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Document C:2008:257:FULL

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, C 257, 09 ottobre 2008


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ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 257

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

51o anno
9 ottobre 2008


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

75a sessione pleniaria 18-19 giugno 2008

2008/C 257/01

Parere del Comitato delle regioni Coinvolgimento attivo

1

2008/C 257/02

Parere del Comitato delle regioni l'anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010)

6

2008/C 257/03

Parere del Comitato delle regioni Gruppo europeo di cooperazione territoriale: un nuovo slancio alla cooperazione territoriale in Europa

15

2008/C 257/04

Parere del Comitato delle regioni Un approccio globale all'immigrazione: lo sviluppo di una politica europea dell'immigrazione per motivi di lavoro nel quadro delle relazioni con i paesi terzi

20

2008/C 257/05

Parere del Comitato delle regioni Documento di strategia 2007-2010 concernente lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR)

26

2008/C 257/06

Parere del Comitato delle regioni Multilinguismo

30

2008/C 257/07

Parere di iniziativa del Comitato delle regioni Per un libro verde verso una politica europea della montagna: una visione europea dei massicci montuosi

36

2008/C 257/08

Parere del Comitato delle regioni Insieme per comunicare l'Europa

41

2008/C 257/09

Parere del Comitato delle regioni Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009)

46

2008/C 257/10

Parere del Comitato delle regioni Pacchetto di riforme sulle telecomunicazioni

51

2008/C 257/11

Parere del Comitato delle regioni Piano d'azione in materia di educazione degli adulti — È sempre il momento di imparare

70

2008/C 257/12

Parere del Comitato delle regioni Cluster e politica dei cluster

76

 

2008/C 257/13

Nota per il lettore(vedi terza pagina di copertina)

s3

IT

 


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

75a sessione pleniaria 18-19 giugno 2008

9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/1


Parere del Comitato delle regioni Coinvolgimento attivo

(2008/C 257/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI ritiene che:

per una politica ottimale di coinvolgimento attivo, occorre aggiungere anche un quarto pilastro, che avrà carattere trasversale: 4) la partecipazione sociale,

l'integrazione attiva (secondo pilastro) è l'elemento principale del coinvolgimento attivo. Questo si fonda sul principio del «lavoro innanzitutto»: le persone che non hanno un lavoro devono essere inserite in un contesto lavorativo o formativo,

è innanzitutto a livello regionale e locale, pertanto, che va messo a punto e attuato un dosaggio coerente delle politiche. La responsabilità maggiore nella creazione di posti di lavoro spetta alle imprese e alle parti sociali (in quanto soggetti fondamentali in questo ambito), in collaborazione con gli enti locali e regionali,

il concetto di «reddito sufficiente» varia in funzione del paese, della regione e della comunità locale. Il sostegno al reddito può essere definito «sufficiente» se riesce a ridurre la povertà strutturale. D'altro canto, in termini finanziari non è possibile stabilire nessuna regola generale riguardo al «livello sufficiente» per l'UE nel suo insieme. Gli enti nazionali, locali e regionali sono congiuntamente responsabili dell'adozione di politiche che prevedano un adeguato sostegno al reddito, e al livello dell'UE ciò andrebbe esaminato nel quadro del metodo aperto di coordinamento,

affinché le regioni e le città europee svantaggiate socialmente ed economicamente possano attuare dosaggi delle politiche per il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro (migliore pratica) è necessario il sostegno finanziario dell'UE. La dotazione del FSE destinata agli enti locali e regionali deve pertanto essere direttamente accessibile per le politiche di coinvolgimento attivo,

strumenti come i lavori sociali, sovvenzionati o protetti, le imprese sociali e le cooperative possono svolgere un ruolo importante nel dosaggio degli interventi a livello locale e regionale. Queste imprese non devono essere giudicate in base alle normali regole di concorrenza vigenti nel mercato europeo (ad esempio, nel loro caso dovrebbero valere norme meno rigorose in materia di appalti pubblici e aiuti di Stato).

Relatore

:

Henk KOOL (NL/PSE) vicesindaco dell'Aia (Paesi Bassi)

Documento di riferimento

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Ammodernare la protezione sociale per un rafforzamento della giustizia sociale e della coesione economica: portare avanti il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro

COM(2007) 620 def.

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Osservazioni generali

1.

Nel 2006, nei 25 paesi dell'UE, 80 milioni di persone (pari al 16 % della popolazione) erano a rischio di povertà. Il coinvolgimento attivo e la lotta contro la povertà si fondano largamente sull'integrazione delle persone più lontane dal mercato del lavoro. Il persistere di un gran numero di persone a rischio di povertà ed escluse dal mercato del lavoro rappresenta una sfida che va assolutamente affrontata se si vuole raggiungere l'obiettivo della coesione sociale previsto dal Trattato sull'Unione europea;

2.

per accrescere il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro la Commissione europea ha definito tre pilastri: 1) un sostegno al reddito adeguato e sufficiente, 2) un'integrazione attiva, 3) servizi sociali di qualità;

3.

per una politica ottimale di coinvolgimento attivo, occorre aggiungere anche un quarto pilastro, che avrà carattere trasversale: 4) la partecipazione sociale;

4.

il coinvolgimento attivo implica un approccio integrato e globale ai quattro pilastri;

5.

l'integrazione attiva (secondo pilastro) è l'elemento principale del coinvolgimento attivo. Questo si fonda sul principio del «lavoro innanzitutto»: le persone che non hanno un lavoro devono essere inserite in un contesto lavorativo o formativo. Il primo pilastro (sostegno al reddito adeguato e sufficiente) e il terzo (servizi sociali di qualità) sono elementi di sostegno. Il quarto pilastro (partecipazione sociale) è l'ultima risorsa della politica del coinvolgimento attivo: le persone che non sono in grado di lavorare andrebbero aiutate con sussidi e con altre misure per consentire loro di partecipare alla società. Il CdR concorda con la Commissione sul fatto che questi pilastri formano un approccio integrato e globale. Ogni amministrazione dovrebbe pertanto sforzarsi di raggiungere un giusto equilibrio tra benessere sociale, servizi sociali, servizi alla cittadinanza e incentivi finanziari e non finanziari al lavoro;

6.

gli Stati membri e i loro enti locali e regionali sono i primi responsabili di una strategia e di una politica di coinvolgimento attivo. Tuttavia, per promuovere lo sviluppo di misure e scambi in questo settore, vengono definiti dei principi comuni in linea con l'obiettivo dell'UE della coesione sociale;

7.

sono principalmente gli enti locali e regionali a dover mettere a punto ed attuare queste politiche, mentre il ruolo dell'UE è di coadiuvarli. Questa definizione di una politica globale di coinvolgimento attivo risponde al principio di proporzionalità e si basa sul principio di sussidiarietà;

8.

i quattro pilastri (sostegno al reddito, politica di integrazione attiva, accesso a servizi sociali di qualità e partecipazione sociale) sono interrelati e dovrebbero rafforzarsi reciprocamente. Per ogni regione, gruppo di destinatari e individuo interessato occorre dosare in maniera ottimale le misure adottate nel quadro di tutti e quattro i pilastri. Le politiche di coinvolgimento attivo sono opportunamente personalizzate per rispondere alle diverse situazioni in cui vengono a trovarsi sia i gruppi di destinatari sia i singoli individui. A seconda del modello economico nazionale, gli Stati membri e gli enti locali e regionali possono assegnare un'importanza diversa ai singoli pilastri e, per ognuno di essi, ricorrere a strumenti politici diversi;

9.

i risultati delle politiche intese a coinvolgere le persone più lontane dal mercato del lavoro vengono percepiti più distintamente dagli enti locali e regionali, che peraltro subiscono le conseguenze delle lacune di queste politiche a livello locale, regionale, nazionale o europeo. È innanzitutto a livello regionale e locale, pertanto, che va messo a punto e attuato un dosaggio coerente delle politiche. Gli enti locali e regionali conoscono infatti la situazione locale, le caratteristiche del mercato del lavoro e i molteplici soggetti che possono svolgere un ruolo chiave nell'attuazione di un approccio globale di coinvolgimento attivo;

10.

gli enti locali e regionali dovrebbero quindi creare partenariati efficaci con altri enti pubblici, imprese private, parti sociali, ONG e rappresentanti dei cittadini interessati per attuare questo dosaggio coerente delle politiche;

11.

gli enti locali e regionali devono poter disporre di un ampio margine di manovra per progettare e attuare tali interventi, alla cui concezione ed esecuzione dovrebbero collaborare anche altri organismi pubblici e privati. Le politiche a livello europeo e nazionale (in materia di fiscalità, immigrazione, istruzione, contratti di lavoro, ecc.) dovrebbero rispondere alle esigenze poste dallo sviluppo e dall'attuazione delle politiche locali e regionali;

12.

occorre eliminare le difficoltà e gli ostacoli posti dalle normative e dalle prassi europee, nazionali, regionali e locali.

Integrazione attiva

13.

Il miglioramento dell'integrazione attiva costituisce lo strumento più importante del coinvolgimento attivo. E per coinvolgere tutti i cittadini bisogna adottare un approccio globale all'integrazione attiva. Occorre anche un dosaggio integrato delle misure in funzione delle singole regioni nonché degli specifici gruppi di destinatari e individui. Sono principalmente i governi regionali e locali a dover mettere a punto e attuare questi dosaggi coerenti delle misure in collaborazione con i loro partner (ad esempio il governo nazionale, i datori di lavoro, altri enti pubblici, le ONG). Essenzialmente, l'obiettivo di un mix globale e integrato consiste nel rimuovere gli ostacoli all'inserimento del maggior numero possibile di persone nel mercato del lavoro. Ciò può essere realizzato tramite attività di consulenza, orientamento e formazione finalizzate all'esercizio di un'occupazione retribuita, nonché creando posti di lavoro riservati alle categorie protette. I posti di lavoro protetti sono destinati a coloro che non sono ancora in grado di esercitare da subito un'attività lavorativa regolare;

14.

una politica ottimale e un approccio globale in materia di coinvolgimento attivo presentano le seguenti caratteristiche:

incoraggiare i giovani ad ottenere una qualifica di base e creare possibilità in tal senso, al fine di migliorare le loro opportunità nel mercato del lavoro,

reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro (principio del «lavoro innanzitutto»). Al tempo stesso si dovrebbero offrire loro istruzione, formazione, consulenza e accesso alle strutture per la cura dei bambini,

prevedere il ricorso a lavori sociali, protetti e sovvenzionati per le persone più lontane dal mercato del lavoro,

utilizzare strumenti di partecipazione sociale quali il volontariato o le attività sportive per le persone che, in ragione di problemi psicologici e/o handicap fisici, non sono atte ad esercitare un'occupazione regolare o un'occupazione protetta. Al tempo stesso dovrebbe essere migliorata la situazione socioeconomica di quanti vanno integrati nel mercato del lavoro offrendo loro sostegno al reddito e accesso a servizi sociali di qualità,

applicare il principio fondamentale secondo cui ogni individuo dovrebbe avere la possibilità di partecipare alla vita sociale;

15.

il ricorso a piani di azione intensivi personalizzati contribuisce a migliorare l'integrazione attiva;

16.

i gruppi di destinatari sono un elemento importante del dosaggio globale e integrato degli interventi. A livello regionale e locale gli enti pubblici dovrebbero progettare ed attuare quelle politiche che presentano la maggiore efficacia per assicurare l'inclusione attiva di tutti gli individui, a prescindere dalla loro origine, ma affrontando il problema costituito dagli ostacoli specifici che incontrano;

17.

la responsabilità maggiore nella creazione di posti di lavoro spetta alle imprese e alle parti sociali (in quanto soggetti fondamentali in questo ambito), in collaborazione con gli enti locali e regionali. A livello nazionale e regionale, il governo centrale ha la responsabilità di facilitare la creazione di condizioni economiche ottimali, come ad esempio buoni livelli di istruzione, servizi di collocamento efficaci, misure fiscali adeguate e la flessicurezza (che coniuga sicurezza sociale e possibilità di lavoro flessibile). Gli enti locali e regionali, i servizi sociali e le ONG gestiscono l'ultima fase di questo processo, soprattutto nel caso delle persone più lontane dal mercato del lavoro. Naturalmente anche gli individui hanno la loro parte di responsabilità;

18.

i datori di lavoro pubblici, sociali e privati dovrebbero essere fortemente incoraggiati a consolidare i posti di lavoro esistenti e a creare nuovi impieghi qualificati (che offrono un reddito sufficiente, buone condizioni di lavoro e opportunità di formazione/istruzione). Vi è particolare bisogno di personale in grado di svolgere lavori pratici (poco qualificati). I datori di lavoro privati possono essere incoraggiati dagli enti nazionali, locali e regionali a creare posti di lavoro, mediante misure capaci di ottimizzare il clima imprenditoriale;

19.

gli enti locali e regionali sono essi stessi importanti datori di lavoro e, in quanto tali, dovrebbero anch'essi applicare i principi stabiliti nel presente documento;

20.

per le persone che si sono allontanate molto dal mercato del lavoro a causa di disabilità fisiche o psichiche, può anche risultare necessario creare e finanziare posti di lavoro sociali, sovvenzionati e riservati alle categorie protette. Gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo decisivo al riguardo sostenendo imprese sociali;

21.

la coesistenza di tutte le tipologie di lavoro (temporaneo, flessibile, a tempo parziale e a tempo pieno, come pure la possibilità di lavorare a domicilio) può favorire l'occupazione delle persone più lontane dal mercato del lavoro;

22.

tutti i tipi di mezzi formali ed informali di istruzione e formazione, i programmi di formazione parziale, il riconoscimento dell'apprendimento precedente e una particolare enfasi sull'apprendimento permanente, compresi i programmi di perfezionamento professionale, dovrebbero rientrare nello sforzo coordinato inteso a migliorare anche le qualifiche delle persone più lontane dal mercato del lavoro;

23.

i governi nazionali, regionali e locali devono impegnarsi più a fondo per migliorare la qualità dell'istruzione, in linea con le esigenze del mercato del lavoro. Gli enti locali dovrebbero portare avanti una politica del mercato del lavoro più attiva e tenere conto il più possibile delle esigenze del mercato locale. Negli Stati membri in cui la politica del mercato del lavoro è di competenza locale, i governi nazionali, coadiuvati dall'UE, dovrebbero incoraggiare gli enti locali a monitorare il mercato del lavoro locale;

24.

il dosaggio globale e integrato delle politiche per un'integrazione attiva dovrebbe prevedere incentivi atti a promuovere l'imprenditorialità delle persone più lontane dal mercato del lavoro.

Sostegno al reddito

25.

Le persone più lontane dal mercato del lavoro devono disporre di un reddito sufficiente e di altri tipi di sostegno per vivere in modo dignitoso e mantenere una certa capacità di reinserimento nel mercato del lavoro. Va sottolineato che questo è un principio fondamentale dell'Unione europea;

26.

il concetto di «reddito sufficiente» varia in funzione del paese, della regione e della comunità locale. Sulla «sufficienza» influiscono il livello di sostegno al reddito, i livelli dei prezzi, le caratteristiche dei nuclei familiari, la fiscalità, la durata dell'esclusione, fattori culturali, sociali e storici, ecc. Il sostegno al reddito può essere definito «sufficiente» se è idoneo a ridurre la povertà strutturale. Per misurare il livello che si può considerare «sufficiente» non è però possibile alcun criterio finanziario valido per l'intera UE. Gli enti nazionali, locali e regionali sono congiuntamente responsabili dell'adozione di politiche che prevedano un adeguato sostegno al reddito, e al livello dell'UE ciò andrebbe esaminato nel quadro del metodo aperto di coordinamento;

27.

si potrebbe formulare un principio comune al livello dell'UE consistente nel prevedere tra i redditi minimi percepiti sul mercato del lavoro e il livello del sostegno al reddito un divario abbastanza ampio da stimolare i senza lavoro a cercare e conservare un'occupazione. Questo divario costituisce un notevole incentivo finanziario nel mix globale delle politiche. Rendere il lavoro finanziariamente conveniente è un importante principio condiviso dalla Commissione, da molti Stati membri ed enti locali e regionali. Nel mettere a punto e attuare misure di sostegno al reddito gli enti nazionali, locali e regionali dovrebbero tenere conto del rischio della «trappola della povertà»;

28.

il sostegno al reddito dovrebbe essere corrisposto unicamente alle persone che non sono in grado di procurarsi un reddito sul mercato del lavoro oppure il cui reddito è al di sotto del livello di sussistenza (ad esempio, in ragione della loro scarsa produttività o della necessità di accettare lavori scarsamente retribuiti). Gli enti nazionali, locali e regionali non dovrebbero ostacolare il buon funzionamento del mercato del lavoro; dovrebbero effettuare un attento monitoraggio, esaminando accuratamente le richieste e procedendo ad una rigorosa selezione di quanti richiedono il sostegno al reddito. Allo stesso tempo dovrebbero essere adottate delle politiche attive intese a raggiungere tutti coloro che hanno bisogno di prestazioni sociali, sostegno al reddito e anche di opportunità per inserirsi nella società;

29.

il sostegno al reddito potrebbe assumere svariate forme e, idealmente, andrebbe opportunamente adeguato alle situazioni locali e individuali. Come esempi si possono citare: il sostegno al reddito (a livello di sussistenza) per i componenti della forza lavoro non occupati e non studenti; il sostegno in natura per migliorare l'alimentazione, l'abbigliamento, l'istruzione, l'alloggio, l'assistenza sanitaria; il sostegno al reddito per integrare il reddito da lavoro (se il reddito è commisurato a bassi livelli di produttività); il sostegno al reddito per sostenere i costi elevati della mobilità; il sostegno al reddito per ampliare le qualifiche e le competenze; il sostegno per avviare un'impresa.

Partecipazione sociale

30.

Alcune tra le persone più lontane dal mercato del lavoro soffrono di molteplici problemi personali e handicap fisici. Per queste persone non è quindi realistico proporre l'inserimento nel mercato del lavoro, neanche con un'occupazione protetta. L'approccio globale prevede, tra l'altro, che gli enti locali e regionali si occupino anche di questi cittadini: per incoraggiarne la partecipazione bisogna ricorrere a diversi tipi di strumenti;

31.

gli enti locali e regionali devono utilizzare tutti i tipi di strumenti, finanziari e in natura, per agevolare la partecipazione dei senza lavoro alla società: si tratta di strumenti che promuovono attività (sociali, culturali, sportive, nel campo della protezione sociale e del volontariato) destinate a persone che altrimenti rischierebbero l'isolamento sociale.

Accesso a servizi sociali di qualità

32.

Per garantire la massima efficacia di misure quali il sostegno al reddito, l'integrazione attiva e la partecipazione sociale, bisogna mettere a punto piani d'azione personalizzati. Essi consentono infatti di pianificare tempestivamente ed assicurare l'attuazione delle misure di sostegno destinate al singolo cliente. Gli enti locali e regionali devono disporre dei mezzi necessari per creare un'infrastruttura di servizi di qualità e per predisporre piani d'azione personalizzati;

33.

la necessità di predisporre piani di azione personalizzati e le loro caratteristiche impongono agli enti locali e regionali di utilizzare un'ampia gamma di strumenti;

34.

gli enti locali e regionali dovrebbero incoraggiare l'uso di strumenti e di pratiche di gestione volti a migliorare la qualità dei servizi sociali (ad esempio l'accesso universale ad Internet, lo sportello unico, il principio del silenzio assenso, termini vincolanti e adeguati per la concessione di sostegni al reddito o in natura).

Orientamenti intesi ad agevolare l'attuazione dell'approccio globale

35.

Per essere efficaci, le politiche di coinvolgimento attivo devono integrare misure a livello locale, regionale, nazionale e dell'UE. Esse devono includere e combinare gli interventi relativi al reddito minimo, ad un mercato del lavoro attivo, all'istruzione e ai servizi sociali. Dato però che sono tanti gli ostacoli che possono frapporsi all'attuazione di politiche globali e integrate a livello locale e regionale, gli enti nazionali, locali e regionali dovrebbero agevolare insieme l'attuazione di un approccio globale;

36.

affinché le regioni e le città europee svantaggiate socialmente ed economicamente possano attuare dosaggi delle politiche per il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro (migliore pratica) è necessario il sostegno finanziario dell'UE. La dotazione del FSE destinata agli enti locali e regionali deve pertanto essere direttamente accessibile per le politiche di coinvolgimento attivo. Occorrono anche stanziamenti UE per finanziare la partecipazione sociale. L'approccio sviluppato nel quadro del programma Interreg è un buon esempio di sostegno efficace fornito dall'Unione europea;

37.

strumenti come i lavori sociali, sovvenzionati o protetti, le imprese sociali e le cooperative possono svolgere un ruolo importante nel dosaggio degli interventi a livello locale e regionale. Queste imprese non devono essere giudicate in base alle normali regole di concorrenza vigenti nel mercato europeo (ad esempio, per loro dovrebbero valere norme meno rigorose in materia di appalti pubblici e aiuti di Stato);

38.

l'approccio globale viene principalmente attuato dagli enti locali e regionali a favore degli abitanti dei loro territori: tali enti dovrebbero avere la possibilità giuridica di incentrare le loro politiche di coinvolgimento attivo sulla popolazione locale;

39.

gli enti locali e regionali dovrebbero svolgere un ruolo guida nell'attuazione di misure politiche di coinvolgimento attivo. In linea con il principio di sussidiarietà si potrebbe formulare un principio, comune al livello dell'UE, in base al quale le legislazioni e le prassi a livello nazionale ed europeo dovrebbero rispondere alle esigenze espresse a livello locale e regionale (aliquote marginali d'imposta, meccanismi previdenziali, promozione dell'apprendimento permanente, incentivi finanziari per i datori di lavoro, diritto del lavoro, normative antidiscriminazione, diversificazione dei livelli retributivi minimi, ecc.).

Metodo aperto di coordinamento

40.

Il metodo aperto di coordinamento fornisce un quadro di coordinamento politico giuridicamente non vincolante. Tramite questo approccio gli Stati membri decidono di comune accordo di individuare e promuovere le politiche più efficaci nel campo del coinvolgimento attivo allo scopo di imparare dalle esperienze degli altri. Per accrescere l'efficacia di questo metodo vengono formulate le seguenti raccomandazioni politiche;

41.

molti interventi intesi a migliorare il coinvolgimento attivo e il sostegno al reddito per le persone più lontane dal mercato del lavoro non sono abbastanza efficaci: per migliorarne l'efficacia e l'efficienza occorrono perciò validi studi comparativi e di valutazione delle politiche regionali e locali in materia di coinvolgimento attivo. La Commissione europea potrebbe promuovere tali studi;

42.

le valutazioni inter pares tra enti locali e regionali e una rete di osservatori regionali e locali (Progress) possono innescare processi di apprendimento. Si dovrebbe chiaramente definire in anticipo la qualità sia delle valutazioni che delle attività della rete di osservatori regionali e locali;

43.

le differenze nell'offerta e nella domanda di lavoro come pure le discrepanze nel livello delle retribuzioni e del sostegno al reddito in Europa provocano spostamenti di lavoratori che possono ostacolare il coinvolgimento attivo degli abitanti locali più lontani dal mercato del lavoro. Il metodo di coordinamento aperto può essere utilizzato per esaminare l'impatto di questi spostamenti sul problema del coinvolgimento attivo;

44.

è possibile promuovere lo sviluppo e la diffusione delle migliori pratiche selezionando ogni anno l'ente locale e regionale più efficiente in materia di coinvolgimento attivo ed insignendolo di un premio europeo. Si potrebbe procedere alla sistematizzazione delle buone pratiche seguendo il modello dei gruppi tematici del FSE.

Bruxelles, 18 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/6


Parere del Comitato delle regioni l'anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010)

(2008/C 257/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ricorda che questa campagna sui temi della povertà e dell'esclusione sociale potrà risultare davvero efficace solo se sarà concepita come una strategia di lunga durata e se si sottolineerà adeguatamente la necessità di programmare a lungo termine le azioni intraprese nel 2010 o prima,

esorta a intraprendere azioni strutturate al fine di imprimere una svolta decisiva alla lotta alla povertà e a tutte le forme di esclusione sociale che limitano la libertà dei singoli individui e allo stesso tempo nuocciono alla società; inoltre, ritiene che sarebbe sicuramente utile aprire la partecipazione all'Anno europeo non solo agli Stati membri, ma anche agli enti locali e regionali o ai loro raggruppamenti in quanto entità distinte,

sottolinea la necessità di porre l'accento in particolare sulla situazione dell'infanzia, in quanto i bambini che crescono in condizioni di povertà e di esclusione rimangono prigionieri di un circolo vizioso intergenerazionale che ha gravi ripercussioni di lunga durata, poiché li priva del diritto di sviluppare pienamente le loro potenzialità mettendone a rischio lo sviluppo personale, l'istruzione e il livello di benessere generale,

invita le istituzioni comunitarie a prestare grande attenzione alle forme complesse e multidimensionali della povertà e dell'esclusione sociale e a mettere in atto strategie e azioni coerenti di prevenzione, centrate sul processo di empowerment sociale.

Relatrice

:

Linetta SERRI (IT/PSE) consigliere comunale di Armungia (CA)

Testo di riferimento

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010)

COM(2007) 797 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali sul documento della Commissione

1.

considera con grande interesse la decisione di proclamare il 2010 Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale;

2.

condivide le preoccupazioni che sono alla base di tale decisione e sottolinea che è innanzitutto il sistema degli enti locali e regionali a farsi carico delle condizioni di povertà e di esclusione in cui versano 78 milioni di cittadini europei;

3.

ricorda che questa campagna sui temi della povertà e dell'esclusione sociale potrà risultare davvero efficace solo se sarà concepita come una strategia di lunga durata e se si sottolineerà debitamente la necessità di programmare a lungo termine le azioni intraprese nel 2010 o prima;

4.

sostiene che gli enti locali e regionali hanno un ruolo particolare da svolgere nell'individuare e nel promuovere le condizioni di accesso reale ai servizi sociali, economici e culturali da parte delle persone in situazione di povertà o di esclusione sociale. Gli enti locali, regionali e nazionali sono i primi responsabili per elaborare, finanziare e gestire le politiche miranti ad assicurare l'integrazione delle persone escluse;

5.

concorda sul fatto che, nell'attuare la politica sociale, le amministrazioni locali, regionali e nazionali hanno la responsabilità di elaborare, finanziare e gestire le politiche miranti ad assicurare l'integrazione delle persone che sono più lontane dal mercato del lavoro. I prestatori di servizi — privati, pubblici o misti — svolgono un ruolo essenziale nell'attuazione di queste politiche a livello locale;

6.

sottolinea che l'Anno europeo della lotta alla povertà deve promuovere la partecipazione delle persone che versano in condizioni di povertà e di esclusione sociale e rafforzare le organizzazioni alle quali esse appartengono. L'Anno dovrebbe affermare il principio della società inclusiva mediante la creazione di uno spazio pubblico inteso a coinvolgere le persone escluse, valorizzando il contributo fondamentale delle organizzazioni alle quali esse appartengono;

7.

ritiene che si debba rafforzare la condivisione delle esperienze tra gli Stati membri, gli enti locali e regionali e le organizzazioni internazionali impegnate nella lotta alla povertà, nel quadro di un processo di apprendimento reciproco.

Raccomandazioni

8.

condivide la proposta di ribadire l'importanza della responsabilità collettiva che accomuna in questo impegno non solo i decisori politici a tutti i livelli, ma anche gli attori del settore pubblico e privato;

9.

osserva che l'impegno per combattere la povertà e l'esclusione sociale a tutti i livelli di potere, e in particolare l'impegno politico per prevenire questi fenomeni, deve essere puntuale e costante;

10.

esorta a intraprendere azioni strutturate al fine di imprimere una svolta decisiva alla lotta alla povertà e a tutte le forme di esclusione sociale che limitano la libertà dei singoli individui e allo stesso tempo nuocciono alla società;

11.

invita ad attuare con maggiore determinazione azioni complementari facendo ricorso ad altri strumenti ed interventi comunitari connessi con l'inclusione sociale (quali il programma Progress, i fondi strutturali, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)), come pure in materia di lotta alle discriminazioni, promozione dei diritti fondamentali, uguaglianza tra uomini e donne, nonché nei campi dell'istruzione e della formazione, della cultura e del dialogo interculturale, della gioventù, dell'assistenza ai bambini e agli anziani, della cittadinanza, dell'immigrazione, dell'asilo e della ricerca;

12.

auspica che siano combattute tutte le forme di discriminazione che contribuiscono al fenomeno della povertà e dell'esclusione;

13.

ritiene che sarebbe sicuramente utile aprire la partecipazione all'Anno europeo non solo agli Stati membri, ma anche agli enti locali e regionali o ai loro raggruppamenti in quanto entità distinte;

14.

ritiene necessario rafforzare il metodo aperto di coordinamento in materia di protezione sociale, inclusione sociale e strategia europea per l'occupazione promuovendo una maggiore partecipazione del livello regionale e locale. L'efficacia delle azioni proposte dipende in gran parte dall'impegno degli enti locali e regionali nell'elaborare piani di azione regionale per combattere la povertà e l'esclusione sociale, al fine di promuovere un approccio globale che integri i tre grandi campi di intervento dell'inclusione attiva;

15.

osserva, in merito al miglioramento dell'accesso ai servizi, che nella maggior parte degli Stati membri i servizi sociali sono forniti dagli enti locali e regionali. Questi ultimi rappresentano quindi il livello più adatto ad elaborare ed applicare le nuove norme di gestione dei servizi al fine di facilitarne l'accesso;

16.

sottolinea la necessità di porre l'accento in particolare sulla situazione dell'infanzia, in quanto i bambini che crescono in condizioni di povertà e di esclusione rimangono prigionieri di un circolo vizioso intergenerazionale che ha gravi ripercussioni di lunga durata, poiché li priva del diritto di sviluppare pienamente le loro potenzialità mettendone a rischio lo sviluppo personale, l'istruzione e il livello di benessere generale. Occorre rivolgere una attenzione particolare alle famiglie numerose e a quelle giovani, considerandone i rischi potenziali di esclusione sociale;

17.

ricorda che la piena partecipazione alla società delle giovani generazioni è garantita innanzitutto dall'accesso ai servizi di formazione; l'ultimo studio PISA dell'OCSE ha individuato infatti uno stretto legame tra un basso livello di competenza e l'esclusione sociale. L'impegno e la partecipazione dei cittadini dell'Unione sono elementi fondamentali per la coesione sociale e lo sviluppo dell'Europa;

18.

invita le istituzioni comunitarie a prestare grande attenzione alle forme complesse e multidimensionali della povertà e dell'esclusione sociale e a mettere in atto strategie e azioni coerenti di prevenzione, centrate sul processo di empowerment sociale;

19.

esorta a tenere maggiormente conto dei problemi che gli enti locali e regionali, in particolare quelli delle zone che costituiscono dei punti di accesso all'UE, devono affrontare in collegamento con l'arrivo dei richiedenti asilo e degli immigrati clandestini.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 2, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Partecipazione — Aumentare la partecipazione pubblica alle politiche e alle azioni di inclusione sociale, sottolineando la responsabilità di ognuno nella lotta alla povertà e all'emarginazione. L'Anno europeo favorisce la sensibilizzazione, la partecipazione e l'impegno e crea nuove opportunità di partecipazione alle persone comuni.

Partecipazione — Aumentare la partecipazione pubblica alle politiche e alle azioni di inclusione sociale, sottolineando la responsabilità di ognuno nella lotta alla povertà e all'emarginazione. L'Anno europeo favorisce vuole favorire la sensibilizzazione, la partecipazione e l'impegno e crea creando nuove opportunità di partecipazione per le persone comuni residenti in uno Stato membro dell'UE.

Motivazione

È importante menzionare esplicitamente e con vigore l'impegno dell'Unione per realizzare interventi volti a trasformare in modo attivo l'atteggiamento dei cittadini europei nei confronti della povertà e dell'esclusione sociale.

Emendamento 2

Articolo 2, lettera c)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Coesione — Promuovere una società più coesa, sensibilizzando i cittadini sui vantaggi offerti, a tutti, da una società senza povertà e nella quale nessuno è condannato a vivere nell'emarginazione. L'Anno europeo promuove una società che sostiene e sviluppa la qualità della vita, il benessere sociale e la parità di opportunità per tutti, indipendentemente dalle origini, garantendo lo sviluppo sostenibile e la solidarietà intergenerazionale e intragenerazionale nonché la coerenza politica dell'azione intrapresa dall'UE su scala mondiale.

Coesione — Promuovere una società più coesa, sensibilizzando tutti i cittadini sui vantaggi offerti, a all'idea di una società egualitaria che sostiene i diritti e le opportunità, da una società senza povertà e nella quale nessuno è condannato a vivere nell'emarginazione. L'Anno europeo promuove una società che sostiene e sviluppa la qualità della vita, il benessere sociale e la parità di opportunità per tutti, indipendentemente dalle origini, garantendo lo sviluppo sostenibile e la solidarietà intergenerazionale e intragenerazionale nonché la coerenza politica dell'azione intrapresa dall'UE su scala mondiale.

Motivazione

È fondamentale che le politiche sociali dell'Unione siano rivolte a tutti i cittadini e che l'Unione riconosca il diritto di cittadinanza piena e paritaria a tutte le persone, assicurando loro piena partecipazione e pari opportunità, conformemente all'articolo 5 bis del Trattato di Lisbona: «Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana».

Emendamento 3

Articolo 2, lettera d)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Impegno — Riaffermare il fermo impegno politico dell'UE a combattere la povertà e l'esclusione sociale e promuovere tale impegno a tutti i livelli del potere. Sulla scorta dei risultati e delle eventuali lacune del metodo aperto di coordinamento per la protezione sociale e l'inclusione sociale, l'Anno europeo rafforza l'impegno politico a favore della prevenzione della povertà e dell'esclusione sociale e della lotta alle medesime e imprime uno slancio ad un ulteriore sviluppo dell'azione dell'Unione europea in questo campo.

Impegno — Riaffermare il fermo impegno politico dell'UE e degli Stati membri a combattere la povertà e l'esclusione sociale e a promuovere tale impegno a tutti i livelli del potere una vigorosa azione di lotta alla povertà da parte delle autorità pubbliche. Sulla scorta dei risultati e delle eventuali lacune del metodo aperto di coordinamento per la protezione sociale e l'inclusione sociale, l'Anno europeo rafforza l'impegno politico a favore della prevenzione della povertà e dell'esclusione sociale e della lotta alle medesime e imprime slancio ad un ulteriore sviluppo dell'azione dell'Unione europea e degli Stati membri in questo campo.

Motivazione

Se l'articolo 2, lettera b) è centrato sulla condivisione della responsabilità, l'articolo 2, lettera d) dovrebbe richiamare l'attenzione sul ruolo degli enti pubblici, sottolineando che la lotta alla povertà deve essere affrontata mediante un impegno a livello politico piuttosto che attraverso azioni incentrate sui comportamenti individuali.

Emendamento 4

Articolo 6, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Ogni Stato membro designa un «organismo nazionale di attuazione» incaricato di organizzare la propria partecipazione all'Anno europeo e a garantire il coordinamento a livello nazionale. L'organismo nazionale di attuazione è responsabile dell'elaborazione del programma nazionale e della definizione delle priorità dell'Anno europeo a livello nazionale, nonché della selezione delle azioni da proporre per un finanziamento comunitario. La strategia e le priorità nazionali dell'Anno europeo sono determinate conformemente agli obiettivi di cui all'articolo 2.

Ogni Stato membro designa un «organismo nazionale di attuazione» incaricato di organizzare la propria partecipazione all'Anno europeo e a garantire il coordinamento a livello nazionale. L'organismo nazionale di attuazione è responsabile dell'elaborazione del programma nazionale e della definizione delle priorità dell'Anno europeo a livello nazionale, della definizione delle priorità e dell'elaborazione del programma dell'Anno europeo a livello nazionale, nonché della selezione delle azioni da proporre per un finanziamento comunitario. L'organismo nazionale dovrà dimostrare di avere operato di comune accordo con il livello regionale e locale. La strategia e le priorità nazionali Le priorità e la strategia nazionale dell'Anno europeo sono determinate conformemente agli obiettivi di cui all'articolo 2.

Motivazione

È importante che i programmi nazionali definiscano innanzitutto le priorità nazionali, a partire dalla dimensione specifica della povertà nei diversi paesi; la pianificazione della strategia deve fondarsi esclusivamente su una profonda conoscenza del problema, in quanto la lotta alla povertà presenta un carattere multisettoriale e necessita di interventi ad hoc.

Emendamento 5

Articolo 13

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Ai fini dell'Anno europeo, la Commissione può cooperare con le organizzazioni internazionali competenti, in particolare con il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione internazionale del lavoro e le Nazioni Unite.

Ai fini dell'Anno europeo, la Commissione può cooperare con le organizzazioni internazionali competenti, in particolare con il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione internazionale del lavoro, le Nazioni Unite, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e la Banca mondiale.

Motivazione

La condizione di povertà ha gravi conseguenze a lungo termine, impedisce il pieno dispiegamento delle potenzialità, minaccia la salute, lo sviluppo personale e il benessere generale. Pertanto, l'esperienza dell'OMS può contribuire a rafforzare la conoscenza e la condivisione delle buone pratiche. Anche l'esperienza della Banca mondiale è importante, in quanto questo organismo persegue con sempre maggiore coerenza un approccio fondato sull'empowerment.

Emendamento 6

Allegato

I.   AZIONI SU SCALA COMUNITARIA

1.   Incontri e manifestazioni

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Organizzazione di incontri e di manifestazioni a livello comunitario, miranti a sensibilizzare il pubblico su temi riguardanti l'Anno europeo e la povertà ed esclusione sociale e a servire da quadro per scambi di opinioni. Queste azioni raccoglieranno le parti interessate e saranno allestite con il concorso di persone in condizioni di povertà e di organizzazioni della società civile che le rappresentano, il che costituisce una buona occasione per affrontare le lacune politiche e i problemi della vita quotidiana.

