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Document 62015TJ0712

Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione ampliata) del 13 dicembre 2017.
Crédit mutuel Arkéa contro Banca centrale europea.
Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n.°1024/2013 – Vigilanza prudenziale su base consolidata – Gruppo sottoposto a vigilanza prudenziale – Enti collegati in modo permanente a un organismo centrale – Articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento (UE) n. 468/2014 – Articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013 – Requisiti in materia di fondi propri – Articolo 16, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1024/2013.
Causa T-712/15.

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2017:900

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

13 dicembre 2017 ( *1 )

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale degli enti creditizi – Articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n.°1024/2013 – Vigilanza prudenziale su base consolidata – Gruppo sottoposto a vigilanza prudenziale – Enti collegati in modo permanente a un organismo centrale – Articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento (UE) n. 468/2014 – Articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013 – Requisiti in materia di fondi propri – Articolo 16, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1024/2013»

Nella causa T‑712/15,

Crédit mutuel Arkéa, con sede a Relecq Kerhuon (Francia), rappresentato da H. Savoie e P. Mele, avvocati,

ricorrente,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da K. Lackhoff, R. Bax e C. Olivier, in qualità di agenti, assistiti da D. Martin, M. Pittie e M. Françon, avvocati,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci e K.–P. Wojcik, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento della decisione ECB/SSM/2015 – 9695000CG 7B84NLR5984/28 della BCE, del 5 ottobre 2015, che fissa i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da M. Prek (relatore), presidente, E. Buttigieg, F. Schalin, B. Berke e M. J. Costeira, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I. Fatti

1

Il Crédit Mutuel è un gruppo bancario decentralizzato, costituito da una rete di casse locali con lo statuto di società cooperative. Ogni cassa locale del Crédit mutuel deve aderire ad una federazione regionale e ogni federazione deve aderire alla Confédération nationale du Crédit mutuel [Confederazione nazionale del Crédit mutuel (CNCM)], organo centrale della rete ai sensi degli articoli L.511‑30 e L.511‑31 del codice monetario e finanziario francese (in prosieguo: il «CMF»). A livello nazionale, il Crédit mutuel comprende altresì la Caisse centrale du Crédit mutuel [Cassa centrale del Crédit mutuel (CCCM)], una società per azioni cooperativa di credito a capitale variabile, riconosciuta come ente creditizio, detenuta dai membri della rete.

2

Il ricorrente, Crédit mutuel Arkéa, è una società per azioni cooperativa di credito a capitale variabile, riconosciuta come ente creditizio. Tale ente creditizio è stato creato nel 2002 in seguito al ravvicinamento di diverse federazioni regionali di crediti cooperativi. Altre federazioni si sono raggruppate e hanno creato il CM11‑CIC, mentre altre ancora sono rimaste autonome.

3

Con lettera del 19 settembre 2014 il ricorrente ha comunicato alla Banca centrale europea (BCE) la propria analisi relativa all’impossibilità di essere sottoposto alla vigilanza prudenziale della BCE attraverso la CNCM. Con lettera del 10 novembre 2014 la BCE ha indicato che avrebbe presentato tale questione alle competenti autorità francesi.

4

In data 19 dicembre 2014 la BCE ha comunicato alla CNCM un progetto di decisione recante i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel, chiedendo di provvedere a comunicare tale progetto alle diverse entità che compongono tale gruppo e impartendo un termine entro il quale tali entità avrebbero potuto presentare le loro osservazioni. In data 16 gennaio 2015 il ricorrente ha comunicato le proprie osservazioni alla BCE. In data 30 gennaio 2015 la CNCM si è espressa sulle osservazioni presentate dal ricorrente.

5

In data 19 febbraio 2015 la BCE ha comunicato alla CNCM un progetto di decisione riveduto recante i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel e alle entità che lo compongono, chiedendo di provvedere a comunicare tale progetto a queste ultime e impartendo un termine entro il quale esse avrebbero potuto presentare le loro osservazioni. In data 27 marzo 2015 il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni.

6

In data 17 giugno 2015 la BCE ha adottato una decisione recante i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel, nella quale sottolineava la propria qualità di autorità di vigilanza prudenziale su base consolidata della CNCM e di autorità competente incaricata della vigilanza delle entità elencate in tale decisione, fra le quali figurava il ricorrente (considerando 1). L’articolo 2, paragrafo 1, di tale decisione prevedeva che la CNCM si adoperasse affinché il gruppo Crédit mutuel rispettasse in maniera permanente i requisiti di cui all’allegato I. Dall’articolo 2, paragrafo 3, di tale decisione risultava che il ricorrente dovesse rispettare in maniera permanente i requisiti di cui all’allegato II‑2, in forza dei quali veniva imposto un coefficiente di fondi propri di classe 1 (in prosieguo i «fondi propri “CET 1”») dell’11%.

7

In data 17 luglio 2015 il ricorrente ha chiesto il riesame di tale decisione ai sensi dell’articolo 24 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63; in prosieguo: il «regolamento base»), in combinato disposto con l’articolo 7 della decisione 2014/360/UE della Banca centrale europea, del 14 aprile 2014, relativa all’istituzione di una commissione amministrativa del riesame e alle relative norme di funzionamento (GU 2014, L 175, pag. 47). Un’udienza si è svolta in data 31 agosto 2015 dinanzi alla commissione amministrativa del riesame (in prosieguo: la «commissione del riesame»).

8

In data 14 settembre 2015 la commissione del riesame ha emesso un parere nel senso della legittimità della decisione della BCE. In tale parere viene sottolineato, in sostanza, che le critiche addotte dal ricorrente contro la decisione del 17 giugno 2015 potevano essere raggruppate in tre categorie a seconda che egli contestasse il ricorso a una vigilanza prudenziale consolidata del Groupe Crédit mutuel attraverso la CNCM per il fatto che quest’ultima non è un ente creditizio (prima censura), che egli sostenesse l’inesistenza di un «Groupe Crédit mutuel» (seconda censura) o che egli contestasse la decisione della BCE di aumentare i propri requisiti di coefficiente di fondi propri «CET 1» dall’8 all’11% (terza censura).

9

Per quanto riguarda la prima censura, la commissione del riesame ha, in primo luogo, rammentato che la BCE, con decisione adottata in data 1o settembre 2014, aveva ritenuto che il gruppo Crédit mutuel costituisse un importante gruppo vigilato e, nella medesima occasione, ha rilevato che il ricorrente era un’entità membro di tale gruppo e che la CNCM ne costituiva il più alto livello di consolidamento. In secondo luogo, essa ha rilevato che la nozione di organismo centrale di cui all’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (GU 2014, L 141, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento quadro sull’MVU»), e di cui all’articolo 10 del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1, rettifiche GU 2013, L 208, pag. 68 e GU 2013, L 321, pag. 6), non era definita dal diritto dell’Unione europea e che non era necessario che tale organismo centrale fosse un ente creditizio, facendo riferimento, a sostegno di tale interpretazione, all’orientamento del comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (CEBS) del 18 novembre 2010 (in prosieguo: l’«orientamento del CEBS») e all’articolo 4, paragrafo 1, lettera g), del regolamento base. In terzo luogo, la commissione del riesame ha rilevato che, per esercitare una vigilanza prudenziale su base consolidata, non era necessario che la BCE disponesse di una serie completa di poteri di vigilanza o di sanzione nei confronti dell’entità madre di un gruppo. In quarto luogo, essa ha rammentato che, prima del trasferimento di tale competenza alla BCE, il gruppo Crédit mutuel era sottoposto a vigilanza prudenziale su base consolidata da parte dell’autorità francese competente, vale a dire l’autorité de contrôle prudentiel et de résolution [autorità di controllo prudenziale e di risoluzione (ACPR)], attraverso la CNCM.

10

Quanto alla seconda censura, la commissione del riesame ha concluso che il gruppo Crédit mutuel soddisfacesse i requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, a cui si riferisce l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU. In primo luogo, la commissione del riesame ha considerato che la qualità di associazione della CNCM non precludeva l’esistenza di una solidarietà con gli enti affiliati. In secondo luogo, essa ha ritenuto che i conti del gruppo Crédit mutuel nel suo insieme fossero stabiliti su base consolidata. In terzo luogo, essa ha considerato che, a ragione, la BCE aveva ritenuto che la CNCM avesse il potere di impartire istruzioni alla direzione degli enti affiliati.

11

Quanto alla terza censura, la commissione del riesame ha ritenuto che le valutazioni della BCE relative al livello dei requisiti in materia di fondi propri «CET 1» del ricorrente non fossero viziate da alcun errore manifesto di valutazione e non fossero sproporzionate. Al riguardo, essa ha sottolineato i disaccordi persistenti tra il ricorrente e la CNCM intendendoli come segni rivelatori di problemi di gestione idonei a causare rischi supplementari.

12

In data 5 ottobre 2015 la BCE ha adottato la decisione ECB/SSM/2015 – 9695000CG 7B84NLR5984/28, che fissa i requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel (in prosieguo: la «decisione impugnata») e che, in applicazione dell’articolo 24, paragrafo 7, del regolamento base, ha abrogato e sostituito la decisione del 17 giugno 2015, pur mantenendo un contenuto identico. La decisione impugnata è stata poi essa stessa abrogata dalla decisione ECB/SSM/2015 – 9695000CG 7B84NLR5984/40 della BCE, del 4 dicembre 2015, che fissa nuovi requisiti prudenziali applicabili al gruppo Crédit mutuel e alle entità che lo compongono.

13

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 febbraio 2016, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del 4 dicembre 2015.

II. Procedimento e conclusioni delle parti

14

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 3 dicembre 2015, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

15

Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 marzo 2016, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE.

16

Con decisione del 20 aprile 2016 il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Commissione a sostegno delle conclusioni della BCE.

17

In data 1o giugno 2016 la Commissione ha depositato la sua memoria di intervento.

18

A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

19

In data 3 aprile 2017 a titolo di misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, è stato chiesto alla BCE di produrre taluni documenti. La BCE ha ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

20

Su proposta della Seconda Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura del Tribunale, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

21

Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale del procedimento.

22

Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 6 giugno 2017. Al termine dell’udienza, il Tribunale ha deciso di non chiudere la fase orale e ha chiesto alla BCE di fornire una risposta scritta a un quesito, richiesta di cui si è preso atto nel verbale dell’udienza. La BCE ha ottemperato a tale richiesta nei termini impartiti.

23

La fase orale del procedimento è stata chiusa il 10 luglio 2017.

24

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

25

La BCE e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare il ricorrente alle spese.

III. In diritto

A. Sulla ricevibilità del ricorso

26

Senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura, la BCE contesta la ricevibilità del ricorso. Al riguardo, in primo luogo, la BCE fa notare che il mandato ai fini dell’introduzione del presente ricorso è stato rilasciato dal presidente del consiglio di amministrazione del ricorrente che, a norma del diritto francese, non ha potere di rappresentanza; in secondo luogo, essa sostiene che il ricorrente non è legittimato ad agire contro la decisione impugnata, ad eccezione dell’articolo 2, paragrafo 3, e dell’allegato II‑2 e, in terzo luogo, nega l’esistenza di un interesse ad agire in capo al ricorrente.

27

Il ricorrente chiede il rigetto dell’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE.

