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Document 62007CJ0485

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 26 maggio 2011.
Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen contro H. Akdas e altri.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Centrale Raad van Beroep - Paesi Bassi.
Associazione CEE-Turchia - Previdenza sociale dei lavoratori migranti - Revoca delle clausole di residenza - Portata - Indennità integrativa della pensione d’invalidità versata dallo Stato membro ospitante per garantire ai beneficiari i requisiti minimi di sussistenza - Modifica della normativa nazionale - Soppressione di detta indennità integrativa in caso di residenza del beneficiario fuori dal territorio dello Stato membro interessato.
Causa C-485/07.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 I-04499

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:346

Causa C‑485/07

Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen

contro

H. Akdas e altri

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep)

«Associazione CEE-Turchia — Previdenza sociale dei lavoratori migranti — Revoca delle clausole di residenza — Portata — Indennità integrativa della pensione d’invalidità versata dallo Stato membro ospitante per garantire ai beneficiari i requisiti minimi di sussistenza — Modifica della normativa nazionale — Soppressione di detta indennità integrativa in caso di residenza del beneficiario fuori dal territorio dello Stato membro interessato»

Massime della sentenza

1.        Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE-Turchia — Previdenza sociale dei lavoratori migranti

(Decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, art. 6, n. 1, primo comma)

2.        Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE-Turchia — Previdenza sociale dei lavoratori migranti

(Decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia,, art. 6, n. 1, primo comma)

3.        Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE-Turchia — Previdenza sociale dei lavoratori migranti

(Protocollo addizionale all’Accordo di associazione CEE-Turchia, art. 59; regolamento del Consiglio n. 1408/71, art. 10 bis, n. 1; decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, art. 6, n. 1, primo comma)

4.        Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE-Turchia — Divieto di discriminazione in base alla cittadinanza — Portata in materia di previdenza e assistenza sociale

(Accordo di associazione CEE-Turchia, art. 9; decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, artt. 3, n. 1, e 6, n. 1, primo comma)

1.        L’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, deve essere interpretato nel senso che esso ha efficacia diretta, cosicché i cittadini turchi cui si applica questa disposizione hanno il diritto di avvalersene direttamente dinanzi ai giudici degli Stati membri per far disapplicare le norme di diritto interno ad esso contrarie.

Tale norma, infatti, detta un preciso obbligo di risultato, vale a dire il divieto di qualunque limitazione imposta relativamente all’esportazione dei diritti acquisiti dai cittadini turchi interessati a titolo della normativa di uno Stato membro. Un obbligo siffatto, pertanto, può essere fatto valere da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale affinché questo disapplichi le disposizioni contrarie della normativa di uno Stato membro, senza che sia necessaria a tal fine l’adozione di misure di applicazione integrative.

(v. punti 69, 74, dispositivo 1)

2.        L’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro che sopprime l’erogazione di una prestazione quale l’indennità integrativa della pensione d’invalidità, concessa a titolo della normativa nazionale, nei confronti di ex lavoratori migranti turchi, allorché questi ultimi sono ritornati in Turchia dopo aver perso il loro diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante essendo divenuti invalidi in quest’ultimo Stato.

(v. punto 96, dispositivo 2)

3.        La constatazione che i cittadini turchi possono validamente basarsi sull’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE-Turchia, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, per esigere che l’indennità integrativa che essi percepiscono a titolo della normativa nazionale di uno Stato membro continui ad essere loro versata in Turchia non è inficiata dalla circostanza che, per quanto riguarda una prestazione previdenziale come l’indennità integrativa, il regime attualmente previsto dal regolamento n. 1408/71 differisce da quello attuato dalla predetta decisione, e neppure dalla circostanza che, su tale fondamento, lo Stato membro di cui trattasi ha proceduto alla soppressione, per i cittadini dell’Unione, dell’erogazione dell’indennità integrativa, qualora i beneficiari non risiedano nel territorio di detto Stato membro.

Una situazione siffatta non può essere considerata incompatibile con i requisiti dell’art. 59 del protocollo addizionale allegato all’accordo di associazione CEE-Turchia, in base al quale i cittadini turchi non devono essere posti in una situazione più vantaggiosa di quella dei cittadini dell’Unione. In effetti, la situazione di ex lavoratori migranti turchi che sono ritornati in Turchia dopo aver perso il loro diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per il fatto di essere divenuti invalidi in quest’ultimo Stato non può, ai fini dell’applicazione dell’art. 59 del protocollo addizionale, essere utilmente paragonata a quella dei cittadini dell’Unione poiché questi ultimi, essendo titolari del diritto di circolare nonché di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri e conservando quindi il loro diritto di soggiorno nello Stato membro che concede l’indennità di cui trattasi, da un lato, possono scegliere di lasciare il territorio di tale Stato perdendo, di conseguenza, il beneficio di questa indennità e, dall’altro, hanno il diritto di ritornare in qualunque momento nello Stato membro interessato.

(v. punti 82-83, 87-88, 95)

4.        L’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 del consiglio di associazione CEE‑Turchia, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, costituisce l’attuazione e la concreta realizzazione, nel particolare settore della previdenza sociale, del principio generale di non discriminazione in base alla cittadinanza sancito dall’art. 9 dell’accordo di associazione. Come risulta dal suo stesso tenore letterale, l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 si applica fatte salve le disposizioni particolari della detta decisione.

Orbene, l’art. 6, n. 1, primo comma, della medesima decisione costituisce una disposizione particolare. Di conseguenza, l’art. 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia non si applica ad una situazione che rientra nell’ambito di applicazione di detto art. 6, n. 1, primo comma.