Organizzazione di incontri e di manifestazioni a livello comunitario, miranti a sensibilizzare i cittadini degli Stati membri il pubblico su temi riguardanti l'Anno europeo e della lotta alla povertà ed all'esclusione sociale e a servire da quadro per favorire lo sviluppo degli scambi di opinioni. Queste azioni raccoglieranno le parti interessate e saranno allestite con il concorso delle persone in condizioni di povertà e di delle organizzazioni della società civile che le rappresentano, il che costituisce una buona occasione per affrontare le lacune politiche e i problemi della vita quotidiana. Il fine perseguito è realizzare la partecipazione attiva degli attori sociali attraverso azioni e pratiche di empowerment sociale.

Motivazione

La lotta alla povertà deve chiamare in causa i cittadini degli Stati membri al fine di sviluppare e rafforzare il loro senso di responsabilità. L'Anno della lotta alla povertà e all'esclusione sociale è finalizzato a creare condizioni capaci di limitare il perpetuarsi delle ineguaglianze sociali; di conseguenza, le azioni e le pratiche devono ispirarsi al principio dell'empowerment sociale.

Emendamento 7

Allegato

2.   Campagne informative e promozionali comprendenti

Terzo punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

una campagna di informazione a livello comunitario con localizzazione a livello nazionale basata su strumenti di comunicazione nuovi e tradizionali, ma anche su nuove tecnologie;

una campagna di informazione a livello comunitario con localizzazione a livello locale, regionale e nazionale basata su strumenti di comunicazione sia nuovi che tradizionali, ma anche su nuove tecnologie finalizzate ad innalzare il livello di diffusione e a destare l'interesse del pubblico;

Motivazione

Il livello d'azione locale è importante in quanto le autorità locali e regionali hanno un ruolo fondamentale da svolgere nell'individuare e promuovere le condizioni di accesso reale ai servizi sociali, economici e culturali delle persone in situazione di povertà o di esclusione sociale. Gli enti locali, regionali e nazionali sono i primi responsabili per elaborare, finanziare e gestire le politiche d'integrazione delle persone escluse.

Le campagne di informazione potranno raggiungere un pubblico realmente vasto di cittadini avvalendosi della partecipazione di tutti gli enti pubblici a tutti i livelli nonché grazie all'utilizzo di un linguaggio di comunicazione mirato.

Emendamento 8

Allegato

2.   Campagne informative e promozionali comprendenti

Quarto punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

la produzione di strumenti di comunicazione e mediali disponibili in tutta la Comunità e miranti a stimolare l'interesse del pubblico;

la produzione di strumenti di comunicazione e mediali disponibili in tutta la Comunità e miranti a stimolare l'interesse del pubblico;

Motivazione

Stesso contenuto del terzo punto in neretto.

Emendamento 9

Allegato

2.   Campagne informative e promozionali comprendenti

Quinto punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

misure ed iniziative adeguate per far conoscere i risultati e migliorare la visibilità dei programmi, delle azioni e delle iniziative comunitarie che contribuiscono agli obiettivi dell'Anno europeo;

misure ed iniziative adeguate per far conoscere i risultati e migliorare la visibilità dei programmi, delle azioni e delle iniziative comunitarie migliorare la visibilità dei programmi e per far conoscere le azioni e le iniziative comunitarie e i risultati che contribuiscono agli obiettivi dell'Anno europeo;

Motivazione

Evidente.

Emendamento 10

Allegato

2.   Campagne informative e promozionali comprendenti

Sesto punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

iniziative adeguate intraprese dagli istituti di istruzione per diffondere le informazioni sull'Anno europeo;

iniziative adeguate intraprese dagli istituti di istruzione per diffondere le informazioni sull'Anno europeo per sensibilizzare i giovani e per diffondere i principi della lotta alla povertà;

Motivazione

La condivisione della responsabilità è rafforzata da un'azione volta ad accrescere la partecipazione di tutte le componenti della società e in particolare dei giovani, al fine di meglio conformarsi al Trattato di Lisbona, che all'articolo 149 invita a «incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita democratica dell'Europa».

Emendamento 11

Allegato

3.   Altre azioni

Primo punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Indagini e studi a livello comunitario per valutare e documentare la preparazione, l'efficacia, l'impatto e il monitoraggio a lungo termine dell'Anno europeo. Per facilitare un nuovo consenso su soluzioni politiche, una di tali indagini comprenderà anche una serie di quesiti per sondare l'opinione pubblica sulla politica di prevenzione e di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, compresi i sistemi di protezione sociale, e sul ruolo potenziale dell'Unione nella lotta alla povertà e all'esclusione. L'indagine sarà realizzata nel 2009 al fine di poter presentare i risultati alla conferenza inaugurale dell'Anno europeo;

Indagini e studi a livello comunitario per valutare e documentare la preparazione, l'efficacia, l'impatto e il monitoraggio a lungo termine dell'Anno europeo. Per facilitare un nuovo Per allargare la base del consenso su soluzioni politiche, una di tali indagini comprenderà anche una serie di quesiti per sondare l'opinione pubblica sulla politica di prevenzione e di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, compresi i sistemi di protezione sociale, e sul ruolo potenziale che l'dell'Unione si impegna a svolgere nella lotta alla povertà e all'esclusione. L'indagine sarà realizzata nel 2009 al fine di poterne presentare i risultati alla conferenza inaugurale dell'Anno europeo;

Motivazione

È importante menzionare esplicitamente e con vigore l'impegno dell'Unione europea per realizzare interventi volti a trasformare in modo attivo l'atteggiamento dei cittadini europei nei confronti della povertà e dell'esclusione sociale.

Emendamento 12

Allegato

3.   Altre azioni

Secondo punto in neretto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

la cooperazione con il settore privato, gli organismi di radiodiffusione e altri media per diffondere le informazioni sull'Anno europeo e per le azioni miranti ad un dialogo a lungo termine sulle questioni sociali;

la cooperazione con il settore privato, gli organismi di radiodiffusione e altri media per diffondere le informazioni sull'Anno europeo e per le azioni miranti ad sviluppare un dialogo a lungo termine sulle questioni sociali;

Motivazione

Evidente.

Emendamento 13

Allegato

II.   COFINANZIAMENTO DELLE AZIONI A LIVELLO NAZIONALE

Punto 7, lettera f)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

possibilità di formazione per funzionari, parti sociali, media, rappresentanti di ONG e altri operatori al fine di aumentare le loro conoscenze sui fenomeni della povertà e dell'esclusione sociale, delle politiche europee e nazionali sull'inclusione sociale e sui vari strumenti d'azione disponibili, onde rafforzare le loro capacità a trattare aspetti connessi alla povertà e a incoraggiarli a rivestire un ruolo attivo nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale;

possibilità di formazione per funzionari degli enti locali, regionali e nazionali, parti sociali, media, rappresentanti di ONG e altri operatori al fine di aumentare le loro conoscenze sui fenomeni della povertà e dell'esclusione sociale, delle politiche europee e nazionali sull'inclusione sociale e sui vari strumenti d'azione disponibili, onde rafforzare le loro capacità a trattare aspetti connessi alla povertà e a incoraggiarli a rivestire un ruolo attivo nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale;

Motivazione

Gli enti locali, regionali e nazionali sono i primi responsabili per elaborare, finanziare e gestire le politiche intese a garantire l'integrazione delle persone escluse: è quindi importante che i loro funzionari ricevano una preparazione specifica per svolgere questi compiti.

Emendamento 14

Allegato

V.   PRIORITÀ DELLE ATTIVITÀ DELL'ANNO EUROPEO

Paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Conformemente all'analisi effettuata e alle priorità individuate nella relazione congiunta sulla protezione sociale e l'inclusione sociale, l'Anno europeo dovrebbe riguardare i temi seguenti:

povertà infantile e trasmissione intergenerazionale della povertà;

mercato del lavoro inclusivo;

svantaggi in materia di istruzione e di formazione, ivi compresa la formazione per l'acquisizione di competenze informatiche;

povertà e dimensione di genere;

accesso ai servizi di base, incluso un alloggio dignitoso;

eliminazione della discriminazione, promozione dell'integrazione degli immigrati e inserimento sociale e professionale delle minoranze etniche;

risposta alle esigenze delle persone con disabilità e di altri gruppi vulnerabili.

Conformemente all'analisi effettuata e alle priorità individuate nella relazione congiunta sulla protezione sociale e l'inclusione sociale, l'Anno europeo dovrebbe riguardare i temi seguenti:

povertà infantile e trasmissione intergenerazionale della povertà;

anziani;

approcci integrati attivi d'inclusione;

mercato del lavoro inclusivo;

svantaggi in materia di istruzione e di formazione, ivi compresa la formazione per l'acquisizione di competenze informatiche;

povertà e dimensione di genere;

accesso ai servizi di base, incluso un alloggio dignitoso;

eliminazione della discriminazione, promozione dell'integrazione degli immigrati e inserimento sociale e professionale delle minoranze etniche o religiose e dei rifugiati;

risposta alle esigenze delle persone con disabilità e di altri gruppi vulnerabili.

Motivazione

La povertà colpisce in particolare gli anziani, i rifugiati e le minoranze religiose. Per assicurare pari opportunità di partecipazione alla vita politica e sociale, è importante promuovere azioni inclusive per questi gruppi.

Emendamento 15

Allegato

5.   CARATTERISTICHE E OBIETTIVI

5.3   Obiettivi, risultati previsti e relativi indicatori della proposta nel contesto della gestione del bilancio per attività (ABM)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

L'Anno europeo dovrebbe promuovere il dibattito e dare luogo a soluzioni che consentano una partecipazione significativa alla società delle persone che vivono nella povertà e nell'esclusione sociale, un rafforzamento delle organizzazioni alle quali esse partecipano e l'istituzione di quadri più efficaci per garantire la loro partecipazione alle attività destinate ad imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà. L'Anno europeo contribuirà ad aumentare l'impatto del metodo aperto di coordinamento sul terreno.

L'Anno europeo dovrebbe promuovere il dibattito e dare luogo a soluzioni che consentano l'inclusione e la una partecipazione significativa alla società delle persone che vivono nella povertà e nell'esclusione sociale, un il rafforzamento delle organizzazioni alle quali esse partecipano e l'istituzione di quadri più efficaci la creazione delle condizioni atte a promuovere azioni efficaci di empowerment per garantire la loro partecipazione alle attività destinate ad imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà. L'Anno europeo contribuirà ad aumentare l'impatto del metodo aperto di coordinamento sul terreno.

Motivazione

Evidente.

Bruxelles, 18 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/15


Parere del Comitato delle regioni Gruppo europeo di cooperazione territoriale: un nuovo slancio alla cooperazione territoriale in Europa

(2008/C 257/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI

insiste sulla necessità di un'applicazione rapida e coerente del regolamento su tutto il territorio dell'Unione, in conformità allo spirito europeo del nuovo strumento,

sottolinea che il GECT, attribuendo una veste giuridica comunitaria a forme di cooperazione territoriale fra attori istituzionali a diversi livelli appartenenti a due o più Stati membri, può innescare un processo di integrazione europea orizzontale, in attuazione dei principi di sussidiarietà e prossimità,

sottolinea che la possibilità di coinvolgere in un'unica struttura cooperativa diversi livelli istituzionali apre la strada a nuove forme di governance multilivello in cui le autorità regionali e locali europee possono assumere un importante ruolo di impulso nell'elaborazione e nell'implementazione delle politiche dell'Unione, contribuendo ad una governance europea più aperta, partecipativa, democratica, responsabile, trasparente,

afferma la sua intenzione di svolgere un ruolo fondamentale di informazione e di promozione dello strumento GECT attraverso la mobilitazione politica, le iniziative di comunicazione, la creazione di reti per lo scambio di esperienze e di buone pratiche, le attività di studio,

invita la Commissione europea a lanciare una riflessione strategica sul GECT nel prossimo Libro verde sulla coesione territoriale europea.

Relatrice

:

Mercedes BRESSO (IT/PSE) Presidente della regione Piemonte

IL COMITATO DELLE REGIONI

Le sfide del continente e il bisogno di integrazione europea

1.

Saluta con entusiasmo l'adozione del regolamento relativo al Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT); esso fornisce una risposta efficace alla fondamentale esigenza di approfondire il processo di integrazione europea nel rispetto della diversità regionale, adattando gli attuali modelli di governance alle sfide che l'Europa si trova ad affrontare;

2.

prende atto che l'Unione europea si trova di fronte a cambiamenti fondamentali per il suo futuro: basti pensare al nuovo Trattato di Lisbona, firmato lo scorso 13 dicembre 2007, al recente allargamento dell'area Schengen a nove nuovi paesi, all'adozione dell'euro da parte di Cipro e Malta all'inizio del 2008, alla revisione in corso del bilancio;

3.

in linea di principio, si rallegra del fatto che il nuovo Trattato di Lisbona introduca, all'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea, la coesione territoriale fra gli obiettivi dell'Unione e riconosca la necessità di attribuire una particolare attenzione alle regioni transfrontaliere; si tratta dell'esplicito riconoscimento che, nell'elaborazione delle politiche dell'Unione, occorre promuovere lo sviluppo armonioso e bilanciato del territorio europeo, per definizione policentrico; invita pertanto la Commissione a elaborare una proposta in cui si definiscano le misure e le attività che, sul piano europeo, possono rientrare in questo obiettivo in futuro;

4.

riconosce che il futuro dell'Unione europea e dei suoi territori dipende da una rafforzata sinergia fra le politiche di coesione e le strategie di promozione della competitività, nonché dallo sviluppo di politiche settoriali che permettano, in particolare ai territori più sfavoriti, di affrontare le sfide della globalizzazione in virtù di un approccio transfrontaliero, transnazionale, interregionale; fa osservare inoltre che la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale ha creato, e tuttora crea, un valore aggiunto europeo sul piano politico, istituzionale, economico e socioculturale;

5.

ricorda che la coesione territoriale si pone al centro dell'Agenda territoriale dell'Unione europea. Questa esprime l'esigenza che la dimensione territoriale giochi un ruolo più incisivo nel futuro della politica di coesione europea e delle altre politiche comunitarie;

6.

ritiene che la coesione territoriale costituisca un elemento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di crescita economica e solidarietà e per la realizzazione di un'economia sociale di mercato fortemente competitiva volta alla piena occupazione, al progresso sociale e allo sviluppo sostenibile;

7.

afferma che, al contempo, la coesione territoriale può rafforzare la competitività e la sostenibilità delle regioni d'Europa, in conformità con gli obiettivi della nuova strategia di Lisbona aggiornata dagli Stati membri nel 2008;

8.

giudica la cooperazione territoriale, e soprattutto quella transfrontaliera, un elemento chiave dell'integrazione europea e una priorità politica per l'UE e ricorda l'importanza specifica che tale cooperazione assume nel caso delle regioni ultraperiferiche, insulari e montane;

9.

invita la Commissione europea a lanciare una riflessione strategica sul GECT nel prossimo Libro verde sulla coesione territoriale europea.

Il valore politico e strategico del GECT

10.

Appoggia la cooperazione territoriale come strumento fondamentale della politica di coesione, per la risoluzione di questioni a forte dimensione territoriale in settori cruciali dal punto di vista economico, sociale, culturale ed ambientale;

11.

sottolinea che la cooperazione territoriale costituisce una risposta adeguata all'esigenza che la distribuzione dei fondi relativi al periodo di programmazione 2007-2013 risulti più bilanciata da un punto di vista geografico;

12.

si rallegra del fatto che il periodo di programmazione 2007-2013 preveda un notevole potenziamento della cooperazione territoriale nella politica di coesione attraverso:

l'integrazione dell'iniziativa comunitaria Interreg, che diventa un obiettivo politico a pieno titolo (obiettivo 3) della politica di coesione europea,

un forte orientamento delle iniziative di cooperazione territoriale verso il conseguimento degli obiettivi di Lisbona e di Göteborg,

il consolidamento della cooperazione territoriale e il suo collegamento con altre politiche tematiche dell'UE nell'ambito dell'iniziativa Le regioni protagoniste del cambiamento economico,

il rafforzamento delle strutture di cooperazione, dei meccanismi operativi e dei processi di capitalizzazione, anche attraverso i programmi di collegamento in rete dei 27 Stati membri (Urbact, Interact, ESPON);

13.

ritiene che il regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo al Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) rappresenti un importante strumento giuridico per rafforzare la cooperazione fra le collettività territoriali in Europa attraverso una disciplina comunitaria uniforme direttamente applicabile in tutti gli Stati membri;

14.

ritiene che il prevedibile potenziale di tale strumento si rafforzerà ulteriormente in quanto esso si collega direttamente all'acquis comunitario, il che gli conferisce particolare vigore, nonché capacità di integrazione giuridica e maggiore profondità e dinamismo, rispetto agli strumenti tradizionali della cooperazione;

15.

fa notare che il quadro giuridico precedente, che peraltro il regolamento non intende sopprimere, aveva spesso determinato situazioni di incertezza;

16.

si rallegra che il regolamento relativo al GECT abbia incorporato gran parte degli sviluppi che l'acquis del Consiglio d'Europa ha introdotto in materia di cooperazione territoriale. È nel quadro del Consiglio d'Europa, infatti, con la convenzione quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività territoriali del 1980 e i suoi protocolli addizionali del 1995 e 1998, che è stato per la prima volta riconosciuto il diritto delle collettività territoriali di cooperare oltre i confini nazionali;

17.

fa notare che il GECT è uno strumento che dà vita ad una struttura di cooperazione europea, il cui fine è quello di consentire di affrontare e risolvere i tradizionali problemi giuridico-amministrativi legati all'attuazione e gestione di programmi e progetti transfrontalieri, transnazionali e interregionali, e alla cooperazione territoriale in generale;

18.

sottolinea che il GECT contribuisce a dare stabilità e certezza alle iniziative di cooperazione territoriale, attraverso la creazione di gruppi cooperativi dotati di personalità giuridica, nonché dei mezzi necessari alla realizzazione di progetti e azioni, con o senza il contributo finanziario della Comunità;

19.

ribadisce che il GECT può offrire un'efficace piattaforma di coordinazione e attuazione di politiche europee, nazionali e regionali in una molteplicità di aree cruciali quali le infrastrutture, la competitività delle imprese, la ricerca e l'innovazione, la formazione, la protezione dell'ambiente e la prevenzione dei rischi ambientali, le reti energetiche e dei trasporti, la sanità e i servizi sociali, lo sviluppo urbano sostenibile e policentrico;

20.

rammenta che i programmi europei come Interreg hanno suscitato la creazione di numerose strutture, intese e accordi volti a dare corpo a forme di cooperazione transfrontaliera ed interregionale fra collettività territoriali in materie di interesse comune;

21.

ritiene che il GECT possa costituire una nuova opportunità per una strutturazione giuridica e un coerente sviluppo del fenomeno delle Euroregioni, che negli anni passati hanno dato un contributo decisivo al potenziamento di un'effettiva cooperazione in una vasta gamma di attività, al rafforzamento delle relazioni di vicinato, al ravvicinamento delle popolazioni, al trasferimento di conoscenze e allo scambio di buone pratiche, attraverso le iniziative di cooperazione;

22.

sottolinea che il regolamento sul GECT non intende eliminare le Euroregioni attualmente esistenti né creare una struttura amministrativa in più, bensì offrire un'opzione credibile in termini di cooperazione territoriale transeuropea;

23.

sottolinea che il GECT costituisce uno strumento valido per portare avanti la cooperazione decentrata su tutto il territorio dell'Unione europea, in un gran numero di settori politici e sulla base di strutture stabili in grado di coinvolgere i cittadini, di portare a decisioni congiunte destinate ad essere pienamente applicate e anche di favorire una cooperazione strategica a lungo termine;

24.

fa notare che il GECT può e deve essere uno strumento operativo di primo livello, tale da agevolare l'accesso al mercato del credito per il finanziamento di infrastrutture o servizi di interesse comune a diversi territori dell'UE i quali, a loro volta, generino le entrate necessarie a garantire la sostenibilità finanziaria di tali misure;

25.

sottolinea che una possibile misura da adottare a livello comunitario consisterebbe nell'incoraggiare l'utilizzo del GECT come strumento privilegiato della cooperazione, sia per i significativi vantaggi che possono derivare dalla semplificazione della gestione delle politiche, dei piani e dei progetti di cooperazione, che per la diffusione generalizzata di migliori pratiche amministrative in tutta l'UE;

26.

ritiene che l'adozione dello strumento del GECT possa far sì che le strutture di cooperazione esistenti non solo operino in maniera più coerente e incisiva, in una prospettiva di razionalizzazione invece che di dispersione dei fondi, ma migliorino anche la qualità dei risultati conseguiti;

27.

ribadisce che il GECT contribuirà in maniera significativa ad una più efficiente allocazione e gestione delle risorse, attraverso un coinvolgimento più intenso delle autorità regionali e locali e degli attori economici e sociali a livello territoriale;

28.

sottolinea che il GECT, attribuendo una veste giuridica comunitaria a forme di cooperazione territoriale fra attori istituzionali a diversi livelli appartenenti a due o più Stati membri, può innescare un processo di integrazione europea orizzontale, in attuazione dei principi di sussidiarietà e prossimità;

29.

afferma che, attraverso lo strumento del GECT, le autorità regionali e locali europee possono assumere un importante ruolo di impulso nell'elaborazione e nell'implementazione delle politiche dell'Unione, contribuendo ad una governance europea più aperta, partecipativa, democratica, responsabile, trasparente;

30.

sottolinea che la possibilità di coinvolgere in un'unica struttura cooperativa diversi livelli istituzionali apre la strada a nuove forme di governance multilivello in cui le parti in causa contribuiscono secondo le competenze di ciascuna al successo globale dell'impresa.

L'impegno ad applicare il regolamento in accordo con lo spirito comunitario

31.

Sottolinea che la natura stessa dello strumento giuridico del regolamento garantisce una disciplina uniforme della cooperazione territoriale in tutti gli Stati membri, riducendo le disparità dovute alla frammentazione e alla normativa; è la prima volta che si mette a punto uno strumento comune contraddistinto da una tale portata geografica;

32.

ritiene che l'attuazione del regolamento debba a sua volta essere correttamente coordinata, affinché i diversi atti giuridici adottati dagli Stati membri per dare attuazione al regolamento (CE) n. 1082/2006 possano essere combinati senza causare alcun tipo di incompatibilità od ostacolo;

33.

insiste sulla necessità di un'applicazione rapida e coerente del regolamento su tutto il territorio dell'Unione, in conformità allo spirito europeo del nuovo strumento;

34.

rileva l'importanza, nel rispetto delle procedure richiamate nel preambolo del regolamento relativo al GECT, di coinvolgere nella messa in atto del nuovo strumento comunitario, nelle forme più opportune e fin da subito, anche gli Stati terzi;

35.

prende atto del fatto che alcuni Stati membri hanno già adottato le disposizioni di applicazione del regolamento, ma si riserva di svolgere un'attenta analisi di tali misure al fine di valutarne la conformità agli obiettivi di uniformazione normativa e promozione della cooperazione territoriale;

36.

deplora il fatto che la maggior parte degli Stati membri non abbia ancora provveduto ad adottare le disposizioni di applicazione del regolamento e sprona le competenti autorità a provvedervi senza ulteriori ritardi e senza introdurre ostacoli e oneri burocratici alla costituzione ed alla piena operatività dei GECT;

37.

evidenzia che il GECT è stato concepito anche per semplificare le procedure di gestione e attuazione delle iniziative di cooperazione territoriale e pertanto richiede la più ampia collaborazione all'interno di ciascun Stato tra le diverse autorità nazionali, regionali e locali per quanto di rispettiva competenza;

38.

ritiene, pertanto, essenziale la cooperazione e la reciproca informazione tra Stati membri, unitamente al coinvolgimento diretto delle collettività regionali e locali;

39.

ricorda che, con il regolamento relativo al GECT, il diritto comunitario dà vita a una nuova categoria di persone giuridiche che, nonostante i richiami significativi ai diritti nazionali, devono ricevere un trattamento sostanzialmente uniforme nei diversi Stati membri, in virtù dei principi di diretta applicabilità ed efficacia diretta;

40.

evidenzia che l'articolo 2 del regolamento stabilisce una precisa gerarchia in base alla quale non solo la normativa comunitaria, ma anche le disposizioni contenute nelle convenzioni e negli statuti dei nascenti GECT prevalgono sul diritto dello Stato membro in cui il GECT ha sede, mentre quest'ultimo trova applicazione solo in caso di materie non disciplinate o parzialmente disciplinate dal regolamento;

41.

sottolinea che le disposizioni del regolamento che non operano richiami al diritto nazionale si applicano direttamente ad ogni istanza di costituzione di un GECT;

42.

ritiene che il regolamento attribuisca ai membri potenziali di un GECT situati nel territorio di almeno due Stati un vero e proprio diritto, immediatamente applicabile, di costituire un GECT in conformità alle disposizioni del regolamento stesso;

43.

ricorda che l'inadempimento da parte degli Stati membri del loro obbligo di adottare le opportune disposizioni di applicazione ostacola le potenzialità del GECT in quanto concetto; pertanto chiede alla Commissione europea di sollecitare gli Stati membri ad osservare i loro obblighi in materia;

44.

ritiene che la Commissione europea possa svolgere un ruolo decisivo ai fini della piena operatività del GECT, secondo l'autentico spirito del regolamento;

45.

invita la Commissione europea a sollecitare gli Stati membri ad adottare le necessarie misure di applicazione, fornendo al contempo un adeguato supporto alle autorità nazionali competenti, attraverso l'adozione di linee guida, criteri interpretativi, indicazioni tecniche. A tal fine, la Commissione potrebbe avvalersi del lavoro svolto dal gruppo di esperti sul GECT costituito dal Comitato delle regioni;

46.

nel caso in cui dovessero persistere situazioni di inadempimento, auspica che la Commissione europea consideri la possibilità di avviare le necessarie procedure di infrazione a carico degli Stati membri che, senza addurre alcuna giustificazione, abbiano mancato ai loro obblighi di adottare le necessarie misure di applicazione del regolamento.

Promuovere l'utilizzo del GECT

47.

Ritiene che l'utilizzo del Gruppo europeo di cooperazione territoriale possa essere promosso attraverso specifiche azioni comunitarie di comunicazione, formazione e ogni altra misura utile, ivi compresi incentivi di carattere economico e finanziario;

48.

a tale proposito, ritiene che gli incentivi essenziali di natura economico-finanziaria si possano suddividere in due grandi gruppi. Suggerisce pertanto che quelli del primo gruppo presuppongano l'elaborazione di un programma specifico, dotato di finanziamenti comunitari ascrivibili al FESR, che contribuisca a favorire la costituzione di GECT nuovi o la riconversione di progetti di cooperazione nella prospettiva di una loro gestione attraverso le vecchie formule convenzionali;

49.

quelli del secondo gruppo presupporrebbero che i bandi pubblicati dalla Commissione prevedano di concedere, nella valutazione dei progetti presentati, un bonus di efficienza a quelli che comportano la creazione di un GECT e che prevedono una continuazione una volta concluso il progetto. In questo modo si incentiverebbe l'istituzionalizzazione di una cultura cooperativa sul medio-lungo periodo, capace di cercare nuove formule di finanziamento al di là del ricorso al bilancio comunitario;

50.

per quanto riguarda le misure di natura giuridica che si dovrebbero adottare per contribuire al successo dello strumento in tutta l'UE, ritiene che la responsabilità primaria spetti alla Commissione, che potrà avvalersi dell'appoggio tecnico del Comitato delle regioni;

51.

propone alla Commissione europea di intensificare l'azione di informazione interna alle sue direzioni generali al fine di accrescere la consapevolezza dello strumento GECT nella realizzazione delle politiche settoriali dell'Unione europea;

52.

dichiara la propria disponibilità a cooperare con gli attori istituzionali per le azioni di promozione sopra indicate.

Il ruolo del Comitato delle regioni

53.

Ricorda di possedere specifiche competenze consultive in materia di cooperazione transfrontaliera, ai sensi dell'articolo 265 del Trattato CE:

la cooperazione territoriale, e il GECT in particolare, figurano fra le principali priorità dell'attuale mandato politico del Comitato delle regioni e del nuovo protocollo di cooperazione con la Commissione,

l'articolo 5 del regolamento stabilisce che i membri del GECT hanno l'obbligo di informare il Comitato delle regioni delle future convenzioni e della registrazione e/o pubblicazione degli statuti; questo apre la via alla creazione di un «registro europeo» dei GECT presso il Comitato delle regioni, come inizialmente richiesto da quest'ultimo nel suo parere del 2004 sulla proposta di regolamento (CdR 62/2004 fin);

54.

afferma la sua intenzione di svolgere un ruolo fondamentale di informazione e di promozione dello strumento GECT attraverso la mobilitazione politica, le iniziative di comunicazione, la creazione di reti per lo scambio di esperienze e di buone pratiche, le attività di studio;

55.

sottolinea che è stato istituito un gruppo di esperti territoriali sul GECT, con il compito di monitorare l'adozione delle disposizioni nazionali di applicazione e favorire lo scambio di esperienze relative alla creazione e gestione di GECT a livello territoriale;

56.

si impegna ad evidenziare le possibilità offerte dalle legislazioni, sia degli Stati membri che degli Stati terzi vicini dell'Unione, al fine di massimizzare le possibilità di cooperazione fra le collettività territoriali dell'Unione europea e quelle dei paesi terzi;

57.

riafferma la sua intenzione di intensificare la cooperazione con le organizzazioni regionali paneuropee che vantano una lunga esperienza specifica nel settore della cooperazione territoriale transeuropea;

58.

sottolinea che una forte cooperazione interistituzionale, capace di coinvolgere le istituzioni europee, i governi nazionali e le collettività regionali e locali, costituisce una condizione essenziale per il successo del GECT e della cooperazione territoriale.

Bruxelles, 18 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/20


Parere del Comitato delle regioni Un approccio globale all'immigrazione: lo sviluppo di una politica europea dell'immigrazione per motivi di lavoro nel quadro delle relazioni con i paesi terzi

(2008/C 257/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene che l'Unione europea dovrebbe dotarsi quanto prima di una vera e propria politica europea dell'immigrazione, rispettando le competenze dei vari livelli di governo, ma assumendo le proprie,

accoglie favorevolmente le iniziative della Commissione volte a creare sistemi per facilitare l'immigrazione regolare per motivi di lavoro, qualora esista uno squilibrio tra lo sviluppo di misure restrittive di lotta contro l'immigrazione irregolare e quello di misure di promozione dell'immigrazione regolare; invita inoltre la Commissione a elaborare una politica generale europea in materia di migrazione, assicurando che le misure a livello europeo presentino un valore aggiunto, come ad esempio nel caso dei lavoratori altamente qualificati,

è d'accordo sul fatto che un lavoro illegale costituisce uno dei fattori principali di attrazione per l'immigrazione irregolare; ritiene pertanto che gli Stati membri debbano intensificare e migliorare i loro sforzi e prendere tutte le misure necessarie per combattere il lavoro irregolare,

si rammarica che il ruolo del Comitato delle regioni non sia citato in nessuno dei documenti di riferimento su cui verte il presente parere ed esprime preoccupazione per la mancata attenzione rivolta alla dimensione territoriale, dato che finora il ruolo degli enti locali e regionali nella gestione del fenomeno immigrazione e quello consultivo del CdR in questo ambito erano stati riconosciuti,

ritiene che allo sviluppo della dimensione esterna di tale politica e degli strumenti europei per gestire il fenomeno dell'immigrazione debba affiancarsi il potenziamento della dimensione territoriale, con il coinvolgimento degli enti locali e regionali nello sviluppo di un approccio globale all'immigrazione. In questo senso, è opportuno assicurare che la Commissione europea favorisca un ruolo maggiormente proattivo del Comitato delle regioni nella fase iniziale dell'azione comunitaria,

accoglie favorevolmente l'iniziativa di promuovere la migrazione circolare e ritiene che quest'ultima possa dare un contributo positivo ai mercati del lavoro degli Stati membri e allo sviluppo dei paesi di origine.

Relatrice

:

Anna TERRÓN I CUSÍ (ES/PSE), responsabile del Segretariato per l'Unione europea del governo della Catalogna

Testi di riferimento

Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migrazione circolare e partenariati per la mobilità tra l'Unione europea e i paesi terzi

COM(2007) 248 def.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE

COM(2007) 249 def.

Proposta di direttiva del Consiglio sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati

COM(2007) 637 def.

Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro

COM(2007) 638 def.

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Raccomandazioni generali

1.

Ritiene che l'Unione europea dovrebbe dotarsi quanto prima di una vera e propria politica europea dell'immigrazione, rispettando le competenze dei vari livelli di governo, ma assumendo le proprie;

2.

accoglie favorevolmente le iniziative della Commissione volte a creare sistemi per facilitare l'immigrazione regolare per motivi di lavoro, qualora esista uno squilibrio tra lo sviluppo di misure restrittive di lotta contro l'immigrazione irregolare e quello di misure di promozione dell'immigrazione regolare; invita inoltre la Commissione a elaborare una politica generale europea in materia di migrazione, assicurando che le misure a livello europeo presentino un valore aggiunto, come ad esempio nel caso dei lavoratori altamente qualificati;

3.

è d'accordo sul fatto che un lavoro illegale costituisce uno dei fattori principali di attrazione per l'immigrazione irregolare; ritiene pertanto che gli Stati membri debbano intensificare e migliorare i loro sforzi e prendere tutte le misure necessarie per combattere il lavoro irregolare;

4.

chiede che, per combattere il lavoro irregolare, ci si concentri essenzialmente su coloro che, in qualità di datori di lavoro o di privati cittadini, assumono cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente in uno Stato membro. Spesso gli immigrati si trovano in una posizione molto vulnerabile e possono essere sfruttati in modo immorale e illegale;

5.

è del parere che il permesso unico sia un buono strumento per evitare la cosiddetta «irregolarità di ritorno» degli immigrati e ricorda che l'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce il diritto ad una buona amministrazione;

6.

considera fondamentale la cooperazione con i paesi terzi per garantire un approccio globale e coerente al fenomeno dell'immigrazione, così come affermato dal Consiglio europeo nelle sue conclusioni del 2005, secondo cui «le questioni migratorie sono un elemento centrale delle relazioni dell'UE con numerosi paesi terzi, comprese in particolare le regioni limitrofe dell'Unione» (1);

7.

sottolinea che, al momento di creare i cosiddetti «partenariati per la mobilità», bisognerà dare la priorità ai paesi terzi disposti a impegnarsi attivamente per combattere l'immigrazione irregolare e la tratta di esseri umani;

8.

approva la proposta di sviluppare la cooperazione con i paesi terzi attraverso i «partenariati per la mobilità» o l'assistenza tecnica e/o finanziaria e incoraggia la Commissione a cercare nuove forme di collaborazione, in una logica di uguaglianza, con i paesi di origine e di transito, creando un clima di fiducia che permetta a questi paesi di cooperare nella lotta all'immigrazione irregolare e di stabilire meccanismi per disciplinare l'immigrazione regolare;

9.

sottolinea la funzione chiave che svolgono gli enti locali e regionali nei negoziati e nelle relazioni con i paesi di origine e di transito, soprattutto in ambiti quali lo sviluppo o la cooperazione. Ricorda il ruolo sostanziale svolto dagli enti locali e regionali nel garantire il corretto funzionamento di programmi quali Aeneas, MEDA e Tacis, e mette in luce i legami e le conoscenze con i paesi di origine e di transito sviluppatisi grazie alle comunità di immigrati;

10.

si rammarica che il ruolo del Comitato delle regioni non sia citato in nessuno dei documenti di riferimento su cui verte il presente parere ed esprime preoccupazione per la mancata attenzione rivolta alla dimensione territoriale, dato che finora il ruolo degli enti locali e regionali nella gestione del fenomeno immigrazione e quello consultivo del CdR in questo ambito erano stati riconosciuti;

11.

ritiene che allo sviluppo della dimensione esterna di tale politica e degli strumenti europei per gestire il fenomeno dell'immigrazione debba affiancarsi il potenziamento della dimensione territoriale, con il coinvolgimento degli enti locali e regionali nello sviluppo di un approccio globale all'immigrazione. In questo senso, è opportuno assicurare che la Commissione europea favorisca un ruolo maggiormente proattivo del Comitato delle regioni nella fase iniziale dell'azione comunitaria (2);

12.

sottolinea il lavoro portato avanti dagli enti locali e regionali nel definire politiche di integrazione degli immigrati e nel garantire il corretto funzionamento dei meccanismi di accesso al mercato del lavoro ed evidenzia il ruolo che gli enti locali e regionali possono svolgere nella formazione dei lavoratori immigrati per prepararli sia ad accedere ai mercati del lavoro europei sia a reinserirsi, in caso di rimpatrio, nei mercati del lavoro dei paesi di origine;

13.

ricorda che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo chiave nella fornitura di servizi pubblici destinati agli immigrati (regolari e irregolari), tra cui figurano le politiche di accoglienza, l'assistenza sanitaria, l'istruzione e gli alloggi. Come sottolineato nella dichiarazione finale della Quinta conferenza dei parlamenti delle regioni-capitali dell'Unione europea (aprile 2006), per alcune regioni ed enti locali il fenomeno dell'immigrazione ha comportato e continua a comportare un costo notevole in termini di pubblici servizi. Sarebbe pertanto opportuno studiare nuove formule che consentano agli enti locali e regionali di svolgere un ruolo di maggior rilievo nello sviluppo di iniziative e strategie nazionali relative all'accesso e all'inserimento nel mondo del lavoro;

14.

sottolinea di preferire il termine «immigrazione irregolare», dato che in numerose lingue ufficiali il termine «illegale» rimanda chiaramente a comportamenti criminosi. In ogni caso, invita a rifiutare l'uso dell'espressione «immigrato illegale»;

15.

prende atto del riferimento ad altre politiche dell'UE che possono interessare gli immigrati, ad esempio la politica di sviluppo, la strategia europea per l'occupazione o altre politiche sociali ed economiche. Per tale motivo chiede un maggior coordinamento con tutte le politiche che interessano la popolazione immigrata;

16.

invita la Commissione a tenere conto delle previsioni degli Stati membri relative al fabbisogno di manodopera, sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri ad Eurostat e degli elenchi di occupazioni di difficile copertura, al fine di conoscere in modo più preciso le azioni e le previsioni dei diversi paesi; al riguardo occorre tuttavia rispettare le competenze nazionali in merito all'ammissione dei cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro nazionale;

17.

sottolinea l'importanza di un sistema statistico affidabile e aggiornato che consenta agli Stati membri di scambiarsi volontariamente informazioni ed esperienze sulle politiche occupazionali e sul mercato del lavoro, come prevede il regolamento (CE) n. 862/2007 relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e protezione internazionale (3);

18.

mette in risalto il ruolo importante che gli enti locali e regionali possono svolgere per ottenere informazioni e dati statistici, e insiste sul loro potenziale contributo per esempio alla creazione di un portale europeo sull'immigrazione o all'ampliamento dei servizi offerti dalla rete EURES. Gli enti locali e regionali gestiscono da parte loro una serie di portali web che possono completare queste iniziative;

19.

esprime preoccupazione per il mancato riferimento agli accordi internazionali che gli Stati membri hanno sottoscritto nel quadro dell'Organizzazione internazionale del lavoro, e ricorda che gli Stati membri devono operare in linea con la Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro (OIL, 1998), il Piano d'azione per i lavoratori migranti (OIL, 2004) e, in generale, i diritti fondamentali delle persone, conformemente alle convenzioni internazionali in vigore;

20.

considera molto importante che venga istituita una rete di enti locali e regionali per definire strumenti statistici e indicatori comuni che permettano di conoscere meglio la realtà migratoria;

21.

fa presente che è importante favorire la nascita di gruppi di lavoro permanenti e di fori (convegni, seminari ecc.) per lo scambio di esperienze e di buone pratiche nel campo dell'accoglienza e dell'integrazione sociale e professionale degli immigranti;

22.

approva la ratifica, da parte degli Stati membri, della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

Osservazioni relative alla migrazione circolare e alle relazioni con i paesi terzi

23.

