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Document 61995TJ0113

    Wyrok Sądu pierwszej instancji (trzecia izba) z dnia 23 kwietnia 1996 r.
    Giuseppe Mancini przeciwko Komisji Wspólnot Europejskich.
    Urzędnicy - Dopuszczalność - Termin na złożenie zażalenia.
    Sprawa T-113/95.

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:1996:53

    61995A0113

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione) del 23 aprile 1996. - Giuseppe Mancini contro Commissione delle Comunità europee. - Dipendenti - Ricevibilità - Termine per la presentazione del reclamo. - Causa T-113/95.

    raccolta della giurisprudenza - pubblico impiego 1996 pagina IA-00185
    pagina II-00543


    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parti


    ++++

    Nella causa T-113/95,

    Giuseppe Mancini, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Varese, con l'avv. Giuseppe Marchesini, patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione della Repubblica italiana, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Ernest Arendt, 8-10, rue Matthias Hardt,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    convenuta,

    avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione con cui il ricorrente è stato sollevato dalle proprie funzioni

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE

    (Terza Sezione),

    composto dai signori C.P. Briët, presidente, B. Vesterdorf e A. Potocki, giudici,

    cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale,

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 febbraio 1996,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    Fatti

    1 All'epoca dei fatti in argomento il ricorrente, dipendente del ruolo scientifico e tecnico, era in servizio presso l'Istituto di Ingegneria dei Sistemi e Informatica (in prosieguo: l'«ISEI») - Unità ingegneria dei sistemi e affidabilità - del Centro comune di ricerca di Ispra (in prosieguo: il «CCR»), ove svolgeva le funzioni di «Project manager» del progetto CEO (Centre for Earth Observation).

    2 Il 21 marzo 1994 nel corso di un colloquio con il signor W., direttore dell'ISEI, il ricorrente, che aveva personalmente espresso l'intenzione di non ricoprire oltre il proprio incarico, in particolare con lettera 11 gennaio 1994 inviata allo stesso direttore, veniva informato di essere stato sollevato dalle sue funzioni.

    3 Il 24 marzo 1994 il ricorrente presentava una domanda, ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), sollecitando l'eventuale conferma del provvedimento adottato e, se del caso, della motivazione dello stesso con l'esposizione dei fatti che ne costituivano il fondamento.

    4 Il 18 aprile 1994 il direttore generale del CCR confermava verbalmente la decisione di rimuovere il ricorrente dal suo incarico.

    5 Il 24 ottobre 1994 il ricorrente presentava un reclamo ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto.

    6 L'autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN») rispondeva a tale reclamo con lettera 20 aprile 1995, a firma del direttore generale del personale e dell'amministrazione.

    7 In queste circostanze, il ricorrente ha proposto il presente ricorso che è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale l'8 maggio 1995.

    8 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Le difese orali delle parti e le risposte da esse fornite ai quesiti del Tribunale sono state sentite all'udienza del 15 febbraio 1996.

    Conclusioni delle parti

    9 Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

    - dichiarare illegittima la rimozione del ricorrente dalle funzioni di Project Manager del CEO in quanto disposta in violazione dei requisiti di forma, di motivazione e di garanzie che presiedono all'adozione di provvedimenti che incidono sulla carriera del dipendente;

    - annullare il provvedimento intervenuto in fatto e condannare la Commissione a reintegrare il ricorrente nelle precedenti funzioni;

    - concedere al ricorrente il risarcimento del danno morale nella misura di 10 000 ECU;

    - condannare la Commissione alle spese.

    10 Con atto depositato in cancelleria il 5 luglio 1995 la Commissione ha sollevato un'eccezione d'irricevibilità ai sensi dell'art. 114 del regolamento di procedura. Essa conclude che il Tribunale voglia:

    - dichiarare il ricorso irricevibile;

    - statuire sulle spese come di diritto.

    11 Il ricorrente, nelle osservazioni presentate in ordine all'eccezione d'irricevibilità, conclude che il Tribunale voglia:

    - respingere l'eccezione d'irricevibilità o, in subordine, riunire le questioni di ricevibilità con la trattazione del merito;

    - in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

    Sulla ricevibilità

    Argomenti delle parti

    12 La Commissione deduce che il ricorso è tardivo e, quindi, irricevibile.

    13 Essa sostiene che, sin dal 21 marzo 1994, il ricorrente era stato informato verbalmente della decisione che lo riguardava. Tale decisione costituirebbe un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto. Risulterebbe infatti dal testo stesso di tale disposizione nonché dalla giurisprudenza della Corte in materia (sentenza 9 febbraio 1984, cause riunite 316/82 e 40/83, Kohler/Corte dei conti, Racc. pag. 641) che un atto del genere può anche essere semplicemente orale.

