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Document 62005CJ0276

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 22 dicembre 2008.
The Wellcome Foundation Ltd contro Paranova Pharmazeutika Handels GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberster Gerichtshof - Austria.
Marchio - Prodotto farmaceutico - Riconfezionamento - Importazione parallela - Modifica sostanziale dell’aspetto dell’imballaggio - Obbligo di preavviso.
Causa C-276/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-10479

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2008:756

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

22 dicembre 2008 ( *1 )

«Marchio — Prodotto farmaceutico — Riconfezionamento — Importazione parallela — Modifica sostanziale dell’aspetto dell’imballaggio — Obbligo di preavviso»

Nel procedimento C-276/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria) con decisione 24 maggio 2005, pervenuta in cancelleria il 6 luglio 2005, nella causa

The Wellcome Foundation Ltd

contro

Paranova Pharmazeutika Handels GmbH,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J. -C. Bonichot, J. Makarczyk, L. Bay Larsen (relatore) e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 aprile 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per The Wellcome Foundation Ltd, dagli avv.ti. L. Wiltschek e E. Tremmel, Rechtsanwälter;

per la Paranova Pharmazeutika Handels GmbH, dall’avv. R. Schneider, Rechtsanwalt;

per il governo ellenico, dalle sig.re O. Patsopoulou, G. Alexaki e dal sig. M. Apessos, in qualità di agenti;

per il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes, in qualità di agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Wils e H. Krämer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 ottobre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 7 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: la «direttiva 89/104»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra The Wellcome Foundation Ltd (in prosieguo: la «Wellcome»), titolare del marchio austriaco ZOVIRAX, e la Paranova Pharmazeutika Handels GmbH (in prosieguo: la «Paranova»), in merito a medicinali recanti il marchio ZOVIRAX, immessi in commercio in Stati membri dello Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE») dalla Wellcome o da terzi, importati parallelamente dalla Paranova e da questa commercializzati in Austria, dopo aver costituito oggetto di un nuovo imballaggio.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3

L’art. 7 della direttiva 89/107, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa», così dispone:

«1.   Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.   Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

4

Conformemente al combinato disposto dell’art. 65, n. 2, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo e dell’allegato XVII, punto 4, di tale Accordo, l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 è stato modificato ai fini del detto Accordo, sostituendo l’espressione «nella Comunità» con le parole «nel territorio di una parte contraente».

La normativa nazionale

5

A norma dell’art. 10, lett. b), n. 1, della legge sulla protezione dei diritti di marchio (Markenschutzgesetz), il diritto conferito dal marchio d’impresa non permette al titolare dello stesso di vietarne l’uso per prodotti immessi in commercio nel SEE con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso. A norma dell’art. 10, n. 2, di tale legge, il n. 1 non è applicabile qualora legittimi motivi giustifichino che il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare qualora lo stato dei prodotti sia modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio.

Causa principale e questioni pregiudiziali

6

La Wellcome è, in particolare, titolare di due marchi denominativi austriaci ZOVIRAX nonché del marchio figurativo e denominativo austriaco ZOVIRAX, protetti per la classe dei prodotti farmaceutici. In Austria tali marchi sono regolarmente utilizzati dalla GlaxoSmithKline Pharma GmbH con il consenso della Wellcome.

7

La Paranova svolge l’attività di grossista di medicinali. Commercializza, tra l’altro, in Austria, medicinali del marchio ZOVIRAX in scatole di 60 compresse da 400 mg (ZOVIRAX 400/60), che sono stati immessi in commercio in Stati membri del SEE dalla Wellcome o da terzi, con il consenso di tale società, e che sono stati acquistati dalla società madre della Paranova nel regolare commercio dei medicinali.

8

La Paranova commercializza tali medicinali con un nuovo imballaggio, la cui apparenza esterna è del tutto diversa da quella dell’imballaggio del prodotto di origine. Sulla parte frontale di tale nuovo imballaggio è scritta, in grassetto, la menzione «riconfezionato e importato dalla Paranova». L’indicazione del nome del fabbricante figura sul lato e nella parte posteriore di tale imballaggio in caratteri normali. Il detto nuovo imballaggio reca sul bordo una striscia blu, quale quella generalmente usata dalla Paranova per i medicinali da essa commercializzati.