Accoglie favorevolmente l'iniziativa di promuovere la migrazione circolare e ritiene che quest'ultima possa dare un contributo positivo ai mercati del lavoro degli Stati membri e allo sviluppo dei paesi di origine;

24.

riconosce che la migrazione circolare può costituire un legame positivo tra i paesi di origine e quelli di destinazione e rappresentare uno strumento per promuovere il dialogo, la cooperazione e la comprensione reciproca;

25.

fa notare che la migrazione circolare deve funzionare correttamente se si vuole evitare che si trasformi in un canale di immigrazione irregolare; a tal fine occorre stabilire canali efficaci per garantire il ritorno del migrante e favorire la circolarità. Ritiene inoltre che la migrazione circolare non possa sostituire la migrazione permanente né limitare le iniziative degli Stati membri in materia di integrazione degli immigrati;

26.

raccomanda che vi sia un maggiore collegamento tra la politica dell'immigrazione e altre politiche comunitarie, al fine di migliorare il quadro economico e sociale dei paesi di origine «contribuendo in tal modo a ridurre gli incentivi all'emigrazione irregolare» (4);

27.

accoglie favorevolmente i partenariati per la mobilità con i paesi terzi e riconosce l'importanza di promuovere accordi di associazione con i paesi di origine. Nella comunicazione, la Commissione sottolinea che nel concludere i partenariati di mobilità è necessario rispettare la ripartizione delle competenze tra l'UE e gli Stati membri. Gli accordi devono comprendere strumenti per la gestione comune dei flussi migratori, misure per lottare contro l'immigrazione irregolare e facilitare la riammissione e il rientro degli immigrati in situazione irregolare, nonché meccanismi per favorire lo sviluppo economico di tali paesi;

28.

ribadisce l'importanza di stabilire accordi di riammissione con paesi terzi nel quadro degli impegni stabiliti con essi, e segnala la necessità di agevolare i rimpatri rispettando i diritti degli immigrati e i principi riconosciuti a livello internazionale;

29.

chiede che venga riconosciuto il ruolo degli enti locali e regionali nell'ambito della cooperazione transfrontaliera internazionale e insiste affinché venga promossa la loro partecipazione allo Strumento europeo di vicinato; invita gli enti locali e regionali a cooperare con gli enti territoriali dei paesi di origine servendosi a tale scopo degli appositi programmi della Commissione europea, in particolare l'iniziativa pilota di una programmazione comune in materia di cooperazione territoriale tra le regioni ultraperiferiche e i paesi terzi vicini; ricorda inoltre che sono proprio gli enti locali e regionali a conoscere meglio degli altri l'impatto economico e sociale delle migrazioni e le loro ripercussioni nelle regioni di origine;

30.

ricorda la necessità di analizzare gli effetti della migrazione circolare sui paesi di origine e di studiare l'impatto delle rimesse su questi stessi paesi. Invita, sulla base di tali analisi, ad applicare gli strumenti necessari per facilitare il trasferimento delle rimesse;

31.

chiede di valutare la possibilità di coinvolgere le città e le regioni che sono origine e destinazione dei flussi migratori nei partenariati per la mobilità, dato che possono agevolare la mobilità degli immigrati e incidere positivamente sulla loro integrazione sociale;

32.

sottolinea la necessità di incentivare quei meccanismi che favoriscono, all'interno dell'UE, la mobilità dei lavoratori migranti che risiedono e lavorano regolarmente in uno Stato membro;

33.

sottolinea che i paesi terzi che partecipano ai partenariati per la mobilità devono aumentare gli incentivi al ritorno e al reinserimento dei lavoratori migranti, anche mediante misure attive per promuovere le infrastrutture produttive e condizioni di lavoro dignitose. Le autorità del paese di accoglienza devono far presente questo aspetto al paese di origine con il quale hanno sottoscritto un partenariato per la mobilità, e contribuire con consigli e altre modalità che non richiedano risorse finanziarie;

34.

valuta positivamente l'idea di rilasciare visti di lunga durata per ingressi multipli che favoriscano la migrazione circolare e approva le iniziative volte a potenziare la partecipazione, ai mercati del lavoro degli Stati membri, dei cittadini dei paesi terzi ammessi in precedenza come studenti e di quelli che, avendo partecipato a meccanismi di migrazione circolare, hanno adempiuto ai loro obblighi in materia di ritorno;

35.

chiede alla Commissione di fare il possibile per garantire che, dopo il ritorno nel loro paese di origine, i migranti circolari possano trasferire i diritti alla pensione che hanno maturato;

36.

valuta positivamente l'aumento di incentivi alla cooperazione con i paesi terzi, a completamento di altre misure, in quanto promuovono la partecipazione degli enti locali e regionali a progetti di sviluppo;

37.

approva l'idea di creare, nei paesi terzi, centri comuni per l'introduzione delle domande di visto e chiede che questa iniziativa non comporti un incremento delle pratiche burocratiche, bensì la loro semplificazione e il loro snellimento.

Osservazioni relative alla lotta contro il lavoro irregolare

38.

Appoggia l'intento della Commissione di contrastare il lavoro illegale svolto da persone di paesi terzi. L'applicazione di sanzioni economiche, amministrative o, nei casi ritenuti sufficientemente gravi, penali onde assicurare il rispetto della legislazione dell'UE è di competenza nazionale, tranne quando si tratta di sanzioni destinate ad assicurare l'efficacia del diritto dell'UE;

39.

sottolinea la necessità di valutare l'idoneità del termine «datore di lavoro» o «imprenditore» in ciascuna versione linguistica della direttiva e, qualora l'ordinamento giuridico di uno Stato membro preveda una distinzione tra i due termini, ritiene preferibile l'uso del termine «datore di lavoro» piuttosto che «imprenditore» allo scopo di dissociare lo spirito imprenditoriale dai comportamenti criminosi e di coprire i casi in cui è possibile offrire un lavoro regolare senza essere, da un punto di vista giuridico, un imprenditore;

40.

afferma che la lotta al lavoro irregolare deve essere portata avanti non solo comminando sanzioni nei confronti di coloro che impiegano manodopera illegalmente, ma anche aumentando le ispezioni sul lavoro, migliorando i canali di assunzione legale e mettendo a punto sistemi alternativi che consentano di promuovere le buone pratiche. I risultati delle ispezioni sul lavoro dovrebbero essere resi noti pubblicamente per consentire ai consumatori e ai potenziali lavoratori di operare delle scelte informate;

41.

sostiene che la lotta al lavoro irregolare, uno dei principali fattori di attrazione e persistenza dei flussi migratori irregolari, deve costituire una priorità nell'ambito delle azioni comunitarie relative alla politica d'immigrazione e ritiene che la base giuridica della direttiva dovrebbe puntare sulla lotta al lavoro irregolare e, conseguentemente, sulla diminuzione dell'immigrazione irregolare, e non viceversa;

42.

ricorda che gli enti locali e regionali possono, conformemente alla legislazione nazionale, svolgere un ruolo importante nell'applicazione delle misure di controllo e sorveglianza del mercato del lavoro e che potrebbe essere necessario aumentare le risorse umane e materiali per incrementare il numero di ispezioni;

43.

ritiene che, nella lotta contro il lavoro irregolare, si debba prestare una particolare attenzione alla lotta contro il traffico illecito di immigrati e la tratta di esseri umani. In tale contesto, denuncia il ruolo delle mafie e delle reti della criminalità organizzata, responsabili della persistenza del fenomeno dell'immigrazione irregolare in generale e dello sfruttamento lavorativo in particolare, diventato un'attività criminosa redditizia;

44.

sostiene le iniziative volte a lottare contro il lavoro irregolare e invita a promuovere iniziative comuni in questo ambito tra i diversi livelli amministrativi (nazionali, regionali e locali) e gli interlocutori sociali (principalmente datori di lavoro e sindacati, ma anche ONG e associazioni per la tutela dei diritti). Propone inoltre di intraprendere azioni di sensibilizzazione e informazione in determinati settori lavorativi, al fine di dissuadere coloro che impiegano manodopera in modo irregolare e informarli dei vantaggi di assumere lavoratori in modo legale;

45.

è d'accordo sul fatto che non ha senso escludere dall'ambito di applicazione della direttiva i singoli cittadini che assumono lavoratori in situazione irregolare, però fa presente l'impossibilità di prevenire questo fenomeno, se non si prevedono sistemi di assunzione regolare snelli e complementari per coprire la penuria di manodopera sul mercato del lavoro;

46.

sottolinea l'importanza di migliorare la flessibilità e la rapidità nelle assunzioni a carattere temporaneo e di definire i canali di immigrazione stagionale, previsti dal piano d'azione sull'immigrazione legale del 2005, in quanto elementi in grado di evitare la persistenza del fenomeno delle assunzioni irregolari;

47.

richiama l'attenzione sulla situazione di estrema vulnerabilità personale e professionale in cui si trovano numerose donne immigrate nell'Unione europea e invita a prestare una maggiore attenzione a tale problema;

48.

approva la decisione di non imporre sanzioni ai cittadini dei paesi terzi oggetto della proposta, anche se l'obbligo di emettere una decisione di rimpatrio o un provvedimento di allontanamento (5) può essere inteso come una penalizzazione, e valuta positivamente le sanzioni economiche imposte ai trasgressori, specie quelle relative al pagamento delle spese di rimpatrio, alle quali si potrebbero aggiungere l'alloggio e il sostentamento dell'immigrato sino al termine della procedura di rimpatrio. L'Unione europea deve inoltre garantire che gli strumenti legislativi concernenti il rimpatrio siano coerenti tra loro e assicurino il rispetto dei diritti fondamentali;

49.

invita ad adottare le misure necessarie per garantire che i lavoratori rimpatriati percepiscano le retribuzioni arretrate;

50.

reclama, da parte delle autorità competenti degli Stati membri, una maggiore protezione nei confronti dei lavoratori vittime di abusi e chiede di considerare la possibilità di concedere loro un permesso di soggiorno di lunga durata, soprattutto nei casi estremamente gravi, in linea con le disposizioni della direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini dei paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti.

Osservazioni relative ai lavoratori altamente qualificati

51.

Accoglie con favore le iniziative volte a promuovere i canali legali di acceso per l'immigrazione nell'UE nonché i tentativi di armonizzare i diversi meccanismi complessi di accesso ai mercati del lavoro degli Stati membri;

52.

giudica necessaria l'elaborazione di misure quali la «carta blu» allo scopo di rendere più attraente l'Unione europea quale destinazione di flussi migratori di lavoratori specializzati o altamente qualificati, soddisfare le esigenze dei mercati europei del lavoro e garantire la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona. Invita tuttavia la Commissione a fornire una definizione più chiara dei termini «qualificati» e «altamente qualificati» in relazione ai migranti. Propone inoltre che tale definizione tenga conto del livello d'istruzione dell'immigrato, della sua esperienza professionale, delle sue conoscenze linguistiche e di altri fattori di rilievo;

53.

ricorda tuttavia che non bisogna sottovalutare il contributo dei lavoratori non qualificati o poco qualificati sui mercati del lavoro di alcuni paesi europei e ricorda alla Commissione, dopo aver analizzato e valutato la possibile assunzione di lavoratori non qualificati o poco qualificati, gli impegni assunti dal Consiglio in materia di ravvicinamento di altre procedure di ammissione per motivi di lavoro, come previsto dal Piano d'azione sull'immigrazione legale;

54.

ritiene che la «carta blu» dovrebbe essere concessa non solo ai lavoratori specializzati che chiedano di essere ammessi nello spazio comunitario, ma anche a quelli che già resiedono nel territorio di uno Stato membro;

55.

giudica indispensabile disporre di informazioni di base sicure sui fabbisogni di manodopera qualificata nei mercati del lavoro degli Stati membri, e chiede alla Commissione di elaborare un metodo omogeneo ed efficace per la raccolta e la presentazione di dati statistici in questo ambito, conformemente al regolamento CE n. 862/2007;

56.

chiede agli Stati membri di promuovere la partecipazione degli enti locali e regionali alla definizione del volume di ingressi di cittadini dei paesi terzi per le offerte di lavoro altamente qualificato, e si rammarica che tale partecipazione non sia prevista esplicitamente dalla proposta di direttiva;

57.

si chiede se la necessità di risiedere per almeno due anni nel primo Stato membro possa influire sulla mobilità professionale dei lavoratori altamente qualificati e invita la Commissione a cercare formule alternative che garantiscano la mobilità professionale e rispondano alle necessità dei mercati nazionali del lavoro;

58.

valuta positivamente le condizioni di ingresso per i familiari dei lavoratori altamente qualificati, un elemento che, come dimostrano le esperienze maturate in altri paesi quali Australia, Canada e Stati Uniti, può rivelarsi determinante nell'assunzione di questo tipo di lavoratori;

59.

ricorda l'importanza di evitare la «fuga di cervelli» nei paesi in via di sviluppo e sottolinea con preoccupazione il fatto che, secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, i programmi di ammissione di lavoratori qualificati (tra i quali figurano anche le recenti iniziative della Commissione sulla migrazione circolare) tendono ad aggravare i problemi di fuga di cervelli (6);

60.

chiede di analizzare in modo accurato, sulla base di dati statistici, la questione della «fuga di cervelli» e i suoi effetti nei paesi di origine, al fine di stabilire, con questi stessi paesi, risposte congiunte per evitare, nei limiti del possibile, i rischi e le conseguenze di questo fenomeno;

61.

invita la Commissione a prendere tutte le misure opportune per promuovere, come alternativa alla «fuga di cervelli», la «circolazione di cervelli», un concetto in base al quale gli immigrati ritornano nel proprio paese di origine e condividono i vantaggi delle competenze acquisite nel paese di destinazione (7) e che consente di creare e approfondire i rapporti tra le comunità dei paesi di origine e quelle dei paesi di destinazione.

Osservazioni relative al permesso unico di soggiorno e di lavoro

62.

Esprime soddisfazione in merito alla proposta concernente la domanda unica per l'ottenimento di un permesso di soggiorno e di lavoro e invita a migliorare i canali amministrativi in modo da agevolare le pratiche per il rilascio di detto permesso;

63.

accoglie qualsiasi proposta volta a semplificare i sistemi di ingresso nell'UE per motivi di lavoro e chiede di snellire le procedure per la domanda e il rilascio di tali permessi al fine di garantire un funzionamento efficace del sistema;

64.

giudica il permesso unico un buono strumento per lottare contro il fenomeno della cosiddetta «irregolarità di ritorno», problema che ha assunto proporzioni notevoli nei paesi dell'Unione europea e che risulta contrario al diritto ad una buona amministrazione, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;

65.

esprime soddisfazione per il riconoscimento di un pacchetto comune di diritti a tutti i titolari del premesso unico e ricorda che tali diritti devono essere riconosciuti come legati al quadro internazionale di protezione del lavoro garantito dall'OIL;

66.

ribadisce, come già affermato nel parere CdR 233/2006 fin (8), l'importanza di migliorare i meccanismi per il riconoscimento e l'equivalenza dei diplomi conseguiti e, in generale, delle competenze professionali acquisite dagli immigrati, onde facilitare un inserimento nel mercato del lavoro più conforme alle loro capacità;

67.

approva il fatto che la procedura per presentare la domanda unica di permesso combinato preveda una serie di garanzie, specie per quanto concerne la necessità di giustificare la decisione di respingere la domanda e la possibilità di presentare ricorso contro tale rifiuto;

68.

sottolinea infine che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri devono coinvolgere gli enti locali e regionali nell'elaborazione delle politiche d'immigrazione, specie per quanto riguarda i punti relativi all'integrazione nel mercato del lavoro, affinché gli stessi enti locali e regionali possano partecipare alla decisione sul numero di cittadini di paesi terzi che sarà ammesso sul loro territorio e sulle caratteristiche professionali di tali lavoratori.

Bruxelles, 18 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles, 15 e 16 dicembre 2005, Capitolo IV, punto 8.

(2)  Conformemente al Protocollo di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, firmato nel novembre 2005.

(3)  Il regolamento CE n. 862/2007 riconosce, al quinto considerando, che «cresce sempre di più l'esigenza di informazioni statistiche in merito alla professione, all'istruzione, alle qualifiche e al tipo di attività dei migranti». Al sesto considerando dello stesso regolamento si afferma che «Statistiche comunitarie armonizzate e comparabili in materia di migrazione e asilo sono indispensabili ai fini dello sviluppo e del monitoraggio della legislazione e delle politiche comunitarie attinenti all'immigrazione, all'asilo e alla libera circolazione delle persone».

(4)  COM(2007) 248 def.

(5)  COM(2005) 391 def. e COM(2007) 248 def.

(6)  Obtenir les avantages et réduire les risques de la mobilité des travailleurs (Ottenere i vantaggi e ridurre al minimo i rischi della mobilità dei lavoratori). Documento tematico della sessione 3: Flux intra et internationaux de migrants à la recherche d'un travail (Flussi interni e internazionali di migranti per motivi di lavoro) (non disponibile in lingua italiana). Forum dell'OIL, 2007.

(7)  Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE. Progetto di relazione sulla migrazione di lavoratori qualificati e i suoi effetti sullo sviluppo nazionale ACP-UE/100.012/B/2007.

(8)  Parere del Comitato delle regioni Piano d'azione sull'immigrazione legale, lotta contro l'immigrazione clandestina, futuro della rete europea sulle migrazioni — CdR 233/2006 fin del 13.2.2007.


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/26


Parere del Comitato delle regioni Documento di strategia 2007-2010 concernente lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR)

(2008/C 257/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ribadisce la propria convinzione che i valori della democrazia e dei diritti umani, proclamati nella carta dei diritti fondamentali allegata al trattato di Lisbona, abbiano costituito la pietra angolare del processo di integrazione europea e che il miglioramento della protezione dei diritti umani nell'UE aumenterà la credibilità della promozione da parte dell'UE della democrazia e dei diritti umani nel quadro delle sue relazioni esterne,

fa rilevare che la democrazia e i diritti umani sono innanzitutto temi di interesse globale. essi costituiscono beni pubblici e, in molte società, gli enti locali sono i responsabili più vicini ai singoli cittadini per l'attuazione di questi diritti. lo strumento EIDHR, essendo principalmente incentrato sullo sviluppo della struttura istituzionale pubblica, potrebbe dare maggiore risalto alle istituzioni locali e regionali,

inoltre richiama l'attenzione sulla possibilità di inserire la propria strategia di monitoraggio elettorale nel quadro dell'obiettivo 5, al fine di favorire la costruzione di una democrazia di prossimità e l'affermazione di un senso di condivisione del processo democratico presso i cittadini,

ritiene che il sostegno al monitoraggio elettorale sia una parte importante dello sviluppo della democrazia e che nelle future strategie di monitoraggio elettorale dell'UE occorra dare particolare rilievo anche al monitoraggio delle elezioni locali e regionali nei paesi terzi,

ritiene che nel monitoraggio delle elezioni nazionali l'UE dovrebbe prestare maggiore attenzione alla valutazione d'impatto della promozione della democrazia a livello locale e regionale.

Relatrice

:

Heini UTUNEN (FI/ALDE), consigliere comunale di Jyväskylä

Documento di riferimento

European Commission Strategy Paper 2007-2010 for programmes financed through the European Instrument for Democracy and Human Rights (EIDHR) and annexes (EIDHR financial allocations 20072010) («Documento di strategia della Commissione europea 2007-2010 per i programmi finanziati mediante lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e allegati (dotazione finanziaria dell'EIDHR per il 2007-2010)»)

C(2007) 3765

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.   Raccomandazioni generali

1.

ribadisce la propria convinzione che i valori della democrazia e dei diritti umani, proclamati nella Carta dei diritti fondamentali allegata al Trattato di Lisbona, abbiano costituito la pietra angolare del processo di integrazione europea e che il miglioramento della protezione dei diritti umani nell'UE aumenterà la credibilità delle attività di promozione della democrazia e dei diritti umani svolte da quest'ultima nel quadro delle sue relazioni esterne;

2.

giudica di fondamentale importanza che l'Unione europea sia convinta che la democrazia e i diritti umani sono valori universali da promuovere con decisione in tutto il mondo e sostiene gli sforzi intesi ad affermare questi valori nei paesi terzi;

3.

rammenta di aver sempre sostenuto che non può esservi un'autentica governance democratica senza un significativo trasferimento di poteri e competenze al livello locale e regionale: lavorando insieme per offrire soluzioni concrete ai problemi pratici di ogni giorno, gli enti locali e regionali possono costruire la fiducia tra i popoli e la fiducia dei cittadini nella democrazia locale e nel dialogo interculturale. Essi possono anche rafforzare la partecipazione a livello locale e consentire un più sostenibile sviluppo delle capacità in materia di promozione della democrazia e dei diritti umani;

4.

fa rilevare che la democrazia e i diritti umani sono innanzitutto temi di interesse globale. Essi costituiscono beni pubblici e, in molte società, gli enti locali sono i responsabili più vicini ai singoli cittadini per l'attuazione di questi diritti. L' EIDHR, in quanto strumento incentrato principalmente sullo sviluppo della struttura istituzionale pubblica, potrebbe dare maggiore risalto alle istituzioni locali e regionali;

5.

riconosce il ruolo unico dell'EIDHR nel contribuire allo sviluppo e al consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto nei paesi terzi di tutto il mondo e nel garantire un'azione sistematica e coerente dell'UE in questo particolare campo di attività;

6.

ritiene che l'EIDHR costituisca per l'Europa un capitale visibile, che ne rafforza il profilo per quanto riguarda la promozione della democrazia e dei diritti umani nei paesi terzi. Il CdR sottolinea che l'intenzione dell'UE di promuovere la democrazia non implica che essa debba o possa esportare un modello o imporlo ai paesi terzi. L'EIDHR offre la possibilità di diffondere in modo più efficace principi comuni di libertà individuale. Rileva che in Europa, per molte nuove democrazie, la Carta europea dell'autonomia locale adottata dal Consiglio d'Europa ha costituito una fonte essenziale d'ispirazione e di guida nei loro sforzi per istituire efficaci autonomie locali. Anche il nuovo progetto di Carta della democrazia regionale del Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE del Consiglio d'Europa) potrebbe contribuire allo stesso obiettivo;

7.

sottolinea che, tenuto conto del fatto che la strategia si propone di fornire assistenza indipendentemente dal consenso dei governi dei paesi terzi, gli enti locali e regionali democraticamente eletti dei paesi interessati dovrebbero essere considerati come partner ai fini della realizzazione degli obiettivi dell'EIDHR e andrebbero espressamente inseriti nell'elenco dei soggetti interessati, allo stesso titolo delle organizzazioni della società civile;

8.

rammenta di aver già istituito diversi strumenti per l'attuazione della propria politica nei paesi con cui ha instaurato dei contatti: in particolare, la creazione di tre gruppi di lavoro — sui Balcani occidentali, la Turchia e la Croazia — e l'organizzazione di un ciclo di convegni sulla politica europea di vicinato hanno consentito di avviare un dialogo politico regolare e di condividere le migliori pratiche con i rappresentanti locali e regionali dei paesi terzi;

9.

è favorevole a un approccio strategico più a lungo termine riguardo allo strumento e ai suoi obiettivi. Dato che i settori prioritari cambiano in ciascun periodo di programmazione, è difficile realizzare uno sviluppo e una valutazione a lungo termine del programma e delle relative iniziative. Una valutazione dettagliata e una rendicontazione precisa dei programmi completati contribuirebbero all'ulteriore sviluppo dei programmi futuri;

10.

è attento all'esigenza di semplificare le procedure applicative dell'erogazione di finanziamenti tramite il programma EIDHR ed esorta a snellire il funzionamento pratico di quest'ultimo per consentire alle strutture meno organizzate di trarre pieno vantaggio dal nuovo strumento e di utilizzarlo in maniera flessibile. Dato che l'EIDHR rimane uno strumento di dimensioni relativamente modeste, la capacità di operare in maniera strategica e selettiva è un elemento essenziale per la sua riuscita;

11.

raccomanda che nella valutazione e nella revisione della strategia si tenga conto del punto di vista degli enti locali e regionali e della sussidiarietà nei paesi terzi. L'amministrazione dell'EIDHR non deve aumentare la burocrazia in modo tale che essa diventi un ostacolo, specialmente per progetti che sono quelli caratteristici degli attori locali. Occorre garantire la massima flessibilità per evitare le possibili discriminazioni derivanti da strutture troppo «pesanti».

B.   Raccomandazioni tematiche

12.

L'impegno del Comitato delle regioni a favore della democrazia, della buona governance, dei valori europei e dei diritti umani legittima il suo coinvolgimento nella totalità della strategia. Tuttavia, tra i cinque obiettivi proposti, si potrebbe porre un particolare accento, nella pianificazione pluriennale per il periodo 2010-2013, sulla partecipazione degli enti locali e regionali al perseguimento dell'obiettivo 2. Il CdR inoltre richiama l'attenzione sulla possibilità di inserire la propria strategia di monitoraggio elettorale nel quadro dell'obiettivo 5, al fine di favorire la costruzione di una democrazia di prossimità e l'affermazione di un senso di condivisione del processo democratico presso i cittadini.

Obiettivo 1

Rafforzare il rispetto dei diritti umani nei paesi e nelle regioni del mondo in cui sono più minacciati

13.

osserva che, mentre il sostegno concesso nel quadro di questo obiettivo è destinato principalmente alle organizzazioni non governative, si dovrebbe riconoscere che in alcuni paesi e regioni i difensori dei diritti umani e persino i funzionari comunali possono essere esposti a rischi in ragione del loro incarico e delle loro attività quotidiane. Bisognerebbe quindi impegnarsi affinché anche questi soggetti possano beneficiare del sostegno.

Obiettivo 2

Rafforzare il ruolo della società civile nella promozione dei diritti umani e delle riforme democratiche, nel sostegno alla conciliazione pacifica degli interessi dei vari gruppi e nel consolidamento della partecipazione e della rappresentanza politiche

14.

ritiene che la democrazia partecipativa ed inclusiva a livello locale e regionale sia lo strumento migliore, a lungo termine, per costruire una democrazia funzionante e orientata alle esigenze dei cittadini, che sia fondata sulla buona governance e goda della fiducia e del sostegno della popolazione;

15.

invita ad adottare modelli di democrazia inclusiva garantendo ad esempio la rappresentanza politica sia degli uomini che delle donne, della popolazione indigena, dove questa esiste, e delle minoranze locali; inoltre, sottolinea l'importanza di condividere le migliori pratiche e sostenere gli enti locali nel rafforzamento del coinvolgimento dei cittadini per quanto riguarda la partecipazione delle minoranze locali, delle persone disabili e dei bambini e dei giovani;

16.

osserva che l'elemento chiave di una buona governance, basata su un'ampia rappresentanza e partecipazione politica, è il riconoscimento del fatto che le decisioni migliori sono quelle adottate al livello più vicino possibile ai cittadini;

17.

fa rilevare che i processi democratici basati sulla responsabilità — a partire dal livello locale e regionale — sono essenziali per garantire la trasparenza dell'azione di governo e svolgono un ruolo chiave nella lotta contro la corruzione e nella riduzione della povertà;

18.

ritiene che, sviluppando i contatti interpersonali ad un livello meno formale e dando la priorità alla soluzione concreta dei problemi quotidiani dei cittadini, gli enti locali e regionali contribuiscano notevolmente a rafforzare la cooperazione locale tra gruppi di interesse in conflitto;

19.

osserva che la società civile, le ONG locali e le organizzazioni a base comunitaria (CBO) per la difesa delle libertà fondamentali e dei diritti umani, come pure i difensori dei diritti umani a livello locale, ottengono i risultati migliori nel far valere i diritti politici, economici e sociali a livello locale quando il loro lavoro è riconosciuto e agiscono liberi da minacce, persecuzioni e insicurezza, e che il livello locale è particolarmente importante per la promozione dei valori democratici e della consapevolezza politica dei cittadini, se questi ultimi sono in grado di collaborare con enti locali e regionali dotati di poteri adeguati;

20.

sottolinea il valore aggiunto apportato dall'approccio locale alla cooperazione transfrontaliera su diversi temi, compresa la composizione dei conflitti. Andrebbe sottolineato in modo particolare il ruolo positivo che le iniziative locali — come la «diplomazia delle città», attraverso la promozione del dialogo interculturale e di misure intese a rafforzare la fiducia reciproca sul piano locale — possono svolgere nelle situazioni di conflitto. Per questo motivo si dovrebbe prevedere, in modo ancora più deciso, di lanciare campagne globali a favore della democrazia e dei diritti umani, ad esempio mediante un approccio transnazionale che comprenda anche una chiara prospettiva locale e regionale.

Obiettivo 3

Sostenere le azioni in materia di diritti umani e di democrazia rientranti nell'ambito di applicazione degli orientamenti dell'UE, tra cui quelli riguardanti il dialogo sui diritti umani, i difensori di tali diritti, la pena di morte, la tortura e i bambini nei conflitti armati

21.

rammenta che, benché nel dialogo sui diritti umani gli interlocutori siano generalmente le autorità statali, è chiaro che le questioni della democrazia devono essere affrontate anche con i soggetti dei livelli locali e regionali. Non si può creare e mantenere un sistema democratico funzionante senza che vi sia una partecipazione e un'appropriazione da parte del livello locale e regionale che apportano entrambi il loro contributo allo sviluppo di questo sistema;

22.

dato che, secondo la definizione delle Nazioni Unite i difensori dei diritti umani sono «persone e organizzazioni impegnate a promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali», è evidente a tale proposito il ruolo svolto dai decisori e dagli attivisti locali;

23.

fa rilevare con urgenza che un numero considerevole di casi di tortura si verificano nelle prigioni e nelle stazioni di polizia locali. Occorre quindi impegnarsi a fondo per garantire l'applicazione delle normative nazionali e degli impegni internazionali a livello locale. A questo proposito bisognerebbe anche dare sostegno alle ONG locali che controllano l'operato delle autorità nonché alle attività di formazione rivolte a queste ultime;

24.

appoggia l'orientamento relativo ai diritti dei bambini e segnala l'importanza degli enti locali nei settori dell'istruzione e nel garantire l'accesso all'istruzione e ad un'assistenza sanitaria adeguata, comprese le attività sui diritti in materia di salute riproduttiva, specialmente per le ragazze.

25.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione Riservare ai minori un posto speciale nella politica esterna dell'UE (COM(2008) 55), nella quale si dà ai minori una collocazione speciale nell'azione esterna dell'UE, e sottolinea l'importanza di promuovere l'integrazione degli interessi e dei diritti dei minori in tutte le attività svolte nel quadro delle relazioni esterne dell'UE.

Obiettivo 4

Sostenere e rafforzare il quadro internazionale e regionale per la tutela dei diritti umani, la giustizia, lo Stato di diritto e la promozione della democrazia

26.

si compiace degli accordi di cooperazione già in vigore con soggetti quali il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e il Tribunale penale internazionale e apprezzerebbe molto che venisse data importanza alla promozione della democrazia locale e al rafforzamento della capacità degli enti locali e regionali di far valere i diritti civili, politici, economici e sociali.

27.

sottolinea il diritto dei minori a partecipare, ad essere ascoltati e ad essere presi in considerazione, tenendo conto della loro età e del loro grado di maturità (come previsto dall'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia) in particolare quando vengo precise decisioni relative a questioni locali.

Obiettivo 5

Creare fiducia nel processo elettorale democratico, in particolare attraverso il monitoraggio delle elezioni

28.

in base alle proprie esperienze e al ruolo attivo che svolge nella promozione della democrazia locale e regionale, della devoluzione dei poteri e dell'autonomia amministrativa in Europa, giudica essenziale che, per promuovere in tutto il mondo un'autentica democrazia e i diritti umani, le autorità nazionali ed europee garantiscano il rispetto delle competenze attribuite agli enti locali e regionali;

29.

sottolinea che, negli ultimi due anni, il monitoraggio elettorale è entrato a far parte dei suoi strumenti efficaci di politica esterna; al riguardo riconosce le competenze e l'impegno pluriennale del Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE del Consiglio d'Europa) in questo campo e si compiace di avere avuto, in quanto Comitato delle regioni, la possibilità di partecipare ai lavori del Congresso per promuovere e far avanzare la democrazia locale e regionale;

30.

ritiene che il sostegno al monitoraggio elettorale sia una parte importante dello sviluppo della democrazia e che nelle future strategie di monitoraggio elettorale dell'UE occorra dare particolare rilievo anche al monitoraggio delle elezioni locali e regionali nei paesi terzi;

31.

ritiene che nel monitoraggio delle elezioni nazionali l'UE dovrebbe prestare maggiore attenzione alla valutazione d'impatto della promozione della democrazia a livello locale e regionale;

32.

sottolinea che la prossima strategia per il periodo 2010-2013 dovrebbe tenere conto del ruolo che gli enti locali e regionali potrebbero svolgere nell'iniziativa, specialmente dal punto di vista dei processi elettorali a livello locale e delle competenze acquisite a livello europeo nel loro monitoraggio nei paesi terzi.

Bruxelles, 18 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/30


Parere del Comitato delle regioni Multilinguismo

(2008/C 257/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che in tutta l'Unione europea il livello regionale e locale ha responsabilità fondamentali per la protezione e la promozione della diversità linguistica. Le regioni e gli enti locali si trovano in una posizione privilegiata per istituire un partenariato costruttivo con gli istituti che si occupano di formazione linguistica, per definire corsi d'istruzione e formazione professionale studiati in funzione delle necessità e delle esigenze locali specifiche,

è convinto che, posto il carattere essenziale che riveste la diversità linguistica nell'Unione europea, la costruzione della società multilingue debba essere affrontata con l'intento di massimizzare gli effetti positivi di tale diversità riducendone al minimo gli effetti negativi,

ritiene che ogni cittadino dell'UE, pur mantenendo la propria lingua d'origine quale elemento identificativo del proprio bagaglio culturale, debba compiere nel corso della sua vita un percorso che lo porti ad acquisire una conoscenza attiva e passiva di una seconda lingua nonché di una terza lingua, selezionata in base alle sue affinità culturali o alle esigenze di mobilità sociale ed economica del suo paese/regione di origine,

mette in rilievo che, nell'ottica del raggiungimento dell'obiettivo «1 lingua + 2», il territorio deve svolgere un ruolo da protagonista soprattutto nella realizzazione dei programmi educativi,

propone di spronare tutte le regioni a creare il proprio forum locale sul multilinguismo per monitorare le tendenze locali di carattere sociale, economico ed educativo e proporre le necessarie iniziative di sensibilizzazione e motivazione della popolazione allo studio long life secondo la formula «1 lingua + 2».

