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Document 62001CJ0257

Sentenza della Corte in seduta plenaria del 18 gennaio 2005.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio dell'Unione europea.
Regolamenti (CE) nn. 789/2001 e 790/2001 - Politica dei visti - Controllo e sorveglianza alle frontiere - Art. 202 CE - Competenze di esecuzione riservate al Consiglio - Aggiornamento riservato agli Stati membri - Casi specifici - Obbligo di motivazione.
Causa C-257/01.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-00345

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:25

Arrêt de la Cour

Causa C-257/01

Commissione delle Comunità europee

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Regolamenti (CE) nn. 789/2001 e 790/2001 — Politica dei visti — Controllo e sorveglianza alle frontiere — Art. 202 CE — Competenze di esecuzione riservate al Consiglio — Aggiornamento riservato agli Stati membri — Casi specifici — Obbligo di motivazione»

Conclusioni dell’avvocato generale P. Léger, presentate il 27 aprile 2004 ?

Sentenza della Corte (Seduta plenaria) 18 gennaio 2005 ?

Massime della sentenza

1.     Atti delle istituzioni — Regolamenti — Regolamenti di base e regolamenti di esecuzione — Competenze di esecuzione riservate dal Consiglio a se stesso — Presupposti — Casi specifici e motivati — Misure di esecuzione delle modalità di applicazione delle regole in materia di passaggio delle frontiere esterne e di visti

[Artt. 202 CE e 253 CE; regolamenti (CE) del Consiglio nn. 789/2001 e 790/2001; decisione del Consiglio 1999/468/CE, art. 1, primo comma]

2.     Unione europea — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen — Passaggio delle frontiere esterne e visti — Introduzione da parte del Consiglio di una procedura di trasmissione delle modifiche apportate dagli Stati membri alle modalità di applicazione — Ammissibilità

(Regolamenti del Consiglio nn. 789/2001, art. 2, e n. 790/2001, art. 2)

1.     In conformità all’art. 202 CE e all’art. 1, primo comma, della decisione 1999/468 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (seconda decisione sulla comitologia), qualora occorra adottare, a livello comunitario, misure di esecuzione di un atto di base, spetta normalmente alla Commissione esercitare tale competenza. Il Consiglio è tenuto a giustificare debitamente, in funzione della natura e del contenuto dell’atto di base da adottare o da modificare, qualsiasi eccezione a tale regola.

A tal riguardo, nel preambolo dei regolamenti n. 789/2001 e n. 790/2001, che riservano al Consiglio competenze di esecuzione per quanto riguarda talune disposizioni dettagliate e modalità pratiche, relative rispettivamente all’esame delle domande di visto e all’attuazione dei controlli e della sorveglianza alle frontiere, quest’ultimo si è espressamente riferito al ruolo più ampio degli Stati membri in materia di visti e di sorveglianza delle frontiere, nonché alla sensibilità di tali settori, in particolare per quanto riguarda le relazioni politiche con gli Stati terzi. Esso ha pertanto potuto validamente ritenere di trovarsi in un caso specifico ed ha debitamente motivato, conformemente all’art. 253 CE, la decisione di riservarsi, a titolo transitorio, la competenza di eseguire un insieme di disposizioni tassativamente elencate delle Istruzioni consolari comuni e del Manuale comune, che fissano le modalità di applicazione delle regole in materia di passaggio delle frontiere esterne e di visti, contenute nella Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.

Infatti, analizzate nel contesto nel quale esse devono essere ricollocate, tali considerazioni, benché generali e succinte, sono tali da rivelare chiaramente la giustificazione della riserva di esecuzione effettuata a favore del Consiglio e da permettere alla Corte di esercitare il suo controllo.

(v. punti 49-53, 59)

2.     Dall’art. 2 dei regolamenti n. 789/2001 e n. 790/2001, che conferiscono al Consiglio competenze esecutive per quanto riguarda talune disposizioni dettagliate e modalità pratiche relative rispettivamente all’esame delle domande di visto e all’esecuzione dei controlli e della sorveglianza alle frontiere, deriva che ogni Stato membro può esso stesso, talvolta di concerto con altri Stati membri, modificare il contenuto di talune di queste disposizioni o modalità. Per quanto riguarda i testi che sono stati adottati in un momento in cui la materia di cui trattasi rientrava nella competenza intergovernativa, il loro inserimento nell’ambito dell’Unione europea, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, non ha avuto, di per sé, l’effetto di privare immediatamente gli Stati membri delle competenze che essi potevano esercitare in forza di tali atti per assicurare la loro corretta applicazione.

In tale contesto del tutto particolare e transitorio, in attesa degli sviluppi dell’acquis di Schengen nell’ambito giuridico e istituzionale dell’Unione europea, non si può addebitare al Consiglio di aver introdotto una procedura di trasmissione da parte degli Stati membri delle modifiche che essi sono autorizzati ad apportare, unilateralmente o di concerto con gli altri Stati membri, a talune di queste disposizioni il cui contenuto dipende esclusivamente da informazioni di cui solo essi dispongono, in quanto non è dimostrato che era opportuno ricorrere ad una procedura di aggiornamento uniforme per garantire un’applicazione efficace o corretta.