(v. punti 98-101, dispositivo 3)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 maggio 2011 (*)

«Associazione CEE-Turchia – Previdenza sociale dei lavoratori migranti – Revoca delle clausole di residenza – Portata – Indennità integrativa della pensione d’invalidità versata dallo Stato membro ospitante per garantire ai beneficiari i requisiti minimi di sussistenza – Modifica della normativa nazionale – Soppressione di detta indennità integrativa in caso di residenza del beneficiario fuori dal territorio dello Stato membro interessato»

Nel procedimento C‑485/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Centrale Raad van Beroep (Paesi Bassi), con decisione 1° novembre 2007, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2007, nella causa

Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen

contro

H. Akdas,

H. Agartan,

Z. Akbulut,

M. Bas,

K. Yüzügüllüer,

E. Keskin,

C. Topaloglu,

A. Cubuk,

S. Sariisik,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.‑J. Kasel (relatore), A. Borg Barthet, M. Ilešič e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen, dal sig. F. Keunen e dalla sig.ra I. Eijkhout, in qualità di agenti;

–        per il sig. Akdas, dall’avv. C. de Roy van Zuydewijn, advocaat;

–        per il sig. Agartan, dall’avv. D. Schaap, advocaat;

–        per il sig. Bas, dall’avv. N. Türkkol, advocaat;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels, C. ten Dam e M. Noort, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston‑Cross, in qualità di agente, assistita dai sigg. J. Coppel e T. Ward, barristers;

–        per la Commissione europea, dai sigg. M. van Beek e V. Kreuschitz, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 9 dell’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, 217, pag. 3685; in prosieguo: l’«accordo di associazione»), dell’art. 59 del protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760 (GU L 293, pag. 1; in prosieguo: il «protocollo addizionale»), nonché degli artt. 3, n. 1, e 6, n. 1, primo comma, della decisione del consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 3, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari (GU 1983, C 110, pag. 60; in prosieguo: la «decisione n. 3/80»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen (consiglio di amministrazione dell’istituto di gestione delle assicurazioni per i lavoratori; in prosieguo: l’«Uwv») e il sig. Akdas ed altri otto ex lavoratori migranti turchi, in merito alla revoca di un’indennità integrativa della pensione d’invalidità (in prosieguo: la «prestazione aggiuntiva») versata a questi ultimi in base alla normativa olandese.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

 L’associazione CEE-Turchia

–        L’accordo di associazione

3        Conformemente al suo art. 2, n. 1, l’accordo di associazione ha lo scopo di promuovere il rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti, incluso il settore della manodopera, mediante la realizzazione graduale della libera circolazione dei lavoratori (art. 12 dell’accordo di associazione), nonché mediante l’eliminazione delle restrizioni alla libertà di stabilimento (art. 13 del detto accordo) e alla libera prestazione dei servizi (art. 14 dello stesso accordo), allo scopo di elevare il tenore di vita del popolo turco e di facilitare ulteriormente l’adesione della Repubblica di Turchia alla Comunità (quarto ‘considerando’ del preambolo e art. 28 di tale accordo).

4        A tal fine, l’accordo di associazione comporta una fase preparatoria che consente alla Repubblica di Turchia di rafforzare la sua economia con l’aiuto della Comunità (art. 3 di tale accordo), una fase transitoria, nel corso della quale vengono garantiti l’attuazione progressiva di un’unione doganale e il ravvicinamento delle politiche economiche (art. 4 del detto accordo) e una fase definitiva che si basa sull’unione doganale e implica il rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche delle parti contraenti (art. 5 dello stesso accordo).

5        L’art. 6 dell’accordo di associazione dispone quanto segue:

«Per assicurare l’applicazione ed il progressivo sviluppo del regime di Associazione, le Parti Contraenti si riuniscono in un Consiglio di Associazione che agisce nei limiti delle attribuzioni conferitegli dall’Accordo».

6        Ai sensi dell’art. 8 dell’accordo di associazione, inserito nel titolo II di quest’ultimo, intitolato «Attuazione della fase transitoria»:

«Per realizzare gli obiettivi enunciati nell’articolo 4, il Consiglio di Associazione stabilisce, prima che abbia inizio la fase transitoria e secondo la procedura prevista dall’articolo 1 del protocollo provvisorio, le condizioni, le modalità e il ritmo di applicazione delle disposizioni riguardanti i settori contemplati nel [Trattato CE] che dovranno essere presi in considerazione, e in particolare quelli menzionati nel presente Titolo, nonché ogni clausola di salvaguardia che risultasse utile».

7        L’art. 9 dell’accordo di associazione, inserito nello stesso titolo II di quest’ultimo, è così formulato:

«Le Parti Contraenti riconoscono che nel campo di applicazione dell’Accordo, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari eventualmente fissate in applicazione dell’articolo 8, qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata in conformità del principio enunciato nell’articolo [12 CE]».

8        L’art. 12 dell’accordo di associazione, contenuto anch’esso nel titolo II di quest’ultimo, capitolo 3, recante il titolo «Altre disposizioni di carattere economico», così recita:

«Le Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli articoli [39 CE], [40 CE] e [41 CE] per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

9        A termini dell’art. 22, n. 1, dell’accordo di associazione:

«Per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo [di associazione] e nei casi da questo previsti, il Consiglio di Associazione dispone di un potere di decisione. Ognuna delle due parti è tenuta a prendere le misure necessarie all’esecuzione delle decisioni adottate. (...)».

–      Il protocollo addizionale

10      Il protocollo addizionale che, ai sensi dell’art. 62 del medesimo, costituisce parte integrante dell’accordo di associazione, stabilisce, a termini dell’art. 1, le condizioni, le modalità ed i ritmi di realizzazione della fase transitoria contemplata all’art. 4 di detto accordo.

11      Il protocollo addizionale contiene un titolo II, intitolato «Circolazione delle persone e dei servizi», il cui capitolo I riguarda «[i] lavoratori».

12      L’art. 36 del protocollo addizionale, ricompreso in detto capitolo I, prevede che la libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunità e la Turchia verrà realizzata gradualmente, conformemente ai principi enunciati all’art. 12 dell’accordo di associazione, tra la fine del dodicesimo e del ventiduesimo anno successivo all’entrata in vigore dell’accordo medesimo e che il consiglio di associazione stabilirà le modalità all’uopo necessarie.

13      L’art. 39 del protocollo addizionale così recita:

«1.      Prima della fine del primo anno dall’entrata in vigore del presente protocollo, il consiglio di Associazione adotta disposizioni in materia di sicurezza sociale a favore dei lavoratori di nazionalità turca che si spostano all’interno della Comunità e delle loro famiglie residenti nella Comunità.

2.      Queste disposizioni dovranno permettere ai lavoratori di nazionalità turca, secondo modalità da fissare, il cumulo di periodi di assicurazione o di occupazione trascorsi nei vari Stati membri per quanto riguarda le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e d’invalidità, nonché l’assistenza sanitaria del lavoratore e della sua famiglia residenti nella Comunità. Queste disposizioni non potranno creare un obbligo per gli Stati membri della Comunità di prendere in considerazione i periodi trascorsi in Turchia.

