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Document 62021CC0349

Conclusioni dell’avvocato generale A. M. Collins, presentate il 13 ottobre 2022.
HYA e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Spetsializiran nakazatelen sad.
Rinvio pregiudiziale – Settore delle telecomunicazioni – Trattamento dei dati personali e tutela della vita privata – Direttiva 2002/58 – Articolo 15, paragrafo 1 – Restrizione alla riservatezza delle comunicazioni elettroniche – Decisione giudiziaria che autorizza l’ascolto, la captazione e la memorizzazione delle conversazioni telefoniche di persone sospettate di aver commesso un reato doloso grave – Prassi in base alla quale la decisione è redatta secondo un modello di testo prestabilito e privo di motivazione specifica – Articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Obbligo di motivazione.
Causa C-349/21.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:779

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 13 ottobre 2022 ( 1 )

Causa C‑349/21

HYA,

IP,

DD,

ZI,

SS

con l’intervento di:

Spetsializirana prokuratura

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale – Trattamento dei dati personali e tutela della vita privata – Direttiva 2002/58/CE – Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 15, paragrafo 1 – Riservatezza delle comunicazioni elettroniche – Provvedimento giudiziale con cui si autorizzano intercettazioni telefoniche nei confronti di persone sospettate di aver commesso un reato grave – Modulo o formulario standard – Motivazione – Sorveglianza illegale – Ammissibilità di prove ottenute illegalmente – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 7 e articolo 47»

I. Introduzione

1.

Con la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria) chiede se una prassi consistente nell’autorizzare il ricorso a misure di sorveglianza discreta per intercettare, registrare e memorizzare conversazioni telefoniche tra persone sospettate (in prosieguo: «intercettazioni telefoniche») mediante un testo standard generico che non contiene motivazioni riferite al caso specifico sia compatibile con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 ( 2 ), in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 della stessa. Esso chiede altresì se l’assenza di specifica motivazione in siffatte autorizzazioni possa essere sanata mediante una valutazione retrospettiva, de novo, da parte del giudice di merito e, in caso contrario, se gli elementi di prova che si ritiene siano stati ottenuti in violazione delle summenzionate disposizioni possano essere ammessi come prove.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione europea

2.

Il considerando 2 della direttiva 2002/58 così recita:

«La presente direttiva mira a rispettare i diritti fondamentali e si attiene ai principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la «Carta»]. In particolare, la presente direttiva mira a garantire il pieno rispetto dei diritti di cui agli articoli 7 e 8 di tale Carta».

3.

Il considerando 11 della direttiva 2002/58 enuncia quanto segue:

«La presente direttiva, analogamente alla direttiva 95/46/CE, non affronta le questioni relative alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali inerenti ad attività che non sono disciplinate dal diritto comunitario. Lascia pertanto inalterato l’equilibrio esistente tra il diritto dei cittadini alla vita privata e la possibilità per gli Stati membri di prendere i provvedimenti di cui all’articolo 15, paragrafo 1, della presente direttiva, necessari per tutelare la sicurezza pubblica, la difesa, la sicurezza dello Stato (compreso il benessere economico dello Stato ove le attività siano connesse a questioni di sicurezza dello Stato) e l’applicazione della legge penale. Di conseguenza la presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di effettuare intercettazioni legali di comunicazioni elettroniche o di prendere altre misure, se necessario, per ciascuno di tali scopi e conformemente alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [in prosieguo: la «CEDU»], come interpretata dalle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo [in prosieguo: la «Corte EDU»]. Tali misure devono essere appropriate, strettamente proporzionate allo scopo perseguito, necessarie in una società democratica ed essere soggette ad idonee garanzie conformemente alla precitata [CEDU]».

4.

Sotto la rubrica «Riservatezza delle comunicazioni», l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 così dispone:

«Gli Stati membri assicurano, mediante disposizioni di legge nazionali, la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite la rete pubblica di comunicazione e i servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, nonché dei relativi dati sul traffico. In particolare essi vietano l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, ad opera di persone diverse dagli utenti, senza consenso di questi ultimi, eccetto quando sia autorizzato legalmente a norma dell’articolo 15, paragrafo 1. Questo paragrafo non impedisce la memorizzazione tecnica necessaria alla trasmissione della comunicazione fatto salvo il principio della riservatezza».

5.

L’articolo 15, paragrafo 1, rubricato «Applicazione di alcune disposizioni della direttiva 95/46/CE», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE, una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica ( 3 ). A tal fine gli Stati membri possono tra l’altro adottare misure legislative le quali prevedano che i dati siano conservati per un periodo di tempo limitato per i motivi enunciati nel presente paragrafo. Tutte le misure di cui al presente paragrafo sono conformi ai principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del trattato sull’Unione europea».

B.   Diritto bulgaro

6.

L’articolo 121, paragrafo 4, della Costituzione bulgara dispone che «gli atti giudiziari sono motivati».

7.

L’articolo 34 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale; in prosieguo: l’«NPK») ( 4 ) stabilisce che «tutti gli atti giudiziari devono contenere (...) una motivazione (…)».

8.

L’articolo 172 dell’NPK è così formulato:

«1.   Le autorità incaricate della fase predibattimentale del procedimento possono ricorrere a tecniche investigative speciali – apparecchiature elettroniche e tecniche (...) per documentare le attività delle persone oggetto di sorveglianza (...).

2.   Possono essere impiegate tecniche investigative speciali quando ciò è necessario ai fini dell’indagine su reati dolosi gravi (...), qualora l’accertamento delle circostanze di cui trattasi sia altrimenti impossibile o caratterizzato da difficoltà eccezionali».

9.