Relatore

:

Roberto PELLA (IT/PPE), consigliere provinciale di Biella e vicesindaco di Valdengo

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

si compiace con la Commissione europea per il forte impulso conferito al tema del multilinguismo con l'istituzione, il 1o gennaio 2007, di un vero e proprio portafoglio tematico affidato al commissario Leonard ORBAN. In considerazione dell'importanza di tale portafoglio e delle sfide che la sua gestione comporta, esso dovrebbe essere rafforzato, affinché possa svilupparsi e perseguire con efficienza gli obiettivi che gli sono stati affidati;

2.

ribadisce la priorità che la questione del multilinguismo ha nell'agenda politica europea, priorità che coinvolge trasversalmente tutti i settori di intervento della vita sociale, economica e culturale dell'Europa;

3.

condivide la traiettoria di lavoro tracciata dal commissario ORBAN, secondo cui il fenomeno del multilinguismo è funzionale alla realizzazione di una maggiore integrazione europea e di un maggior dialogo tra culture;

4.

posto il carattere essenziale che riveste la diversità linguistica nell'Unione europea, la costruzione della società multilingue deve essere affrontata con l'intento di massimizzare gli effetti positivi di tale diversità riducendone al minimo gli effetti negativi affinché essa non venga utilizzata solo per fini strumentali;

5.

rileva l'analisi svolta dal gruppo di alto livello sul multilinguismo creato nel 2005 e ne condivide i focus di azione, sintetizzabili come segue:

necessità di una maggiore azione di sensibilizzazione, da svolgere soprattutto attraverso campagne di informazione indirizzate ai genitori, ai giovani nonché alle organizzazioni attive nel campo dell'istruzione e della cultura,

necessità di azioni che incrementino la motivazione ad apprendere nuove lingue, soprattutto attraverso attività extracurricolari, ludiche, informali,

necessità di una maggiore attenzione nei confronti delle potenzialità culturali e linguistiche degli immigranti, con il duplice obiettivo di integrarli nella società d'accoglienza e di permettere loro di realizzare appieno il loro potenziale grazie al multilinguismo,

necessità di estendere l'azione europea a favore del multilinguismo anche alle lingue dei paesi terzi al fine di massimizzare la competitività dell'Europa;

6.

rileva i risultati della consultazione on-line attivata nel settembre 2007, che sintetizzano i seguenti punti chiave di azione a favore del multilinguismo:

l'apprendimento delle lingue è uno degli elementi essenziali per mantenere o incrementare le possibilità individuali di lavoro,

il miglior modo per motivare tale apprendimento è rappresentato da un processo educativo precoce nonché dall'incentivazione dei periodi di studio e di lavoro all'estero,

per massimizzare l'efficacia dell'insegnamento delle lingue è necessario enfatizzare l'azione sui metodi di trasmissione delle competenze linguistiche non standardizzati, che sappiano tener conto dei bisogni dei singoli,

il miglior modo per rispettare la diversità linguistica al livello locale, nazionale ed europeo è quello di una maggiore conoscenza della cultura che sta dietro la lingua da apprendere o con la quale si è chiamati a confrontarsi,

la lingua ha un forte impatto anche a livello dell'attività economica in quanto è più facile fare business con un'azienda straniera se se ne conosce la lingua,

una buona misura per incrementare le competenze linguistiche sul luogo di lavoro è promuovere corsi di lingua in azienda, a condizione che ciò sia economicamente sostenibile per l'azienda in questione,

l'utilizzo di un maggior numero di lingue ufficiali nell'attività dell'Unione europea, anche con il conseguente aumento dei costi di gestione, è considerato auspicabile per potenziare il profilo multilinguistico delle istituzioni;

7.

rileva e condivide le proposte formulate dal gruppo degli intellettuali per il dialogo interculturale costituito su iniziativa della Commissione europea e presieduto da Amin MAALOUF e, in particolare, riafferma:

il fatto che nelle relazioni bilaterali tra i popoli dell'Unione europea bisognerebbe dare la preferenza a una delle loro lingue piuttosto che a una terza lingua «universale»,

l'importanza che l'Unione europea si faccia promotrice dell'idea di una «lingua adottiva» personale;

8.

ribadisce che la promozione e la salvaguardia della diversità culturale e linguistica è una priorità centrale. Nell'UE si dovrebbe intendere per diversità linguistica anche la conoscenza e l'utilizzazione:

delle lingue ufficiali dell'UE,

delle lingue ufficiali degli Stati membri,

delle lingue minoritarie parlate negli Stati membri ma non riconosciute come lingue ufficiali.

L'Unione e i suoi Stati membri promuoveranno la diversità linguistica nei rispettivi ambiti di competenza;

9.

in tutta l'Unione europea il livello regionale e locale ha responsabilità per la protezione e la promozione della diversità linguistica. Gli enti regionali e locali sono altresì competenti in materia di istruzione, formazione professionale e educazione degli adulti, rappresentano una componente del partenariato sociale e coordinano la crescita e lo sviluppo delle regioni e città;

10.

nel contesto di una formazione professionale improntata all'apprendimento permanente, concetti quali «sapere» e «apprendimento» assumono connotazioni importanti, anche in quanto il mondo del lavoro, con le sue molteplici possibilità, richiede maggiori competenze linguistiche;

11.

le regioni e gli enti locali si trovano in una posizione privilegiata per istituire un partenariato costruttivo con gli istituti che si occupano di formazione linguistica, per definire corsi d'istruzione e formazione professionale studiati in funzione delle necessità e delle esigenze locali specifiche;

12.

ritiene, pertanto, che gli enti regionali e locali siano i più attrezzati per soddisfare le diverse necessità linguistiche locali, senza pregiudizio del sostegno che possono ricevere da parte delle amministrazioni centrali/statali.

Osservazioni generali

13.

Ritiene che l'Europa debba fondare la propria coesione sociale ed economica sulla massimizzazione delle opportunità legate alla mobilità, alla globalizzazione, alla cultura europea ed al senso di cittadinanza europea;

14.

tale processo è realizzabile, tra l'altro, abolendo i disagi linguistici che i paesi ed i singoli cittadini sono chiamati ad affrontare, in quanto:

a)

la conoscenza delle lingue straniere migliora notevolmente la mobilità professionale, formativa, culturale e personale. L'Unione europea non sarà mai una vera unione se i cittadini non raggiungeranno un maggior tasso di mobilità interna;

b)

la conoscenza delle lingue comporta un netto miglioramento della competitività in quanto permette il contatto con nuovi interlocutori, lo scambio di pratiche, la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi. La globalizzazione permette un'apertura senza precedenti dei mercati commerciali e del lavoro. La conoscenza delle lingue è uno dei presupposti per stringere e approfondire rapporti di partnership con altri Stati/aziende comunitarie e poter così sfruttare le opportunità offerte dal nuovo sistema globale;

c)

la lingua è l'espressione più diretta della cultura e contribuisce a migliorare la comunicazione tra i cittadini europei. La cultura europea non può fondarsi sulla semplice accettazione passiva del puzzle costituito dalle culture dei paesi membri (società multiculturale) ma deve consolidarsi con un ampio confronto culturale tra cittadini e l'affermazione del valore delle diversità e dell'identità culturale (società interculturale);

d)

l'azione di promozione della cittadinanza attiva, del coinvolgimento istituzionale del territorio, della consultazione e del confronto popolare nonché dell'inclusione sociale è necessaria per garantire maggiore efficacia alle azioni legislative europee, che debbono sempre di più essere sostenute e condivise dal territorio, dalle regioni, dai singoli cittadini. È necessario, dunque, che la Comunità europea parli la lingua dei propri cittadini nei suoi atti e nei suoi rapporti interistituzionali ed esterni perché questi siano compresi, perché le istituzioni locali (enti locali e regionali) sappiano interagire, perché i cittadini possano cogliere il messaggio e partecipare alla vita europea nonché fare da cassa di risonanza degli obiettivi strategici raggiunti;

15.

si ritiene necessario che, per quanto attiene il metodo aperto di coordinamento nel campo del multilinguismo, la Commissione presti attenzione a coinvolgere non solo il livello amministrativo nazionale ma anche quello locale e regionale poiché sono spesso tali livelli i principali responsabili dell'attuazione delle varie misure sul territorio;

16.

in tale contesto ritiene opportuno, altresì, richiamare l'attenzione sul rispetto e sulla dignità delle lingue non ufficiali parlate da gruppi minoritari, in quanto esse rappresentano, al pari delle lingue ufficiali, la varietà della cultura territoriale che deve trovare spazio nei programmi di inclusione europei.

Messaggi e azioni chiave

17.

Ritiene importante fissare nell'obiettivo «1 lingua + 2» il traguardo delle politiche multilinguistiche europee;

18.

ogni cittadino dell'UE, pur mantenendo la/e propria/e lingua/e d'origine quale elemento identificativo del proprio bagaglio culturale, dovrebbe compiere nel corso della sua vita un percorso che lo porti ad acquisire una conoscenza attiva e passiva di una seconda lingua ampiamente condivisa nonché di una terza lingua, selezionata in base alle sue affinità culturali o alle esigenze di mobilità sociale ed economica del suo paese/regione di origine;

19.

si ritiene che la scelta della terza lingua «di adozione» dovrebbe essere compiuta non solo tra le lingue ufficiali dell'UE ma anche tra le lingue minori europee e, soprattutto, tra le lingue non europee, che rappresentano opportunità culturali, economiche e sociali di rilievo per la crescita della competitività dell'Europa;

20.

propone come prioritari i messaggi chiave che seguono, da adottare nella strategia per il multilinguismo e da tradurre in azioni operative che sappiano motivare la popolazione, preservare la diversità e mettere le singole istanze locali e regionali al centro della scelta dei percorsi formativi.

Compartecipazione territoriale

21.

Il ruolo degli enti territoriali è fondamentale non solo perché molti di essi detengono la competenza politica ed amministrativa per quanto riguarda i piani di istruzione e formazione ma anche perché sono meglio in grado di monitorare lo status del multilinguismo cittadino e di seguirne l'evoluzione nell'applicazione delle direttive e programmi comunitari. È a livello comunale e regionale, infatti, che si misurano le competenze acquisite e le pratiche attuate e che, grazie a tale esame, si possono dare forti impulsi all'azione politica europea;

22.

nell'ottica del raggiungimento dell'obiettivo «1 lingua + 2» il territorio deve svolgere un ruolo da protagonista soprattutto nella realizzazione dei programmi educativi;

23.

all'interno di uno stesso paese le regioni possono avere inclinazioni storiche, civiche, culturali, sociali, ed economiche diverse tra loro;

24.

dovrà essere incoraggiata la diversità territoriale, invitando le regioni a scegliere quali lingue insegnare a seguito di esami, ricerche, sondaggi condotti dagli stessi comuni e regioni sulla tradizione culturale, la volontà popolare, le esigenze e le prospettive economico-sociali del territorio;

25.

questo permetterebbe, dunque, di monitorare la conformità tra le esigenze del territorio e i programmi educativi in vigore e di modificare, attraverso lo strumento flessibile dell'autonomia locale e regionale, le iniziative formative che non abbiano prodotto i frutti sperati;

26.

le lingue straniere dovranno essere liberamente scelte. Nel caso in cui uno Stato membro abbia più di una lingua ufficiale, si dovrà incoraggiare l'apprendimento dell'altra lingua (o delle altre lingue);

27.

ritiene che la politica del multilinguismo debba prevedere anche una componente esterna. La promozione delle lingue europee al di fuori dell'Unione presenta un interesse al contempo culturale ed economico. Allo stesso modo, l'Unione deve mostrarsi aperta alle lingue dei paesi terzi quali il cinese, l'arabo, l'indiano, il russo, ecc.;

28.

si propone, dunque, di spronare tutte le regioni a creare il proprio forum locale sul multilinguismo per monitorare le tendenze locali di carattere sociale, economico ed educativo, proporre le necessarie iniziative di sensibilizzazione e motivazione della popolazione allo studio long life secondo la formula «1 lingua + 2»;

29.

una forte spinta, inoltre, dovrà essere data ai programmi di inclusione dei cittadini immigrati. Occorre incoraggiare e agevolare la conoscenza delle lingue di cui gli immigrati e i loro figli hanno bisogno per svilupparsi appieno nella società europea, garantendo nel contempo il pieno rispetto del loro diritto di preservare la propria lingua d'origine. Le lingue che gli immigrati dovrebbero apprendere e acquisire sono la lingua ufficiale UE del territorio nel quale vivono e le lingue che hanno status di lingue ufficiali nelle aree e regioni in cui vivono, conformemente alle rispettive norme costituzionali;

30.

in sintesi, il mondo della scuola dovrà essere spronato dalle istituzioni locali, regionali e nazionali all'adozione nel pacchetto formativo curricolare. I sistemi di istruzione dovrebbero tener conto di un'ampia gamma di lingue, individuate sulla base delle esigenze sociali, economiche e culturali territoriali;

31.

il Comitato delle regioni ritiene che la padronanza delle lingue sia un fattore molto importante della competitività. Diversi studi hanno dimostrato che a volte le imprese europee perdono contratti a causa delle lacune linguistiche;

32.

il CdR invita quindi la Commissione europea a continuare il lavoro intrapreso in quest'ambito.

Maggiore inclusione linguistica

33.

In merito alle lingue minori e a quelle parlate da gruppi minoritari, bisogna ricordare che esse contribuiscono ad accrescere il valore fondante della cultura europea, e cioè la diversità e, come tali, non soltanto non debbono essere mortificate in questo percorso, ma anzi devono essere oggetto di speciale protezione;

34.

la definizione di «lingua parlata da gruppi minoritari» o di «lingua minore» non può diventare un motivo di discriminazione basata sul valore della lingua;

35.

il CdR propone pertanto di avviare delle discussioni volte a introdurre dei termini più adatti, che riflettano meglio la situazione attuale;

36.

è importante, dunque, procedere ulteriormente sulla strada dell'ufficializzazione di quelle lingue minori che identificano tradizioni e culture sensibilmente radicate su scala europea;

37.

questo per permettere il riconoscimento istituzionale che dovrà portare l'UE a tradurre i propri testi in un numero maggiore di lingue rispetto alle attuali 23 sì da incoraggiare il confronto diretto istituzione europea/cittadino;

38.

il processo di ufficializzazione europea e di diversificazione territoriale delle lingue permetterà una maggiore inclusione sociale;

39.

il Comitato delle regioni accoglie con favore le conclusioni del Consiglio europeo del 13 giugno 2005, che consentono agli organi e alle istituzioni dell'UE di utilizzare altre lingue oltre a quelle ufficiali riconosciute dal regolamento n. 1/1958;

40.

anche le lingue non ufficializzate né a livello europeo né a livello locale o regionale, comunque, dovranno continuare ad essere oggetto di programmi di tutela per la salvaguardia delle identità culturali.

Solidarietà intergenerazionale

41.

Si pone altresì il problema di come accompagnare il cittadino nel processo di apprendimento long life;

42.

se è più facile «incanalare» l'educazione linguistica in fase scolare e accompagnare i giovani di oggi a non perdere domani la sensibilità interculturale linguistica acquisita sui banchi di scuola, il problema risulta più complesso nei confronti delle generazioni che già oggi sono da molto tempo escluse dai sistemi di apprendimento e che non hanno mai conosciuto un percorso formativo multilinguistico. È importante anche garantire l'insegnamento delle lingue alle generazioni più anziane, che in molti casi non si sono mai confrontate con le lingue né per gusto individuale né per esigenze professionali. Ciò darebbe loro, in questa fase avanzata della loro vita, maggiori possibilità di esprimersi, e quindi di esercitare più pienamente la loro cittadinanza europea;

43.

è necessario, quindi, incentivare meccanismi di apprendimento non solo economicamente abbordabili (spesso i costi dei corsi di lingue rappresentano un blocco alla diffusione dell'educazione in età senile) ma anche di tipo passivo, sì da scongiurare il pericolo dell'inaccessibilità per motivi di mobilità o per l'impegno attivo richiesto in termini di tempo;

44.

si rileva, inoltre, la necessità di compiere degli sforzi per apprendere la lingua straniera nel modo più corretto possibile, in particolare per la sempre crescente comunità immigrante;

45.

si ritiene, dunque, importante ricordare che esistono forme di apprendimento agevolate che mettono il singolo individuo in grado di acquisire in modo semplice delle competenze linguistiche che gli permettono di esprimersi e di comprendere. Tali forme di apprendimento dovrebbero essere promosse dagli istituti di istruzione nazionali, regionali e locali e finanziate dall'UE per ampliare le possibilità di apprendimento e colmare il gap generazionale di formazione linguistica;

46.

dovrebbero essere incoraggiate, inoltre, forme di apprendimento alternative, che passano attraverso un maggiore utilizzo dei sistemi multimediali, incentivando i programmi broadcast televisivi in lingua originale sottotitolata (applicabile a programmi TV, cinema, film, notiziari) nonché un maggior utilizzo di corsi di lingua informatici e di traduttori on-line. Una sorta, dunque, di long life self-learning;

47.

nei giovani e giovanissimi, invece, è necessario ingenerare da subito la motivazione linguistica. L'apprendimento della seconda lingua dovrebbe cominciare il prima possibile, sì da permettere al bambino di familiarizzarsi con i suoni di una lingua straniera, perché in tal modo si creano premesse migliori per un'acquisizione della lingua più rapida e completa;

48.

i progressi registrati nell'apprendimento delle lingue nella scuola primaria e secondaria andrebbero rafforzati. Il processo educativo dovrà moltiplicare le possibilità di dialogare in lingua straniera alla scuola primaria e di acquisire familiarità con la terza lingua di adozione alle scuole secondarie;

49.

il percorso universitario dovrà offrire la possibilità di perfezionare o espandere ulteriormente il proprio bagaglio linguistico, anche attraverso il potenziamento dei progetti Erasmus e Socrates;

50.

ma l'università dovrà aprire le proprie porte non solo agli «over» che intendono colmare i propri gap linguistici bensì anche alle aziende: queste dovranno essere agevolate e spinte a permettere al proprio personale e ai dirigenti di misurarsi con l'apprendimento di nuove lingue «commerciali» di adozione. In tale contesto andrebbero promossi i partenariati tra le imprese e le università;

51.

è necessario, inoltre, sviluppare corsi di traduzione ed interpretariato che sappiano coinvolgere non solo le istituzioni (a partire dai comuni cittadini, fino alle regioni e al Parlamento europeo — il fatto di promuovere e premiare le città in grado di proporre il proprio sito web e la propria documentazione esterna in più lingue è un buon incentivo al multilinguismo istituzionale locale) ma anche gli ambiti di contatto pubblico.

Interdisciplinarietà

52.

Il multilinguismo può essere incoraggiato facendo leva non solo sull'educazione e la formazione ma anche sulle attività ludico-ricreative;

53.

imparare più lingue, ad esempio, tramite la cultura o lo sport è un modo per sensibilizzare un pubblico variegato, cha va dai bambini fino agli adulti;

54.

ancora, il mercato della musica, per quanto riguarda le canzoni è, già di per sé, globale e multilingue: positivo sarebbe ad esempio il fatto di promuovere un EuroMusic Open Day, con particolare enfasi sui testi;

55.

la diffusione delle opere letterarie con testo a fronte (pubblicazione in doppia lingua — originale e tradotta) dovrà essere potenziata e affidata non solo all'iniziativa delle singole case editrici bensì anche di partenariati pubblici istituiti allo scopo, sì da stimolare le amministrazioni locali e regionali a farsi promotrici delle iniziative private nel settore.

Istituzioni dell'UE

56.

Non vi è dubbio che il plurilinguismo «istituzionale» all'interno dell'UE sia indispensabile. Per questo è necessario, senza più rinvii, garantire nelle istituzioni dell'UE almeno l'interpretazione passiva dalle lingue ufficiali dell'Unione europea, affinché coloro che partecipano alla discussione possano esprimere le loro idee nella propria lingua madre;

57.

esprime la convinzione che tutelare la diversità culturale significhi garantire un sistema di traduzione, formale o informale, verso tutte le lingue ufficiali dell'Europa. È assolutamente necessario nell'incoraggiare il plurilinguismo assicurare che anche in tutte le sedi di incontro informale i rapporti bilaterali si svolgano nelle lingue degli interlocutori;

58.

negli incontri formali e per i documenti di lavoro nonché i documenti ufficiali è necessaria una traduzione in tutte le lingue ufficiali dei paesi membri. Dato infatti che il rispetto di ogni Stato membro è uno dei fondamenti dell'UE, questa di rimando deve essere totalmente accessibile e fornire a ciascuno di essi, conformemente alle rispettive norme costituzionali, i documenti necessari perché i loro cittadini possano esercitare la cittadinanza europea attiva.

La frontiera non UE

59.

Il multilinguismo non deve limitarsi a sviluppare la mobilità sociale ed economica interna all'UE ma deve anche permettere al cittadino europeo di aprirsi ai mercati ed alle culture extraeuropee;

60.

questo è importante anche alla luce delle tendenze in atto, che spingono l'UE ad interagire in modo sempre più stretto con altre economie e culture quali quelli di Cina, Russia e Giappone;

61.

la maggiore competitività esterna dell'UE passa, dunque, anche per una maggiore professionalizzazione dei percorsi formativi ed educativi delle lingue non UE;

62.

la lingua di adozione potrà essere scelta tra tutte le lingue di contatto con i paesi europei, tenendo in particolare considerazione le lingue dei paesi emergenti non UE nonché le caratteristiche culturali dei paesi con i quali l'Europa sta potenziando i propri rapporti commerciali.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/36


Parere di iniziativa del Comitato delle regioni Per un libro verde verso una politica europea della montagna: una visione europea dei massicci montuosi

(2008/C 257/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ricorda la risposta in linea di massima positiva data dal Presidente della Commissione Barroso alla richiesta di presentare un Libro verde sulle politiche europee a favore dei massicci montuosi, rivoltagli dall'Associazione europea degli eletti della montagna nel corso del dialogo strutturato svoltosi il 7 dicembre 2006 nella sessione plenaria del Comitato,

fa notare che i massicci montuosi sono, da un lato, territori che presentano svantaggi naturali e geografici permanenti e, dall'altro, regioni che dispongono di grandi risorse naturali e umane per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro,

chiede la creazione di una vera politica integrata dell'Unione europea a favore dei massicci montuosi nel loro insieme che ne rispetti la diversità,

appoggerebbe uno sviluppo attivo, da parte della Commissione e degli Stati membri dell'UE, degli obiettivi generali delle strategie rinnovate di Lisbona e di Göteborg mediante un piano di azione europeo per la competitività e lo sviluppo sostenibile della montagna,

raccomanda alla Commissione di prendere in considerazione tre grandi temi:

a)

migliorare, laddove ciò può essere fatto senza danni all'ambiente, l'attrattività e l'accessibilità delle regioni di montagna per le imprese e per i cittadini, segnatamente potenziando le vie di comunicazione terrestri e digitali, aumentando i collegamenti con le RTE e favorendo l'innovazione e la creatività nella valorizzazione del know-how, delle risorse umane e dello spirito d'impresa;

b)

considerare i territori di montagna a partire dalle risorse di cui dispongono, tenendo conto delle loro specificità per consentire loro di ovviare ai costi supplementari dovuti agli svantaggi naturali permanenti e di continuare a garantire i servizi di interesse generale;

c)

sviluppare i cluster e i poli di competitività per associare e consolidare i diversi settori di attività in vista di un obiettivo di sviluppo sostenibile.

Relatore

:

Luis DURNWALDER (IT/PPE) consigliere della regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e presidente della provincia autonoma di Bolzano

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

ricorda la risposta in linea di massima positiva data dal Presidente della Commissione Barroso alla richiesta di presentare un Libro verde sulle politiche europee a favore dei massicci montuosi, rivoltagli dall'Associazione europea degli eletti della montagna nel corso del dialogo strutturato svoltosi il 7 dicembre 2006 nella sessione plenaria del Comitato;

2.

sottolinea il riconoscimento, nel Trattato di Lisbona (articolo 158), dell'esigenza di prestare un'attenzione particolare alle regioni di montagna, accanto alle altre regioni con svantaggi naturali e geografici permanenti, ai fini dell'obiettivo della coesione territoriale;

3.

rammenta che la montagna è essenziale per la vita e l'attività di tutti i cittadini dell'Unione europea, grazie alle sue risorse naturali e culturali — come la diversità linguistica -, al suo patrimonio di competenze e alle sue risorse economiche — come l'agricoltura, l'industria e il turismo;

4.

fa notare che nel loro insieme i massicci montuosi interessano 21 Stati membri, il 35,69 % del territorio e il 17,73 % della popolazione dell'Unione europea (1);

5.

osserva che i territori di montagna rappresentano il 26 % delle terre emerse del globo, sono abitati dal 10 % della popolazione mondiale e costituiscono un elemento essenziale dello sviluppo sostenibile del pianeta, come ha riconosciuto il capitolo 13 dell'Agenda 21 di Rio de Janeiro;

6.

constata che l'accessibilità dei massicci montuosi è una questione cruciale per la realizzazione di un vero mercato unico e l'attuazione della libera circolazione delle persone, dei beni e delle merci;

7.

sottolinea che, al di là delle differenze tra i vari territori di montagna, occorre considerare l'omogeneità dei massicci montuosi intesi come spazi sovraregionali transfrontalieri o transnazionali comprendenti le vere e proprie zone montuose così come i fondovalle e le zone pedemontane, le aree urbane così come quelle rurali;

8.

ribadisce che l'ambiente di montagna, essendo caratterizzato da una grande biodiversità, è particolarmente fragile e sensibile ai cambiamenti climatici. Esso rappresenta quindi un vero e proprio sistema di allerta precoce;

9.

afferma che, dovendo far fronte a svantaggi naturali permanenti, i territori di montagna fungono tradizionalmente da territori pilota in materia di sviluppo sostenibile potenzialmente innovativo;

10.

rammenta che gli enti locali e regionali hanno maturato una notevole esperienza in materia di sviluppo sostenibile della montagna;

11.

rammenta il contributo recato dagli studi e dai pareri del Parlamento europeo, del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale europeo alla valorizzazione delle regioni di montagna nelle politiche europee;

12.

constata che ad oggi non vi è alcuna politica europea o strategia comunitaria integrata a favore dei territori di montagna sul modello di quelle adottate per le regioni marittime o le zone urbane.

Per migliorare la governance dell'Unione europea

13.

sottolinea che gli enti territoriali di montagna tengono alla propria autonomia e al rispetto del principio di sussidiarietà nel quadro di un approccio ascendente alla governance europea;

14.

fa notare che i massicci montuosi, nonostante presentino svantaggi naturali e geografici permanenti, dispongono di grandi risorse naturali e umane ai fini della crescita economica e della creazione di posti di lavoro;

15.

sottolinea la necessità di riunire le politiche europee in una strategia integrata di sviluppo sostenibile in grado di adattarsi alla realtà diversificata dei massicci montuosi;

16.

constata l'urgenza di un'azione equilibrata ed equa dell'Unione europea per la valorizzazione sostenibile della diversità dei territori europei urbani, costieri, a bassissima densità demografica e montuosi;

17.

rammenta l'importanza del ruolo e del lavoro delle popolazioni di montagna ai fini della creazione del paesaggio e dell'equilibrio dell'ambiente montano;

18.

sostiene le azioni degli enti regionali e locali e delle reti che li collegano e lavorano alla condivisione delle buone prassi per conseguire gli obiettivi delle strategie rinnovate di Lisbona e di Göteborg e quello della coesione economica, sociale e territoriale;

19.

rammenta l'importanza della strategia di Lisbona e degli orientamenti della politica di coesione 2007-2013 per i territori di montagna così come per gli altri territori, in quanto motore della competitività globale europea;

20.

rammenta il ruolo cruciale della dimensione transfrontaliera e transnazionale delle politiche europee nell'integrazione dello spazio europeo;

21.

insiste sulla necessità di avvicinare l'Europa politica e amministrativa alla vita quotidiana dei cittadini.

Un approccio integrato per i massicci montuosi quale principio guida

22.

pone l'accento sul valore aggiunto recato a livello europeo dal lavoro svolto a livello dei massicci montuosi (Alpi, Pirenei, Carpazi, Sierre iberiche, Balcani, rilievi mediterranei tra cui quelli insulari, rilievi nordici, dell'Europa centrale, ecc.) intesi nella loro dimensione transfrontaliera e transnazionale;

23.

sottolinea le grandi opportunità offerte dai territori di montagna in termini di risorse naturali e culturali;

24.

rammenta il gran numero di politiche integrate nazionali e regionali a favore della montagna;

25.

tiene conto del lavoro della Convenzione delle Alpi e del lancio della Convenzione dei Carpazi;

26.

sottolinea il valore delle euroregioni e delle comunità di lavoro in quanto mediatori e catalizzatori delle regioni frontaliere;

27.

auspica una vera strategia europea integrata a favore della montagna al fine di completare in maniera intersettoriale i progressi che ci si attende dal Libro verde sulla coesione territoriale attualmente in preparazione.

Le politiche settoriali come strumento di una politica integrata per i massicci montuosi

28.

fa notare che una politica europea della montagna riguarderebbe un gran numero di politiche settoriali già parzialmente disciplinate dalla normativa europea, ma finora mai coordinate con un approccio integrato;

29.

elenca in appresso una serie di importanti settori politici di cui una politica attiva per i massicci montuosi deve tener conto:

coesione economica, sociale e territoriale, compresa la cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale,

agricoltura e sviluppo rurale,

turismo,

industria e PMI,

cambiamenti climatici, energie rinnovabili e risorse naturali (acqua, aria, sole in alta montagna, legno, biomassa),

ambiente, biodiversità e paesaggi naturali e culturali,

trasporti e TIC, accessibilità locale e RTE,

concorrenza, mercato unico, servizi di interesse generale (SIG) e partenariati pubblicoprivati (PPP),

ricerca e innovazione,

diversità culturale e linguistica, istruzione e formazione.

Per un piano d'azione dell'Unione europea a favore dei massicci montuosi

30.

chiede la creazione di una vera politica integrata dell'Unione europea a favore dei massicci montuosi nel loro insieme che ne rispetti la diversità;

31.

appoggerebbe uno sviluppo attivo, da parte della Commissione e degli Stati membri dell'UE, degli obiettivi generali delle strategie rinnovate di Lisbona e di Göteborg mediante un piano di azione europeo per la competitività e lo sviluppo sostenibile della montagna;

32.

raccomanda alle istituzioni europee di tener conto, nella loro iniziativa per «legiferare meglio», delle specificità dei vari territori;

33.

chiede alla Commissione di riconoscere il contributo positivo recato, sotto molteplici aspetti, dagli enti locali e regionali allo sviluppo sostenibile dei massicci montuosi e di integrare tale contributo nella nuova politica europea per la montagna;

34.

raccomanda alla Commissione di prendere in considerazione tre grandi temi:

a.

migliorare, laddove ciò può essere fatto senza danni all'ambiente, l'attrattività e l'accessibilità delle regioni di montagna per le imprese e per i cittadini, segnatamente potenziando le vie di comunicazione terrestri e digitali, aumentando i collegamenti con le RTE e favorendo l'innovazione e la creatività nella valorizzazione del know-how, delle risorse umane e dello spirito d'impresa;

b.

considerare i territori di montagna a partire dalle risorse di cui dispongono, tenendo conto delle loro specificità per consentire loro di ovviare ai costi supplementari dovuti agli svantaggi naturali permanenti e di continuare a garantire i servizi di interesse generale;

c.

sviluppare i cluster e i poli di competitività per associare e consolidare i diversi settori di attività in vista di un obiettivo di sviluppo sostenibile;

35.

raccomanda alla Commissione di fare dei massicci montuosi delle zone pilota in materia di innovazione, società della conoscenza e sviluppo sostenibile;

36.

auspica che le regioni di montagna possano continuare a portare avanti un processo di innovazione ispirato alle loro tradizioni e a migliorare la competitività delle loro PMI;

37.

raccomanda alla Commissione e agli Stati membri dell'UE di tener conto delle diverse esigenze dei vari territori in materia di occupazione e di formazione;

38.

raccomanda alla Commissione di sviluppare, sulla base dell'esperienza dei parchi naturali, un metodo di gestione integrata delle zone isolate di alta e media montagna, capace di combinare le politiche di conservazione delle risorse naturali, in particolare attraverso gli strumenti di rete «Natura 2000», con quelle di valorizzazione e di sviluppo equilibrato dei territori di montagna;

39.

raccomanda all'Unione europea di integrare le specificità territoriali nel quadro dell'organizzazione europea della protezione civile, considerate la gravità dei rischi naturali e l'intensità dei vincoli, e quindi delle tecniche molto diverse di intervento della protezione civile e dei soccorsi in montagna;

40.

invita a considerare, nel quadro della riforma della politica agricola comune, il ruolo strategico dell'agricoltura, della pastorizia e della viticoltura di montagna per la conservazione dei paesaggi, per la qualità dell'acqua e per la realizzazione di prodotti di elevata qualità e forte tracciabilità territoriale. Una nuova PAC più orientata al territorio favorirebbe le produzioni di qualità a basso rendimento, componenti essenziali dell'agricoltura europea e fondamentali sul piano ambientale;

41.

chiede alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio di presentare un pacchetto equilibrato di misure che accompagnino la soppressione del regime delle quote latte, in particolare nelle zone di alta e media montagna. Tali misure andrebbero finanziate con le risorse previste per le misure di organizzazione del mercato non più utilizzate, senza però gravare sui pagamenti diretti. Per consentire il mantenimento dell'agricoltura, dell'allevamento estensivo e della produzione lattiera nelle zone di alta e media montagna, occorre sviluppare, per il secondo pilastro, un approccio più orientato all'economia che consenta tra l'altro di creare sbocchi commerciali, sostenendo così le colture che, nelle zone con svantaggi naturali e geografici, generano notevoli esternalità positive per la natura e l'ambiente;

42.

invita le istituzioni europee a considerare, nell'ambito delle proprie politiche, il ruolo strategico delle foreste montane e della gestione forestale sostenibile in relazione alla funzione altamente protettiva assicurata nei confronti dei rispettivi siti e soprattutto degli insediamenti abitativi, nonché al contributo che ne deriva sul piano della conservazione delle risorse e della biodiversità, per contrastare i cambiamenti climatici, per preservare la qualità dell'aria e dell'acqua, per la conservazione dei paesaggi e per lo sviluppo socioeconomico dei territori di montagna

43.

afferma che oggi in Europa non si sfruttano appieno le potenzialità della silvicoltura, per quanto attiene sia alla sua funzione ambientale che alla sua capacità di produzione economica (energia, edilizia, materiali);

44.

invita le istituzioni europee a tener conto, nella loro analisi dei territori dell'UE, del fabbisogno energetico e delle capacità produttive delle regioni di montagna in materia di energie rinnovabili (idroelettrica, solare, eolica, da biomassa e da legno) e di costruzione passiva;

45.

invita le istituzioni europee, le banche pubbliche nazionali e regionali, ma anche il Fondo europeo carbonio o la «borsa mondiale dell'ambiente»Bluenext, a prendere in considerazione i contributi positivi recati dalla qualità dell'ambiente montano (foreste, prati e pascoli d'altura) in termini di pozzi di CO2, contributi che potrebbero essere valorizzati finanziariamente mediante il sistema dei certificati o degli «attivi carbonio»;

46.

rammenta che le RTE energia, trasporti e TIC devono integrare un'autentica dimensione territoriale e dunque tener conto delle realtà geografiche, ambientali e umane delle regioni attraversate per diventare delle vere reti europee di comunicazione e di scambi su scala continentale, sostenute dalle popolazioni locali;

47.

propone di tener conto, nelle riflessioni europee sulla mobilità urbana sostenibile, delle esperienze pilota di trasporto locale integrato e sostenibile effettuate dai comuni di montagna;

48.

insiste sulla necessità di garantire un'interconnessione permanente tra le popolazioni di montagna e le zone ad alta densità di popolazione per conseguire i nuovi obiettivi europei di crescita e di occupazione;

49.

chiede alla Commissione di compiere ogni sforzo per ridurre il divario digitale e consentire l'accesso di tutti i cittadini, in tutto il territorio europeo, alle trasmissioni terrestri o via etere ad alta velocità e, in tempi brevi, ad altissima velocità, segnatamente nel quadro dell'iniziativa europea i2010 sull'«e-inclusione»;

50.

raccomanda di integrare nella politica esterna e di vicinato la dimensione montana di un certo numero di questioni geopolitiche internazionali, quali l'utilizzo dell'acqua e delle altre risorse naturali, il rispetto della diversità culturale e l'istruzione, lo sviluppo economico sostenibile e i movimenti migratori;

51.

suggerisce alla Commissione di «territorializzare» la sua strategia di comunicazione, avvicinandosi così alla vita quotidiana dei cittadini europei;

52.

raccomanda di integrare maggiormente la dimensione territoriale nelle politiche europee e nel processo decisionale comunitario, ivi compresa la procedura di comitato, al fine di rafforzare la democrazia europea;

53.

invita il Parlamento europeo a individuare le ripercussioni sul bilancio comunitario delle azioni dell'UE per i massicci montuosi;

54.

raccomanda di coordinare mediante partenariati la politica di coesione a livello dei massicci montuosi, onde evitare la dispersione di risorse e migliorare la dimensione strategica delle azioni strutturali;

55.

suggerisce di concertare anche a livello dei massicci montuosi la programmazione operativa delle altre politiche comunitarie aventi un impatto territoriale, per definire strategie orizzontali, integrate e di partenariato;

56.

appoggia l'iniziativa del Consiglio dei ministri responsabili per l'assetto territoriale volta a studiare l'impatto dei cambiamenti climatici sulle zone di montagna nel quadro del piano d'azione sull'agenda territoriale, e chiede alla Commissione di integrare questo tema nei suoi lavori e nelle sue proposte normative;

57.

afferma il ruolo cruciale della politica di coesione in questa strategia europea per i massicci montuosi e il ruolo pilota dell'obiettivo della coesione territoriale e dei programmi Interreg;

58.

chiede agli Stati membri e ai loro parlamenti di tener conto, nell'adottare misure che assicurino l'applicazione del regolamento sul GECT, dell'importanza fondamentale, di uno strumento giuridico comune di cooperazione territoriale per i massicci montuosi;

59.

mette in rilievo la necessità di tener conto, nelle politiche di concorrenza e mercato interno, del ruolo cruciale svolto dai SIG e dai PPP nell'economia delle zone di montagna e di ovviare ai maggiori costi economici e sociali costantemente sostenuti da questi territori caratterizzati da svantaggi naturali permanenti per evitarne lo spopolamento e valorizzarne le risorse;

60.

chiede alla Commissione di consultare tutti gli attori e gli osservatori interessati dalla Convenzione delle Alpi e dalla Convenzione dei Carpazi, al fine di analizzare la governance, di valutarne gli obiettivi e, sulla base di tale esame, di decidere se ratificare o meno i protocolli della prima e firmare e ratificare la seconda, nonché, in caso affermativo, di svolgere un ruolo trainante in queste convenzioni transnazionali;

61.

propone di dedicare alla montagna un anno europeo e di tenere, con cadenza biennale, una conferenza europea dei massicci montuosi organizzata dalla Commissione insieme al Comitato delle regioni, sul modello della conferenza del 2002;

62.

chiede al Parlamento europeo e al Consiglio di attribuire in maniera specifica, nelle audizioni preliminari alla nomina dei commissari europei, le competenze relative alla montagna a un unico commissario, il quale, oltre a esercitare le altre sue competenze, coordinerebbe le azioni del collegio in questo ambito territoriale di carattere trasversale;

63.

chiede alla Commissione di presentare delle proposte nel quadro di un Libro verde sul futuro delle politiche europee a favore dei massicci montuosi, premessa di una strategia europea integrata e di partenariato dei massicci montuosi condotta dalla Commissione, dagli Stati membri e dagli enti regionali e locali, affiancati dagli attori socioeconomici e ambientali, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni nazionali ed europee rappresentative degli enti territoriali montani.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Zones de montagne en Europe: analyse des régions de montagne dans les États membres actuels, les nouveaux États membres et d'autres pays européens (Le zone di montagna in Europa: un'analisi delle regioni montuose dell'UE-15, dei nuovi Stati membri e di altri paesi europei), studio realizzato da Nordregio [Centro per lo sviluppo spaziale del territorio istituito dal Consiglio nordico dei ministri, NdT] per la DG REGIO, gennaio 2004

http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/studies/pdf/montagne/mount1_fr.pdf (in lingua francese).