1.   Sulla regolarità del mandato conferito ai legali del ricorrente

28

La BCE fa notare che il mandato che è stato inizialmente conferito ai legali del ricorrente è stato rilasciato dal presidente del consiglio di amministrazione di quest’ultimo, sebbene dalle decisioni dei giudici francesi che interpretano gli articoli L.225‑51‑1 e L.225‑56 del codice di commercio francese risulti che il presidente del consiglio di amministrazione di una società per azioni non dispone del potere di rappresentarla legalmente, in quanto, salvo che sia giustificato un cumulo di tali funzioni, detto potere è assegnato soltanto al direttore generale.

29

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura, gli avvocati, quando la parte che rappresentano è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest’ultima. Inoltre, in forza dell’articolo 51, paragrafo 4, del regolamento citato, se il mandato non è depositato, il cancelliere assegna alla parte interessata un termine adeguato per produrlo.

30

L’articolo 51, paragrafo 4, del regolamento di procedura deve essere interpretato nel senso che è possibile rimediare all’assenza di mandato al momento dell’introduzione del ricorso con la produzione successiva di qualsiasi documento che confermi l’esistenza di un tale mandato [v., per analogia, sentenza del 4 febbraio 2015, KSR/UAMI – Lampenwelt (Moon), T‑374/13, EU:T:2015:69, punti 1213; v., inoltre, riguardo al regolamento di procedura della Corte, sentenza del 19 giugno 2014, Commune de Millau e SEMEA/Commissione, C‑531/12 P, EU:C:2014:2008, punti 3334].

31

Nella fattispecie, a seguito di una domanda in tal senso, gli avvocati del ricorrente hanno trasmesso al Tribunale un documento rilasciato dal suo rappresentante legittimato, vale a dire il suo direttore generale, confermando la propria intenzione di portare a buon fine il ricorso.

32

Pertanto, il ricorso non può essere considerato irricevibile per irregolarità del mandato.

2.   Sulla legittimazione ad agire del ricorrente contro l’articolo 2, paragrafo 1, e l’allegato I della decisione impugnata

33

La BCE sostiene, in sostanza, che il ricorrente è legittimato ad agire solo nei confronti della parte della decisione impugnata che lo riguarda, vale a dire l’articolo 2, paragrafo 3, e l’allegato II‑2.

34

Occorre rilevare che la decisione impugnata, benché predisposta sotto forma di decisione unica, deve essere considerata come un complesso di decisioni individuali (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 100) che impongono requisiti prudenziali a ciascuna entità elencata all’articolo 2 di tale decisione. Al riguardo, occorre rilevare che, se ai sensi dell’articolo 6 della decisione impugnata la destinataria di tale decisione è la CNCM, quest’ultima è però tenuta, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione stessa, a notificare all’organo di direzione di ciascuna delle entità elencate nell’articolo 2 il corpo del testo della decisione impugnata e l’allegato rilevante nonché, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione impugnata, ad informare la BCE sulle date in cui essa ha proceduto a effettuare tali notifiche.

35

In relazione all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione impugnata, poiché in esso viene precisato che «la [CNCM] controlla che il gruppo Crédit mutuel rispetti in modo permanente i requisiti di cui all’allegato I», se ne deve dedurre che solo la CNCM ne costituisce la destinataria ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

36

Pertanto, la contestazione, da parte del ricorrente, dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione impugnata e dell’allegato I al quale esso rinvia sarà ricevibile a condizione che tale aspetto della decisione impugnata riguardi direttamente e individualmente il ricorrente o che tale aspetto della decisione impugnata lo riguardi direttamente e che la decisione impugnata costituisca un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2014, Royal Scandinavian Casino Århus/Commissione, T‑615/11, non pubblicata, EU:T:2014:838, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

37

Poiché sia dal considerando 1 della decisione impugnata sia dagli articoli 2 e 3 di tale decisione emerge che il ricorrente è considerato dalla BCE come un’entità facente parte del gruppo Crédit mutuel che la BCE ha deciso di sottoporre a vigilanza prudenziale su base consolidata attraverso la CNCM, deve ritenersi che l’articolo 2, paragrafo 1, della decisione impugnata e l’allegato I al quale esso rinvia lo riguardino direttamente e individualmente, in quanto attribuiscono alla CNCM la responsabilità, dinanzi alla BCE, della sua vigilanza prudenziale.

38

Ne consegue inevitabilmente che il ricorrente è legittimato ad agire non solo contro l’articolo 2, paragrafo 3, e l’allegato II‑2 della decisione impugnata, ma anche contro l’articolo 2, paragrafo 1, e l’allegato I di tale decisione.

3.   Sull’interesse ad agire del ricorrente contro la decisione impugnata

39

Per confutare l’esistenza dell’interesse ad agire del ricorrente, la BCE fa notare, anzitutto, che la decisione impugnata ha cessato di produrre effetti giuridici in data 4 dicembre 2015, vale a dire quando è stata adottata una nuova decisione; poi, che il ricorrente ha disposto di un coefficiente di fondi propri «CET 1» superiore a quello che gli imponeva la decisione impugnata e, infine, che il ricorrente non si è mai opposto alla vigilanza prudenziale su base consolidata del gruppo Crédit mutuel da parte dell’ACPR.

40

Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costante, l’interesse all’annullamento di un atto sussiste solo se tale annullamento è idoneo, di per sé, a produrre conseguenze giuridiche (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 1986, AKZO Chemie/Commissione, 53/85, EU:C:1986:256, punto 21, e del 25 marzo 1999, Gencor/Commissione, T‑102/96, EU:T:1999:65, punto 40).

41

È giocoforza constatare che l’abrogazione, da parte della decisione del 4 dicembre 2015, della decisione impugnata non priva il ricorrente di un interesse ad agire nei suoi confronti.

42

In effetti, l’abrogazione di un atto di un’istituzione non equivale ad un’ammissione della sua illegittimità e produce un effetto ex nunc, a differenza di una sentenza di annullamento, in forza della quale l’atto annullato è eliminato retroattivamente dall’ordinamento giuridico ed è considerato come mai esistito (sentenze del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 35; del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 48, e del 30 settembre 2009, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2009:372, punti 4748).

43

Inoltre, il ricorrente conserva un interesse ad agire nei confronti della decisione impugnata al fine di evitare che un eventuale annullamento della decisione che l’ha abrogata abbia come conseguenza che essa produca nuovamente effetti. Invero, qualora la decisione del 4 dicembre venisse annullata, le parti si troverebbero ricollocate nella situazione anteriore alla sua entrata in vigore (v., in tal senso, sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, 22/70, EU:C:1971:32, punto 60), che sarebbe quindi nuovamente disciplinata dalla decisione impugnata. Ne consegue altresì che il ricorrente ha un interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata con la quale la BCE fissa i suoi requisiti minimi di fondi propri «CET 1», indipendentemente dal livello dei suoi fondi propri quando la decisione impugnata era in vigore.

44

Infine, considerato che l’articolo 2, paragrafo 1, e l’allegato I della decisione impugnata implicano l’appartenenza del ricorrente al gruppo Crédit mutuel e la sua vigilanza tramite la CNCM, mentre esso ritiene di dover essere invece sottoposto direttamente alla vigilanza prudenziale della BCE, il ricorrente è legittimato ad agire nei confronti di tale aspetto della decisione impugnata, indipendentemente da quello che possa essere stato il suo atteggiamento quando la vigilanza prudenziale era condotta dall’ACPR.

45

Alla luce di quanto precede, le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla BCE devono essere respinte.

B.   Nel merito

46

A sostegno del proprio ricorso, il ricorrente adduce un’argomentazione che può essere divisa in tre motivi.

47

Sebbene l’obiettivo generale sia costituito dalla decisione impugnata, l’argomentazione di cui ai primi due motivi riguarda, in realtà, soltanto la legittimità dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’allegato I di tale decisione, con i quali la BCE organizza la vigilanza prudenziale consolidata del gruppo Crédit mutuel attraverso la CNCM. Con il suo primo motivo, il ricorrente fa valere, in sostanza, l’illegittimità di tale aspetto della decisione impugnata, in quanto la CNCM non è un ente creditizio e non può, pertanto, rientrare nell’ambito della vigilanza prudenziale della BCE. Con il suo secondo motivo, il ricorrente sostiene che la BCE ha erroneamente considerato, a fini di vigilanza prudenziale, l’esistenza di un «gruppo».

48

Con il suo terzo motivo, il ricorrente contesta, in sostanza, la fissazione dei suoi fondi propri «CET 1» a 11%, in quanto l’imposizione di fondi propri va al di là dei requisiti legali minimi ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, lettera a), del regolamento base. Pertanto, sebbene sia diretto contro la decisione impugnata nel suo insieme, occorre constatare che, in realtà, tale motivo riguarda soltanto la legittimità dell’articolo 2, paragrafo 3, e dell’allegato II‑2 della decisione impugnata, relativi ai requisiti prudenziali imposti al ricorrente.

1.   Sul primo e secondo motivo, relativi alla legittimità dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’allegato I della decisione impugnata

49

Dal considerando 1 della decisione impugnata e dall’articolo 2, paragrafo 1, della medesima decisione emerge che la BCE organizza una vigilanza prudenziale consolidata del gruppo Crédit mutuel attraverso la CNCM, incaricando quest’ultima di assicurare il permanente rispetto da parte di tale gruppo dei requisiti fissati nell’allegato I di tale decisione.

50

La contestazione sollevata dalla BCE, secondo cui tali due motivi sono inconferenti sulla base del rilievo che il ricorrente ammette di costituire un’entità significativa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento base, che rientra nell’ambito della vigilanza prudenziale diretta della BCE, deve essere subito respinta. In effetti, con i primi due motivi, il ricorrente contesta le modalità di esercizio di tale vigilanza prudenziale, vale a dire il fatto che essa sia effettuata tramite la CNCM nei suoi confronti a motivo della sua appartenenza al gruppo Crédit mutuel.

51

Occorre inoltre rilevare che, anche se i motivi per cui la BCE ha deciso di organizzare una vigilanza prudenziale consolidata del gruppo Crédit mutuel attraverso la CNCM non figurano espressamente nella decisione impugnata, la commissione del riesame ha fornito una motivazione su tale punto che è stata ripresa supra ai punti da 8 a 10. Orbene, tenuto conto che, nella decisione impugnata, la BCE si è pronunciata in senso conforme a quello del parere della commissione del riesame, che rientra nel contesto della decisione impugnata, si deve considerare che la BCE abbia fatto propria la motivazione di cui al detto parere e che la fondatezza della decisione impugnata possa essere esaminata alla luce di tale motivazione (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, T‑122/15, con impugnazione pendente, EU:T:2017:337, punti da 125 a 127).

52

Nell’ambito dei suoi primi due motivi, il ricorrente contesta l’interpretazione data dalla BCE all’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU e ai requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, al quale fa riferimento tale prima disposizione.

53

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, per «gruppo vigilato» si intende, in particolare, «soggetti vigilati aventi ciascuno la propria sede principale nel medesimo Stato membro partecipante, purché permanentemente collegati a un organismo centrale che eserciti la vigilanza sugli stessi alle condizioni di cui all’articolo 10 del regolamento (…) n. 575/2013 e che si sia insediato nel medesimo Stato membro partecipante».