3.      Le disposizioni di cui sopra devono permettere di assicurare il pagamento degli assegni familiari quando la famiglia del lavoratore risiede nella Comunità.

4.      Le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e di invalidità acquisite in virtù delle disposizioni prese in applicazione del paragrafo 2 dovranno poter essere esportate in Turchia.

5.      Le disposizioni di cui al presente articolo non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti dagli accordi bilaterali esistenti tra la Turchia e gli Stati membri della Comunità se essi prevedono un regime più favorevole ai cittadini turchi».

14      L’art. 59 del protocollo addizionale stabilisce come segue:

«Nei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non può beneficiare di un trattamento più favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virtù del [Trattato CE]».

–        La decisione n. 3/80

15      La decisione n. 3/80, adottata dal consiglio di associazione sul fondamento dell’art. 39 del protocollo addizionale, è diretta al coordinamento dei regimi di previdenza sociale degli Stati membri al fine di consentire ai lavoratori turchi occupati o che siano stati occupati in uno o più Stati membri della Comunità, nonché ai familiari di tali lavoratori e ai loro superstiti, il godimento di prestazioni nei settori tradizionali della previdenza sociale. A tal fine, le disposizioni di tale decisione vengono riprese, sostanzialmente, da talune disposizioni del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2).

16      L’art. 2 della decisione n. 3/80, intitolato «Campo di applicazione quanto alle persone», così recita:

«La presente decisione si applica:

–        ai lavoratori che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini della Turchia,

–        ai familiari di tali lavoratori, che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri,

–        ai superstiti di tali lavoratori».

17      L’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, recante il titolo «Parità di trattamento», e che riprende il testo dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, dispone quanto segue:

«Le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni della presente decisione, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari della presente decisione».

18      L’art. 4 della decisione n. 3/80, intitolato «Campo d’applicazione ratione materiae», prevede, ai nn. 1 e 2, quanto segue:

«1.      La presente decisione si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

a)      le prestazioni di malattia e di maternità;

b)      le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o      migliorare la capacità di guadagno;

c)      le prestazioni di vecchiaia;

d)      le prestazioni ai superstiti;

e)      le prestazioni per infortunio sul lavoro e malattia professionali;

f)      gli assegni in caso di morte;

g)      le prestazioni di disoccupazione;

h)      le prestazioni familiari.

2.      La presente decisione si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi (…)».

19      L’art. 6 della decisione n. 3/80, intitolato «Revoca delle clausole di residenza (…)», corrispondente all’art. 10 del regolamento n. 1408/71, al n. 1, primo comma, stabilisce quanto segue:

«Salvo quanto diversamente disposto dalla presente decisione, le prestazioni in denaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, nonché le rendite per infortunio sul lavoro e malattia professionale, acquisite in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede in Turchia o nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice».

20      Il titolo III della decisione n. 3/80, intitolato «Disposizioni particolari alle varie categorie di prestazioni», comprende disposizioni di coordinamento, ispirate al regolamento n. 1408/71, relative segnatamente alle prestazioni per i casi di invalidità, vecchiaia e morte (pensioni).

21      L’art. 32 della decisione n. 3/80 così dispone:

«La Turchia e la Comunità adottano, ciascuna per quanto la riguarda, i provvedimenti che comporta l’esecuzione delle disposizioni della presente decisione».

22      L’8 febbraio 1983 la Commissione delle Comunità europee ha presentato una proposta di regolamento (CEE) del Consiglio che stabilisce la procedura di applicazione nella Comunità economica europea della decisione n. 3/80 (GU C 110, pag. 1), ai sensi della quale tale decisione «è applicabile nella Comunità» (art. 1), e che stabilisce le «modalità d’applicazione complementari» della decisione stessa.

23      Finora, tuttavia, detta proposta non ha condotto all’adozione di un regolamento del Consiglio dell’Unione europea.

Il regolamento n. 1408/71

24      L’art. 3 del regolamento n. 1408/71, recante il titolo «Parità di trattamento», al n. 1 stabilisce quanto segue:

«Le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni del presente regolamento, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari del presente regolamento».

25      L’art. 4, nn. 1 e 2, del detto regolamento definisce l’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultimo nei seguenti termini:

«1.      Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

a)      le prestazioni di malattia e di maternità;

b)      le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno;

c)      le prestazioni di vecchiaia;

d)      le prestazioni ai superstiti;

e)      le prestazioni per infortunio sul lavoro e malattie professionali;

f)      gli assegni in caso di morte;

g)      le prestazioni di disoccupazione;

h)      le prestazioni familiari.

2.      Il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi (…)».

26      L’art. 1, punto 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 30 aprile 1992, n. 1247, che modifica il regolamento n. 1408/71 (GU L 136, pag. 1), entrato in vigore il 1° giugno 1992, ha aggiunto all’art. 4 di quest’ultimo il n. 2 bis formulato come segue:

«Il presente regolamento si applica alle prestazioni speciali a carattere non contributivo previste da una legislazione o da un regime diversi da quelli contemplati al paragrafo 1 o esclusi ai sensi del paragrafo 4, qualora dette prestazioni siano:

a)      previste in via suppletiva, complementare o accessoria per le eventualità corrispondenti ai settori di cui alle lettere da a) ad h) del paragrafo 1, oppure

b)      destinate unicamente alla tutela specifica dei minorati».

27      L’art. 1, punto 2, del regolamento n. 647/2005 ha modificato detto art. 4, n. 2 bis, il quale, attualmente, enuncia quanto segue:

«Il presente articolo si applica alle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo corrisposte nell’ambito di una legislazione che, a motivo del suo campo d’applicazione personale e dei suoi obiettivi e/o condizioni di ammissibilità, presenta caratteristiche sia della legislazione in materia di sicurezza sociale di cui al paragrafo 1 che dell’assistenza sociale.

Per “prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo” si intendono le prestazioni:

a)      che sono destinate:

i)      a coprire in via suppletiva, complementare o accessoria i rischi corrispondenti ai settori della sicurezza sociale di cui al paragrafo 1, e a garantire alle persone interessate un reddito minimo di sussistenza, in considerazione della situazione socioeconomica dello Stato membro interessato; o       

ii)      unicamente a garantire la protezione specifica dei portatori di handicap, strettamente collegate al contesto sociale del predetto soggetto nello Stato membro interessato; e

b)      che sono finanziate esclusivamente dalla fiscalità destinata a coprire la spesa pubblica generale e le cui condizioni di concessione e modalità di calcolo non sono in funzione di un contributo per quanto concerne i beneficiari. Le prestazioni concesse per integrare una prestazione contributiva non sono tuttavia considerate, soltanto per questo motivo, prestazioni contributive; e

c)      che sono elencate nell’allegato II bis».