(v. punti 65, 69-71)




SENTENZA DELLA CORTE (seduta plenaria)
18 gennaio 2005(1)

«Regolamenti (CE) nn. 789/2001 e 790/2001 – Politica dei visti – Controllo e sorveglianza alle frontiere – Art. 202 CE – Competenze di esecuzione riservate al Consiglio – Aggiornamento riservato agli Stati membri – Casi specifici – Obbligo di motivazione»

Nella causa C-257/01,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell'art. 230 CE, proposto il 3 luglio 2001,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalle sig.re D. Maidani e C. O'Reilly, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da: Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente,

interveniente,

interveniente,

interveniente,

contro Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal sig. I. Díez Parra, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da: Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal sig. I. Díez Parra, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da: Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,



LA CORTE (seduta plenaria),,



composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Lenaerts, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, J.‑P. Puissochet e R. Schintgen (relatore), dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 aprile 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
La Commissione delle Comunità europee con il suo ricorso chiede l’annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 24 aprile 2001, n. 789, che conferisce al Consiglio competenze esecutive per quanto concerne talune disposizioni dettagliate e modalità pratiche relative all’esame delle domande di visto (GU L 116, pag. 2), e del regolamento (CE) del Consiglio 24 aprile 2001, n. 790, che conferisce al Consiglio competenze esecutive per quanto concerne talune disposizioni dettagliate e modalità pratiche relative all’esecuzione dei controlli e della sorveglianza alle frontiere (GU L 116, pag. 5; in prosieguo, congiuntamente, i «regolamenti impugnati»).

2
Con ordinanze del presidente della Corte in data 10 ottobre e 8 novembre 2001, il Regno di Spagna e il Regno dei Paesi Bassi sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni rispettivamente del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione.


Contesto normativo

Le disposizioni pertinenti del Trattato CE

3
L’art. 202 CE dispone quanto segue:

«Per assicurare il raggiungimento degli scopi stabiliti dal presente trattato e alle condizioni da questo previste, il Consiglio:

(…)

(…)

conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce. Il Consiglio può sottoporre l’esercizio di tali competenze a determinate modalità. Il Consiglio può anche riservarsi, in casi specifici, di esercitare direttamente competenze di esecuzione. Le suddette modalità devono rispondere ai principi e alle norme che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione previo parere del Parlamento europeo, avrà stabilito in via preliminare».

4
L’art. 62 CE, compreso nel titolo IV del Trattato, intitolato «Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone», così recita:

«Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 67, entro un periodo di cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam adotta:

(…)

2)
misure relative all’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, che definiscono:

a)
norme e procedure cui gli Stati membri devono attenersi per l’effettuazione di controlli sulle persone alle suddette frontiere,

b)
regole in materia di visti relativi a soggiorni previsti di durata non superiore a tre mesi, che comprendono:

i)
un elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e di quelli i cui cittadini sono esenti da tale obbligo;

ii)
le procedure e condizioni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri;

iii)
un modello uniforme di visto;

iv)
norme relative a un visto uniforme;

(…)».

5
L’art. 64, n. 1, CE prevede quanto segue:

«Il presente titolo non osta all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna».

6
L’art. 67, n. 1, CE dispone:

«Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo».

La Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, il Manuale comune e l’Istruzione consolare comune

7
Ai sensi dell’art. 1 del protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea dal Trattato di Amsterdam (in prosieguo: il «protocollo»), tredici Stati membri dell’Unione europea sono autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel campo di applicazione dell’acquis di Schengen, come definito nell’allegato al detto protocollo.

8
In particolare rientrano nell’acquis di Schengen così definito, l’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13; in prosieguo: l’«Accordo di Schengen»), nonché la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), firmata il 19 giugno 1990, comprese le decisioni del comitato esecutivo istituito dalla CAAS.

9
Il titolo II della CAAS contiene, ai capitoli 2 e 3, le regole in materia, rispettivamente, di passaggio delle frontiere esterne e di visti.

10
Le modalità pratiche di applicazione di queste regole sono definite nel Manuale comune (in prosieguo: l’«MC») per quanto concerne i controlli alle frontiere e nell’Istruzione consolare comune indirizzata alle rappresentanze diplomatiche e consolari di prima categoria (GU 2002, C 313, pag. 1; in prosieguo: l’«ICC») per quanto concerne le domande di visto. Le versioni definitive delle ICC e dell’MC sono state adottate dal Comitato esecutivo, in forza dell’art. 132 della CAAS nonché sul fondamento degli artt. 3, n. 1, 5, n. 1, 6, n. 3, 8, 12, n. 3, e 17 di essa, con decisione 28 aprile 1999, riguardante le versioni definitive del Manuale comune e dell’Istruzione consolare comune [SCH/Com-ex (99) 13] (GU 2000, L 239, pag. 317; in prosieguo: la «decisione 99/13»).

11
L’MC e l’ICC contengono sia disposizioni normative dettagliate sia istruzioni pratiche, destinate rispettivamente ai funzionari che effettuano i controlli alle frontiere esterne delle parti contraenti e agli agenti consolari di esse per il trattamento corrente delle domande di visto.