54

L’articolo 10 del regolamento n. 575/2013, rubricato «Deroga per gli enti creditizi affiliati permanentemente ad un organismo centrale», dispone che:

«1.   Le autorità competenti possono derogare, in tutto o in parte, conformemente alla normativa nazionale, all’applicazione dei requisiti stabiliti nelle parti da due a otto a uno o più enti creditizi esistenti in uno stesso Stato membro che sono affiliati permanentemente ad un organismo centrale preposto al loro controllo, stabilito nel medesimo Stato membro, se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

gli obblighi assunti dall’organismo centrale e dagli enti ad esso collegati siano garantiti in solido ovvero gli impegni degli enti affiliati siano pienamente garantiti dall’organismo centrale,

b)

la solvibilità e la liquidità dell’organismo centrale e di tutti gli enti ad esso affiliati siano controllati, nel loro insieme, sulla base di conti consolidati di tali enti

c)

la dirigenza dell’organismo centrale abbia il potere di dare istruzioni alla dirigenza degli enti ad esso collegati».

55

Secondo giurisprudenza consolidata, in sede di interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2005, VEMW e a., C‑17/03, EU:C:2005:362, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

56

Nelle circostanze del caso di specie, è opportuno, prima di esaminare i primi due motivi sollevati dal ricorrente, procedere ad un’interpretazione teleologica e contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

a)   Sull’interpretazione teleologica e contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU

57

Con riferimento innanzi tutto all’interpretazione teleologica dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, occorre rilevare che, secondo il suo considerando 9, tale regolamento si pone l’obiettivo di sviluppare e specificare ulteriormente le procedure di cooperazione stabilite dal regolamento base tra la BCE e le autorità nazionali competenti nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (in prosieguo: l’«MVU») così come con le autorità nazionali designate. Pertanto, in sede di interpretazione teleologica dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, occorre altresì tenere conto delle finalità del regolamento base.

58

Al riguardo, è opportuno osservare che la vigilanza prudenziale dei gruppi di enti creditizi su base consolidata risponde essenzialmente a due finalità.

59

La prima finalità consiste nel permettere alla BCE di comprendere i rischi idonei ad incidere su di un ente creditizio che non provengono da esso, ma dal gruppo a cui appartiene.

60

Al considerando 26 del regolamento base viene infatti precisato quanto segue:

«I rischi per la sicurezza e la solidità di un ente creditizio possono porsi sia a livello di singolo ente sia a livello di gruppo bancario o di conglomerato finanziario. Meccanismi specifici di vigilanza per attenuare questi rischi sono importanti per assicurare la sicurezza e la solidità degli enti creditizi. È opportuno incaricare la BCE, oltre che della vigilanza sui singoli enti creditizi, anche della vigilanza su base consolidata (…)».

61

La seconda finalità perseguita dalla vigilanza prudenziale dei gruppi di enti creditizi su base consolidata consiste nell’evitare un frazionamento della vigilanza prudenziale dei soggetti che compongono tali gruppi in diverse autorità di vigilanza.

62

Ciò si evince, segnatamente, in primo luogo dalla circostanza che, secondo il considerando 38 e l’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento base, la valutazione della significatività di un ente creditizio, che determina se taluni compiti di vigilanza prudenziale saranno espletati dalla sola BCE o in maniera decentrata nell’ambito dell’MVU (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, T‑122/15, con impugnazione pendente, EU:T:2017:337, punto 63), si fa al massimo livello di consolidamento all’interno degli Stati membri partecipanti. Tale finalità è ripresa nell’articolo 40, paragrafi 1 e 2, lettera a), del regolamento quadro sull’MVU, con riferimento ai gruppi vigilati.

63

Tale finalità si evince altresì, in secondo luogo, dall’articolo 40, paragrafo 2, del regolamento quadro sull’MVU, dal quale emerge che, qualora un soggetto che appartiene ad un gruppo rientri nella vigilanza prudenziale della BCE, perché soddisfa il criterio dell’assistenza finanziaria pubblica diretta o perché costituisce uno dei tre enti creditizi più significativi in uno Stato membro partecipante, tale vigilanza si estende all’insieme del gruppo.

64

Ne consegue che, per rispettare le finalità del regolamento base, l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU e le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 alle quali esso rimanda devono essere interpretati tenendo conto dell’intenzione del legislatore volta a consentire alla BCE di ottenere una visione d’insieme sui rischi che possono incidere su di un ente creditizio ed evitare un frazionamento della vigilanza prudenziale fra la BCE e le autorità nazionali.

65

Con riferimento alla finalità propria dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, occorre osservare che tale regolamento riguarda i requisiti prudenziali applicabili agli enti creditizi. In tale contesto, l’obiettivo perseguito dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 emerge con chiarezza dalla sua formulazione. Esso consiste nell’offrire all’autorità competente la possibilità di derogare, in tutto o in parte, all’applicazione di taluni requisiti stabiliti nel regolamento a uno o più enti creditizi esistenti in uno stesso Stato membro che sono affiliati permanentemente ad un organismo centrale preposto al loro controllo, stabilito nel medesimo Stato membro. Parimenti, l’articolo 10, paragrafo 2, del detto regolamento consente di derogare all’applicazione degli stessi requisiti prudenziali all’organismo centrale su base individuale.

66

Tuttavia, nella presente causa, le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 non si applicano a norma di tale ultimo regolamento per valutare la possibilità di una deroga al rispetto dei requisiti su base individuale, ma si applicano invece attraverso il rinvio operato dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU per verificare l’esistenza di un gruppo soggetto alla vigilanza prudenziale.

67

Inoltre, l’eventuale riconoscimento dell’esistenza di un gruppo vigilato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU non comporta la concessione del beneficio della deroga prevista dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 agli enti creditizi che lo compongono, dal momento che per l’autorità competente è sempre possibile rifiutare il beneficio di una deroga individuale anche se le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 sono soddisfatte.

68

In effetti, la circostanza che le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 possano essere soddisfatte non determina le medesime conseguenze a seconda che si tratti dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU o unicamente dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013. Nella prima ipotesi, essa comporta la vigilanza del gruppo da parte della BCE, sempreché anche le condizioni di cui all’articolo 40 del regolamento quadro sull’MVU siano soddisfatte. Nella seconda ipotesi, la deroga su base individuale ai requisiti prudenziali all’interno del gruppo non è automatica, ma resta una facoltà dell’autorità competente.

69

Pertanto, per la BCE è possibile dedurre dal rispetto delle condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 che l’articolo 2, paragrafo 21, del regolamento quadro sull’MVU trova applicazione nonché esercitare una vigilanza prudenziale sull’insieme del gruppo, rifiutandosi, nella sua qualità di autorità competente a titolo del regolamento n. 575/2013, di applicare agli enti del gruppo una deroga quanto al rispetto dei requisiti prudenziali su base individuale.

70

Da quanto precede si evince che solo le finalità dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU sono rilevanti ai fini della sua interpretazione, nonostante il rinvio che esso opera all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU.

71

Per quanto concerne, in secondo luogo, l’interpretazione contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, si deve osservare che, nel proprio parere, la commissione del riesame ha fatto più volte riferimento al contenuto dell’orientamento del CEBS al fine di concludere che le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 fossero soddisfatte. Pertanto, occorre esaminare se tale orientamento sia o meno un elemento del contesto giuridico nel quale si inserisce l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, che può essere pertinente ai fini dell’interpretazione delle condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, alle quali esso rinvia.

72

Occorre rammentare che il CEBS è il precursore dell’Autorità bancaria europea (ABE) e che l’orientamento del CEBS riguarda l’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione) (GU 2006, L 177, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi (GU 2009, L 302, pag. 97). L’articolo 3 della direttiva 2006/48 prevedeva che «uno o più enti creditizi esistenti in uno stesso Stato membro che (…) fossero collegati permanentemente ad un organismo centrale preposto al loro controllo, stabilito nel medesimo Stato membro po[teva]no essere esentati dall’applicazione delle condizioni elencate (…) purché (…) la legge nazionale a[vesse] previsto che (…)». Esso faceva poi riferimento a tre condizioni, che sono quelle che ora sono elencate nell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013.

73

Occorre inoltre rilevare che l’orientamento del CEBS è stato adottato in seguito alla richiesta in tal senso del legislatore, esposta al considerando 2 della direttiva 2009/111. In effetti, all’interno di tale considerando, veniva chiesto al CEBS di «formulare orientamenti per accrescere la convergenza delle prassi in materia di vigilanza [con riferimento all’articolo 3 della direttiva 2006/48]».

74

Pertanto, tenuto conto della corrispondenza fra la formulazione delle condizioni di cui all’articolo 3 della direttiva 2006/48 e all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 e le circostanze sottese all’adozione dell’orientamento del CEBS, vale a dire la sua adozione da parte dell’organismo allora competente e su richiesta del legislatore, l’orientamento del CEBS può essere preso in considerazione a titolo del contesto giuridico nel quale si inserisce l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

75

Tuttavia, l’interpretazione della normativa rilevante da parte di un’autorità amministrativa non può vincolare il giudice dell’Unione, che resta il solo competente ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione, in virtù dell’articolo 19 TUE.

76

Inoltre, occorre sottolineare che tale interpretazione è stata fornita dal CEBS tenendo conto solo delle finalità dell’articolo 3 della direttiva 2006/48, che erano analoghe a quelle dell’articolo 10 del regolamento n. 575/2013, vale a dire autorizzare un’esenzione dal rispetto dei requisiti prudenziali su base individuale qualora tali requisiti siano rispettati all’interno del gruppo.

77

Orbene, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 66 a 70, ciò che più importa non sono tali finalità, bensì quelle dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, delle quali non si è potuto tenere conto al momento dell’adozione dell’orientamento del CEBS.

78

Pertanto, anche se l’orientamento del CEBS costituisce un elemento del quale il giudice dell’Unione può eventualmente tenere conto, ad esso non si può però attribuire alcuna forma di autorità.

b)   Sul primo motivo, relativo al difetto della qualità di ente creditizio della CNCM

79

Il ricorrente sostiene che sia dal regolamento base, sia dal regolamento quadro sull’MVU, sia dal regolamento n. 575/2013 emerge che la vigilanza prudenziale su base consolidata degli enti affiliati a un organismo centrale è possibile solo se quest’ultimo detiene la qualità di ente creditizio, circostanza che non ricorre nel caso della CNCM.

80

La BCE, sostenuta dalla Commissione, chiede il rigetto del presente motivo.

81

In via preliminare, occorre rilevare che sebbene il ricorrente osservi, nelle sue memorie, che l’articolo 127, paragrafo 6, TFUE e il regolamento base riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi, esso non solleva, però, alcuna eccezione di illegittimità contro l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, basata sul fatto che tale articolo, qualora dovesse essere interpretato nel senso che non implica che l’organismo centrale debba disporre della qualità di ente creditizio, sarebbe contrario all’articolo 127, paragrafo 6, TFUE o al regolamento base, circostanza che ha confermato in sede di udienza.

82

Pertanto, nel quadro del presente motivo, è sufficiente verificare se la nozione di «organismo centrale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU debba essere intesa nel senso che implica la qualità di ente creditizio.

83

Dato che l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU rinvia alle condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, occorre esaminare se la qualità di ente creditizio derivi direttamente dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, o indirettamente dalle condizioni menzionate.