9

Con lettera 12 maggio 2003, la Paranova informava una società austriaca affiliata alla Wellcome della sua intenzione di commercializzare lo ZOVIRAX 400/60 in Austria. A tale lettera allegava una fotocopia a colori dell’imballaggio esterno, delle placchette alveolate e delle istruzioni per l’uso di tale medicinale. Una società inglese affiliata alla Wellcome chiedeva allora alla Paranova di inviare a partire da quel momento le informazioni relative a tali commercializzazioni alla GlaxoSmithKline Corporate Intellectual Property (in prosieguo: la «Glaxo»), allegando un campione completo di ciascun tipo di imballaggio nonché indicando lo Stato di esportazione e le ragioni precise del riconfezionamento effettuato.

10

La Paranova, poiché aveva comunicato i motivi del riconfezionamento al quale aveva proceduto, ma non lo Stato di esportazione del medicinale di cui trattasi, veniva nuovamente invitata dalla Glaxo a indicare tale Stato nonché le precise ragioni di tale riconfezionamento. In tale occasione alla Paranova veniva comunicato che non vi erano ragioni per menzionare le informazioni relative all’importatore parallelo in modo talmente appariscente, con una scrittura a caratteri più grossi e più visibili di quella del nome del fabbricante. Veniva altresì messa in discussione la distinta presentazione, costituita dalle due bande di colore apposte sui bordi della scatola.

11

La Glaxo pretendeva inoltre la produzione di un campione completo di ciascun tipo di imballaggio.

12

Il 4 giugno 2003, la Paranova faceva presente che non le era possibile, per ragioni tecniche connesse con la produzione, fornire un campione completo dell’imballaggio finito, specialmente se la Glaxo non era disposta ad assumersene i costi.

13

La Paranova importa ZOVIRAX 400/60 dalla Grecia. Tale medicinale è ivi commercializzato in imballaggi contenenti 70 compresse. In Austria l’imballaggio autorizzato è previsto per 60 compresse.

14

La Wellcome adiva lo Handelsgericht Wien con un procedimento sommario chiedendo che alla Paranova fosse ingiunto di cessare di offrire e/o di immettere in commercio, a fini di concorrenza in Austria, medicinali riconfezionati, in particolare lo ZOVIRAX, il cui imballaggio reca marchi nuovamente apposti o marchi esistenti protetti, in Austria, a favore della Wellcome se:

l’indicazione della società che ha riconfezionato il prodotto figura nell’imballaggio in caratteri più grossi e più leggibili e/o in una posizione più visibile dell’indicazione del fabbricante;

bande a colori, in particolare blu, della larghezza di circa 5 mm figurano sui bordi dell’imballaggio quali quelle sovente usate per i prodotti commercializzati dalla Paranova;

quest’ultima non ha regolarmente informato la Wellcome, prima dell’immissione in commercio della merce riconfezionata, della prevista commercializzazione, in particolare indicando lo Stato di esportazione e le precise ragioni alla base della necessità del riconfezionamento.

15

Con ordinanza 7 maggio 2004, lo Handelsgericht Wien ha accolto in parte la domanda della Wellcome. L’Oberlandesgericht Wien, adito in appello, accoglieva tale domanda in data 28 gennaio 2005, nella parte in cui aveva ad oggetto i summenzionati punti primo e terzo e la respingeva per quanto riguarda il secondo punto.

16

Le due parti del procedimento principale hanno presentato un ricorso per «Revision» (cassazione) dinanzi all’Oberster Gerichtshof.

17

Tale giudice fa presente che, per valutare la conformità del nuovo imballaggio, è importante stabilire se la prova che il riconfezionamento del prodotto sia necessario al fine di non impedire l’effettivo accesso sul mercato debba essere fornita solo con riferimento al riconfezionamento del prodotto in quanto tale. In caso di soluzione affermativa, sorgerebbe la questione circa i criteri in base ai quali la presentazione del nuovo imballaggio debba essere valutata. Nella specie si offrirebbero due possibilità, cioè una valutazione con riferimento al principio secondo cui la lesione recata al marchio deve essere la minima possibile, ovvero una valutazione della presentazione del nuovo imballaggio con riferimento alla questione se essa sia tale da nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare. Il giudice del rinvio si interroga altresì sulla portata dell’obbligo di comunicazione che incombe all’importatore parallelo.

18

Alla luce di tutto quanto sopra considerato, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

a)

Se l’art. 7 della direttiva 89/104 (…) e la giurisprudenza al riguardo emessa dalla Corte vadano interpretati nel senso che la prova secondo cui l’esercizio del diritto di marchio contribuirebbe all’artificiosa compartimentazione del mercato deve essere fornita non solo per il riconfezionamento in quanto tale, ma anche per l’aspetto esterno del nuovo imballaggio.