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/41


Parere del Comitato delle regioni Insieme per comunicare l'Europa

(2008/C 257/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene fondamentale rafforzare la comunicazione con i cittadini europei, associandoli a un dialogo permanente allo scopo di instaurare con essi un dibattito democratico, basato sulla fiducia e la solidarietà, inteso a promuovere lo spirito europeo e a incoraggiarli a far proprio il principio di una cittadinanza europea attiva,

insiste sulla necessità che i rappresentanti eletti a livello nazionale, regionale e locale si facciano carico in egual misura di integrare la dimensione europea nelle loro iniziative; chiede quindi di promuovere un partenariato in materia di comunicazione tra le istituzioni europee, i governi e i parlamenti nazionali e gli enti locali e regionali per favorire la conoscenza dell'Europa da parte cittadini e informarli in modo chiaro e obiettivo sui provvedimenti adottati dall'Unione,

accoglie con favore la nuova fase Debate Europe del Piano D, che mantiene l'approccio locale e fornisce ulteriori strumenti che consentono di raggiungere i cittadini e di fare in modo che questi entrino in contatto e agiscano in partenariato in seguito alle elezioni europee e nel contesto della ratifica del Trattato di Lisbona,

accoglie con favore la decisione della Commissione di cofinanziare una nuova serie di progetti della società civile nel quadro del Piano D e approva l'accento posto sulle azioni e i bandi decentrati a sostegno dei progetti locali; si compiace vivamente che tali bandi mettano al centro dei propri obiettivi la partecipazione dei membri del Comitato delle regioni e la facilitazione del dialogo con i responsabili politici locali; esorta tuttavia la Commissione a garantire che anche gli stessi enti locali e regionali siano ammessi a presentare proposte nel quadro di tali bandi,

propone che le Case d'Europa — spazi pubblici concepiti per attirare i cittadini offrendo loro un'ampia gamma di attività — non siano riservate soltanto alle capitali degli Stati membri, ma possano essere aperte anche su iniziativa di altre città e degli enti locali e regionali, sulla base di criteri prestabiliti; in questo senso approva l'intenzione della Commissione di prestare «una maggiore attenzione alla dimensione locale» incoraggiando i dibattiti al di fuori delle capitali europee, con le rappresentanze della Commissione e i centri Europe Direct di seconda generazione previsti per il 2009,

è pronto a contribuire e partecipare attivamente alle iniziative lanciate da altre istituzioni, compresi i vertici dei cittadini eventualmente organizzati dalle presidenze dell'UE.

Relatrice

:

DU GRANRUT (FR/PPE), membro del Consiglio regionale della Piccardia

Testi di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Insieme per comunicare l'Europa

COM(2007) 568 def.

Documento di lavoro della Commissione — Proposta relativa ad un Accordo interistituzionale Insieme per comunicare l'Europa

COM(2007) 569 def.

Comunicazione della Commissione — Comunicare sull'Europa via Internet — Coinvolgere i cittadini

SEC(2007) 1742

Comunicazione della Commissione — «Debate Europe» — Valorizzare l'esperienza del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito

COM(2008) 158 def.

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

I.   Comunicare l'Europa: una responsabilità comune

1.

Sostiene l'iniziativa della Commissione europea di mettere a punto, conformemente alla volontà del Consiglio europeo, una nuova strategia di comunicazione nei confronti dei cittadini europei che associ più strettamente le istituzioni comunitarie e gli Stati membri e riconosca l'importanza delle azioni condotte a livello regionale e locale;

2.

ritiene fondamentale rafforzare la comunicazione con i cittadini europei, associandoli a un dialogo permanente allo scopo di instaurare con essi un dibattito democratico, basato sulla fiducia e la solidarietà, inteso a promuovere lo spirito europeo e a incoraggiarli a far proprio il principio di una cittadinanza europea attiva;

3.

ribadisce la sua convinzione circa l'assoluta necessità di promuovere, mediante un dialogo decentrato, una riflessione sui valori comuni, sulle conquiste della costruzione europea e sull'impatto delle politiche comunitarie sulla vita dei cittadini, nonché sulle sfide che attendono l'Unione europea, anche per favorire una maggiore conoscenza delle questioni europee da parte dei cittadini dell'Unione;

4.

insiste sulla necessità che i rappresentanti eletti a livello nazionale, regionale e locale si facciano carico in egual misura di integrare la dimensione europea nelle loro iniziative; chiede quindi di promuovere il partenariato in materia di comunicazione concluso tra i governi e i parlamenti nazionali e gli enti locali e regionali per favorire la conoscenza dell'Europa da parte cittadini e informarli in modo chiaro e obiettivo sui provvedimenti adottati dall'Unione;

5.

invita pertanto la Commissione europea a mettere a disposizione dei cittadini degli strumenti di partecipazione efficaci; sottolinea in proposito il ruolo dei principali mezzi di comunicazione, in particolare l'utilità di Internet, come fondamentale strumento di comunicazione «più vicino ai cittadini», soprattutto per gli enti locali e regionali;

6.

si compiace della volontà della Commissione europea di consolidare lo spirito di partenariato tra le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri; insiste fortemente sulla necessità di valorizzare il suo ruolo fondamentale nonché quello degli enti locali e regionali in questo ambito; constata, infatti, che la Commissione riconosce che l'insufficiente conoscenza dell'UE deriva principalmente dallo scarso impegno profuso dagli Stati membri e che, d'altra parte, la stessa Commissione ha riconosciuto l'impatto positivo della comunicazione decentrata e l'esigenza di agire a livello locale e regionale;

7.

accoglie con favore la nuova fase Debate Europe del Piano D, che mantiene l'approccio locale e fornisce ulteriori strumenti che consentono di raggiungere i cittadini e di fare in modo che questi entrino in contatto e agiscano in partenariato nel contesto delle elezioni europee e della ratifica del Trattato di Lisbona;

8.

invita la Commissione europea a integrare le esigenze di comunicazione nella fase di elaborazione di tutte le politiche comunitarie, soprattutto di quelle che hanno un'incidenza diretta sul territorio e, tra queste, pone l'accento sui fondi strutturali; ritiene al riguardo che il bilancio riveduto dell'UE dovrebbe comprendere un capitolo relativo alla comunicazione con i cittadini;

9.

è del parere che sia opportuno avvalersi della fase di ratifica del Trattato di Lisbona nonché del calendario delle future elezioni del Parlamento europeo per promuovere un vero e proprio dibattito sull'UE; ha istituito a tal fine un gruppo di lavoro specifico con l'incarico di ottimizzare la capacità dei suoi membri di comunicare su questo tema con i cittadini europei.

II.   Rafforzare la politica di partenariato per realizzare una comunicazione decentrata coerente e integrata

10.

Ricorda il contenuto delle dichiarazioni della commissaria WALLSTRÖM sulla dimensione territoriale e sul ruolo fondamentale che svolgono gli enti locali e regionali — in occasione delle centinaia di manifestazioni organizzate in tutti i paesi dell'UE nel quadro del Piano D — per comunicare con i cittadini e illustrare loro il significato e le ricadute positive dell'azione politica dell'Unione sulla crescita economica, la coesione territoriale, la tutela ambientale, la sicurezza e il progresso sociale;

11.

ribadisce, nello stesso spirito, la volontà di basarsi sulle disposizioni dell'accordo di cooperazione con la Commissione europea, con particolare riguardo all'addendum in materia di politica di comunicazione, per organizzare dibattiti e manifestazioni su tematiche legate alla vita quotidiana dei cittadini — ad esempio l'occupazione, la sicurezza, le migrazioni, i diritti fondamentali, la tutela dell'ambiente, l'approvvigionamento energetico — a riprova del valore aggiunto della politica comunitaria quando è associata alle competenze dei rappresentanti eletti a livello locale;

12.

chiede che le persone di contatto presso ciascuna rappresentanza della Commissione, nominate in conformità dell'accordo di cooperazione tra il CdR e la Commissione europea e responsabili dello sviluppo sul piano locale e regionale delle tematiche delle iniziative di comunicazione definite dal gruppo interistituzionale sull'informazione (GII) diventino dei centri pienamente operativi per lo scambio di informazioni tra la Commissione e i membri del Comitato. Esse dovrebbero facilitare la partecipazione degli enti locali e regionali agli eventi decentrati e alle visite ufficiali dei membri della Commissione negli Stati membri;

13.

ricorda che, se è vero che una nuova strategia di comunicazione esige una maggiore interazione tra le istituzioni dell'UE e i suoi organi comunitari, essa deve però anche essere integrata dalle reazioni «sul campo»: l'analisi e la trasmissione di queste ultime può essere affidata soltanto a quelle autorità che, oltre a conoscere i processi decisionali dell'Unione, sono al tempo stesso responsabili dei cittadini che vivono nel loro territorio e vicine alle loro esigenze; sottolinea al riguardo le disposizioni del protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona, in base alle quali la Commissione è obbligata a tener conto dell'impatto finanziario e amministrativo delle sue proposte di atti legislativi e regolamentari sugli enti locali e regionali;

14.

osserva che l'impegno degli attori locali e regionali e la partecipazione degli enti locali e regionali alle consultazioni formali della Commissione europea che precedono l'elaborazione di qualsiasi atto legislativo rafforzano l'azione delle città e delle regioni in quanto canali di informazione e di comunicazione dell'Unione europea e si inscrivono nel quadro della governance multilivello. Tale ruolo di catena di trasmissione delle informazioni nelle due direzioni può essere ricoperto in collaborazione con gli uffici regionali e gli enti locali e regionali a Bruxelles, nonché con le associazioni nazionali ed europee dei rappresentanti eletti a livello locale e regionale.

III.   Comunicare l'Europa: agire sul piano locale con la partecipazione dei cittadini e la collaborazione dei rappresentanti eletti a livello locale e regionale

15.

Pone l'accento sulla necessità di meglio adattare l'informazione sull'Europa alle categorie cui è destinata, adeguandola anche alle realtà territoriali;

16.

chiede che si traggano i necessari insegnamenti dalle iniziative organizzate dalle città e dagli enti regionali nel quadro del Piano D sulla base di quanto illustrato nelle due relazioni intermedie sull'attuazione della comunicazione decentrata da parte del Comitato delle regioni;

17.

accoglie con favore la decisione della Commissione di cofinanziare una nuova serie di progetti della società civile nel quadro del Piano D e approva l'accento posto sulle azioni e i bandi decentrati a sostegno dei progetti locali; si compiace vivamente che tali bandi mettano al centro dei propri obiettivi la partecipazione dei membri del Comitato delle regioni e la facilitazione del dialogo con i responsabili politici locali; esorta tuttavia la Commissione a garantire che anche gli stessi enti locali e regionali siano ammessi a presentare proposte nel quadro di tali bandi;

18.

sottolinea che, affinché la fase Debate Europe del Piano D sia efficace in tutti gli Stati membri, vanno ricercate maggiori sinergie tra i membri del Parlamento europeo, i rappresentanti eletti a livello locale e regionale, i portavoce dei governi nazionali, i capi degli uffici di rappresentanza del Parlamento europeo e della Commissione e i rappresentanti delle associazioni nazionali di enti regionali e locali;

19.

propone che le Case d'Europa — spazi pubblici concepiti per attirare i cittadini offrendo loro un'ampia gamma di attività — non siano riservate soltanto alle capitali degli Stati membri, ma possano essere aperte anche su iniziativa di altre città e degli enti locali e regionali, sulla base di un capitolato d'oneri da rispettare; in questo senso approva l'intenzione della Commissione di prestare «una maggiore attenzione alla dimensione locale» incoraggiando i dibattiti al di fuori delle capitali europee, con le rappresentanze della Commissione e i centri Europe Direct di seconda generazione previsti per il 2009;

20.

sottolinea che la comunicazione rivolta ai giovani deve prefiggersi di informarli in modo tale che essi abbiano interesse a prendere parte alla costruzione europea;

21.

invita tutti i livelli di governo ad assicurare che nel corso degli studi si impartiscano ai giovani conoscenze di base che consentano loro di comprendere come funziona l'Unione europea, quali sono le sue competenze e le sue iniziative e le opportunità che offre per il loro futuro sul piano sia personale che professionale di fronte alla sfide del XXI secolo;

22.

raccomanda che gli Stati membri realizzino le loro attività di comunicazione in collaborazione con gli eletti a livello locale e regionale, ad esempio organizzando manifestazioni decentrate sul territorio e dibattiti periodici sulle politiche comunitarie in sede di assemblee regionali e locali, se possibile alla presenza di un parlamentare europeo e di un funzionario di una direzione generale della Commissione, come già avviene nei parlamenti nazionali;

23.

ricorda che i rappresentanti eletti a livello territoriale potrebbero svolgere un ruolo determinante nel realizzare una comunicazione bidirezionale in grado di informare i cittadini sul ruolo e la realtà dell'Unione europea, incoraggiandoli altresì a reagire a tali informazioni: essi possono quindi non solo rafforzare la presenza dell'Europa nelle loro circoscrizioni elettorali, ma sono anche nella posizione ideale per trasmettere le reazioni «sul campo» — vale a dire quelle dell'opinione pubblica a livello locale e regionale — ai responsabili delle politiche dell'UE tanto nella fase di elaborazione che in quella decisionale;

24.

insiste sull'importanza del ruolo dei partiti politici nelle iniziative di comunicazione e di promozione del progetto europeo a livello locale e regionale; incoraggia i rappresentanti eletti a questi livelli a formare politici giovani — uomini e donne — alla conoscenza delle tematiche europee, affinché i futuri responsabili decisionali siano in grado di integrare la dimensione europea nella loro azione;

25.

ritiene fondamentale che il testo del Trattato di Lisbona venga illustrato in modo chiaro e attendibile per dare risalto alle conquiste che esso rappresenta, ai principi razionali cui si ispira e ai miglioramenti che comporta sul piano della trasparenza, dell'efficacia e della legittimità dell'azione dell'UE nonché ai fini del coinvolgimento dei cittadini nell'elaborazione delle sue politiche;

26.

raccomanda l'organizzazione, in seno ai consigli regionali e degli enti locali, di una sessione speciale, aperta ai membri del Comitato delle regioni e del Parlamento europeo provenienti dalla stessa circoscrizione elettorale, dedicata ai risultati positivi dell'integrazione europea e al funzionamento istituzionale dell'UE, da tenersi per esempio nella Giornata dell'Europa (9 maggio);

27.

annuncia il programma delle azioni prioritarie in materia di comunicazione definite dal Comitato delle regioni per il 2008:

un forum dedicato alle «Città del futuro» (8-10 aprile 2008),

il terzo forum annuale sulla comunicazione (17-19 giugno 2008),

la sesta edizione degli OPEN DAYS (6-9 ottobre 2008), che, in occasione della Settimana europea delle regioni e delle città, accoglierà a Bruxelles 5 500 partecipanti, con la collaborazione di 220 regioni e città europee. Nel 2008, a complemento dell'iniziativa, si svolgeranno oltre 150 manifestazioni decentrate nei territori che aderiscono all'evento,

un forum sul dialogo interculturale (25-27 novembre 2008),

l'invio di una newsletter elettronica mensile sull'attualità politica del CdR ai media regionali, ai rappresentanti eletti a livello territoriale e ai responsabili di associazioni, nonché l'invio a 25 000 responsabili istituzionali regionali di una newsletter mensile su carta relativa all'attività politica e consultiva del CdR, delle istituzioni europee e degli enti locali e regionali,

l'accoglienza riservata ogni anno — in collaborazione con le altre istituzioni europee — a 600 giornalisti dei media locali e regionali presso la sede del CdR a Bruxelles, allo scopo di richiamare l'attenzione sulle attività politiche dei membri del Comitato ovvero in occasione di manifestazioni particolari;

28.

auspica una stretta collaborazione con la Commissione europea per elaborare un working plan sulla base di iniziative di comunicazione adottate nell'ambito della cooperazione istituzionale e moltiplicando i partenariati bilaterali con gli Stati membri in materia di gestione operativa;

29.

è pronto a contribuire e partecipare attivamente alle iniziative lanciate da altre istituzioni, compresi i vertici dei cittadini che potrebbero essere organizzati dalle presidenze dell'UE;

IV.   Il ruolo del Comitato delle regioni nel futuro quadro interistituzionale in materia di comunicazione

30.

esprime la convinzione che la creazione di un quadro interistituzionale in materia di informazione e comunicazione, se dotato delle adeguate risorse finanziarie, servirebbe a rafforzare il principio del partenariato tra le istituzioni e gli organi comunitari, gli Stati membri e gli enti locali e regionali;

31.

sottolinea il valore aggiunto rappresentato dalla sua partecipazione ai lavori del gruppo interistituzionale sull'informazione (GII) e, dal momento che intende presentare ogni anno un programma sulla comunicazione decentrata, chiede di prendere parte all'elaborazione del programma interistituzionale annuale per il settore;

32.

è favorevole a una valutazione delle attività del gruppo interistituzionale sull'informazione per decidere gli eventuali miglioramenti e stabilire se sia opportuno creare un gruppo — al quale si dichiara disposto a prendere parte — incaricato del coordinamento delle azioni intese a dare attuazione agli orientamenti del GII;

33.

si compiace dell'opportunità offertagli di partecipare all'annuale dibattito interistituzionale sulla comunicazione e chiede pertanto che venga riconosciuto il suo contributo, insieme a quelli della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Consiglio, in quanto interlocutore chiave di una strategia di comunicazione decentrata.

V.   Moltiplicare i canali di comunicazione: i media locali e regionali, l'audiovisivo e Internet

34.

Attira l'attenzione sul fatto che, per riuscire ad accrescere la conoscenza dei cittadini dell'UE sulle questioni europee, è necessario aumentare il numero e l'efficacia dei canali di comunicazione esistenti, rendendoli inoltre più accessibili. Occorre sviluppare la collaborazione tra gli enti locali e regionali e i media, nonché utilizzare nuove tecnologie;

35.

esprime soddisfazione per il lancio nel 2008 del progetto della Commissione europea sulle reti di informazione pilota (RIP), un'iniziativa che si prefigge una maggiore partecipazione dei parlamenti nazionali al dibattito su tematiche europee, e chiede di potervi partecipare assieme ai rappresentanti eletti a livello locale e regionale;

36.

chiede alla Commissione europea di prevedere l'inserimento di link tra i siti Internet delle sue rappresentanze nei 27 Stati membri e i siti delle associazioni nazionali degli enti locali e regionali, delle città e delle regioni, facendo in modo di adattare le informazioni ivi contenute al contesto locale, soprattutto per quel che riguarda l'attuazione delle politiche comunitarie;

37.

raccomanda la creazione sul sito Europa di una pagina web dedicata al ruolo degli enti locali e regionali nel processo decisionale europeo: la pagina, in cui verrebbe dato risalto al fatto che quasi il 75 % della legislazione comunitaria viene attuato a livello locale e regionale, dovrebbe prevedere un link al sito del CdR e ai siti delle associazioni nazionali ed europee degli enti locali e regionali che lo desiderino;

38.

sottolinea l'importanza dell'iniziativa ePartecipazione della Commissione europea, che si propone di coinvolgere l'opinione pubblica — soprattutto a livello locale e regionale — nell'elaborazione delle politiche; invita pertanto gli enti locali e regionali a potenziare i loro siti Internet in modo che i cittadini possano esprimersi nel quadro di consultazioni e forum on line, in particolare su ciò che vorrebbero dalle politiche europee;

39.

invita la Commissione europea a mettere a disposizione sul sito Internet EU Tube i video prodotti dal Comitato delle regioni;

40.

per finire, chiede alla Commissione europea di allargare la partecipazione ai dibattiti on line sul sito Europa ai rappresentanti eletti a livello locale e regionale, affinché possano dialogare con il pubblico, ad esempio nell'ambito del forum Debate Europe: una simile iniziativa dovrebbe consentire di intensificare i contatti tra i membri del CdR e i cittadini dei rispettivi Stati membri;

41

sottolinea l'importanza della molteplicità dei canali di informazione e di comunicazione, al fine di offrire a tutti i cittadini dell'UE la possibilità di acquisire conoscenze sull'Unione e di partecipare in condizioni di parità.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/46


Parere del Comitato delle regioni Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009)

(2008/C 257/09)

IL COMITATO DELLE REGIONI

si compiace dell'iniziativa della Commissione riguardante l'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009). Il conseguimento degli obiettivi di Lisbona, che dovrebbero trasformare l'Europa nella società della conoscenza più innovativa del mondo, si fonda sulle potenzialità creative del nostro continente,

fa presente che, in Europa, nelle città, nelle regioni e a livello locale la cultura, la creatività e l'innovazione sono le fonti principali della crescita, degli investimenti e di nuovi posti di lavoro,

sottolinea il ruolo particolare svolto dall'istruzione precoce (prescolare) e primaria nello sviluppo di una serie di competenze di base, vale a dire le conoscenze, abilità e attitudini che permettono alle persone di ottenere buoni risultati nella vita privata e professionale e di acquisire ulteriori conoscenze nella moderna società europea,

sottolinea che questa iniziativa può riallacciarsi in maniera estremamente proficua all'Anno europeo del dialogo interculturale. La connessione fra le tematiche di diversi anni europei è utile in quanto favorisce l'effettivo conseguimento di risultati a medio e a lungo termine, grazie a tali iniziative,

prende atto che per la realizzazione dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione non sono disponibili risorse di bilancio specifiche. Se per creatività si intende una risorsa per lo sviluppo delle società europee, non è appropriato limitarsi all'istruzione e alla cultura. Un pensiero multidisciplinare permette infatti di raggiungere soluzioni nuove e creative.

Relatore

:

Gerd HARMS (DE/PSE), sottosegretario di Stato e rappresentante del Land Brandeburgo responsabile delle questioni federali ed europee

Testo di riferimento

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009)

COM(2008) 159 def. — 2008/0064 (COD)

I.   RACCOMANDAZIONI PROGRAMMATICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

si compiace dell'iniziativa della Commissione riguardante l'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (2009). La creatività, che nella proposta della Commissione viene correttamente definita in termini generali come la capacità di trovare nuove soluzioni negli ambiti più diversi delle attività umane, è la condizione indispensabile per realizzare l'innovazione sul piano tecnologico, culturale e sociale. Il conseguimento degli obiettivi di Lisbona, che dovrebbero trasformare l'Europa nella società della conoscenza più innovativa del mondo, si fonda sulle potenzialità creative del nostro continente;

2.

appoggia la Commissione nella sua analisi delle condizioni sine qua non per lo sviluppo della creatività e dell'innovazione. Al riguardo sottolinea il ruolo particolare svolto dall'istruzione precoce (prescolare) e primaria nello sviluppo di una serie di competenze di base, vale a dire le conoscenze, abilità ed attitudini che permettono alle persone di ottenere buoni risultati nella vita privata e professionale e di acquisire ulteriori conoscenze nella moderna società europea;

3.

appoggia l'idea della Commissione secondo la quale l'istruzione ha un ruolo rilevante nel coltivare la creatività, e ritiene che l'importanza della creatività non debba limitarsi all'istruzione prescolare e a quella impartita nei primi anni di scuola. Le materie artistiche devono invece mantenere la loro importanza lungo l'intero percorso scolastico. Inoltre, la creatività non deve essere circoscritta alle cosiddette «materie creative». La capacità di risolvere i problemi in maniera creativa e di pensare in chiave innovativa deve formare parte integrante di tutti i processi educativi formali. In proposito il Comitato sottolinea in modo particolare l'importanza del multilinguismo;

4.

sottolinea la necessità che, oltre a promuovere l'eccellenza e prestazioni di alta qualità, alle popolazioni di tutte le regioni venga offerto un buon livello d'istruzione e di formazione come fondamento del benessere dei singoli e della collettività e della capacità innovativa delle regioni;

5.

fa presente che, in Europa, nelle città, nelle regioni e a livello locale la cultura, la creatività e l'innovazione sono le fonti principali della crescita, degli investimenti e di nuovi posti di lavoro. Lo sviluppo delle potenzialità creative e delle capacità innovative di una regione costituisce il requisito essenziale per il suo successo nel quadro della concorrenza europea e mondiale. Gli enti locali e regionali sono di norma responsabili dell'organizzazione dell'apprendimento permanente, della politica occupazionale attiva, dello sviluppo di strategie regionali per l'innovazione e della promozione di attività economiche innovative e creative;

6.

fa presente la grande importanza dei livelli locale e regionale per forgiare un clima propizio all'innovazione. Al riguardo giocano molto fattori come le politiche dell'innovazione attuate a livello regionale, i centri tecnologici, gli incubatori d'imprese, i parchi scientifici e il capitale di rischio;

7.

segnala che questo non vale solo per l'economia creativa e le industrie moderne basate sulla conoscenza: le sfide sociali ed economiche delle società moderne richiedono, a tutti i livelli, soluzioni creative per far fronte ai problemi sociali, ecologici ed economici;

8.

si compiace in modo particolare del fatto che, nella sua proposta legislativa, la Commissione esprima apertamente il suo apprezzamento per il ruolo degli enti locali e regionali sottolineando che:

solo intervenendo a livello comunitario, nazionale, regionale e locale sarà possibile realizzare gli obiettivi dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione,

il fatto di essere coinvolti permette agli enti locali e regionali di organizzare le loro attività in maniera più efficace e con maggiori possibilità di successo nel quadro dell'Anno europeo,

la loro partecipazione costituisce un «arricchimento» nell'attuazione delle misure previste a livello europeo e nazionale;

9.

condivide questa valutazione della Commissione e s'impegna a favore di un'ampia partecipazione degli enti locali e regionali all'Anno europeo della creatività e dell'innovazione.

Valutazione dettagliata dell'iniziativa

10.

appoggia gli obiettivi fissati per l'Anno europeo della creatività e dell'innovazione (articolo 2). L'impostazione globale che ha ispirato questi obiettivi permette una visione d'insieme dello sviluppo e dell'utilizzazione delle potenzialità creative dell'Europa andando al di là degli aspetti meramente artistici. Il Comitato ritiene che nel corso dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione occorra promuovere ed evidenziare soprattutto le attività orizzontali che coinvolgono le istituzioni responsabili dell'apprendimento permanente, le istituzioni e gli attori del mondo della cultura, dell'economia, della scienza e della società civile. È inoltre necessario promuovere l'apprendimento creativo, basato sulla ricerca e sullo sviluppo della conoscenza anziché sull'imitazione e sulla memorizzazione;

11.

sottolinea che questa iniziativa può riallacciarsi in maniera estremamente proficua all'Anno europeo del dialogo interculturale. La connessione fra le tematiche di diversi anni europei è utile in quanto favorisce il conseguimento di risultati a medio e a lungo termine grazie a iniziative di questo genere. Le attività previste nel quadro dell'Anno europeo del dialogo interculturale puntano a realizzare una società europea più aperta, tollerante e flessibile e sono strettamente connesse con la creatività e l'innovazione. Sono proprio il confronto e l'incontro con forme d'espressione e orientamenti culturali diversi a stimolare la creatività e ad offrire nuove risposte ai propri problemi;

12.

constata che nella sua proposta la Commissione fa riferimento in particolare alle richieste formulate dal Parlamento europeo e dal Consiglio circa le competenze chiave per l'apprendimento permanente. Il CdR rinvia al proprio parere (1) in merito a tale raccomandazione, parere in cui ha sottolineato, da un lato, la speciale importanza delle competenze matematiche e scientifiche e, dall'altro, l'importanza di incoraggiare le donne in questi settori utilizzando gli strumenti dell'apprendimento permanente. In futuro le società europee dovranno impegnarsi ancor più per incoraggiare i giovani, e in particolare le giovani donne, a optare per formazioni tecnico-scientifiche e per studi e carriere scientificoingegneristici;

13.

constata che l'interazione fra vita lavorativa, società e istruzione superiore costituisce un presupposto essenziale per promuovere l'innovazione e la crescita a livello locale e regionale. Occorrono infrastrutture fondate sull'inclusione e sulla non discriminazione che promuovano la cittadinanza attiva e l'assunzione della responsabilità comune per assicurare la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile;

14.

auspica una migliore istruzione e formazione, al fine di potenziare al massimo il valore del più importante capitale di cui l'Europa dispone: i suoi giovani. L'istruzione dovrà dare particolare rilevanza allo studio delle tecnologie, in modo da favorire la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione in Europa. Bisognerà però anche prestare la dovuta attenzione al conseguimento di un'adeguata formazione umanistica e all'acquisizione di valori. È poi importante che il sistema educativo dia all'insegnamento della storia e della civiltà europea tutta l'attenzione che merita;

15.

ribadisce quanto sia importante promuovere la ricerca, formare giovani scienziati, sostenere la mobilità del personale scientifico e appoggiare la cooperazione scientifica a livello europeo. Sviluppando un clima propizio alla ricerca e promuovendo i brevetti e l'efficacia della loro tutela si favoriscono i processi innovativi nella società e nell'economia;

16.

ribadisce la necessità di istituire norme e diritti a tutela della proprietà intellettuale e di mettere a punto una Carta europea della proprietà intellettuale;

17.

in proposito sottolinea l'importanza essenziale dei fondi strutturali, specie di quello per lo sviluppo regionale, per la trasposizione delle conoscenze scientifiche in prodotti e processi innovativi;

18.

si rammarica che l'iniziativa non sia stata presentata prima, dal momento che dei tempi così limitati rischiano di compromettere la riuscita dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione. È pertanto essenziale che la Commissione s'impegni ora a fondo per coinvolgere nel processo il maggior numero possibile di partner;

19.

pone in evidenza il ruolo particolare dei media audiovisivi nello sviluppo di contesti creativi. In molte regioni d'Europa l'interazione fra la promozione dei talenti, i centri di formazione di alto livello e l'economia dei media si traduce nella creazione di cluster economici di successo. Nel quadro dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione sarebbe necessario un riconoscimento particolare di questi sviluppi;

20.

si rammarica che nella sua proposta la Commissione non faccia riferimento alle molteplici possibilità offerte dai programmi europei di mobilità. In effetti, la mobilità nella formazione e l'esperienza degli scambi tra le regioni europee possono contribuire in misura particolare a liberare il potenziale creativo e innovativo dei giovani;

21.

deplora inoltre che la proposta non preveda alcun modo per verificare il successo dell'iniziativa e non definisca i presupposti giudicati necessari al conseguimento degli obiettivi;

22.

ritiene che l'Anno europeo della creatività e dell'innovazione potrà aver successo solo se l'intera Commissione accetterà questo compito e se tutte le sue direzioni generali sfrutteranno le possibilità offerte da questa iniziativa. Occorre inoltre il forte sostegno degli Stati membri, delle città, delle regioni e degli enti locali. Il CdR chiede pertanto che, oltre alla politica in materia di formazione, nell'organizzazione dell'Anno si tenga conto attivamente anche di altre politiche;

23.

fa presente che la promozione della creatività e dell'innovazione forma parte integrante di numerosi progetti di sviluppo regionale e locale. Realizzando concretamente l'Anno europeo della creatività e dell'innovazione non si deve dare l'impressione che queste risorse possano essere utilizzate solo grazie alle iniziative della Commissione. Quest'Anno dovrebbe offrire l'opportunità per mettere in risalto le idee azzeccate che provengono sia dai livelli locale e regionale sia dagli Stati membri e, inoltre, per sostenere la diffusione delle migliori pratiche. In tutte le iniziative della Commissione andrà rispettato il principio della sussidiarietà;

24.

rammenta l'esperienza molteplice degli enti locali e regionali e delle organizzazioni della società civile, che si manifesta ad esempio nelle azioni nel contesto della politica locale e regionale e durante i cosiddetti Open Days organizzati dal CdR. Questo ricco bagaglio di esperienza rivela i molteplici modi in cui possono essere sviluppate e sostenute la creatività e l'innovazione che contraddistingue l'Europa a livello locale e regionale;

25.

prende atto che per la realizzazione dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione non sono disponibili risorse di bilancio specifiche. Circa il finanziamento delle attività previste, la proposta della Commissione si limita a menzionare esplicitamente solo il programma Apprendimento permanente 2007-2013 e il programma Cultura 2007-2013. Tuttavia, le questioni della creatività e dell'innovazione vanno ben al di là di questi programmi. Occorre infatti considerare anche altri ambiti, tra cui in particolare il settore scientifico, la cooperazione tra attività economiche e scienza, la mobilità in Europa, la questione dello sviluppo delle aree rurali e la politica sociale. Se per creatività si intende una risorsa per lo sviluppo delle società europee, non è appropriato occuparsi unicamente dell'istruzione e della cultura. Un pensiero multidisciplinare permette infatti di raggiungere soluzioni nuove e creative;

26.

nella sua proposta la Commissione afferma che la linea d'azione suggerita «rifocalizza le attività di comunicazione sulle tematiche dell'Anno». Le misure proposte non precisano però le modalità di questa rifocalizzazione. Il CdR fa presente l'esigenza di coordinare tali misure tra i livelli comunitario, nazionale, regionale e locale;

27.

offre alla Commissione il proprio appoggio e la propria disponibilità a collaborare all'organizzazione dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione. Le città, le regioni e gli enti locali, oltre ad essere i partner naturali di questo genere di iniziativa, sono anche fonte di un gran numero di soluzioni creative. Il CdR si attende che la Commissione lo coinvolga appieno nelle attività e lo informi in maniera tempestiva ed esaustiva su tutte le azioni previste.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 2, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

L'obiettivo generale dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione è di sostenere gli sforzi degli Stati membri per promuovere la creatività attraverso l'apprendimento permanente in quanto motore dell'innovazione e fattore chiave dello sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali, nonché del benessere di tutti gli individui nella società.

L'obiettivo generale dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione è di sostenere gli sforzi degli Stati membri e degli enti regionali e locali per promuovere la creatività attraverso l'apprendimento permanente in quanto motore dell'innovazione e fattore chiave dello sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali, nonché del benessere di tutti gli individui nella società.

Motivazione

Per quanto gli interlocutori della Commissione siano gli Stati membri, nell'ambito qui considerato si affrontano anche questioni cruciali che rientrano nelle competenze dirette degli enti locali e regionali.

Emendamento 2

Articolo 3, secondo comma

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Oltre alle attività cofinanziate dalla Comunità conformemente all'articolo 6, la Commissione o gli Stati membri possono definire altre attività utili a conseguire gli obiettivi prefissati per l'Anno in oggetto e autorizzare l'utilizzo della sua denominazione per promuovere tali attività nella misura in cui queste concorrono alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 2.

Oltre alle attività cofinanziate dalla Comunità conformemente all'articolo 6, la Commissione, o gli Stati membri o gli enti locali e regionali possono definire altre attività utili a conseguire gli obiettivi prefissati per l'Anno in oggetto e autorizzare l'utilizzo della sua denominazione per promuovere tali attività nella misura in cui queste concorrono alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 2. È indispensabile incoraggiare altri attori non statali a partecipare alle attività dell'Anno europeo nel quadro degli obiettivi stabiliti.

Motivazione

L'uso della denominazione «Anno europeo» non deve implicare unicamente gli Stati membri. Per far «vivere» l'Anno europeo è essenziale l'impegno fattivo di un gran numero di soggetti interessati.

Emendamento 3

Articolo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

La Commissione convoca le riunioni dei coordinatori nazionali al fine di coordinare la realizzazione a livello europeo delle attività nel quadro dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione, nonché scambiare informazioni sull'attuazione delle stesse a livello nazionale.

La Commissione convoca le riunioni dei coordinatori nazionali al fine di coordinare la realizzazione a livello europeo delle attività nel quadro dell'Anno europeo della creatività e dell'innovazione, nonché scambiare informazioni sull'attuazione delle stesse a livello nazionale. A queste riunioni verranno invitati rappresentanti del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale europeo.