12
Per quanto riguarda taluni aspetti dell’ICC, occorre ancora riferirsi a numerose decisioni del comitato esecutivo. Si tratta delle decisioni 16 dicembre 1998 [SCH/Com-ex (98) 56] (GU 2000, L 239, pag. 207; in prosieguo: la «decisione 98/56») e 28 aprile 1999 [SCH/Com-ex (99) 14] (GU 2000, L 239, pag. 298; in prosieguo: la «decisione 99/14»), riguardante il manuale relativo ai documenti sui quali può essere apposto un visto. Inoltre la decisione del comitato esecutivo del 21 novembre 1994 [SCH/Com-ex (94) 15 rev.] (GU 2000, L 239, pag. 165; in prosieguo: la «decisione 94/15») introduce la procedura automatizzata per la consultazione delle autorità centrali di cui all’ex art. 17, secondo comma, della CAAS.

13
In forza dell’art. 2, n. 1, primo comma, del protocollo, a decorrere dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, l’acquis di Schenghen si applica immediatamente ai tredici Stati membri di cui all’art. 1 di tale protocollo. La stessa disposizione prevede che il Consiglio si sostituisca al comitato esecutivo nell’esercizio delle funzioni di quest’ultimo.

14
In applicazione dell’art. 2, n. 1, secondo comma, seconda frase, del protocollo, il Consiglio ha adottato, il 20 maggio 1999, la decisione 1999/436/CE che determina, in conformità delle pertinenti disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione europea, la base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l’acquis di Schengen (GU L 176, pag. 17). Dall’art. 2 di tale decisione, letto in combinato disposto con l’allegato A della medesima, risulta che gli artt. 62 CE e 63 CE costituiscono le nuove basi giuridiche della decisione 99/13, mentre gli artt. 62, n. 2, lett. b), punto ii), CE, 62 CE e 62, n. 2, lett. b), CE costituiscono rispettivamente le nuove basi giuridiche delle decisioni 98/56, 99/14 e 94/15.

La decisione 1999/468/CE

15
Secondo la formulazione dell’art. 1, primo comma, della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23; in prosieguo: la «seconda decisione sulla comitologia»),

«Salvi casi specifici e motivati, nei quali l’atto di base riserva al Consiglio il diritto di esercitare direttamente talune competenze di esecuzione, queste sono conferite alla Commissione conformemente alle pertinenti disposizioni dell’atto di base. Tali disposizioni precisano gli elementi essenziali delle competenze così conferite».

I regolamenti impugnati

16
In seguito all’adozione della decisione 1999/436, è stato giudicato opportuno definire, in un atto comunitario, le procedure secondo cui dovevano essere adottati i provvedimenti di esecuzione e di aggiornamento dell’MC e dell’ICC.

17
A tale proposito il Consiglio ha approvato i regolamenti nn. 789/2001 e 790/2001 sulla base, rispettivamente, dell’art. 62, nn. 2 e 3, CE e degli artt. 62, n. 2, lett. a) e b), CE e 67, n. 1, CE.

18
Ai sensi del secondo-quarto ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e del secondo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, determinate «disposizioni e modalità pratiche», relative rispettivamente all’esame delle domande di visto nonché all’attuazione dei controlli alle frontiere e della sorveglianza alle frontiere esterne, contenute rispettivamente nell’ICC e nell’MC, nonché negli allegati ad essi, devono essere «modificate e aggiornate regolarmente per rispondere alle esigenze operative» delle autorità competenti in materia.

19
Al riguardo i regolamenti impugnati istituiscono due procedure. Da una parte, essi prevedono, al loro art. 1, che talune disposizioni ivi enumerate possano essere modificate dal Consiglio all’unanimità. Dall’altra, l’art. 2 di tali regolamenti istituisce una procedure mediante la quale gli Stati membri comunicano le modifiche che desiderano apportare a talune disposizioni o parti degli allegati elencati delle ICC e dell’MC al segretario generale del Consiglio che comunica successivamente tali modifiche ai membri del Consiglio e alla Commissione.

Il regolamento n. 789/2001

20
Ai sensi dell’ottavo ‘considerando’del regolamento n. 789/2001:

«Poiché gli Stati membri svolgono un ruolo più ampio per quanto riguarda la politica dei visti, commisurato alla sensibilità di questo settore, che ricomprende in particolare le relazioni politiche con i paesi terzi, il Consiglio si riserva il diritto, durante il periodo transitorio di cinque anni di cui all’articolo 67, paragrafo 1, del trattato, di adottare, modificare ed aggiornare all’unanimità le disposizioni dettagliate e le modalità pratiche summenzionate, in attesa dell’esame, da parte del Consiglio, delle condizioni in base alle quali siffatte competenze esecutive potrebbero essere conferite alla Commissione al termine del suddetto periodo transitorio».

21
L’art. 1, nn. 1 e 2, dello stesso regolamento dispone quanto segue:

«1.     Il Consiglio, deliberando all’unanimità, su iniziativa di uno dei suoi membri o su proposta della Commissione, modifica, se del caso, le parti II, III, V, VI, VII e VIII dell’ICC, come pure il suo allegato 2 (ad eccezione dell’inventario B e degli obblighi di visto relativi ai paesi di cui all’inventario A per i quali non occorre una consultazione preliminare), le parti I e III del suo allegato 3 e i suoi allegati 6, 10, 11, 12, 13, 14 e 15.