L’articolo 173, paragrafo 1, dell’NPK prevede quanto segue:

«1. Ai fini del ricorso a tecniche investigative speciali nella fase predibattimentale del procedimento, il pubblico ministero a capo delle indagini presenta al giudice un’istanza scritta motivata (…)».

10.

L’articolo 174 dell’NPK così dispone:

«(…)

3.   L’autorizzazione al ricorso a tecniche investigative speciali nell’ambito di un procedimento di competenza dello Spetsializiran nakazatelen sad [Tribunale penale specializzato] è previamente concessa dal suo presidente (...).

4.   L’autorità di cui ai paragrafi 2 e 3 statuisce con ordinanza motivata (...)».

11.

L’articolo 3, paragrafo 1, dello Zakon za spetsialnite razuznavatelni sredstva (legge in materia di tecniche investigative speciali, in prosieguo: lo «ZSRS») ( 5 ) così dispone:

«Sono impiegate tecniche investigative speciali quando ciò è necessario ai fini della prevenzione e dell’accertamento di reati dolosi gravi (...), qualora la raccolta delle informazioni necessarie sia altrimenti impossibile o caratterizzata da difficoltà eccezionali».

12.

L’articolo 12, paragrafo 1, punto 1, dello ZSRS stabilisce quanto segue:

«Sono impiegate tecniche investigative speciali nei confronti di persone in relazione alle quali vi sono informazioni e ragionevoli motivi per ritenere che stiano preparando o commettendo un reato doloso grave di cui all’articolo 3, paragrafo 1 o che lo abbiano commesso».

13.

L’articolo 13, paragrafo 1, dello ZSRS individua le autorità e le agenzie che possono ricorrere a tecniche investigative speciali e utilizzare informazioni ed elementi di prova raccolti mediante tali tecniche.

14.

L’articolo 14, paragrafo 1, punto 7, dello ZSRS così recita:

«Ai fini del ricorso a tecniche investigative speciali è necessaria un’istanza scritta motivata del dirigente amministrativo competente delle autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 1, o del pubblico ministero a capo delle indagini, oppure, se del caso, dell’autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 3, e, nel caso della direzione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, punto 7, del suo direttore, nella quale sono indicati (…) i motivi per i quali la raccolta delle informazioni necessarie sarebbe altrimenti impossibile o in cui è contenuta una descrizione delle difficoltà eccezionali che caratterizzano la loro raccolta».

15.

L’articolo 15, paragrafo 1, dello ZSRS stabilisce quanto segue:

«I dirigenti delle autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 1, o il pubblico ministero a capo delle indagini e, nel caso della direzione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, punto 7, il presidente della Commissione per la lotta contro la corruzione e la confisca dei beni ottenuti illegalmente presentano l’istanza ai presidenti del Sofiyski gradski sad [Tribunale di Sofia], dei tribunali regionali o militari competenti, del [Tribunale penale specializzato], o a un vicepresidente da essi autorizzato, i quali autorizzano o negano per iscritto il ricorso a tecniche investigative speciali, motivando la decisione».

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16.

Lo Spetsializirana prokuratura (pubblico ministero specializzato, Bulgaria) ha avviato un procedimento penale nei confronti di cinque persone per la loro presunta partecipazione a un’organizzazione criminale che aiutava cittadini di paesi terzi ad entrare illegalmente nel territorio bulgaro e che accettava o versava tangenti nel contesto di tali attività. Ai sensi del diritto bulgaro, tali fatti costituiscono «reati gravi».

17.

Il 10 aprile 2017, nel corso della fase predibattimentale del procedimento, il pubblico ministero presentava un’istanza di autorizzazione al ricorso a tecniche investigative speciali, ivi comprese intercettazioni telefoniche, nei confronti di uno degli accusati, IP.

18.

L’istanza si compone di otto pagine. La prima pagina e il piè di pagina di ciascuna delle pagine da 2 a 8 recano un numero di riferimento. L’istanza si apre con una descrizione delle misure operative previste. In essa si individua il destinatario delle misure previste mediante nominativo, numero d’identificazione, indirizzo, occupazione e luogo di lavoro. Nell’istanza sono indicati il numero di telefono cellulare e altri dettagli relativi alla carta prepagata utilizzata dalla persona da sottoporre a sorveglianza.

19.

L’istanza contiene i motivi che giustificano il ricorso alle misure di sorveglianza. Il primo paragrafo del relativo titolo individua il procedimento predibattimentale e il reato oggetto delle indagini, con riferimento sia agli articoli pertinenti dell’NPK, sia alla natura del reato. Il secondo paragrafo fa riferimento alle testimonianze ottenute dallo Spetsializirana prokuratura (procura specializzata) per quanto concerne l’attività criminale, la sua struttura e il ruolo dei relativi partecipanti. Il terzo paragrafo contiene ulteriori testimonianze che illustrano nel dettaglio le modalità operative dell’organizzazione criminale e il coinvolgimento del soggetto interessato. Vi è una descrizione del modo in cui il soggetto comunicava con altri membri dell’organizzazione criminale e un riferimento al numero di telefono cellulare utilizzato, che corrisponde a quello indicato nel primo paragrafo dell’istanza. Tale sezione termina con l’osservazione secondo cui le dichiarazioni dei testimoni consentono di concludere che vi è un’organizzazione criminale operante in Bulgaria.

20.

L’istanza continua esponendo i motivi per i quali le misure richieste sono ritenute necessarie e descrivendo le azioni già intraprese al fine di identificare le persone coinvolte nell’organizzazione criminale. Vi è inoltre una descrizione dettagliata delle ragioni per le quali le attività del soggetto interessato violano diverse disposizioni del diritto nazionale e dell’Unione.

21.

