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Document 52001PC0257
Proposal for a European Parliament and Council Directive on the right of citizens of the Union and their family members to move and reside freely within the territory of the Member States
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
/* COM/2001/0257 def. - COD 2001/0111 */
GU C 270E del 25/09/2001, p. 150–160
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri /* COM/2001/0257 def. - COD 2001/0111 */
Gazzetta ufficiale n. 270 E del 25/09/2001 pag. 0150 - 0160
Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (PRESENTATA DALLA COMMISSIONE) RELAZIONE 1. Introduzione 1.1. L'istituzione di una cittadinanza dell'Unione "costituisce per il cittadino una garanzia di appartenenza ad una comunità politica e di diritto". Così si esprime il Parlamento europeo nella sua Risoluzione sulla seconda relazione della Commissione sulla cittadinanza dell'Unione [1]. In tale relazione [2], la Commissione afferma che la cittadinanza dell'Unione "ha aumentato le aspettative dei cittadini riguardo ai loro diritti e alla loro osservanza". Le conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff hanno riconosciuto che "Affinché l'Unione diventi più vicina ai cittadini occorre che gli Stati membri e tutte le istituzioni si impegnino con costanza per aumentarne la trasparenza, la comprensione e l'importanza nella vita quotidiana". [1] Risoluzione sulla Seconda relazione della Commissione sulla cittadinanza dell'Unione (COM(97) 230 C4-0291/97), GU C 226 del 20.7.1998, pag. 61. [2] Seconda relazione della Commissione sulla cittadinanza dell'Unione (COM(97) 230 def.). 1.2. Nella sua Comunicazione sul seguito riservato alle raccomandazioni del gruppo ad alto livello sulla libera circolazione delle persone [3], la Commissione ha confermato che l'istituzione della cittadinanza dell'Unione "ha generalizzato a vantaggio di tutti i cittadini i diritti d'ingresso, di soggiorno e di stabilimento sul territorio di un altro Stato membro. In questa prospettiva, tali diritti diventano parte integrante del patrimonio giuridico di ogni cittadino dell'Unione europea e dovrebbero essere ricompresi in una base comune ... ravvicinando lo status giuridico di tutti i cittadini comunitari negli Stati membri, indipendentemente dal fatto che essi esercitino o meno un'attività economica". Un nuovo approccio si rende pertanto necessario nell'esercizio dei diritti dei cittadini dell'Unione, orientato verso un unico regime di libera circolazione ai sensi degli articoli 17 e 18 del trattato CE. [3] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul seguito riservato alle raccomandazioni del gruppo ad alto livello sulla libera circolazione delle persone (COM(98) 403 def.). 1.3. La presente proposta di direttiva si inquadra nel nuovo contesto giuridico e politico che la cittadinanza dell'Unione comporta. Il concetto di base è il seguente: la circolazione dei cittadini dell'Unione tra gli Stati membri dovrebbe avvenire, mutatis mutandis, a condizioni analoghe a quelle dei cittadini di uno Stato membro quando si spostano e cambiano residenza o attività all'interno del loro paese. Gli obblighi supplementari di natura amministrativa o legislativa dovrebbero essere limitati allo stretto necessario derivante dalla circostanza specifica che la persona in causa è un cittadino "non nazionale". 1.4. La presente proposta comporta molteplici aspetti: innanzitutto, a differenza dei testi precedenti, si presenta sotto forma di un testo unico, soluzione che ha il vantaggio di una maggiore leggibilità e trasparenza; inoltre, essa rende più flessibili le modalità d'esercizio della libera circolazione che, a seconda della fase d'integrazione dell'interessato nello Stato membro ospitante, vanno dall'estensione del diritto di soggiorno senza alcuna formalità per un periodo di sei mesi fino all'eliminazione di qualsiasi condizione specifica e della distinzione in diverse categorie dei beneficiari fino all'equiparazione ai cittadini nazionali dopo quattro anni di residenza nello Stato membro ospitante; infine, essa circoscrive con maggiore precisione le restrizioni al diritto di soggiorno. Infine, la presente proposta di direttiva facilita considerevolmente l'esercizio del diritto di circolazione e di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza. 2. Le disposizioni della proposta di direttiva 2.1. Il diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini dell'Unione è disciplinato attualmente da un corpus legislativo complesso, formato da due regolamenti e nove direttive. Detti strumenti si basano su basi giuridiche diverse del trattato CE e riguardano categorie diverse di beneficiari. La presente proposta riunisce tali categorie in un unico strumento legislativo. Per coloro che svolgono un'attività lavorativa, cioè i lavoratori subordinati e autonomi, la sola condizione posta per godere del diritto di soggiorno rimane l'esercizio di un'attività economica, che può essere comprovata da una semplice dichiarazione. Per quanto riguarda le persone che non lavorano, è tuttora prevista la condizione di disporre di risorse economiche sufficienti e di una assicurazione malattia per i primi quattro anni di residenza nello Stato membro ospitante, affinché esse non costituiscano un onere ingiustificato per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. Tuttavia, tale condizione è resa più flessibile, giacché l'entità delle risorse considerate "sufficienti" non è più precisata dalla proposta, né può essere stabilita dagli Stati membri; la prova relativa a queste due condizioni è sostituita da una semplice dichiarazione sull'onore, che può essere verificata soltanto qualora l'interessato faccia ricorso alle prestazioni di assistenza sociale o si avvalga del regime di prestazioni sanitarie per le persone prive di copertura assicurativa. Gli studenti devono fornire la prova dell'iscrizione ad un istituto d'istruzione e devono garantire per mezzo di una dichiarazione di disporre di sufficienti risorse economiche e di una assicurazione malattia. 2.2. L'introduzione del diritto di soggiorno permanente dopo quattro anni di residenza regolare e continua nello Stato membro ospitante costituisce un'innovazione, che deve essere intesa come la logica e necessaria conseguenza di un diritto fondamentale e personale conferito dal trattato a ciascun cittadino dell'Unione. Lo scadere del periodo di quattro anni di residenza nello Stato membro ospitante comporta per l'interessato il venir meno di qualsiasi condizione ai fini dell'esercizio al suo diritto di soggiorno e di qualsiasi restrizione allo stesso, nonché la parità di trattamento pressoché totale con i cittadini nazionali. 2.3. Gli obiettivi che sono stati brevemente indicati non potrebbero dirsi raggiunti se le formalità e le pratiche amministrative fossero complesse e sproporzionate al punto da costituire un ulteriore ostacolo all'esercizio del diritto di libera circolazione dei cittadini dell'Unione. La presente proposta di direttiva intende pertanto offrire ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari garanzie e formalità "equivalenti" a quelle godute da un cittadino nazionale. Il diritto comunitario in vigore sancisce già tale obiettivo. L'articolo 40 dello stesso trattato CE dispone l'eliminazione delle procedure e pratiche amministrative, come anche dei termini e di altre restrizioni che possono costituire un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. L'articolo 9, paragrafo 3 della direttiva 68/360/CEE [4] e l'articolo 7, paragrafo 3 della direttiva 73/148/CEE [5] dispongono che "[G]li Stati membri adottano i provvedimenti necessari al fine di semplificare al massimo le formalità e le procedure per ottenere i documenti di soggiorno". [4] Direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità, GU L 257 del 19.10.1968, pag. 13. [5] Direttiva 73/148/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, GU L 172 del 28.6.1973, pag. 14. Conseguentemente, è necessario inserire nella nuova normativa comunitaria disposizioni amministrative che tengano conto, tra l'altro, della giurisprudenza della Corte di giustizia. Da un lato, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte di giustizia (cfr., ad esempio, la sentenza dell'8 aprile 1976 nella causa 48/75, Royer, Racc. 1976, pag. 497, punti 31 e segg.), il diritto dei cittadini dell'Unione di entrare nel territorio di un altro Stato membro e di dimorarvi, per gli scopi voluti dal trattato, è un diritto attribuito direttamente dal trattato o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per la sua attuazione, ed è acquisito indipendentemente dal rilascio di un documento di soggiorno da parte dell'autorità competente dello Stato membro ospitante. Di conseguenza, il rilascio di tale documento è da considerarsi un atto finalizzato a comprovare, da parte di uno Stato membro, la situazione individuale del cittadino di un altro Stato membro rispetto alle norme comunitarie. In altri termini, il documento di soggiorno ha, secondo la Corte di giustizia, un valore puramente dichiaratorio e non costitutivo del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione. D'altra parte, non si può ignorare che gli Stati membri hanno il diritto legittimo, riconosciuto dalla Corte di giustizia, di conoscere i movimenti della popolazione nel loro rispettivo territorio. Ora, l'iscrizione anagrafica presso le autorità competenti del comune di residenza, assieme al possesso della carta d'identità del paese d'origine o di un passaporto in corso di validità, soddisfa pienamente tale esigenza. In questa ottica, la proposta estende innanzitutto il periodo durante il quale il cittadino di uno Stato membro può soggiornare in un altro Stato membro in base al mero possesso di una carta d'identità o di un passaporto validi, senza dover adempiere alcuna particolare formalità. L'estensione di tale periodo dai tre mesi attuali a sei mesi intende tener conto delle moderne forme di mobilità e degli stili di vita che alternano soggiorni prolungati in più di uno Stato membro. Allo stesso tempo, è necessario un nuovo approccio nei confronti dell'esercizio del diritto di soggiorno, in particolare limitando l'obbligo del possesso di un documento di soggiorno alle situazioni in cui ciò sia giustificato. L'obbligo di essere titolari di una carta di soggiorno potrà essere mantenuto soltanto per i familiari di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro: si tratta di facilitare a questi ultimi, tramite una carta di soggiorno, l'esercizio del loro diritto di libera circolazione conferito dal diritto comunitario. Stabilendo un elenco esaustivo dei documenti che le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono richiedere, indicando le procedure da seguire e fissando i termini da rispettare, la presente proposta di direttiva semplifica infatti al massimo le formalità ai fini dell'esercizio del diritto di soggiorno da parte dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari, limitandole a quanto strettamente necessario. 2.4. La presente proposta di direttiva tiene anche conto in modo specifico della situazione dei familiari di un cittadino dell'Unione. Benché il diritto di circolazione e di soggiorno dei familiari di un cittadino dell'Unione non sia espressamente previsto dal trattato, tale diritto discende dal diritto all'integrità del nucleo familiare, che è intrinsecamente legato al diritto al rispetto della vita familiare, diritto fondamentale che rientra nelle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri il cui rispetto è garantito dal diritto comunitario e inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Innanzitutto, con la definizione estensiva del termine "familiare", la presente proposta intende non solo incorporare la giurisprudenza della Corte di giustizia e tener conto dell'evoluzione dei diritti nazionali, ma anche facilitare la libera circolazione dei cittadini dell'Unione eliminando qualsiasi possibilità che tale esercizio sia ostacolato da motivi attinenti al ricongiungimento familiare. D'altra parte, ai sensi del diritto comunitario attualmente in vigore, possono essere privati del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante il coniuge divorziato e i figli non più minori o a carico del cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza. Si tratta di un problema di particolare rilievo per i familiari di un cittadino dell'Unione che sono cittadini di paesi terzi; ne consegue la necessità di adottare misure che offrano soluzioni eque, nel rispetto della vita familiare e della dignità umana, soggette tuttavia a talune condizioni al fine di evitare gli abusi. 2.5. La proposta tende infine a definire con maggiore precisione le possibili restrizioni al diritto di soggiorno di un cittadino dell'Unione e dei suoi familiari. Innanzitutto, occorre ricordare che il trattato stesso prevede la possibilità di negare il diritto di libera circolazione e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Pur riconoscendo che la nozione d'ordine pubblico può variare nelle diverse legislazioni nazionali, la Corte di giustizia, interpretando la direttiva 64/221/CEE [6], vi ha apportato alcune precisazioni che meritano di essere riprese nella presente proposta che sostituisce la direttiva 64/221/CEE. Inoltre, l'introduzione di nuove disposizioni attinenti al settore dei diritti fondamentali offrirà ai cittadini dell'Unione maggiori garanzie e una maggiore tutela, sia sul piano amministrativo che giurisdizionale, nei confronti di decisioni che limitano il loro diritto fondamentale di circolazione e di soggiorno: tale protezione è peraltro totale per i minori che hanno legami familiari nel paese ospitante e per le persone che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente. [6] Direttiva 64/221/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1964, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, GU 56 del 4.4.1964, pag. 850. 3. Scelta della base giuridica 3.1. La presente proposta di direttiva è basata sul combinato disposto dell'articolo 12, dell'articolo 18, paragrafo 2 e degli articoli 40, 44 e 52 del trattato. Atteso che l'articolo 18, paragrafo 2 del trattato ha carattere di base giuridica residuale applicabile soltanto alle persone che non lavorano, il ricorso alle specifiche basi giuridiche degli articoli 40, 44 e 52 concernenti le persone che esercitano un'attività economica nello Stato membro ospitante è necessario, affinché possa essere adottato uno strumento unico, con l'applicazione di un'unica procedura che ricomprenda tutte le procedure previste dalle menzionate disposizioni. Nell'ottica di questo fondamentale obiettivo di unità dello strumento proposto, la Commissione rinuncia all'esercizio della competenza, che le deriva dall'articolo 39, paragrafo 3, lettera d) del trattato, di adottare regolamenti di applicazione che stabiliscono le condizioni del diritto di rimanere nel territorio di uno Stato membro dopo avere occupato un impiego. Infatti la presente proposta di direttiva riprende disposizioni già esistenti in materia di diritto di rimanere previste nel regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione [7]: a tempo debito, la Commissione presenterà una proposta di abrogazione di tale regolamento (cfr. anche infra commento dell'articolo 42). [7] Regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione, del 29 giugno 1970, relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego, GU L 142 del 30.6.1970, pag. 24. 3.2. Poiché la presente proposta di direttiva è basata sulle disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea differenti da quelle previste dal titolo IV relativo ai visti, all'immigrazione, all'asilo e alle altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone, dovrà essere recepita nelle legislazioni nazionali di tutti gli Stati membri. 