28      A norma dell’art. 10, n. 1, primo comma, del regolamento n. 1408/71:

«Salvo quanto diversamente disposto dal presente regolamento, le prestazioni in danaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, le rendite per infortunio sul lavoro o per malattia professionale e gli assegni in caso di morte acquisiti in base alla legislazione di uno o più Stati membri non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice».

29      L’art. 1, punto 4, del regolamento n. 1247/92 ha altresì introdotto nel regolamento n. 1408/71 un nuovo art. 10 bis, il cui n. 1 così recita:

«Nonostante l’articolo 10 e il titolo III, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’articolo 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell’istituzione del luogo di residenza».

30      L’art. 1, punto 5, del regolamento n. 647/2005 ha modificato il n. 1 di detto art. 10 bis, il quale, attualmente, enuncia quanto segue:

«Le disposizioni dell’articolo 10 e del titolo III non si applicano alle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’articolo 4, paragrafo 2 bis. Le persone cui si applica il presente regolamento beneficiano di queste prestazioni esclusivamente sul territorio dello Stato membro nel quale risiedono e in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate dall’istituzione del luogo di residenza e a suo carico».

31      Ai sensi dell’art. 2, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1247/92:

«1.      L’applicazione dell’articolo 1 non può avere per effetto la soppressione di prestazioni erogate anteriormente all’entrata in vigore del presente regolamento da parte delle istituzioni competenti degli Stati membri in conformità del titolo III del regolamento (…) n. 1408/71, e a cui si applicano le disposizioni dell’articolo 10 del medesimo regolamento.      

2.      L’applicazione dell’articolo 1 non può avere per effetto il rifiuto della domanda di una prestazione speciale a carattere non contributivo, accordata a complemento di una pensione, presentata dall’interessato che soddisfaceva le condizioni per la concessione di detta prestazione prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, anche se egli risiede nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato competente, a condizione che la domanda di prestazione sia presentata entro un termine di 5 anni dall’entrata in vigore del presente regolamento».      

32      Le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71 sono state fissate dal regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574 (GU L 74, pag. 1).

 La normativa nazionale

33      Nei Paesi Bassi, la legge relativa al regime generale dell’assicurazione per l’inabilità al lavoro (Wet op de arbeidsongeschiktheidsverzekering; in prosieguo: la «WAO»), in vigore dal 1966, prevede l’assicurazione dei lavoratori dipendenti per l’inabilità al lavoro.

34      La legge sulle prestazioni supplementari 6 novembre 1986 (Toeslagenwet; in prosieguo: la «TW»), entrata in vigore il 1° gennaio 1987, mira a riconoscere alle persone che, in virtù di un’assicurazione per i lavoratori come quella istituita dalla WAO (nonché in virtù, in particolare, dell’assicurazione contro la disoccupazione, la malattia e gli infortuni sul lavoro), ricevono una prestazione per la perdita di retribuzione inferiore alla retribuzione minima, un’indennità integrativa destinata a portare il loro reddito sostitutivo ad un livello pari, al massimo, alla retribuzione minima vigente nei Paesi Bassi. All’epoca dei fatti della causa principale, detta indennità integrativa ammontava al massimo al 30% di tale retribuzione minima, cosicché gli aventi diritto la cui prestazione di invalidità era inferiore al 70% di detta retribuzione minima avevano un reddito inferiore a quest’ultima. L’Uwv determina, su richiesta della persona interessata, l’esistenza di un diritto alla prestazione supplementare a norma della TW.

35      La legge sulla limitazione all’esportazione di indennità 27 maggio 1999 (Wet beperking export uitkeringen; in prosieguo: la «BEU») ha inserito nella TW un nuovo art. 4 a, il cui n. 1 prevede che una persona che soddisfi le condizioni per beneficiare delle prestazioni in base a quest’ultima legge non ha diritto a queste ultime per il periodo durante il quale non risiede nei Paesi Bassi. È precisato che l’esportazione delle prestazioni di cui trattasi è possibile solo se una convenzione bilaterale conclusa con lo Stato di residenza dell’interessato garantisce la corretta applicazione della normativa olandese.

36      Come risulta dall’esposizione dei motivi della BEU, tale modifica della TW era intesa a sostituire il principio di personalità con quello di territorialità per migliorare le condizioni del controllo delle prestazioni versate ai beneficiari residenti all’estero. In tale contesto, il legislatore olandese ha fatto valere altresì, a sostegno di detta modifica, la natura dell’indennità integrativa diretta a garantire i requisiti minimi di sussistenza nei Paesi Bassi e il fatto che il finanziamento di quest’ultima è assicurato dal bilancio statale.

37      La summenzionata modifica della TW è entrata in vigore il 1° gennaio 2000.

38      Tuttavia, è stato introdotto un regime transitorio in forza del quale le persone aventi diritto, nel giorno precedente l’entrata in vigore della nuova normativa, alle prestazioni considerate nella TW, e non residenti, in tale data, nei Paesi Bassi:

«1°      nel primo anno successivo all’entrata in vigore di detta legge [ovvero nel 2000], ricevono il pagamento [integrale] della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi;

2°      nel secondo anno dall’entrata in vigore di tale legge [ovvero nel 2001], ricevono il pagamento dei due terzi della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi;

3°      nel terzo anno dall’entrata in vigore di tale legge [ovvero nel 2002], ricevono il pagamento di un terzo della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi».

39      Per gli anni successivi, la prestazione è interamente revocata nei confronti delle persone che non risiedono nei Paesi Bassi.

40      Il regolamento n. 647/2005 ha aggiunto la TW, come modificata nel 2000 dalla BEU, all’elenco, contenuto nell’allegato II bis al regolamento n. 1408/71, come modificato dal regolamento n. 1247/92, delle prestazioni speciali a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4 bis del regolamento n. 1408/71, alle quali non si applica l’obbligo di esportazione di cui all’art. 10 del regolamento n. 1408/71, conformemente all’art. 10 bis del medesimo.