Il paragrafo successivo dell’istanza espone i motivi per i quali non è possibile ottenere in altro modo elementi di prova ai fini di una condanna. In esso si afferma, in particolare, che i soggetti coinvolti costituiscono un gruppo chiuso e che è difficile ottenere prove riguardanti le loro riunioni. Nell’ultimo paragrafo dell’istanza sono fornite informazioni sul funzionario autorizzato al quale devono essere comunicati i risultati della sorveglianza proposta.

22.

Lo stesso giorno, il presidente dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) autorizzava l’intercettazione delle conversazioni telefoniche, la loro registrazione e la memorizzazione della registrazione ai fini del procedimento penale. L’ordinanza indica il nome e le funzioni della persona che ha autorizzato le misure. In essa si dichiara che l’autorità che ha presentato l’istanza ha agito nell’ambito delle sue competenze e che sussistono sufficienti indizi della commissione di un reato di cui all’articolo 172, paragrafo 2, dell’NPK o all’articolo 3, paragrafo 1, dello ZSR, che rientra nella competenza del Tribunale penale specializzato. Nell’ordinanza si dichiara che i requisiti di cui agli articoli 4, 12 e 21 dello ZSRS, o di cui all’articolo 175, paragrafo 2, dell’NPK, sono soddisfatti. In essa si autorizzano le tecniche di sorveglianza elencate nei confronti della persona identificata nell’istanza recante un numero di riferimento che corrisponde a quello che figura in prima pagina e nel piè di pagina delle pagine da 2 a 8 dell’istanza. L’autorizzazione reca una firma, un timbro e una data, il 10 aprile 2017. La prima pagina dell’istanza di autorizzazione reca la medesima firma, lo stesso timbro e la stessa data.

23.

Istanze analoghe sono state presentate in relazione ad altre persone sottoposte a indagini per quanto attiene alla loro partecipazione alla stessa organizzazione criminale. Le motivazioni addotte dal presidente dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) a fondamento di tali autorizzazioni risultano identiche, salvo il fatto che, in ciascun caso, l’autorizzazione opera un riferimento incrociato a un’istanza diversa.

24.

Secondo il giudice del rinvio, il testo standard generico delle autorizzazioni ricomprende le varie situazioni in cui può essere legalmente autorizzata una sorveglianza discreta. È prassi comune che l’autorizzazione non contenga una motivazione della sua adozione riferita al caso specifico. Il giudice del rinvio nutre quindi dubbi quanto all’adeguatezza della motivazione delle autorizzazioni.

25.

A seguito delle misure di intercettazione autorizzate, alcune conversazioni telefoniche dei sospettati sono state registrate e memorizzate. Il giudice del rinvio riconosce che tali conversazioni sono rilevanti per provare le accuse penali mosse nei confronti dell’imputato, ma chiede se esse siano ammissibili qualora le autorizzazioni siano considerate illegittime. Esso ha quindi sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se sia compatibile con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 della stessa, una prassi seguita dai giudici nazionali nei procedimenti penali in forza della quale il giudice autorizza l’intercettazione, la registrazione e la memorizzazione di conversazioni telefoniche dei sospettati servendosi di un testo standard generico precedentemente predisposto in cui, senza alcun riferimento al caso specifico, viene semplicemente affermato il rispetto delle disposizioni di legge.

2)

In caso di risposta negativa: se integri una violazione del diritto dell’Unione l’interpretazione della legge nazionale nel senso che le informazioni ottenute a seguito di una siffatta autorizzazione vengono utilizzate quale prova del reato contestato».

26.

IP, DD, la Repubblica ceca, l’Irlanda e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte. All’udienza del 6 luglio 2022 l’Irlanda e la Commissione hanno presentato argomenti orali e risposto ai quesiti della Corte.

27.

Per quanto riguarda la prima questione, IP e DD ritengono che le autorizzazioni siano illegittime, poiché non contengono una motivazione riferita al caso specifico. Di conseguenza, il loro diritto alla vita privata sarebbe stato tutelato in modo inadeguato contro ingerenze arbitrarie. Essi sostengono altresì di non poter contestare in modo efficace le autorizzazioni, il che violerebbe i loro diritti discendenti dall’articolo 47 della Carta. La Repubblica ceca, l’Irlanda e la Commissione ritengono che la lettura congiunta dell’istanza e dell’autorizzazione possa essere sufficiente per consentire agli imputati di proporre un ricorso giurisdizionale effettivo avverso le autorizzazioni, al fine di escludere le prove ottenute sulla base di esse.

28.

Per quanto riguarda la seconda questione, IP e DD ritengono che gli elementi di prova ottenuti illegalmente siano inammissibili. DD ritiene altresì che non sia possibile, per il giudice di merito, valutare retrospettivamente la legittimità delle autorizzazioni. L’Irlanda ritiene che l’ammissibilità delle prove costituisca una questione procedurale non disciplinata dal diritto dell’Unione, che rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri. La Commissione concorda con l’Irlanda, fatto salvo il fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte, un mezzo di prova rientrante in un settore tecnico che esula dalla competenza dei giudici e che può influenzare in modo preponderante la valutazione dei fatti deve essere escluso in ogni caso.

IV. Esame delle questioni pregiudiziali

A.   Prima questione

29.

Il giudice del rinvio chiede se sia compatibile con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 della stessa, l’autorizzazione, da parte del giudice, di intercettazioni telefoniche mediante un testo standard generico in cui si afferma il rispetto delle disposizioni di legge in materia di sorveglianza, ma senza l’indicazione di motivazioni riferite al caso specifico.

1. Applicazione della direttiva 2002/58

30.