4. Sussidiarietà e proporzionalità 4.1. Gli articoli 40, 44 e 52 fanno obbligo alla Comunità europea di dotarsi degli strumenti legislativi necessari a garantire la libera circolazione dei lavoratori (diritto d'ingresso e di soggiorno), la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. L'articolo 18, paragrafo 1, conferisce a ogni cittadino dell'Unione il diritto di circolare e di soggiornare, fatte salve le restrizioni e condizioni previste dal trattato o dal diritto comunitario derivato: gli Stati membri non hanno competenze a tale riguardo. In secondo luogo, l'articolo 18, paragrafo 2 conferisce alla Comunità la facoltà di adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio del diritto di libera circolazione. Anteriormente all'introduzione dell'articolo 18 nel trattato, l'articolo 235 (ora articolo 308) aveva consentito l'adozione da parte della Comunità delle misure volte a garantire la libera circolazione delle persone che non esercitano un'attività lavorativa (pensionati e persone inattive) e l'articolo 7 (ora articolo 12) la libera circolazione degli studenti. 4.2. Le misure contenute nella proposta di direttiva rispettano le competenze della Comunità europea, che devono essere esercitate in conformità dell'articolo 5 del trattato, il quale recita "l'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato". Il diritto d'ingresso e di soggiorno dei cittadini dell'Unione è attualmente disciplinato da un corpus normativo composto da due regolamenti e nove direttive: la presente proposta intende riunire tali norme in un unico strumento legislativo, apportando alcuni cambiamenti volti a facilitare maggiormente l'esercizio di questi diritti. Si rende quindi necessaria la scelta di una direttiva, se si vuole mantenere un unico strumento legislativo pur rispettando l'obbligo relativo alla natura dello stesso, dettata da alcuni articoli che formano la base giuridica della proposta. 4.3. La scelta di una direttiva permette anche di definire con chiarezza i principi dell'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno, pur lasciando agli Stati membri la scelta della forma e dei mezzi più adeguati per attuare tali principi nella propria cornice giuridica ed amministrativa, e nel proprio contesto nazionale. La proposta contiene tuttavia alcune disposizioni molto dettagliate, allo scopo di evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti creino ostacoli all'esercizio effettivo dei diritti che vuole facilitare. Inoltre, i tempi previsti per il recepimento di una direttiva permetteranno agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per adeguare gli attuali regimi nazionali alle nuove disposizioni contenute nella proposta di direttiva. COMMENTO DEGLI ARTICOLI Capo I Disposizioni generali Articolo 1 La direttiva sostituisce una serie di strumenti legislativi concernenti la libertà di circolazione e di soggiorno: l'oggetto della presente direttiva è pertanto molteplice. In primo luogo, la direttiva definisce le condizioni per l'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari: le presenti disposizioni sostituiscono quelle contenute nelle direttive 68/360/CEE, 73/148/CEE, 90/364/CEE [8], 90/365/CEE [9] e 90/93/CEE [10] relative al diritto di circolazione e soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati, di coloro che non svolgono attività lavorativa, dei pensionati e degli studenti. [8] Direttiva 90/364/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno, GU L 180 del 13.7.1990, pag. 26. [9] Direttiva 90/365/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale, GU L 180 del 13.7.1990, pag. 28. [10] Direttiva 93/96/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993 relativa al diritto di soggiorno degli studenti, GU L 317 del 18.12.1993, pag. 59. In secondo luogo, istituisce il diritto di soggiorno permanente, un concetto nuovo introdotto dalla direttiva. Le disposizioni in materia incorporano nella sostanza e adattano altresì le disposizioni contenute nel regolamento (CEE) n. 1251/70 e nella direttiva 75/34/CEE [11], relative al diritto di rimanere nel territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un'attività salariata o non salariata. [11] Direttiva 75/34/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1974 relativa al diritto di un cittadino di uno Stato membro di rimanere sul territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata, GU L 14 del 20.1.1975, pag. 10. Infine, essa fissa le restrizioni a tali diritti, che possono essere giustificate da motivi d'ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, e sostituisce le relative disposizioni contenute nella direttiva 64/221/CEE relativa all'ordine pubblico. Articolo 2 Questo articolo contiene le definizioni delle tre nozioni utilizzate nelle disposizioni della proposta. 1. In primo luogo, definisce la nozione di cittadino dell'Unione, che è quella sancita dall'articolo 17 del trattato CE. 2. In secondo luogo, definisce la nozione di familiare. Allo stato attuale, i familiari di un cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, che possono godere del diritto di libera circolazione sono distinti in base alla categoria alla quale appartiene il cittadino dell'Unione del quale sono a carico. Infatti, per quanto riguarda i lavoratori, l'articolo 10, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 1612/68 [12] accorda il diritto di soggiorno al coniuge ed ai loro discendenti minori o a carico e ai loro ascendenti a carico. Lo stesso diritto è accordato dalle direttive relative al diritto di soggiorno dei lavoratori autonomi, di coloro che non svolgono attività professionale e dei pensionati. Per contro, la direttiva 93/96/CEE sul diritto di soggiorno degli studenti accorda il medesimo diritto soltanto al coniuge e ai discendenti a carico. Ne consegue che secondo la normativa attualmente in vigore la madre di un cittadino dell'Unione che svolge attività lavorativa in un altro Stato membro non può ricongiungersi al figlio se, avendo un reddito proprio, non è a carico di questi, ma se il suo reddito è inferiore alla soglia delle risorse sufficienti stabilita dallo Stato membro ospitante. Analogamente, la madre di uno studente non ha alcun diritto di soggiornare con il figlio, a meno che non disponga di risorse sufficienti e di una copertura assicurativa contro le malattie. [12] Regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, GU L 257 del 19.10.1968, pag. 2. Il paragrafo 2 propone una nozione unica e allargata di "familiare". In primo luogo, la nozione comprende il coniuge ma anche il/la convivente non sposato/a. Infatti, la disposizione di cui alla lettera b), di nuova introduzione, riguarda la problematica del diritto di soggiorno del convivente del cittadino dell'Unione. In questi ultimi tempi, si assiste ad una rapida evoluzione del "nucleo familiare" ed un numero crescente di persone, spesso con figli, forma coppie "di fatto". Inoltre, in diversi Stati membri è riconosciuto uno status particolare, dal quale discendono determinati diritti e doveri, alle coppie non sposate che formano un'unione di fatto e che vogliono avvalersi di questo particolare regime. Il diritto comunitario non può ignorare tale evoluzione nell'ambito del diritto di soggiorno, e propone di equiparare, ai fini del soggiorno, il coniuge non sposato a quello sposato quando la legislazione dello Stato membro ospitante prevede tale status e alle stesse condizioni previste dalla legislazione in vigore nello Stato membro ospitante. In secondo luogo, la nozione comprende, da un lato, i discendenti dei coniugi, indipendentemente dal fatto che siano minori o a carico e, dall'altro, gli ascendenti dei coniugi, che siano a carico o meno. Come sottolineato dalla relazione del gruppo ad alto livello presieduto dalla signora Veil, "non esiste alcuna ragione valida per rifiutare ai figli di oltre 21 anni che non sono a carico dei loro genitori o agli ascendenti che non sono a carico dei loro figli il diritto di ricongiungersi alla loro famiglia in un altro Stato membro". 3. Da ultimo, questo paragrafo definisce cosa si intende per "Stato membro ospitante". Articolo 3 1. Questa disposizione individua i beneficiari delle disposizioni della direttiva. La direttiva trova applicazione a qualsiasi cittadino dell'Unione che si reca o soggiorna in un altro Stato membro, nonché ai suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, che lo accompagnano o si ricongiungono con questi. Nulla è precisato circa la finalità dello spostamento o del soggiorno. È evidente che il cittadino dell'Unione potrà recarsi in un altro Stato membro per svolgervi attività di lavoro subordinato o autonomo, per esercitare un'attività non remunerata o per conseguire una formazione professionale, ovvero come persona che non lavora, pensionato, studente, prestatore o destinatario di servizi. 2. Queste disposizioni riprendono quelle già esistenti all'articolo 10, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 1612/68 e dell'articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 73/148/CEE le quali stabiliscono che gli Stati membri devono favorire l'ammissione di ogni altro familiare del cittadino dell'Unione o del suo coniuge che è a carico o vive, nel paese di provenienza, sotto il loro tetto. Tale disposizione trova applicazione soltanto se la persona interessata non è personalmente titolare di un diritto di soggiorno. Articolo 4 Questo articolo fa obbligo agli Stati membri di vigilare affinché sia rispettato il principio di non discriminazione nell'attuazione di tutte le disposizioni della direttiva. La disposizione tiene conto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (art. 21) e non pregiudica gli obblighi che derivano da altri strumenti internazionali, quali la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (art. 14). Capo II Diritto di circolazione e di soggiorno fino a sei mesi Articolo 5 1. Questa disposizione sancisce il diritto di qualsiasi cittadino dell'Unione di uscire dal territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro. Il paragrafo 1 , primo comma riprende pressappoco i termini dell'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 68/360/CEE che prevede che il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro "è esercitato dietro semplice presentazione di una carta d'identità o di un passaporto validi", adattandone la formulazione al nuovo regime di soppressione dei controlli alle frontiere interne dell'Unione. A tal fine l'espressione "dietro presentazione" è sostituita da "munito". Il paragrafo 1, secondo comma estende il diritto di lasciare il territorio ai familiari che non sono cittadini di uno Stato membro e che accompagnano il cittadino dell'Unione o che si ricongiungono con questi nello Stato membro ospitante, riprendendo nella sostanza l'ultima frase dell'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 68/360/CEE. 2. Questo paragrafo riprende la formulazione del paragrafo 4 dell'articolo 2 della direttiva 68/360/CEE concernente il divieto di imporre visti di uscita o obblighi equivalenti ai titolari del diritto di libera circolazione. 3. Il terzo paragrafo riprende le disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 68/360/CEE relativa al rilascio e al rinnovo da parte degli Stati membri dei documenti di viaggio (passaporto o carta d'identità) ai propri cittadini. 4. L'ultimo paragrafo riprende e chiarisce le analoghe disposizioni contenute nell'articolo 2, paragrafo 3 della direttiva 68/360/CEE sulla validità dei documenti di viaggio. Articolo 6 1. Il primo paragrafo riprende i termini dell'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 68/360/CEE relativa al diritto d'ingresso nel territorio di uno Stato membro, che è esercitato dal cittadino dell'Unione e dai suoi familiari con il mero possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. Anche qui l'espressione "dietro presentazione" è sostituita da "muniti". Il secondo comma riprende il divieto fatto agli Stati membri dall'articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 68/360/CEE di imporre visti di ingresso o obblighi equivalenti al cittadino dell'Unione. 2. Queste disposizioni indicano chiaramente che gli unici familiari, non cittadini di uno Stato membro, che possono essere soggetti all'obbligo del visto, sono coloro aventi la cittadinanza di uno dei paesi indicati nel regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [13]. La seconda frase del paragrafo introduce la grande novità dell'equipollenza tra visto e documento di soggiorno rilasciato da uno Stato membro dell'Unione europea. [13] GU L 81 del 21.3.2001, pag. 1. Attualmente i familiari cittadini di paesi terzi beneficiano già di ogni agevolazione ai fini dell'ottenimento di un visto, il cui rilascio deve peraltro essere gratuito. Questa disposizione è mantenuta in vigore soltanto per i familiari che non sono ancora in possesso di un documento di soggiorno. 3. La disposizione mira a limitare l'apposizione di timbri nel passaporto del familiare ai casi strettamente necessari (vale a dire, il timbro di ingresso con indicazione della data dalla quale decorre la durata del soggiorno indicata sul visto o il timbro di uscita che interrompe tale durata del soggiorno). L'apposizione di timbri non ha più senso quando l'interessato ha ottenuto una carta di soggiorno, il che implica il diritto di ingresso e di uscita dal territorio per tutta la durata di validità di tale carta. 4. Questa disposizione concerne la situazione in cui il titolare del diritto di libera circolazione non sia in grado di esibire, all'atto dell'attraversamento della frontiera, i documenti necessari (passaporto o carta d'identità e, eventualmente, documento di soggiorno o visto). In tale ipotesi lo Stato membro è tenuto, prima di procedere al respingimento, ad accordare a tale persona ogni possibilità di dimostrare il suo status di titolare del diritto di libera circolazione. Ad esempio, un familiare potrebbe procurare i documenti necessari che sono stati semplicemente dimenticati a casa. Nel caso dei visti, si dovrebbe esaminare se sussistono le condizioni affinché il familiare soggetto a tale obbligo possa ottenere tale visto alla frontiera. 