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Document 62014CC0503

Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 12 maggio 2016.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:335

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 12 maggio 2016 ( 1 )

Causa C‑503/14

Commissione europea

contro

Repubblica portoghese

«Inadempimento di uno Stato — Articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE — Articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE — Libera circolazione delle persone — Libera circolazione dei lavoratori — Libertà di stabilimento — Tassazione di persone fisiche sulle plusvalenze realizzate al momento di uno scambio di quote sociali — Tassazione di persone fisiche sulle plusvalenze realizzate al momento del trasferimento della totalità del patrimonio destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale — Tassazione in uscita di persone fisiche — Riscossione immediata dell’imposta — Diverso trattamento tra persone fisiche residenti o non residenti — Diverso trattamento tra persone fisiche che eseguono un trasferimento di attività e passività a seconda che queste ultime siano trasferite a una società residente in Portogallo o a una società residente nel territorio di un altro Stato membro — Proporzionalità»

1. 

Con il presente ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo adottato e mantenuto in vigore una normativa in base alla quale un contribuente che scambi quote sociali e trasferisca la propria residenza all’estero, o che trasferisca attività e passività relative ad un’attività esercitata individualmente in cambio di quote sociali di una società non residente, nel primo caso deve includere – in riferimento alle operazioni in questione – tutti i redditi non rientranti nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale nel quale sia ancora considerato un contribuente residente mentre, nel secondo caso, non beneficerà di alcun differimento d’imposta per dette operazioni, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE e degli articoli 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»).

I – Contesto normativo

2.

Gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE, l’Accordo SEE e il Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Singulares (codice portoghese dell’imposta sul reddito delle persone fisiche; in prosieguo il «CIRS») sono materia del presente ricorso.

A – Accordo SEE

3.

L’articolo 28 dell’Accordo SEE così recita:

«1.   È garantita la libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri della Comunità e gli Stati AELS (EFTA).

2.   Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri della Comunità e quelli degli Stati AELS (EFTA) per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

3.   Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa comporta il diritto:

a)

di rispondere a offerte di lavoro effettive;

b)

di spostarsi liberamente, a tal fine, nel territorio degli Stati membri della Comunità e degli Stati AELS (EFTA);

c)

di prendere dimora in uno degli Stati membri della Comunità o degli Stati AELS (EFTA) al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative di tale Stato che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;

d)

di rimanere sul territorio di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) dopo avervi occupato un impiego.

4.   Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione.

5.   L’allegato V contiene disposizioni specifiche in materia di libera circolazione dei lavoratori».

4.

L’articolo 31 dell’accordo SEE così recita:

«1.   Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) nel territorio di un altro di questi Stati. Parimenti non sussistono restrizioni all’apertura di agenzie, succursali o filiali da parte dei cittadini di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato AELS (EFTA) stabiliti sul territorio di un altro di questi Stati.

La libertà di stabilimento comporta l’accesso ad attività di lavoro autonomo e il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 34, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo 4.

2.   Gli allegati da VIII a XI contengono disposizioni specifiche in materia di diritto di stabilimento».

B – Diritto portoghese

5.

L’articolo 10 del CIRS, intitolato «Plusvalenze», così dispone:

«1.   Costituiscono plusvalenze gli utili conseguiti i quali, non essendo qualificabili come redditi di impresa e di lavoro autonomo, di capitali o immobiliari, derivano:

(…)

b)

dalla cessione a titolo oneroso di quote sociali, ivi compreso il loro rimborso e ammortamento con riduzione del capitale, e di altri valori mobiliari, nonché i valori attribuiti ai soci a seguito della ripartizione, considerati plusvalenza ai sensi dell’articolo 81 del [Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Coletivas (codice dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, in prosieguo: il “CIRC”)];

(…)

3.   Gli utili si considerano ottenuti nel momento in cui vengono posti in essere gli atti previsti al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni di cui alle seguenti lettere:

(…)

b)

in caso di destinazione di beni del patrimonio privato all’attività imprenditoriale e professionale esercitata a titolo individuale dal loro proprietario, l’utile si considera ottenuto soltanto al momento della successiva cessione a titolo oneroso dei beni di cui trattasi o nel momento in cui si verifica un altro fatto che dia luogo alla liquidazione dei risultati in condizioni analoghe.

4.   L’utile soggetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche è costituito:

a)

dalla differenza tra il valore ricavato e il valore di acquisto, al netto della quota qualificabile come reddito di capitali, eventualmente, nelle ipotesi previste dal paragrafo 1, lettere a), b) e c);

(…)

8.   In caso di scambio di quote sociali alle condizioni previste all’articolo 73, paragrafo 5, e all’articolo 77, paragrafo 2, del [CIRC], l’assegnazione, a seguito di tale scambio, di titoli che rappresentano il capitale sociale della società ai soci della società acquisita non dà luogo alla tassazione di questi ultimi qualora detti soci continuino a valorizzare, a fini fiscali, le nuove quote sociali al livello delle anteriori. Tale valore è determinato conformemente alle disposizioni del presente codice, fatta salva la tassazione dei valori in denaro ad essi eventualmente assegnati.

9.   Nel caso di cui al precedente paragrafo, si deve inoltre osservare che:

a)

Se il socio perde la qualità di residente nel territorio portoghese, ai fini della tassazione per l’anno in cui egli ha perso la qualità di residente, si deve ritenere che rientri nella categoria delle plusvalenze l’importo che, ai sensi del paragrafo 8, non è stato tassato al momento dello scambio di azioni e che corrisponde alla differenza tra il valore effettivo delle azioni ricevute e il valore di acquisto di quelle anteriori, determinato conformemente alle disposizioni del presente codice;

b)

Le disposizioni di cui all’articolo 73, paragrafo 10, del [CIRC] si applicano in quanto compatibili.

10.   Le disposizioni di cui ai paragrafi 8 e 9 si applicano altresì, in quanto compatibili, per quanto riguarda l’assegnazione di quote o di azioni nei casi di fusione o di scissione cui risulti applicabile l’articolo 74 del [CIRC].

(…)».

6.

L’articolo 38 del CIRS così dispone:

«Apporto patrimoniale ai fini dell’aumento del capitale sociale

1.   Non occorre determinare l’utile imponibile a seguito dell’aumento del capitale sociale risultante dal trasferimento della totalità del patrimonio relativo all’esercizio di un’attività economica e professionale da parte di una persona fisica purché tutte le seguenti condizioni siano soddisfatte:

a)

l’impresa alla quale viene trasferito il patrimonio è una società che ha la propria sede sociale e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese;

b)

la persona fisica che esegue il trasferimento detiene almeno il 50% del capitale sociale e l’attività esercitata da quest’ultima è, in sostanza, identica a quella esercitata a titolo individuale;

c)

le attività e le passività oggetto del trasferimento sono prese in considerazione ai fini di tale trasferimento secondo i valori iscritti nella contabilità o nelle scritture della persona fisica, ossia quelli che risultano dall’applicazione delle disposizioni del presente codice o dalle rivalutazioni effettuate ai sensi delle disposizioni in materia fiscale;

d)

le quote sociali ricevute in cambio del trasferimento sono valutate, ai fini della tassazione degli utili o delle perdite relative al loro ulteriore trasferimento, in base al valore netto delle attività e delle passività trasferite, valorizzate ai sensi della precedente lettera;

e)

la società di cui alla lettera a) si impegna, tramite dichiarazione, a rispettare le disposizioni di cui all’articolo 77 del [CIRC]; tale dichiarazione deve essere allegata alla dichiarazione periodica dei redditi della persona fisica relativa all’esercizio in cui ha avuto luogo il trasferimento.