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2002/58, come interpretato nella giurisprudenza della Corte, tutte le operazioni di trattamento di dati personali effettuate da fornitori di servizi di comunicazione elettronica rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, compresi i trattamenti risultanti da obblighi imposti dalle autorità pubbliche a tali fornitori. Soltanto quando gli Stati membri attuano direttamente misure che derogano alla riservatezza delle comunicazioni elettroniche, senza imporre obblighi di trattamento ai fornitori di detti servizi di comunicazione elettronica, la protezione dei dati non ricade nell’ambito della direttiva 2002/58, bensì in quello del diritto nazionale, fatta salva l’applicazione della direttiva (UE) 2016/680 ( 6 ), di modo che le misure nazionali in questione devono rispettare in particolare il diritto nazionale di rango costituzionale e la CEDU ( 7 ).

31.

Dalla decisione di rinvio non emerge se le misure di sorveglianza di cui trattasi siano state effettuate da fornitori di servizi di comunicazione elettronica, e le parti che hanno partecipato all’udienza non sono state in grado di confermarlo. Spetta al giudice nazionale stabilire l’identità dell’organismo che ha effettuato le misure di sorveglianza.

32.

Al fine di rispondere alle questioni proposte, presumerò che queste ultime siano state effettuate da fornitori di servizi di comunicazione elettronica e che, pertanto, le misure rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/58 ( 8 ).

33.

Un secondo problema deriva dal fatto che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 permette agli Stati membri di «adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 (...)». I dubbi del giudice del rinvio non riguardano tanto le misure legislative nazionali di recepimento dell’articolo 15, paragrafo 1, quanto piuttosto il modo in cui gli organi giurisdizionali danno loro effetto. Ci si chiede se tali dubbi collochino la prima questione al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58. Non ritengo che ciò avvenga. La normativa nazionale prevede che le autorizzazioni debbano assumere la forma di un’ordinanza motivata. Dagli elementi di cui dispone la Corte risulta che le autorizzazioni contengono una dichiarazione ai sensi della quale i requisiti previsti dalla legge sono soddisfatti. La questione è se tale motivazione sia sufficiente, dato che le ordinanze assumono la forma di un testo standard che non contiene motivi riferiti al caso specifico. I dubbi del giudice del rinvio vertono quindi sull’interpretazione del diritto dell’Unione alla luce delle norme e della prassi giurisprudenziale nazionali applicabili.

2. Valutazione

34.

Il combinato disposto dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 impone agli Stati membri, in sostanza, di vietare l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni senza il consenso degli utenti, salvo quando si tratti di una misura necessaria, opportuna e proporzionata a fini di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati. Siffatte misure devono essere conformi ai principi generali del diritto dell’Unione, ivi compresi il principio di proporzionalità e i principi richiamati dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, TUE.

35.

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni della stessa si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione.

36.

Le autorizzazioni di intercettazioni telefoniche costituiscono un’ingerenza nei diritti degli imputati garantiti dall’articolo 7 della Carta ( 9 ). Una siffatta ingerenza, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, può essere ammessa solo se prevista dalla legge e se, nel rispetto del contenuto essenziale di tale diritto e del principio di proporzionalità, sia necessaria e risponda effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione.

37.

Il principio di effettività costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, a norma del quale l’applicazione del diritto dell’Unione non deve essere resa impossibile o eccessivamente difficile ( 10 ). Esso comprende il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo ( 11 ). L’articolo 47, primo comma, della Carta prevede, inoltre, che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni ivi previste. Qualora la concessione dell’autorizzazione non abbia comportato l’audizione del soggetto sottoposto a misure di sorveglianza, come nel caso di specie, entra in gioco l’articolo 47, primo comma, della Carta, relativo al controllo giurisdizionale effettivo, e non il suo secondo comma, concernente il diritto a un equo processo.

38.

Da una giurisprudenza costante emerge che il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se adire il giudice competente a esercitare il controllo sulla legittimità di tale decisione ( 12 ).

39.

La portata dell’obbligo di motivazione può variare a seconda della natura della decisione impugnata. Tale obbligo deve essere analizzato in relazione al procedimento considerato nel suo complesso e sulla base dell’insieme delle circostanze pertinenti, al fine di verificare se queste ultime garantiscano agli interessati la possibilità di proporre ricorso contro detta decisione in maniera utile ed effettiva ( 13 ).

40.

Nella presente causa, le autorizzazioni consistono in un testo standard generico in cui soltanto taluni elementi, fra i quali i numeri di riferimento, le date, il soggetto interessato, la portata e la durata delle misure di intercettazione, sono riferiti al caso specifico. Non è quindi possibile per gli imputati accertare, sulla base di tale documento, le ragioni per le quali il giudice responsabile della concessione dell’autorizzazione ha ritenuto soddisfatti i requisiti giuridici per l’autorizzazione delle intercettazioni telefoniche. Tali soggetti non sono quindi in grado di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile adire il giudice competente a esercitare il controllo sulla legittimità di tali autorizzazioni, allo scopo ultimo di ottenere l’inammissibilità di tali prove.

41.

Il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, tuttavia, non esige necessariamente che il giudice responsabile della concessione dell’autorizzazione esponga, con parole proprie nell’autorizzazione stessa, i motivi per i quali ha ritenuto soddisfatte le condizioni per la concessione dell’autorizzazione. È sufficiente che i motivi per la concessione dell’autorizzazione possano essere accertati in modo attendibile. Se l’istanza di autorizzazione contiene una spiegazione chiara dei motivi per i quali l’autorità o il funzionario richiedente ha ritenuto che le intercettazioni potessero essere autorizzate, si può presumere che i motivi che hanno indotto il giudice a rilasciare l’autorizzazione siano quelli indicati nell’istanza ( 14 ). Ciò vale a maggior ragione poiché, in questo tipo di procedura, l’istanza e ogni altro documento giustificativo costituiscono il solo fondamento per il rilascio o il diniego dell’autorizzazione.

42.