5. Durante i primi sei mesi di soggiorno, il cittadino dell'Unione può soggiornare nel territorio di un altro Stato membro sulla base del mero possesso di un documento d'identità. Questo paragrafo riprende le disposizioni già in vigore nella normativa attuale (articolo 8 della direttiva 68/360/CEE e articolo 4 della direttiva 73/148/CEE), ma introduce due variazioni. In primo luogo, il periodo durante il quale si può soggiornare nel territorio in un altro Stato membro senza dover adempiere ad alcuna formalità è esteso a sei mesi. Questo termine tiene conto del fatto che una persona è considerata, generalmente, domiciliata in un paese quando vi vive almeno sei mesi all'anno. In questo modo si facilitano i soggiorni di breve periodo non superiori ai sei mesi, ad esempio nel caso di tirocinanti, studenti, ecc. In secondo luogo, le disposizioni dell'articolo 8, lettera a) della direttiva 68/360/CEE e dell'articolo 4, paragrafo 2, comma 3 della direttiva 73/148/CEE che fanno riferimento al documento "in virtù del quale l'interessato è entrato nel territorio dello Stato membro" sono modificate poiché non più compatibili con un regime basato sulla soppressione dei controlli alle frontiere interne, e sono sostituite dall'obbligo per il cittadino di essere provvisto di una carta d'identità o di un passaporto. La seconda frase riconosce allo Stato membro ospitante la possibilità di obbligare gli interessati a dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale (obbligo già esistente nella normativa attuale). Si tratta di una semplice comunicazione alle autorità competenti che taluni Stati membri prevedono nel loro diritto interno e che dovrà avvenire alle stesse condizioni previste, mutatis mutandis, per i cittadini nazionali. Siffatta esigenza è compatibile con la competenza degli Stati membri per quanto riguarda le misure volte ad assicurare che le autorità nazionali siano a conoscenza dei movimenti della popolazione che si trova nel territorio nazionale (cfr. al riguardo la sentenza della Corte di giustizia del 7 luglio 1976, causa 118/75, Watson, punti 17 e 18). L'inosservanza di tale obbligo può eventualmente essere passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie. 6. Le stesse disposizioni previste al paragrafo 5 si applicano ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e che accompagnano o si ricongiungono con il cittadino dell'Unione. Un'eccezione è prevista per i familiari che sarebbero soggetti all'obbligo di visto, ad esempio a motivo del fatto che non hanno ancora ottenuto un documento di soggiorno. Dette persone dovranno presentare una domanda di carta di soggiorno prima della scadenza del loro visto, e ciò per evitare di trovarsi in una situazione irregolare. Capo III Diritto di soggiorno per un periodo superiore a sei mesi Articolo 7 1. Le disposizioni del presente articolo stabiliscono le condizioni alle quali è subordinato l'esercizio del diritto di soggiorno. Benché occorra facilitare l'esercizio di questo diritto, il fatto che attualmente le prestazioni d'assistenza sociale non rientrino nella normativa comunitaria e non siano generalmente esportabili non consente di accordare una piena parità di trattamento in materia di prestazioni sociali, senza rischiare che talune categorie di beneficiari del diritto di soggiorno, in particolare coloro che non esercitano un'attività lavorativa, diventino un onere ingiustificato per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. Per i cittadini dell'Unione queste condizioni sono precisate alle lettere a), b), c) e d). Il cittadino dell'Unione deve esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo ovvero disporre di risorse economiche sufficienti e di una assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero essere uno studente ammesso a seguire una formazione professionale nello Stato membro ospitante. La lettera d) riguarda la situazione del cittadino dell'Unione che potrebbe esercitare il diritto di soggiorno, sia perché soddisfa personalmente le condizioni di cui alle lettera a), b) o c), (esercita cioè un'attività economica o dispone di risorse economiche sufficienti o è studente), ovvero perché è un familiare di un cittadino dell'Unione che risponde a dette condizioni. Quando sono previste condizioni diverse in base allo status che dà diritto al soggiorno, sarà opportuno, nell'interesse della libera circolazione, applicare il regime più favorevole al titolare del diritto di soggiorno. 2. Il diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro discende dal diritto di soggiorno del cittadino dell'Unione, il che significa che tale diritto è connesso al vincolo familiare e che essi devono accompagnarlo, nel senso ampio del termine, nello Stato membro ospitante. Tuttavia, sono previste eccezioni in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione o di divorzio (articoli 12 e 13). Articolo 8 1. La Corte di giustizia ha ribadito che la carta di soggiorno non è un'autorizzazione, ma semplicemente un atto dichiaratorio che attesta un diritto preesistente (sentenza dell'8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 50). Il mantenimento in vigore e l'utilizzo di tale documento dovrebbero comportare un vantaggio per il cittadino dell'Unione e non costituire una mera formalità amministrativa, onerosa anche per gli stessi Stati membri. La Commissione ritiene che l'obbligo del rilascio materiale di una carta di soggiorno non sia indispensabile; invece, è accettabile che il cittadino dell'Unione che non è cittadino dello Stato membro ospitante sia soggetto alle medesime condizioni applicabili ai cittadini nazionali nel caso di variazione di residenza, vale a dire all'obbligo d'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente (o ad altre disposizioni nazionali in vigore per i cittadini nazionali), affinché le autorità prendano atto della sua presenza, iscrivendolo, ad esempio, in un registro dei cittadini dell'Unione non cittadini dello Stato membro ospitante, come già avviene nella maggior parte degli Stati membri per le liste elettorali relative al diritto di voto in occasione delle elezioni del Parlamento europeo e comunali. È in tale ottica che vanno interpretate le disposizioni del paragrafo 1, che prevede che gli Stati membri possano imporre ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro, di iscriversi nei registri delle autorità competenti del comune di residenza. 2. Il termine imposto dallo Stato membro ospitante per l'iscrizione non può essere inferiore a sei mesi, obbligo che è coerente con l'articolo 6, che prevede un diritto di soggiorno fino a sei mesi senza l'adempimento di particolari formalità; ciò non impedisce al cittadino dell'Unione di provvedere a tale iscrizione prima di sei mesi, se lo ritiene utile. In seguito all'iscrizione, la seconda frase del medesimo paragrafo dispone il rilascio immediato di un attestato d'iscrizione da parte dell'autorità nazionale competente. L'attestato d'iscrizione costituisce una sorta di ricevuta per il cittadino e una prova, per le autorità, dell'avvenuto adempimento della formalità. L'attestato è rilasciato immediatamente dall'ufficio responsabile dopo l'adempimento delle formalità previste ai paragrafi 3, 4 o 6. Nell'attestato d'iscrizione figurano il nome e l'indirizzo del cittadino; esso non ha una scadenza ed indica semplicemente la data dell'avvenuta iscrizione. Tale ricevuta si limita infatti ad attestare l'adempimento di una formalità amministrativa. L'ultima frase stabilisce le sanzioni applicabili in caso di inosservanza dell'obbligo d'iscrizione, che devono essere proporzionate e non discriminatorie. Ovviamente, atteso che il testo della direttiva include uno specifico articolo dedicato alle sanzioni applicabili alle infrazioni delle disposizioni della presente direttiva, tutte le sanzioni dovranno rispettare i principi che vi sono enunciati. 3. Ai fini del rilascio dell'attestato d'iscrizione, il cittadino dell'Unione dichiara di esercitare un'attività economica come lavoratore subordinato o autonomo o, in caso contrario, di possedere risorse economiche sufficienti e di essere coperto da una assicurazione malattia. Il sistema proposto qui, simile a quello già esistente nella normativa attuale per gli studenti, semplifica considerevolmente l'esercizio del diritto di soggiorno e si basa sul principio dell' "autocertificazione" applicato da alcuni Stati membri. Una dichiarazione falsa potrà essere eventualmente sanzionata sulla base del principio della parità di trattamento con i cittadini nazionali e nel rispetto del principio di proporzionalità. Nel sistema proposto, lo Stato membro non verifica se il cittadino soddisfa le condizioni di soggiorno e fa affidamento sulla dichiarazione resa. Una dichiarazione falsa o, eventualmente, il ricorso dell'interessato all'assistenza pubblica comporteranno una richiesta di verifica dell'esistenza dei mezzi di sussistenza e/o l'avvio di un accertamento amministrativo che potrebbero far venir meno il diritto di soggiorno degli interessati. Analogamente, il fatto che l'interessato non sia in grado di sostenere i costi sanitari assunti perché sprovvisto di una assicurazione malattia potrebbe comportare conseguenze in materia di responsabilità civile e potrebbe altresì compromettere il suo diritto di soggiorno. Giova infine sottolineare che la presentazione di una semplice dichiarazione relativa all'assicurazione malattia non dispensa l'interessato dal fornire i documenti che comprovano tale assicurazione nei rapporti con le amministrazioni incaricate di prestare cure mediche, se ciò è previsto dalla legislazione nazionale. 4. Il cittadino dell'Unione che si reca nello Stato membro per seguire degli studi, dovrà esibire la prova dell'iscrizione presso un istituto riconosciuto per conseguirvi una formazione professionale in via principale, e dovrà assicurare per mezzo di una dichiarazione di disporre di risorse economiche sufficienti e di una assicurazione malattia. 5. L'entità delle risorse economiche che sono considerate sufficienti non può essere determinata dagli Stati membri, come previsto dalla normativa attualmente in vigore, poiché tale determinazione non terrebbe conto della varietà delle situazioni possibili. 6. I cittadini dell'Unione che hanno l'intenzione di stabilirsi in un altro Stato membro in quanto familiari di un altro cittadino dell'Unione che soddisfa le condizioni di soggiorno, devono dimostrare di rientrare in una delle categorie previste all'articolo 2, paragrafo 2, che definisce la nozione di "familiare", o all'articolo 3, paragrafo 2. 7. Queste ultime disposizioni riprendono, in sostanza, talune disposizioni della direttiva 68/360/CEE precisando e integrando nel testo la giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di mantenimento della qualifica di lavoratore quando il lavoratore non svolge più attività subordinata o autonoma. Articolo 9 1. I familiari di un cittadino dell'Unione, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, devono chiedere il rilascio di una carta di soggiorno. Il rilascio materiale di un documento di soggiorno a questa categoria di persone, contrariamente a quanto avviene per i cittadini dell'Unione, appare necessario nell'interesse sia della persona stessa (fra l'altro a motivo dell'equipollenza tra documento di soggiorno e visto di cui all'articolo 6), sia delle autorità pubbliche. 2. La domanda deve essere inoltrata nei sei mesi successivi all'ingresso dell'interessato nel territorio dello Stato membro ospitante. La seconda frase riguarda i familiari che fossero eventualmente sottoposti all'obbligo di visto e che devono presentare la domanda di carta di soggiorno prima della scadenza di tale visto. 3. Questa disposizione autorizza, in caso d'inosservanza dell'obbligo di richiedere una carta di soggiorno, l'applicazione da parte degli Stati membri di sanzioni nel rispetto del principio enunciato all'articolo 8, paragrafo 2. Articolo 10 1. Il diritto di soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è comprovato da un documento di soggiorno rilasciato entro tre mesi dalla presentazione della domanda: la carta di soggiorno indica chiaramente lo status di familiare di un cittadino dell'Unione, e ciò al fine di evidenziare che l'interessato è beneficiario del diritto comunitario. Una ricevuta dell'avvenuta presentazione della domanda è rilasciata immediatamente e gratuitamente: tale ricevuta indica lo status di beneficiario del diritto comunitario dell'interessato. 2. Questa disposizione, rinviando alla formulazione dell'articolo 8, paragrafo 6, enumera in modo esaustivo i documenti giustificativi che i familiari di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono presentare al fine di ottenere la loro carta di soggiorno. Si tratta degli stessi documenti richiesti ai familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro. Articolo 11 1. La carta di soggiorno ha una validità almeno quinquennale dalla data del rilascio. Infatti, dopo quattro anni di residenza continua, il familiare acquisirà un diritto di soggiorno permanente e dovrà inoltrare domanda per una nuova carta di soggiorno, in conformità delle disposizioni previste al Capo IV. La validità quinquennale della carta iniziale eviterà di lasciare la persona interessata priva di qualsiasi documento qualora il rilascio della nuova carta comporti un certo tempo (per l'espletamento delle formalità amministrative). Secondo la normativa in vigore, ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro viene rilasciato "un documento di soggiorno di validità uguale a quello rilasciato al lavoratore da cui dipendono" (direttiva 68/360/CEE, articolo 4, paragrafo 4). Giacché la presente direttiva dispone che i cittadini dell'Unione siano provvisti, non più di una carta di soggiorno, ma di un semplice certificato facente funzione di ricevuta, la nozione della validità del documento di soggiorno del familiare rispetto alla carta di soggiorno del cittadino dell'Unione non ha più senso. 2. Le assenze della durata di sei mesi od oltre, che siano determinate da specifici motivi, non infirmano la validità della carta di soggiorno. Questa disposizione riprende la formulazione dell'articolo 6, paragrafo 2 della direttiva 68/360/CEE e estende i periodi d'assenza possibili che sono gli stessi di quelli specificati all'articolo 18, paragrafo 1 della presente direttiva. Articolo 12 1. I familiari che sono cittadini dell'Unione godono di un autonomo diritto di soggiorno: il loro diritto di soggiorno non viene quindi meno a motivo del decesso o della partenza del cittadino dell'Unione dal quale dipendono. Queste disposizioni mirano semplicemente a chiarire che tali persone, in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale, devono soddisfare personalmente una delle condizioni per l'esercizio del diritto di soggiorno di cui all'articolo 7, paragrafo 1, fino all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. 2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro godono di un diritto di soggiorno che discende dallo status del cittadino dell'Unione dal quale dipendono. Tuttavia, in caso di decesso di quest'ultimo, possono mantenere il loro diritto di soggiorno. Il mantenimento di tale diritto non è invece previsto per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro nell'ipotesi in cui il cittadino dell'Unione abbandoni il territorio dello Stato membro: in questo caso, essi dovranno partire assieme al loro congiunto. Il paragrafo 3 prevede una deroga a favore dei figli che proseguono gli studi. Il diritto di soggiorno per i familiari superstiti non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è subordinato alla condizione che esercitino un'attività economica o dispongano di risorse economiche sufficienti, ovvero allo status di membro della famiglia, già costituita nello Stato membro ospitante, di colui che soddisfa tali condizioni, fino all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. Contrariamente al caso previsto per i cittadini dell'Unione, una semplice dichiarazione non sarebbe sufficiente: gli interessati dovranno fornire la prova che soddisfano tali condizioni. Il paragrafo stabilisce anche l'entità delle risorse economiche sufficienti e riprende le disposizioni vigenti in materia di soggiorno per le persone che non lavorano. 3. Questo paragrafo sancisce sul piano legislativo il principio che discende dalla sentenza della Corte di giustizia del 15 marzo 1989 nelle cause riunite 389 e 390/87, Echternach e Moritz, e concerne la situazione dei figli di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e che seguono gli studi nello Stato membro ospitante, i quali si sono integrati nel sistema scolastico dello Stato membro ospitante e potrebbero avere difficoltà ad inserirsi in un nuovo sistema d'istruzione per ragioni linguistiche, culturali o altro: tali persone potrebbero essere penalizzate dal fatto che il genitore cittadino dell'Unione lascia il territorio dello Stato membro ospitante per ragioni professionali o altro. Tale diritto di soggiorno, che può essere limitato alla durata degli studi, è subordinato alla condizione che gli interessati siano iscritti in un istituto scolastico d'istruzione secondaria o superiore, proprio perché è a questo livello che l'integrazione in un nuovo sistema diverrebbe più problematico. Ovviamente, il soggiorno di tali persone resta subordinato ai principi previsti all'articolo 21 relativo alla parità di trattamento. Articolo 13 1. Il divorzio o l'annullamento del matrimonio non fanno venir meno il diritto di soggiorno dei familiari che sono cittadini dell'Unione. Tale disposizione mira semplicemente a precisare che tali familiari, in caso di scioglimento del matrimonio, devono soddisfare personalmente le condizioni per l'esercizio del diritto di soggiorno di cui all'articolo 7, paragrafo 1. 