1) Sulla questione se la qualità di ente creditizio dell’organismo centrale derivi dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU

84

In sostanza, il ricorrente sostiene che, poiché l’articolo 127, paragrafo 6, TFUE e il regolamento base riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi, l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU dovrebbe essere interpretato nel senso che implica che gli organismi centrali dispongono della qualità di enti creditizi. Il ricorrente aggiunge che tale impossibilità di esercitare la vigilanza prudenziale consolidata attraverso un organismo centrale che non dispone di tale qualità è confermata dall’assenza, in una siffatta configurazione, di poteri di vigilanza e di sanzione della BCE.

85

In applicazione della giurisprudenza richiamata supra al punto 55, occorre procedere ad un’interpretazione letterale, teleologica e contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

86

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’interpretazione letterale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, occorre rilevare che la sua formulazione non indica che l’organismo centrale debba disporre della qualità di ente creditizio, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera a), del medesimo regolamento, che fa esplicito riferimento alla vigilanza prudenziale di un gruppo la cui impresa madre dispone della qualità di ente creditizio.

87

Con riferimento, in secondo luogo, all’interpretazione teleologica dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, occorre tenere conto delle finalità espresse supra al punto 64.

88

Orbene, senza che sia necessario esaminare nei particolari le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, che rientra nel secondo motivo, basta, in questa fase, sottolineare che, nel caso in cui tali condizioni fossero soddisfatte, se ne dedurrebbe logicamente una prossimità, fra gli enti affiliati e l’organismo centrale, sufficiente da consentire di constatare l’esistenza di un gruppo. Più in particolare, la condizione di solidarietà di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 può, nel caso di inadempimento di un ente creditizio, avere l’effetto di determinare un rischio per gli altri soggetti affiliati allo stesso organismo centrale. Accogliere la qualificazione di «gruppo vigilato» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU risulta, pertanto, in linea con le finalità del regolamento base e del regolamento quadro sull’MVU, indipendentemente dal fatto che l’organismo centrale di tale gruppo disponga o meno della qualità di ente creditizio.

89

Inoltre, seguire l’analisi del ricorrente implicherebbe che diversi enti affiliati ad un organismo centrale che non dispone della qualità di ente creditizio, ma che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, rientrerebbero, a seconda della loro significatività individuale, nella sola vigilanza della BCE o nella vigilanza diretta delle autorità nazionali competenti, nell’ambito dell’MVU, con il conseguente frazionamento della vigilanza prudenziale contrario alle finalità del regolamento base e del regolamento quadro sull’MVU.

90

Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’interpretazione contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, il ricorrente ha certo avuto ragione ad osservare, in sostanza, da una parte, che il regolamento base attribuisce alla BCE una serie di prerogative che si estendono fino alla possibilità di irrogare sanzioni amministrative, che costituiscono il corollario del compito di vigilanza che gli è affidato, e, dall’altra parte, che le disposizioni rilevanti del regolamento base non prevedono l’esercizio di tali prerogative nei confronti degli organismi centrali contemplati dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

91

In effetti, sia l’articolo 10 del regolamento base, relativo alle richieste di informazioni, sia l’articolo 11 di tale regolamento, relativo alle indagini generali, sia l’articolo 16 dello stesso regolamento, relativo ai poteri di vigilanza, si riferiscono all’esercizio di prerogative della BCE nei confronti di enti creditizi, società di partecipazione finanziaria, società di partecipazione mista e società di partecipazione finanziaria mista. Inoltre, l’articolo 18 di tale regolamento indica la possibilità di imporre sanzioni nei confronti di enti creditizi, società di partecipazione finanziaria e società di partecipazione finanziaria mista.

92

Tuttavia, occorre prendere in considerazione la circostanza secondo cui la vigilanza prudenziale su base consolidata di un gruppo si aggiunge alla vigilanza prudenziale su base individuale degli enti creditizi che lo compongono, senza però sostituirla, come ricordato dal considerando 38, seconda frase, del regolamento base.

93

Pertanto, l’impossibilità per la BCE di esercitare siffatte prerogative nei confronti di un organismo centrale che non dispone della qualità di ente creditizio non costituisce un impedimento dirimente alla conduzione di un’adeguata vigilanza prudenziale, in quanto la BCE può avvalersi delle sue prerogative nei confronti dei soggetti affiliati a tale organismo centrale.

94

Da quanto precede risulta che l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU non può essere interpretato nel senso che implica, di per sé, che un organismo centrale dispone della qualità di ente creditizio.

2) Sulla questione se la qualità di ente creditizio dell’organismo centrale derivi dall’articolo 10 del regolamento n. 575/2013

95

Il ricorrente ritiene che il rispetto del regolamento n. 575/2013 implichi che un organismo centrale debba avere la qualità di ente creditizio. Esso rinvia, al riguardo, da una parte, all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2013 e, dall’altra parte, all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.

96

Con riferimento, in primo luogo, all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2013, in esso viene precisato che, «[i]n caso di applicazione dell’articolo 10, l’organismo centrale di cui allo stesso articolo rispetta i requisiti di cui alle parti da due a otto sulla base della situazione consolidata dell’insieme costituito dall’organismo centrale unitamente agli enti a esso affiliati». Le parti da due a otto riguardano, rispettivamente, i fondi propri, i requisiti patrimoniali, le grandi esposizioni, le esposizioni al rischio di credito trasferito, la liquidità, la leva finanziaria e l’informativa da parte degli enti. In sostanza, il ricorrente fa valere che siffatti requisiti possono essere rispettati solo da un ente creditizio.

97

È giocoforza constatare che tale argomento non può essere accolto, in quanto fa del rispetto dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2003 una condizione per l’applicazione dell’articolo 10 del medesimo regolamento, in contrasto sia con l’interpretazione letterale del menzionato articolo 10 sia con l’articolazione tra tali due disposizioni.

98

Da una parte, nella lettera dell’articolo 10 del regolamento n. 575/2013 non figura alcun riferimento all’articolo 11, paragrafo 4, del medesimo regolamento.

99

Dall’altra parte, la logica della relazione fra tali due disposizioni impone che l’attuazione dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2013 sia una conseguenza, e non una condizione, dell’applicazione dell’articolo 10 di tale medesimo regolamento. In effetti, quando l’autorità competente accetta, sul fondamento dell’articolo 10 del regolamento n. 575/2013, di esentare i soggetti affiliati ad un organismo centrale dal rispetto dei requisiti prudenziali su base individuale, trova allora applicazione l’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2013, imponendo che tale organismo centrale si conformi ai requisiti prudenziali sulla base della situazione consolidata dell’insieme che esso costituisce con gli enti affiliati.

100

Al riguardo, occorre ricordare che non è in discussione in questa sede la fondatezza di una decisione di esenzione dal rispetto dei requisiti prudenziali su base individuale degli enti affiliati ad un organismo centrale, bensì l’esistenza di un gruppo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU. Orbene, tale ultima disposizione fa riferimento unicamente all’articolo 10 del regolamento n. 575/2013 e non all’articolo 11, paragrafo 4, del medesimo regolamento.

101

Pertanto, se è vero che l’eventuale difficoltà per un organismo centrale di rispettare le prescrizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 575/2013 può valere come considerazione rilevante ai fini della concessione da parte dell’autorità competente del beneficio di un’esenzione individuale – concessione che resta una facoltà anche se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 10 del regolamento n. 575/2013 –, tale difficoltà non incide sull’esercizio da parte della BCE della vigilanza prudenziale sull’insieme del gruppo.

102

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la condizione che figura all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013, essa impone che «la solvibilità e la liquidità dell’organismo centrale e di tutti gli enti ad esso affiliati siano controllati, nel loro insieme, sulla base dei conti consolidati di tali enti».

103

La questione se la CNCM soddisfi tale condizione è trattata nell’ambito della seconda parte del secondo motivo. In tale fase, è sufficiente verificare se il rispetto dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013 richieda necessariamente che l’organismo centrale disponga della qualità di ente creditizio.

104

Per essere soddisfatta, tale condizione richiede il rispetto di due criteri. Il primo riguarda l’esistenza di conti consolidati del gruppo. Il secondo implica una vigilanza della solvibilità e della liquidità dell’insieme dei soggetti che costituiscono il gruppo sulla base dei menzionati conti consolidati.

105

Al riguardo, la posizione che figura al punto 24 dell’orientamento del CEBS, secondo la quale il requisito di una vigilanza della solvibilità e della liquidità dell’insieme dei soggetti che costituiscono il gruppo sulla base di tali conti consolidati deve essere esaminata da un punto di vista prudenziale, deve essere appoggiata, in quanto l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU riguarda proprio la definizione di gruppi vigilati.

106

Il CEBS ha altresì giustamente osservato, nel suo orientamento, che non era necessario che l’organismo centrale disponesse della qualità di ente creditizio, in quanto il rispetto dei due criteri espressamente menzionati nell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013 era sufficiente affinché potesse essere esercitata una vigilanza del rispetto dei requisiti prudenziali da parte del gruppo.

107

In effetti, l’esistenza di conti consolidati consente di avere una visione generale della situazione finanziaria dell’insieme costituito dall’organismo centrale e dagli enti che gli sono affiliati, sulla base dei quali l’autorità competente può assicurarsi che la liquidità e la solvibilità di tale insieme siano conformi ai requisiti prudenziali, indipendentemente dal fatto che l’organismo centrale disponga o meno della qualità di ente creditizio.

108

Pertanto, occorre concludere che né l’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013, né l’articolo 11, paragrafo 4, del medesimo regolamento implicano che un organismo centrale debba disporre della qualità di ente creditizio affinché l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU possa trovare applicazione.

109

Alla luce di quanto precede, il primo motivo deve essere respinto.

c)   Sul secondo motivo, attinente all’assenza di gruppo vigilato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU e dell’articolo 10 del regolamento n. 575/2013

110

Con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, al quale rinvia l’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, non sono soddisfatte dal Crédit mutuel e che, pertanto, quest’ultimo non può essere considerato «gruppo» ai sensi di tale disposizione. Il presente motivo può essere diviso in tre parti, relative alla violazione delle condizioni di cui, rispettivamente, all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento.

1) Sulla prima parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013

111

In via preliminare, il ricorrente sottolinea che dall’articolo 6 del regolamento n. 575/2013 emerge che, in linea di principio, gli enti creditizi sono sottoposti ai requisiti prudenziali su base individuale e che la possibilità offerta dall’articolo 10 dello stesso regolamento configura una situazione eccezionale, applicabile unicamente quando il gruppo può essere considerato come un soggetto unico e quando l’applicazione dei requisiti prudenziali su base individuale non presenta alcun valore aggiunto.

112

Il ricorrente fa valere che la CNCM non ha e non può avere il diritto di disporre di fondi propri che le permettano di garantire o di essere solidale con gli impegni dei propri affiliati e che, pertanto, la BCE ha erroneamente ritenuto che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 fosse soddisfatta.