Nei paragrafi da 18 a 22 delle presenti conclusioni si dichiara che i numeri di riferimento e i numeri d’identificazione indicati nella prima pagina delle autorizzazioni sembrano indicare che ciascuna autorizzazione si riferisce a una singola istanza concernente una determinata persona e un determinato numero di telefono. Le istanze sono strutturate e dettagliate. I criteri giuridici che il giudice deve applicare per rilasciare un’autorizzazione sono relativamente semplici. A condizione che l’imputato possa ottenere a tempo debito una copia dell’istanza che ha determinato l’autorizzazione ( 15 ), è probabile che egli si trovi in una posizione tale da permettergli di conoscere le ragioni che hanno motivato il rilascio dell’autorizzazione e di decidere, con piena cognizione di causa, se contestarla. Spetta quindi al giudice nazionale verificare, caso per caso e tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti, se il diritto a un ricorso effettivo di cui beneficiano gli imputati in forza dell’articolo 47, primo comma, della Carta sia stato rispettato.

43.

L’articolo 52, paragrafo 3, della Carta mira a garantire la coerenza tra i diritti sanciti in tale documento e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, senza pregiudicare l’autonomia del diritto dell’Unione. È in tale contesto che è stata dibattuta, in udienza, la questione se l’approccio descritto al paragrafo precedente delle presenti conclusioni sia o meno in contrasto con la recente sentenza della Corte EDU nella causa Ekimdzhiev ( 16 ), in cui tale giudice ha valutato le garanzie giuridiche contro atti arbitrari e abusi in materia di sorveglianza discreta, conservazione e accesso ai dati relativi alle comunicazioni nell’ambito della prassi dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) negli anni dal 2015 al 2019.

44.

La Corte EDU ha statuito che la grande maggioranza delle autorizzazioni di sorveglianza rilasciate non era adeguatamente motivata. Essa ha tuttavia osservato che, di per sé, l’assenza di motivazione non consentiva di concludere automaticamente che i giudici non avessero esaminato correttamente le istanze di autorizzazione di sorveglianza, sebbene una serie di fattori l’avesse indotta a nutrire dubbi a tal riguardo ( 17 ).

45.

Ai fini della presente causa è sufficiente rilevare, al riguardo, che la sentenza della Corte EDU nella causa Ekimdzhiev, pur sollevando importanti preoccupazioni in merito ad aspetti dell’autorizzazione giudiziaria di sorveglianza discreta in Bulgaria, ha lasciato aperta la possibilità che dette intercettazioni siano state autorizzate in circostanze in cui il giudice responsabile ha correttamente ritenuto che fossero effettivamente necessarie, opportune e proporzionate. In ogni caso, l’imputato, sottoposto a sorveglianza sulla base di un’autorizzazione, deve essere in grado di conoscere le ragioni per le quali tale autorizzazione è stata rilasciata e di decidere, con piena cognizione di causa, se contestarla. Spetta al giudice nazionale valutare, nel caso concreto, la fondatezza di tale contestazione.

46.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione nei seguenti termini:

L’articolo 47 della Carta e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 di quest’ultima, non ostano a una prassi in forza della quale l’intercettazione, la registrazione e la memorizzazione di conversazioni telefoniche di sospettati sono autorizzate mediante un testo standard generico in cui viene affermato il rispetto delle disposizioni di legge ma che non contiene, a tale riguardo, motivi riferiti al caso specifico, purché i motivi dell’autorizzazione possano essere accertati in modo attendibile ed efficacemente contestati dall’imputato sottoposto a sorveglianza mediante una lettura congiunta dell’autorizzazione e dell’istanza di autorizzazione.

B.   Seconda questione

47.

Poiché la valutazione della legittimità dell’autorizzazione spetta al giudice del rinvio, occorre rispondere alla seconda questione.

48.

La seconda questione si basa su due assunti. Il primo concerne il fatto che gli elementi a carico siano stati ottenuti mediante sorveglianza discreta effettuata sulla base di un’autorizzazione illegittima in quanto non adeguatamente motivata. Il secondo consiste nel fatto che l’imputato sottoposto a detta sorveglianza non possa efficacemente contestare il fondamento giuridico sulla base del quale la sorveglianza è stata autorizzata.

49.

Nella decisione di rinvio si chiede se il giudice di merito possa sanare un’illegittimità dell’autorizzazione derivante dall’assenza di una motivazione adeguata. Benché i meccanismi e le conseguenze sottesi a siffatta valutazione retrospettiva non siano del tutto chiari, e sussistano dubbi quanto alla competenza del giudice di merito a procedere in tal senso, sembra opportuno esaminare tale questione al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio.

50.

La Commissione ha osservato che la seconda questione richiede di prendere in considerazione il modo in cui gli eventuali elementi di prova ottenuti illegalmente potrebbero incidere sull’equità generale del processo penale. La decisione di rinvio non affronta tale questione. Il giudice del rinvio non fornisce informazioni nemmeno sulle norme processuali nazionali applicabili, in particolare sul modo in cui tali prove sarebbero trattate nell’ambito del procedimento di cui è investito. Il problema sollevato dalla Commissione appare quindi del tutto ipotetico, motivo per cui la Corte non dovrebbe occuparsene nel contesto del rinvio in esame.

1. Se un’irregolarità nella motivazione di un’autorizzazione possa essere sanata mediante una valutazione retrospettiva de novo

51.