2.   Le disposizioni di cui al precedente paragrafo non si applicano qualora taluni beni ai quali sia stato applicato il differimento d’imposta sugli utili, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, lettera b), siano parte del patrimonio oggetto del trasferimento.

3.   Gli utili derivanti dalla cessione a titolo oneroso, a qualsiasi titolo, di quote sociali ricevute in cambio del trasferimento di cui al paragrafo 1 sono considerati, per i cinque anni successivi alla data del suddetto trasferimento, redditi relativi all’esercizio di un’attività economica e professionale, nonché redditi netti appartenenti alla categoria B. Durante tale periodo, non può essere eseguita alcuna operazione sulle quote sociali che beneficiano di regimi di neutralità. In caso contrario, nel momento in cui sono poste in essere tali operazioni, si riterrà che gli utili siano stati realizzati e che essi debbano essere maggiorati del 15% per ogni anno o parte dell’anno trascorsa a partire dalla quale sia stato constatato l’apporto patrimoniale ai fini dell’aumento del capitale sociale, e che gli stessi debbano essere cumulati al reddito dell’anno in cui tali operazioni sono state accertate».

II – Procedimento precontenzioso

7.

Il 17 ottobre 2008 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora alla Repubblica portoghese, nella quale essa riteneva che detto Stato membro fosse venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, poiché ha previsto la tassazione di plusvalenze latenti in caso di scambio di quote sociali qualora una persona fisica trasferisca la propria residenza in un altro Stato membro o in caso di trasferimento a un’impresa di attività e passività relative all’esercizio di un’attività economica o professionale da parte di una persona fisica qualora la società cui le attività e passività sono trasferite abbia la propria sede o la propria direzione effettiva all’estero.

8.

La Repubblica portoghese ha risposto alla suddetta lettera di diffida con lettera in data 15 maggio 2009, contestando la posizione della Commissione.

9.

La Commissione, non convinta da tale risposta, ha emesso, il 3 novembre 2009, un parere motivato nei confronti della Repubblica portoghese, nel quale ha confermato la posizione espressa nella sua lettera di diffida e l’ha invitata ad adottare le azioni necessarie per conformarsi a tale parere motivato entro un termine di due mesi dal ricevimento dello stesso.

10.

La Repubblica portoghese ha replicato al predetto parere motivato e ha ribadito la propria posizione espressa nella sua risposta alla lettera di diffida.

11.

Non soddisfatta dalla risposta della Repubblica portoghese, la Commissione ha inviato a quest’ultima una lettera di diffida integrativa, in data 8 ottobre 2011, nella quale citava la versione aggiornata dell’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, indicando al contempo che la propria posizione espressa nella lettera di diffida e nel parere motivato restava invariata.

12.

La Commissione, a seguito della risposta della Repubblica portoghese alla predetta lettera di diffida integrativa, nella quale detto Stato membro insisteva nel contestare l’inadempimento ad esso imputato, ha inviato un parere integrativo motivato al suddetto Stato membro. In tale parere la Commissione ha, da un lato, ribadito la propria censura vertente sulla circostanza che gli articoli 10 e 38 del CIRS violavano gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 29 TFUE nonché gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE e, dall’altro, ha invitato tale Stato membro a conformarsi a detto parere integrativo entro un termine di due mesi.

13.

Poiché la Repubblica portoghese, nella sua risposta del 23 gennaio 2013, ha confermato di ritenere che la posizione della Commissione fosse errata, quest’ultima ha deciso di presentare il presente ricorso.

III – Procedimento dinanzi alla Corte

14.

La Commissione e il governo portoghese hanno presentato osservazioni scritte. Tali parti e il governo tedesco hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 16 marzo 2016.

IV – Analisi

A – Argomenti delle parti

15.

Secondo la Commissione, i diritti della difesa della Repubblica portoghese sono stati pienamente rispettati, sebbene siano intervenute modifiche tra il ricorso e i documenti del procedimento amministrativo, giacché tali modifiche marginali fanno seguito a chiarimenti che la Repubblica portoghese ha trasmesso alla Commissione durante tale procedimento amministrativo, in particolare nella sua risposta al parere integrativo motivato.

16.

Nel merito, la Commissione individua due ipotesi: da una parte, le plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali e, dall’altra, il trasferimento a un’impresa delle attività e passività relative all’esercizio di un’attività da parte di una persona fisica.

17.

Nel primo caso, la Commissione ritiene cha la normativa portoghese [articolo 10, paragrafo 9, lettera a) del CIRS] penalizzi le persone che decidono di lasciare il territorio portoghese, giacché esse subiscono un trattamento diverso rispetto a quello applicato a coloro che restano nel paese. Se l’azionista o il socio non è più residente in Portogallo, le plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali sono incluse nella base imponibile dell’anno durante il quale ha avuto luogo il cambiamento di residenza. L’importo delle plusvalenze corrisponde alla differenza tra il valore effettivo delle quote sociali ricevute e il valore di acquisto di quelle precedenti.

18.

Invece, se l’azionista o il socio mantiene la propria residenza in Portogallo, il valore delle quote sociali ricevute corrisponde al valore di quelle cedute. Non sussistono dunque plusvalenze, salvo in caso di pagamento addizionale in contanti. Ove non si esegua un pagamento siffatto, le plusvalenze saranno tassate solo nel momento in cui, e se, avrà luogo la cessione definitiva delle quote sociali ricevute.

19.

La Commissione si basa sulle sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), e del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), sostenendo che la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), non è applicabile giacché concerne persone giuridiche.

20.

Nel secondo caso, ossia il trasferimento a un’impresa di attività e passività relative all’esercizio di un’attività da parte di una persona fisica, la Commissione ritiene che la Repubblica portoghese debba applicare la medesima regola, indipendentemente dal fatto che la persona giuridica cui le attività e passività siano trasferite abbia o no la propria sede o la propria direzione effettiva nel territorio portoghese.

21.

Orbene, ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS, il trasferimento a una società di attività e passività relative all’esercizio di un’attività economica o professionale da parte di una persona fisica in cambio di quote sociali è esente da imposta, al momento del trasferimento, se, tra gli altri requisiti, la persona giuridica cui le attività e passività sono trasferite ha la propria sede o la propria direzione effettiva in Portogallo. In tal caso, la tassazione avrà luogo solo quando, e se, tali attività e passività siano eventualmente cedute dalla persona giuridica che le ha ricevute.

22.

Tuttavia, un siffatto trattamento fiscale non si applica se la persona giuridica alla quale sono state trasferite le attività e le passività ha la propria sede o la propria direzione effettiva fuori del Portogallo. In tal caso, la tassazione delle plusvalenze avviene al momento del trasferimento.

23.

Secondo la Commissione, tale diverso trattamento fiscale è contrario agli articoli 49 TFUE e 31 dell’Accordo SEE, ed eccede quanto necessario per garantire l’efficacia del regime fiscale.

24.

La Repubblica portoghese, senza eccepire formalmente l’irricevibilità del ricorso, ritiene che le modifiche apportate dalla Commissione nel ricorso non siano semplici chiarimenti della censura, bensì modifiche sostanziali dell’oggetto iniziale della controversia, quale emerge dal parere motivato iniziale e dal parere integrativo motivato. Tali differenze dovrebbero comportare l’immediato rigetto del ricorso.

25.

Riguardo al merito, la Repubblica portoghese sostiene che la sua normativa non pregiudica affatto né la libera circolazione delle persone né la libertà di stabilimento.

26.