Motivazione

Solo una partecipazione del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale europeo permetterà di tener conto adeguatamente e con sistematicità degli interessi e dei contributi degli enti locali e regionali.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  CdR 31/2006 fin


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/51


Parere del Comitato delle regioni Pacchetto di riforme sulle telecomunicazioni

(2008/C 257/10)

IL COMITATO DELLE REGIONI

intende vegliare affinché il nuovo quadro normativo non pregiudichi gli obiettivi politici degli Stati membri nel campo della cultura e dei media e tenga conto delle esigenze specifiche delle aree rurali, delle regioni a bassa densità demografica, delle regioni ultraperiferiche, degli agglomerati urbani e delle esigenze delle minoranze culturali ed etniche,

esprime obiezioni nei confronti delle misure di armonizzazione della gestione dello spettro delle radiofrequenze proposte dalla Commissione europea. Gli Stati membri dovrebbero continuare ad avere la responsabilità di tale gestione, facendo in modo di mantenere la coerenza con gli accordi internazionali; ciò implica che sia preservata una banda di spettro abbastanza ampia da consentire alle emittenti radiotelevisive di eseguire la loro missione,

respinge il nuovo provvedimento proposto sulla separazione funzionale delle imprese e il diritto di veto della Commissione su certe misure correttive prese dalle autorità nazionali di regolamentazione. Insiste con queste ultime perché, nell'analizzare e nel definire i mercati rilevanti, tengano conto delle differenze culturali o linguistiche locali o regionali,

apprezza gli sforzi della Commissione diretti a migliorare la tutela dei consumatori e i diritti degli utenti, in particolare grazie alla messa a disposizione dei consumatori di maggiori informazioni sui prezzi e sulle condizioni di fornitura, al miglioramento della protezione dei dati e della sicurezza e a un accesso più facile, anche ai servizi di emergenza; tuttavia, esprime preoccupazione sul possibile impatto economico e finanziario di queste proposte per gli operatori dei servizi locali e regionali,

la creazione di un'autorità del mercato delle comunicazioni elettroniche, di pari passo con un sostanziale trasferimento di competenze per la regolamentazione dei mercati da ciascuno Stato membro verso la Commissione europea, condurrà a un palese squilibrio nella ripartizione dei poteri tra autorità di regolamentazione nazionali ed europee; invoca pertanto l'istituzione di un organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni, che inserirebbe il gruppo dei regolatori europei nel diritto europeo.

Relatore

:

Marc SCHAEFER (LU/PSE), membro del consiglio comunale di Vianden

Testi di riferimento

Direttiva Legiferare meglio

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE, relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate e all'interconnessione delle medesime, e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica

COM(2007) 697 def. — 2007/0247 (COD)

Direttiva Cittadini

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, della direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, e del regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione per la tutela dei consumatori

COM(2007) 698 def. — 2007/0248 (COD)

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'Autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche

COM(2007) 699 def. — 2007/0249 (COD)

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Trarre il massimo beneficio dal dividendo digitale in Europa: un approccio comune all'uso dello spettro liberato dal passaggio al digitale

COM(2007) 700 def.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

plaude all'obiettivo della Commissione di rafforzare l'apertura dei mercati delle telecomunicazioni alla concorrenza e di incoraggiare l'investimento nelle reti ad alta velocità (senza distinzione tra tecnologia fissa, mobile e satellitare), così come all'obiettivo di assicurare, anche nel contesto della digitalizzazione dei servizi audiovisivi, una gestione ottimizzata delle radiofrequenze nel mercato interno;

2.

ha il dovere di vigilare affinché il nuovo quadro normativo non contenga misure tali da ripercuotersi negativamente sugli obiettivi delle politiche culturali e in materia di media dei vari Stati membri;

3.

vigilerà affinché, al momento di definire il nuovo meccanismo di regolamentazione (specie al livello della gestione delle radiofrequenze), si tenga conto degli interessi delle minoranze culturali o etniche, oltre che dei bisogni regionali;

4.

auspica che nel quadro normativo proposto trovino spazio meccanismi a favore dello sviluppo dell'accesso a Internet a banda larga nelle zone rurali o a bassa densità demografica e nelle regioni ultraperiferiche; in questo contesto non si dovrebbe però dimenticare che per gli enti locali e regionali può essere necessario investire in particolare nello sviluppo delle TIC e delle infrastrutture negli agglomerati urbani;

5.

apprezza gli sforzi della Commissione volti a migliorare la protezione dei consumatori, specie per quanto concerne la tutela dei dati e la sicurezza, e in relazione a un accesso più equo ai servizi di comunicazione elettronica e ai servizi di emergenza per tutte le categorie di utenti, compresi i disabili, ma esprime preoccupazione per l'impatto finanziario ed economico che tali proposte potrebbero avere in particolare per gli operatori di servizi regionali o locali;

6.

apprezza gli sforzi della Commissione diretti a sviluppare servizi paneuropei, sempre che ciò avvenga tenendo conto delle differenze nazionali e regionali e delle esigenze tecnologiche ed economiche degli attori economicamente più deboli;

7.

richiama l'attenzione della Commissione sulla diversità geografica dei mercati nazionali, regionali o anche locali, la quale può richiedere di conseguenza una differenziazione e una varietà di meccanismi e di procedure di regolamentazione, ad esempio la segmentazione geografica;

8.

esprime scetticismo riguardo al potenziale valore aggiunto insito in alcune delle nuove misure previste, le quali inciderebbero su tutti gli Stati membri indipendentemente dalla loro situazione specifica e dai progressi realizzati sul piano nazionale o regionale. In effetti, l'idea di trasferire ulteriori poteri al livello comunitario nel contesto della regolamentazione dei mercati delle telecomunicazioni e della gestione delle radiofrequenze suscita vive preoccupazioni all'interno del CdR;

9.

considera che le proposte della Commissione aprano la strada ad un'applicazione più coerente delle norme comunitarie ai fini del completamento di un mercato unico delle comunicazioni elettroniche.

Direttiva Legiferare meglio

10.

si compiace per la raccomandazione della Commissione (1) di ridurre sensibilmente il numero dei mercati oggetto di regolamentazione ex ante e rendere così la regolamentazione, nei casi in cui rimane necessaria, più efficace e più semplice tanto per gli operatori che per le autorità nazionali di regolamentazione;

11.

esprime apprezzamento per le proposte della Commissione volte a istituire migliori meccanismi di coordinamento e di armonizzazione dei quadri normativi dei vari Stati membri, come pure dei processi di coordinamento, di concertazione e di consultazione tra le diverse autorità nazionali di regolamentazione;

12.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui una gestione efficiente delle radiofrequenze è importante per agevolare l'accesso agli operatori e promuovere l'innovazione, come pure la diversità culturale;

13.

sottoscrive il parere della Commissione sulla necessità di garantire la coubicazione e la condivisione delle risorse per i fornitori di reti di comunicazione elettronica, sempre che tale condivisione sia tecnicamente possibile e che i costi di tale operazione possano essere ripartiti equamente;

14.

condivide il punto di vista della Commissione sull'importanza di armonizzare la numerazione all'interno della Comunità, quando ciò favorisca il funzionamento del mercato interno o lo sviluppo di servizi paneuropei; giudica nondimeno che gli Stati membri siano nella posizione migliore per adottare le misure finalizzate a una tale armonizzazione, la quale può essere condotta nell'attuale cornice del gruppo dei regolatori europei;

15.

sostiene che la definizione delle attribuzioni di radiofrequenze ai servizi in grado di assicurare la diversità linguistica e culturale e la pluralità dei media dovrebbe restare di competenza esclusiva degli Stati membri;

16.

reputa che non sia opportuno imporre una separazione funzionale come misura aggiuntiva a favore della liberalizzazione dei mercati; ritiene che il sistema più efficace in tal senso sia la concorrenza basata sull'infrastruttura e che il quadro normativo esistente consenta già misure di separazione, tra cui la separazione funzionale;

17.

ritiene che occorra mantenere tutti i riferimenti alle procedure previste dagli accordi internazionali in materia di gestione delle radiofrequenze, in quanto tali accordi sono già in vigore e costituiscono un quadro normativo più ampio di quello dell'Unione.

Direttiva Cittadini

18.

sostiene gli sforzi della Commissione per rafforzare e migliorare la tutela dei consumatori e i diritti degli utenti nel settore delle comunicazioni elettroniche, in particolare fornendo ai consumatori maggiori informazioni sui prezzi e sulle condizioni di fornitura e agevolando l'accesso e l'utilizzo delle comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di emergenza, da parte degli utenti disabili;

19.

esprime apprezzamento per le proposte volte a rafforzare la tutela della vita privata e la riservatezza dei dati a carattere personale nel settore delle comunicazioni elettroniche, in particolare attraverso disposizioni più rigorose in materia di sicurezza e migliori meccanismi di controllo;

20.

richiama l'attenzione della Commissione sulle esigenze dei consumatori nelle regioni economicamente deboli o rurali, di difficile accesso sul piano geografico, nelle regioni ultraperiferiche o ancora a bassa densità demografica;

21.

attira l'attenzione della Commissione sul fatto che alcune delle misure volte a garantire la sicurezza delle reti e la tutela dei consumatori richiedono un coordinamento e un'attuazione al livello internazionale anziché comunitario;

22.

richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che alcune delle misure proposte nella direttiva in oggetto necessitano di investimenti considerevoli sul piano delle infrastrutture tecniche (es. per l'accesso al numero di emergenza unico o per la localizzazione del chiamante), investimenti che difficilmente appaiono sostenibili per gli operatori di servizi su piccola scala, ad esempio quelli locali o regionali;

23.

apprezza gli sforzi della Commissione per favorire la portabilità dei numeri tra reti fisse e reti mobili;

24.

desidera richiamare l'attenzione della Commissione sulle esigenze specifiche di quelle regioni rurali che spesso posseggono infrastrutture molto limitate basate sull'unica rete dell'operatore tradizionale, ed esprime il desiderio che si adottino misure specifiche per ovviare a tale situazione, ad es. attraverso fondi strutturali destinati a tali regioni. Desidera altresì richiamare l'attenzione sulle limitazioni e sui costi supplementari strutturali che le regioni ultraperiferiche devono sostenere in permanenza in materia di comunicazioni elettroniche; si dovrebbero pertanto prevedere misure specifiche per porre i cittadini di questi territori su un piede di parità con i cittadini del resto del continente europeo;

25.

ritiene che le norme relative agli obblighi di trasmissione (must-carry) per i servizi di radiodiffusione debbano essere estese a ogni servizio aggiuntivo e riesaminate regolarmente.

L'autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche

26.

ritiene che la creazione di un'autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche (European Electronic Communications Market Authority — EECMA), la quale di fatto verrebbe ad aggiungersi all'attuale accordo istituzionale riguardante la regolamentazione dei mercati delle comunicazioni elettroniche, non sia compatibile con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, e rischi di aggiungere un ulteriore livello di complessità anziché semplificare il processo, come è invece l'obiettivo del pacchetto di proposte in oggetto;

27.

è quindi favorevole all'istituzione di un organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni. Tale organo potrebbe assumere molte delle funzioni descritte nella proposta di creazione di un'autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche e condividere molte delle caratteristiche che in base alla proposta della Commissione sono assegnate all'autorità, senza per questo assumere la natura di un'agenzia, e quindi evitando alcuni dei potenziali problemi dell'EECMA.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 2, lettera e), articolo 2, aggiunta della lettera s)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

s)

«interferenza dannosa», un'interferenza che pregiudica il funzionamento di un servizio di radionavigazione o di altri servizi di sicurezza o che deteriora gravemente, ostacola o interrompe ripetutamente un servizio di radiocomunicazione che opera conformemente alle normative comunitarie o nazionali applicabili;

s)

«interferenza dannosa», un'interferenza che pregiudica il funzionamento di un servizio di radionavigazione o di altri servizi di sicurezza o che deteriora gravemente, ostacola o interrompe ripetutamente un servizio di radiocomunicazione che opera conformemente alle normative comunitarie o nazionali applicabili o in conformità con i piani internazionali delle frequenze;

Motivazione

La gestione delle radiofrequenze è in gran parte influenzata da accordi e piani internazionali delle frequenze esistenti al livello della Conferenza europea delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT) e dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU), i quali rivestono particolare importanza per i servizi di radiodiffusione (p. es. GE-06). È quindi opportuno modificare la definizione di «interferenza dannosa».

Emendamento 2

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 8, modifica dell'articolo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(a)

Al paragrafo 1, il secondo comma è sostituto dal seguente:

(a)

Al paragrafo 1, il secondo comma è sostituto dal seguente:

Salvo diversa disposizione dell'articolo 9 relativo alle radiofrequenze, gli Stati membri tengono nel massimo conto l'opportunità di adottare regolamentazioni tecnologicamente neutrali e provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione, nell'esercizio delle funzioni indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, e in particolare quelle intese a garantire una concorrenza effettiva, facciano altrettanto.

Salvo diversa disposizione dell'articolo 9 relativo alle radiofrequenze, gli Stati membri tengono nel massimo conto l'opportunità di adottare regolamentazioni tecnologicamente neutrali e provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione, nell'esercizio delle funzioni indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, e in particolare quelle intese a garantire una concorrenza effettiva, facciano altrettanto, garantendo nel contempo il pluralismo dei media e delle culture.

(b)

al paragrafo 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

(b)

al paragrafo 2, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:

a)

assicurando che gli utenti, compresi gli utenti disabili, gli utenti anziani e quelli che hanno esigenze sociali particolari ne traggano i massimi vantaggi in termini di scelta, prezzi e qualità;

a)

assicurando che gli utenti, compresi gli utenti disabili, gli utenti anziani e quelli che hanno esigenze sociali particolari ne traggano i massimi vantaggi in termini di scelta, prezzi e qualità;

b)

garantendo che non abbiano luogo distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, in particolare per la fornitura di contenuti;

b)

garantendo che non abbiano luogo distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, in particolare per la fornitura di contenuti;

(c)

Al paragrafo 3, il testo della lettera d) è sostituito dal seguente:

(c)

Al paragrafo 3, il testo della lettera d) è sostituito dal seguente:

d)

collaborando con la Commissione e con l'Autorità per garantire lo sviluppo di pratiche normative coerenti e l'applicazione coerente della presente direttiva e delle direttive particolari.

d)

collaborando con la Commissione e con l'Autorità per garantire lo sviluppo di pratiche normative coerenti e l'applicazione coerente della presente direttiva e delle direttive particolari.

(d)

Al punto 4, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

(d)

Al punto 4, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

e)

prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili, degli utenti anziani e di quelli che hanno esigenze sociali particolari;

e)

prendendo in considerazione le esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare degli utenti disabili, degli utenti anziani e di quelli che hanno esigenze sociali particolari, come pure le esigenze delle minoranze etniche, sociali o culturali, o ancora quelle relative alle zone rurali o a bassa densità demografica,

(…)

(…)

Motivazione

Occorre prendere in considerazione anche il pluralismo culturale e dei media, come pure le esigenze delle minoranze linguistiche, etniche, sociali o regionali.

Per quanto riguarda la soppressione del riferimento all'autorità proposta dalla Commissione nella proposta di regolamento COM(2007) 699 def. — 2007/0249 (COD), si veda la motivazione relativa all'emendamento 20.

Emendamento 3

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 9, riformulazione dell'articolo 9

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 9

Articolo 9

Gestione delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica

Gestione delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica

1.

Gli Stati membri provvedono alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio ai sensi dell'articolo 8. Essi garantiscono che l'attribuzione e l'assegnazione di tali radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

1.

Gli Stati membri provvedono alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio ai sensi dell'articolo 8. Essi garantiscono che l'attribuzione e l'assegnazione di tali radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

2.

Gli Stati membri promuovono l'armonizzazione dell'uso delle radiofrequenze nel territorio della Comunità europea in modo coerente con l'esigenza di garantirne un utilizzo effettivo ed efficiente e in conformità della decisione n. 676/2002/CE (decisione spettro radio).

2.

Gli Stati membri promuovono l'armonizzazione dell'uso delle radiofrequenze nel territorio della Comunità europea, in modo da favorire il conseguimento di economie di scala e facilitare l'interoperabilità dei servizi a beneficio dei consumatori, in modo coerente con l'esigenza di garantirne un utilizzo effettivo ed efficiente e in conformità della decisione n. 676/2002/CE (decisione spettro radio).

3.

Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma o nelle misure adottate a norma dell'articolo 9 quater, gli Stati membri assicurano che nelle bande di frequenze aperte ai servizi di comunicazioni elettroniche possano essere utilizzati tutti i tipi di tecnologie di accesso senza fili o alla rete radio.

3.

Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma o nelle misure adottate a norma della decisione sullo spettro radio (n. 676/2002/CE) dell'articolo 9  quater , gli Stati membri assicurano ove possibile che nelle bande di frequenze aperte ai servizi di comunicazioni elettroniche possano essere forniti tutti i tipi di servizi di comunicazioni elettroniche, conformemente ai piani nazionali delle frequenze e alla regolamentazione UIT.

Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di tecnologie di accesso senza fili o rete radiofonica utilizzati, ove ciò sia necessario al fine di:

Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di tecnologie di accesso senza fili o rete radiofonica utilizzati, ove ciò sia necessario al fine di:

a)

evitare interferenze dannose;

a)

evitare interferenze dannose;

b)

proteggere la salute pubblica dai campi elettromagnetici;

b)

proteggere la salute pubblica dai campi elettromagnetici;

c)

assicurare la massima condivisione delle radiofrequenze nei casi in cui l'uso delle radiofrequenze sia assoggettato a un'autorizzazione generale; oppure

c)

assicurare la massima condivisione nell'uso delle radiofrequenze nei casi in cui l'uso delle radiofrequenze sia assoggettato a un'autorizzazione generale; oppure

d)

rispettare una limitazione conformemente al paragrafo 4 seguente.

d)

rispettare una limitazione conformemente al paragrafo 4 seguente.

4.

Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma o nelle misure adottate a norma dell'articolo 9 quater, gli Stati membri assicurano che nelle bande di frequenze aperte ai servizi di comunicazioni elettroniche possano essere forniti tutti i tipi di servizi di comunicazioni elettroniche. Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di servizi di comunicazioni elettroniche che è possibile fornire.

4.

Salvo disposizione contraria contenuta nel secondo comma o nelle misure adottate a norma della decisione sullo spettro radio (n. 676/2002/CE) dell'articolo 9  quater , gli Stati membri assicurano provvedono ove possibile a far sì che nelle bande di frequenze aperte ai servizi di comunicazioni elettroniche possano essere forniti tutti i tipi di servizi di comunicazioni elettroniche, conformemente ai piani nazionali delle frequenze e alla regolamentazione UIT. Gli Stati membri possono, tuttavia, prevedere limitazioni proporzionate e non discriminatorie dei tipi di servizi di comunicazioni elettroniche che è possibile fornire.

Le limitazioni che impongono la fornitura di un servizio in una banda specifica sono giustificate per garantire il conseguimento di un obiettivo di interesse generale conformemente al diritto comunitario, come ad esempio, garantire la sicurezza della vita, la promozione della coesione sociale, regionale o territoriale, evitare un uso inefficiente delle radiofrequenze, oppure, in base alla definizione datane nella legislazione nazionale conformemente al diritto comunitario, la promozione della diversità culturale e linguistica e del pluralismo dei media.

Le limitazioni che impongono la fornitura di un servizio in una banda specifica sono giustificate per garantire il conseguimento di un obiettivo di interesse generale conformemente al diritto comunitario, come ad esempio, garantire la sicurezza della vita, la promozione della coesione sociale, regionale o territoriale, evitare un uso inefficiente delle radiofrequenze, oppure, in base alla definizione datane nella legislazione nazionale conformemente al diritto comunitario, la promozione della diversità culturale e linguistica e del pluralismo dei media.

Una limitazione che vieta la fornitura di qualsiasi altro servizio in una banda specifica può essere prevista esclusivamente ove sia giustificata dalla necessità di proteggere i servizi di sicurezza della vita.

Una limitazione che vieta la fornitura di qualsiasi altro servizio in una banda specifica può essere prevista esclusivamente ove sia giustificata dalla necessità di proteggere i servizi di sicurezza della vita o dalla realizzazione di un servizio d'interesse generale definito dalla legislazione nazionale in linea con la regolamentazione comunitaria, come ad esempio la promozione della diversità linguistica e culturale e del pluralismo dei media.

5.

Gli Stati membri riesaminano periodicamente la necessità delle limitazioni di cui ai paragrafi 3 e 4.

5.

Gli Stati membri riesaminano periodicamente la necessità delle limitazioni di cui ai paragrafi 3 e 4 e sono gli unici a poter prevedere eccezioni in tal senso.

6.

I paragrafi 3 e 4 si applicano all'attribuzione e all'assegnazione delle radiofrequenze dopo il 31 dicembre 2009.

6.

I paragrafi 3 e 4 si applicano all'attribuzione e all'assegnazione delle radiofrequenze dopo il 31 dicembre 2009 la data di entrata in vigore della presente direttiva negli Stati membri.

Motivazione

Le misure e le procedure definite nella decisione sullo spettro radio (n. 676/2002/CE) consentono già una gestione realistica ed equa delle radiofrequenze nel rispetto della neutralità tecnologica e dei servizi.

Bisogna rispettare gli accordi esistenti al livello della Conferenza europea delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT) e dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT), i quali permettono già un utilizzo efficiente delle radiofrequenze.

Occorre prevedere misure per proteggere e promuovere servizi capaci di favorire la diversità culturale e linguistica, come pure il pluralismo dei media: si tratta tra l'altro di garantire l'accesso allo spettro radio ai servizi di radiodiffusione e ai servizi di comunicazione elettronica forniti a livello regionale o locale.

La gestione delle radiofrequenze a livello nazionale deve rimanere di competenza esclusiva degli Stati membri: al riguardo, è necessario tra l'altro garantire una gamma di frequenze tanto ampia da consentire ai servizi di radiodiffusione di assolvere i loro obblighi in termini di contenuti.

Emendamento 4

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 10, aggiunta dell'articolo 9 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 9 bis

Sopprimere l'articolo 9 bis.

Riesame delle limitazioni ai diritti esistenti

 

1.

Per un periodo di cinque anni a partire dal [1o gennaio 2010], gli Stati membri assicurano che i titolari di diritti d'uso delle radio frequenze concessi prima di quella data possano presentare all'autorità nazionale di regolamentazione competente una richiesta di riesame delle limitazioni ai loro diritti ai sensi dell'articolo 9, paragrafi 3 e 4.

 

Prima di adottare la sua decisione, l'autorità nazionale di regolamentazione competente informa il titolare del diritto del riesame delle limitazioni, precisando l'entità del diritto dopo il riesame e concedendo al richiedente un termine ragionevole per il ritiro della richiesta.

 

Se il titolare del diritto ritira la sua richiesta, il diritto resta immutato fino alla sua scadenza o, se è anteriore, fino al termine del periodo di cinque anni.

 

2.

Qualora il titolare del diritto di cui al paragrafo 1 sia un fornitore di servizi di contenuti radiofonici o televisivi e il diritto d'uso delle radiofrequenze sia stato concesso per il conseguimento di un obiettivo specifico d'interesse generale, è possibile presentare una richiesta di riesame esclusivamente per la parte delle radiofrequenze necessaria per il conseguimento di tale obiettivo. La parte delle radiofrequenze che non è più necessaria per il conseguimento dell'obiettivo a seguito dell'applicazione dell'articolo 9, paragrafi 3 e 4, è soggetta a una nuova procedura di assegnazione conformemente all'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva autorizzazioni.

 

3.

Dopo il periodo di cinque anni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano tutte le misure adeguate per assicurare che l'articolo 9, paragrafi 3 e 4, si applichi a tutte le restanti assegnazioni e attribuzioni di radiofrequenze esistenti alla data di entrata in vigore della presente direttiva.

 

4.

Nell'applicare il presente articolo, gli Stati membri adottano disposizioni appropriate per garantire eque condizioni di concorrenza.

 

Motivazione

Questo articolo non è compatibile con il principio di sussidiarietà. I titolari dei diritti relativi a servizi forniti in esclusiva a un solo Stato membro o magari a una regione di tale Stato non dovrebbero essere interessati dalle decisioni relative alla gestione delle radiofrequenze a livello comunitario.

Emendamento 5

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 10, aggiunta dell'articolo 9 ter

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 9 ter

Sopprimere l'articolo 9 ter.

Trasferimento di diritti individuali d'uso delle radiofrequenze

 

1.

Gli Stati membri provvedono affinché le imprese possano trasferire o cedere ad altre imprese i diritti individuali di uso delle radiofrequenze nelle bande per le quali ciò sia previsto nelle disposizioni di esecuzione adottate a norma dell'articolo 9 quater, senza l'assenso preventivo dell'autorità nazionale di regolamentazione.

 

Nelle altre bande, gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le imprese di trasferire o cedere i diritti d'uso delle radiofrequenze ad altre imprese.

 

2.

Gli Stati membri provvedono affinché l'intenzione di un'impresa di trasferire diritti d'uso delle radiofrequenze sia notificata all'autorità nazionale di regolamentazione competente per l'assegnazione dello spettro e sia resa pubblica. Qualora l'utilizzazione delle radiofrequenze sia stata armonizzata mediante l'applicazione della decisione spettro radio o di altri provvedimenti comunitari, tali trasferimenti devono rispettare questa utilizzazione armonizzata.

 

Motivazione

Non vi è un reale valore aggiunto rispetto al sistema attuale, che già prevede la possibilità di trasferire o cedere i diritti individuali di uso delle radiofrequenze su base volontaria.

Emendamento 6

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 10, aggiunta dell'articolo 9 quater

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 9 quater

Sopprimere l'articolo 9 quater.

Misure di armonizzazione della gestione delle radiofrequenze

 

Per contribuire allo sviluppo del mercato interno, e ai fini dell'applicazione dei principi sanciti dal presente articolo, la Commissione può adottare provvedimenti di attuazione per:

 

a)

armonizzare l'individuazione delle bande per le quali i diritti d'uso possono essere trasferiti o affittati tra imprese;

 

b)

armonizzare le condizioni collegate a tali diritti e le condizioni, le procedure, i limiti, le restrizioni, le revoche e le norme transitorie che si applicano a tali trasferimenti o locazioni;

 

c)

armonizzare i provvedimenti specifici per garantire condizioni eque di concorrenza nel caso di trasferimento di diritti individuali;

 

d)

introdurre un'eccezione al principio della neutralità tecnologica o dei servizi, nonché armonizzare la portata e la natura delle eccezioni a tali principi conformemente all'articolo 9, paragrafi 3 e 4, diverse da quelle miranti a garantire la promozione della diversità culturale e linguistica e del pluralismo dei media.

 

Queste misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 22, paragrafo 3. Per ragioni imperative di urgenza, la Commissione può ricorrere alla procedura d'urgenza di cui all'articolo 22, paragrafo 4. Nell'attuazione delle disposizioni del presente paragrafo, la Commissione può essere assistita dall'Autorità conformemente all'articolo 10 del regolamento […/CE].

 

Motivazione

Il CdR ritiene di importanza capitale associare la Conferenza europea delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT), l'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) e il Comitato per le comunicazioni elettroniche (ECC) della CEPT a tutte le misure finalizzate ad armonizzare l'uso delle radiofrequenze, come nel caso in oggetto.

Emendamento 7

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 11, lettera b), articolo 10, riformulazione del paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri sostengono l'armonizzazione della numerazione all'interno della Comunità ove ciò promuova il funzionamento del mercato interno o sostenga lo sviluppo di servizi paneuropei. La Commissione può adottare misure tecniche di attuazione in materia, che possono comprendere la definizione di principi tariffari per numeri o serie di numeri specifici. Le misure di attuazione possono affidare all'Autorità responsabilità specifiche nell'applicazione delle misure stesse.

Gli Stati membri sostengono l'armonizzazione della numerazione all'interno della Comunità ove ciò promuova il funzionamento del mercato interno o sostenga lo sviluppo di servizi paneuropei. La Commissione può adottare misure tecniche di attuazione in materia, che possono comprendere la definizione di principi tariffari per numeri o serie di numeri specifici. Le misure di attuazione possono affidare all'Autorità responsabilità specifiche nell'applicazione delle misure stesse.

Le misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 22, paragrafo 3. Per ragioni imperative di urgenza, la Commissione può ricorrere alla procedura d'urgenza di cui all'articolo 22, paragrafo 4.

Le misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 22, paragrafo 3. Per ragioni imperative di urgenza, la Commissione può ricorrere alla procedura d'urgenza di cui all'articolo 22, paragrafo 4.

Motivazione

Gli Stati membri sono i più competenti e informati quando si tratta di adottare le necessarie misure tecniche.

Emendamento 8

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 13, riformulazione dell'articolo 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 12

Articolo 12

Coubicazione e condivisione di strutture per i fornitori di reti di comunicazioni elettroniche

Coubicazione e condivisione di strutture per i fornitori di reti di comunicazioni elettroniche

1.

Quando un'impresa che fornisce reti di comunicazione elettronica ha il diritto, in forza della legislazione nazionale, di installare strutture su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse oppure può avvalersi di una procedura per l'espropriazione o per l'uso di una proprietà, le autorità nazionali di regolamentazione hanno la facoltà di imporre la condivisione di tali strutture o proprietà, in particolare l'accesso a edifici, piloni, antenne, condotti, pozzetti e armadi di distribuzione.

1.

Quando un'impresa che fornisce reti di comunicazione elettronica ha il diritto, in forza della legislazione nazionale, di installare strutture su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse oppure può avvalersi di una procedura per l'espropriazione o per l'uso di una proprietà, le autorità nazionali di regolamentazione hanno la facoltà di imporre la condivisione di tali strutture o proprietà, in particolare l'accesso a edifici, piloni, antenne, condotti, pozzetti e armadi di distribuzione, nella misura in cui tali misure siano tecnicamente realizzabili.

2.

Gli Stati membri possono imporre ai titolari dei diritti di cui al paragrafo 1 di condividere le strutture o la proprietà (compresa la coubicazione fisica) o di adottare misure volte a facilitare il coordinamento di lavori pubblici per tutelare l'ambiente, la salute pubblica, la pubblica sicurezza o per realizzare obiettivi di pianificazione urbana o rurale, soltanto dopo un adeguato periodo di pubblica consultazione nel corso del quale a tutte le parti interessate è data la possibilità di esprimere il proprio parere. Tali disposizioni su condivisione o coordinamento possono comprendere regole sulla ripartizione dei costi della condivisione delle strutture o delle proprietà.

2.

Gli Stati membri possono imporre ai titolari dei diritti di cui al paragrafo 1 di condividere le strutture o la proprietà (compresa la coubicazione fisica) o di adottare misure volte a facilitare il coordinamento di lavori pubblici per tutelare l'ambiente, la salute pubblica, la pubblica sicurezza o per realizzare obiettivi di pianificazione urbana o rurale, soltanto dopo un adeguato periodo di pubblica consultazione nel corso del quale a tutte le parti interessate è data la possibilità di esprimere il proprio parere. Tali disposizioni su condivisione o coordinamento possono comprendere regole sulla ripartizione dei costi della condivisione delle strutture o delle proprietà.

3.

I provvedimenti adottati da un'autorità nazionale di regolamentazione conformemente al paragrafo 1 sono obiettivi, trasparenti e proporzionati.

3.

I provvedimenti adottati da un'autorità nazionale di regolamentazione conformemente al paragrafo 1 sono obiettivi, trasparenti e proporzionati, e devono consentire una ripartizione equa dei costi.

Motivazione

I costi relativi a tali provvedimenti vanno ripartiti in modo equo. Occorre inoltre assicurarsi che le relative misure siano tecnicamente possibili e apportino un reale vantaggio ai consumatori: per esempio, la condivisione di un cavo di teledistribuzione tra diversi utenti riduce considerevolmente la gamma dei servizi disponibili per i consumatori.

Emendamento 9

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 16, lettera c), articolo 15, riformulazione del paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

3.

Le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare i mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza. Prima di definire i mercati che differiscono da quelli individuati nella raccomandazione, le autorità nazionali di regolamentazione applicano la procedura di cui agli articoli 6 e 7.«

3.

Le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale o regionale, in particolare i mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza. Prima di definire i mercati che differiscono da quelli individuati nella raccomandazione, le autorità nazionali di regolamentazione applicano la procedura di cui agli articoli 6 e 7.»

Motivazione

Occorrerà anche tenere conto delle differenze regionali, e non solo nazionali.

Emendamento 10

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 17, lettera a), articolo 16, riformulazione del paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.

Le autorità nazionali di regolamentazione effettuano un'analisi dei mercati rilevanti elencati nella raccomandazione tenendo nel massimo conto gli orientamenti.Gli Stati membri provvedono affinché questa analisi sia effettuata, se del caso, in collaborazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza.

1.

Le autorità nazionali di regolamentazione effettuano un'analisi dei mercati rilevanti elencati nella raccomandazione tenendo nel massimo conto gli orientamenti.Gli Stati membri provvedono affinché questa analisi sia effettuata, se del caso, in collaborazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza. Le analisi devono inoltre tenere conto delle disparità culturali o linguistiche su scala regionale o locale.

Motivazione

Si devono poter prevedere studi a carattere locale e regionale.

Emendamento 11

Direttiva Legiferare meglio, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), punto 20, riformulazione dell'articolo 19

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 19

Sopprimere l'articolo 19 nella sua nuova formulazione.

Procedure di armonizzazione

 

1.

Fatto salvo l'articolo 9 della presente direttiva e gli articoli 6 e 8 della direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), ove rilevi che le divergenze nell'attuazione da parte delle autorità nazionali di regolamentazione dei compiti normativi specificati nella presente direttiva e nelle direttive particolari possono creare un ostacolo al mercato interno, la Commissione può, tenendo nella massima considerazione l'eventuale parere dell'Autorità, emettere una raccomandazione o adottare una decisione sull'applicazione armonizzata delle disposizioni di cui alla presente direttiva e delle direttive particolari per agevolare il conseguimento degli obiettivi fissati all'articolo 8.

 

(...)

 

Motivazione

Il testo andrebbe soppresso completamente o quanto meno riveduto a fondo, poiché il CdR considera l'autorità più volte menzionata nel paragrafo 1 contraria ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Emendamento 12

Direttiva Legiferare meglio, articolo 2 — Modifiche alla direttiva 2002/19/CE (direttiva accesso), punto 9, aggiunta dell'articolo 13 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 13 bis

Sopprimere l'articolo 13 bis.

Separazione funzionale

 

1.

Un'autorità nazionale di regolamentazione può, conformemente a quanto disposto dall'articolo 8, in particolare dal secondo comma dell'articolo 8, paragrafo 3, imporre alle imprese verticalmente integrate l'obbligo di collocare le attività relative alla fornitura all'ingrosso di prodotti di accesso in un'unità commerciale operante in modo indipendente.

 

(…)

 

Motivazione

Il CdR pensa che il sistema più efficace sia la concorrenza basata sull'infrastruttura e sul mercato. La separazione funzionale sarebbe una misura estrema da applicare solo qualora ogni altro provvedimento o accordo commerciale si rivelasse inefficace. Peraltro, l'attuale quadro normativo consente già alle autorità nazionali di regolamentazione di imporre una tale misura estrema.

Emendamento 13

Direttiva Legiferare meglio, articolo 3 — Modifiche alla direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), punto 3, riformulazione dell'articolo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 5

Articolo 5

Diritti d'uso delle radiofrequenze e dei numeri

Diritti d'uso delle radiofrequenze e dei numeri

1.

Gli Stati membri non subordinano l'uso delle radiofrequenze alla concessione di diritti individuali d'uso, ma inseriscono le condizioni per l'uso di tali radiofrequenze nell'autorizzazione generale, salvo i casi in cui la concessione di diritti individuali sia giustificata per:

1.

Gli Stati membri non subordinano l'uso delle radiofrequenze alla concessione di diritti individuali d'uso, ma inseriscono le condizioni per l'uso di tali radiofrequenze nell'autorizzazione generale, salvo i casi in cui la concessione di diritti individuali sia giustificata per:

a)

evitare un grave rischio di interferenze dannose; oppure

a)

evitare un grave rischio di interferenze dannose; oppure

b)

conseguire altri obiettivi di interesse generale.

b)

conseguire altri obiettivi di interesse generale.

2.

Qualora sia necessario concedere diritti individuali d'uso delle radiofrequenze e dei numeri, gli Stati membri attribuiscono tali diritti, a richiesta, ad ogni impresa che fornisca o utilizzi reti o servizi in forza di un'autorizzazione generale, nel rispetto degli articoli 6, 6 bis, 7 e 11, paragrafo 1, lettera c) della presente direttiva e di ogni altra disposizione che garantisca l'uso efficiente di tali risorse in conformità della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).

2.

Qualora sia necessario concedere diritti individuali d'uso delle radiofrequenze e dei numeri, gli Stati membri attribuiscono tali diritti, a richiesta, ad ogni impresa che fornisca o utilizzi reti o servizi in forza di un'autorizzazione generale, nel rispetto degli articoli 6, 6  bis , 7 e 11, paragrafo 1, lettera c) della presente direttiva e di ogni altra disposizione che garantisca l'uso efficiente di tali risorse in conformità della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).

Fatti salvi criteri specifici definiti preventivamente dagli Stati membri per concedere i diritti d'uso delle radiofrequenze ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo per il conseguimento di obiettivi d'interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, tali diritti d'uso sono concessi mediante procedure obiettive, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate e, nel caso delle radiofrequenze, conformemente a quanto disposto dall'articolo 9 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Le procedure sono inoltre aperte, salvo i casi in cui sia possibile dimostrare che la concessione di diritti individuali d'uso delle radiofrequenze ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo è essenziale per rispettare un obbligo particolare definito preventivamente dallo Stato membro come necessario per conseguire un interesse generale conformemente al diritto comunitario.

Fatti salvi criteri specifici definiti preventivamente dagli Stati membri per concedere i diritti d'uso delle radiofrequenze ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo per il conseguimento di obiettivi d'interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, tali diritti d'uso sono concessi mediante procedure obiettive, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate. e, nel caso delle radiofrequenze, conformemente a quanto disposto dall'articolo 9 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Le procedure sono inoltre aperte, salvo i casi in cui sia possibile dimostrare che la concessione di diritti individuali d'uso delle radiofrequenze ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo è essenziale per rispettare un obbligo particolare definito preventivamente dallo Stato membro come necessario per conseguire un interesse generale conformemente al diritto comunitario.

Al momento della concessione dei diritti d'uso, gli Stati membri specificano se tali diritti possono essere trasferiti dal titolare e a quali condizioni. Nel caso delle radiofrequenze, tali disposizioni sono conformi all'articolo 9 ter della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).