In caso di soluzione negativa di tale questione,

b)

se l’aspetto esterno del nuovo imballaggio vada valutato in base al principio della minima modifica possibile oppure solo sulla base della circostanza che possa nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare.

2)

Se l’art. 7 della direttiva [89/104] e la giurisprudenza al riguardo emessa dalla Corte vadano interpretati nel senso che l’importatore parallelo soddisfa il suo obbligo di informazione soltanto se comunica al titolare del marchio anche lo Stato di esportazione e le precise ragioni del riconfezionamento».

Il procedimento dinanzi alla Corte

19

Con decisione 20 settembre 2005, il presidente della Corte ha sospeso il procedimento fino alla pronuncia della sentenza della Corte nella causa C-348/04.

20

La Corte ha emesso la sentenza nella detta causa (sentenza 26 aprile 2007, causa C-348/04, Boehringer Ingelheim e a., Racc. pag. I-3391).

21

Con lettera 30 maggio 2007, il giudice del rinvio ha comunicato alla Corte che teneva ferma la sua domanda di pronuncia pregiudiziale nella parte in cui aveva ad oggetto la prima questione, sub b), e la seconda questione.

22

Con decisione 15 giugno 2007, il presidente della Corte ha ordinato la ripresa del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione, sub b)

23

La Corte, al punto 3 del dispositivo della sentenza 11 luglio 1996, cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a. (Racc. pag. I-3457), ha dichiarato che l’art. 7, n. 2, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che il titolare del marchio può legittimamente opporsi all’ulteriore smercio di un prodotto farmaceutico qualora l’importatore abbia riconfezionato il prodotto e vi abbia riapposto il marchio a meno che:

sia provato che l’esercizio del diritto di marchio da parte del titolare per opporsi allo smercio dei prodotti riconfezionati con il detto marchio contribuirebbe a compartimentare artificiosamente i mercati nazionali nell’ambito della Comunità. Ciò si verifica, in particolare, qualora il titolare abbia messo in commercio in vari Stati membri un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e il riconfezionamento effettuato dall’importatore, da un lato, sia necessario per lo smercio del prodotto nello Stato membro dell’importazione e, dall’altro, avvenga secondo modalità tali che lo stato originario del prodotto non può risultarne alterato;

sia provato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione;

siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l’autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante di questo;

la presentazione del prodotto riconfezionato non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare; in tal senso, la confezione non dev’essere difettosa, di cattiva qualità o grossolana, e

l’importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne informi il titolare del marchio e gli fornisca, su sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato.

24

Quest’ultima condizione consente al titolare di accertare che il riconfezionamento non sia stato effettuato in modo da alterare direttamente o indirettamente lo stato originario del prodotto e che la presentazione del prodotto a seguito del riconfezionamento non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio (citata sentenze Bristol-Myers Squibb e a., punto 78, nonché Boehringer Ingelheim e a., punto 20).

25

La condizione secondo cui il riconfezionamento del prodotto farmaceutico, in particolare con un nuovo imballaggio dello stesso, è necessaria per la sua ulteriore commercializzazione nello Stato membro di importazione riguarda esclusivamente il fatto di procedere al riconfezionamento del prodotto e non la modalità o lo stile secondo i quali tale riconfezionamento viene effettuato (v. sentenza Boehringer Ingelheim e a., citata, punti 38 e 39).

26

Pertanto, la detta condizione di necessità prende unicamente in considerazione il fatto del riconfezionamento del prodotto, in particolare mediante un nuovo imballaggio dello stesso, e non la modalità di presentazione di tale nuovo imballaggio.

27

Dal momento che la modalità di presentazione del nuovo imballaggio del prodotto non è valutata con riferimento alla condizione di necessità ai fini dell’ulteriore commercializzazione del prodotto, essa non può essere neanche valutata in funzione del criterio secondo il quale la lesione arrecata al diritto di marchio deve essere la minore possibile.

28

Sarebbe infatti incoerente ammettere che non si debba verificare se la modalità di presentazione del nuovo imballaggio del prodotto di cui trattasi, scelta dall’importatore parallelo, sia necessaria ai fini dell’ulteriore commercializzazione del detto prodotto e, allo stesso tempo, pretendere che essa soddisfi il criterio della minore lesione possibile al diritto di marchio.

29

Come risulta dai punti 23 e 24 della presente sentenza, la protezione del titolare del diritto di marchio nei confronti della modalità di presentazione dell’imballaggio del prodotto farmaceutico, scelta dall’importatore parallelo, è, in linea di principio, assicurata dal rispetto della condizione secondo cui la presentazione del prodotto riconfezionato non deve essere tale da nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare.