Da un lato, la normativa sulla tassazione delle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali in caso di trasferimento della residenza della persona fisica (articolo 10 del CIRS) non potrebbe essere ritenuta incompatibile con le libertà fondamentali di cui agli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE nonché agli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, dal momento che essa è debitamente giustificata da motivi imperativi d’interesse generale, connessi alla coerenza e alla tutela dell’integrità del regime fiscale nazionale.

27.

Dall’altro, il differimento fino al momento della realizzazione delle plusvalenze della tassazione degli elementi patrimoniali trasferiti (articolo 38 del CIRS) consentirebbe di assicurare il rispetto del principio di continuità economica, in modo da poter garantire la tassazione effettiva dei relativi redditi, da cui deriva la norma ai sensi della quale tale differimento d’imposta dipende dal fatto che l’ente cui il patrimonio è trasferito sia o no una società con sede e direzione effettiva nel territorio portoghese.

28.

Nel caso degli altri enti non si potrà garantire, in mancanza di misure di armonizzazione, il rispetto del principio di continuità né la successiva tassazione degli elementi delle attività o delle passività trasferiti, giacché sarebbe lo Stato di residenza, e non lo Stato portoghese, ad essere competente nei confronti di tali enti. La normativa in questione sarebbe quindi conforme al principio di territorialità fiscale.

29.

La Repubblica federale di Germania, in udienza, è intervenuta a sostegno della tesi della Repubblica portoghese. Essa ritiene, in sostanza, che le due disposizioni controverse siano giustificate giacché esse prevedono la tassazione degli utili generati nel territorio portoghese prima che la Repubblica portoghese perda il proprio potere impositivo. Secondo la Repubblica federale di Germania la distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche non è fondata, tanto meno dal momento che essa rischia di consentire l’elusione dei principi enunciati nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785). Essa si basa su quest’ultima sentenza ( 2 ), nonché sulle sentenze del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), e del 12 luglio 2005, Schempp (C‑403/03, EU:C:2005:446) ( 3 ).

B – Analisi

1. Sulla ricevibilità del ricorso

30.

Il procedimento precontenzioso ha lo scopo di concedere allo Stato membro interessato l’opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi che gli derivano dal diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa avverso gli addebiti formulati dalla Commissione.

31.

Nella sentenza del 22 giugno 1993, Commissione/Danimarca (C‑243/89, EU:C:1993:257, punto 13), la Corte ha statuito che, «nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la fase precontenziosa circoscrive la materia del contendere che, in seguito, non può più essere ampliata. Infatti, la facoltà dello Stato interessato di presentare le sue osservazioni costituisce una garanzia fondamentale voluta dal Trattato ed un presupposto sostanziale della ritualità del procedimento diretto all’accertamento di un inadempimento di uno Stato membro» ( 4 ).

32.

La Corte ha altresì statuito, nella sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2013:217, punto 17), che tale principio non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato ( 5 ).

33.

A mio avviso, nel caso di specie, la Commissione ha definito in termini sufficientemente precisi l’asserita violazione e i motivi in base ai quali essa riteneva che la Repubblica portoghese fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti.

34.

È evidente che l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato e nel parere integrativo motivato, nella parte che riguarda la conformità degli articoli 10 e 38 del CIRS con gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE nonché con gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, non è stato modificato.

35.

Le modifiche apportate nel ricorso si limitano a precisare la portata degli articoli del CIRS che la Commissione aveva già individuato durante il procedimento precontenzioso e a chiarire i loro effetti che, secondo la Commissione, sono contrari al diritto dell’Unione.

36.

Pertanto, il fatto che la Commissione abbia leggermente modificato nel proprio ricorso la formulazione di talune parti della propria domanda non consente affatto di ritenere che il merito della domanda inizialmente formulata sia stato ampliato o in alcun modo modificato. L’oggetto della controversia è rimasto chiaramente circoscritto e definito, dall’inizio del procedimento amministrativo sino all’attuale fase contenziosa, in relazione non solo ai motivi dedotti dalla Commissione, ma anche alla chiara indicazione degli articoli controversi del CIRS. Inoltre, la Repubblica portoghese ha potuto esercitare pienamente i diritti ad essa conferiti dal procedimento per inadempimento.

37.

Ne consegue che la Commissione non ha né ampliato né modificato l’oggetto del ricorso e non ha, quindi, violato l’articolo 258 TFUE (ex articolo 226 CE). Ritengo, dunque, che il ricorso sia chiaramente ricevibile.

2. Sul merito

38.

La presente controversia verte sulla compatibilità della tassazione in uscita delle plusvalenze realizzate da persone fisiche ( 6 ) con le libertà fondamentali sancite dal trattato FUE e dall’Accordo SEE, e richiede l’analisi di due questioni:

quella delle plusvalenze in occasione di uno scambio di quote sociali, e

quella del trasferimento a una società delle attività e passività relative all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale da parte di una persona fisica.

a) Sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali [articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS]

39.

La predetta norma prevede, nell’ipotesi in cui il contribuente trasferisca la propria residenza all’estero, la tassazione immediata delle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali. La differenza tra il valore effettivo delle quote sociali ricevute e il valore di acquisto di quelle anteriori deve essere incluso nel reddito imponibile dell’anno in cui è avvenuto il trasferimento di residenza.

40.

Ciò non avviene nel caso dei contribuenti che mantengono la loro residenza in Portogallo, giacché il valore delle quote sociali ricevute corrisponde al valore di quelle cedute, salvo in caso di pagamento supplementare in denaro, che sarà immediatamente soggetto a tassazione. Ove non si esegua un siffatto pagamento, le plusvalenze saranno tassate solo nel momento in cui, e se, avrà luogo la cessione definitiva delle quote sociali ricevute.

41.

La questione è quindi se tale diverso trattamento fiscale costituisca una restrizione alle libertà di circolazione sancite dagli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE nonché dagli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE e se, in caso di risposta affermativa, esso sia eventualmente giustificato.

i) Il diverso trattamento costituisce una restrizione in linea di principio incompatibile con gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE?

42.

Per quanto riguarda le censure relative alla violazione degli articoli del trattato FUE, ricordo che l’articolo 21 TFUE, il quale enuncia in termini generali il diritto, per ogni cittadino dell’Unione, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova espressione specifica nell’articolo 45 TFUE per quanto riguarda la libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti e nell’articolo 49 TFUE per quanto riguarda la libertà di stabilimento ( 7 ).

43.

L’insieme di tali disposizioni mira ad agevolare, per i cittadini dell’Unione, l’esercizio di attività professionali di qualsivoglia natura nell’intero territorio dell’Unione e osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorire quei cittadini dell’Unione che intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro ( 8 ).

44.

Da una giurisprudenza consolidata risulta che devono essere considerate come restrizioni alla libera circolazione delle persone ( 9 ) tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno allettante l’esercizio di tale libertà ( 10 ).

45.

Nel caso di specie, l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS è tale da restringere l’esercizio di tale diritto, dal momento che ha, quanto meno, un effetto dissuasivo nei confronti dei contribuenti residenti in Portogallo che desiderino stabilirsi in un altro Stato membro.

46.

Invero, ai sensi della normativa nazionale in questione, il trasferimento della residenza fuori del territorio portoghese comporta, per il contribuente, la tassazione immediata delle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali, ossia l’inserimento della differenza tra il valore effettivo delle quote sociali ricevute e il valore d’acquisto di quelle precedenti nel reddito imponibile dell’anno in cui è avvenuto il cambiamento di residenza, circostanza che non si verifica in caso di contribuenti che mantengano la residenza in Portogallo. Infatti, in quest’ultimo caso, il valore delle quote cedute corrisponde al valore delle quote ricevute e unicamente un pagamento supplementare in denaro è soggetto a tassazione.

47.