2.       Il Consiglio, deliberando all’unanimità, su iniziativa di uno dei suoi membri o su proposta della Commissione, modifica, se del caso, l’introduzione e le parti I, II e III della "Rete di consultazione Schengen (Specifiche tecniche)" e gli allegati 2, 2 A, 3, 4, 5, 7 e 8 della medesima».

22
Le disposizioni dell’ICC che il Consiglio può modificare in forza dell’art. 1 del regolamento n. 789/2001 riguardano le seguenti materie:

la rappresentanza diplomatica o consolare competente per la domanda di visto per un soggiorno non superiore a tre mesi (parte II dell’ICC);

il ricevimento della domanda di visto per un soggiorno non superiore a tre mesi (parte III dell’ICC);

l’esame della domanda e la decisione relativa ad essa (parte V dell’ICC);

le modalità di compilazione della vignetta visto (parte VI dell’ICC);

la gestione amministrativa e l’organizzazione del servizio visti (parte VII dell’ICC);

la cooperazione consolare a livello locale (parte VIII dell’ICC);

il regime di circolazione applicabile ai titolari di passaporto diplomatico, ufficiale e di servizio nonché ai titolari di lasciapassare rilasciati da talune organizzazione internazionali intergovernative ai loro funzionari (allegato 2 dell’ICC, ad eccezione dell’inventario B e degli obblighi in materia di visti relativi ai paesi compresi nell’inventario A per cui una consultazione preliminare non è necessaria);

la lista comune dei paesi terzi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo del visto aeroportuale in tutti gli Stati membri che sono parti contraenti nell’Accordo di Schengen (in prosieguo: gli «Stati Schengen»), essendo i titolari di documenti di viaggio rilasciati da tali paesi terzi anch’essi assoggettati a tale obbligo (allegato 3, parte I, dell’ICC);

l’elenco dei titoli di soggiorno degli Stati membri dello Spazio economico europeo i cui titolari sono esentati dall’obbligo di visto di transito aeroportuale (allegato 3, parte III, dell’ICC);

la lista dei consoli onorari abilitati, in via eccezionale e transitoria, al rilascio del visto uniforme (allegato 6 dell’ICC);

le istruzioni relative all’iscrizione di menzioni nella zona di lettura ottica (allegato 10 dell’ICC);

i criteri in funzione dei quali i documenti di viaggio possono essere accompagnati da un visto (allegato 11 dell’ICC);

i diritti in euro da riscuotere, corrispondenti alle spese amministrative per il trattamento della domanda di visto (allegato 12 dell’ICC);

le indicazioni circa le modalità di compilazione della vignetta visto (allegato 13 dell’ICC);

gli obblighi inerenti all’informazione delle parti contraenti per il rilascio di un visto con validità territoriale limitata, l’annullamento, la revoca e la riduzione della durata di validità di un visto uniforme e per il rilascio di un titolo di soggiorno nazionale (allegato 14 dell’ICC);

i modelli dei formulari armonizzati elaborati dagli Stati Schengen quali giustificativi di un invito, di una dichiarazione di garanzia o di un certificato recante l’impegno a fornire ospitalità (allegato 15 dell’ICC).

23
D’altronde, ai sensi del decimo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001:

«È altresì necessario prevedere una procedura che consenta di informare senza indugio i membri del Consiglio e la Commissione su tutte le modifiche del manuale relativo ai documenti sui quali può essere apposto un visto, del manuale relativo al rilascio di visti Schengen nei paesi terzi nei quali non tutti gli Stati Schengen sono rappresentati, degli allegati 6 e 9 della “Rete di consultazione Schengen (Specifiche tecniche)” e degli allegati dell’ICC consistenti, in tutto o in parte, in elenchi di informazioni fattuali che devono essere forniti da ciascuno Stato membro ai sensi delle norme in esso vigenti e che pertanto non richiedono un atto del Consiglio per essere adottati, modificati o aggiornati».

24
L’art. 2 del regolamento in parola così recita:

«1.     Ogni Stato membro comunica al segretario generale del Consiglio le modifiche che desidera apportare all’ICC per quanto riguarda la parte III dell’allegato 1, l’inventario A dell’allegato 2 (ad eccezione degli obblighi di visto relativi ai paesi di cui a tale inventario per i quali occorre una consultazione preliminare) e l’inventario B dell’allegato 2, la parte II dell’allegato 3, e gli allegati 4, 5, 7 e 9, al manuale relativo ai documenti sui quali può essere apposto un visto, al manuale relativo al rilascio di visti Schengen nei paesi terzi nei quali non tutti gli Stati Schengen sono rappresentati, e agli allegati 6 e 9 della “Rete di consultazione Schengen (Specifiche tecniche)”.

2.       Uno Stato membro che desideri apportare una modifica agli allegati 4, 5 B, 5 C, 7 o 9 dell’ICC sottopone prima una proposta di modifica agli altri Stati membri e dà loro l’opportunità di presentare osservazioni sulla stessa.

3.       Si considera che le modifiche apportate ai sensi dei paragrafi 1 e 2 abbiano effetto dalla data in cui il segretario generale le comunica ai membri del Consiglio ed alla Commissione».