41      Successivamente, è stata aggiunta alla TW, con effetto alla data del 7 dicembre 2006, una nuova disposizione transitoria a favore delle persone residenti non nei Paesi Bassi, bensì in un altro Stato membro dell’Unione europea, in uno Stato dello Spazio economico europeo o in Svizzera, in forza della quale tali persone, purché abbiano diritto, nel giorno precedente l’entrata in vigore del regolamento n. 647/2005, alle prestazioni a norma dell’art. 10, n. 1, del regolamento n. 1408/71 ricevono,

–      nel 2007, il pagamento integrale della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi;

–      nel 2008, il pagamento dei due terzi della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi;

–      nel 2009, il pagamento di un terzo della somma cui avrebbero diritto se vivessero nei Paesi Bassi.

42      Per dette persone, la prestazione è interamente revocata con effetto dal 1° gennaio 2010.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

43      Dalla decisione di rinvio risulta che i convenuti nella causa principale sono cittadini turchi che hanno svolto per un certo periodo attività di lavoro dipendente nei Paesi Bassi.

44      Essi, divenuti inabili al lavoro, hanno chiesto e ottenuto, prima del 2000, l’erogazione di una prestazione a titolo della WAO versata dallo Stato olandese.

45      Dato che l’importo di detta prestazione era inferiore alla retribuzione minima, i convenuti nella causa principale hanno altresì ottenuto, in applicazione della TW nella sua versione in vigore prima del 2000, il versamento dell’indennità integrativa che era diretta a garantire loro un reddito il cui livello si avvicinasse il più possibile alla retribuzione minima.

46      Non potendo continuare a lavorare a causa della loro incapacità fisica, i convenuti nella causa principale sono successivamente tornati in Turchia presso le loro famiglie, mantenendo il beneficio di entrambe le prestazioni, in applicazione dell’art. 39, n. 4, del protocollo addizionale. Il pagamento veniva sempre effettuato sotto forma di un unico versamento che non faceva alcuna distinzione tra l’importo della pensione d’invalidità e quello dell’indennità integrativa.

47      In seguito alla modifica della TW da parte della BEU, entrata in vigore il 1° gennaio 2000, le autorità olandesi competenti hanno deciso, in applicazione del regime transitorio di cui al punto 38 della presente sentenza, di sopprimere progressivamente, in ragione di un terzo all’anno a decorrere dal 1° gennaio 2001, l’indennità integrativa loro versata fino a quel momento.

48      I convenuti nella causa principale hanno proposto ricorsi avverso detta soppressione progressiva.

49      Con decisione 14 marzo 2003, il Centrale Raad van Beroep ha ritenuto che questa soppressione violasse l’obbligo secondo cui deve essere consentita l’esportazione delle prestazioni, sancito dall’art. 5, n. 1, della convenzione 118 sulla parità di trattamento dei propri cittadini e degli stranieri nel settore della sicurezza sociale, adottata a Ginevra il 28 giugno 1964 dall’Organizzazione internazionale del lavoro (in prosieguo: la «convenzione 118 dell’OIL»).

50      Di conseguenza, il 18 agosto 2003 l’Uwv ha deciso di concedere ai convenuti nella causa principale un’indennità integrativa completa per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2001 e il 30 giugno 2003. Per contro, a decorrere dal 1° luglio 2003, il versamento di tale indennità è stato fatto cessare definitivamente.

51      I reclami proposti dai convenuti nella causa principale avverso dette decisioni di revoca sono stati respinti.

52      Con sentenze 19 marzo 2004 e 23 agosto 2004, il Rechtbank te Amsterdam ha dichiarato la fondatezza dei ricorsi giurisdizionali proposti dai convenuti nella causa principale e ha annullato dette decisioni, ritenendo che la cessazione dell’indennità integrativa di cui beneficiavano questi ultimi fosse incompatibile non soltanto con l’art. 5, n. 1, della convenzione 118 dell’OIL, ma anche con l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 e con il principio di non discriminazione fondata sulla cittadinanza enunciato dall’art. 14 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), letto in combinato disposto con l’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione medesima, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 (in prosieguo: il «primo protocollo addizionale»), nonché con l’art. 26 del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite ed entrato in vigore il 23 marzo 1976.

53      L’Uwv ha quindi interposto appello avverso tali sentenze dinanzi al Centrale Raad van Beroep.

54      Dopo aver rilevato, al pari del Rechtbank te Amsterdam e in mancanza di contestazioni delle parti in causa dinanzi ad esso, che l’indennità integrativa erogata a titolo della WAO, la cui concessione non dipende da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, deve essere equiparata ad una prestazione d’invalidità ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. b), della decisione n. 3/80 e rientra pertanto nell’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultima, il Centrale Raad van Beroep s’interroga tuttavia, da un lato, sull’efficacia diretta nonché sulla portata dell’art. 6, n. 1, primo comma, di tale decisione, in quanto il divieto delle clausole di residenza vi è enunciato in modo assoluto, laddove, successivamente alla data di adozione di detta decisione, il regolamento n. 1408/71 è stato modificato nel senso che lo stesso divieto non si applica, a determinate condizioni, alle prestazioni speciali a carattere non contributivo.

55      D’altro lato, il giudice del rinvio nutre alcuni dubbi sull’interpretazione del principio di non discriminazione fondata sulla cittadinanza nell’ambito dell’associazione CEE-Turchia.

56      In proposito, come già dichiarato dal Rechtbank te Amsterdam, la norma sulla parità di trattamento sancita dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 non può essere fatta utilmente valere nel caso di specie, poiché tale disposizione si applica solamente alle «persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri», mentre i convenuti nella causa principale risiedono attualmente in Turchia. Tuttavia, ciò non varrebbe per l’art. 9 dell’accordo di associazione, il quale non contiene alcuna riserva simile.

57      Tra le parti nella causa principale sarebbe pacifico che quest’ultimo articolo ha efficacia diretta. Inoltre, da costante giurisprudenza risulterebbe che esso vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma di discriminazione indiretta che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, produca, in pratica, lo stesso risultato.

58      Nella fattispecie, il Centrale Raad van Beroep rileva l’esistenza di due forme diverse di discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza derivanti dall’art. 4 a della TW, le quali dovrebbero essere valutate separatamente per quanto concerne la loro possibile giustificazione.