Al momento della concessione dei diritti d'uso, gli Stati membri specificano se tali diritti possono essere trasferiti dal titolare e a quali condizioni. Nel caso delle radiofrequenze, tali disposizioni sono conformi all'articolo 9  ter della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).

Qualora i diritti siano concessi dagli Stati membri per un periodo limitato, la durata della concessione è adeguata al tipo di servizio di cui trattasi, tenuto conto dell'obiettivo perseguito e definito preventivamente.

Qualora i diritti siano concessi dagli Stati membri per un periodo limitato, la durata della concessione è adeguata al tipo di servizio di cui trattasi, tenuto conto dell'obiettivo perseguito e definito preventivamente.

Ogni diritto individuale d'uso delle radiofrequenze concesso per un periodo di dieci anni o più che non può essere trasferito o ceduto da un'impresa a un'altra, come permesso dall'articolo 9 ter della direttiva quadro, è soggetto, ogni cinque anni e per la prima volta cinque anni dopo la sua concessione, a un riesame alla luce dei criteri di cui al paragrafo 1. Se i criteri per la concessione di diritti individuali d'uso non sono più applicabili, i diritti individuali d'uso sono trasformati in un'autorizzazione generale per l'uso delle radiofrequenze, soggetta a un preavviso di non più di cinque anni dalla conclusione del riesame oppure in un diritto liberamente trasferibile o cedibile.

Ogni diritto individuale d'uso delle radiofrequenze concesso per un periodo di dieci anni o più che non può essere trasferito o ceduto da un'impresa a un'altra, come permesso dall'articolo 9  ter della direttiva quadro, è soggetto, ogni cinque anni e per la prima volta cinque anni dopo la sua concessione, a un riesame alla luce dei criteri di cui al paragrafo 1. Se i criteri per la concessione di diritti individuali d'uso non sono più applicabili, i diritti individuali d'uso sono trasformati in un'autorizzazione generale per l'uso delle radiofrequenze, soggetta a un preavviso di non più di cinque anni dalla conclusione del riesame oppure in un diritto liberamente trasferibile o cedibile.

3.

Le decisioni in materia di diritti d'uso sono adottate, comunicate e rese pubbliche quanto prima possibile dopo il ricevimento della domanda completa da parte dell'autorità nazionale di regolamentazione ed entro tre settimane nel caso dei numeri assegnati per scopi specifici nell'ambito del piano di numerazione nazionale ed entro sei settimane nel caso delle radiofrequenze assegnate per le comunicazioni elettroniche nell'ambito del piano nazionale delle frequenze. Questo termine non pregiudica l'eventuale applicabilità di accordi internazionali in materia di uso delle radiofrequenze o delle posizioni orbitali.

3.

Le decisioni in materia di diritti d'uso sono adottate, comunicate e rese pubbliche quanto prima possibile dopo il ricevimento della domanda completa da parte dell'autorità nazionale di regolamentazione ed entro tre settimane nel caso dei numeri assegnati per scopi specifici nell'ambito del piano di numerazione nazionale ed entro sei settimane nel caso delle radiofrequenze assegnate per le comunicazioni elettroniche nell'ambito del piano nazionale delle frequenze. Questo termine non pregiudica l'eventuale applicabilità di accordi internazionali in materia di uso delle radiofrequenze o delle posizioni orbitali.

4.

Qualora sia stato deciso, previa consultazione delle parti interessate conformemente all'articolo 6 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), che i diritti d'uso dei numeri di valore economico eccezionale debbano essere concessi mediante procedure di selezione competitiva o comparativa, gli Stati membri possono prorogare di altre due settimane il periodo massimo di tre settimane.

4.

Qualora sia stato deciso, previa consultazione delle parti interessate conformemente all'articolo 6 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), che i diritti d'uso dei numeri di valore economico eccezionale debbano essere concessi mediante procedure di selezione competitiva o comparativa, gli Stati membri possono prorogare di altre due settimane il periodo massimo di tre settimane.

Per le procedure di selezione competitiva o comparativa per le radiofrequenze si applicano le disposizioni dell'articolo 7.

Per le procedure di selezione competitiva o comparativa per le radiofrequenze si applicano le disposizioni dell'articolo 7.

5.

Per le procedure di selezione competitiva o comparativa per le radiofrequenze si applicano le disposizioni dell'articolo 7. Gli Stati membri non limitano il numero dei diritti d'uso da concedere, salvo quando ciò sia necessario per garantire l'uso efficiente delle radiofrequenze in conformità dell'articolo 7.

5.

Per le procedure di selezione competitiva o comparativa per le radiofrequenze si applicano le disposizioni dell'articolo 7. Gli Stati membri non limitano il numero dei diritti d'uso da concedere, salvo quando ciò sia necessario per garantire l'uso efficiente delle radiofrequenze in conformità dell'articolo 7.

6.

Le autorità nazionali di regolamentazione assicurano che le radiofrequenze siano utilizzate in modo effettivo ed efficiente conformemente all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Esse assicurano inoltre che eventuali trasferimenti o accumuli dei diritti d'uso delle radiofrequenze non provochino distorsioni della concorrenza. A tal fine, gli Stati membri possono adottare misure appropriate, come ad esempio limitare, revocare o rendere obbligatoria la vendita di un diritto d'uso delle radiofrequenze.

6.

Le autorità nazionali di regolamentazione assicurano che le radiofrequenze siano utilizzate in modo effettivo ed efficiente conformemente all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Esse assicurano inoltre che eventuali trasferimenti o accumuli dei diritti d'uso delle radiofrequenze non provochino distorsioni della concorrenza. A tal fine, gli Stati membri possono adottare misure appropriate, come ad esempio limitare, revocare o rendere obbligatoria la vendita di un diritto d'uso delle radiofrequenze.

Motivazione

Il sistema attuale, che definisce norme con autorizzazioni generali e obblighi legati alle licenze individuali, sembra funzionare bene. Le nuove proposte, viceversa, appaiono relativamente complesse, se non confuse.

Emendamento 14

Direttiva Legiferare meglio, articolo 3 — Modifiche alla direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), punto 5, aggiunta dell'articolo 6 ter

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 6 ter

Articolo 6 ter

Procedura di selezione comune per la concessione di diritti

Procedura di selezione comune per la concessione di diritti

1.

Le misure tecniche di attuazione di cui all'articolo 6 bis, paragrafo 1, lettera f), possono stabilire che sia l'Autorità ad avanzare proposte per la selezione della o delle imprese cui concedere diritti individuali d'uso delle radiofrequenze o dei numeri, conformemente all'articolo 12 del regolamento […].

1.

Fatte salve le competenze degli Stati membri relative alla promozione della politica culturale e in materia di media, della diversità linguistica e culturale e del pluralismo dei media, le misure tecniche di attuazione di cui all'articolo 6 bis, paragrafo 1, lettera f), possono stabilire che sia l'Autorità il gruppo dei regolatori europei l'organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioniad avanzare proposte per la selezione della o delle imprese fornitrici di servizi paneuropei o di servizi di comunicazione elettronica, a cui concedere diritti individuali d'uso delle radiofrequenze o dei numeri, conformemente all'articolo 12 del regolamento […].

In tal caso, nel provvedimento si specifica il periodo entro il quale l'Autorità completa la selezione, la procedura, le norme e le condizioni che si applicano alla selezione e le informazioni circa i diritti e i canoni da imporre ai titolari di diritti d'uso delle radiofrequenze e/o dei numeri, per assicurare l'uso ottimale delle risorse dello spettro o della numerazione. La procedura di selezione è aperta, trasparente, non discriminatoria e obiettiva.

In tal caso, nel provvedimento si specifica il periodo entro il quale l'Autorità il gruppo dei regolatori europei l'organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazionicompleta la selezione, la procedura, le norme e le condizioni che si applicano alla selezione e le informazioni circa i diritti e i canoni da imporre ai titolari di diritti d'uso delle radiofrequenze e/o dei numeri, per assicurare l'uso ottimale delle risorse dello spettro o della numerazione. La procedura di selezione è aperta, trasparente, non discriminatoria e obiettiva.

2.

Tenendo nella massima considerazione il parere dell'Autorità, la Commissione adotta un provvedimento che seleziona l'impresa/le imprese cui sono concessi i diritti individuali d'uso per le radiofrequenze o i numeri. La misura specifica il termine entro il quale tali diritti d'uso sono concessi dalle autorità nazionali di regolamentazione. Così facendo, la Commissione agisce secondo la procedura di cui all'articolo 14 bis, paragrafo 2.«

2.

Tenendo nella massima considerazione il parere dell'Autorità, Tenendo nella massima considerazione il parere dell'organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni, la Commissione adotta un provvedimento che seleziona l'impresa/le imprese fornitrici di servizi paneuropei o di servizi di comunicazione elettronica, a cui sono concessi i diritti individuali d'uso per le radiofrequenze o i numeri. La misura specifica il termine entro il quale tali diritti d'uso sono concessi dalle autorità nazionali di regolamentazione. Così facendo, la Commissione agisce secondo la procedura di cui all'articolo 14 bis, paragrafo 2.»

Motivazione

È essenziale che gli Stati membri restino gli unici competenti in materia di politica culturale e di politica dei media, in particolare per quanto concerne la definizione delle radiofrequenze da attribuire alla radiodiffusione e delle licenze individuali da assegnare agli operatori di tali servizi.

Per quanto riguarda la soppressione del riferimento all'autorità proposta dalla Commissione nella proposta di regolamento COM(2007) 699 def. — 2007/0249 (COD), si veda la motivazione relativa all'emendamento 20.

Emendamento 15

Direttiva Legiferare meglio, articolo 3 — Modifiche alla direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni), punto 7, soppressione dell'articolo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

(7)

L'articolo 8 è soppresso.

(7)

L'articolo 8 è soppresso.

Motivazione

L'articolo 8 della direttiva, relativo agli accordi internazionali vigenti, dovrebbe rimanere del tutto invariato.

Emendamento 16

Direttiva Legiferare meglio, allegato II — Aggiunta dell'allegato II alla direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Condizioni che possono essere armonizzate conformemente all'articolo 6 bis, paragrafo 1, lettera d)

Sopprimere l'allegato II.

(1)

Condizioni collegate ai diritti d'uso delle radiofrequenze:

 

a)

durata dei diritti d'uso delle radiofrequenze;

 

b)

ambito territoriale dei diritti;

 

c)

possibilità di trasferire il diritto ad altri utilizzatori delle radiofrequenze, nonché le condizioni e le procedure relative a tale trasferimento;

 

d)

metodo di determinazione dei contributi per il diritto d'uso delle radiofrequenze;

 

e)

numero di diritti d'uso da concedere a ogni impresa;

 

f)

condizioni elencate nella Parte B dell'allegato I.

 

(…)

 

Motivazione

L'allegato II limita in modo molto considerevole i poteri degli Stati membri in materia di gestione delle radiofrequenze e ignora il quadro giuridico attualmente in vigore a livello internazionale (l'Unione internazionale delle telecomunicazioni — UIT).

Emendamento 17

Direttiva Cittadini, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale), punto 7, articolo 9, riformulazione dei paragrafi 2 e 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.

Gli Stati membri, tenendo conto delle circostanze nazionali, possono prescrivere che le imprese designate propongano ai consumatori opzioni o formule tariffarie diverse da quelle proposte in normali condizioni commerciali, in particolare per garantire che i consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari non siano esclusi dall'accesso alla rete e dal suo uso, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, oppure dai servizi di cui all'articolo 4, paragrafo 3, e agli articoli 5, 6 e 7, soggetti agli obblighi di servizio universale e forniti dalle imprese designate.

2.

Gli Stati membri, tenendo conto delle circostanze nazionali, regionali o locali, possono prescrivere che le imprese designate propongano ai consumatori opzioni o formule tariffarie diverse da quelle proposte in normali condizioni commerciali, in particolare per garantire che i consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari non siano esclusi dall'accesso alla rete e dal suo uso, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, oppure dai servizi di cui all'articolo 4, paragrafo 3, e agli articoli 5, 6 e 7, soggetti agli obblighi di servizio universale e forniti dalle imprese designate.

3.

Oltre a prescrivere alle imprese designate di fornire opzioni tariffarie speciali o rispettare limiti tariffari o perequazioni tariffarie geografiche o altri sistemi analoghi, gli Stati membri possono provvedere affinché sia fornito un sostegno ai consumatori di cui siano accertati un reddito modesto, la disabilità o particolari esigenze sociali.

3.

Oltre a prescrivere alle imprese designate di fornire opzioni tariffarie speciali o rispettare limiti tariffari o perequazioni tariffarie geografiche o altri sistemi analoghi, gli Stati membri possono provvedere affinché sia fornito un sostegno ai consumatori di cui siano accertati un reddito modesto, la disabilità o particolari esigenze sociali, o che vivano in aree geografiche di difficile accesso.

Motivazione

Il CdR desidera richiamare l'attenzione sulle esigenze dei consumatori nelle regioni a bassa densità demografica o nelle zone rurali.

Emendamento 18

Direttiva Cittadini, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale), punto 16, riformulazione dell'articolo 26

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Articolo 26

Articolo 26

Servizi di emergenza e numero di emergenza unico europeo

Servizi di emergenza e numero di emergenza unico europeo

1.

Gli Stati membri provvedono affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autorità nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali dei servizi di cui al paragrafo 2, in particolare gli utenti di telefoni pubblici a pagamento, possano chiamare gratuitamente e senza utilizzare alcun mezzo di pagamento i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo «112».

1.

Gli Stati membri provvedono affinché, oltre ad altri eventuali numeri di emergenza nazionali specificati dalle autorità nazionali di regolamentazione, tutti gli utenti finali dei servizi di cui al paragrafo 2, in particolare gli utenti di telefoni pubblici a pagamento, possano chiamare gratuitamente e senza utilizzare alcun mezzo di pagamento i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo «112».

2.

Gli Stati membri provvedono affinché sia garantito l'accesso ai servizi di emergenza da parte delle imprese che forniscono un servizio che permette di effettuare chiamate nazionali e/o internazionali tramite uno o più numeri che figurano in un piano di numerazione nazionale o internazionale.

2.

Gli Stati membri provvedono affinché sia garantito l'accesso ai servizi di emergenza da parte delle imprese nazionali o paneuropee che forniscono un servizio che permette di effettuare chiamate nazionali e/o internazionali tramite uno o più numeri che figurano in un piano di numerazione nazionale o internazionale.

(…)

(…)

Motivazione

Questo paragrafo impone notevoli limitazioni tecniche e, di conseguenza, investimenti considerevoli che gli operatori su scala locale o regionale non sarebbero in grado di sostenere.

Emendamento 19

Direttiva Cittadini, articolo 1 — Modifiche alla direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale), punto 19, articolo 31, riformulazione del paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.

Gli Stati membri possono imporre obblighi di trasmissione ragionevoli, per specifici canali radiofonici e televisivi e servizi di accessibilità, alle imprese soggette alla loro giurisdizione che forniscono reti di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico, se un numero significativo di utenti finali di tali reti le utilizza come mezzo principale di ricezione di tali servizi televisivi o radiofonici. Tali obblighi sono imposti solo se necessari a soddisfare precisi obiettivi di interesse generale, definiti in modo chiaro e particolareggiato da ciascuno Stato membro nel proprio ordinamento nazionale e se sono proporzionati e trasparenti.

1.

Gli Stati membri possono imporre obblighi di trasmissione ragionevoli, per specifici canali radiofonici e servizi di media audiovisivi, come pure per tutti i servizi complementari televisivi e servizi di accessibilità, alle imprese soggette alla loro giurisdizione che forniscono reti di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico, se un numero significativo di utenti finali di tali reti le utilizza come mezzo principale di ricezione di tali servizi televisivi o radiofonici. Tali obblighi sono imposti solo se necessari a soddisfare precisi obiettivi di interesse generale, definiti in modo chiaro e particolareggiato da ciascuno Stato membro nel proprio ordinamento nazionale e se sono proporzionati e trasparenti.

Gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di cui al primo comma al più tardi entro un anno dal <termine ultimo per l'attuazione dell'atto modificativo>, tranne nei casi in cui gli Stati membri abbiano effettuato tale riesame nel corso dei due anni precedenti.

Gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di cui al primo comma al più tardi entro un anno dal <termine ultimo per l'attuazione dell'atto modificativo>, tranne nei casi in cui gli Stati membri abbiano effettuato tale riesame nel corso dei due anni precedenti.

Gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di trasmissione almeno ogni tre anni.

Gli Stati membri sottopongono regolarmente a riesame gli obblighi di trasmissione almeno ogni tre anni.

Motivazione

Le norme relative agli obblighi di trasmissione devono essere estese ai servizi complementari legati alla radiodiffusione, per es. la guida elettronica dei programmi, i servizi del sistema radio data e le informazioni stradali.

Emendamento 20

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'Autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

COM(2007) 699 def. — 2007/0249 (COD)

Il CdR è favorevole a un organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni. Chiede alla Commissione europea di provvedere alla sua istituzione trasformando la proposta di creazione di un'autorità del mercato delle comunicazioni elettroniche. A tal fine la Commissione dovrebbe tenere conto di quanto segue:

 

il CdR auspica che l'organo apporti un valore aggiunto contribuendo all'efficacia del sistema normativo, perché, a differenza di quanto avviene oggi con il Gruppo dei regolatori europei, la Commissione avrebbe l'obbligo esplicito di consultarlo e di tenere conto delle sue posizioni.

 

Esso continuerebbe a essere composto dei rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione degli Stati membri, mentre le autorità dei paesi non UE avrebbero status di osservatore, come avviene oggi nel GRE.

 

L'organo sarebbe pienamente trasparente e responsabile nei confronti delle istituzioni comunitarie pertinenti. Il presidente del Consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo potrebbero essere destinatari di raccomandazioni del Parlamento e delle commissioni parlamentari competenti. Al fine di garantire la trasparenza, tutti i membri del Consiglio di amministrazione dovrebbero presentare ogni anno una dichiarazione di interesse.

Motivazione

Il testo della Commissione prevede di sostituire l'attuale gruppo dei regolatori europei (GRE) con una nuova autorità, che la Commissione europea definisce «Autorità», dotata di personalità giuridica. Tale organo avrebbe in particolare l'incarico di coadiuvare la Commissione e i regolatori nazionali nella realizzazione dei loro compiti attraverso pareri di esperti e la determinazione di linee direttrici, soprattutto nel quadro della definizione e dell'analisi dei mercati nazionali e dei rimedi preventivi da adottare. Esso avrebbe anche un ruolo importante di assistenza alla Commissione in merito all'elaborazione e all'attuazione della politica di gestione delle radiofrequenze in seno all'UE. Le decisioni nell'ambito di quest'autorità verrebbero adottate a maggioranza semplice. Questa riforma istituzionale procederebbe quindi di pari passo con un sostanziale trasferimento di competenze da ciascuno Stato membro verso la Commissione europea sul piano della regolamentazione dei mercati, il che condurrebbe a un palese squilibrio nella ripartizione dei poteri tra autorità di regolamentazione nazionali ed europee. Questo modello punta così a instaurare nei fatti un «regolatore europeo unico» nel settore delle telecomunicazioni, sul modello della Federal Communications Commission (FCC) statunitense.

L'istituzione di un organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni, in base all'articolo 95 del Trattato CE, inserirebbe l'attuale Gruppo dei regolatori europei (GRE) nel diritto comunitario costituendo formalmente un organo consultivo, con funzioni e responsabilità attribuitegli espressamente da un regolamento. Ciò conferirebbe all'organo un più alto grado di efficienza e legittimità rispetto all'attuale GRE e rafforzerebbe la sua posizione, proprio perché le sue funzioni e i suoi obblighi sarebbero definiti chiaramente da un regolamento, mentre esso potrebbe comunque conservare i vantaggi derivanti dal suo ruolo di efficace rete di cooperazione delle ANR. Già in passato organi consultivi sono stati creati o riconosciuti mediante regolamento. Per esempio, il regolamento (CE) n. 1/2003 ha istituito il comitato consultivo delle autorità nazionali della concorrenza, e più di recente il PE ha dato prima lettura a un regolamento che riconosce un organo di coordinamento per gli organi nazionali di accreditamento [COD 2007/0029]. L'organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni avrebbe un ruolo di consulente della Commissione, esperto e indipendente, e rimarrebbe autonomo rispetto ai vari governi nazionali. Per assicurarne l'effettiva indipendenza, il regolamento dovrebbe stabilire che le ANR siano adeguatamente finanziate dagli Stati membri senza essere sottoposte a vincoli di natura politica.

Occorre inoltre modificare la direttiva Legiferare meglio (COM(2007) 697 def. — 2007/0247 (COD)) e la direttiva Cittadini (COM(2007) 698 def. — 2007/0248 (COD)), trasformando tutti i riferimenti a questa autorità proposta dalla Commissione in riferimenti all'organo dei regolatori europei in materia di telecomunicazioni.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Raccomandazione C(2007) 5406 della Commissione, GU L 344 del 28.12.2007, pag. 65.


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/70


Parere del Comitato delle regioni Piano d'azione in materia di educazione degli adulti — È sempre il momento di imparare

(2008/C 257/11)

IL COMITATO DELLE REGIONI

ricorda che in molti Stati membri i livelli regionale e locale sono competenti in materia di educazione degli adulti e che le decisioni in materia di istruzione e formazione vengono adottate e attuate appunto a tali livelli. Pertanto, le azioni proposte nel piano d'azione dovranno essere realizzate, se del caso, anche a livello regionale e locale,

nota che l'educazione degli adulti, in particolare, contribuisce in modo fondamentale all'occupabilità, alla mobilità, all'inclusione sociale e allo sviluppo della personalità in quanto promuove l'apprendimento generalizzato di competenze chiave,

riconosce che facendo emergere, confermando e mettendo a frutto il potenziale dei singoli l'educazione degli adulti produce un notevole «valore aggiunto» in molti altri aspetti della vita sociale, professionale, civica, culturale ed economica di quanti partecipano alle attività di formazione. I programmi di formazione per gli adulti, basati su principi e processi di partenariato, sono uno dei principali sistemi per promuovere l'assunzione di responsabilità e la partecipazione attiva da parte sia di singoli individui che dell'intera comunità,

intende fornire il proprio appoggio e il proprio contributo attivo per cercare di garantire l'allocazione delle risorse finanziarie, umane, amministrative, ecc. necessarie per realizzare l'ideale di una partecipazione più ampia e intensa dei cittadini europei all'educazione degli adulti,

tiene a garantire che gli operatori e le parti direttamente interessate a livello regionale e locale vengano coinvolti come partner in tutte le fasi, e in particolare nella definizione delle politiche, nelle strutture di governance e nei sistemi di erogazione,

si rammarica che attualmente né il settore pubblico né il settore privato forniscano finanziamenti sufficienti in questo campo, nonostante gli inviti della Commissione europea ad assicurare livelli adeguati d'investimenti e un migliore monitoraggio del settore dell'educazione degli adulti.

Relatrice

:

Mary SHIELDS (IE/UEN-AE), membro del Consiglio comunale di Cork

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d'azione in materia di educazione degli adulti — È sempre il momento di imparare

COM(2007) 558 def.

RACCOMANDAZIONI PROGRAMMATICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

1.

Accoglie con favore l'ampia accezione di «educazione degli adulti» e il relativo modo di procedere presentati nella comunicazione della Commissione Piano d'azione in materia di educazione degli adultiÈ sempre il momento di imparare e approva che in tale documento sia stato posto un accento particolare e fondamentale sui «discenti adulti»;

2.

ricorda che l'istruzione e la formazione sono fattori essenziali per favorire la crescita e lo sviluppo a livello locale e regionale e per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona. L'educazione degli adulti, in particolare, contribuisce in modo fondamentale all'occupabilità, alla mobilità, all'inclusione sociale e allo sviluppo della personalità in quanto promuove l'apprendimento generalizzato di competenze chiave;

3.

sottolinea che l'educazione degli adulti è di grande importanza per il futuro dell'Europa. Il concetto di flessicurezza riconosce implicitamente il fatto che la tradizionale cultura del «posto di lavoro a vita» non esiste più. Inoltre, la tecnologia cambia sempre più rapidamente e impone una «rieducazione» continua a tutte le età per tenere il passo con i requisiti in materia di competenze, mentre continua ad aumentare l'aspettativa di vita. Nel contesto che si delinea per il futuro, l'educazione degli adulti è fondamentale sia per la crescita degli individui che per il successo economico e la coesione sociale d'Europa;

4.

richiama l'attenzione sui compiti principali dell'educazione degli adulti definiti dall'OCSE, ovvero: migliorare le competenze, promuovere l'autorealizzazione delle persone e il miglioramento delle relazioni sociali e ampliare le attività all'interno della società;

5.

approva i vantaggi fondamentali che l'educazione degli adulti porta ai cittadini europei: sviluppo della comunità, prosperità economica e competitività, promozione dell'inclusione sociale, opportunità di esprimere meglio il potenziale personale e promozione dell'integrazione civica e sociale quale parte integrante di un percorso personale improntato allo sviluppo; si compiace inoltre che siano stati individuati tre elementi chiave di importanza cruciale ai fini di un settore dell'educazione degli adulti efficace ed efficiente: la strategia, la governance e i sistemi di erogazione;

6.

è d'accordo che l'istruzione degli adulti si inserisca nell'ambito dell'istruzione permanente, in modo che le politiche programmate in tale contesto siano coerenti con le strategie di apprendimento permanente;

7.

approva la definizione dei 5 ambiti chiave nei quali far rientrare le azioni da realizzare nel quadro del piano d'azione proposto, nonché il calendario per la loro attuazione;

8.

reputa che il piano d'azione proposto consenta di migliorare e conciliare fra loro l'educazione degli adulti rivolta a determinati gruppi di destinatari, le implicazioni finanziarie e di bilancio, la ricerca e lo sviluppo professionale, e di gestire molteplici tradizioni educative europee;

9.

concorda sul fatto che l'integrazione globale di questi aspetti (cfr. punto 4) e il piano d'azione corrispondente collochino decisamente l'educazione degli adulti in Europa in una fase proattiva di sviluppo sostenuto, imperniata sulla riflessione, sui discenti e su un'impostazione strategica;

10.

ricorda che in molti Stati membri i livelli regionale e locale sono competenti in materia di educazione degli adulti e che le decisioni in materia di istruzione e formazione vengono adottate e attuate appunto a tali livelli. Pertanto, le azioni proposte nel piano d'azione dovranno essere realizzate, se del caso, anche a livello regionale e locale;

11.

si compiace che nel testo in esame venga utilizzato costantemente il concetto di «educazione degli adulti». Si tratta di un concetto ampio e inclusivo che esprime già di per sé il valore dell'impegno personale nell'apprendere, sta ad indicare le moltissime attività di formazione formale e informale a cui i cittadini partecipano nell'arco della vita, sottolinea i vantaggi, sul piano della crescita personale, derivanti dall'affrontare in modo positivo il contesto e le realtà che evolvono in Europa e «gestisce» in modo efficace le diverse condizioni personali;

12.

reputa che la messa a punto di formazioni per adulti più varie sarà più efficace e darà risultati migliori se i discenti verranno considerati come acquirenti/vettori/creatori di «conoscenze»; riconosce inoltre che il piano d'azione proposto cerca di rendere operativo questo concetto in un modo coerente;

13.

reputa che il concetto «educazione degli adulti» esprima diversi elementi interconnessi: conoscenze, competenze e attitudini; percezioni; visioni, ecc. Gli adulti hanno esperienze di vita varie e molteplici e la loro formazione si arricchisce se essi vengono coinvolti, dimostrano autoresponsabilità nell'imparare e si sentono accettati, associati e sostenuti in contesti didattici caratterizzati dal «rispetto reciproco». Le relazioni sociali tra tutti i partecipanti (discenti, insegnanti, operatori, amministrazioni, ecc.) influiscono notevolmente sulla capacità personale d'impegnarsi in modo efficace nell'educazione degli adulti;

14.

riconosce che facendo emergere, confermando e mettendo a frutto il potenziale dei singoli l'educazione degli adulti produce un notevole «valore aggiunto» in molti altri aspetti della vita sociale, professionale, civica, culturale ed economica di quanti partecipano alle attività di formazione e rafforza gli aspetti transgenerazionali e/o intergenerazionali. I programmi di formazione per gli adulti, basati su principi e processi di partenariato, sono uno dei principali sistemi per promuovere l'assunzione di responsabilità e la partecipazione attiva da parte sia di singoli individui che dell'intera comunità;

15.

ricorda l'importanza che annette all'acquisizione di competenze chiave da parte di tutti i cittadini europei soprattutto per condurre una vita autonoma ed essere consapevoli del proprio valore, e fa presente che un eccellente quadro di riferimento per il loro sviluppo, in particolare a livello regionale e locale, viene quindi offerto dalle competenze chiave definite dall'UE. Gli adulti devono essere in grado di aggiornare le proprie competenze chiave lungo tutto l'arco della vita: al riguardo va prestata un'attenzione particolare ai gruppi di destinatari definiti come prioritari in un contesto nazionale, regionale o locale. Le iniziative locali e regionali intese ad informare, coinvolgere e motivare tali gruppi forniranno un importante contributo anche per garantire un'offerta formativa adeguata alle loro esigenze;

16.

si compiace che le attività di formazione per adulti (di tipo formale o informale) presentate nella proposta di piano d'azione siano ampie e approfondite; approva l'ampiezza della dimensione dell'apprendimento e gli approcci formativi alla sua valutazione, che riflettono il concetto e il meccanismo delle «intelligenze multiple»;

17.

intende fornire il proprio appoggio e il proprio contributo attivo per cercare di garantire l'allocazione delle risorse finanziarie, umane, amministrative, ecc. necessarie per realizzare l'ideale di una partecipazione più ampia e intensa dei cittadini europei all'educazione degli adulti.

Partenariati per l'apprendimento

18.

Richiama l'attenzione sul fatto che le iniziative per l'istruzione destinate agli adulti, ove siano adeguatamente organizzate, costituiscono un fattore di promozione attiva dell'integrazione. Da un lato, esse favoriscono l'integrazione degli immigrati nel loro nuovo paese e, dall'altro, offrono alla popolazione autoctona l'opportunità di conoscere nuove culture e di apprendere nuove lingue;

19.

si compiace che nell'intero testo della comunicazione si faccia riferimento all'importanza del «partenariato» quale principio animatore e componente propulsiva dell'impegno sociale e personale nell'educazione degli adulti. I partenariati per l'apprendimento sono processi simbiotici e si riflettono già in un'ampia gamma di risposte didattiche sul tema dell'apprendimento degli adulti in tutta Europa;

20.

sottolinea che un approccio basato sul partenariato per l'apprendimento:

ha un forte valore di motivazione per i discenti (singoli o gruppi),

fornisce una base solida per la parità di valutazione di tutte le parti direttamente interessate,

promuove una comunicazione interattiva e il rispetto reciproco,

contribuisce a rendere più professionale il processo di apprendimento degli adulti ed

è un fattore fondamentale per promuovere una partecipazione più numerosa ed intensa da parte di tutta una serie di persone e gruppi «esclusi»;

21.

appoggia i contributi molto preziosi del partenariato per l'apprendimento alla futura educazione degli adulti in Europa e propone alla Commissione che la «pianificazione delle azioni» sia basata sugli elementi che seguono: individuazione di principi e obiettivi appropriati, descrizione di aspetti relativi alle buone pratiche già esistenti in Europa in materia di educazione degli adulti, integrazione di tali risultati nei sussidi didattici, nonché creazione e sviluppo congiunti di procedure appropriate per la valutazione quantitativa e qualitativa;

22.

reputa che questo «processo a cascata» di responsabilizzazione potrebbe diventare un aspetto duraturo dell'apprendimento degli adulti in Europa. Ciò è in linea con gli obiettivi fondamentali dell'UE e avvalora il ruolo e i contributi delle parti direttamente interessate a livello regionale e locale in un processo integrato.

Partecipazione/non partecipazione all'apprendimento degli adulti

23.

Si compiace dell'importanza che la comunicazione annette a un'ampia e intensa partecipazione a una vasta gamma di «attività» di formazione continua da parte di tutti i cittadini europei, e in particolare da parte di persone e gruppi mirati, caratterizzati da una partecipazione nulla o ridotta oppure esclusi, quali le persone con un basso livello di istruzione, gli anziani, i gruppi socialmente esclusi, i disabili, coloro che hanno abbandonato precocemente la scuola, i lavoratori scarsamente qualificati, i lavoratori anziani, i lavoratori migranti, ecc.;

24.

riconosce a tale proposito che l'esclusione dal processo di apprendimento o il fatto di non parteciparvi rappresenta un primo passo importante verso la successiva emarginazione, spesso seguita da un'«esclusione strutturata» dall'occupazione e dalla vita sociale, culturale e civile;

25.

appoggia la tesi secondo cui occorre un approccio integrato per correggere la sottorappresentazione sistematica, nel settore dell'educazione degli adulti, di tutta una serie di persone e di gruppi, e per creare una cultura dell'apprendimento continuo per tutti i cittadini;

26.

reputa inoltre che questa non sia una sfida facile, rapida o poco costosa, e vada piuttosto considerata come una forma d'investimento e d'impegno personale e socio-formativo che va radicato a livello personale, professionale, locale, regionale e nazionale;

27.

tiene a garantire che gli operatori e le parti direttamente interessate a livello regionale e locale vengano coinvolti come partner in tutte le fasi, e in particolare nella definizione delle politiche, nelle strutture di governance e nei sistemi di erogazione, in quanto l'organizzazione dei sistemi di educazione degli adulti, in molti Stati membri, è di competenza dei livelli regionale e locale, e l'impegno di questi ultimi per lo sviluppo delle competenze sul posto di lavoro, l'integrazione nella comunità, l'educazione civica, l'integrazione culturale e l'adattamento alle circostanze sociali e personali in evoluzione è ampiamente dimostrato;

28.

invita le parti sociali a provvedere affinché i contratti di lavoro collettivi tengano conto delle esigenze d'istruzione degli adulti;

29.

osserva che nel predisporre le iniziative per l'istruzione degli adulti occorre tener conto anche della parità tra i sessi. Vi sono zone in cui occorre prestare particolare attenzione alle donne, ma in numerosi paesi è proprio la partecipazione maschile alle iniziative per l'apprendimento degli adulti ad essere inferiore, specie nel caso di programmi di sviluppo comunitari.

Un ambito efficiente per l'educazione degli adulti — Strategia

30.

Conviene con la Commissione sulla necessità cruciale che gli enti regionali e locali attuino interventi a favore dell'insegnamento agli adulti che siano mirati e in «simbiosi» con altri soggetti interessati, in modo da offrire opportunità di apprendimento con e per soggetti e gruppi «a rischio»;

31.

ritiene che l'educazione degli adulti costituisca uno strumento importante per collegare tra di loro diverse politiche a livello locale e regionale, come gli aspetti sociali e quelli relativi all'istruzione, al mercato del lavoro, alla crescita e all'integrazione;

32.

conviene sul fatto che un'offerta formativa sul posto di lavoro costituisce un contesto ideale e «pronto per l'uso» per questo tipo d'interventi, che ha il potenziale di migliorare l'apprendimento nelle organizzazioni, favorire lo sviluppo delle abilità, promuovere la crescita di «organizzazioni dell'apprendimento» e un clima propizio all'apprendimento permanente, nonché contribuire alla definizione e alla realizzazione di strategie efficaci di gestione dei cambiamenti in tutta una serie di ambiti;

33.

ritiene inoltre che il posto di lavoro offra un contesto stimolante, con i potenziali partecipanti all'apprendimento per gli adulti già in loco, e reputa che le azioni necessarie per incoraggiare la partecipazione all'apprendimento sul posto di lavoro saranno influenzate da tutta una serie di variabili (1).

Un ambito efficiente per l'educazione degli adulti — Ricerca

34.

Condivide l'affermazione, derivante dalla consultazione in merito al piano d'azione, secondo cui «… rispetto a quanto non avvenga per altre tipologie di apprendimento, il contributo del settore dell'educazione degli adulti e i suoi benefici non sono sufficientemente studiati, dibattuti o approfonditi in pubblicazioni», e ritiene che un processo di ricerca integrato e mirato potrebbe indirizzare la realizzazione dei cinque messaggi chiave della comunicazione sull'educazione degli adulti;

35.

vede con favore i vantaggi che una ricerca mirata e di qualità offrirà alla realizzazione degli obiettivi del piano d'azione, in quanto ritiene che, per tutti i soggetti interessati, un «ritorno dell'informazione» (feedback) sull'insegnamento, sull'acquisizione di nuove conoscenze e sul materiale utilizzato rafforzerebbe le basi per assicurare l'efficacia e l'efficienza dell'apprendimento da parte degli adulti;

36.

ritiene inoltre che in Europa una ricerca migliore sui partecipanti ridurrebbe la dipendenza da informazioni e analisi comparative di altri sistemi, soprattutto statunitensi, indirizzando verso risposte adeguate al problema della partecipazione nell'Unione europea;

37.

propone che per ottenere «informazioni di ritorno» idonee a orientare opportunamente diversi elementi del piano d'azione si proceda allo studio dei seguenti aspetti: identificazione e ruolo di possibili fattori che influiscono sulla partecipazione o non partecipazione all'apprendimento degli adulti in Europa, fra cui quelli che interessano il contesto generale o sociale, inclusi i fattori connessi a comportamenti o situazioni, attitudini e predisposizioni personali, motivazioni prevalenti nei discenti europei, stili di apprendimento e atteggiamenti nei confronti dell'apprendimento in età adulta, ritorno (sotto il profilo finanziario/professionale, a livello personale, collettivo, regionale, ecc.) sull'impegno profuso nell'apprendimento degli adulti, percezioni, atteggiamenti e conoscenze acquisite dai gruppi di destinatari a bassa partecipazione in Europa, profilo dei docenti che partecipano ai processi di istruzione ufficiale degli adulti e loro formazione iniziale e continua.