    14 Ora, per giurisprudenza, il dipendente che intenda contestare una decisione dell'APN che costituisca, nei suoi confronti, un atto lesivo non può attivare la fase precontenziosa presentando una domanda, ma deve presentare direttamente un reclamo avverso il detto atto (ordinanza del Tribunale 7 giugno 1991, causa T-14/91, Weyrich/Commissione, Racc. pag. II-235).

    15 Nel caso di specie, pertanto, il ricorrente avrebbe dovuto proporre direttamente un reclamo all'APN nei termini stabiliti dall'art. 90 dello Statuto, anziché presentare in via preventiva una domanda. Il reclamo andava quindi proposto entro il termine di tre mesi a decorrere dal 21 marzo 1994 o, al limite, dal 18 aprile 1994, data in cui la decisione gli è stata confermata verbalmente. Il reclamo presentato il 24 ottobre 1994 sarebbe quindi palesemente tardivo.

    16 La Commissione soggiunge che, anche qualora la domanda presentata il 24 marzo 1994 dovesse essere qualificata ex novo come reclamo, il ricorso rimarrebbe tardivo in quanto proposto ben oltre il termine di tre mesi dalla data della decisione implicita di rigetto.

    17 Essa ricorda inoltre che, secondo una giurisprudenza costante, i termini stabiliti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto sono inderogabili e né le parti né il giudice possono disporne. Essi non possono costituire oggetto di deroghe, salvo in casi eccezionali a motivo del verificarsi di un fatto nuovo sostanziale, idoneo a far decorrere nuovi termini di impugnazione, ipotesi questa estranea al caso in esame.

    18 La Commissione sottolinea infine che, per giurisprudenza (sentenza del Tribunale 25 settembre 1991, causa T-54/90, Lacroix/Commissione, Racc. pag. II-749), nessuna conseguenza può essere tratta dal fatto che l'APN abbia risposto ad un reclamo tardivo del ricorrente senza contestarne la tardività.

    19 Secondo il ricorrente, in presenza delle imperative disposizioni dell'art. 25 dello Statuto, il termine di reclamo dovrebbe ragionevolmente decorrere dalla comunicazione scritta del provvedimento individuale o, com'è avvenuto nella fattispecie, dalla data in cui è stata acquisita la decisione implicita del rifiuto di comunicare un provvedimento motivato. Per il resto, il ricorrente formula alcune osservazioni generali sostenendo che l'accoglimento dell'eccezione d'irricevibilità darebbe prova di un rigore ingiustificato, contrario all'aspettativa legittima di dover ricevere un provvedimento formale, al dovere di trasparenza nonché all'esigenza di assicurare la più larga tutela amministrativa e giurisdizionale.

    Giudizio del Tribunale

    20 In limine, si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, i termini per il reclamo e per il ricorso fissati dagli artt. 90 e 91 dello Statuto sono inderogabili e le parti non possono disporne (v., in particolare, sentenza Lacroix/Commissione, citata, punto 24).

    21 Il Tribunale considera che occorre anzitutto stabilire se, come ha affermato la Commissione, la rimozione dall'incarico, comunicata verbalmente dall'APN nel corso del colloquio del 21 marzo 1994, costituisca un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto.

    22 Secondo una costante giurisprudenza, possono essere considerati lesivi soltanto gli atti che incidono direttamente e immediatamente sulla situazione giuridica degli interessati (ordinanza Weyrich/Commissione, citata, punto 35).

    23 In primo luogo, il Tribunale constata che la circostanza che la comunicazione data al ricorrente sia stata soltanto orale non è di per sé sufficiente ad escludere la qualificazione di atto che arrechi pregiudizio ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto. La Corte ha infatti dichiarato che «[l]a circostanza che una decisione impugnabile possa essere orale non è, in linea di principio, esclusa da una disposizione di portata generale, né da disposizioni particolari dello Statuto del personale. In particolare, l'art. 90, n. 2, dello Statuto, che dispone che i dipendenti possono presentare all'APN "un reclamo avverso un atto (...)" non esclude che un atto del genere possa essere enunciato oralmente. L'emissione di un atto orale non è esclusa nemmeno dall'art. 25 dello Statuto, che impone la comunicazione immediata "per iscritto, al funzionario interessato" di qualsiasi decisione individuale. Infatti, la comunicazione è un atto posteriore alla decisione stessa (sentenza 29.10.1981, Arning, causa 125/80, pag. 2539), che è perfetta e che esisteva già prima» (sentenza Kohler/Corte dei conti, citata, punti 9 a 11).

    24 In secondo luogo, il Tribunale rileva che, nel caso di specie, come risulta dal reclamo, il ricorrente è stato rimosso dal proprio incarico in seguito al colloquio del 21 marzo 1994, immediatamente e senza preavviso. E' da quello stesso giorno, infatti, che il ricorrente ha cessato di esercitare le funzioni di Project manager. Inoltre, nel corso del medesimo colloquio, il signor W. aveva comunicato al ricorrente che il direttore generale del CCR, signor C., aveva espresso tre giorni prima il proprio accordo su tale provvedimento.