25
Le disposizioni dell’ICC che, conformemente all’art. 2 del regolamento n. 789/2001, possono essere modificate dagli Stati membri riguardano le seguenti materie:

la lista dei paesi i cui cittadini non sono soggetti all’obbligo di visto in uno o più Stati Schengen se titolari di passaporto diplomatico, ufficiale o di servizio, ma sono soggetti a tale obbligo se titolari di passaporto ordinario (allegato 2, inventario A, dell’ICC, ad eccezione degli obblighi in materia di visti relativi ai paesi indicati in tale inventario per cui è necessaria una consultazione preliminare);

la lista dei paesi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo di visto in uno o più Stati Schengen se titolari di passaporto diplomatico, ufficiale o di servizio, ma non sono soggetti a tale obbligo se titolari di passaporto ordinario (allegato 2, inventario B, dell’ICC);

la lista comune dei paesi terzi i cui cittadini o titolari di documenti di viaggio rilasciati dai paesi terzi in questione sono soggetti all’obbligo del visto aeroportuale esclusivamente per taluni Stati Schengen (allegato 3, parte II, dell’ICC);

l’elenco dei documenti che autorizzano l’ingresso senza visto (allegato 4 dell’ICC);

la lista delle domande di visto per cui è richiesta una consultazione preliminare con l’autorità centrale delle Stato membro investito conformemente all’art. 17, n. 2, della CAAS (allegato 5 A dell’ICC);

la lista delle domande di visto per cui è richiesta una consultazione preliminare con le autorità centrali delle altre parti contraenti conformemente all’art. 17, n. 2, della CAAS (allegati 5 B e C dell’ICC);

gli importi di riferimento (vale a dire i mezzi di sussistenza sufficienti) per l’attraversamento delle frontiere fissati annualmente dalle autorità nazionali competenti in materia di attraversamento delle frontiere (allegato 7 dell’ICC);

le informazioni che, se del caso, devono essere indicate dalle autorità nella zona «osservazioni» della vignetta visto (allegato 9 dell’ICC);

taluni aspetti riguardanti la procedura informatizzata di consultazione ai fini del rilascio dei visti (allegati 6 e 9 della «Rete di consultazione Schengen – Specifiche tecniche»).

Il regolamento n. 790/2001

26
Il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, il quale è formulato in termini pressoché identici all’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001, dispone quanto segue:

«Dato che gli Stati membri svolgono un ruolo più ampio per quanto riguarda l’elaborazione della politica relativa alle frontiere, commisurato alla sensibilità di questo settore, in particolare per le relazioni politiche con paesi terzi, il Consiglio si riserva il diritto, durante il periodo transitorio di cinque anni di cui all’articolo 67, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea, di adottare, modificare ed aggiornare all’unanimità le disposizioni dettagliate e modalità pratiche summenzionate, in attesa dell’esame, da parte del Consiglio, delle condizioni alle quali saranno conferite siffatte competenze esecutive alla Commissione al termine del periodo transitorio».

27
L’art. 1, n. 1, dello stesso regolamento così recita:

«Il Consiglio, deliberando all’unanimità, su iniziativa di uno dei suoi membri o su proposta della Commissione, modifica, se del caso, la parte I, punti 1.2, 1.3, 1.3.1, 1.3.3, 2.1, 3.1.2, 3.1.3, 3.1.4, 3.2.4, 4.1, 4.1.1, 4.1.2, e la parte II, punti 1.1, 1.3, 1.4.1, 1.4.1 bis, 1.4.4, 1.4.5, 1.4.6, 1.4.7, 1.4.8, 2.1, 2.2.2, 2.2.3, 2.2.4, 2.3, 3.1, 3.2, 3.3.1, 3.3.2, 3.3.3, 3.3.4, 3.3.5, 3.3.6, 3.3.7, 3.3.8, 3.4, 3.5, 4.1, 4.2, 5.2, 5.3, 5.4, 5.5, 5.6, 6.4, 6.5, 6.6, 6.7, 6.8, 6.9, 6.10 e 6.11 del manuale comune nonché l’allegato 9».

28
Le disposizioni dell’MC che il Consiglio può modificare in forza dell’art. 1 del regolamento n. 790/2001 riguardano le seguenti materie:

il passaggio della frontiera ai valichi di frontiera autorizzati (parte I, punto 1.2, dell’MC);

il passaggio della frontiera al di fuori dei valichi di frontiera autorizzati (parte I, punti 1.3, 1.3.1 e 1.3.3, dell’MC);

la lista, per ogni paese, dei documenti riconosciuti come validi per l’attraversamento delle frontiere esterne e di quelli che possono essere muniti di un visto (parte I, punto 2.1, dell’MC);

la descrizione tecnica della vignetta visto di cui all’allegato 6 dell’MC (parte I, punto 3.1.2, di esso);

i modelli di vignetta recanti le diciture possibili previste all’allegato 7 dell’MC (parte I, punto 3.1.3, di esso);

la regola secondo cui «le diciture stampate sulla vignetta sono redatte in lingua inglese, francese e nelle rispettive lingue nazionali» (parte I, punto 3.1.4, dell’MC);

la regola secondo cui «[i] principi e le procedure inerenti all’informazione delle parti contraenti per il rilascio di un visto con validità territoriale limitata, per l’annullamento, la revoca e la riduzione della durata di validità di un visto uniforme e per il rilascio di un titolo di soggiorno nazionale figurano nell’allegato 8 a» (parte I, punto 3.2.4, dell’MC);