La giurisprudenza della Corte relativa alla conservazione generale e all’accesso ai dati consente di rispondere a tale questione. Spetta al diritto nazionale stabilire le condizioni alle quali i fornitori di servizi di comunicazione elettronica devono accordare l’accesso ai dati alle autorità nazionali competenti. Esso deve prevedere norme chiare e precise che disciplinino la portata e l’applicazione della misura adottata a tal fine e imporre requisiti minimi, di modo che le persone i cui dati personali sono oggetto di attenzione dispongano di garanzie sufficienti che consentano di proteggere efficacemente tali dati contro i rischi di abuso. L’ingerenza deve essere limitata a quanto strettamente necessario. Ai fini della lotta contro la criminalità, l’accesso può essere consentito soltanto per i dati di persone sospettate di progettare, di commettere o di aver commesso un reato grave, o anche di essere implicate in una maniera o in un’altra in un illecito del genere. Al fine di garantire il pieno rispetto di tali condizioni, è essenziale che l’accesso sia subordinato ad un controllo preventivo, da parte di un giudice o di un’entità amministrativa indipendente, a seguito di una richiesta motivata delle autorità competenti presentata nell’ambito di procedure di prevenzione, di accertamento o di esercizio dell’azione penale. Tale valutazione deve sempre essere prospettica, salvo casi di urgenza debitamente giustificata, nei quali deve essere effettuata entro un breve periodo di tempo ( 18 ). Se così non fosse, nel momento in cui è effettuata una valutazione retrospettiva della legittimità delle misure di intercettazione, si sarebbe già verificata una grave ingerenza nei diritti dell’imputato e delle persone incidentalmente coinvolte. L’assenza di valutazione ad opera di un’autorità indipendente non può quindi essere sanata mediante l’effettuazione di una valutazione retrospettiva de novo.

52.

Ne consegue che soltanto una previa valutazione è idonea a garantire che ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica non siano imposti obblighi non necessari, che l’ingerenza nei diritti fondamentali sanciti dalla Carta non sia arbitraria e che le condizioni di cui all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 siano soddisfatte. Ciò è conforme all’approccio adottato dalla Corte EDU nella sua sentenza nella causa Dragojević ( 19 ), in cui essa non ha avallato una prassi mediante la quale i giudici croati valutavano retrospettivamente la legittimità di ordinanze di sorveglianza al momento della loro adozione.

2. Ammissibilità degli elementi di prova ottenuti illegalmente

53.

L’articolo 6 della CEDU garantisce il diritto a un equo processo, ma non prevede norme relative all’ammissibilità delle prove, trattandosi di una questione che rientra principalmente nel diritto nazionale. La Corte EDU non ritiene che rientri nella sua competenza neppure la decisione sull’ammissibilità di prove ottenute illegalmente ( 20 ).

54.

Secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell’effetto diretto del diritto dell’Unione, purché dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti (principio di effettività) ( 21 ). Siffatte norme devono inoltre essere conformi ai diritti fondamentali, al principio di legalità e allo Stato di diritto, i quali figurano tra i valori fondanti dell’Unione ( 22 ).

55.

In forza del principio di equivalenza, spetta al giudice nazionale investito di un procedimento penale fondato su informazioni o elementi di prova ottenuti in violazione dei requisiti risultanti dalla direttiva 2002/58 verificare se il diritto o la prassi nazionali prevedano norme meno favorevoli riguardo all’ammissibilità e all’uso di tale materiale rispetto a quelle che disciplinano le informazioni e gli elementi di prova ottenuti in violazione del diritto interno.

56.

Quanto al principio di effettività, lo scopo delle norme nazionali relative all’ammissibilità e all’uso delle informazioni e degli elementi di prova consiste, in base alle scelte operate da dette norme, nell’evitare che informazioni ed elementi di prova ottenuti in modo illegittimo rechino indebitamente pregiudizio al processo di una persona sospettata di avere commesso reati. Tale obiettivo può, secondo il diritto nazionale, essere raggiunto non solo con un divieto di utilizzare tali informazioni ed elementi di prova nel processo, ma altresì mediante norme e prassi nazionali che disciplinano la valutazione e la ponderazione delle informazioni e degli elementi di prova, o prendendo in considerazione il loro carattere illegittimo nell’ambito della determinazione della pena ( 23 ). Il principio di effettività ha tuttavia indotto la Corte ad elaborare una regola che impone, in determinate circostanze, l’esclusione obbligatoria delle prove. Qualora una parte non sia in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni in merito a un mezzo di prova rientrante in un settore tecnico che esula dalla competenza dei giudici investiti della causa e che può influenzare in modo preponderante la valutazione dei fatti, tale mezzo di prova deve essere escluso ( 24 ).

57.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio sembra interrogarsi su tale approccio. È quindi utile esaminare la giurisprudenza pertinente.

58.

Nella causa Mantovanelli, la prova controversa consisteva in una perizia medica, basata su analisi di laboratorio, audizioni di testimoni da parte del perito e taluni documenti. Al sig. e alla sig.ra Mantovanelli non erano stato permesso di assistere alle audizioni, né di prendere conoscenza dei documenti, ma erano stati autorizzati a contestare la perizia una volta sottoposta al giudice. La Corte EDU non era convinta del fatto che tale procedura avesse offerto al sig. e alla sig.ra Mantovanelli un’effettiva possibilità di svolgere efficacemente osservazioni in merito alla perizia. La questione esaminata dal perito corrispondeva esattamente a quella che il giudice era chiamato a risolvere, ossia se i fatti rivelassero una negligenza del personale medico dell’ospedale nella somministrazione di un determinato medicinale a un paziente. Gli elementi di prova rientravano quindi in un settore tecnico che esulava dalla competenza del giudice. Benché il giudice non fosse giuridicamente vincolato dalle conclusioni del perito, queste ultime potevano influenzare in modo preponderante la sua valutazione dei fatti. Tenuto conto del rigetto della domanda del sig. e della sig.ra Mantovanelli di sottoporre una nuova perizia, sia in primo che in secondo grado, essi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista prima del deposito della perizia soltanto mediante la partecipazione alle audizioni con il personale medico e la presentazione di osservazioni sui documenti pertinenti. La Corte EDU ha quindi dichiarato l’iniquità del procedimento giurisdizionale nel suo complesso ( 25 ).