113

Anzitutto, il ricorrente sostiene, in sostanza, che le nozioni di solidarietà e di garanzia possono essere interpretate solo alla luce delle norme di diritto francese che disciplinano le relazioni fra la CNCM e i suoi affiliati. Orbene, in primo luogo, non esisterebbe, ai sensi dell’articolo 1200 del codice civile francese, alcuna solidarietà della CNCM con i propri affiliati nei confronti dei loro creditori. In secondo luogo, la CNCM non si renderebbe garante per gli impegni assunti dalle proprie affiliate ai sensi dell’articolo 2288 del codice civile francese e neppure presterebbe garanzia autonoma ai sensi dell’articolo 2321 dello stesso codice. In terzo luogo, l’articolo L.511‑31 del CMF non potrebbe essere interpretato nel senso che implica l’esistenza di una solidarietà o di una garanzia da parte della CNCM a vantaggio dei suoi affiliati. In quarto luogo, lo stesso varrebbe per le disposizioni particolari applicabili alla CNCM che figurano agli articoli L.512‑55 e seguenti del CMF. Il ricorrente aggiunge che non esiste alcun meccanismo di sostegno finanziario interno al gruppo analogo a quelli che possono essere adottati a norma degli articoli L.613‑46 e seguenti del CMF.

114

Inoltre, il ricorrente fa valere che la CNCM non dispone di alcun potere di trasferimento di fondi propri fra affiliati. Da una parte, l’articolo L.511‑31 del CMF non prevede che gli organi centrali possano effettuare tali trasferimenti e, dall’altra parte, la giurisprudenza recente del Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia) renderebbe impossibili i trasferimenti effettuati di autorità senza l’accordo degli affiliati interessati.

115

Infine, il ricorrente sostiene che la decisione a carattere generale n. 1‑1992 della CNCM, del 10 marzo 1992, relativa all’esercizio della solidarietà fra le casse di Crédit mutuel e le casse di Crédit mutuel agricole, non prevede che gli impegni dell’organismo centrale e degli affiliati siano assunti in solido o garantiti dagli uni o dagli altri. Il ricorrente fa notare che la stessa decisione impugnata sottolinea la mancanza di una definizione del meccanismo di solidarietà previsto all’interno del Crédit mutuel. Egli considera altresì che l’esistenza di un fondo del 2% dei depositi all’interno della CCCM non consente di concludere che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 sia soddisfatta.

116

La BCE, sostenuta dalla Commissione, chiede il rigetto della prima parte del secondo motivo.

117

Rispetto a tale prima condizione, occorre verificare se gli impegni della CNCM e degli enti ad essa affiliati siano garantiti in solido oppure se gli impegni degli enti ad essa affiliati siano interamente garantiti dalla CNCM.

118

Per quanto riguarda, in primo luogo, la ratio dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, si deve anzitutto respingere l’argomento del ricorrente attinente al fatto che le espressioni «impegni garantiti in solido» e «impegni (…) garantiti» dovrebbero essere interpretate alla luce dei pertinenti articoli del codice civile francese.

119

In effetti, secondo costante giurisprudenza della Corte, dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio d’uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun richiamo espresso al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Unione di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (v., sentenza del 5 dicembre 2013, Vapenik, C‑508/12, EU:C:2013:790, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

120

Tenuto conto che il regolamento n. 575/2013 non definisce le nozioni di «solidarietà» e di «garanzia» tramite un richiamo al diritto degli Stati membri, si deve considerare che si tratta di nozioni autonome del diritto dell’Unione.

121

Nel suo parere, la commissione del riesame si è riferita all’interpretazione di cui all’orientamento del CEBS.

122

Al riguardo, il punto 19 dell’orientamento del CEBS indica giustamente che la condizione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/48, la cui formulazione è analoga a quella dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, contempla diverse ipotesi, vale a dire, una garanzia dell’organismo centrale nei confronti dei suoi affiliati, o una garanzia reciproca dell’organismo centrale e dei suoi affiliati, oppure un sistema di garanzie interne in seno al gruppo secondo il quale le affiliate sono garanti anche fra loro.

123

Al punto 20 del suo orientamento, il CEBS osserva, in sostanza, che, affinché vi possa essere garanzia o solidarietà, «i meccanismi in atto (…) dovrebbero assicurare l’assenza, in punto di diritto o di fatto, di impedimenti al trasferimento rapido di fondi propri e di liquidità all’interno del gruppo al fine di assicurarsi che gli obblighi assunti nei confronti dei creditori dell’organismo centrale e dei suoi affiliati possano essere adempiuti» e «il gruppo nel suo insieme deve essere in grado di fornire il sostegno necessario a seconda dei meccanismi in atto a partire dai fondi disponibili».

124

È giocoforza constatare che tale secondo aspetto dell’interpretazione del CEBS non può essere pienamente accolto, quantomeno nelle circostanze in cui l’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 trova applicazione per effetto di un rinvio operato dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

125

In effetti, seguire la posizione del CEBS equivarrebbe a interpretare la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 alla luce della condizione attinente ai trasferimenti di fondi fra un’impresa madre e le sue imprese figlie affinché queste ultime possano beneficiare di un’esenzione dal rispetto dei requisiti prudenziali su base individuale. Quest’ultima si trovava nell’articolo 69 della direttiva 2006/48 e figura ora nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, che contempla la mancanza, «[di] rilevanti impedimenti di diritto o di fatto, attuali o previsti, che ostacolino il rapido trasferimento dei fondi propri o il rimborso di passività da parte dell’impresa madre».

126

Orbene, da una parte, occorre rilevare che tali due disposizioni, vale a dire l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e l’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, sono formulate in modo diverso e questo depone a sfavore di un’interpretazione volta ad estendere i termini utilizzati dal legislatore in una data situazione, vale a dire le relazioni fra un’impresa e le sue imprese figlie, ad un altro tipo di situazione, vale a dire le relazioni che legano gli enti affiliati ad un organismo centrale.

127

Dall’altra parte, una siffatta interpretazione sarebbe contraria alle finalità dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU.

128

Infatti, come sottolineato supra ai punti da 59 a 64, la nozione di gruppo nel contesto del regolamento base e del regolamento quadro sull’MVU mira, in particolare, a consentire alla BCE di comprendere i rischi che possono incidere su di un ente creditizio che non provengono da esso, ma dal gruppo cui appartiene. Orbene, poiché esiste un obbligo di trasferimento di fondi propri e di liquidità all’interno del gruppo al fine di assicurarsi che gli obblighi nei confronti dei creditori siano rispettati – a prescindere dal fatto che tale trasferimento si faccia o meno secondo le modalità messe in rilievo dal CEBS –, il rischio che riguarda un ente creditizio affiliato può estendersi all’insieme del gruppo cui appartiene, con la conseguenza che la BCE può esercitare la propria vigilanza prudenziale sull’insieme costituito dall’organismo centrale e dai suoi affiliati.

129

Per lo stesso motivo, l’argomento del ricorrente attinente al fatto che, nella ratio del regolamento n. 575/2013, il beneficio di cui all’articolo 10 di tale regolamento dovrebbe essere concesso solo laddove l’applicazione dei requisiti prudenziali su base individuale non presenti alcun valore aggiunto è irrilevante, in quanto, nella fattispecie, ciò che rileva è solo l’esistenza di un gruppo vigilato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU e poiché, per le ragioni esposte supra ai punti da 67 a 69, la constatazione dell’esistenza di un siffatto gruppo non comporta automaticamente la concessione dell’esenzione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 ai soggetti che lo compongono.

130

È pertanto conforme alla finalità dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU, ma anche alla lettera dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, concludere che la condizione che figura in tale ultima disposizione è soddisfatta se esiste un obbligo di trasferimento di fondi propri e di liquidità all’interno del gruppo al fine di assicurarsi che gli obblighi nei confronti dei creditori siano rispettati.

131

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’applicazione di tale prima condizione alla fattispecie in esame, occorre ricordare che la commissione del riesame ha messo in rilievo diversi punti volti a giustificarne il rispetto. Si tratta, anzitutto, della formulazione dell’articolo L.511‑31 del CMF, poi, dell’obbligo incondizionato di intervento della CNCM a vantaggio delle casse in difficoltà, che risulterebbe dalla decisione n. 1-1992 della CNCM, del 10 marzo 1992 (v., supra, punto 115), inoltre, dell’esistenza di risorse della CNCM e della CCCM che possono essere mobilizzate e, ancora, dello statuto della CCCM e, infine, della circostanza secondo cui in passato è stata data assistenza eccezionale a soggetti in difficoltà.

132

Con riferimento alla prima ragione messa in rilievo dalla commissione del riesame, vale a dire la formulazione dell’articolo L.511‑31 del CMF, si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali deve essere valutata tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali (v., sentenza del 16 settembre 2015, Commissione/Slovacchia, C‑433/13, EU:C:2015:602, punto 81 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, in assenza di decisioni dei giudici nazionali competenti, spetta inevitabilmente al Tribunale pronunciarsi sulla portata di tali disposizioni.

133

Dalla lettera dell’articolo L.511‑31 del CMF emerge unicamente l’esistenza di un obbligo per i detti organismi centrali di adottare «qualsiasi provvedimento necessario per, in particolare, garantire la liquidità e la solvibilità di ciascuno degli enti e società, nonché dell’insieme della rete».

134

È giocoforza constatare che la lettera dell’articolo L.511‑31 del CMF non consente, di per sé, di concludere che la condizione prevista dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 sia soddisfatta, in quanto il riferimento all’adozione dei «provvedimenti necessari» per «garantire la liquidità e la solvibilità di ciascuno degli enti e società, nonché dell’insieme della rete» presenta un carattere troppo generico da consentire di dedurne l’esistenza di un obbligo di trasferire fondi propri e liquidità all’interno del gruppo al fine di assicurarsi che gli obblighi nei confronti dei creditori siano rispettati.

135

Dalla lettura della decisione del 10 marzo 1992 emerge però l’esistenza di un meccanismo di solidarietà a vantaggio delle casse in difficoltà, vale a dire le casse che versano nell’impossibilità di rispettare la normativa bancaria, le casse che non possono fare fronte a un sinistro eccezionale, le casse che presentano una situazione negativa e le casse il cui capitale di esercizio è in negativo (articolo 2). Viene precisato che tale intervento può assumere la forma di anticipi remunerati accompagnati eventualmente da sovvenzioni dell’importo degli interessi degli anticipi, di sovvenzioni, di prestiti ordinari o di prestiti partecipativi e di garanzie a titolo gratuito del totale o di una parte dei loro impegni (articolo 3). Infine, da tale decisione risulta altresì che sebbene tale solidarietà si eserciti, in linea di principio, a livello regionale, è però anche possibile che una cassa si rivolga alla solidarietà nazionale (articolo 4) e che, in una tale ipotesi, la CNCM deve obbligatoriamente intervenire a vantaggio di una cassa in difficoltà (articolo 5).

136

Tali elementi attestano l’esistenza di un obbligo di trasferimento di fondi propri e di liquidità all’interno del Crédit mutuel volto ad assicurare che gli obblighi assunti nei confronti dei creditori siano rispettati.

137

Pertanto, sebbene la BCE abbia, nell’allegato I della decisione impugnata, messo in rilievo talune debolezze esistenti nell’applicazione di tale meccanismo di solidarietà, tenuto conto dell’esistenza di detto meccanismo, la BCE era comunque legittimata a concludere che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 fosse soddisfatta.

138

Secondo giurisprudenza costante, quando alcuni punti di una motivazione sono, di per sé, idonei a giustificare adeguatamente una decisione, i vizi da cui potrebbero essere inficiati altri punti della motivazione dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 12 luglio 2001, Commissione e Francia/TF1, C‑302/99 P e C‑308/99 P, EU:C:2001:408, punto 27, e del 12 dicembre 2006, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, T‑155/04, EU:T:2006:387, punto 47). In virtù di tale giurisprudenza, il Tribunale ritiene che non sia necessario esaminare la fondatezza delle altre ragioni rilevate nel parere della commissione del riesame.