Un ambito efficiente per l'educazione degli adulti — Gestione

38.

Rileva che il processo di consultazione cui si riferisce la comunicazione in esame ha permesso di concludere che l'importanza della buona governance (ossia di una gestione efficace) dell'apprendimento in età adulta dipende fra l'altro dai seguenti fattori: orientamento ai discenti adulti, approcci innovativi all'apprendimento, analisi delle reali esigenze di apprendimento, programmazione a livello regionale e locale e necessità di un approccio programmato e sistematico a tutti i livelli e in tutti gli aspetti dell'apprendimento degli adulti, formale e informale;

39.

si compiace dell'importanza centrale assegnata ai discenti adulti nel capitolo relativo alla governance e del valore attribuito ai contributi regionali e locali in un contesto di partenariato per l'educazione degli adulti.

Un ambito efficiente per l'educazione degli adulti — Erogazione di servizi

40.

Conviene sul fatto che in un'Europa allargata a 27 Stati membri la sfida che si presenta nell'ambito dell'educazione degli adulti sta nell'«erogare un servizio» che possa, al tempo stesso, (1) tener conto di tutte le motivazioni dei discenti adulti, degli interessi e delle esigenze, delle necessità mutate e in evoluzione del mercato del lavoro, dei bisogni della società, e (2) cercare di correggere e superare — con provvedimenti opportunamente congegnati fra di loro — barriere di vario tipo alla partecipazione;

41.

osserva che creando reti funzionali con gli istituti per l'istruzione avanzata non solo accresce l'efficacia dell'offerta d'istruzione in termini di costi, ma consente anche ai giovani di familiarizzarsi con l'istruzione destinata agli adulti. In questo modo essi entrano presto in contatto con gli istituti d'istruzione per adulti e in seguito sono in grado di avvalersene per le proprie esigenze;

42.

ritiene che unendo le risorse destinate all'istruzione dei giovani e a quella degli adulti si potrebbe far fronte in maniera ampia e flessibile all'evoluzione della richiesta di mano d'opera da parte delle imprese, alle specifiche esigenze didattiche degli adulti e alla domanda di insegnanti qualificati; inoltre si renderebbe più efficace rispetto ai costi il sistema di istruzione;

43.

accoglie con favore una serie di misure delineate nel processo di consultazione per promuovere la partecipazione all'educazione degli adulti in quanto riflettono buone pratiche a livello internazionale e suggerisce:

un'iniziativa per fornire agli adulti abilità di base utilizzando al meglio il contesto della comunità e del posto di lavoro,

sostegno a una rete europea per gli operatori e animatori/consulenti del settore dell'educazione degli adulti a livello locale e regionale,

estendere l'accesso a borse di studio per l'istruzione di livello universitario e post-universitario agevolando il conseguimento di qualifiche superiori a quelle detenute attraverso misure innovative intese a facilitare la partecipazione permanente dei discenti a tempo pieno o a tempo parziale;

44.

si rammarica che attualmente né il settore pubblico né il settore privato forniscano finanziamenti sufficienti in questo campo, nonostante gli inviti della Commissione europea ad assicurare livelli adeguati d'investimenti e un migliore monitoraggio del settore dell'educazione degli adulti;

45.

invita a prevedere maggiori stanziamenti per i programmi attuali e futuri onde conservarne l'impatto potenziale nel settore dell'educazione degli adulti.

PIANO D'AZIONE

Analisi degli effetti sull'educazione degli adulti prodotti dalle riforme realizzate negli Stati membri in tutti i settori dell'istruzione e della formazione

46.

Prende atto che l'educazione degli adulti ha una stretta relazione con altri settori (ben sviluppati) del processo educativo e con il fatto che, nella vita dei cittadini adulti, seguire un'attività di formazione formale o informale non equivale mai a partire da una tabula rasa ma fa parte di un processo di crescita personale che ha un valore aggiunto per la società;

47.

si compiace della messa a punto di quadri nazionali delle qualifiche e dell'integrazione orizzontale del tema dell'educazione degli adulti; reputa che un'analisi mirata di tali tendenze nel piano d'azione darà maggiore coerenza e maggior valore all'educazione degli adulti in Europa.

Migliore qualità delle prestazioni nel settore dell'educazione degli adulti

48.

Condivide l'importanza di migliorare la professionalità del «personale coinvolto nell'educazione degli adulti», prevedendo anche una formazione continua specifica in materia di educazione degli adulti. Questo personale costituisce infatti un contatto diretto e rappresenta un punto di riferimento formativo per molti discenti adulti; la qualità dei servizi e dei metodi didattici è quindi fondamentale per trasformare realmente la retorica della politica europea, che proclama una partecipazione maggiore e più intensa all'educazione degli adulti, in una realtà di crescita in questo settore;

49.

ritiene che occorra garantire la competenza del personale didattico in merito al settore produttivo attraverso l'interazione e la cooperazione flessibile con il mondo del lavoro;

50.

attende con interesse che le buone pratiche europee vengano illustrate nello studio Adult learning professions in Europe [professioni nel settore dell'istruzione per adulti in Europa], d'imminente pubblicazione, che servirà da base coerente per lo sviluppo «professionale»; approva il carattere inclusivo dell'elenco delle parti direttamente interessate e dei soggetti che contribuiscono all'educazione degli adulti.

Maggiori possibilità offerte agli adulti di salire «di un gradino» e di acquisire almeno la qualifica di livello immediatamente superiore

51.

Reputa che questa misura, che comporta l'avanzamento «di un gradino», potrebbe avere un effetto molto positivo sulla motivazione degli adulti e sulla partecipazione costante dei discenti a un processo che dura tutta la vita. Questo punto del piano d'azione affronta, tra l'altro, la questione dell'evolvere delle strutture demografiche in Europa e sottolinea l'importanza di ascoltare attivamente i discenti stessi, di disporre di informazioni di qualità circa l'educazione degli adulti, di servizi di orientamento e di risorse adeguate. Un fattore importante per molti discenti adulti è la sensazione personale di autoaffermazione e il benessere positivo collegato al «successo» nella formazione (formale/informale);

52.

reputa che il piano d'azione possa, da un lato, fornire un contributo positivo all'elaborazione di progetti di buone pratiche per raggiungere i gruppi di destinatari e, dall'altro, valorizzare maggiormente i risultati di programmi come Grundtvig; propone inoltre di utilizzare meglio i mezzi di comunicazione per promuovere la disponibilità e l'adeguatezza dei programmi di educazione degli adulti, specialmente tra i gruppi difficili da raggiungere.

Accelerazione della valutazione e del riconoscimento dei risultati dell'apprendimento non formale e informale in relazione ai gruppi svantaggiati

53.

Sottolinea che, di per sé, un ampliamento dell'educazione degli adulti improntata a criteri di apertura e sviluppo riconosce l'ampio e diversificato ventaglio di capacità, «intelligenze», abilità, competenze socio-personali, esperienze, ecc. di tutti i cittadini europei. È questo, infatti, il ricco contributo che i discenti adulti portano sui banchi degli istituti di formazione. È importante organizzare le opportunità di apprendimento lungo tutto l'arco della vita in modo da assicurare che per quanto possibile gli allievi possano acquisire nuove conoscenze, abilità e atteggiamenti che possano integrare nell'ambiente circostante e secondo modalità rispondenti alle esigenze individuali;

54.

esprime parere favorevole sulle proposte del piano d'azione quali l'individuazione delle buone pratiche in materia di riconoscimento e convalida dell'apprendimento non formale e informale, il risalto dato all'apprendimento tra pari e alla coproduzione di materiale didattico generico; tale riconoscimento e legittimazione costituirà infatti una motivazione positiva per il settore, e in particolare per gli stessi discenti adulti. La convalida va pertanto realizzata a livello locale e regionale con il coinvolgimento dei diversi settori del mondo del lavoro per quanto riguarda sia i bisogni in materia di competenze sia la stessa convalida;

55.

ammette che il riconoscimento inclusivo delle formazioni precedenti dovrebbe essere particolarmente utile per estendere e intensificare la partecipazione dei cittadini europei anziani. Gli studi condotti indicano che gli anziani non sono una coorte visibile nei sistemi di istruzione europei e le tendenze demografiche evidenziano chiaramente l'urgenza di prendere in considerazione questo gruppo di persone in modo ben mirato;

56.

reputa che lo scarso impegno o la mancanza d'impegno da parte di questo gruppo abbia importanti implicazioni per il gruppo stesso, come pure conseguenze di tipo sanitario, civico-sociale, economico, culturale, intergenerazionale e inerenti alla coesione europea. Sulla base dei buoni principi e delle migliori pratiche di gerontologia formativa si deve cercare di creare con questo gruppo di persone dei partenariati efficaci per l'educazione degli adulti, di riconoscerne e convalidarne le esigenze di formazione, le aspirazioni, i risultati ottenuti, le esperienze, le motivazioni, gli stili di vita, le aspettative, ecc., sfidando i miti e gli stereotipi relativi alla formazione per la terza età;

57.

esorta a fornire di concerto opportunità di apprendimento di qualità adeguatamente finanziate per tenere opportunamente conto dei diversi atteggiamenti che questo gruppo di discenti sempre più importante in Europa ha nei confronti dell'apprendimento sul piano cognitivo, fisico, della motivazione, della propria disposizione, ecc.;

58.

è a favore di aumentare il numero di persone in grado di beneficiare dell'uso e dell'impatto delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) nel campo dell'educazione degli adulti;

59.

richiama l'attenzione sui numerosi elementi che dimostrano come la rapida espansione dell'apprendimento basato sull'informatica (e-learning) in Europa rischi di creare nuove forme d'ineguaglianza sociale, ossia di esclusione digitale. Dalle ricerche effettuate è emerso che, in Europa, il numero pur crescente di persone che ha accesso ad Internet e lo utilizza ampiamente (per scopi didattici) resta ancora relativamente basso tra i diversi gruppi a rischio;

60.

fa notare che le disparità nell'accesso alle TIC aggravano, più che migliorare, le attuali barriere alla partecipazione all'educazione degli adulti. Il termine «divario digitale» indica delle forti disparità e uno squilibrio sostanziale di tipo generazionale, geografico, socioeconomico e di genere per quanto riguarda l'accesso alle TIC e il loro impiego. Un «mix di metodi», la qualità delle esperienze di e-learning, le barriere alla partecipazione all'e-learning, ecc. sono tutti aspetti importanti di un'educazione degli adulti efficace ed efficiente in Europa. Ciò che conta è avvalersi delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie e utilizzare le opportunità di apprendimento a livello regionale e locale per assicurare che possa beneficiarne un maggior numero di persone.

Migliore monitoraggio del settore dell'educazione degli adulti

61.

Ammette che il fatto di non riuscire a dimostrare i vantaggi dell'educazione degli adulti è un importante punto debole in questo settore e ha forti implicazioni sul piano personale, sociale, economico, politico, strutturale e del finanziamento;

62.

reputa che ciò che potrebbe migliorare la considerazione e il valore attribuiti all'educazione degli adulti in sé e per sé a livello di «mentalità» e attività a livello personale, locale, regionale e nazionale non è un processo che, come una «scatola nera», registra i dati e i risultati quantitativi a livello di input e output, ma piuttosto un impegno qualitativo e «di comunicazione» basato su un approccio scientifico. A questo proposito sarà utile ricercare visioni comuni, «principi di base», ecc., e non ci si può che compiacere delle azioni presentate al riguardo nella comunicazione in esame.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


(1)  Queste variabili comprendono: (i) esperienza e impressioni che i gruppi di destinatari hanno tratto dall'istruzione/formazione anteriore; (ii) finalità per le quali i partecipanti sono motivati e stili di apprendimento; (iii) portata e natura della collaborazione nelle sedi dell'apprendimento; (iv) portata e qualità dei sistemi di sostegno agli adulti, dell'orientamento e dell'apprendimento dai pari; (v) convalida e riconoscimento dell'apprendimento formale e non formale degli adulti sul posto di lavoro; (vi) rapporto intercorrente fra l'apprendimento degli adulti e le esigenze sociali e personali dei partecipanti; e (vii) utilizzo di approcci di apprendimento innovativi e di ampio spettro, e in particolare aspetti come il tutoraggio e il sostegno da parte dei pari, un ambiente psicosociale positivo per l'apprendimento, ecc.


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/76


Parere del Comitato delle regioni Cluster e politica dei cluster

(2008/C 257/12)

IL COMITATO DELLE REGIONI

chiede alla Commissione europea di mettere a punto un programma quadro per agevolare la cooperazione e l'interconnessione tra tutte le amministrazioni coinvolte, e di stabilire le linee guida per la creazione di cluster e per la loro interconnessione e transnazionalità. La cooperazione tra cluster è considerata un mezzo promettente al fine di rafforzare la capacità di innovazione in Europa e di richiamare l'attenzione degli investitori e degli innovatori di tutto il mondo. Per questo motivo la cooperazione transnazionale tra organizzazioni di cluster non deve rimanere circoscritta al solo ambito europeo, ma deve espandersi a livello mondiale, cosicché l'obiettivo finale sia la formazione di cosiddetti world level clusters,

ritiene che sia necessario un quadro strategico globale che integri i punti di vista dei diversi attori coinvolti: amministrazioni pubbliche, università, centri di ricerca e imprese, e che consenta di affrontare in modo coordinato i tre processi precedentemente descritti:

rendere possibile la creazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo di cluster e la promozione di questi ultimi,

favorire la realizzazione delle iniziative proposte dai cluster,

pervenire all'interconnessione tra i cluster, sia a livello nazionale che transnazionale, al fine di consentire lo scambio di esperienze e la cooperazione,

in tale ottica, come primo passo per lo sviluppo del quadro strategico, propone la creazione di un gruppo di esperti ad alto livello che studi la questione e indichi una linea di integrazione e di armonizzazione dei criteri al Consiglio e alla Commissione.

Relatore

:

Antonio GONZÁLEZ TEROL (ES/PPE) direttore generale delle Questioni europee, Comunità autonoma di Madrid

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI,

considerando che il Consiglio Competitività tenutosi il 4 dicembre 2006 ha individuato nei cluster una delle nove azioni prioritarie per rafforzare l'innovazione europea;

considerando che è stato consultato dalla presidenza slovena al fine di elaborare un parere prima della conclusione del semestre, cosicché del parere si possa tener conto nell'ambito dell'elaborazione della comunicazione che la Commissione europea sta preparando sulla politica dei cluster (luglio 2008);

considerando le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 13 e 14 marzo 2008, secondo le quali si dovrebbe, da un lato, coordinare meglio gli sforzi volti a migliorare le condizioni quadro dell'innovazione, anche attraverso il rafforzamento dei collegamenti tra scienza e industria e poli (cluster) di innovazione di livello mondiale e lo sviluppo di poli e reti regionali e, dall'altro, agevolare una maggiore partecipazione delle PMI innovative ai poli e negli appalti pubblici.

Considerazioni generali

1.

Invita la Francia, che assumerà la prossima presidenza, a continuare a promuovere relazioni e studi sui cluster, nonché dibattiti politici, e a esplorare nuove azioni da sviluppare nel quadro della strategia per la politica dei cluster che la Commissione sta mettendo a punto;

2.

intende per cluster una concentrazione geografica di aziende specializzate in un determinato settore, interconnesse con fornitori specifici e con altre imprese di industrie correlate tra loro, che hanno rapporti non solo di concorrenza ma anche di cooperazione. Questo settore è contraddistinto da un gran numero di comparti e da una fertilizzazione reciproca di discipline e attività. Di fatto i cluster raggiungono il massimo sviluppo quando sono in grado di sfruttare il potenziale dell'interdipendenza per puntare su attività economiche complementari, generando sinergie che si traducono in una crescita comune del settore, di cui beneficiano tutti i partecipanti al cluster. Si parla così di coopetition (cooperation and competition) intesa come strategia d'impresa che sta a cavallo tra la cooperazione e la concorrenza, tipica dei cluster e generatrice dei massimi livelli di competitività. Per quanto riguarda i membri del cluster, tra loro deve esistere una fiducia reciproca ed essi devono condividere gli stessi obiettivi e le stesse priorità, in modo tale da poter conseguire un totale coordinamento in un contesto plurale strutturato su diversi livelli;

3.

riconosce che l'Unione è debole sul fronte della trasformazione delle idee in nuovi prodotti e servizi, e che è necessario adottare nuove politiche pubbliche che agevolino l'interconnessione tra i diversi attori sociali coinvolti nella creazione, trasmissione e applicazione della conoscenza. In definitiva, è necessario sviluppare nuovi percorsi di relazione tra amministrazioni pubbliche, università, centri di ricerca e imprese;

4.

ritiene che l'investimento esclusivo in R&S sia necessario, ma non sia stato finora sufficiente. Per potenziare l'innovazione in Europa, occorre unire le forze e indirizzare in modo specifico gli investimenti nella ricerca verso settori strategici;

5.

mette in rilievo come la semplice concentrazione territoriale di imprese non garantisca lo sviluppo di cluster né, in definitiva, di economie di rete, sinergie e miglioramenti della competitività. Occorre raggiungere una massa critica, una quantità sufficiente di produzione al di sotto della quale non si può parlare di cluster. È necessario, inoltre, prestare attenzione agli aspetti qualitativi e alle condizioni esterne, in particolare la fiducia reciproca e solidi rapporti tra le imprese che intendano condurre un'azione comune e sostenibile;

6.

ritiene che, per la misurazione di questi ultimi due aspetti, i dati statistici non siano sufficienti. Suggerisce quindi che l'Osservatorio europeo sui cluster elabori uno studio per stabilire quando si verifichino le condizioni necessarie per la presa in considerazione di questi due aspetti, che determinano l'esistenza di un cluster. A questo fine offre la sua assistenza, in virtù della sua esperienza e vicinanza alle regioni;

7.

concorda sul fatto che i cluster sono importanti motori e conduttori dell'innovazione, contribuiscono alla competitività e allo sviluppo sostenibile dell'industria e dei servizi e potenziano lo sviluppo economico delle regioni mediante la creazione di ricchezza e di posti di lavoro. Contribuiscono quindi alla coesione territoriale, obiettivo che il Trattato di Lisbona sancisce come una delle finalità dell'Unione;

8.

considera in molti casi necessaria la partecipazione delle autorità pubbliche e di organismi privati alla promozione della creazione dei cluster e all'attività di appoggio al mantenimento degli stessi nelle posizioni di avanguardia dei loro settori;

9.

il settore pubblico può anche svolgere un ruolo significativo nel raccogliere le sfide cui devono far fronte le iniziative di creazione dei cluster:

aiutando a fissare gli obiettivi e a monitorare i risultati,

facilitando il processo di creazione dei cluster nel corso del tempo nel suo sviluppo e nella sua maturazione (cfr. punto seguente),

integrando la creazione dei cluster in un programma politico più ampio;

10.

è inoltre dell'avviso che il ruolo del settore pubblico debba essere quello di creare le condizioni ambientali necessarie allo sviluppo dei cluster, per esempio:

garantendo l'esistenza di un capitale umano altamente qualificato,

agevolando le trafile amministrative per la creazione e lo sviluppo del cluster,

favorendo la creazione di centri di informazione e centri integrati di servizi,

appoggiando la collaborazione tra gli istituti di istruzione e i cluster, in particolare attraverso la creazione di centri comuni per la formazione specializzata. Sarebbe opportuno che ciascuno Stato membro potesse contare su almeno un centro di studi per la formazione specializzata sui cluster,

garantendo la disponibilità di strumenti finanziari adeguati che possano soddisfare le esigenze del cluster, nonché i rapporti tra gli imprenditori, i centri di innovazione, gli investitori e le fonti di finanziamento,

rendendo disponibili percorsi di coordinamento all'interno dello stesso cluster e con altri cluster situati all'esterno, nonché facilitando i rapporti degli stessi con le amministrazioni pubbliche,

promuovendo lo sviluppo di opportunità per i cluster al di fuori del loro contesto originario, la loro attività in ambito internazionale e la formazione di reti transnazionali. Un'adeguata politica pubblica può agevolare la creazione di un'immagine di marca della regione (e del cluster) che moltiplichi le sue opportunità di crescita all'esterno,

promuovendo ricerca, sviluppo e innovazione (R+S+i) nel suo ambito di azione, prestando attenzione specifica ai fattori critici per l'avvio e lo sviluppo di azioni innovatrici che possono, inoltre, generare un effetto leva nel settore privato,

appoggiando e accelerando le iniziative private senza dimenticare la necessità di interconnessione tra i tre livelli dell'amministrazione (comunitario, nazionale e regionale) e il fatto che quest'ultimo livello ha un ruolo chiave nella definizione e nell'attuazione delle politiche di aiuto ai cluster.

Sottolinea tuttavia che le autorità pubbliche devono evitare due errori importanti:

devono evitare di creare cluster dal nulla se questi non esistono. I cluster sono di solito il frutto di un'evoluzione storica, e ogni creazione artificiale di norma porta al fallimento,

per gli stessi motivi, devono evitare di prolungare artificialmente la vita dei cluster quando i mercati e le tecnologie li hanno sopravanzati;

11.

conferma che i cluster, per poter competere nel mercato globale, devono poter costruire una fitta trama che unisca le imprese, le università e le autorità pubbliche, nonché avviare un processo di innovazione costante che permetta loro di continuare a ottenere nuove sinergie in qualsiasi momento. Soltanto così si può garantire la sopravvivenza futura del cluster. È opportuno accettare fin d'ora che, sebbene l'eccellenza sia una caratteristica dei cluster, non si può ignorare che non tutti i cluster potranno conseguire lo stesso livello di sviluppo né la stessa dimensione internazionale. L'eccellenza in questo campo si crea pazientemente, in tempi lunghi, attraverso risorse finanziarie specifiche, la buona governance e riforme strutturali orientate al mercato, che consentano la necessaria mobilità dei fattori (capitali di rischio e ricercatori);

12.

si ritiene che, di fronte all'attuale globalizzazione dei mercati, la creazione di catene globali del valore (Global Value Chains o GVC) attraverso i cluster sia essenziale per migliorare il coordinamento tra le imprese e, in definitiva, il livello generale di competitività. Benché l'innovazione sia una caratteristica di base di tutti i cluster, occorre notare che essi non solo si sviluppano nei settori ad alto livello di tecnologia, ma possono anche nascere in quelli di livello tecnologico medio o basso;

13.

mette in rilievo che i cluster sono particolarmente interessanti per le PMI, che in essi trovano l'ambiente adatto a favorire il loro legame con l'università e le grandi imprese e a permettere loro di accedere alle reti di commercio internazionale;

14.

segnala tuttavia che a volte, in certi paesi e regioni, ci si concentra eccessivamente sulle PMI, dimenticando che la scarsa presenza di grandi imprese rischia di limitare l'impatto economico dei cluster.

Contribuire all'Agenda di Lisbona

15.

Ritiene che, attualmente, la libera circolazione dei fattori e gli elevati costi delle economie sviluppate giochino a favore di un processo di delocalizzazione, da affrontarsi mediante l'orientamento dei sistemi produttivi verso attività caratterizzate da un più alto valore aggiunto principalmente da una maggiore densità di R+S+i;

16.

è dell'avviso che l'Agenda di Lisbona è stata definita al fine di rispondere alle nuove sfide poste dalla globalizzazione. Essa si pone molteplici obiettivi: valorizzare il capitale umano esistente nell'Unione, rendere coerenti le politiche di innovazione, creare un quadro normativo che favorisca l'innovazione stessa, nonché promuovere la creazione e la crescita di imprese innovatrici e migliorare le interfacce all'interno del sistema di innovazione, il cui completamento consenta di evolversi verso una società aperta all'innovazione e alla conoscenza, e di conseguenza in grado di competere, se non sul piano dei costi, su quello della creazione di valore aggiunto;

17.

sottolinea che, per essere più competitive, le regioni devono potenziare quei settori ove sono più alti l'assorbimento di capitali, la specializzazione delle risorse umane e il carattere di innovazione;

18.

ricorda che in Europa si registra un grave deficit in tema di spesa privata nell'R&S. A questo proposito, è dell'avviso che un semplice aumento della spesa pubblica si rivelerà vano se non saranno le imprese stesse a fare propri questi obiettivi e a mettersi a capo delle iniziative necessarie. È tuttavia importante che il livello della spesa pubblica nazionale nell'R&S sia sufficientemente elevato da essere efficace. È l'unico modo che possa permettere alla spesa di arrivare, attraverso la ricerca e l'innovazione, fino al mercato. La spesa pubblica nell'R&S deve essere la leva per potenziare quella privata, cosicché possa aumentare drasticamente la percentuale del PIL delle regioni europee rappresentata dall'attività di R+S+i. A tal fine è necessario combinare quattro assi principali di intervento:

potenziare lo sviluppo di cluster o aggregazioni di imprese e istituzioni pubbliche attorno ad attività altamente innovatrici,

promuovere la creazione di spazi fisici adatti a queste attività, ove possano convivere la conoscenza (università) e gli affari (impresa): parchi scientifici e tecnologici,

dare impulso agli strumenti, sia finanziari che di altra natura, che fungano da sostegno alla creazione di nuove imprese innovatrici,

stimolare l'interconnessione tra i diversi centri di conoscenza e R+S+i, promuovere i fori di scambio di conoscenza e favorire la creazione di reti di regioni eccellenti nell'ambito dell'innovazione.

Sviluppare la dimensione comunitaria

19.

Si rallegra dei progressi favoriti dalla Commissione europea attraverso numerosi programmi e reti, che hanno permesso di fare molta strada sul piano della concezione e della definizione dei cluster e che al tempo stesso consentono lo scambio di esperienze;

20.

non dubita dell'appoggio che sta fornendo la Commissione europea allo sviluppo di cluster nuovi e migliori a livello nazionale o regionale. Esiste tuttavia una certa esigenza di dare informazioni riguardo all'individuazione o allo sviluppo di buone pratiche, nonché di creare centri per l'individuazione degli strumenti che possano essere utilizzati o consultati sistematicamente. Tali strumenti devono essere presentati agli operatori in modo facile e accessibile. A questo proposito fa notare che il Comitato sta lanciando uno studio intitolato I cluster e la politica dei cluster: guida a uso dei responsabili locali e regionali;

21.

chiede comunque alla Commissione europea di mettere a punto un programma quadro per agevolare la cooperazione e l'interconnessione tra tutte le amministrazioni coinvolte, e di stabilire le linee guida per la creazione di cluster e per la loro interconnessione e transnazionalità. La cooperazione tra cluster è considerata un mezzo promettente al fine di rafforzare la capacità di innovazione in Europa e di richiamare l'attenzione degli investitori e degli innovatori di tutto il mondo. Per questo motivo la cooperazione transnazionale tra organizzazioni di cluster non deve rimanere circoscritta al solo ambito europeo, ma deve espandersi a livello mondiale, cosicché l'obiettivo finale sia la formazione di cosiddetti world level clusters;

22.

ritiene che la cooperazione tra i cluster sia di interesse primario per le PMI, in quanto agevola l'informazione — aspetto essenziale — e gli scambi tecnici, e crea la possibilità di condividere le infrastrutture di ricerca e i mezzi di produzione;

23.

osserva che esiste un chiaro sfasamento tra l'impegno che molti cluster mettono nello sviluppo della loro attività all'interno della regione o del paese ove si situano e le enormi possibilità offerte dallo scambio di informazioni e buone pratiche con altri cluster vicini, situati in altri Stati;

24.

invita la Commissione europea a eliminare tutte le barriere al commercio e agli investimenti in Europa. La piena realizzazione del mercato interno è uno strumento di base dell'apertura dei mercati alla concorrenza;

25.

ricorda che le barriere al commercio esistenti, unite alle differenze tra gli ordinamenti giuridici, i sistemi di previdenza sociale e quelli amministrativi e fiscali, possono rappresentare un importante fattore di ostacolo alla cooperazione transnazionale. Anche le barriere linguistiche contribuiscono a mantenere la gestione e l'esecuzione degli obiettivi dei cluster confinate all'ambito territoriale dei rispettivi paesi e a limitarne i collegamenti internazionali.

Raccomandazioni del CdR

26.

Raccomanda alla Commissione di superare la frammentazione delle linee di azione che l'Unione europea destina alla promozione dei cluster. Reputa inoltre necessario riunire in un'unica linea di azione specifica la promozione dei cluster e l'appoggio alla cooperazione tra gli stessi;

27.

ritiene, a complemento del ruolo sempre più marcato che la Commissione affida alle autorità regionali nella promozione, nel coordinamento e nella valorizzazione delle iniziative di clustering, che la Commissione stessa debba garantire alle regioni una maggior visibilità delle iniziative che questa direttamente gestisce in tema di ricerca ed innovazione (principalmente PF7 e CIP). Inoltre, in questa stessa linea, dovrà essere posta particolare attenzione al fine di garantire una corretta interazione con le agenzie autonome create dalla Commissione in ambito di Ricerca e innovazione e con le JTI (Joint Technology Initiatives — Iniziative tecnologiche congiunte);

28.

sollecita l'integrazione e l'armonizzazione dei criteri per la promozione dei cluster a livello europeo, fatto che a suo avviso sarebbe un complemento fondamentale alle politiche di cooperazione esistenti a tutti i livelli, al fine di strutturare una prospettiva unica di azione da sostituire alla prospettiva parziale delle diverse iniziative esistenti in diversi ambiti (R&S, politiche di cooperazione interregionale, sorveglianza tecnocompetitiva, aiuti al finanziamento di progetti, ecc.);

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29.

sottolinea che l'insieme delle misure promosse con questa visione integratrice deve concentrarsi sugli obiettivi di crescita e competitività e su ambiti di azione prioritari che devono andare al di là del semplice scambio di esperienze e informazioni, per comprendere progetti e iniziative comuni, scambi di personale e di beneficiari tra i progetti, sviluppo di reti e istituzioni comuni, ecc.

Di conseguenza, propone:

1.

L'ATTUAZIONE DI UN QUADRO STRATEGICO COMUNE PER I CLUSTER

Ritiene che sia necessario un quadro strategico globale che integri i punti di vista dei diversi attori coinvolti: amministrazioni pubbliche, università, centri di ricerca e imprese, e che consenta di affrontare in modo coordinato i tre processi precedentemente descritti:

rendere possibile la creazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo di cluster e la promozione di questi ultimi,

favorire la realizzazione delle iniziative proposte dai cluster,

pervenire all'interconnessione tra i cluster, sia a livello nazionale che transnazionale, al fine di consentire lo scambio di esperienze e la cooperazione.

In tale ottica, come primo passo per lo sviluppo del quadro strategico, propone la creazione di un gruppo di esperti ad alto livello che studi la questione e indichi una linea di integrazione e di armonizzazione dei criteri al Consiglio e alla Commissione. Questo gruppo dovrebbe godere di un'ampia indipendenza, essere presieduto da una personalità europea di indiscusso prestigio in materia e comprendere rappresentanti di tutte le parti interessate: dell'ambito politico, delle diverse amministrazioni — specie quelle regionali -, delle imprese con esperienza nella gestione di cluster, delle università, dei centri di ricerca e tecnologici e degli organismi finanziari e di altri possibili agenti finanziatori (reti di business angels, fondi di capitale di rischio…).

È dell'avviso che tale quadro strategico andrà a vantaggio delle diverse iniziative che già ora esistono attorno ai cluster di ambito tematico specifico, e apporterà una visione integratrice delle stesse, strutturando linee di azione che permettano di promuovere lo sviluppo dei processi che si verificano nell'evoluzione di un cluster.

FASE DI INCUBAZIONE

creazione delle condizioni ambientali necessarie al suo sviluppo,

concessione di contributi finanziari che agevolino l'interconnessione delle piccole e grandi imprese ubicate sullo stesso territorio e lo sfruttamento delle potenziali sinergie,

coinvolgimento di imprese propulsive,

rapporti con centri di ricerca attivi nel settore.

FASE DI LANCIO

sviluppo di rapporti di fiducia,

interconnessione tra imprese appartenenti a cluster diversi per formare metacluster transnazionali,

creazione di una propria forma organizzativa e definizione di un'immagine di marca,

sviluppo di un'agenda strategica di collaborazione.

FASE DI CRESCITA

creazione e sviluppo di progetti propri,

partecipazione dei cluster alle piattaforme tecnologiche europee,

alleanze tra cluster e piattaforme di cooperazione tra regioni,

diffusione dei risultati della cooperazioni tra i cluster, assicurando così che i risultati del progetto arrivino ad altre regioni,

nuovi prodotti come risultato di iniziative di collaborazione.

FASE DI MATURITÀ

innovazioni e brevetti propri,

comparsa di subcluster commerciali,

partenariati strategici per lo sviluppo economico,

richiamo di nuovi investimenti nella regione.

2.

AZIONI DI PROMOZIONE PER LA CREAZIONE DI UN QUADRO STRATEGICO CHE APPORTI CREDIBILITÀ AL PROCESSO

Riconosce l'opportunità di stimolare la cooperazione tra imprese dei cluster promovendo la creazione di una rete di reti di cluster di primo livello, che consenta loro di condividere i servizi e le buone pratiche a livello europeo e globale attraverso, per esempio:

lo sviluppo e il dispiegamento di strumenti di cooperazione per condividere le conoscenze elaborate nei cluster regionali,

la promozione di eventi/riunioni/giornate di incontri con i diversi attori, in particolare le imprese, dei vari cluster,

l'elaborazione di un resoconto annuale comune delle attività di tutti i cluster europei,

la spinta allo sviluppo di servizi condivisi nel campo della formazione, dell'informazione, ecc.

Sottolinea come sia essenziale che le amministrazioni pubbliche promuovano progetti di domanda anticipata mediante:

la connessione tra osservatori e organismi di sorveglianza sulla tecnologia delle diverse regioni, attraverso la creazione di un sistema europeo di sorveglianza sulla ricerca e l'innovazione industriale e il miglioramento delle informazioni sul capitale intellettuale, che permetta di anticipare possibili soluzioni sul fronte dell'offerta e tecnologie in grado di apportare valore,

lo stimolo alla cooperazione con le piattaforme tecnologiche europee,

lo sviluppo di progetti pubblici condivisi tra varie regioni (specifiche e procedure di acquisto comuni),

l'impulso alle diverse regioni affinché si dotino di regole comuni che promuovano o anticipino lo sviluppo di tecnologie innovatrici.

Mette in evidenza come sia imprescindibile raccogliere le informazioni esistenti in un'unica piattaforma informativa europea sui cluster ( Infocluster ) e prevedere, per la stessa, funzionalità utili alle imprese, oggi solo parzialmente disponibili. A questo proposito, ritiene che l'organismo più adeguato a portare avanti questo compito di sviluppo della piattaforma informativa sarebbe l'Osservatorio europeo sui cluster:

un sistema di informazione territoriale, che strutturi e integri l'attuale offerta di infrastrutture e centri di ricerca, imprese attive nel R+S+i, università e altri centri, linee di ricerca oggetto di promozione, contatti tecnici e politici essenziali, ecc. Questo strumento agevolerebbe l'interrelazione tra i diversi centri di conoscenza e gli stessi cluster. Potrebbe essere guidato dalla Commissione europea in collaborazione con il CdR, che da parte sua potrebbe agevolarne i contatti con le regioni e i cluster esistenti a livello regionale,

un barometro dinamico della concorrenza, grazie al quale ogni cluster possa confrontarsi con altri dalle caratteristiche simili e conoscere la sua posizione relativa rispetto all'ambiente concorrenziale in cui opera,

una mappa delle politiche per i cluster, che presenti i programmi e le politiche nazionali e regionali applicate in ciascun territorio in tutti gli ambiti (aiuti a R+S+i, strumenti finanziari di appoggio, programmi di formazione e scambio, ecc.) per lo scambio di informazioni,

diverse relazioni sulle migliori pratiche applicate dalle imprese o dagli stessi cluster per condividere le conoscenze.

Ribadisce la necessità di promuovere la collaborazione tra strumenti finanziari per l'innovazione (capitali/debito/aiuti diretti) delle diverse regioni e paesi, al fine di agevolare gli investimenti in grandi progetti che coinvolgano varie regioni di diversi paesi europei attraverso i cluster, che potranno beneficiare di una maggiore efficacia di fondi europei come quelli provenienti dalla BEI e dal FEI.

Considera possibile la condivisione di risorse e servizi tra cluster, che consenta loro di beneficiare di un accesso comune a servizi di migliore qualità:

borsa dell'occupazione specializzata e programmi di scambio e di formazione dei ricercatori nel settore privato,

mobilità delle imprese e condivisione delle attrezzature e dei servizi degli incubatori,

scambi di competenze tecniche, infrastrutture di ricerca e impianti di produzione che rendano possibili economie di scala e di gamma,

un sistema europeo di sorveglianza sulla ricerca, l'innovazione industriale e la disponibilità di informazioni migliori sul capitale intellettuale.

3.

MISURE DI VALUTAZIONE (EX ANTE, DURANTE ED EX POST) CHE DEVONO SERVIRE DA GUIDA PER LE AZIONI FUTURE

Ritiene che la valutazione sia una forma di ricerca, che si avvale di tecniche specifiche e risponde a interrogativi come i seguenti: sono state soddisfatte le esigenze del cluster? Si è definita una politica adeguata? È stata applicata correttamente? Si può prevedere che avrà l'impatto sperato? È possibile tornare sugli obiettivi non raggiunti o migliorare l'efficacia della politica applicata?

Intende la valutazione come uno strumento da utilizzare lungo l'intero processo di attuazione, uno strumento che, oltre ad altri vantaggi, faccia anche aumentare la credibilità della politica dei cluster.

Bruxelles, 19 giugno 2008

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Luc VAN DEN BRANDE


9.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 257/s3


NOTA PER IL LETTORE

Le istituzioni hanno deciso di non fare più apparire nei loro testi la menzione dell'ultima modifica degli atti citati.

Salvo indicazione contraria, nei testi qui pubblicati il riferimento è fatto agli atti nella loro versione in vigore.


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