59      In primo luogo, si può ragionevolmente presumere che il numero dei beneficiari con cittadinanza diversa da quella olandese – tra cui un nutrito gruppo di cittadini turchi – che non hanno più diritto all’indennità integrativa a titolo della TW in quanto non risiedono più nei Paesi Bassi, sarà più elevato rispetto a quello dei beneficiari che sono cittadini olandesi, i quali molto più spesso rimangono a vivere nel territorio olandese.

60      In proposito, le giustificazioni addotte dal Regno dei Paesi Bassi per porre fine alla possibilità di esportare l’indennità integrativa erogata a titolo della TW sarebbero il controllo asseritamente problematico ai fini della verifica della situazione personale e patrimoniale dei beneficiari non residenti nei Paesi Bassi, il finanziamento di tale indennità da parte del bilancio statale, l’intento del legislatore nazionale di ritornare all’essenza del sistema di previdenza sociale, vale a dire alla concessione di sovvenzioni ai residenti, nonché la natura particolare della TW, diretta ad integrare una prestazione previdenziale per raggiungere la retribuzione minima nei Paesi Bassi.

61      Per quanto riguarda le condizioni di controllo, il giudice del rinvio sottolinea l’esistenza di una convenzione bilaterale conclusa con la Repubblica di Turchia che prevede possibilità di controllo in tale Stato. Pertanto, il Centrale Raad van Beroep si chiede se le altre ragioni, legate essenzialmente a motivi di carattere finanziario, possano costituire una giustificazione sufficiente della differenza di trattamento di cui trattasi nella controversia di cui è investito.

62      In secondo luogo, esisterebbe una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza in quanto l’indennità integrativa erogata ai convenuti nella causa principale è stata interamente soppressa dal 1° luglio 2003 per il fatto che gli interessati risiedono in Turchia, mentre l’applicazione del regime transitorio ai fini della soppressione progressiva di detta indennità concessa agli aventi diritto che possiedono la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione e di taluni Stati terzi, ma che risiedono nel territorio dell’Unione, è iniziata solo nel 2007.

63      In tale contesto, l’Uwv avrebbe sostenuto che la distinzione in esame deve essere analizzata in relazione agli obiettivi limitati dell’accordo di associazione, consistenti nel realizzare gradualmente la libera circolazione dei lavoratori turchi e nel rafforzare in modo continuo ed equilibrato le relazioni economiche tra gli Stati membri e la Turchia. Pertanto, non sarebbe possibile attribuire all’art. 9 dell’accordo di associazione la stessa portata di quella conferita all’art. 12 CE.

64      Il giudice del rinvio, tuttavia, nutre dubbi sul fatto che tale motivo costituisca una giustificazione sufficiente della differenza di trattamento constatata. Esso aggiunge che, nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 9 dell’accordo di associazione, auspica inoltre di ricevere chiarimenti circa gli elementi pertinenti diretti a consentirgli di valutare la conformità della normativa nazionale di cui trattasi con i diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, quali quelli garantiti dalla CEDU e dal primo protocollo addizionale.

65      Ciò considerato, il Centrale Raad van Beroep ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il disposto dell’art. 6, n. 1, [primo comma], della decisione n. 3/80, tenuto conto del suo tenore letterale nonché dello scopo e della natura della decisione n. 3/80 e dell’accordo [di associazione], contenga un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non sono subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore, cosicché questa disposizione può avere efficacia diretta.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

a)      Se in sede di applicazione dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 3/80, occorra in qualche modo tener conto delle modifiche del regolamento n. 1408/71, intervenute dopo il 19 settembre 1980, riguardanti prestazioni speciali a carattere non contributivo.

b)      Se, al riguardo, abbia rilevanza l’art. 59 del protocollo addizionale dell’accordo di associazione.

3)      Se l’art. 9 dell’accordo di associazione debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione della normativa di uno Stato membro, come l’art. 4 a della TW olandese, che determina una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza,

–        in primo luogo, poiché, in tal modo, sarà maggiore il numero di persone di cittadinanza diversa da quella olandese, tra cui un nutrito gruppo di cittadini turchi, a non avere (più) diritto ad un’indennità integrativa per il fatto di non risiedere più nei Paesi Bassi, rispetto al numero di cittadini olandesi e,

–        in secondo luogo, perché le indennità integrative dei cittadini turchi che risiedono in Turchia sono state soppresse dal 1º luglio 2003, mentre quelle spettanti a persone aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea e di taluni [Stati] terzi, sempre che tali persone risiedano nel territorio dell’Unione europea, sono soppresse (gradualmente) solo a partire dal 1º gennaio 2007».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

66      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 sia direttamente applicabile negli Stati membri.

67      Secondo la costante giurisprudenza della Corte, una disposizione di un accordo stipulato dalla Comunità con Stati terzi va considerata direttamente efficace qualora, tenuto conto del suo tenore letterale nonché dello scopo e della natura dell’accordo, implichi un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non siano subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore. Gli stessi criteri si applicano allorché si tratti di stabilire se possano avere effetti diretti le disposizioni di una decisione del consiglio di associazione (v., segnatamente, sentenza 4 maggio 1999, causa C‑262/96, Sürül, Racc. pag. I‑2685, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

68      Riguardo al suo tenore letterale, l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 sancisce, in termini chiari, precisi e incondizionati, il divieto per gli Stati membri di ridurre, di modificare, di sospendere, di sopprimere o di confiscare le indennità elencate da detta disposizione per il fatto che l’avente diritto risiede in Turchia o nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice.

69      Come giustamente sottolineato dalla Commissione europea, tale norma detta un preciso obbligo di risultato, vale a dire il divieto di qualunque limitazione imposta relativamente all’esportazione dei diritti acquisiti dai cittadini turchi interessati a titolo della normativa di uno Stato membro. Un obbligo siffatto, pertanto, può essere fatto valere da un singolo dinanzi ad un giudice nazionale affinché questo disapplichi le disposizioni contrarie della normativa di uno Stato membro, senza che sia necessaria a tal fine l’adozione di misure di applicazione integrative (v., per analogia, sentenza Sürül, cit., punto 63).

70      L’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 ha quindi una natura che si distingue nettamente da quella che caratterizza le disposizioni tecniche di coordinamento di differenti normative nazionali in materia di previdenza sociale come le norme di cui agli artt. 12 e 13 della medesima decisione, che erano oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza 10 settembre 1996, causa C‑277/94, Taflan-Met e a. (Racc. pag. I‑4085), ed in relazione alle quali la Corte ha dichiarato che non hanno efficacia diretta nel territorio degli Stati membri finché non sono state adottate dal Consiglio le indispensabili misure integrative di attuazione.

