertanto, occorre respingere la terza parte del terzo motivo. Poiché le allegazioni di parzialità formulate nei confronti del relatore e del presidente della commissione giuridica sono state respinte, non è necessario valutare la quarta parte, relativa all’ostacolo che sarebbe costituito dal carattere riservato dei lavori di tale commissione alla produzione della prova dell’incidenza della loro asserita parzialità sulle decisioni impugnate.

    263

    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere respinto, senza che sia necessario adottare le misure di organizzazione del procedimento e le misure istruttorie richieste dai ricorrenti.

    Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

    264

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 marzo 2023, i ricorrenti hanno presentato una domanda di riapertura della fase orale del procedimento sulla base dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura.

    265

    Ai sensi dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura, il Tribunale può disporre la riapertura della fase orale del procedimento su domanda di una parte principale, basandosi su fatti tali da influenzare in modo decisivo la sua decisione che essa non aveva potuto far valere prima della chiusura di detta fase orale.

    266

    I ricorrenti fanno valere fatti verificatisi dopo la chiusura della fase orale del procedimento che, a loro avviso, hanno un’incidenza decisiva, da un lato, sul loro interesse ad agire e, dall’altro, sulla fondatezza delle decisioni impugnate.

    267

    Più precisamente, in primo luogo, i ricorrenti fanno riferimento all’entrata in vigore, il 12 gennaio 2023, della Ley Orgánica 14/2022 (legge organica 14/2022), del 22 dicembre 2022 (BOE n. 307, del 23 dicembre 2022, pag. 1), che ha modificato il codice penale, in particolare sopprimendo il reato di sedizione per cui erano perseguiti e modificando il reato di appropriazione indebita di fondi pubblici riguardante il primo e il secondo ricorrente. In secondo luogo, essi si avvalgono dell’ordinanza del 12 gennaio 2023 con la quale il giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) ha segnatamente revocato i mandati d’arresto europei del 14 ottobre e del 4 novembre 2019 emessi nei loro confronti. In terzo luogo, i ricorrenti fanno valere l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari (Italia) del 9 marzo 2023, con la quale tale giudice ha constatato la revoca del mandato d’arresto europeo nei confronti del primo ricorrente e, di conseguenza, ha dichiarato l’estinzione del procedimento di esecuzione di detto mandato. In quarto luogo, i ricorrenti si avvalgono della sentenza del 29 novembre 2022 con la quale il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) ha respinto il ricorso («recurso de amparo») proposto dal primo e dal secondo ricorrente avverso l’ordinanza del giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 10 gennaio 2020, che chiedeva la revoca della loro immunità presso il Parlamento.

    268

    In primo luogo, per quanto riguarda il mantenimento del loro interesse ad agire, i ricorrenti fanno valere che le decisioni impugnate non possono più produrre effetti giuridici, in quanto, da un lato, esse mirano unicamente a consentire l’esecuzione di mandati d’arresto europei revocati e, dall’altro, revocano la loro immunità a titolo di un procedimento penale vertente su un presunto reato di sedizione che non figura più nel codice penale e su un presunto reato di appropriazione indebita di fondi pubblici che è stato sostanzialmente modificato in tale codice. I ricorrenti sostengono tuttavia che, tenuto conto degli effetti prodotti dalle decisioni impugnate, essi conservano un interesse ad agire, quantomeno in una prospettiva risarcitoria. Essi sostengono, al riguardo, che una sentenza di annullamento potrebbe costituire una forma di risarcimento. Fanno altresì valere il rischio che si ripetano le illiceità che inficiano le decisioni impugnate, dal momento che il giudice istruttore della sezione penale del Tribunal Supremo (Corte suprema) prenderebbe in considerazione l’emissione di nuovi mandati d’arresto europei.

    269

    Al riguardo, il Tribunale constata che i ricorrenti chiedono la riapertura della fase orale del procedimento al fine di consentire un dibattito in contraddittorio sulla questione del venir meno del loro interesse ad agire, pur facendo valere che quest’ultimo persiste nonostante l’asserita caducità delle decisioni impugnate. Inoltre, né il Parlamento né il Regno di Spagna hanno presentato al Tribunale una domanda di non luogo a statuire, mentre una simile domanda può essere depositata in qualsiasi momento del procedimento (ordinanza del 25 ottobre 2019, Le Pen/Parlamento, T‑211/19, non pubblicata, EU:T:2019:776, punto 14). In tale contesto, e alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene che gli elementi forniti dai ricorrenti in merito alla questione del loro interesse ad agire non siano tali da influenzare in modo decisivo la decisione del Tribunale, ai sensi dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura.

    270

    In secondo luogo, occorre rilevare che neppure i fatti nuovi invocati dai ricorrenti sono tali da esercitare un’influenza decisiva sul merito del ricorso.