139

Tale conclusione non è inficiata dall’argomento contrario del ricorrente. Ciò vale, in particolare, per il riferimento alla decisione n. 2014-449 QPC, del 6 febbraio 2015, del Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale), tenuto conto che tale decisione riguardava esclusivamente la conformità con la Costituzione francese di una disposizione del CMF che autorizzava l’ACPR a ordinare un trasferimento d’ufficio del portafoglio a scapito di una società assicurativa, circostanza che, pertanto, la priva di pertinenza rispetto a un meccanismo di solidarietà previsto fra enti affiliati che appartengono allo stesso gruppo bancario.

140

Alla luce di quanto precede, la prima parte del secondo motivo dev’essere respinta.

2) Sulla seconda parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013

141

Il ricorrente sostiene che la BCE ha erroneamente considerato che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013 fosse soddisfatta.

142

In primo luogo, a suo avviso, le nozioni di solvibilità e di liquidità possono avere senso solo con riferimento agli enti creditizi, mentre la CNCM è un’associazione.

143

In secondo luogo, la solvibilità e la liquidità sono valutate dai creditori, dalle agenzie di rating e dai regolatori a livello dei gruppi affiliati alla CNCM. I conti pubblicati dalla CNCM costituirebbero la semplice aggregazione di diversi gruppi e avrebbero un carattere artificiale in quanto fra di essi non vi è unità economica.

144

In terzo luogo, la commissione del riesame avrebbe erroneamente considerato soddisfatta tale condizione fondandosi sull’articolo L.511–20 del CMF, secondo il quale «ai fini dell’applicazione del presente codice, gli enti e le società di finanziamento affiliati ad una rete e l’organo centrale ai sensi dell’articolo L.511–31 sono considerati parte di uno stesso gruppo». Il ricorrente fa valere che tale qualifica di «gruppo» è valida soltanto ai fini dell’applicazione del CMF ed è irrilevante rispetto alla questione se le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013 siano soddisfatte. Inoltre, né l’articolo L.511–31 del CMF, né l’articolo 25 dello statuto della CNCM consentirebbero di provare che tale seconda condizione è soddisfatta. Lo stesso vale anche per l’articolo 2 di tale statuto e per le altre disposizioni del CMF alle quali la BCE fa riferimento.

145

La BCE e la Commissione chiedono il rigetto della seconda parte del secondo motivo.

146

Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013, «la solvibilità e la liquidità dell’organismo centrale e di tutti gli enti ad esso affiliati [devono essere] controllat[e], nel loro insieme, sulla base dei conti consolidati di tali enti».

147

Per le ragioni esposte supra ai punti 104 e 105, tale condizione deve essere intesa nel senso che richiede il rispetto di due criteri. Il primo attiene all’esistenza di conti consolidati del gruppo. Il secondo presuppone una vigilanza della solvibilità e della liquidità da un punto di vista prudenziale dell’insieme degli enti che compongono il gruppo sulla base dei suoi conti consolidati.

148

Nel suo parere, la commissione del riesame ha ritenuto che tale condizione fosse soddisfatta sia rispetto alle responsabilità della CNCM a titolo dell’articolo L.511‑31 del CMF con riferimento alla liquidità e alla solvibilità degli enti affiliati e dell’insieme della rete, sia rispetto ai termini dell’articolo 25 dello statuto della CNCM.

149

Il Tribunale ritiene che tale conclusione vada accolta.

150

Per quanto riguarda il primo criterio, esso deve considerarsi soddisfatto, in quanto, ai sensi dell’articolo 25 dello statuto della CNCM, il suo consiglio d’amministrazione «stabilisce i conti annuali della [CNCM], i conti consolidati nazionali e redige la relazione sulla gestione di tali conti».

151

Con riferimento al secondo criterio, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo L.511‑31 del CMF, gli organi centrali «adottano qualsiasi provvedimento necessario per, in particolare, garantire la liquidità e la solvibilità di ciascuno degli enti e società, nonché dell’insieme della rete» e «rappresentano gli enti creditizi e le società di finanziamento ad essi affiliati presso (…) l’[ACPR]». Ne consegue logicamente che la CNCM è abilitata dal CMF a rappresentare il Crédit mutuel dinanzi alle autorità incaricate della vigilanza prudenziale sul rispetto dei requisiti di solvibilità e liquidità. Anche il secondo criterio può quindi considerarsi soddisfatto.

152

Per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui tale condizione non può essere soddisfatta sulla base del rilievo che la CNCM non è un ente creditizio, esso va respinto per le ragioni esposte supra al punto 106.

153

Alla luce di quanto precede, si deve respingere la seconda parte del secondo motivo.

3) Sulla terza parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 575/2013

154

Il ricorrente sostiene che, a torto, la BCE ha ritenuto che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 575/2013 fosse soddisfatta.

155

Il ricorrente sostiene che la CNCM non è abilitata, ai sensi di tale disposizione, a impartire alle proprie affiliate istruzioni nei settori chiave della vita di un ente creditizio, tenuto conto della formulazione molto generica utilizzata dall’articolo L.511‑31 del CMF. Affinché un siffatto potere potesse sussistere, il legislatore avrebbe dovuto prevederlo espressamente, come è il caso dell’organo centrale del gruppo BPCE con l’articolo L.512‑107 del CMF. Un confronto con l’articolo L.512‑56 del CMF applicabile al Crédit mutuel dimostrerebbe la mancanza di un tale potere nei suoi confronti, in quanto il riferimento all’adozione dei «provvedimenti necessari» da parte della CNCM non implica la possibilità di dare istruzioni. Inoltre, tale potere non sarebbe stato attribuito alla CNCM nemmeno per via contrattuale. Per quanto riguarda il potere di sanzione che compete alla CNCM in forza dell’articolo R.512‑24 del CMF, il ricorrente sostiene che da esso non si possa dedurre l’esistenza del potere di dare istruzioni alla direzione degli enti affiliati. Relativamente ai poteri di sanzione previsti dallo statuto della CNCM, essi sarebbero illegali.

156

La BCE, sostenuta dalla Commissione, chiede il rigetto della terza parte del secondo motivo.

157

Al fine di verificare se la BCE abbia correttamente tratto la conclusione che la condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 575/2013 fosse soddisfatta, occorre verificare se la direzione della CNCM sia abilitata a dare istruzioni alla direzione degli enti affiliati.

158

Nel suo parere, la commissione del riesame ha fatto riferimento al diritto, che compete alla CNCM in forza dell’articolo L.511‑31 del CMF, di adottare «qualsiasi provvedimento necessario per, in particolare, garantire la liquidità e la solvibilità di ciascuno degli enti e società, nonché dell’insieme della rete» e al dovere, che le è imposto dalla medesima disposizione, di «far rispettare le disposizioni legislative e regolamentari proprie di tali enti e società e [di esercitare] un controllo amministrativo, tecnico e finanziario sulla loro organizzazione e gestione». La commissione del riesame ha inoltre sottolineato l’obbligo delle casse di Crédit mutuel di «rispettare lo statuto, i regolamenti interni, le istruzioni e decisioni della [CNCM] e della federazione regionale alla quale esse devono aderire» in forza dell’articolo R.512‑20, secondo comma, del CMF. Infine, ha sottolineato l’esistenza di un potere di sanzione della CNCM. Essa ha fatto riferimento, da una parte, all’articolo R.512‑24 del CMF, che consente alla CNCM di applicare, nei confronti di una cassa che viola la regolamentazione in vigore, una sanzione fra «[l’]ammonimento[, il] biasimo [o l]a radiazione dall’elenco delle casse di crédit mutuel» e, dall’altra parte, agli articoli 10 e 25 dello statuto della CNCM, che le consentono di escludere una federazione, revocare la fiducia a un presidente della federazione o della cassa di Crédit mutuel o di revocare la nomina di un direttore esecutivo.

159

Da tali disposizioni risulta una combinazione di tre elementi: anzitutto, il dovere della CNCM di assicurare, in particolare, la liquidità e la solvibilità del gruppo e dei soggetti che lo compongono e il rispetto dei requisiti legislativi e regolamentari; inoltre, un obbligo per gli enti affiliati di rispettare le istruzioni della CNCM e, infine, un potere di sanzione della CNCM nei confronti degli enti menzionati. La condizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 575/2013 deve pertanto considerarsi soddisfatta.

160

Tale conclusione non può essere inficiata dall’argomento del ricorrente secondo il quale il potere di istruzione derivante dallo statuto della CNCM sarebbe illegale perché solo il CMF sarebbe idoneo a conferire ad essa una siffatta prerogativa. Al riguardo, basta sottolineare che, come rilevato dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) al punto 5 della sua sentenza del 13 dicembre 2016, invocata dalla BCE in sede di udienza e sulla quale il ricorrente ha potuto presentare le proprie osservazioni, il secondo comma dell’articolo R.512‑20 del CMF prevede che le casse di Crédit mutuel «devono impegnarsi a rispettare lo statuto, i regolamenti interni, le istruzioni e le decisioni della [CNCM]». Si può inoltre osservare che, al punto 13 della medesima sentenza, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha ricordato che «[il ricorrente] [era] ten[uto] a rispettare le richieste della [CNCM] che agiva nell’ambito delle sue prerogative di organo centrale».

161

Alla luce di quanto precede, va respinta la terza parte e, pertanto, il secondo motivo nel suo insieme.

2.   Sul terzo motivo, relativo alla legittimità dell’articolo 2, paragrafo 3, e dell’allegato II‑2 della decisione impugnata

162

Nell’ambito del suo terzo motivo, il ricorrente sostiene che la decisione impugnata, nella parte in cui gli impone fondi propri supplementari, è viziata da un errore di diritto e da errori di valutazione e presenta carattere sproporzionato.

163

La BCE conclude per il rigetto del presente motivo.

164

In via preliminare, occorre osservare che dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento base emerge che, nell’attuazione dei propri compiti di vigilanza prudenziale, la BCE costituisce l’autorità competente ai sensi della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e del regolamento n. 575/2013.

165

Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36, «[s]ulla base dei criteri tecnici stabiliti all’articolo 98, le autorità competenti riesaminano i dispositivi, le strategie, i processi e i meccanismi messi in atto dagli enti per conformarsi alla presente direttiva e al regolamento n. 575/2013 e valutano (…) i rischi ai quali gli enti sono o possono essere esposti».

166

I requisiti minimi in materia di fondi propri «CET 1» di cui deve disporre un ente creditizio sono precisati nell’articolo 92, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013, secondo il quale «[s]ubordinatamente agli articoli 93 e 94, gli enti soddisfano sempre i seguenti requisiti in materia di fondi propri: (…) un coefficiente di capitale [“CET 1”] del 4,5%».

167

A ciò va aggiunto l’obbligo di cui all’articolo 129, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, rubricato «Obbligo di detenere una riserva di conservazione del capitale», che dispone:

«Gli Stati membri impongono agli enti di detenere, in aggiunta al capitale [“CET 1”], detenuto per soddisfare i requisiti in materia di fondi propri imposti dall’articolo 92 del regolamento (…) n. 575/2013, una riserva di conservazione del capitale costituita da capitale [“CET 1”] pari al 2,5% dell’importo complessivo della loro esposizione al rischio calcolata conformemente all’articolo 92, paragrafo 3, di tale regolamento su base individuale e consolidata, secondo quanto applicabile conformemente alla parte uno, titolo II, di tale regolamento».