71      L’interpretazione precedente non è rimessa in discussione dal fatto che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 precisa che il divieto delle clausole di residenza in esso contenuto produce i suoi effetti «salvo quanto diversamente disposto dalla presente decisione». Infatti, è sufficiente rilevare al riguardo che tale decisione non prevede alcuna deroga o restrizione al divieto delle clausole di residenza contemplato da detta disposizione.

72      Inoltre, per motivi identici a quelli esposti nei punti 70‑72 della citata sentenza Sürül, la constatazione che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 può disciplinare direttamente la situazione dei singoli non è contraddetta dall’esame dell’oggetto e della natura dell’accordo di associazione cui tale disposizione si ricollega.

73      Ne consegue che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 stabilisce un principio preciso ed incondizionato sufficientemente operativo da poter essere applicato da un giudice nazionale ed è atto, quindi, a disciplinare la situazione giuridica dei singoli.

74      Si deve pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 deve essere interpretato nel senso che esso ha efficacia diretta, cosicché i cittadini turchi cui si applica questa disposizione hanno il diritto di avvalersene direttamente dinanzi ai giudici degli Stati membri per far disapplicare le norme di diritto interno ad esso contrarie.

 Sulla seconda questione

75      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, quale quella contenuta nell’art. 4 a della TW, nei limiti in cui essa sopprime l’erogazione dell’indennità integrativa concessa a titolo della normativa nazionale, qualora i beneficiari di tale indennità non risiedano più nel territorio di detto Stato.

76      In proposito, occorre ricordare che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 sancisce il principio del divieto delle clausole di residenza per quanto concerne le prestazioni previdenziali da essa previste, tra le quali figurano le prestazioni in denaro per invalidità.

77      Orbene, come risulta dalla decisione di rinvio, le parti nella causa principale riconoscono che una prestazione previdenziale come l’indennità integrativa, erogata ai sensi di un regime di previdenza sociale quale quello stabilito dalla WAO, deve essere equiparata ad una prestazione d’invalidità a norma dell’art. 4, n. 1, lett. b), della decisione n. 3/80 e rientra pertanto nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’art. 6, n. 1, primo comma, della medesima decisione.

78      Inoltre, è pacifico che i convenuti nella causa principale sono cittadini turchi che hanno legalmente soggiornato e lavorato nel territorio di uno Stato membro. In seguito allo svolgimento di un’attività dipendente per un certo periodo di tempo, essi hanno acquisito il diritto a prestazioni previdenziali in base alla normativa dello Stato membro ospitante. Nel caso di specie, si trattava di una pensione d’invalidità, poiché gli interessati erano nell’incapacità di continuare a lavorare, nonché dell’indennità integrativa prevista dalla TW, dal momento che l’importo della pensione cui avevano diritto era inferiore alla retribuzione minima. Entrambe le prestazioni sono state loro effettivamente concesse per un certo lasso di tempo, anche successivamente al loro ritorno in Turchia, conformemente all’art. 39, n. 4, del protocollo addizionale che prevede la possibilità di esportare le pensioni e le rendite di vecchiaia, d’invalidità e di decesso acquisite negli Stati membri.

79      Ciò considerato, i convenuti nella causa principale rientrano nell’ambito di applicazione ratione personae di cui all’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 in quanto lavoratori di cittadinanza turca che sono beneficiari di prestazioni in denaro per invalidità acquisite in base alla normativa di uno Stato membro e che risiedono attualmente in Turchia.

80      Si deve aggiungere che, come già evidenziato al punto 71 della presente sentenza, la decisione n. 3/80 non prevede alcuna deroga o restrizione al divieto delle clausole di residenza enunciato dal suo art. 6, n. 1, primo comma.

81      Alla luce di quanto precede, risultano soddisfatte tutte le condizioni richieste per l’applicazione dell’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 ad una situazione quale quella di cui trattasi nella causa principale.

82      Ne consegue che cittadini turchi quali i convenuti nella causa principale possono validamente basarsi sull’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 per esigere che l’indennità integrativa che essi percepiscono a titolo della WAO continui ad essere loro versata in Turchia.

83      La constatazione precedente non è inficiata dalla circostanza che, per quanto riguarda una prestazione previdenziale come l’indennità integrativa, il regime attualmente previsto dal regolamento n. 1408/71 differisce da quello attuato dalla decisione n. 3/80.

84      Il regolamento n. 1408/71, infatti, è stato modificato in seguito all’adozione del regolamento n. 1247/92. Di conseguenza, successivamente all’entrata in vigore di quest’ultimo il 1° giugno 1992, prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo dello stesso tipo dell’indennità integrativa sono state espressamente incluse nell’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1408/71, in forza dell’art. 4, n. 2 bis, lett. a), del medesimo.

85      Inoltre, a decorrere dalla stessa data, il regolamento n. 1247/92 ha inserito nel regolamento n. 1408/71 un nuovo art. 10 bis che ha introdotto un’eccezione all’obbligo di esportazione delle prestazioni previsto dall’art. 10, n. 1, di quest’ultimo regolamento.

86      Peraltro, il regolamento n. 647/2005 ha aggiunto la TW, come modificata nel 2000 dalla BEU, all’elenco – contenuto nell’allegato II bis al regolamento n. 1408/71, come modificato dal regolamento n. 1247/92 – delle prestazioni speciali a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4 bis del regolamento n. 1408/71 alle quali non si applica l’obbligo di esportazione di cui all’art. 10 di quest’ultimo, conformemente all’art. 10 bis dello stesso.

87      È su questo fondamento che il Regno dei Paesi Bassi ha proceduto alla soppressione, per i cittadini dell’Unione, dell’erogazione dell’indennità integrativa prevista precedentemente dalla TW, qualora i beneficiari non risiedano nel territorio olandese.

88      Tuttavia, in circostanze come quelle della causa principale, una situazione nella quale ex lavoratori migranti turchi ritornati in Turchia continuano a beneficiare, in applicazione dell’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80, di una prestazione previdenziale come l’indennità integrativa, mentre quest’ultima è soppressa per i cittadini dell’Unione che non risiedono nel territorio dello Stato membro che l’ha concessa, non può essere considerata incompatibile con i requisiti dell’art. 59 del protocollo addizionale, in base al quale i cittadini turchi non devono essere posti in una situazione più vantaggiosa di quella dei cittadini dell’Unione (v. in tal senso, segnatamente, sentenza 19 febbraio 2009, causa C‑228/06, Soysal e Savatli, Racc. pag. I‑1031, punto 61).