    271

    Infatti, nei limiti in cui la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in funzione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui tale atto è stato adottato (v. sentenze del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 31 e giurisprudenza citata, e del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza citata) e dato che non spetta al Parlamento, quando statuisce su una richiesta di revoca dell’immunità, valutare l’adeguatezza delle disposizioni di diritto nazionale che istituiscono il reato contestato (v. punto 180 supra), la modifica del codice penale, successivamente all’adozione delle decisioni impugnate, è priva di incidenza sull’esame della loro legittimità. Lo stesso vale, da un lato, per l’ordinanza del giudice istruttore del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 12 gennaio 2023, il cui carattere definitivo, del resto, non è stato dimostrato, dal momento che essa mira a trarre le conseguenze della modifica di detto codice penale e, dall’altra, per l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari del 9 marzo 2023, con la quale tale giudice ha esso stesso, in sostanza, tratto le conseguenze della revoca, con la citata ordinanza del 12 gennaio 2023, del mandato d’arresto europeo nei confronti del primo ricorrente.

    272

    Quanto alla sentenza del 29 novembre 2022 del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale), i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che essa corrobora l’argomento da essi già sviluppato a sostegno del secondo motivo, in relazione alla sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023). Pertanto, tale sentenza del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) non può essere considerata idonea a esercitare un’influenza decisiva sulla decisione del Tribunale. In ogni caso, la circostanza che, in detta sentenza, il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) abbia indicato che spettava al Tribunale, nell’ambito del presente ricorso, statuire sulla legittimità delle decisioni impugnate non può inficiare la conclusione, esposta al punto 88 supra, secondo cui il Parlamento non era tenuto a valutare la conformità al diritto dell’Unione della giurisprudenza spagnola relativa all’autorità competente a chiedere la revoca dell’immunità di un deputato europeo eletto per il Regno di Spagna.

    273

    Di conseguenza, occorre respingere la domanda dei ricorrenti volta alla riapertura della fase orale del procedimento.

    Sulle spese

    274

    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. I ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Parlamento nella presente causa e nelle cause T‑272/21 R et T‑272/21 R II, conformemente alla domanda del Parlamento in tal senso.

    275

    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Regno di Spagna si farà carico delle proprie spese, comprese quelle sostenute nell’ambito della causa T‑272/21 R II.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    I sigg. Carles Puigdemont i Casamajó, Antoni Comín i Oliveres e Clara Ponsatí i Obiols sono condannati a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Parlamento europeo, comprese quelle sostenute nell’ambito delle cause T‑272/21 R e T‑272/21 R II.

     

    3)

    Il Regno di Spagna si farà carico delle proprie spese, comprese quelle sostenute nell’ambito della causa T‑272/21 R II.

     

    Marcoulli

    Frimodt Nielsen

    Kanninen

    Schwarcz

    Norkus

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 luglio 2023.

    Firme

    Indice

     

    Fatti

     

    Conclusioni delle parti

     

    In diritto

     

    Sulla ricevibilità dei rinvii agli allegati

     

    Nel merito

     

    Contesto normativo

     

    – Diritto dell’Unione

     

    – Diritto spagnolo

     

    Sul primo motivo, vertente sull’insufficiente motivazione delle decisioni impugnate

     

    Sul secondo motivo, vertente sull’incompetenza dell’autorità nazionale che ha emesso e trasmesso al Parlamento le richieste di revoca dell’immunità dei ricorrenti

     

    Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di leale cooperazione, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dei diritti della difesa a causa della mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate

     

    – Sulla prima censura, vertente sulla mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate quanto ai procedimenti previsti dalla revoca dell’immunità

     

    – Sulla seconda censura, vertente sulla mancanza di chiarezza delle decisioni impugnate quanto alla natura delle misure che possono essere adottate nell’ambito dell’esecuzione dei mandati d’arresto europei

     

    Sul sesto motivo, nella parte in cui verte sulla violazione dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno, nonché di taluni diritti fondamentali dei ricorrenti

     

    – Sull’asserita violazione delle disposizioni dell’articolo 343 TFUE, dell’articolo 9 del protocollo n. 7 e dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento interno

     

    – Sull’illegittima ingerenza nei diritti fondamentali dei ricorrenti

     

    Sul sesto motivo, nella parte in cui verte su errori di fatto e di diritto che viziano l’esame, da parte del Parlamento, del fumus persecutionis e sul settimo motivo, vertente sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento e su errori manifesti in cui è incorso il Parlamento nella sua valutazione del fumus persecutionis

     

    – Sugli asseriti errori di diritto e di fatto che viziano l’esame da parte del Parlamento del fumus persecutionis

     

    – Sulla presunta violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento

     

    – Sugli asseriti errori manifesti commessi nella valutazione del fumus persecutionis

     

    Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento in quanto il Parlamento ha rifiutato di applicare le disposizioni dell’articolo 9, paragrafo 7, del regolamento interno

     

    Sul quarto motivo, vertente sostanzialmente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

     

    – Sulla prima parte, vertente sul fatto che i ricorrenti non hanno avuto accesso a tre documenti

     

    – Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato in occasione dell’audizione dei ricorrenti

     

    Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di imparzialità

     

    – Sulla prima parte del terzo motivo, vertente sulla designazione di un unico relatore per le tre cause

     

    – Sulla seconda parte del terzo motivo, vertente sulla mancanza di imparzialità del relatore

     

    – Sulla terza parte del terzo motivo, vertente sulla mancanza di imparzialità del presidente della commissione giuridica

     

    Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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