    25 In queste circostanze, anche se l'assenza della comunicazione scritta prevista dall'art. 25 dello Statuto ha potuto far sorgere dubbi sulla fondatezza della decisione poiché, secondo una giurisprudenza costante, l'obbligo di motivazione sancito da tale disposizione ha lo scopo di permettere al giudice comunitario di sindacare la legittimità dell'atto e all'interessato di verificarne la fondatezza, è pur vero che il ricorrente non poteva ignorare l'effetto diretto e immediato che avrebbe avuto tale atto sulla sua situazione giuridica.

    26 Risulta dalla domanda 24 marzo 1994 e dal reclamo 24 ottobre 1994 che il ricorrente ne era perfettamente consapevole. Infatti, nella domanda presentata tre giorni dopo il colloquio, egli chiedeva «la conferma» della decisione presa. Inoltre, nella domanda come pure nel reclamo il ricorrente fa riferimento alla «decisione» del 21 marzo 1994.

    27 Di conseguenza, il Tribunale conclude che la decisione espressa dal direttore dell'ISEI nel corso del colloquio del 21 marzo 1994 costituisce un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto.

    28 Ora, secondo una giurisprudenza consolidata, risulta dall'economia generale degli artt. 90 e 91 dello Statuto che, qualora l'autorità competente abbia preso nei confronti di un dipendente una decisione che gli arreca pregiudizio, quest'ultimo non può più attivare la fase precontenziosa presentando una domanda, ma deve presentare direttamente, all'APN, un reclamo avverso l'atto lesivo come previsto dall'art. 90, n. 2 (ordinanza Weyrich/Commissione, citata, punto 34).

    29 In queste circostanze, il ricorrente avrebbe dovuto presentare direttamente un reclamo avverso la decisione 21 marzo 1994, nel termine di tre mesi stabilito dall'art. 90, n. 2, dello Statuto. In mancanza di pubblicazione o di notifica, tale termine decorre dal giorno in cui il ricorrente è venuto a conoscenza della decisione ovvero, nel caso di specie, dal 21 marzo 1994.

    30 Di conseguenza, il reclamo presentato il 24 ottobre 1994, vale a dire più di sette mesi dopo che il ricorrente aveva preso conoscenza dell'atto lesivo, è tardivo.

    31 Ad abundantiam, il Tribunale constata che, anche se la lettera del ricorrente 24 marzo 1994, intitolata «domanda», ai sensi dell'art. 90, n. 1, dello Statuto, venisse qualificata ex novo come «reclamo», ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto, il ricorso, proposto l'8 maggio 1995, sarebbe comunque da ritenersi irricevibile, in quanto presentato ben oltre il termine stabilito dall'art. 91, n. 3, secondo trattino, dello Statuto.

    32 Occorre infine ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che un'istituzione entri nel merito di un reclamo amministrativo tardivo non può far derogare al sistema di termini inderogabili previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto né può privare l'amministrazione della facoltà di eccepire, in sede giurisdizionale, la tardività del reclamo (ordinanza Weyrich/Commissione, citata, punto 42).

    33 Di conseguenza, nel caso di specie, il fatto che l'APN abbia, con lettera 20 aprile 1995, risposto al reclamo tardivo del ricorrente, senza contestarne la tardività, non può aver l'effetto di riaprire i termini per il ricorso giurisdizionale, termini che il ricorrente ha lasciato decadere.

    34 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il presente ricorso deve essere dichiarato irricevibile.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    35 Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. In forza dell'art. 88 del medesimo regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Tuttavia, ai sensi dell'art. 87, n. 3, primo comma, del medesimo regolamento, per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese.

    36 Nel caso di specie, il Tribunale constata che il ricorso è stato ampiamente motivato dalla volontà di ottenere dall'APN la comunicazione scritta della decisione presa. L'APN, infatti, in spregio dell'obbligo di motivazione sancito dall'art. 25 dello Statuto, che, per giurisprudenza costante, ha lo scopo di consentire la valutazione della fondatezza e della legittimità della decisione, e malgrado le ripetute richieste del ricorrente, non ha inviato a quest'ultimo alcuna comunicazione scritta durante la fase precontenziosa. Soltanto dopo aver proposto il presente ricorso il ricorrente ha ottenuto una lettera dell'APN.

    37 Alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale considera che verrà fatta una corretta applicazione dell'art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, ripartendo le spese di modo che la Commissione sopporti, oltre alle proprie spese, i due terzi delle spese sostenute dal ricorrente.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE

    (Terza Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1) Il ricorso è irricevibile.

    2) La Commissione sopporterà le proprie spese e i due terzi delle spese sostenute dal ricorrente.

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