89      Infatti, da un lato, l’art. 39, n. 4, dello stesso protocollo addizionale prevede espressamente l’esportazione verso la Turchia di talune prestazioni previdenziali, tra cui le pensioni e le rendite d’invalidità acquisite dai lavoratori di cittadinanza turca in forza della normativa di uno o di più Stati membri.

90      Dall’altro, l’art. 2, primo trattino, della decisione n. 3/80 include nell’ambito di applicazione di quest’ultima i lavoratori turchi che «sono stati soggetti» alla normativa di uno o di vari Stati membri, senza ulteriori precisazioni, mentre con riferimento ai familiari di tali lavoratori viene richiesto ad essi, nel secondo trattino di detto articolo, di «risiedere nel territorio di uno degli Stati membri».

91      Inoltre, applicare, nell’ambito della decisione n. 3/80, il regime attualmente in vigore a titolo del regolamento n. 1408/71 per quanto concerne le prestazioni speciali non contributive equivarrebbe a modificare detta decisione, mentre una siffatta competenza è riservata al solo consiglio di associazione, conformemente agli artt. 8 e 22 dell’accordo di associazione.

92      Infine, si deve necessariamente constatare che i convenuti nella causa principale sono rientrati in Turchia dopo essere divenuti invalidi nello Stato membro ospitante.

93      Orbene, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, un cittadino turco, che sia stato inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro, ai sensi dell’art. 6 della decisione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal consiglio d’associazione istituito dall’accordo di associazione, non può trarre da tale decisione un diritto di rimanere nel territorio del detto Stato dopo aver subito un infortunio sul lavoro che abbia comportato un’inabilità permanente al lavoro che lo ha escluso definitivamente dal mercato del lavoro (v. sentenza 6 giugno 1995, causa C‑434/93, Bozkurt, Racc. pag. I‑1475, punto 42).

94      Ciò considerato, non si può validamente sostenere che gli interessati abbiano lasciato il territorio dello Stato membro ospitante di propria volontà e senza motivi legittimi e che un siffatto comportamento abbia comportato la perdita dei diritti acquisiti a titolo dell’associazione CEE-Turchia (v., segnatamente, sentenza 4 febbraio 2010, causa C‑14/09, Genc, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42).

95      Pertanto, la situazione di ex lavoratori migranti turchi quali i convenuti nella causa principale, i quali sono ritornati in Turchia dopo aver perso il loro diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per il fatto di essere divenuti invalidi in quest’ultimo Stato non può, ai fini dell’applicazione dell’art. 59 del protocollo addizionale, essere utilmente paragonata a quella dei cittadini dell’Unione, poiché questi ultimi, essendo titolari del diritto di circolare nonché di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri e conservando quindi il loro diritto di soggiorno nello Stato membro che concede l’indennità di cui trattasi, da un lato, possono scegliere di lasciare il territorio di tale Stato perdendo, di conseguenza, il beneficio di questa indennità e, dall’altro, hanno il diritto di ritornare in qualunque momento nello Stato membro interessato (v., per analogia, sentenze 18 luglio 2007, causa C‑325/05, Derin, Racc. pag. I‑6495, punto 68, nonché 22 dicembre 2010, causa C‑303/08, Bozkurt, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45).

96      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 deve essere interpretato nel senso che esso, in circostanze come quelle di cui trattasi nella causa principale, osta ad una normativa di uno Stato membro che, come l’art. 4 a della TW, sopprime l’erogazione di una prestazione quale l’indennità integrativa, concessa a titolo della normativa nazionale, nei confronti di ex lavoratori migranti turchi, allorché questi ultimi sono ritornati in Turchia dopo aver perso il loro diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per essere divenuti invalidi in quest’ultimo Stato.

 Sulla terza questione

97      La terza questione posta dal giudice del rinvio verte, in sostanza, sull’incidenza, in una fattispecie come quella della causa principale, del principio di parità di trattamento quale sancito dall’art. 9 dell’accordo di associazione, il quale vieta qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza «senza pregiudizio delle disposizioni particolari eventualmente fissate [dal consiglio di associazione] in applicazione dell’art. 8» del medesimo accordo.

98      Secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 costituisce l’attuazione e la concreta realizzazione, nel particolare settore della previdenza sociale, del principio generale di non discriminazione in base alla cittadinanza sancito dall’art. 9 dell’accordo di associazione (v. sentenze Sürül, cit., punto 64; 14 marzo 2000, cause riunite C‑102/98 e C‑211/98, Kocak e Örs, Racc. pag. I‑1287, punto 36, nonché 28 aprile 2004, causa C‑373/02, Öztürk, Racc. pag. I‑3605, punto 49).

99      Come risulta dal suo stesso tenore letterale, l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, a sua volta, si applica «fatte salve le disposizioni particolari della [detta] decisione».

100    Orbene, l’art. 6, n. 1, primo comma, della medesima decisione costituisce una disposizione particolare del genere sulla cui portata la Corte ha già statuito nell’ambito della prima e della seconda questione pregiudiziale.

101    Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 9 dell’accordo di associazione non si applica ad una situazione quale quella di cui trattasi nella causa principale.

 Sulle spese

102    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione del consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 3, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, deve essere interpretato nel senso che esso ha efficacia diretta, cosicché i cittadini turchi cui si applica questa disposizione hanno il diritto di avvalersene direttamente dinanzi ai giudici degli Stati membri per far disapplicare le norme di diritto interno ad esso contrarie.

2)      L’art. 6, n. 1, primo comma, della decisione n. 3/80 deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle di cui trattasi nella causa principale, esso osta ad una normativa di uno Stato membro che, come l’art. 4 a della legge sulle indennità (Toeslagenwet) 6 novembre 1986, sopprime l’erogazione di una prestazione quale l’indennità integrativa della pensione d’invalidità, concessa a titolo della normativa nazionale, nei confronti di ex lavoratori migranti turchi, allorché questi ultimi sono ritornati in Turchia dopo aver perso il loro diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante essendo divenuti invalidi in quest’ultimo Stato.

3)      L’art. 9 dell’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE, non si applica ad una situazione quale quella di cui trattasi nella causa principale.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.

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