168

Inoltre, dal combinato disposto dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), e del paragrafo 2, lettera a), del regolamento base emerge che, nell’ipotesi in cui dall’esame prudenziale condotto dalla BCE dovesse risultare che i fondi propri e le liquidità che un ente creditizio detiene non assicurano una gestione sana e la copertura dei rischi, la BCE ha il diritto di esigere da un ente creditizio fondi propri che vadano oltre a tali requisiti minimi.

169

Nell’allegato II‑2 della decisione impugnata, la BCE ha fissato a 11% i requisiti in materia di fondi propri «CET 1» del ricorrente. Per giustificare tale livello di fondi propri, la BCE ha fatto riferimento, in particolare, ai rischi supplementari che risultano da un’uscita potenziale dal gruppo Crédit mutuel e ha ritenuto che tali rischi richiedessero l’imposizione di fondi propri supplementari ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, lettera a), del regolamento base.

170

Al riguardo, la BCE ha messo in evidenza la controversia che oppone il ricorrente al gruppo CM11‑CIC all’interno del gruppo Crédit mutuel e ha fatto notare che tale conflitto potrebbe avere come possibile conseguenza l’uscita del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel.

171

Essenzialmente, la BCE ha ritenuto che un’eventuale separazione potrebbe avere tre tipi di conseguenze sul ricorrente. In primo luogo, il suo modello di affari ne sarebbe influenzato. Al riguardo, viene fatto riferimento a un aumento della pressione concorrenziale, che il ricorrente dovrebbe affrontare, da parte dei soggetti del gruppo Crédit mutuel, e ai dubbi relativi alla possibilità di utilizzare, in caso di separazione, il marchio Crédit mutuel. In secondo luogo, una separazione potrebbe incidere sul calcolo dei requisiti minimi in materia di fondi propri «CET 1» del ricorrente, in quanto quest’ultimo non sarebbe più in grado di fare uso del metodo avanzato e dovrebbe invece utilizzare il metodo standardizzato, con conseguente aumento dei requisiti di fondi propri. In terzo luogo, tale separazione produrrebbe effetti anche sotto il profilo del rischio di liquidità del ricorrente, in quanto esso perderebbe il beneficio del meccanismo di solidarietà esistente all’interno del gruppo Crédit mutuel. Questo potrebbe influenzare i suoi rating esterni e, di conseguenza, i suoi costi di rifinanziamento.

172

Il presente motivo può essere diviso in tre parti, relative, la prima, a un errore di diritto derivante dalla considerazione, da parte della BCE, di un evento che il ricorrente ritiene improbabile, vale a dire la sua separazione dal gruppo Crédit mutuel, la seconda, al carattere erroneo e sproporzionato dell’imposizione di fondi propri supplementari dovuta a tale improbabile eventualità e, la terza, al fatto che l’imposizione di fondi propri supplementari costituirebbe una «sanzione dissimulata».

a)   Sulla prima parte del terzo motivo, attinente al carattere erroneo della considerazione, da parte della BCE, di una possibile separazione del ricorrente e del gruppo Crédit mutuel

173

Il ricorrente addebita alla BCE di essersi fondata sull’eventualità di un’uscita dal gruppo Crédit mutuel e fa valere, in sostanza, che una siffatta eventualità è talmente poco credibile che il fatto di averla presa in considerazione rende la decisione impugnata viziata da un errore di diritto.

174

Al riguardo, il ricorrente fa notare che la sua separazione dal gruppo Crédit mutuel implicherebbe una modifica delle disposizioni legislative del CMF che non è prevista né dalle autorità pubbliche francesi né dalla stessa BCE. Al contrario, la BCE, sia nella sua lettera del 10 novembre 2014, sia nella decisione impugnata, si dichiarerebbe a favore di una riforma e di un rafforzamento del ruolo della CNCM. Pertanto, la sola volontà del ricorrente di modificare la struttura del gruppo Crédit mutuel a favore di una struttura bipolare nella quale ciascuno dei due poli risulterebbe dotato del proprio organo centrale non può, in assenza del sostegno delle autorità pubbliche a favore di una siffatta riforma, giustificare una modifica del suo profilo di rischio.

175

La BCE chiede il rigetto della prima parte del terzo motivo.

176

Poiché il ricorrente sostiene che, nel prendere in considerazione una possibile separazione dal gruppo Crédit mutuel, la BCE ha commesso un errore di diritto, occorre rilevare che dalla formulazione stessa dell’articolo 97, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36 emerge che il controllo che la BCE deve condurre riguarda i rischi ai quali gli enti «sono o possono essere esposti», il che implica che si possano prendere in considerazione eventi futuri idonei ad alterare il loro profilo di rischio. Pertanto, basandosi sulla possibile sopravvenienza di un evento futuro, la BCE non ha commesso alcun errore di diritto.

177

Con l’argomento con cui la BCE viene censurata per aver preso in considerazione l’eventualità di una separazione che non risulta sufficientemente probabile, il ricorrente sostiene, in realtà, l’esistenza di un errore di valutazione da parte della BCE.

178

Al riguardo, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito delle valutazioni complesse le autorità dell’Unione dispongono, in determinati settori del diritto dell’Unione, di un ampio potere discrezionale, sicché il controllo del giudice dell’Unione rispetto a tali valutazioni deve necessariamente limitarsi alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti e di sviamento di potere (v. sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 97 e la giurisprudenza citata).

179

Tuttavia, l’esercizio di tale ampio potere discrezionale non si sottrae al controllo giurisdizionale. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57, e del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione, C‑405/07 P, EU:C:2008:613, punto 55).

180

Inoltre, allorché un’autorità dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale, il rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi riveste un’importanza ancor più fondamentale. Nel novero di tali garanzie rientra segnatamente l’obbligo dell’istituzione competente di motivare sufficientemente le proprie decisioni. Infatti, è solamente in tal modo che il giudice dell’Unione può accertare l’esistenza degli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esercizio del potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14, e del 9 settembre 2010, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑387/08, non pubblicata, EU:T:2010:377, punto 31).

181

Occorre constatare che, nella fattispecie, la BCE dispone di un ampio potere discrezionale, tenuto conto della complessità che presenta la valutazione del livello dei requisiti di fondi propri «CET 1» di un ente creditizio rispetto al suo profilo di rischio e agli eventi idonei ad influenzarlo.

182

È pertanto essenziale verificare se la BCE, nel considerare la possibilità di una separazione del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel, abbia commesso un errore manifesto di valutazione.

183

L’argomento essenziale dedotto in giudizio dal ricorrente al fine di confutare la probabilità di una tale separazione si riferisce al necessario intervento delle autorità pubbliche francesi, tramite una modifica del CMF, alla quale però esse non sarebbero favorevoli.

184

È vero che il ricorrente fa notare, a ragione, che dal combinato disposto degli articoli L.511‑30 e L.511‑31 del CMF emerge che esso deve essere affiliato ad uno degli organi centrali indicati tassativamente nell’articolo L.511‑30 del CMF. Ne consegue necessariamente che un’uscita organizzata del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel implicherebbe una modifica dell’articolo L.511‑30 del CMF al fine di includervi un organo centrale al quale gli enti creditizi che costituiscono il ricorrente venissero affiliati.

185

Tuttavia, resta il fatto che il CMF riconosce alla CNCM il potere di escludere taluni soggetti affiliati al gruppo Crédit mutuel. Da una parte, l’articolo L.511‑31 del CMF prevede, al quinto comma, la possibilità per gli organismi centrali di «applicare le sanzioni previste dai loro propri testi legislativi e regolamentari» e, più espressamente, al sesto comma, l’eventualità della perdita di qualità di ente o di società affiliata che «deve essere notificata dall’organo centrale all’[ACPR], che si pronuncia sul riconoscimento dell’ente o della società di cui si tratta». Dall’altra parte, dall’articolo R.512‑24 del CMF emerge che «[i]l consiglio di amministrazione della [CNCM] può applicare nei confronti di una cassa che viola la regolamentazione in vigore una delle seguenti sanzioni: (…) la radiazione dall’elenco delle casse di crédit mutuel». Le modalità di esercizio di tale potere sanzionatorio sono specificate nell’articolo R.512‑25 del CMF. Tale prerogativa è richiamata nell’articolo 25 dello statuto della CNCM.

186

Orbene, da una parte, tenuto conto che il ricorrente costituisce un insieme di casse di Crédit mutuel, non si può escludere che tale prerogativa possa essere esercitata nei suoi confronti.

187

Dall’altra parte, il ricorrente non contesta l’esistenza della lunga controversia che lo oppone al gruppo CM11‑CIC e alla CNCM, rilevata dalla BCE nella decisione impugnata. Al riguardo, il ricorrente stesso ha fatto riferimento, fin dalla sua lettera del 17 luglio 2015 indirizzata alla BCE, alla denuncia con costituzione di parte civile per interessi illeciti depositata dal ricorrente presso la procura del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) a causa di un asserito conflitto di interesse fra il gruppo CM11‑CIC e la CNCM. Inoltre, in allegato alla lettera citata, il ricorrente metteva in rilievo i procedimenti che ha introdotto dinanzi al Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi) e all’EUIPO al fine di ottenere, rispettivamente, l’annullamento del marchio nazionale e l’annullamento del marchio dell’Unione europea Crédit mutuel di cui la CNCM è titolare.

188

Alla luce di tale situazione particolarmente conflittuale fra il ricorrente, la CNCM e il gruppo CM11‑CIC, l’eventualità di un’uscita del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel, anche senza una modifica dell’articolo L.511‑30 del CMF, non risulta così improbabile da rendere la sua considerazione costitutiva di un errore manifesto di valutazione da parte della BCE.

189

La prima parte del terzo motivo deve quindi essere respinta.

b)   Sulla seconda parte del terzo motivo, attinente al carattere erroneo e sproporzionato della valutazione da parte della BCE della necessità che il ricorrente disponga di fondi propri supplementari

190

Il ricorrente ritiene che la BCE, nel considerare che l’eventualità di una separazione del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel implicasse che esso dovesse disporre di fondi propri supplementari, abbia sbagliato e agito in modo sproporzionato.

191

La BCE chiede il rigetto di questa parte del terzo motivo.

192

Come rilevato supra al punto 171, per concludere che la separazione del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel incide in modo negativo sul suo profilo di rischio, con la conseguenza che il ricorrente dovrebbe disporre di fondi propri supplementari, la BCE ha essenzialmente fondato la propria motivazione su tre punti diversi.

193

Il Tribunale ritiene che basti esaminare la fondatezza dei punti attinenti, da una parte, all’alterazione del profilo di rischio di liquidità del ricorrente e, dall’altra parte, agli effetti di un cambiamento del metodo di calcolo dei suoi fondi propri.