Peraltro, nessun elemento (e la Repubblica portoghese non ne ha, del resto, addotto alcuno) consente di affermare che la situazione di queste due categorie di contribuenti non sia paragonabile ( 11 ).

48.

Nella misura in cui, in un caso, una plusvalenza è soggetta a tassazione mentre, nell’altro, si ritiene innanzitutto che la plusvalenza non esista, tale differenza di trattamento penalizza le persone che trasferiscono la loro residenza all’estero ( 12 ).

49.

È forte la tentazione (posto che si tratta di «tassazione in uscita» o «exit tax») di fare riferimento alla sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), in cui la Corte ha dichiarato che «[i]l principio della libertà di stabilimento posto dall’art[icolo] 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art[icolo] 43 CE) [doveva] essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro introduca, a fini di prevenzione di un rischio di evasione fiscale, un meccanismo d’imposizione delle plusvalenze non ancora realizzate, come quello previsto all’art[icolo] 167 bis del code général des impôts francese, in caso di trasferimento del domicilio fiscale di un contribuente al di fuori di questo Stato».

50.

La Repubblica portoghese sostiene, tuttavia, che la fattispecie oggetto della disposizione controversa differisce da quella esaminata dalla Corte nella sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), dal momento che nel caso di specie si tratta di un’imposta su plusvalenze realizzate e non, come avviene in tale sentenza, di un’imposta sulle plusvalenze latenti.

51.

A mio avviso, tale differenza non è rilevante, giacché la questione principale della sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), non era se le plusvalenze fossero latenti o realizzate bensì la differenza di trattamento fiscale delle plusvalenze a seconda che il contribuente interessato lasciasse o meno il territorio nazionale.

52.

Inoltre, sebbene la Corte abbia effettivamente statuito, nella sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), che la normativa francese in materia di tassazione delle plusvalenze non ancora realizzate in caso di trasferimento del domicilio fiscale di un contribuente in un altro Stato membro costituiva una restrizione alla libertà di stabilimento, essa non ha affatto escluso che una restrizione alle libertà fondamentali possa sussistere anche in altre circostanze. Del resto, la Corte ha già ritenuto che sussistesse una restrizione alla libertà di stabilimento in casi riguardanti la tassazione in uscita di plusvalenze effettivamente realizzate da taluni contribuenti ( 13 ).

53.

Ritengo che la differenza prevista dall’articolo 10 del CIRS dia luogo a una restrizione in linea di principio incompatibile con gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE.

ii) Si può giustificare la restrizione?

54.

Risulta da una giurisprudenza consolidata che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o di rendere meno allettante l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono nondimeno essere consentiti, a condizione che essi perseguano un obiettivo di interesse generale, che siano idonei a garantire la realizzazione di quest’ultimo e che non eccedano quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito ( 14 ).

55.

Tra i motivi imperativi d’interesse generale già accolti dalla Corte con riferimento alle normative nazionali in materia fiscale restrittive di una libertà fondamentale garantita dal trattato, la Repubblica portoghese fa valere la coerenza del regime fiscale e la necessità di mantenere un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, conformemente al principio di territorialità ( 15 ).

56.

Va rilevato che l’onere della prova, a tal riguardo, grava sulla Repubblica portoghese ( 16 ).

– Coerenza fiscale

57.

La Repubblica portoghese sostiene segnatamente che, per quanto riguarda la giustificazione della propria normativa alla luce della necessità di mantenere la coerenza del proprio sistema fiscale nazionale, detta normativa è indispensabile per garantire tale coerenza, dal momento che il beneficio fiscale concesso sotto forma di differimento d’imposta termina allorquando la tassazione successiva divenga impossibile, circostanza che si verifica qualora il contribuente beneficiario cessi di essere residente. Secondo la Repubblica portoghese, le tre condizioni in forza delle quali la Corte ha già riconosciuto la coerenza fiscale come giustificazione di una restrizione sono soddisfatte: i) la sussistenza di un nesso diretto tra la concessione di un beneficio fiscale e la compensazione di tale beneficio tramite un prelievo fiscale; ii) la detrazione e il prelievo che si eseguono riguardo a una medesima imposizione; e iii) il fatto che ciò riguardi il medesimo contribuente.

58.

A questo proposito, la Corte ha infatti già ammesso che la necessità di preservare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato ( 17 ) ed ha preteso che, a carico del medesimo contribuente e con riferimento alla medesima imposta, il sistema fiscale in questione crei un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e un determinato prelievo fiscale ( 18 ).

59.

A tal riguardo, è giocoforza constatare che la Repubblica portoghese si limita a invocare la necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale senza dimostrare l’esistenza di un nesso diretto, nella normativa nazionale in questione, tra, da una parte, il beneficio fiscale e, dall’altra, la compensazione di tale beneficio con un onere fiscale qualunque. Non si può neppure affermare con certezza che nel futuro non avrà mai luogo alcun prelievo a carico dei destinatari del beneficio.

60.

A mio avviso, infatti, con riferimento ai soggetti passivi che mantengono la loro residenza nel territorio portoghese, dall’articolo 10, paragrafo 8, del CIRS, risulta che, finché essi continuano a valorizzare, a fini fiscali, le quote sociali ricevute in cambio di altre quote sociali, essi possono sempre avvalersi del beneficio dell’esenzione previsto da tale disposizione, rendendo pertanto solamente eventuale una riscossione futura dell’imposta a loro carico ( 19 ).

61.

Inoltre, nel caso in cui operi il prelievo, non può sussistere alcun nesso con il beneficio e, peraltro, la norma in questione del CIRS non specifica con chiarezza il momento a partire dal quale l’imposta sia eventualmente riscossa.

62.

Quanto alla difficoltà di recuperare un’imposta a carico di un contribuente non residente (circostanza che interessa maggiormente l’efficacia delle verifiche fiscali piuttosto che la coerenza), la Repubblica portoghese, nelle proprie osservazioni, non ha contestato in modo convincente l’argomento della Commissione secondo cui, alla luce delle direttive relative alla cooperazione tra gli uffici amministrativi nazionali nel settore fiscale e all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti relativi alle imposte ( 20 ), sarebbe possibile adottare provvedimenti meno lesivi delle libertà fondamentali.

– Mantenimento di una ripartizione equilibrata del potere impositivo

63.

Per quanto riguarda la giustificazione attinente alla ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, la Corte ha già ammesso tale giustificazione in numerose sentenze aventi ad oggetto controversie relative alla tassazione in uscita di plusvalenze ( 21 ). Riassumo brevemente la giurisprudenza in questione prima di applicarla nel caso di specie.

Ripartizione equilibrata del potere impositivo: principi

64.

Le prime sentenze ad avere ritenuto che sussistesse la necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo in materia di tassazione in uscita sono le sentenze del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), avente ad oggetto il trasferimento del domicilio fiscale, in un altro Stato membro, di una persona fisica, azionista di una società, e del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), che concerne il trasferimento della sede sociale di una società in un altro Stato membro.

65.

La Corte, invocando la necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo, citando il punto 46 della sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), ha statuito, nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 46), che «uno Stato membro, sulla base di tale principio di territorialità fiscale, associato a un elemento temporale, vale a dire la residenza fiscale del contribuente sul territorio nazionale durante il periodo in cui le plusvalenze latenti si sono originate, ha il diritto di tassare tali plusvalenze al momento del trasferimento all’estero del suddetto contribuente (…). Un siffatto provvedimento mira, infatti, a prevenire situazioni tali da compromettere il diritto dello Stato membro di provenienza di esercitare la propria competenza fiscale in merito alle attività realizzate sul proprio territorio e può pertanto essere giustificato da motivi legati alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri».

66.