59.

La causa Steffensen riguardava campioni di un prodotto alimentare prelevati a fini di analisi laboratoriali. Il risultato di tali analisi aveva costituito la base della decisione delle autorità amministrative ai sensi della quale il prodotto non soddisfaceva i criteri giuridici necessari. Ai sensi della pertinente direttiva, al fabbricante avrebbe dovuto essere stata offerta la possibilità di ottenere una controperizia per contestare tali prime analisi. Il fabbricante non era stato informato del prelievo di campioni e non aveva quindi potuto prelevare campioni dello stesso prodotto. Questa Corte, citando la sentenza Mantovanelli, ha osservato che il controllo della Corte EDU sul carattere equo del processo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU riguarda la procedura considerata nel suo complesso, compreso il modo con cui è stata fornita la prova. Essa ha statuito che spettava al giudice del rinvio valutare se il mezzo di prova oggetto del giudizio principale rientrasse in un settore tecnico che esulava dalla competenza dei giudici e che poteva influenzare in modo preponderante la sua valutazione dei fatti. In presenza di questi due elementi, il giudice del rinvio doveva chiedersi se il sig. Steffensen godesse di un’autentica possibilità di dedurre efficacemente osservazioni in merito a tale mezzo di prova. In caso contrario, il giudice nazionale avrebbe dovuto escludere gli elementi di prova, al fine di non violare il principio del contraddittorio e il diritto a un equo processo ( 26 ).

60.

La possibilità, per la difesa, di svolgere efficacemente osservazioni sugli elementi di prova è parte del principio del contraddittorio, che costituisce un aspetto essenziale del diritto a un processo equo, tutelato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta ( 27 ) e dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU ( 28 ). Nelle cause Mantovanelli e Steffensen i giudici miravano a evitare situazioni in cui cause fossero decise sulla base di elementi di prova rientranti in un settore tecnico che esulava dalla competenza dei giudici e che la difesa non era in grado di contestare. Una procedura del genere avrebbe attribuito un vantaggio iniquo alla parte che si fondava su tali prove, violando in tal modo il diritto della controparte a un processo equo.

61.

Gli elementi di prova di cui trattasi nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio differiscono da quelli presi in considerazione nelle sentenze Mantovanelli e Steffensen. Si tratta di registrazioni di conversazioni telefoniche degli imputati in merito alle attività oggetto di indagine. Sebbene tali elementi di prova possano influenzare in modo preponderante la valutazione dei fatti da parte del giudice, è difficile sostenere che essi rientrino in un settore tecnico che esula dalla competenza del giudice. In ogni caso, i fatti di cui alle cause Mantovanelli e Steffensen sono soltanto utili esempi di applicazione di principi dei quali i giudici nazionali possono tener conto quando si pronunciano nell’ambito di un procedimento penale.

62.

È altresì opportuno osservare che, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia, nella causa Mantovanelli l’approccio adeguato avrebbe dovuto consistere nell’offrire al sig. e alla sig.ra Mantovanelli la possibilità di partecipare alla procedura che aveva condotto all’elaborazione della perizia o di concedere loro l’autorizzazione a presentare una perizia da essi stessi commissionata. Parimenti, la soluzione adeguata per persone nella situazione del sig. Steffensen sarebbe stata offrire loro la possibilità di presentare una controperizia. L’esclusione delle prove si è rivelata necessaria soltanto a causa del fatto che, erroneamente, non erano disponibili altri meccanismi procedurali più adeguati. Spetta al giudice nazionale valutare se tali opportunità possano essere offerte agli imputati nel corso del loro processo.

63.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale nei seguenti termini:

L’articolo 47 della Carta e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che un giudice nazionale:

il quale constati l’illegalità delle prove ottenute sulla base di un’autorizzazione non adeguatamente motivata non può sanare tale irregolarità permettendo che la motivazione di tale autorizzazione sia fornita retrospettivamente, salvo in casi di urgenza debitamente motivata;

deve pronunciarsi sull’ammissibilità delle prove ottenute in violazione di tali disposizioni conformemente al suo diritto nazionale, in modo da rispettare i) i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare i principi di proporzionalità, equivalenza ed effettività; e ii) il diritto a un equo processo, compreso il rispetto del principio del contraddittorio, sancito dall’articolo 47 della Carta e dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU;

deve escludere le prove ottenute in violazione di tali disposizioni qualora una parte del procedimento non sia in grado di svolgere efficacemente osservazioni in merito a tali prove, le prove rientrino in un settore tecnico che esula dalla competenza dei giudici e dette prove possano influenzare in modo preponderante l’accertamento dei fatti nel procedimento penale di cui trattasi.

V. Conclusione

64.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere alle questioni poste dallo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria) nel modo seguente:

1)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a una prassi in forza della quale l’intercettazione, la registrazione e la memorizzazione di conversazioni telefoniche di sospettati sono autorizzate mediante un testo standard generico in cui viene affermato il rispetto delle disposizioni di legge ma che non contiene, a tale riguardo, motivi riferiti al caso specifico, purché i motivi dell’autorizzazione possano essere accertati in modo attendibile ed efficacemente contestati dall’imputato sottoposto alla sorveglianza mediante una lettura congiunta dell’autorizzazione e dell’istanza di autorizzazione.