2. Le disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo disciplinano il problema del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, in caso di divorzio o di annullamento del matrimonio. La disposizione mira ad offrire una certa tutela giuridica a queste persone il cui diritto di soggiorno discende dal vincolo familiare rappresentato dal matrimonio e che potrebbero, per questo motivo, essere ricattate con la minaccia del divorzio. Occorre precisare che lo scioglimento del matrimonio implica necessariamente, per motivi di certezza giuridica, una sentenza irrevocabile di divorzio; in caso di separazione di fatto, il diritto di soggiorno del coniuge non è affatto pregiudicato. D'altra parte, la Corte di giustizia ha stabilito che "il vincolo coniugale non può considerarsi sciolto fintantoché non vi sia stato posto fine dalla competente autorità. Ciò non avviene nel caso dei coniugi che vivono semplicemente separati, nemmeno quando hanno l'intenzione di divorziare in seguito" (sentenza della Corte di giustizia del 13 febbraio 1985 nella causa 267/83, Diatta, Racc. 1985, pag. 567, punto 20). Il diritto accordato dalla disposizione è corredato di tre condizioni alternative, ovvero: a) che il matrimonio sia durato, fino all'inizio del procedimento giudiziario di divorzio o di annullamento, cinque anni, di cui almeno un anno nel paese ospitante, al fine di evitare i tentativi di aggirare le disposizioni in materia di diritto di soggiorno tramite matrimoni di comodo; b) che l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione sia attribuito al coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro il cui diritto di soggiorno derivava dal vincolo familiare rappresentato dal matrimonio. Questa condizione rispetta al contempo gli interessi dei bambini, che non saranno costretti in tal modo a lasciare il territorio del paese ospitante, nel quale forse si sono già integrati, e del cittadino dell'Unione che vedrà così garantito un agevole esercizio del suo diritto di visita e di sorveglianza; c) che lo scioglimento del matrimonio sia dovuto a situazioni particolarmente difficili. La formula utilizzata nell'articolo è vaga, e mira a coprire in particolare le situazioni di violenza familiare. Il diritto di soggiorno per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è subordinato alla condizione di esercitare un'attività economica o disporre di risorse economiche sufficienti, ovvero allo status di membro della famiglia, già costituita nello Stato membro ospitante, di colui che soddisfa tali condizioni, fino all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. Contrariamente al caso dei cittadini dell'Unione, una semplice dichiarazione non sarebbe sufficiente: gli interessati dovranno provare che soddisfano tali condizioni. Il paragrafo stabilisce anche l'entità delle risorse economiche sufficienti sulla base di quanto previsto dalla normativa in vigore per il soggiorno delle persone che non lavorano. Capo IV Diritto di soggiorno permanente Il diritto di rimanere a titolo permanente è fortemente limitato nel diritto comunitario in vigore e sottoposto a condizioni restrittive. Per questo motivo la Commissione propone di instaurare un diritto di soggiorno permanente per qualsiasi cittadino dell'Unione e i suoi familiari, anche se non hanno la cittadinanza di uno Stato membro, dopo una residenza continua di quattro anni nello Stato membro ospitante. Diversi Stati membri, d'altra parte, prevedono già nella loro legislazione nazionale un diritto di soggiorno permanente, senza distinzione di cittadinanza, collegato alla condizione di una residenza duratura. Sezione I Acquisizione Articolo 14 1. Ciascun cittadino dell'Unione acquisisce un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante dopo un periodo di quattro anni di residenza continuativa. Detto diritto di soggiorno permanente non è più subordinato alle condizioni di cui al Capo III della direttiva. Dopo un periodo sufficientemente lungo di residenza, si può supporre che il cittadino abbia sviluppato legami stretti con lo Stato membro ospitante e che sia diventato parte integrante di tale società, il che giustifica la concessione di un diritto di soggiorno che si potrebbe definire un "diritto rafforzato". Del resto, l'integrazione dei cittadini dell'Unione che si sono stabiliti permanentemente in uno Stato membro è un elemento chiave ai fini della promozione della coesione sociale, obiettivo fondamentale dell'Unione. 2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro potranno anch'essi acquisire un diritto di soggiorno permanente dopo aver risieduto, nel senso ampio del termine, per quattro anni nello Stato membro ospitante con il cittadino dell'Unione da cui dipendono. 3. Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde solo per assenze dallo Stato membro ospitante superiori a quattro anni. Infatti, il diritto di soggiorno permanente riconosce l'integrazione del cittadino dell'Unione e dei familiari nello Stato membro ospitante. Assenze superiori a quattro anni fanno supporre che siffatta integrazione non sussista più. Articolo 15 Le disposizioni dell'articolo 15 mirano a mantenere l'acquis in materia di diritto di rimanere a titolo permanente. 1. Le disposizioni dell'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione e dell'articolo 2 della direttiva 75/34/CEE del Consiglio, prevedono le condizioni specifiche alle quali i lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante possono acquisire il diritto di rimanere a titolo permanente dopo periodi di residenza anche inferiori a quattro anni. Le disposizioni del presente paragrafo mirano a conservare questo regime più favorevole per i lavoratori rispetto alla norma generale sancita dall'articolo 14. 2. Questo paragrafo riprende la formulazione dell'articolo 2, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70 e della direttiva 75/34/CEE. 3. Se il lavoratore dell'Unione ha acquisito un diritto di soggiorno permanente in forza delle disposizioni del paragrafo 1, il medesimo diritto è acquisito anche dai suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, senza condizione di una precedente residenza. Questa disposizione riprende le disposizioni in vigore nella legislazione attuale relativa al diritto di rimanere, nella quale è previsto che i familiari abbiano diritto di rimanere a titolo permanente nello Stato membro ospitante se il lavoratore ha acquisito il diritto di rimanere nel territorio di tale Stato (articolo 3, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione e della direttiva 75/34/CEE del Consiglio). 4. Queste disposizioni riprendono le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 1251/70, e dell'articolo 3 della direttiva 75/34/CEE, che conferiscono, a talune condizioni, un diritto di soggiorno permanente ai familiari di un cittadino dell'Unione che svolgeva attività subordinata o autonoma e deceduto nel periodo dell'attività lavorativa, anche se detto lavoratore non aveva ancora acquisito tale diritto. Le uniche modifiche previste sono: la riduzione del periodo di residenza precedente al decesso ad un anno, rispetto ai due anni previsti dalla legislazione attuale, e la precisazione delle disposizioni di cui alla lettera c). Articolo 16 Ai fini di una maggiore chiarezza, queste disposizioni si applicano ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e che avevano conservato il loro diritto di soggiorno in caso di decesso o di divorzio dal cittadino dell'Unione, avvenuto prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, e che sono i destinatari delle disposizioni di cui agli articoli 12, paragrafo 2 e 13, paragrafo 2. Qualora dette persone soddisfino le condizioni previste in questi articoli, esse acquisiscono un diritto di soggiorno permanente dopo quattro anni di residenza continua nello Stato membro ospitante dal loro arrivo. Sezione II Formalità amministrative Articolo 17 1. L'acquisizione di un diritto di soggiorno permanente comporta una serie di diritti supplementari importanti, quali l'accesso all'assistenza sociale nello Stato membro ospitante per tutte le categorie di persone che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, o il divieto d'espulsione dal territorio dello Stato membro di residenza. Per questo motivo è opportuno che tale diritto sia comprovato dal rilascio di una carta di soggiorno. È pur vero che per ottenere tale documento si deve necessariamente adempiere a talune pratiche amministrative, ma tali formalità sono assolte una sola volta, poiché la carta ha una durata illimitata. 2. Il titolare del diritto di soggiorno permanente dispone di due anni di tempo per chiedere la carta di soggiorno. Tale disposizione si basa sulla formulazione dell'articolo 5, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 1251/70. A prima vista questa disposizione può sembrare limitativa, ma evita allo Stato membro ospitante di imporre termini più restrittivi. Inoltre, l'inosservanza di tale termine può essere sanzionata soltanto con l'applicazione di sanzioni proporzionate e non discriminatorie, come avviene per la mancata iscrizione obbligatoria di cui all'articolo 8. 3. La validità della suddetta carta viene meno soltanto in seguito ad assenze superiori a quattro anni. Articolo 18 1. Queste disposizioni riprendono e modificano la formulazione dell'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 1251/70 sul diritto di rimanere. La continuità della residenza potrà essere dimostrata con diversi mezzi, in particolare l'esercizio di un'attività professionale, o attraverso le ricevute del pagamento dell'affitto. Gli Stati membri non devono mostrarsi troppo rigidi per quanto attiene ai mezzi di prova relativi alla durata e alla continuità della residenza. La durata delle assenze consentite che non incidono sulla continuità della residenza è stata estesa fino a sei mesi e può essere superiore a sei mesi per determinati motivi, quali l'assolvimento degli obblighi militari, una gravidanza o maternità, il compimento di studi o una formazione professionale o un distacco per motivi di lavoro. 2. Questo paragrafo dispone che la durata della residenza si interrompe quando è stato validamente adottato un provvedimento di allontanamento nei confronti del beneficiario del diritto di soggiorno. Capo V Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente Articolo 19 La prima frase riprende i termini dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 68/360/CEE e dell'articolo 5 della direttiva 73/148/CEE. La seconda frase sancisce il principio della parità di trattamento e riprende i termini della sentenza della Corte di giustizia del 28 ottobre 1975 nella causa 36/75, Roland Rutili contro il Ministro dell'Interno, Racc. 1975, pag. 1219, punto 50. Articolo 20 I familiari del cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, hanno il diritto di esercitare nello Stato membro ospitante un'attività economica, subordinata od autonoma. Le disposizioni di quest'articolo non operano alcuna distinzione tra i vari familiari. Ciò rappresenta un'innovazione rispetto alla legislazione attuale che limita tale diritto al coniuge o ai figli minori o a carico, anche se, logicamente, per ciascun cittadino dell'Unione il diritto di esercitare un'attività economica discende direttamente dal trattato stesso. Articolo 21 1. Questa disposizione enuncia il principio della parità di trattamento tra il cittadino dell'Unione e i cittadini nazionali. Riprende in grandi linee le conclusioni della sentenza della Corte di giustizia del 12 maggio 1998 nella causa C-85/96, María Martínez Sala contro Freistaat Bayern, Racc. 1998, pag. I-2691, punto 62, e stabilisce un legame diretto tra il principio di non discriminazione e il diritto di soggiorno (articoli 12 e 18, paragrafo 1 del trattato CE). Il medesimo diritto alla parità di trattamento è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e che sono titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante. 2. Il principio generale della parità di trattamento per qualsiasi cittadino dell'Unione è moderato da questa disposizione, che non conferisce al cittadino dell'Unione e ai familiari che risiedono in un altro Stato membro senza esercitare un'attività economica un diritto alle prestazioni di assistenza sociale, al fine di non costituire un onere ingiustificato per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. Del resto l'articolo 7 precisa chiaramente che le persone che non lavorano devono disporre di risorse economiche sufficienti e di una assicurazione malattia e pertanto il ricorso all'assistenza sociale potrebbe compromettere il loro diritto di soggiorno. La nozione di assistenza sociale include anche le cure mediche gratuite che lo Stato membro prevede nel suo diritto interno a favore delle persone indigenti. Lo Stato membro ospitante non è neppure obbligato ad assegnare una borsa di mantenimento ai cittadini dell'Unione che si recano nel suo territorio per proseguire i propri studi. Le borse di mantenimento rientrano nella nozione d'assistenza sociale, nel senso ampio del termine, e pertanto gli studenti non vi hanno diritto ai sensi della presente direttiva, poiché devono garantire alle autorità nazionali di disporre di risorse economiche sufficienti affinché non diventino un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante: al fine di evitare erronee interpretazioni, appare opportuno conservare questa disposizione. Tuttavia, occorre sottolineare che il paragrafo 1 dispone che gli studenti godono del diritto di non subire discriminazioni a causa della loro cittadinanza in altri settori, ad esempio le borse di studio non destinate a coprire le spese di sussistenza o i crediti a medio termine ad un tasso d'interesse agevolato per studenti. Questa situazione è valida fino all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente a norma delle disposizioni del Capo IV della direttiva: una volta acquisito questo diritto, la situazione dei titolari del diritto di soggiorno permanente è equiparata a quella dei cittadini nazionali. Articolo 22 1. Questa nuova disposizione apporta delle precisazioni circa il valore dei documenti di soggiorno rilasciati dallo Stato membro ospitante, sulla base di quanto discende dal carattere di atto dichiaratorio, già riconosciuto dalla Corte di giustizia, della carta di soggiorno: il possesso del documento non è condizione preliminare necessaria ai fini dell'esercizio dei diritti connessi alla libera circolazione delle persone e in particolare al diritto di soggiorno in un altro Stato membro (cfr. tra l'altro, sentenza dell'8 aprile 1976, Royer, 48/75, Racc. pag. 497, punto 50). 