In tale contesto, la Corte ha altresì ritenuto che uno Stato membro avesse il diritto di tassare il valore economico generato da una plusvalenza latente sul proprio territorio anche qualora essa non vi fosse ancora stata effettivamente realizzata [sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 49)], il che comporta che uno Stato membro ha evidentemente il diritto di tassare il valore economico generato da una plusvalenza realizzata sul suo territorio.

67.

Altre sentenze successive hanno confermato tali principi, segnatamente le sentenze del 6 settembre 2012, Commissione/Portogallo (C‑38/10, EU:C:2012:521); del 18 luglio 2013, Commissione/Danimarca (C‑261/11, EU:C:2013:480); del 31 gennaio 2013, Commissione/Paesi Bassi (C‑301/11, EU:C:2013:47); del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20); del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230), e del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331).

Ripartizione equilibrata del potere impositivo: proporzionalità

68.

Per valutare la proporzionalità di una normativa, in linea di principio giustificata dalla necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo, la Corte, nella sua sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 51), ha ritenuto che fosse necessario operare una distinzione tra la determinazione dell’importo del prelievo e la sua riscossione.

69.

Inoltre, ai sensi della sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 52), «la determinazione dell’importo del prelievo al momento del trasferimento della sede amministrativa effettiva di una società rispetta il principio di proporzionalità, tenuto conto dello scopo della normativa nazionale di cui alla causa principale, che è quello di assoggettare all’imposta nello Stato membro di provenienza le plusvalenze originate nell’ambito della competenza fiscale di tale Stato membro. È infatti proporzionato che lo Stato membro di provenienza, allo scopo di tutelare l’esercizio della propria competenza fiscale, determini l’imposta dovuta sulle plusvalenze latenti originate sul proprio territorio nel momento in cui il suo potere impositivo nei confronti della società interessata cessa di esistere, nel caso di specie nel momento del trasferimento in un altro Stato membro della sede amministrativa effettiva di tale società».

70.

La riscossione immediata dell’imposta è stata invece ritenuta una misura sproporzionata a causa dell’esistenza di provvedimenti meno lesivi della libertà di stabilimento rispetto a una tassazione immediata.

71.

A tal riguardo, dalla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 73), emerge che occorre offrire al soggetto passivo la scelta tra, da un lato, il pagamento immediato dell’imposta sulle plusvalenze latenti in questione e, dall’altro, il pagamento differito di tale imposta corredato, se del caso, da interessi conformemente alla normativa nazionale applicabile. La Corte ha inoltre affermato, nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 74) che «occorre tener conto anche del rischio di mancata riscossione dell’imposta, che aumenta con il passare del tempo. Tale rischio può essere preso in considerazione dallo Stato membro di cui trattasi, nell’ambito della propria normativa nazionale applicabile al pagamento differito dei debiti d’imposta, con misure quali la costituzione di una garanzia bancaria».

72.

La giurisprudenza successiva ha continuato a seguire e a precisare tali principi sotto il profilo sia della libertà di stabilimento sia della libera circolazione dei capitali ( 22 ).

Applicazione al caso di specie

73.

La Commissione respinge l’argomento della Repubblica portoghese fondato sulla necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo e basato sulla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), in ragione del fatto che tale sentenza «definisce per la prima volta le norme in materia di tassazione in uscita che possono considerarsi compatibili con il diritto dell’Unione, sebbene unicamente con riferimento alle imprese. In realtà, la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punti da 54 a 58), non riguarda le persone fisiche, che sono invece oggetto della giurisprudenza di cui alle sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), e del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525)]» ( 23 ).

74.

Non condivido questa analisi per le seguenti ragioni.

75.

La sentenza dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138), è stata emessa ancor prima che la sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763) prendesse in considerazione la giustificazione basata su una ripartizione equilibrata del potere impositivo. Essa, dunque, non rileva al fine di escludere, nei casi di tassazione di plusvalenze realizzate da persone fisiche, l’eventuale giustificazione basata su tale necessità. Ciò tenuto conto, soprattutto, del fatto che la sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), di seguito invocata dalla Commissione nel punto 42 del suo ricorso, prevede tale possibilità e la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), si basa sulla sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525, punto 46), per affermare il diritto di uno Stato membro «di tassare tali plusvalenze al momento del trasferimento all’estero del (…) contribuente», dal momento che un provvedimento siffatto mira, infatti, «a prevenire situazioni tali da compromettere il diritto dello Stato membro di provenienza di esercitare la propria competenza fiscale in merito alle attività realizzate sul proprio territorio e può pertanto essere giustificato da motivi legati alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri».

76.

Pertanto, ai sensi di tutta la giurisprudenza della Corte in materia di tassazione in uscita di plusvalenze (latenti o realizzate), ritengo, senza alcun dubbio, che la normativa portoghese sia giustificata dall’obiettivo inteso a garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, in base al principio di territorialità fiscale associato a un elemento temporale, ossia, e ciò per quanto concerne il diritto della Repubblica portoghese di tassare le plusvalenze originate durante il periodo in cui il contribuente era residente nel suo territorio e di determinare l’importo del prelievo al momento del trasferimento all’estero del suddetto contribuente.

77.

Ritengo, tuttavia, che una normativa nazionale come quella in esame, che prevede in ogni caso la riscossione immediata dell’imposta, ecceda quanto necessario per far sì che la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra Stati membri sia tutelata e sia quindi sproporzionata, dal momento che esistono provvedimenti meno lesivi della libertà di stabilimento rispetto a tale tassazione immediata.

78.

Infatti, al contribuente non viene offerta alcuna scelta tra, da un lato, il pagamento immediato dell’imposta sulle plusvalenze in questione e, dall’altro, il pagamento differito di tale imposta, né una dilazione del pagamento di tale imposta.

79.

Peraltro, sebbene tali elementi non siano affatto determinanti in questa sede, tra le sentenze del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), e del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), al di là dei cinque anni che le separano, riscontro unicamente due differenze di cui solo una può dipendere dal fatto che la prima sentenza riguarda una persona fisica e la seconda una persona giuridica.

80.

La prima differenza riguarda la considerazione o meno delle diminuzioni di valore che possono intervenire dopo il trasferimento. Nella sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525, punto 54), la Corte ha statuito che può essere considerato proporzionato soltanto un sistema fiscale che tenga interamente conto delle diminuzioni di valore che possono intervenire successivamente al trasferimento della residenza del contribuente interessato, a meno che tali riduzioni di valore non siano già state considerate nello Stato membro ospitante. Invece, nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), la Corte ha statuito che, dal momento che gli utili della società che ha trasferito la propria sede saranno tassati, dopo tale trasferimento, solo nello Stato ospitante, conformemente al principio di territorialità fiscale, associato a un elemento temporale, spetta parimenti a quest’ultimo Stato, per un motivo connesso alla simmetria tra il diritto di tassare gli utili e la possibilità di dedurre le perdite, tener conto nel suo sistema fiscale delle fluttuazioni del valore patrimoniale della società interessata, intervenute a partire dalla data in cui lo Stato membro di provenienza ha perso ogni qualsivoglia collegamento fiscale con tale società [sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 58)].

81.

La Corte, consapevole di tale differenza, l’ha giustificata nella sua sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 57), precisando che «gli attivi di una società [erano] (…) direttamente utilizzati per attività economiche atte a generare un utile. La portata dell’utile imponibile di una società è peraltro in parte influenzata dalla valorizzazione degli attivi nel suo bilancio, in quanto gli ammortamenti riducono la base imponibile».

82.

Osservo che la Corte, in nessun’altra sentenza successiva, ha applicato il ragionamento di cui alla sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525), né ha fondato il proprio ragionamento sulla distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche ( 24 ).