1) Sulla fondatezza del punto della motivazione attinente all’alterazione del profilo di rischio di liquidità del ricorrente in caso di separazione dal gruppo Crédit mutuel

194

Il ricorrente sostiene che la BCE ha erroneamente fatto riferimento agli effetti sul suo profilo di rischio derivanti dalla perdita del meccanismo di solidarietà proprio del gruppo Crédit mutuel, in quanto tale meccanismo non esiste. Il ricorrente ritiene, inoltre, che, tenuto conto della sua ottima situazione economica intrinseca, gli effetti che potrebbero derivare dal deterioramento dei suoi rating esterni sui suoi costi di rifinanziamento sarebbero molto limitati. Esso sottolinea, in sostanza, che il suo coefficiente di impegno è stato diminuito in modo sostanziale e, di conseguenza, anche la sua dipendenza dai mercati finanziari per il suo rifinanziamento. Pertanto, il ricorrente ritiene che un deterioramento della sua valutazione di tre punti avrebbe delle conseguenze trascurabili sui suoi costi di rifinanziamento o sul suo risultato netto.

195

Al riguardo, basta rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nelle sue memorie e come constatato supra ai punti 135 e 137, un meccanismo di solidarietà all’interno del gruppo Crédit mutuel esiste.

196

Inoltre, dalla relazione di un’agenzia di rating relativa al ricorrente, fornita dalla BCE all’allegato B.16 del suo controricorso, emerge che la valutazione che era stata ad esso attribuita era legata a quella del gruppo Crédit mutuel. Inoltre, l’agenzia di rating, all’interno della relazione citata, ha considerato rilevante, ai fini della determinazione della valutazione attribuita al ricorrente, l’esistenza di un meccanismo di solidarietà all’interno del gruppo Crédit mutuel.

197

Pertanto, tenuto conto della complessità della determinazione del profilo di rischio del ricorrente, la BCE, nel concludere che la perdita di tale meccanismo di solidarietà per effetto dell’uscita dal gruppo Crédit mutuel potrebbe incidere in modo negativo sui rating esterni del ricorrente e, di conseguenza, sui suoi costi di rifinanziamento, non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione. Al riguardo, il parere del ricorrente sulla variazione del sovraccosto di rifinanziamento che determinerebbe un abbassamento del suo rating non è idoneo a dimostrare il carattere manifestamente erroneo di tale valutazione.

2) Sulla fondatezza del punto della motivazione attinente alle conseguenze di un cambiamento del metodo di calcolo dei fondi propri del ricorrente in caso di separazione dal gruppo Crédit mutuel

198

Il ricorrente fa valere che il passaggio da un metodo avanzato a un metodo standardizzato per il calcolo dei fondi propri costituisce unicamente un cambiamento di strumenti di misura che non corrisponde a una modifica della realtà dei rischi operativi o di credito ai quali deve fare fronte. Pur riconoscendo che il passaggio al metodo standardizzato comporterebbe di fatto un innalzamento meccanico dei requisiti in materia di fondi propri «CET 1», il ricorrente sostiene di essere in grado di fare fronte a un tale aumento. La decisione impugnata, nella parte in cui impone fin da subito al ricorrente fondi propri supplementari, lo priverebbe dell’uso incondizionato di una parte della sua capacità finanziaria causandogli un serio pregiudizio e tale circostanza presenterebbe un carattere sproporzionato.

199

Al riguardo, occorre ricordare che il regolamento n. 575/2013 prevede due metodi di calcolo dei requisiti minimi di fondi propri degli enti creditizi: il «metodo standardizzato», di cui agli articoli da 111 a 141 del regolamento n. 575/2013, che consiste nel misurare il rischio in modo standardizzato, oppure il «metodo avanzato» o «metodo basato sui rating interni», di cui agli articoli da 142 a 191 del regolamento n. 575/2013, che consiste nell’utilizzazione di modelli propri previa autorizzazione dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 143 del regolamento n. 575/2013.

200

Inoltre, poiché il ricorrente si riferisce al carattere sproporzionato del fatto di imporre a titolo preventivo fondi propri supplementari, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE, in virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione europea si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Le istituzioni applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato FUE.

201

Secondo giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere eccessivi rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 165 e giurisprudenza citata).

202

Occorre altresì ricordare che la valutazione della proporzionalità di una misura deve conciliarsi con il rispetto della discrezionalità eventualmente riconosciuta alle istituzioni dell’Unione al momento della sua adozione (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Germania/Parlamento e Consiglio, C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

203

Nella decisione impugnata, la BCE ha essenzialmente applicato un ragionamento fondato sulla combinazione di tre elementi. Anzitutto, è verosimile che, in caso di uscita dal gruppo Crédit mutuel, il ricorrente non possa più beneficiare del metodo avanzato e debba fare uso del metodo standardizzato. Inoltre, l’applicazione di tale metodo avrebbe come effetto un abbassamento della valutazione dei suoi fondi propri. Infine, la BCE ne ha dedotto che il ricorrente dovrebbe prepararsi a tale situazione costituendo riserve appropriate di fondi propri.

204

Il Tribunale rileva che il ricorrente non contesta la fondatezza dei primi due elementi fatti valere dalla BCE. Inoltre, da una lettera che il ricorrente ha indirizzato alla BCE in data 27 marzo 2015 emerge, in particolare, che esso stesso ha stimato l’abbassamento del suo livello di fondi propri «CET 1» a 2,8%, con il conseguente passaggio dal metodo avanzato di calcolo di tali fondi al metodo standardizzato.

205

Tenuto conto che, da una parte, per le ragioni esposte supra ai punti da 184 a 188, la BCE era legittimata a prendere in considerazione l’eventualità di un’uscita del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel e, dall’altra parte, che è pacifico per entrambe le parti che una tale uscita potrebbe avere come effetto un abbassamento della valutazione del livello di fondi propri «CET 1» del ricorrente, imporre fondi propri supplementari che consentano di fare fronte a una tale eventualità non costituisce un errore manifesto di valutazione e non presenta carattere manifestamente sproporzionato.

206

Da quanto precede risulta che sia il punto relativo all’alterazione del profilo di rischio di liquidità del ricorrente sia il punto relativo agli effetti di un cambiamento del metodo di calcolo dei suoi fondi propri, in caso di separazione dal gruppo Crédit mutuel, bastano a giustificare in modo giuridicamente adeguato il fatto che la BCE abbia imposto fondi propri supplementari. Pertanto, non è necessario esaminare la fondatezza del punto della motivazione della decisione impugnata relativo all’incidenza di una separazione del ricorrente dal gruppo Crédit mutuel sul suo modello d’affari.

207

Occorre pertanto respingere la seconda parte del terzo motivo.

c)   Sulla terza parte del terzo motivo, attinente al fatto che imporre fondi propri supplementari costituirebbe una sanzione dissimulata

208

Il ricorrente fa valere che il livello di fondi propri «CET 1» che gli è stato imposto nella decisione impugnata costituisce una sanzione dissimulata, in quanto pare che il suo obiettivo sia quello di «penalizzare» il ricorrente per aver attirato l’attenzione della BCE sulla sua situazione all’interno del gruppo Crédit mutuel.

209

La BCE nega che la sua valutazione del livello di fondi propri «CET 1» del ricorrente costituisca una sanzione dissimulata.

210

Occorre rilevare che, con un tale argomento, il ricorrente sostiene sostanzialmente che la decisione impugnata è inficiata da sviamento di potere.

211

Si deve rammentare che, in ossequio a giurisprudenza costante, la nozione di sviamento di potere si riferisce all’ipotesi in cui un’autorità amministrativa abbia esercitato i propri poteri per uno scopo diverso da quello in vista del quale le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per uno scopo siffatto (sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 24, nonché del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 38). Inoltre, in caso di pluralità di scopi perseguiti, anche qualora un motivo non giustificato si fosse aggiunto a motivi legittimi, la decisione non sarebbe per questo inficiata da sviamento di potere, allorché essa non sacrifica lo scopo essenziale (sentenze del 21 dicembre 1954, causa 2/54, Italia/Alta Autorità, EU:C:1954:8, pag. 103, nonché del 21 settembre 2005, EDP/Commissione, T‑87/05, EU:T:2005:333, punto 87).

212

Con riferimento allo scopo per cui i poteri di cui all’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento base sono stati conferiti alla BCE, come esposto supra al punto 168, esso risiede, in particolare, nella necessità di porre rimedio a una situazione nella quale i fondi propri e le liquidità di un ente creditizio non assicurano una gestione sana e una copertura dei rischi.

213

Orbene, da una parte, dall’esame delle prime due parti del presente motivo emerge che la BCE ha esercitato i propri poteri in modo conforme a tale scopo. D’altra parte, il ricorrente non fa valere indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 211, idonei a provare che il suo livello di fondi propri sia stato determinato in modo da sanzionarlo.

214

Pertanto, occorre respingere la terza parte e, di conseguenza, il motivo nel suo insieme nonché il presente ricorso.

IV. Sulle spese

215

A norma dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, poiché il ricorrente è rimasto soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla BCE, conformemente alla domanda di quest’ultima.

216

L’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura dispone che le istituzioni che sono intervenute nella causa sopportano le proprie spese. La Commissione sopporterà quindi le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Il Crédit mutuel Arkéa sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Banca centrale europea (BCE).

 

3)

La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

 

Prek

Buttigieg

Schalin

Berke

Costeira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2017.

Firme

Indice

 

I. Fatti

 

II. Procedimento e conclusioni delle parti

 

III. In diritto

 

A. Sulla ricevibilità del ricorso

 

1. Sulla regolarità del mandato conferito ai legali del ricorrente

 

2. Sulla legittimazione ad agire del ricorrente contro l’articolo 2, paragrafo 1, e l’allegato I della decisione impugnata

 

3. Sull’interesse ad agire del ricorrente contro la decisione impugnata

 

B. Nel merito

 

1. Sul primo e secondo motivo, relativi alla legittimità dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’allegato I della decisione impugnata

 

a) Sull’interpretazione teleologica e contestuale dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU

 

b) Sul primo motivo, relativo al difetto della qualità di ente creditizio della CNCM

 

1) Sulla questione se la qualità di ente creditizio dell’organismo centrale derivi dall’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU

 

2) Sulla questione se la qualità di ente creditizio dell’organismo centrale derivi dall’articolo 10 del regolamento n. 575/2013

 

c) Sul secondo motivo, attinente all’assenza di gruppo vigilato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 21, lettera c), del regolamento quadro sull’MVU e dell’articolo 10 del regolamento n. 575/2013

 

1) Sulla prima parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013

 

2) Sulla seconda parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013

 

3) Sulla terza parte del secondo motivo, attinente alla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 575/2013

 

2. Sul terzo motivo, relativo alla legittimità dell’articolo 2, paragrafo 3, e dell’allegato II‑2 della decisione impugnata

 

a) Sulla prima parte del terzo motivo, attinente al carattere erroneo della considerazione, da parte della BCE, di una possibile separazione del ricorrente e del gruppo Crédit mutuel

 

b) Sulla seconda parte del terzo motivo, attinente al carattere erroneo e sproporzionato della valutazione da parte della BCE della necessità che il ricorrente disponga di fondi propri supplementari

 

1) Sulla fondatezza del punto della motivazione attinente all’alterazione del profilo di rischio di liquidità del ricorrente in caso di separazione dal gruppo Crédit mutuel

 

2) Sulla fondatezza del punto della motivazione attinente alle conseguenze di un cambiamento del metodo di calcolo dei fondi propri del ricorrente in caso di separazione dal gruppo Crédit mutuel

 

c) Sulla terza parte del terzo motivo, attinente al fatto che imporre fondi propri supplementari costituirebbe una sanzione dissimulata

 

IV. Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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