2. I documenti di soggiorno sono rilasciati dagli Stati membri gratuitamente ovvero dietro versamento della stessa somma richiesta ai cittadini nazionali per il rilascio di documenti analoghi (ad esempio, il costo della carta di soggiorno potrà essere paragonabile a quello relativo al rilascio della carta d'identità ai cittadini nazionali). Articolo 23 Quest'articolo è un'espressione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l'obbligo di poter esibire in qualsiasi momento un documento di soggiorno. La prima frase si ispira alla sentenza della Corte di giustizia del 27 aprile 1989 nella causa 321/87, Commissione/Belgio, Racc. 1989, pag. 997, punto 12, e la seconda alla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenze del 12 dicembre 1989 nella causa C-265/88, Messner, Racc. 1989, pag. 4209, punto 14, e del 30 aprile 1998 nella causa C-24/97, Commissione/Germania, Racc. 1998, pag. I-2133). Articolo 24 L'articolo introduce una nuova disposizione, intesa a proteggere il cittadino dell'Unione contro le decisioni arbitrarie delle autorità pubbliche. Le disposizioni di tale articolo stabiliscono delle garanzie procedurali che sono accordate al titolare del diritto di soggiorno quando uno Stato membro decide di prendere nei suoi confronti una decisione di allontanamento dal territorio per ragioni diverse da quelle previste al Capo VI (ordine pubblico). Si tratta delle stesse garanzie previste contro le decisioni di espulsione adottate per ragioni di ordine pubblico: infatti è d'uopo evitare che un cittadino sia meno tutelato contro un provvedimento di allontanamento adottato per ragioni amministrative anziché contro un provvedimento di espulsione adottato per motivi di ordine pubblico. Un provvedimento di allontanamento adottato per tali ragioni non può comportare un divieto di ingresso nel territorio dello Stato membro che ha adottato tale misura, il che distingue tale provvedimento da un ordine di espulsione emanato per ragioni di ordine pubblico. Capo VI Restrizioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza del 3 luglio 1980 nella causa 157/79, Regina/Pieck, Racc. 1980, pag. 2171), la riserva alla quale il trattato associa la libera circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica non è una condizione preliminare per l'acquisizione del diritto d'ingresso e di soggiorno, ma permette di applicare, in casi individuali e quando ciò sia sufficientemente giustificato, restrizioni all'esercizio di un diritto che discende direttamente dal trattato. Di conseguenza, gli Stati membri non hanno la possibilità di invocare in generale e senza giustificazione concreta l'eccezione prevista per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, al fine di limitare l'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno. La proposta della Commissione è intesa a definire meglio la nozione di ordine pubblico integrando la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia in materia, a rafforzare le garanzie procedurali, in particolare prevedendo in ogni caso la possibilità di un ricorso giurisdizionale, e ad aumentare la protezione contro i provvedimenti di espulsione, per tenere conto ad esempio del grado d'integrazione del cittadino nello Stato membro ospitante, fino a garantire una tutela assoluta ai minori che hanno legami familiari nello Stato membro ospitante e ai titolari del diritto di soggiorno permanente. Articolo 25 1. L'articolo enuncia il principio, già contenuto nel trattato, secondo il quale le restrizioni alla libera circolazione e al soggiorno sono possibili soltanto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici (articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 64/221/CEE). 2. I provvedimenti di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono essere adottati in relazione ad un comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati. La mera esistenza di una condanna penale non può automaticamente giustificare l'adozione di tali provvedimenti (articolo 3, paragrafi 1 e 2 della direttiva 64/221/CEE). Questo comma definisce la nozione di ordine pubblico sulla base della sentenza della Corte di giustizia del 27 ottobre 1977 nella causa 30/77, Bouchereau, Racc. 1977, pag. 1999, punto 35. La minaccia rappresentata dall'individuo deve essere effettiva e grave, e fondata sul comportamento personale. Questo comma consacra sul piano legislativo un principio individuato dalla sentenza della Corte di giustizia del 18 maggio 1982 nelle cause riunite 115 e 116/81, Adoui e Cornuaille, Racc. 1982, pag. 1665, punto 8, che, da un lato, chiarisce la nozione di minaccia grave e, dall'altro, garantisce un uguale trattamento dei cittadini degli altri Stati membri rispetto ai cittadini nazionali. 3. Il paragrafo riprende, con qualche piccola modifica, la formulazione dell'articolo 3, paragrafo 3 della direttiva 64/221/CEE. 4. Questo paragrafo riprende, con qualche piccola modifica, la formulazione dell'articolo 5, paragrafo 2 della direttiva 64/221/CEE. 5. Questo paragrafo riprende la formulazione dell'articolo 3, paragrafo 4 della direttiva 64/221/CEE. Articolo 26 1. Queste disposizioni mirano a garantire una tutela rafforzata contro provvedimenti di allontanamento dal territorio, obbligando gli Stati membri, prima che adottino un provvedimento di allontanamento nei confronti del cittadino dell'Unione o di un familiare, a tenere conto del grado d'integrazione della persona nel paese ospitante in base ad alcuni elementi che vi sono citati a titolo indicativo. Non si tratta di una disposizione priva di effetti giuridici, poiché una decisione degli Stati membri che non tenesse conto di questi elementi rischierebbe di essere considerata sproporzionata e potrebbe pertanto essere annullata dalle giurisdizioni nazionali, le quali, per disposizione espressa della presente direttiva (articolo 29, paragrafo 4), saranno tenute a controllare che detti elementi siano effettivamente presi in considerazione. 2. Questa disposizione introduce una protezione assoluta contro l'espulsione per i cittadini dell'Unione, o i loro familiari, che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente e per i familiari che sono minori. Nel caso di questi ultimi la protezione è dettata da una considerazione di tipo umanitario. Per quanto riguarda le persone che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente, si suppone che esse abbiano sviluppato con lo Stato membro ospitante dei legami d'integrazione molto stretti, che rendono un provvedimento di allontanamento ingiustificabile. Un provvedimento d'espulsione comporta conseguenze molto gravi per la persona che ne è oggetto, la quale si vede sottrarre a tutte le relazioni umane o familiari che aveva intessuto nello Stato membro ospitante. Articolo 27 1. Queste disposizioni specificano quali sono le uniche malattie e infermità che possono giustificare il divieto d'ingresso o di soggiorno per motivi di sanità pubblica. Si tratta di alcune delle malattie e infermità che figuravano nell'allegato della direttiva 64/221/CEE e che sono tuttora di attualità. Poiché le altre malattie non costituiscono più una minaccia per la sanità pubblica, l'articolo non riprende l'allegato della direttiva 64/221/CEE. 2. Questa restrizione riprende le disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 64/221/CEE e non ammette che il diritto di soggiorno possa essere successivamente negato per motivi di salute. 3. Il ricorso a queste disposizioni deve essere del tutto eccezionale, e a condizione che esistano seri indizi che la persona interessata soffre di una delle malattie o infermità che possono giustificare il divieto d'ingresso o il diritto di soggiorno e che lo Stato membro ospitante si assuma tutte le spese connesse alla relativa visita medica. Tale visita non può in nessun caso avere carattere sistematico, poiché ciò pregiudicherebbe il beneficio derivante dalle disposizioni relative al rilascio dell'attestato di soggiorno o della carta di soggiorno, di cui agli articoli 8 o 10. Articolo 28 1. Questa disposizione riprende i termini dell'articolo 7, primo paragrafo, della direttiva 64/221/CEE, precisando alla fine il modo in cui deve avvenire la notificazione secondo un principio sancito dalla sentenza della Corte di giustizia del 18 maggio 1982 nelle cause riunite 115 e 116/81, Adoui e Cornuaille, Racc. 1982, pag. 1665, punto 13. La frase finale non fa obbligo di tradurre la decisione nella lingua dell'interessato, soprattutto quando si tratta di una lingua meno conosciuta, ma impone agli Stati membri di adottare ogni misura utile affinché sia certo che l'interessato abbia compreso il contenuto e gli effetti della decisione. 2. Queste disposizioni riprendono i termini dell'articolo 6 della direttiva 64/221/CEE, incorporando due precisazioni ispirate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza del 28 ottobre 1975 nella causa 36/75, Rutili, Racc. 1975, pag. 1219, punto 39), secondo la quale lo Stato membro deve comunicare all'interessato, all'atto stesso della notificazione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, la motivazione circostanziata e completa del provvedimento, onde porlo nella condizione di potersi efficacemente difendere. È aggiunta una garanzia supplementare nel prevedere che la decisione di negare l'ingresso o il diritto di soggiorno debba essere non soltanto motivata ma anche presentata per iscritto, affinché le giurisdizioni competenti possano esercitare, se necessario, un controllo giurisdizionale effettivo. 3. Per completare la protezione dell'interessato, la notifica deve informare l'interessato dei mezzi di ricorso disponibili avverso un provvedimento di divieto d'ingresso o di soggiorno. L'ultima frase riprende i termini dell'articolo 7, secondo paragrafo della direttiva 64/221/CEE, e permette all'interessato, eccetto in caso d'urgenza debitamente giustificato, di rimanere nel territorio dello Stato membro ospitante, a seconda dei casi, almeno quindici giorni o un mese, periodo necessario al fine di assolvere le formalità per la presentazione di un ricorso. Articolo 29 1. Queste disposizioni mirano a garantire ai beneficiari del diritto di soggiorno un accesso ai mezzi di ricorso amministrativi e giurisdizionali, garantendo in tale modo una tutela giurisdizionale completa. 2. La protezione giurisdizionale completa non esclude la possibilità che uno Stato membro preveda una procedura di ricorso dinanzi ad un'autorità amministrativa. In questa ipotesi, occorre rispettare le garanzie d'obiettività, riprese dall'articolo 9 della direttiva 64/211, e in particolare il parere preliminare di un'autorità competente diversa da quella che prenderà la decisione di divieto d'ingresso o il provvedimento di allontanamento dal territorio, nonché le garanzie per i diritti della difesa. 3. In virtù di questa disposizione, il giudice nazionale avrà la possibilità di ordinare la sospensione dell'applicazione della decisione di divieto d'ingresso o di allontanamento nei confronti dell'interessato, qualora giudichi prima facie che la decisione è ingiustificata, anche se il diritto nazionale non prevede che il ricorso abbia effetto sospensivo. Riconoscere al ricorso un effetto sospensivo automatico non sembra una soluzione adeguata, poiché aprirebbe la via a possibili abusi. Tuttavia, si può fare affidamento sulla valutazione del giudice nazionale al fine di garantire una tutela adeguata sia degli interessi dei privati che degli Stati membri. 4. Con questa disposizione, che riprende il punto 15 della sentenza Adoui e Cornuaille, appare evidente che il controllo del giudice nazionale non si limita al controllo di legittimità, che in materia avrebbe soltanto un'importanza molto limitata, ma è anche un controllo dei fatti che sono alla base della decisione impugnata. La seconda frase del paragrafo 4 fa rientrare nel campo di valutazione del giudice nazionale tutti gli elementi citati a titolo indicativo nell'articolo 26 della presente direttiva, imponendo al giudice di procedere ad un controllo del provvedimento in questione sotto l'aspetto del principio fondamentale di proporzionalità. 5. Il paragrafo 5 permette agli Stati membri di rifiutare la presenza dell'interessato nel loro territorio fino al procedimento giudiziario, pur garantendo la sua presenza di persona dinanzi al giudice nazionale durante il procedimento e il suo diritto fondamentale ad un giusto processo (sentenza Pecastaing della Corte di giustizia, punto 13). Articolo 30 1. Questa disposizione sancisce sul piano legislativo un diritto già riconosciuto dalla Corte di giustizia (sentenza del 18 maggio 1982 nelle cause riunite 115 e 116/81, Adoui e Cornuaille, punto 12; sentenza del 19 gennaio 1999 nella causa C-348/96, Donatella Calfa), proibendo il divieto perpetuo d'ingresso nel territorio alla persona nei confronti della quale è stato emanato un provvedimento di allontanamento per motivi d'ordine pubblico o sicurezza pubblica. 2. Il paragrafo 2 dispone che il ragionevole periodo di tempo ai fini dell'introduzione di una nuova domanda, al quale fa riferimento la Corte di giustizia nella citata sentenza Adoui e Cornuaille, non può essere superiore a due anni dalla decisione di divieto d'ingresso o di allontanamento dal territorio. Nel riesame della nuova domanda, lo Stato membro dovrà tenere conto di ogni cambiamento obiettivo delle circostanze in base alle quali era stato adottato il primo provvedimento di allontanamento. Questa disposizione fissa anche il termine entro il quale lo Stato membro deve pronunciarsi sulla nuova domanda, e ciò per evitare di privare di qualsiasi effetto utile il primo comma. 3. Il paragrafo 3 riprende i termini del punto 12 della citata sentenza Adoui e Cornuaille. La soluzione sembra adeguata alla necessità di non lasciare adito ad eventuali abusi. Articolo 31 1. Questa nuova disposizione riguarda i casi nei quali il provvedimento di espulsione dal territorio nazionale è adottato a titolo di pena o misura accessoria di una pena detentiva, sia da parte del giudice penale, sia da parte dell'amministrazione, come avviene in alcuni Stati membri quando è stata pronunciata una condanna penale per taluni reati. Benché, in linea di principio, la legislazione penale sia riservata alla competenza degli Stati membri, dalla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia risulta che il diritto comunitario pone dei limiti a tale competenza e che tale legislazione non può, infatti, limitare le libertà fondamentali garantite dal diritto comunitario (sentenza del 2 febbraio 1989 nella causa 186/87, Cowan, punto 19). In virtù di questa nuova disposizione, il giudice penale nazionale o l'autorità amministrativa, sono ora tenuti, prima di adottare come sanzione o misura accessoria prevista dalla legislazione nazionale l'espulsione di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, a conformarsi al diritto comunitario, ed in particolare agli articoli 25, 26, 27 e 30, paragrafo 1 della presente direttiva. 2. In diversi Stati membri, il provvedimento di espulsione è adottato ad un momento determinato, spesso in concomitanza con una condanna penale, mentre l'esecuzione materiale del provvedimento avviene in un momento successivo, a volte molti anni dopo la decisione iniziale. La presente disposizione fa obbligo allo Stato membro di verificare se al momento dell'esecuzione del provvedimento di espulsione il pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica sussista, e di valutare se le circostanze che avevano determinato l'iniziale provvedimento di allontanamento non siano cambiate. Capo VII Disposizioni finali Articolo 32 Giacché la direttiva instaura un nuovo regime in materia di libera circolazione e di soggiorno per i cittadini dell'Unione ed introduce nuovi diritti, è opportuno che gli Stati membri informino i cittadini dell'Unione dei loro diritti, nonché dei loro obblighi, inerenti alla materia trattata dalla presente direttiva. Articolo 33 L'articolo definisce i principi che devono essere rispettati dalle sanzioni applicabili in caso di infrazione delle disposizioni nazionali adottate in forza della presente direttiva. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive, nonché comparabili a quelle che gli Stati membri applicano ai propri cittadini in caso di infrazioni lievi alle disposizioni di legge. Questa disposizione integra la giurisprudenza costante della Corte di giustizia in materia (Cause C-265/88, Messner e C-24/97, Commissione/Germania). Articolo 34 La presente direttiva non osta all'applicazione di disposizioni nazionali che siano, per quanto riguarda i cittadini degli altri Stati membri, più favorevoli delle disposizioni della presente direttiva. Ad esempio, la legislazione di uno Stato membro che preveda che un familiare cittadino di un paese terzo può acquisire uno status autonomo dopo due anni di residenza, può continuare ad applicarsi. Articolo 35 L'articolo menziona le disposizioni del diritto comunitario che sono abrogate o soppresse e quelle che sono mantenute in vigore. In pratica, degli esistenti testi comunitari in materia di libera circolazione e di diritto di soggiorno, rimangono in vigore solo il regolamento (CEE) n. 1612/68 e il regolamento (CEE) n. 1251/70. Per quanto riguarda il regolamento (CEE) n. 1612/68, la presente direttiva sopprime alcune delle sue disposizioni riguardanti la nozione di familiare e l'accesso al lavoro dei familiari: infatti, le pertinenti disposizioni della presente direttiva si applicano a tutti, e sostituiscono pertanto le disposizioni simili contenute fino ad oggi nel regolamento (CEE) n. 1612/68. In seguito all'adozione della presente direttiva, la Commissione presenterà, a suo tempo, una proposta intesa ad abrogare il regolamento (CEE) n. 1251/70 che aveva adottato sulla base dell'articolo 39, paragrafo 3, lettera d) del trattato che conferisce una competenza esclusiva alla Commissione nel settore del diritto di rimanere per i lavoratori. Per evitare che si venga a creare una situazione di vuoto giuridico, le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo avranno effetto a partire dal 1° luglio 2003. Articolo 36 L'articolo dispone che la Commissione elabori una relazione sull'applicazione della presente direttiva, come avviene frequentemente nel caso di nuove direttive. La Commissione potrà in tal modo verificare il corretto recepimento della direttiva, e individuare eventuali difficoltà nella sua attuazione pratica e valutare l'opportunità di proporre eventuali modifiche alle disposizioni. Articoli 37 Gli Stati membri sono tenuti ad adottare e pubblicare le disposizioni di attuazione della presente direttiva entro il 1° luglio 2003 e ad applicarle a decorrere dal 1° luglio 2003. Essi informano la Commissione delle modifiche delle loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Inseriscono un riferimento alla presente direttiva all'atto dell'adozione di dette disposizioni. Articolo 38 L'articolo stabilisce la data di entrata in vigore della direttiva. Articolo 39 Gli Stati membri sono i soli destinatari della direttiva. 2001/0111 (COD) Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 12, 18, 40, 44, e 52, vista la proposta della Commissione [14], [14] GU C ... visto il parere del Comitato economico e sociale [15], [15] GU C ... visto il parere del Comitato delle regioni [16], [16] GU C ... deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [17], [17] considerando quanto segue: (1) A norma delle disposizioni comuni contenute nel titolo I del trattato sull'Unione europea, l'Unione si prefigge segnatamente di "rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi Stati membri mediante l'istituzione di una cittadinanza dell'Unione". (2) La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno che, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2 del trattato CE, comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale sia assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato. (3) Gli articoli 17 e 18 del trattato hanno istituito la cittadinanza europea e conferito a ciascun cittadino dell'Unione il diritto primario ed individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. (4) L'incremento della mobilità degli studenti, dei ricercatori, delle persone che desiderano conseguire una formazione, dei volontari, degli insegnanti e dei formatori è stato riconosciuto tra le priorità politiche dell'Unione europea. (5) In questa prospettiva, il carattere settoriale e frammentario delle norme concernenti il diritto di libera circolazione e di soggiorno - contenute nei seguenti atti legislativi comunitari: regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968 [18], relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità; direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, [19] relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità; direttiva 73/148/CEE del Consiglio del 21 maggio 1973 relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi [20]; direttiva 90/364/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno [21]; direttiva 90/365/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale [22] ; direttiva 93/96/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993 relativa al diritto di soggiorno degli studenti [23] - richiede che esse siano riesaminate allo scopo di facilitare l'esercizio di tale diritto, a norma dell'articolo 18, paragrafo 2 del trattato CE. [18] GU L 257 del 19.10.1968, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2434/92 (GU L 245 del 26.8.1992, pag. 1). [19] GU L 257 del 19.10.1968, pag. 13. Direttiva modificata da ultimo dall'Atto di adesione del 1994. [20] GU L 172 del 28.6.1973, pag. 14. [21] GU L 180 del 13.7.1990, pag. 26. [22] GU L 180 del 13.7.1990, pag. 28. [23] GU L 317 del 18.12.1993, pag. 59. (6) Il diritto di ciascun cittadino dell'Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza; la definizione di "familiare" deve essere ampliata e uniformata per tutti i beneficiari del diritto di soggiorno. (7) Occorre definire chiaramente la natura delle formalità connesse alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione nel territorio degli Stati membri; occorre anche facilitare, tramite l'equiparazione del documento di soggiorno e del visto di breve durata, la libera circolazione dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, i quali sarebbero altrimenti soggetti all'obbligo del visto a norma del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [24]. [24] GU L 81 del 21.3.2001, pag. 1. (8) In considerazione delle nuove forme di mobilità e di lavoro e delle forme di vita caratterizzate dall'alternanza geografica, è opportuno disporre che il soggiorno del cittadino dell'Unione di durata non superiore a sei mesi sia subordinato soltanto alla formalità del possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. (9) Occorre tuttavia evitare che i titolari del diritto di libera circolazione diventino un onere ingiustificato per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante durante il primo periodo di soggiorno; è pertanto opportuno mantenere in vigore il sistema in base al quale l'esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione per un periodo superiore a sei mesi è subordinato all'esercizio di un'attività lavorativa o, per coloro che non lavorano, alla disponibilità di risorse sufficienti e di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante per l'interessato e per i familiari, o al possesso della qualità di studente ammesso a seguire una formazione professionale nello Stato membro ospitante, ovvero della qualità di familiare del cittadino dell'Unione che soddisfa uno di tali requisiti. (10) Il diritto fondamentale e personale dei cittadini dell'Unione di soggiornare in un altro Stato membro non dipende dal rilascio della carta di soggiorno; occorre di conseguenza limitare l'obbligo del possesso di tale documento di soggiorno a situazioni debitamente giustificate, in particolare alla situazione dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e ai soggiorni di durata superiore ai sei mesi. (11) Per soggiorni superiori a sei mesi, l'iscrizione del cittadino dell'Unione presso le autorità competenti del comune di residenza, comprovata da un apposito attestato, assieme al possesso della carta d'identità dello Stato membro d'origine o di un passaporto in corso di validità, è una misura sufficiente e proporzionata e risponde all'interesse dello Stato membro ospitante di conoscere i movimenti della popolazione nel suo territorio. (12) I documenti giustificativi richiesti dall'amministrazione nazionale ai fini del rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno devono essere indicati in modo tassativo onde evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti costituiscano un ostacolo sproporzionato all'esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari. (13) È necessario inoltre tutelare giuridicamente i familiari in caso di decesso del cittadino dell'Unione o di scioglimento del matrimonio; è quindi opportuno adottare misure volte a garantire la conservazione del diritto di soggiorno in tali ipotesi, nel rispetto della vita familiare e della dignità umana, e a determinate condizioni intese a prevenire gli abusi. (14) La garanzia di un soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato in un altro Stato membro rafforza il senso di appartenenza ad una cittadinanza comune e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, obiettivo fondamentale della Comunità; occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell'Unione, basato sul criterio della residenza continua quadriennale. (15) Occorre tuttavia preservare alcuni vantaggi specifici propri dei cittadini dell'Unione esercenti un'attività di lavoro subordinato o autonomo, che costituiscono diritti acquisiti conferiti dal regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione del 29 giugno 1970 relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego [25], e dalla direttiva 75/34/CEE del Consiglio del 17 dicembre 1974 relativa al diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata [26]. [25] GU L 142 del 30.6.1970, pag. 24. [26] GU L 14 del 20.1.1975, pag. 10. (16) L'esercizio del diritto di soggiorno permanente dei cittadini dell'Unione presuppone che tale diritto sia esteso ai familiari. In caso di decesso del cittadino svolgente un'attività subordinata o autonoma che non abbia ancora acquisito il diritto di soggiorno permanente, avvenuto durante la vita professionale attiva, deve essere riconosciuta anche ai familiari, a determinate condizioni, l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. (17) Affinché possa costituire un effettivo strumento d'integrazione nella società dello Stato membro ospitante nel quale il cittadino dell'Unione risiede, il diritto di soggiorno permanente non deve essere subordinato a condizioni e deve garantire la completa parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante così come la massima protezione contro le espulsioni. (18) Pertanto l'acquisizione del diritto di soggiorno a titolo permanente comporta, per il cittadino dell'Unione e i suoi familiari, diritti supplementari e una protezione rafforzata; occorre pertanto attestare la titolarità di tale diritto attraverso il rilascio di una carta di soggiorno di validità illimitata. (19) In base al principio di non discriminazione, ciascun cittadino dell'Unione e i suoi familiari devono godere della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d'applicazione del trattato. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, spetta tuttavia allo Stato membro ospitante decidere se intende concedere prestazioni di assistenza sociale a persone che non esercitino un'attività lavorativa ovvero borse di mantenimento ai cittadini dell'Unione che si rechino nel suo territorio per motivi di studio. (20) Le restrizioni all'esercizio del diritto di libera circolazione per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica sono previste dal trattato all'articolo 39, paragrafo 3, all'articolo 46, paragrafo 1, e all'articolo 55; la direttiva 64/221/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1964 [27] ha disposto il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento ed il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. [27] GU L 56 del 4.4.1964, pag. 850/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 75/35/CEE (GU L 14 del 20.1.1975, pag. 14). (21) In considerazione della giurisprudenza della Corte di giustizia europea e del diritto fondamentale di libera circolazione, occorre definire meglio le condizioni e le garanzie procedurali cui deve essere subordinata l'adozione di provvedimenti che negano l'ingresso o dispongono l'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari. (22) L'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari per motivi d'ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituisce una misura radicale che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà conferite dal trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante; occorre pertanto limitare la portata di tali misure in considerazione del grado d'integrazione della persona interessata e vietare l'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari che siano titolari di un diritto di soggiorno permanente nonché dei familiari che siano minori d'età. (23) Devono altresì essere definite norme di procedura amministrativa in modo da garantire, da un lato, un elevato grado di tutela dei diritti del cittadino dell'Unione e dei suoi familiari in caso di diniego d'ingresso o di soggiorno in un altro Stato membro e, dall'altro, il rispetto del principio secondo il quale gli atti amministrativi devono essere sufficientemente motivati. (24) In ogni caso il cittadino dell'Unione e i suoi familiari devono poter presentare ricorso giurisdizionale ove venga loro negato il diritto d'ingresso e di soggiorno in un altro Stato membro, senza subire discriminazioni, rispetto ai cittadini nazionali, in riferimento alle modalità della presentazione del ricorso e allo svolgimento del procedimento. (25) In linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia, appare opportuno confermare il diritto del cittadino dell'Unione o del suo familiare, nei confronti del quale sia stato emanato un provvedimento di allontanamento, di presentare una nuova istanza dopo il decorso di un congruo periodo che non deve comunque essere superiore a due anni. (26) La presente direttiva stabilisce nuove modalità per l'esercizio del diritto di libera circolazione ed è pertanto necessario abrogare le disposizioni vigenti che siano contrarie alla direttiva stessa, pur consentendo l'applicazione delle disposizioni nazionali più favorevoli. (27) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Capo I Disposizioni generali Articolo 1 Oggetto La presente direttiva determina: a) le modalità d'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno negli Stati membri da parte dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari; b) il diritto di soggiorno permanente negli Stati membri dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari; c) le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: 1. "cittadino dell'Unione": qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro; 2. "familiare": a) il coniuge; b) il/la convivente, sul presupposto che legislazione dello Stato membro ospitante equipari la situazione delle coppie di fatto a quella delle coppie sposate e nel rispetto delle condizioni previste da tale legislazione; c) i discendenti diretti e quelli del coniuge o convivente di cui alla lettera b); d) gli ascendenti diretti e quelli del coniuge o convivente di cui alla lettera b); 3. "Stato membro ospitante": lo Stato membro nel quale il cittadino dell'Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno. Articolo 3 Beneficiari 1. La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro dell'Unione diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell'articolo 2, punto 2, qualunque sia la loro cittadinanza, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo. 2. Gli Stati membri favoriscono l'ammissione e il soggiorno di ogni altro familiare non definito all'articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale, fermo restando il diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell'interessato. Articolo 4 Non discriminazione Gli Stati membri danno attuazione alle disposizioni della presente direttiva senza operare tra i beneficiari alcuna discriminazione fondata, in particolare, su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, handicap, età o tendenze sessuali. Capo II Diritto di circolazione e di soggiorno sino a sei mesi Articolo 5 Diritto di uscita 1. Ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro, munito di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che accompagnino o raggiungano il cittadino dell'Unione, godono dello stesso diritto di uscita. 2. Nessun visto di uscita né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti alle persone di cui al paragrafo 1. 