83.

La seconda differenza tra le due sentenze risiede nella facoltà di chiedere una garanzia bancaria, facoltà riconosciuta dalla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 74), precisata nella sentenza del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20, punto 66), e soggetta a una previa valutazione del rischio di mancato recupero, facoltà che la Corte aveva escluso nella sua sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525, punto 51), sebbene in ragione del carattere sproporzionato della stessa rispetto alla necessità di garantire un corretto funzionamento dei controlli fiscali. Tenuto conto dell’obiettivo della costituzione di una garanzia bancaria, come descritto nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 74), ossia «che occorre tener conto anche del rischio di mancata riscossione dell’imposta, che aumenta con il passare del tempo» non ravvedo alcun ostacolo, ad oggi, alla costituzione di una garanzia bancaria qualora si tratti di persone fisiche.

– Efficacia delle verifiche fiscali

84.

Sebbene, come ho già precisato nella nota 15 delle presenti conclusioni, la Repubblica portoghese abbia menzionato una sola volta tale giustificazione nel suo controricorso ( 25 ) senza alcun ulteriore sviluppo, vi dedico di seguito alcune riflessioni.

85.

Nonostante la Corte abbia già ammesso il principio di una giustificazione basata sulla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, essa ha spesso statuito che, oltre agli obblighi che gli Stati membri potevano imporre ai contribuenti, il diritto dell’Unione prevedeva già alcune procedure efficaci che permettevano il raggiungimento di tale obiettivo senza ricorrere a restrizioni alle libertà fondamentali di circolazione.

86.

Da un lato, nell’ambito della direttiva 2011/16, l’autorità competente di uno Stato membro può sempre chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro che le siano trasmesse tutte le informazioni che possono essere rilevanti per la sua amministrazione e per l’applicazione delle leggi nazionali relative, tra le altre, all’imposta sul reddito (ivi comprese, dunque, le informazioni relative all’imposta sul reddito dovuta da un contribuente avente residenza in un altro Stato membro).

87.

Dall’altro, la direttiva 2010/24 prevede l’assistenza in materia di riscossione delle imposte, tra cui, ovviamente, le imposte sul reddito e sul patrimonio [v. articolo 2, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva] come l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

88.

Ritengo quindi che la normativa portoghese in questione sia incompatibile con gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE.

iii) Il medesimo ragionamento è applicabile agli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE?

89.

La Commissione sostiene altresì che, avendo adottato e mantenuto l’articolo 10, paragrafo 9, lettera a), del CIRS, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, relativi, rispettivamente, alla libertà di circolazione dei lavoratori e alla libertà di stabilimento.

90.

In via preliminare, va rilevato che le suddette disposizioni dell’Accordo SEE sono analoghe a quelle di cui agli articoli 45 TFUE e 49 TFUE.

91.

Tuttavia, la giurisprudenza che verte su restrizioni all’esercizio delle libertà di circolazione in seno all’Unione non può essere integralmente applicata alle libertà garantite dall’Accordo SEE, in quanto l’esercizio di queste ultime si colloca in un contesto giuridico diverso ( 26 ), in particolare tenuto conto della giustificazione delle restrizioni basata sulla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali nonché la lotta contro la frode e l’evasione fiscale ( 27 ).

92.

A tal riguardo, occorre rilevare che il quadro di cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri, stabilito inizialmente dalla direttiva 77/799/CEE ( 28 ), e contenuto attualmente, tra le altre, nella direttiva 2011/16 e nella direttiva 2010/24, non sussiste tra queste ultime e le autorità competenti di uno Stato terzo qualora esso non abbia assunto alcun impegno di reciproca assistenza ( 29 ).

93.

Alla luce di ciò, l’obbligo a carico dei contribuenti che trasferiscono la loro residenza all’estero di inserire le plusvalenze nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale per il quale siano stati considerati contribuenti residenti, nella misura in cui essa riguarda i contribuenti residenti in Stati parti dell’Accordo SEE che non sono Stati membri dell’Unione, né hanno concluso alcun accordo di cooperazione amministrativa e di reciproca assistenza in materia fiscale con la Repubblica portoghese ( 30 ), non eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo inteso a garantire l’efficacia dei controlli fiscali e della lotta contro l’evasione fiscale.

94.

A tal riguardo, la Commissione ha precisato unicamente in udienza, senza essere contraddetta dalla Repubblica portoghese, che un siffatto accordo di cooperazione amministrativa e di reciproca assistenza esisteva tra il Regno di Norvegia e la Repubblica portoghese, ma che tra la Repubblica portoghese e il Principato del Lichtenstein non esisteva alcun accordo di questo tipo.

95.

Secondo la Commissione, sebbene l’accordo con la Repubblica d’Islanda riguardasse lo scambio di informazioni ma non la reciproca assistenza in materia di riscossione delle imposte, talune procedure, «molto simili» a quelle fornite dalle direttive dell’Unione erano contenuti nella Convenzione elaborata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e il Consiglio d’Europa, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1988, riguardante la reciproca assistenza in materia fiscale ( 31 ), e ratificata dalla Repubblica portoghese, dalla Repubblica d’Islanda e dal Regno di Norvegia. Il Principato del Lichtenstein si è limitato a firmare tale convenzione.

96.

Giacché la Repubblica portoghese ha contestato l’affermazione della Commissione sull’identità sufficiente tra le procedure fornite dalle direttive dell’Unione e detta convenzione, suggerisco di ritenere che tale elemento non sia stato sufficientemente dimostrato dalla Commissione, elemento che, del resto, non è stato invocato (ancor meno analizzato dalla Commissione) durante la fase scritta del procedimento e che è stato sollevato molto tardi in udienza. Bisogna quindi considerare che né la Repubblica d’Islanda, né il Principato del Lichtenstein hanno concluso con la Repubblica portoghese un accordo di cooperazione amministrativa e di reciproca assistenza in materia fiscale, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte.

b) Sul trasferimento a un’impresa di attività e passività relative all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale [articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del CIRS]

97.

La suddetta disposizione, intitolata «Apporto patrimoniale ai fini dell’aumento del capitale sociale», prevede che «[n]on occorre determinare l’utile imponibile a seguito dell’aumento del capitale sociale risultante dal trasferimento della totalità del patrimonio destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale e professionale da parte di una persona fisica» se «l’impresa alla quale viene trasferito il patrimonio è una società che ha la propria sede sociale e la propria direzione effettiva nel territorio portoghese» [paragrafo 1, lettera a)].

98.

In questi casi, la tassazione avrà luogo unicamente se tali attività e passività sono cedute dalla persona giuridica che le abbia ricevute in tale data.

99.

Invece, un trattamento fiscale siffatto non si applica qualora la persona giuridica alla quale siano state trasferite le attività e le passività abbia la propria sede o la propria direzione effettiva fuori del Portogallo. In tal caso, la tassazione delle plusvalenze è, pertanto, immediata.

100.

Tale diverso trattamento fiscale, basato sul fatto che la società che riceve le attività e le passività abbia, o meno, la propria sede in Portogallo, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, giacché si applica a cedenti e cessionari che si trovano in situazioni analoghe.

101.

Infatti, l’esclusione di un vantaggio, quand’anche fosse solo relativo al flusso di cassa, in una situazione transfrontaliera, che sia invece concesso in una situazione analoga che si produce nel territorio nazionale, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento nella misura in cui tale esclusione non sia giustificata da una situazione oggettivamente diversa.

102.

Del resto, la Repubblica portoghese non contesta effettivamente l’esistenza di una restrizione, ma focalizza la propria difesa sulla giustificazione, basata sul rispetto del principio di continuità economica ( 32 ) in modo da poter garantire la tassazione dei relativi redditi, conformemente al principio di territorialità ( 33 ).