la prova o attendibilità dei motivi d’ingresso che possono essere addotti (parte I, punti 4.1, 4.1.1 e 4.1.2, dell’MC);

gli agenti abilitati all’esercizio delle misure di controllo e di sorveglianza (parte II, punto 1.1, dell’MC);

le modalità di controllo (parte II, punto 1.3, dell’MC);

talune disposizioni dettagliate relative alle modalità di rifiuto d’ingresso (parte II, punti 1.4.1, 1.4.1 bis e 1.4.4-1.4.8, dell’MC);

le disposizioni dettagliate in merito all’apposizione di timbri (parte II, punto 2.1, dell’MC);

talune disposizioni dettagliate relative alla sorveglianza delle frontiere esterne al di fuori dei punti di passaggio e delle ore di apertura di esse (parte II, punti 2.2.2, 2.2.3 e 2.2.4, dell’MC);

la lista delle informazioni che devono essere annotate su un registro (parte II, punto 2.3, dell’MC);

il controllo del traffico stradale (parte II, punto 3.1, dell’MC);

il controllo del traffico ferroviario (parte II, punto 3.2, dell’MC);

la procedura che stabilisce il luogo di controllo delle persone e dei bagagli a mano per quanto riguarda il traffico aereo civile internazionale (parte II, punto 3.3.1, dell’MC);

ulteriori modalità in merito al controllo delle persone per quanto riguarda il traffico aereo civile internazionale (parte II, punti 3.3.2, 3.3.3, 3.3.4 e 3.3.5, dell’MC);

la procedura di controllo negli aeroporti minori (parte II, punto 3.3.6, dell’MC);

la regola secondo cui, «[p]er evitare qualsiasi pericolo, occorre controllare negli aeroporti principali e in quelli minori i passeggeri dei voli interni di cui non si è in grado di stabilire con certezza se sono voli in provenienza esclusiva dai territori delle parti contraenti o con destinazione esclusiva verso di essi, senza atterraggio sul territorio di uno Stato terzo» (parte II, punto 3.3.7, dell’MC);

il controllo del traffico marittimo, ad eccezione dei collegamenti regolari, della navigazione da diporto, della pesca costiera e di quella sulle vie d’acqua interne (parte II, punto 3.4, dell’MC);

il controllo della navigazione interna (parte II, punto 3.5, dell’MC);

lo scambio di informazioni (parte II, punto 4.1, dell’MC);

il distacco di funzionari di collegamento (parte II, punto 4.2, dell’MC);

il rilascio di un visto alla frontiere (parte II, punti 5.2-5.6, dell’MC);

le regole speciali riguardanti il controllo dei piloti e di altro personale a bordo di un aereo (parte II, punto 6.4, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei marittimi (parte II, punto 6.5, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei titolari di passaporto diplomatico, ufficiale o di servizio (parte II, punto 6.6, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei frontalieri (parte II, punto 6.7, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei minori (parte II, punto 6.8, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei viaggi di gruppo (parte II, punto 6.9, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo degli stranieri che fanno domanda di asilo alla frontiera (parte II, punto 6.10, dell’MC);

le regole speciali disposte per il controllo dei membri di organizzazioni internazionali (parte II, punto 6.11, dell’MC);

il modello di visto di soggiorno di lunga durata (allegato 9 dell’MC).

29
Il settimo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, la cui formulazione è analoga a quella del decimo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001, così dispone:

«È altresì necessario prevedere una procedura che consenta di informare senza indugio i membri del Consiglio e la Commissione su tutte le modifiche degli allegati del manuale comune consistenti, in tutto o in parte, in elenchi di informazioni fattuali che devono essere forniti da ciascuno Stato membro conformemente alle norme in esso vigenti e che pertanto non richiedono un atto del Consiglio per essere adottati, modificati o aggiornati».

30
L’art. 2 del regolamento n. 790/2001 dispone quanto segue:

«1.     Ogni Stato membro comunica al segretario generale del Consiglio le modifiche che desidera apportare, al punto 1.3.2 della parte I e agli allegati 1, 2, 3, 7, 12 e 13 del manuale comune.

2.       Si considera che le modifiche apportate ai sensi del paragrafo 1 abbiano effetto dalla data in cui il segretario generale le comunica ai membri del Consiglio ed alla Commissione».

31
Le disposizioni dell’MC che, in conformità dell’art. 2 del regolamento n. 790/2001, possono essere modificate dagli Stati membri riguardano le seguenti materie:

la regola secondo la quale «[i] cittadini del Regno del Belgio, del Regno di Danimarca, della Repubblica francese, del Granducato di Lussemburgo e del Regno dei Paesi Bassi sono autorizzati ad attraversare in qualsiasi luogo le frontiere dello Stato di cui hanno la cittadinanza» (parte I, punto 1.3.2, dell’MC);

i valichi di frontiere autorizzati ai sensi della parte I, punto 1.2, dell’MC (allegato 1 di esso);

i modelli di vignette-visto ai sensi della parte I, punto 3.1.3, dell’MC (allegato 7 di esso);

i modelli di fogli aggiuntivi, e cioè le autorizzazioni che sostituiscono i visti (allegato 12 dell’MC);

i modelli di tessere rilasciate dal Ministero degli Affari esteri (allegato 13 dell’MC).