3. Gli Stati membri rilasciano o rinnovano ai loro cittadini una carta d'identità o un passaporto dai quali risulti, in particolare, la loro cittadinanza. 4. Il passaporto deve essere valido almeno per tutti gli Stati membri dell'Unione e per i paesi di transito diretto tra gli stessi. Qualora la legislazione di uno Stato membro non preveda il rilascio di una carta d'identità, il periodo di validità del passaporto, al momento del rilascio o del rinnovo, non può essere inferiore a cinque anni. Articolo 6 Diritto d'ingresso e di soggiorno sino a sei mesi 1. Gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell'Unione e i suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, ove siano muniti di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. Nessun visto d'ingresso né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti al cittadino dell'Unione. 2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro possono soltanto essere assoggettati all'obbligo del visto di breve durata, conformemente al regolamento (CE) n. 539/2001. Il possesso di un documento di soggiorno in corso di validità rilasciato da uno Stato membro equivale al visto. Gli Stati membri concedono a tali persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari. Tali visti sono gratuiti. 3. Lo Stato membro ospitante non appone timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, ove questi sia in possesso di un documento di soggiorno. 4. Qualora il cittadino dell'Unione o il suo familiare sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato concede, prima di procedere al respingimento, ogni agevolazione affinché possano ottenere o far pervenire i documenti necessari ovvero possano dimostrare o attestare con altri mezzi la loro qualità di titolari del diritto di libera circolazione. 5. Il diritto di ingresso del cittadino dell'Unione nel territorio dello Stato membro include il diritto di soggiornarvi per un periodo inferiore o uguale a sei mesi con il possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. Lo Stato membro può soltanto prescrivere all'interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine che non può essere inferiore a quindici giorni. L'inosservanza di tale obbligo può essere assoggettata a sanzioni proporzionate e non discriminatorie. 6. Le disposizioni del paragrafo 5 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il cittadino dell'Unione. Tuttavia, se sono soggetti all'obbligo di visto, devono presentare richiesta per il rilascio della carta di soggiorno a norma dell'articolo 9 prima della scadenza di validità del visto. Capo III Diritto di soggiorno per un periodo superiore a sei mesi Articolo 7 Modalità di esercizio 1. Ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a sei mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione: a) di esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo; o b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o c) di essere uno studente ammesso a seguire un corso di formazione professionale, o d) di essere un familiare di un cittadino dell'Unione rispondente alla condizioni di cui alle lettere a), b) o c). 2. Il diritto di soggiorno è esteso ai familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino medesimo, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c). Articolo 8 Formalità amministrative per i cittadini dell'Unione 1. Per soggiorni di durata superiore a sei mesi, lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell'Unione l'iscrizione presso le autorità competenti. 2. Il termine fissato per l'iscrizione non può essere inferiore a sei mesi dall'ingresso. Il diritto di soggiorno è comprovato dal rilascio immediato di un attestato d'iscrizione contenente l'indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell'avvenuta iscrizione. Il mancato adempimento dell'obbligo di iscrizione può essere assoggettato a sanzioni proporzionate e non discriminatorie. 3. Per il rilascio dell'attestato d'iscrizione, gli Stati membri possono unicamente prescrivere al cittadino dell'Unione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a) o b), di esibire una carta d'identità o un passaporto in corso di validità e di assicurare, con dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta almeno equivalente, che le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a) o b), sono soddisfatte. 4. Per il rilascio dell'attestato d'iscrizione, gli Stati membri possono unicamente prescrivere al cittadino dell'Unione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di esibire una carta d'identità o un passaporto in corso di validità, di comprovare d'essere iscritto presso un istituto riconosciuto per conseguirvi una formazione professionale a titolo principale, e di assicurare con dichiarazione, o con altro mezzo di sua scelta almeno equivalente, di disporre per se stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere finanziario per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, e di una assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante. 5. Gli Stati membri si astengono dal fissare un importo preciso per la determinazione delle risorse che considerano sufficienti. 6. Ai fini del rilascio dell'attestato d'iscrizione ai familiari del cittadino dell'Unione aventi la cittadinanza di uno Stato membro, gli Stati membri possono prescrivere di presentare i seguenti documenti: a) una carta d'identità o un passaporto in corso di validità; b) un documento comprovante l'esistenza del vincolo di parentela; c) ove necessario, l'attestato d'iscrizione del cittadino dell'Unione che gli interessati accompagnano o raggiungono; d) nei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), la prova che le condizioni prescritte da tale disposizione sono soddisfatte; e) nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, un documento rilasciato dall'autorità competente paese di origine o di provenienza, attestante che gli interessati sono a carico del cittadino dell'Unione o che, in tale paese, convivevano con il medesimo. 7. L'attestato d'iscrizione non può essere negato al lavoratore che abbia cessato di svolgere un attività subordinata o autonoma se : a) l'interessato è stato colpito da incapacità temporanea di lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio; b) l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata, si mette a disposizione dell'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro; c) l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, si mette a disposizione dell'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro. In tal caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi; se ha acquisito il diritto all'indennità di disoccupazione, egli conserva la qualità di lavoratore fino allo scadere di tale diritto; d) l'interessato segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore presuppone che esista un collegamento tra l'attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito. Articolo 9 Formalità amministrative per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro 1. Quando la durata del soggiorno previsto è superiore a sei mesi, gli Stati membri rilasciano una carta di soggiorno ai familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro. 2. Il termine entro il quale deve essere presentata la domanda per il rilascio della carta di soggiorno non può essere inferiore a sei mesi dall'ingresso nel territorio nazionale. I familiari soggetti all'obbligo del visto devono tuttavia presentare tale domanda prima della scadenza della validità del visto. 3. L'inadempimento dell'obbligo di richiedere la carta di soggiorno può essere assoggettato a sanzioni proporzionate e non discriminatorie. Articolo 10 Rilascio della carta di soggiorno 1. Il diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è comprovato dal rilascio di un documento denominato "carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione", che deve avvenire non oltre i tre mesi successivi alla presentazione della domanda. Una ricevuta della domanda è rilasciata immediatamente. Da tale ricevuta deve risultare anche la qualità di familiare di un cittadino dell'Unione. 2. Ai fini del rilascio della carta di soggiorno, gli Stati membri possono prescrivere la presentazione degli stessi documenti di cui all'articolo 8, paragrafo 6. Articolo 11 Validità della carta di soggiorno 1. La carta di soggiorno di cui all'articolo 10, paragrafo 1 ha un periodo di validità minimo di cinque anni dalla data del rilascio. 2. Le interruzioni del soggiorno non superiori a sei mesi consecutivi e le assenze di durata maggiore dovute a motivi rilevanti, quali l'assolvimento degli obblighi militari, una malattia grave, la gravidanza e la maternità, il compimento degli studi o di una formazione professionale, o il distacco per motivi di lavoro nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo, non incidono sulla validità della carta di soggiorno. Articolo 12 conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione 1. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il decesso del cittadino dell'Unione o la sua partenza dal territorio dello Stato membro ospitante non incidono sul diritto di soggiorno dei suoi familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, gli interessati devono soddisfare personalmente le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d). 2. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il decesso del cittadino dell'Unione dal quale dipendono non comporta la perdita del diritto di soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno rimane subordinato alla condizione che l'interessato eserciti un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato od autonomo o disponga per sé e per i familiari di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere finanziario per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero faccia parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato membro ospitante, di un interessato che soddisfa tali condizioni. Tali risorse sono considerate sufficienti quando sono almeno pari al livello delle risorse al di sotto del quale lo Stato membro ospitante può concedere ai propri cittadini prestazioni di assistenza sociale. Qualora non possa trovare applicazione tale criterio, le risorse del richiedente sono considerate sufficienti ove siano almeno pari al livello della pensione minima sociale erogata dallo Stato membro ospitante. 3. La partenza del cittadino dell'Unione non comporta la perdita del diritto di soggiorno dei figli non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, se risiedono nello Stato membro ospitante e sono iscritti in un istituto scolastico d'istruzione secondaria o superiore per seguirvi gli studi, finché non terminino gli studi stessi. Articolo 13 Conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di divorzio o di annullamento del matrimonio 1. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il divorzio o l'annullamento del matrimonio non incidono sul diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione aventi la cittadinanza di uno Stato membro. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, gli interessati devono soddisfare le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d). 2. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il divorzio o l'annullamento del matrimonio non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro se : a) il matrimonio è durato, fino all'inizio del procedimento giudiziario di divorzio o d'annullamento, almeno cinque anni, di cui almeno un anno nello Stato membro ospitante, o b) il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i coniugi o decisione giudiziaria, o c) situazioni particolarmente difficili esigono la conservazione del diritto di soggiorno. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno rimane subordinato alla condizione che gli interessati esercitino un'attività economica in qualità di lavoratori subordinati o autonomi, o dispongano, per sé e per i familiari, di risorse sufficienti affinché non divengano un onere finanziario per lo Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero facciano parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato membro ospitante, di un interessato che soddisfi tali requisiti. Le risorse sufficienti menzionate nel secondo comma sono quelle indicate all'articolo 12, paragrafo 2, terzo comma. Capo IV Diritto di soggiorno permanente Sezione I Acquisizione Articolo 14 Norma generale per i cittadini dell'Unione e i loro familiari 1. Il cittadino dell'Unione che abbia risieduto legalmente ed in via continuativa per quattro anni nel territorio dello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in tale territorio. Tale diritto non è più subordinato alle condizioni di cui al Capo III. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che abbiano risieduto per quattro anni assieme al cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante. 3. Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a quattro anni consecutivi. Articolo 15 Deroghe a favore dei lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro familiari 1. In deroga all'articolo 14, ha diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante prima della maturazione dei quattro anni di residenza continua: a) il lavoratore subordinato o autonomo il quale nel momento in cui cessa l'attività professionale ha raggiunto l'età prevista dalla legislazione dello Stato membro ospitante ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione di vecchiaia, o il quale cessa di svolgere un'attività subordinata a seguito di pensionamento anticipato, qualora vi abbia svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e vi abbia risieduto in via continuativa per oltre tre anni. Per le categorie di lavoratori autonomi cui la legislazione di tale Stato membro non riconosca il diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa all'età è considerata soddisfatta quando il beneficiario ha raggiunto l'età di 60 anni; b) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, essendo residente in modo continuativo nel territorio di detto Stato membro da oltre due anni, cessa di esercitare l'attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente. Ove tale incapacità sia stata causata da un infortunio di lavoro o da una malattia professionale che dà diritto ad una prestazione interamente o parzialmente a carico di un'istituzione di detto Stato, non si applica alcuna condizione relativa alla durata della residenza; c) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, dopo tre anni d'attività e di residenza continuativa nel territorio di tale Stato membro, eserciti un'attività subordinata o autonoma nel territorio di un altro Stato membro, pur conservando la sua residenza nel territorio del primo Stato e facendovi ritorno in linea di principio ogni giorno o almeno una volta alla settimana. Ai fini dell'acquisizione dei diritti previsti al primo comma, lettere a) e b), i periodi d'attività svolta nel territorio dell'altro Stato membro sono considerati periodi di attività svolta nel territorio dello Stato membro di residenza. I periodi di disoccupazione involontaria, debitamente comprovati dall'ufficio del lavoro competente, o i periodi di sospensione dell'attività indipendenti dalla volontà dell'interessato e l'assenza dal lavoro o la cessazione dell'attività per motivi di malattia o infortunio sono considerati periodi di occupazione. 2. La sussistenza delle condizioni relative alla durata della residenza e dell'attività previste al paragrafo 1, lettera a) e della condizione relativa alla durata della residenza prevista al paragrafo 1, lettera b) non è necessaria se il coniuge del lavoratore è cittadino dello Stato membro ospitante o ha perso la cittadinanza di questo Stato a seguito di matrimonio con l'interessato. 