103.

La Repubblica portoghese espone le conseguenze specifiche della propria normativa, la quale richiede che le attività e le passività trasferite siano iscritte nella contabilità della società alla quale esse sono state trasferite, in particolare per quanto concerne la determinazione degli utili relativi ai beni che costituiscono il patrimonio trasferito, che vengono calcolati come se non avesse avuto luogo alcun trasferimento. La Repubblica portoghese ne deduce che, in caso di trasferimento a una società che abbia la propria sede o la propria direzione effettiva fuori del Portogallo, essa non può procedere a una tassazione a posteriori delle attività trasferite, giacché dal punto di vista fiscale non è più competente la Repubblica portoghese, bensì lo Stato in cui la persona giuridica che ha ricevuto le suddette attività abbia sede.

104.

Nel caso di specie, la Commissione non contesta il fatto che, in caso di trasferimento di attività e passività a una società che abbia la propria sede o la propria direzione effettiva fuori del Portogallo, si applichino le norme relative all’iscrizione contabile in vigore nel paese in cui tale società ha la sede o la direzione effettiva. Essa conviene che la normativa interna della Repubblica portoghese e di qualsiasi altro Stato membro debba prevedere le modalità di gestione di situazioni siffatte, ivi inclusa l’iscrizione contabile.

105.

Ritengo, come la Commissione, che «con riferimento alla questione della tassazione delle plusvalenze che si originano in momenti diversi, la situazione sia diversa, a seconda che la società destinataria del trasferimento in questione abbia la propria sede e la propria direzione effettiva in Portogallo o all’estero. Prevedere norme specifiche sull’iscrizione contabile per far fronte a situazioni siffatte non può determinare una differenza di trattamento della tassazione delle plusvalenze, come avviene nel caso della normativa portoghese in vigore» ( 34 ).

106.

Invero, la Repubblica portoghese potrebbe, in particolare, chiedere regolarmente informazioni, ai sensi della direttiva 2011/16, alle autorità competenti del paese in cui si trova la sede o la direzione effettiva della persona giuridica alla quale le attività e le passività sono state trasferite, al fine di verificare se quest’ultima ne sia ancora detentrice. Se così non fosse, bisognerebbe allora, e solamente in quel momento, calcolare l’importo dell’imposta sulle plusvalenze eventualmente dovuto, così come avviene per le persone giuridiche che ricevono attività e passività in cambio di quote sociali ma che hanno la propria sede o direzione effettiva in Portogallo.

107.

Peraltro, la direttiva 2010/24 prevede altresì procedure di cooperazione nel settore fiscale e di assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti relativi, segnatamente, ad imposte, che hanno assoluta rilevanza in situazioni come quella del caso di specie, in cui l’imposta dovuta sulle plusvalenze non è stata, eventualmente, pagata.

108.

Il fatto che, a seguito di tale trasferimento, la competenza in materia di iscrizione contabile e in materia fiscale, per quanto riguarda le attività e le passività oggetto di trasferimento, sia dello Stato membro in cui la società cessionaria ha sede non può giustificare il provvedimento in questione, dal momento che la Repubblica portoghese può stabilire definitivamente l’importo dell’imposta dovuto al momento del trasferimento, a seguito delle plusvalenze originate nel territorio portoghese prima del trasferimento.

109.

Ne consegue che l’articolo 38 del CIRS, come l’articolo 10 del CIRS, eccede quanto strettamente necessario per garantire l’efficacia del regime fiscale ed è quindi incompatibile con gli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE. Tale disposizione è altresì incompatibile con gli articoli 28 e 31 dell’Accordo SEE, nella misura in cui essa riguarda i contribuenti residenti in Stati parti dell’Accordo SEE che non sono Stati membri dell’Unione e che hanno concluso con la Repubblica portoghese un accordo di cooperazione amministrativa e di assistenza reciproca in materia fiscale ( 35 ).

V – Sulle spese

110.

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta sostanzialmente soccombente, deve essere condannata alle spese. La Repubblica federale di Germania sopporterà le proprie spese ai sensi dell’articolo 140 del regolamento di procedura della Corte.

VI – Conclusione

111.

Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di decidere come segue:

dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo adottato e mantenuto le disposizioni di cui agli articoli 10 e 38 del Código do Imposto sobre o Rendimento das Pessoas Singulares (codice dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), ai sensi delle quali un contribuente che scambi quote sociali e trasferisca la propria residenza all’estero o che trasferisca attività e passività relative a un’attività esercitata individualmente in cambio di quote sociali di un’impresa non residente debba, nel primo caso, includere – in riferimento alle operazioni in questione – tutti i redditi non rientranti nella base imponibile dell’ultimo esercizio fiscale nel quale sia ancora considerato un contribuente residente mentre, nel secondo caso, non possa beneficiare di alcun differimento d’imposta come conseguenza dell’operazione in questione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza:

degli articoli 21 TFUE, 45 TFUE e 49 TFUE e

degli articoli 28 e 31 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), nella misura in cui le suddette disposizioni nazionali riguardano i contribuenti residenti negli Stati parti dell’Accordo SEE che non sono Stati membri dell’Unione europea e che hanno concluso con la Repubblica portoghese un accordo di cooperazione amministrativa e di assistenza reciproca in materia fiscale;

per il resto, respingere il ricorso;

condannare la Repubblica portoghese alle spese; e

dichiarare che la Repubblica federale di Germania sopporterà le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) La Repubblica federale di Germania cita segnatamente il punto 52 della suddetta sentenza («la determinazione dell’importo del prelievo al momento del trasferimento della sede amministrativa effettiva di una società rispetta il principio di proporzionalità, tenuto conto dello scopo della normativa nazionale di cui alla causa principale, che è quello di assoggettare all’imposta nello Stato membro di provenienza le plusvalenze originate nell’ambito della competenza fiscale di tale Stato membro»).

( 3 ) La Repubblica federale di Germania cita il punto 45 di tale sentenza in cui la Corte ribadisce che «il Trattato non garantisce al cittadino dell’Unione che il trasferimento delle sue attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia neutro sotto il profilo fiscale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, un simile trasferimento può, secondo i casi, essere più o meno favorevole o sfavorevole per i lavoratori sul piano delle imposte indirette».

( 4 ) V., altresì, sentenze del 28 aprile 1993, Commissione/Italia (C‑306/91, EU:C:1993:161); del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia (C‑1/00, EU:C:2001:687); del 20 giugno 2002, Commissione/Germania (C‑287/00, EU:C:2002:388); del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (C‑490/04, EU:C:2007:430); del 6 settembre 2012, Commissione/Portogallo (C‑38/10, EU:C:2012:521), e del 14 giugno 2007, Commissione/Belgio (C‑422/05, EU:C:2007:342).

( 5 ) V. sentenze dell’11 luglio 2002, Commissione/Spagna (C‑139/00, EU:C:2002:438, punti 1819), nonché del 18 novembre 2010, Commissione/Portogallo (C‑458/08, EU:C:2010:692, punti 4344).

( 6 ) Sulla tassazione in uscita applicabile a persone fisiche, v., segnatamente, sentenze del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704); dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138); del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525); del 18 gennaio 2007, Commissione/Svezia (C‑104/06, EU:C:2007:40), e del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439). Sulla tassazione in uscita applicabile a società, v., segnatamente, sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785); del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20); del 18 luglio 2013, Commissione/Danimarca (C‑261/11, EU:C:2013:480); del 25 aprile 2013, Commissione/Spagna (C‑64/11, EU:C:2013:264); del 31 gennaio 2013, Commissione/Paesi Bassi (C‑301/11, EU:C:2013:47), e del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331).