2)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 di quest’ultima,

devono essere interpretati nel senso che:

i giudici nazionali i quali constatino l’illegalità delle prove ottenute sulla base di un’autorizzazione non adeguatamente motivata non possono sanare tale irregolarità permettendo che la motivazione di tale autorizzazione sia fornita retrospettivamente, salvo in casi di urgenza debitamente motivata;

i giudici nazionali devono pronunciarsi sull’ammissibilità delle prove ottenute in violazione di tali disposizioni conformemente al loro diritto nazionale, in modo da rispettare i) i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare i principi di proporzionalità, equivalenza ed effettività; e ii) il diritto a un equo processo, compreso il rispetto del principio del contraddittorio, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;

i giudici nazionali devono escludere le prove ottenute in violazione di tali disposizioni qualora una parte del procedimento non sia in grado di svolgere efficacemente osservazioni in merito a tali prove, le prove rientrino in un settore tecnico che esula dalla competenza dei giudici e dette prove possano influenzare in modo preponderante l’accertamento dei fatti nel procedimento penale di cui trattasi.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Direttiva sulla vita privata e le comunicazioni elettroniche) (GU 2022, L 201, pag. 37).

( 3 ) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 1), abrogata e sostituita dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1), come modificato.

( 4 ) DV n. 86, del 28 ottobre 2005 (ultima versione DV n. 16, del 23 febbraio 2021).

( 5 ) DV n. 95, del 21 ottobre 1997 (ultima versione DV n. 69, del 4 agosto 2020).

( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU 2016, L 119, pag. 89).

( 7 ) Sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 103).

( 8 ) V., ad esempio, sentenze del 21 dicembre 2016, Tele2 Sverige e Watson e a. (C‑203/15 e C‑698/15, EU:C:2016:970); del 2 ottobre 2018, Ministerio Fiscal (C‑207/16, EU:C:2018:788); del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791); e del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152).

( 9 ) Sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) Sentenza del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen (C‑430/19 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punto 19).

( 11 ) Per una discussione dell’interazione tra il principio di effettività e l’articolo 47 della Carta, v., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Banger (C‑89/17, EU:C:2018:225, paragrafi da 99 a 101 e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2012, Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punto 53 e giurisprudenza ivi citata); del 4 giugno 2013, ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 53 e giurisprudenza ivi citata); del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 51 e giurisprudenza ivi citata); e del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken (C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) V., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2012, Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punto 60 e giurisprudenza ivi citata), e del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punti da 51 a 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:247, paragrafo 89).

( 15 ) Previa espunzione, ad esempio, di segreti aziendali e informazioni personali o sensibili.

( 16 ) Corte EDU, 11 gennaio 2022, Ekimdzhiev e a. c. Bulgaria (CE:ECHR:2007:0628JUD006254000) (in prosieguo: la sentenza «Ekimdzhiev»).

( 17 ) Corte EDU, 11 gennaio 2022, Ekimdzhiev e a. c. Bulgaria (CE:ECHR:2007:0628JUD006254000, §§ da 313 a 321).

( 18 ) Sentenze del 21 dicembre 2016, Tele2 Sverige e Watson e a. (C‑203/15 e C‑698/15, EU:C:2016:970, punto 120 e giurisprudenza ivi citata); del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 58 e giurisprudenza ivi citata); del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 51 e giurisprudenza ivi citata), e del 5 aprile 2022, Commissioner of the Garda Síochána e a. (C‑140/20, EU:C:2022:258, punti 110112 e giurisprudenza ivi citata).

( 19 ) Corte EDU, 15 gennaio 2015, Dragojević c. Croazia (CE:ECHR:2015:0115JUD006895511, §§ 127 e 128 nonché giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza Dragojević»).

( 20 ) Corte EDU, 12 maggio 2000, Khan c. Regno Unito (CE:ECHR:2000:0512JUD003539497, § 34 e giurisprudenza ivi citata), e Corte EDU, 10 marzo 2009, Bykov c. Russia (CE:ECHR:2009:0310JUD000437802, §§ 88 e 89 nonché giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) Sentenze del 20 settembre 2001, Courage e Crehan (C‑453/99, EU:C:2001:465, punto 29 e giurisprudenza ivi citata); del 24 settembre 2002, Grundig Italiana (C‑255/00, EU:C:2002:525, punto 33 e giurisprudenza ivi citata); e del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 223 e giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) Sentenze del 10 aprile 2003, Steffensen (C‑276/01, EU:C:2003:228, punto 69 e giurisprudenza ivi citata) (in prosieguo: la «sentenza Steffensen»), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 34).

( 23 ) Sentenze del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 225), e del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) Tale regola affonda le sue radici nella giurisprudenza della Corte EDU sul diritto a un equo processo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, in particolare in materia di tutela del principio del contraddittorio; v: Corte EDU, 18 marzo 1997, Mantovanelli c. Francia (CE:ECHR:1997:0318JUD002149793) (in prosieguo: la «sentenza Mantovanelli»), alla quale rinvia la sentenza del 10 aprile 2003, Steffensen (C‑276/01, EU:C:2003:228, punto 78), così come la giurisprudenza della Corte relativa alla conservazione generale dei dati relativi al traffico e all’ubicazione [sentenze del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punti 226227); e del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 44).

( 25 ) Corte EDU, 18 marzo 1997, Mantovanelli c. Francia (CE:ECHR:1997:0318JUD002149793, § 36).

( 26 ) C‑276/01, EU:C:2003:228, punti 76, 7879. Per fugare qualsiasi dubbio, questa regola si compone di tre condizioni cumulative. Qualora tutte e tre le condizioni siano soddisfatte, il mezzo di prova deve essere escluso. Da ciò non consegue tuttavia che un giudice debba ammettere un mezzo di prova nel caso in cui tutte e tre le condizioni non siano soddisfatte. Infine, tale regola si applica indipendentemente dal fatto che il mezzo di prova in questione sia stato ottenuto legalmente o illegalmente.

( 27 ) Sentenze del 14 febbraio 2008, Varec (C‑450/06, EU:C:2008:91, punto 47); del 4 giugno 2013ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 55); e del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17).

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