3. Anche i familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato o autonomo che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in forza del paragrafo 1 godono del diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante. 4. Hanno diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante i familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato o autonomo, deceduto durante la vita professionale attiva senza avere acquisito il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato stesso a norma del paragrafo 1, a condizione che: a) il lavoratore subordinato o autonomo fosse residente, alla data del suo decesso, in via continuativa nel territorio di questo Stato membro da un anno, o b) il suo decesso sia avvenuto in seguito ad un infortunio di lavoro o ad una malattia professionale, o c) il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza di tale Stato a seguito del suo matrimonio con il lavoratore. Articolo 16 Acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte di taluni familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro Fatto salvo l'articolo 15, i familiari del cittadino dell'Unione, di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e all'articolo 13, paragrafo 2, che soddisfano le condizioni prescritte da queste disposizioni, acquisiscono il diritto di soggiorno permanente dopo il decorso di quattro anni di residenza continua dal loro arrivo nello Stato membro ospitante. Sezione II Formalità amministrative Articolo 17 Carta di soggiorno permanente 1. Gli Stati membri rilasciano ai titolari del diritto di soggiorno permanente una carta di soggiorno permanente entro tre mesi della presentazione della domanda. La carta di soggiorno permanente ha validità illimitata. Essa è rinnovabile di diritto ogni dieci anni. 2. Il termine per la presentazione della domanda di carta di soggiorno permanente non può essere inferiore a due anni dall'acquisizione del diritto. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono tuttavia presentare tale domanda prima della scadenza della prima carta di soggiorno. Il mancato adempimento dell'obbligo di richiedere la carta di soggiorno può essere assoggettato a sanzioni proporzionate e non discriminatorie. 3. Le interruzioni di soggiorno di durata inferiore o uguale a quattro anni non incidono sulla validità della carta di soggiorno permanente. Articolo 18 Continuità della residenza 1. La continuità della residenza può essere comprovata con qualsiasi mezzo di prova ammesso dallo Stato membro di residenza. Tale continuità non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all'anno, né da assenze di durata superiore dovute a motivi rilevanti , quali l'assolvimento degli obblighi militari, le malattie gravi, la gravidanza e la maternità, il compimento di studi o corsi di formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo. 2. La continuità della residenza è interrotta da qualsiasi provvedimento di allontanamento validamente adottato nei confronti dell'interessato, salvo che ne venga sospesa l'esecuzione. CAPITOLO V Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente Articolo 19 Campo di applicazione territoriale Il diritto di soggiorno ed il diritto di soggiorno permanente si estendono a tutto il territorio dello Stato membro. Limitazioni territoriali del diritto di soggiorno e del diritto di soggiorno permanente possono essere stabilite dagli Stati membri soltanto nei casi in cui siano previste anche per i cittadini nazionali. Articolo 20 Diritti connessi I familiari del cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro hanno diritto di esercitare un'attività economica come lavoratori subordinati o autonomi. Articolo 21 Parità di trattamento 1. Il cittadino dell'Unione che risiede nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d'applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. 2. In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è obbligato, prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, ad attribuire il diritto a prestazioni d'assistenza sociale alle persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi o loro familiari, né il diritto a borse di mantenimento ai titolari del diritto di soggiorno che si siano recati nel territorio nazionale per motivi di studio. Articolo 22 Disposizioni generali riguardanti i documenti di soggiorno 1. Il possesso dell'attestato d'iscrizione, della ricevuta della domanda di carta di soggiorno, di una carta di soggiorno di familiare o di una carta di soggiorno permanente non può in alcun caso costituire una condizione preliminare per l'esercizio di attività economiche, per la concessione di prestazioni o benefici o per lo svolgimento di pratiche amministrative. 2. I documenti menzionati nel paragrafo 1 sono rilasciati a titolo gratuito o dietro versamento di una somma non eccedente i diritti e le tasse richiesti ai cittadini nazionali per il rilascio di documenti analoghi. Articolo 23 Controlli da parte delle autorità competenti Gli Stati membri possono controllare l'osservanza dell'obbligo, eventualmente prescritto dal diritto nazionale, di portare sempre con sé l'attestato d'iscrizione o la carta di soggiorno, a condizione che i cittadini nazionali siano soggetti allo stesso obbligo per quanto riguarda il possesso della carta d'identità. In caso d'inosservanza di tale obbligo, gli Stati membri possono applicare le stesse sanzioni che irrogano ai cittadini nazionali in caso di violazione dell'obbligo di portare con sé la carta d'identità. Articolo 24 Garanzie procedurali 1. Ferme restando le disposizioni del Capo VI, i procedimenti previsti agli articoli 28 e 29 si applicano altresì a tutti i provvedimenti di allontanamento adottati dallo Stato membro ospitante nei confronti del cittadino dell'Unione o dei suoi familiari per motivi non attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica. 2. Lo Stato membro ospitante non può disporre, in aggiunta ai provvedimenti di allontanamento di cui al paragrafo 1, il divieto d'ingresso nel territorio nazionale. Capo VI Limitazioni del diritto d'ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica Articolo 25 Principi generali 1 Le disposizioni del presente capo si applicano ai provvedimenti di diniego d'ingresso o di allontanamento dal territorio del cittadino dell'Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, adottate per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici. 2. I provvedimenti di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non può automaticamente giustificare l'adozione di tali provvedimenti. Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia attuale e sufficientemente grave, che pregiudichi un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione. Il comportamento personale non può essere considerato sufficientemente grave se lo Stato membro interessato non adotta serie misure repressive contro il medesimo comportamento quando esso è tenuto da cittadini nazionali. 3. La scadenza del documento d'identità, che ha consentito l'ingresso nello Stato membro ospitante e il rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno, non può giustificare l'allontanamento dal territorio. 4. In occasione del rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno lo Stato membro ospitante può, qualora lo giudichi indispensabile, chiedere allo Stato membro di origine, ed eventualmente agli altri Stati membri, informazioni sui precedenti penali del cittadino dell'Unione o di un suo familiare. Tale consultazione non può avere carattere sistematico. Lo Stato membro consultato deve fare pervenire la propria risposta entro due mesi. 5. Lo Stato membro che ha rilasciato il documento d'identità riammette senza formalità nel suo territorio il titolare di tale documento, anche qualora questo sia scaduto o sia contestata la cittadinanza del titolare. Articolo 26 Protezione contro l'espulsione 1. Prima di adottare un provvedimento di espulsione dal territorio per motivi d'ordine pubblico o di sicurezza pubblica, lo Stato membro ospitante deve tenere segnatamente conto della durata della residenza dell'interessato nel suo territorio, della sua età, del suo stato di salute, della situazione familiare e economica, dell'integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e dei suoi legami con il suo paese d'origine. 2. Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di espulsione dal territorio per motivi d'ordine pubblico o di sicurezza pubblica nei confronti del cittadino dell'Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio, o del familiare che sia minore d'età. Articolo 27 Sanità pubblica 1. Le sole malattie o infermità che possono giustificare il diniego dell'ingresso o del diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro sono quelle per le quali è prescritto un periodo di quarantena, indicate nel regolamento sanitario internazionale n. 2 del 25 maggio 1951 dell'Organizzazione mondiale della sanità nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempre che nel paese ospitante esse siano oggetto di disposizioni di protezione per i cittadini. Gli Stati membri non possono introdurre nuove disposizioni e pratiche più restrittive di quelle già esistenti alla data dell'entrata in vigore della presente direttiva. 2. L'insorgere di malattie o infermità successivamente all'iscrizione presso l'autorità competente del comune di residenza o al rilascio della prima carta di soggiorno non può giustificare il diniego della carta di soggiorno permanente o l'allontanamento dal territorio. 3. Ove sussistano seri indizi, lo Stato membro può sottoporre a visita medica gratuita i titolari del diritto di soggiorno, al fine di accertare che non soffrano delle malattie indicate nel paragrafo 1. Tali visite mediche non possono avere carattere sistematico. Articolo 28 Notificazione dei provvedimenti 1. Il provvedimento di diniego dell'ingresso o di allontanamento dal territorio deve essere notificato all'interessato secondo modalità che consentano a questi di comprenderne il contenuto e le conseguenze. 2. I motivi circostanziati e completi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica che giustificano l'adozione del provvedimento nei suoi confronti sono comunicati per iscritto all'interessato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. 3. La notifica riporta l'indicazione dell'organo giurisdizionale dinanzi al quale l'interessato può presentare ricorso e il termine entro il quale deve agire e, eventualmente, l'indicazione del termine impartito per l'abbandono del territorio. Fatti salvi i casi di emergenza debitamente comprovati , tale termine non può essere inferiore a quindici giorni se l'interessato non si è ancora iscritto presso l'autorità competente del comune di residenza o se non ha ancora ricevuto la carta di soggiorno, e ad un mese negli altri casi. Articolo 29 Garanzie procedurali 1. In caso di adozione di provvedimenti di diniego dell'ingresso, di allontanamento o di diniego dell'attestato d'iscrizione, della carta di soggiorno o della carta di soggiorno permanente per motivi d'ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica, l'interessato può accedere ai mezzi di impugnazione amministrativi e giurisdizionali esistenti nello Stato membro ospitante. 2. Se è prevista la possibilità di un ricorso amministrativo, l'autorità amministrativa adotta il provvedimento, salvi i casi d'urgenza, soltanto dopo aver sentito il parere di un'autorità competente dello Stato membro ospitante, diversa da quella competente ad adottare i provvedimenti indicati al paragrafo 1, dinanzi alla quale l'interessato, su sua richiesta, possa far valere personalmente i propri mezzi di difesa, a meno che vi ostino motivi di sicurezza dello Stato, o farsi assistere o rappresentare secondo le norme procedurali stabilite dalla legislazione nazionale. 3. Se il ricorso giurisdizionale non ha effetto sospensivo, il giudice adito deve avere facoltà di ordinare, con procedimento sommario, la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato fino alla sentenza definitiva. 4. Il controllo del giudice adito verte sulla legittimità del provvedimento nonché sui fatti e sulle circostanze che ne giustificano l'adozione. Il giudice accerta altresì che il provvedimento non sia sproporzionato rispetto alle esigenze poste dall'articolo 26. 5. Gli Stati membri possono vietare la presenza dell'interessato nel loro territorio fino alla data del procedimento, ma non possono vietare che compaia di persona dinanzi al giudice nazionale. Articolo 30 Effetti nel tempo del divieto di ingresso nel territorio 1. Gli Stati membri non possono adottare nei confronti dei beneficiari della presente direttiva alcun provvedimento permanente di divieto d'ingresso nel territorio. 2. La persona nei cui confronti sia stato adotto un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi d'ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica può presentare una nuova domanda d'ingresso nel territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo determinato in funzione delle circostanze e comunque non superiore a due anni dal provvedimento di allontanamento validamente adottato ai sensi del diritto comunitario, nella quale essa deve addurre argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo cambiamento delle circostanze che hanno motivato l'adozione del provvedimento di allontanamento. Lo Stato membro interessato deve pronunciarsi in merito alla nuova domanda entro tre mesi dalla data di presentazione della stessa. 3. La persona di cui al paragrafo 2 non ha diritto d'ingresso nel territorio nazionale durante l'esame della sua nuova domanda. Articolo 31 Espulsione a titolo di pena o misura accessoria 1. Lo Stato membro ospitante può validamente adottare un provvedimento di espulsione dal territorio a titolo di pena o di misura accessoria ad una pena detentiva soltanto nel rispetto norme stabilite negli articoli 25, 26, 27 e 30, paragrafo 1. 2. Prima di procedere all'esecuzione del provvedimento di espulsione, lo Stato membro deve verificare che la minaccia per l'ordine pubblico o per la sicurezza pubblica sia tuttora attuale e reale, e valutare l'eventuale cambiamento delle circostanze intervenuto dopo l'adozione del provvedimento di espulsione stesso. Capo VII Disposizioni finali Articolo 32 Pubblicità Gli Stati membri diffondono le informazioni relative ai diritti e agli obblighi dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 33 Sanzioni Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimento necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive e devono essere analoghe a quelle che gli Stati membri applicano ai propri cittadini per illeciti di lieve entità. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali disposizioni entro la data indicata all'articolo 37 e provvedono a comunicare immediatamente le eventuali successive modifiche. Articolo 34 Disposizioni nazionali più favorevoli Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di diritto interno che siano più favorevoli ai beneficiari della presente direttiva. Articolo 35 Abrogazione 1. Gli articoli 10 e 11 del regolamento (CEE) n. 1612/68 sono abrogati con effetto a decorrere dal 1° luglio 2003. 2. Le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE sono abrogate con effetto a decorrere dal 1° luglio 2003. Articolo 36 Relazione Entro il 1° luglio 2006, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e, all'occorrenza, opportune proposte. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili ai fini della relazione. Articolo 37 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 1° luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° luglio 2003. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le modalità di tali riferimenti. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 38 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 39 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il Per il Parlamento europeo Per il Consiglio La Presidente Il Presidente