( 7 ) Sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 49) nonché sentenze del 17 gennaio 2008, Commissione/Germania (C‑152/05, EU:C:2008:17, punto 18); del 20 gennaio 2011, Commissione/Grecia (C‑155/09, EU:C:2011:22, punto 41), e del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 44).

( 8 ) Sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 51) nonché sentenze del 17 gennaio 2008, Commissione/Germania (C‑152/05, EU:C:2008:17, punto 21); del 20 gennaio 2011, Commissione/Grecia (C‑155/09, EU:C:2011:22, punto 43), e del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 46).

( 9 ) Che comprende la libera circolazione dei cittadini in generale, dei lavoratori subordinati, dei lavoratori autonomi o delle società (libertà di stabilimento).

( 10 ) Sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 54). V., per quanto concerne la libertà di stabilimento, sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France (C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 11), e del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 36).

( 11 ) V., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 38).

( 12 ) La Corte ha dichiarato ripetutamente che l’esclusione di un semplice vantaggio di cassa in un contesto transfrontaliero, malgrado esso venisse concesso in una situazione equivalente nel territorio nazionale, costituiva una restrizione della libertà di stabilimento [sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, (C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 59). V. in tal senso, altresì, sentenze dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C‑397/98 e C‑410/98, EU:C:2001:134, punti 44, 5476); del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704, punti da 36 a 38); del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 32), e del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, EU:C:2007:194, punto 29).

( 13 ) V. sentenze del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704), e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230).

( 14 ) Sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 62), nonché sentenze del 17 gennaio 2008, Commissione/Germania (C‑152/05, EU:C:2008:17, punto 26); del 20 gennaio 2011, Commissione/Grecia (C‑155/09, EU:C:2011:22, punto 51); del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 69), e del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42).

( 15 ) Benché il governo portoghese, nelle le sue conclusioni esposte al punto 99 del suo controricorso, menzioni anche l’efficacia dei controlli fiscali e della lotta contro la frode e l’evasione fiscale, esso non sviluppa affatto tali argomenti nella sua difesa. Ciononostante mi soffermerò brevemente su tali argomenti (v., infra, paragrafi 84 e seguenti delle presente conclusioni).

( 16 ) V., segnatamente, sentenze del 20 gennaio 2011, Commissione/Grecia (C‑155/09, EU:C:2011:22, punto 55), e del 21 dicembre 2011, Commissione/Polonia (C‑271/09, EU:C:2011:855, punto 61).

( 17 ) Sentenze del 28 gennaio 1992, Bachmann (C‑204/90, EU:C:1992:35, punto 21); del 23 ottobre 2008, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punto 43); del 1o dicembre 2011, Commissione/Belgio (C‑250/08, EU:C:2011:793, punto 77); del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 78), e del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 71). A tal riguardo, v. le mie conclusioni nella causa Feilen (C‑123/15, EU:C:2016:193, punti 56 e seguenti).

( 18 ) Sentenze del 27 novembre 2008, Papillon (C‑418/07, EU:C:2008:659, punto 44); del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punto 72); del 1o dicembre 2011, Commissione/Belgio (C‑250/08, EU:C:2011:793, punto 71); del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punto 57), e del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 66). V., altresì, sentenze del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, EU:C:2004:484, punto 42); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 68), e del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 72); il carattere diretto di un nesso siffatto va valutato alla luce della finalità della normativa fiscale di cui trattasi [v., segnatamente, sentenza del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, EU:C:2004:484, punto 43)].

( 19 ) V., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2006, Commissione/Portogallo (C‑345/05, EU:C:2006:685, punto 27).

( 20 ) La Commissione fa riferimento, in tale contesto, alla direttiva 2011/16/UE del Consiglio del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64, pag. 1) e alla direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84, pag. 1).

( 21 ) In genere, tutte le categorie di spese che una persona fisica è tenuta a sopportare in caso di trasferimento del proprio domicilio fiscale costituiscono le cosiddette imposte in uscita. Tale tassazione si applica, in linea di principio, vuoi alle plusvalenze latenti delle attività di un soggetto che non è più residente, vuoi alle attività trasferite in un altro Stato (Barnard, C., e Odudu, O., The Cambridge Yearbook of European studies, vol. 13, 2010-2011, Hart Publishing, Oxford, 2011, pag. 246).

( 22 ) Le precisazioni riguardavano, segnatamente, il tipo trasferimento vuoi della sede di una società vuoi delle attività di una stabile organizzazione [sentenze del 6 settembre 2012, Commissione/Portogallo (C‑38/10, EU:C:2012:521); del 18 luglio 2013, Commissione/Danimarca (C‑261/11, EU:C:2013:480, punti da 35 a 37), e del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20)], il fatto generatore dell’imposta [sentenza del 18 luglio 2013, Commissione/Danimarca (C‑261/11, EU:C:2013:480), il reinvestimento delle attività trasferite ai fini dell’acquisto di attività sostitutive [sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230)], le modalità relative alla concessione del differimento delle imposte [sentenze del 25 aprile 2013, Commissione/Spagna (C‑64/11, EU:C:2013:264, punto 37), e del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20, punto 62)], nonché l’obbligo di costituzione di garanzie bancarie [sentenza del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20, punto 66)].

( 23 ) V. punto 39 del ricorso della Commissione.

( 24 ) In udienza, la Repubblica federale di Germania ha sostenuto che la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), era adesso applicabile sia alle persone giuridiche sia alle persone fisiche.

( 25 ) Ossia, nel punto 99 del controricorso. Idem per la replica (v. punto 34).

( 26 ) V., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punto 60), e del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 40). V., altresì, sentenze del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna (C‑269/09, EU:C:2012:439, punti 94 e seguenti), e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 81).

( 27 ) V., segnatamente, sentenze del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289, punti 8990), e del 19 novembre 2009, Commissione/Italia (C‑540/07, EU:C:2009:717, punti 68 e seguenti).

( 28 ) Direttiva del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15).

( 29 ) Sentenza del 19 luglio 2012, A (C‑48/11, EU:C:2012:485). V., in tal senso, altresì, sentenza del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 41).

( 30 ) Sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti 83 e seguenti). In tal caso, la giustificazione basata sull’efficacia delle verifiche fiscali non è stata riconosciuta in ragione dell’esistenza di un contesto normativo di reciproca assistenza amministrativa tra la Repubblica di Polonia e gli Stati Uniti d’America.

( 31 ) V. sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti 8586). Detta convenzione del 1988 è stata modificata e rafforzata nel 2010 da un protocollo. La convenzione costituisce lo strumento multilaterale più completo e offre tutte le possibili forme di cooperazione in materia fiscale per combattere l’evasione e la frode fiscale. V. http://www.oecd.org/fr/ctp/echange-de-renseignements-fiscaux/conventionconcernantlassistanceadministrativemutuelleenmatierefiscale.htm. V. altresì: http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/Status_of_convention.pdf.

( 32 ) Secondo la Repubblica portoghese, tale principio sarebbe contenuto nell’articolo 77 del CIRC.

( 33 ) V. nota 15 delle presenti conclusioni. Tale giustificazione si avvicina a quella connessa alla necessità di garantire le verifiche fiscali. Il ragionamento contenuto nelle presenti conclusioni riguardo alle giustificazioni della restrizione, ai sensi dell’articolo 10 del CIRS, basate sulla coerenza fiscale e sulla necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo, può essere applicato all’articolo 38 del CIRS.

( 34 ) Punto 48 della replica.

( 35 ) Nel caso di specie, il Regno di Norvegia.

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