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Documento 62000CJ0050

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Parole chiave
Massima

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1. Diritto comunitario - Principi - Diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale - Consacrazione da parte della Convenzione europea dei diritti dell'uomo

2. Comunità europee - Sindacato giurisdizionale della legittimità degli atti delle istituzioni - Atti di portata generale - Necessità per le persone fisiche o giuridiche di esperire il rimedio giurisdizionale dell'eccezione di illegittimità o del rinvio pregiudiziale per la valutazione di validità - Obbligo dei giudici nazionali di applicare le norme procedurali nazionali in modo da consentire l'impugnazione della legittimità degli atti comunitari di portata generale - Possibilità di ricorso di annullamento dinanzi al giudice comunitario in caso di ostacolo insormontabile a livello delle norme procedurali nazionali - Esclusione

[Trattato CE, artt. 5, 177 e 184 (divenuti artt. 10 CE, 234 CE e 241 CE) e art. 173, n. 4 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, n. 4, CE)]

3. Ricorso di annullamento - Persone fisiche o giuridiche - Atti che le riguardano direttamente e individualmente - Interpretazione contra legem del requisito relativo alla necessità di essere individualmente interessati - Inammissibilità

[Trattato CE, art. 173, n. 4 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, n. 4, CE); art. 48 UE]

Massima

1. La Comunità europea è una comunità di diritto nella quale le relative istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti al Trattato e ai principi generali del diritto di cui fanno parte i diritti fondamentali.

Pertanto, i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti loro dall'ordinamento giuridico comunitario, poiché il diritto a detta tutela fa parte dei principi giuridici generali che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Tale diritto è stato anche sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

( v. punti 38-39 )

2. Il Trattato, con i suoi artt. 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE) e 184 (divenuto art. 241 CE) e in base al suo art. 177 (divenuto art. 234 CE), ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario. Nell'ambito di tale sistema, non potendo, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all'art. 173, quarto comma, del Trattato, impugnare direttamente atti comunitari di portata generale, le persone fisiche o giuridiche hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l'invalidità di tali atti, vuoi in via incidentale in forza dell'art. 184 del Trattato, dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali e di indurre questi ultimi, che non sono competenti ad accertare direttamente l'invalidità di tali atti, a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale.

Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

In tale contesto, in conformità al principio di leale collaborazione sancito dall'art. 5 del Trattato (divenuto art. 10 CE), i giudici nazionali sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l'esercizio delle azioni in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all'applicazione nei loro confronti di un atto comunitario di portata generale, eccependo l'invalidità di quest'ultimo.

A questo proposito, non è ammissibile un'interpretazione del regime dei rimedi giurisdizionali secondo cui un ricorso diretto di annullamento dinanzi al giudice comunitario sarebbe possibile se si potesse dimostrare, dopo un esame concreto da parte di quest'ultimo delle norme procedurali nazionali, che queste ultime non autorizzano il singolo a intentare un'azione che gli consenta di contestare la validità dell'atto comunitario impugnato. Infatti, un sistema del genere richiederebbe che, per ogni caso specifico, il giudice comunitario esamini e interpreti il diritto processuale nazionale, il che esulerebbe dalla sua competenza nell'ambito del controllo della legittimità degli atti comunitari.

( v. punti 40-43 )

3. In base al sistema del controllo della legittimità degli atti comunitari di portata generale istituito dal Trattato, una persona fisica o giuridica può presentare un ricorso contro un regolamento solo qualora essa sia interessata non solo direttamente, ma anche individualmente da tale atto. Se è vero che quest'ultimo requisito deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle diverse circostanze atte a individuare un ricorrente, tale interpretazione non può condurre ad escludere il requisito di cui trattasi, espressamente previsto dal Trattato, senza eccedere le competenze attribuite da quest'ultimo ai giudici comunitari.

Anche se è indubbiamente concepibile un sistema di controllo della legittimità degli atti comunitari di portata generale diverso da quello istituito dal Trattato originario e mai modificato nei suoi principi, spetta, se del caso, agli Stati membri, in conformità all'art. 48 UE, riformare il sistema attualmente in vigore.

( v. punti 44-45 )

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