30

Quindi, la prima questione, sub b), va risolta dichiarando che l’art. 7, n. 2, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che, qualora sia dimostrato che il riconfezionamento del prodotto farmaceutico mediante un nuovo imballaggio dello stesso è necessario per la sua ulteriore commercializzazione nello Stato membro di importazione, la modalità di presentazione di tale imballaggio deve essere valutata soltanto con riferimento alla condizione secondo cui non deve essere tale da nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare.

Sulla seconda questione

31

La Wellcome sostiene, in sostanza, che la comunicazione dello Stato di esportazione e delle precise ragioni del riconfezionamento al titolare del marchio consente a quest’ultimo di verificare se il riconfezionamento sia necessario.

32

Nell’ambito di una controversia dinanzi al giudice nazionale che contrappone il titolare del marchio a un importatore parallelo che commercializza, in uno Stato membro, un prodotto farmaceutico importato da un altro Stato membro in un nuovo imballaggio, spetta al detto importatore parallelo dimostrare, in particolare, l’esistenza della condizione secondo cui il fatto che il titolare si avvalga del suo diritto di marchio per opporsi alla commercializzazione dei prodotti riconfezionati sotto tale marchio contribuirebbe a compartimentare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri (v. sentenza Boehringer Ingelheim e a., citata, punti 24 e 54).

33

Come ricordato al punto 23 della presente sentenza, tale è il caso, in particolare, allorché il titolare ha messo in circolazione, in diversi Stati membri, un prodotto farmaceutico identico in confezioni diverse e il riconfezionamento cui ha proceduto l’importatore è necessario per commercializzare il prodotto nello Stato membro d’importazione.

34

Tenuto conto di quanto sopra, e con riferimento al fatto che un adeguato funzionamento del sistema di preavviso presuppone che ciascuna delle parti interessate cerchi di rispettare lealmente gli interessi legittimi dell’altra (sentenza 23 aprile 2002, causa C-143/00, Boehringer Ingelheim e a., Racc. pag. I-3759, punto 62), spetta all’importatore parallelo fornire al titolare del marchio le informazioni necessarie e sufficienti al fine di consentire a quest’ultimo di verificare che il riconfezionamento del prodotto sotto tale marchio sia necessario per commercializzarlo nello Stato membro di importazione.

35

Il tipo d’informazione da fornire dipende, del resto, dalle circostanze di ciascuna fattispecie. Non può a priori escludersi che in casi eccezionali possa comprendere l’indicazione dello Stato membro di esportazione, qualora l’assenza di una siffatta informazione impedisse al titolare del marchio di valutare la necessità del riconfezionamento.

36

Si deve, a questo proposito, ricordare che, qualora si verificasse che le informazioni fornite vengono utilizzate dal titolare del marchio per risalire alle smagliature esistenti nella sua organizzazione di vendita e contrastare in tal modo il commercio parallelo dei suoi prodotti, è nell’ambito delle norme del Trattato CE relative alla concorrenza che le persone che operano nel commercio parallelo sarebbero tutelate nei confronti di questi ultimi atti (v., in questo senso, sentenza 11 novembre 1997, causa C-349/95, Loendersloot, Racc. pag. I-6227, punto 43).

37

La seconda questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 7, n. 2, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che spetta all’importatore parallelo fornire al titolare del marchio le informazioni necessarie e sufficienti al fine di consentire a quest’ultimo di verificare che il riconfezionamento del prodotto sotto tale marchio sia necessario al fine di commercializzarlo nello Stato membro di importazione.

Sulle spese

38

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

L’art. 7, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992, deve essere interpretato nel senso che, qualora sia dimostrato che il riconfezionamento del prodotto farmaceutico, mediante un nuovo imballaggio dello stesso, è necessario per la sua ulteriore commercializzazione nello Stato membro di importazione, la modalità di presentazione di tale imballaggio deve essere valutata soltanto con riferimento alla condizione secondo cui non deve essere tale da nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare.

 

2)

L’art. 7, n. 2, della direttiva 89/104, come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992, deve essere interpretato nel senso che spetta all’importatore parallelo fornire al titolare del marchio le informazioni necessarie e sufficienti al fine di consentire a quest’ultimo di verificare che il riconfezionamento del prodotto sotto tale marchio sia necessario al fine di commercializzarlo nello Stato membro di importazione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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