32
Occorre rilevare che gli allegati 2 e 3 dell’MC, che sono menzionati all’art. 2, n. 1, del regolamento n. 790/2001, sono stati abrogati dalla decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/352/CE, relativa alla revisione del Manuale comune (GU L 123, pag. 47).


Sul ricorso

33
La Commissione deduce due motivi a sostegno del proprio ricorso. Il primo riguarda la violazione degli artt. 202 CE e 1 della seconda decisione sulla comitologia, in quanto agli artt. 1 dei regolamenti impugnati il Consiglio si sarebbe riservato competenze esecutive in modo abusivo e senza sufficiente motivazione. Il secondo motivo riguarda la violazione dell’art. 202 CE in quanto gli artt. 2 dei regolamenti impugnati attribuiscono agli Stati membri una competenza per modificare essi stessi, da un lato, taluni punti dell’ICC e talune decisioni del comitato esecutivo che la completano e, dall’altro, taluni punti dell’MC.

Sul primo motivo, relativo all’asserita violazione della riserva di competenze a favore del Consiglio

Argomenti delle parti

34
Il primo motivo comporta due parti. Con la prima parte di tale motivo la Commissione sostiene che il Consiglio non ha provato che i provvedimenti di esecuzione previsti dai regolamenti impugnati abbiano un carattere specifico tale da poter giustificare l’esercizio di competenze di esecuzione da parte di quest’ultimo. Risulterebbe rispettivamente dall’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e dal quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001 che il Consiglio avrebbe fornito una motivazione «generica», suscettibile di coprire un settore completo dell’ICC e dell’MC, piuttosto che un provvedimento specifico.

35
Infatti, tali ‘considerando’ non preciserebbero né la natura né il contenuto delle competenze di esecuzione in esame, che dimostrerebbero la necessità per il Consiglio di esercitare esso stesso tali competenze, poiché il mero riferimento alla politica dei visti e alla sorveglianza delle frontiere in generale non possono bastare a stabilire la specificità dei provvedimenti da adottare.

36
Analogamente, una giustificazione tratta sia dal «ruolo più ampio degli Stati membri», che, secondo la Commissione, potrebbe riferirsi solo alla circostanza che questi ultimi possono adottare iniziative legislative nell’ambito del titolo IV del Trattato, sia dalla sensibilità, in particolare a livello di relazioni politiche con gli Stati terzi, delle questioni relative alla sorveglianza delle frontiere e al rilascio dei visti, il che spiegherebbe proprio questo ruolo più ampio degli Stati membri, potrebbe valere per qualsiasi provvedimento di esecuzione che fosse adottato nell’ambito del detto titolo IV.

37
Infine, il riferimento al periodo transitorio di cinque anni previsto all’art. 67, n. 1, CE, e l’impegno del Consiglio ad esaminare le «condizioni in cui tali competenze di esecuzione sarebbero conferite alla Commissione» dopo la fine di tale periodo confermerebbero chiaramente che la ragione per cui il Consiglio si è riservato competenze di esecuzione non riguarderebbe la natura o il contenuto degli atti di base, ma il fatto che questi ultimi sono compresi nel titolo IV del Trattato.

38
Con la seconda parte del primo motivo la Commissione ritiene che, indipendentemente dal carattere specifico dei provvedimenti di esecuzione, il Consiglio abbia ignorato l’obbligo di motivazione previsto all’art. 253 CE. Una motivazione fondata, da un lato, sulle particolarità istituzionali del titolo IV del Trattato e, dall’altro, sul carattere delicato delle politiche di cui trattasi non potrebbe giustificare la decisione del Consiglio di riservarsi le competenze di esecuzione previste dai regolamenti impugnati.

39
Per quanto riguarda le particolarità istituzionali del titolo IV del Trattato, la Commissione fa valere che materie quali le frontiere esterne, il diritto d’asilo, l’immigrazione e la cooperazione giudiziaria in materia civile, che in precedenza erano comprese nel titolo VI del Trattato sull’Unione europea, sono state «comunitarizzate».

40
È vero che gli Stati membri avrebbero il potere di adottare iniziative legislative durante un periodo transitorio di cinque anni, previsto all’art. 67, n. 1, CE, e che l’art. 68 CE conterrebbe disposizioni derogatorie per quanto riguarda la procedura prevista all’art. 234 CE. Tuttavia le disposizioni particolari o derogatorie del titolo IV del Trattato CE non possono impedire il ricorso alle procedure di «comitologia» attuate in forza dell’art. 202 CE.

41
D’altronde, anche se occorreva ammettere il carattere sensibile dei settori relativi alla sorveglianza delle frontiere e al rilascio dei visti, la Commissione fa valere che essa è in grado di occuparsi di tali questioni e che, comunque, essa non potrebbe agire senza aver associato gli Stati membri all’adozione di decisioni secondo le procedure di «comitologia». La Commissione sottolinea il ruolo istituzionale che le è riconosciuto dal Trattato per quanto riguarda i rapporti con gli Stati terzi, in particolare nella fase di negoziazione degli accordi esterni. Essa rileva altresì che taluni aspetti della politica dei visti, in particolare la designazione degli Stati i cui cittadini devono essere muniti di un visto, erano già compresi nell’ambito comunitario prima dell’adozione del Trattato di Amsterdam. Infine, a suo parere, tali settori riguardano solo questioni di procedura e di forma.

42
Il Consiglio sostiene, a titolo preliminare, che l’ICC e l’MC sono strumenti ibridi in quanto conterrebbero, l’una e l’altro, disposizioni di natura contemporaneamente legislativa, esecutiva e fattuale. I regolamenti impugnati terrebbero conto di tale particolarità prevedendo tre diverse procedure per modificare l’ICC e l’MC. Secondo l’undicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, le disposizioni di natura normativa potrebbero essere modificate solo in conformità delle disposizioni pertinenti del Trattato CE; quelle a carattere esecutivo potrebbero essere modificate solo in conformità della procedura enunciata all’art. 1 di ciascuno dei regolamenti impugnati e esclusivamente le modifiche di tali disposizioni potrebbero essere considerate come provvedimenti di esecuzione; infine, le informazioni di natura fattuale potrebbero essere modificate solo in conformità della procedura prevista all’art. 2 di ciascuno dei regolamenti in parola.

43
Il Consiglio osserva anche, a titolo preliminare, che il contenuto dell’ICC e quello dell’MC presentano numerosi punti in comune per il fatto che le autorità competenti in materia di visti e quelle competenti per la sorveglianza delle frontiere devono spesso consultare le stesse informazioni nell’ambito dei loro rispettivi compiti, il che spiegherebbe la somiglianza delle procedure attuate dai regolamenti impugnati.

44
In risposto al primo motivo, il Consiglio fa valere che l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001 indicano chiaramente che la riserva di competenze di esecuzione riguarda specificamente le modifiche di talune «disposizioni dettagliate e modalità pratiche» comprese nell’ICC e nell’MC. La natura e il contenuto di tali disposizioni sarebbero descritte più in dettaglio nei ‘considerando’ che precedono, e cioè il primo, secondo e quinto ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001, nonché il primo e secondo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001. Di conseguenza, la motivazione addotta non avrebbe carattere generale e non potrebbe comprendere tutti i provvedimenti adottati nell’ambito del titolo IV del Trattato. A tale proposito il Consiglio precisa di aver già adottato un gran numero di atti fondati su tale titolo, incluso l’ambito dei visti, senza essersi riservato competenze di esecuzione.

45
Il Consiglio sostiene che le considerazioni che l’hanno indotto a riservarsi, eventualmente, competenze di esecuzione sono le medesime che hanno indotto gli autori del Trattato di Amsterdam a riconoscere agli Stati membri, durante un periodo iniziale di cinque anni, un potere di iniziativa nell’ambito del titolo IV del Trattato CE. Le stesse ragioni avrebbero anche indotto il Consiglio a prevedere che le modifiche e gli aggiornamenti in esame potevano essere decisi solo all’unanimità.

46
A tale proposito il Consiglio sottolinea che, al momento dell’adozione dei regolamenti impugnati, l’incorporazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea e il riconoscimento alla Comunità di nuove competenze nel settore della politica dei visti e in quello del controllo alle frontiere erano del tutto recenti.

47
Proprio perché la decisione di riservarsi competenze di esecuzione costituisce l’eccezione e non la regola il Consiglio, malgrado la delicatezza della materia, ha specificato che avrebbe esaminato le condizioni in cui tali competenze sarebbero state conferite alla Commissione alla fine del periodo transitorio di cinque anni previsto all’art. 67, n. 1, CE. Il Consiglio sostiene che il termine di tre anni che doveva trascorrere prima della fine di tale periodo era un termine ragionevole per permettergli di valutare se le considerazioni che l’avevano inizialmente indotto a riservarsi competenze di esecuzione fossero sempre pertinenti.

48
Il Consiglio contesta di essersi riservato competenze di esecuzione in quanto i provvedimenti in questione rientrano nel titolo IV del Trattato. D’altronde esso avrebbe adottato, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, numerosi provvedimenti che contengono disposizioni di «comitologia» nei settori previsti da tale titolo.

Giudizio della Corte

49
A titolo preliminare occorre constatare che, nel caso in esame, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della seconda decisione sulla comitologia, le competenze di esecuzione sono conferite alla Commissione, salvo casi specifici e motivati nei quali l’atto di base riserva al Consiglio il diritto di esercitare direttamente talune competenze di esecuzione. Così facendo, tale disposizione si limita a riprendere il disposto sia dell’art. 202, terzo trattino, CE sia dell’art. 253 CE.

50
A tale proposito, come la Corte ha giudicato nella sua sentenza 24 ottobre 1989, causa 16/88, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 3457, punto 10), dopo le modifiche apportate dall’Atto unico europeo all’art. 145 del Trattato CE (divenuto art. 202 CE), il Consiglio può riservarsi direttamente competenze di esecuzione solamente in casi specifici e tale decisione deve essere motivata in modo circostanziato.

51
Ciò significa che il Consiglio è tenuto a giustificare debitamente, in funzione della natura e del contenuto dell’atto di base da adottare o da modificare, un’eccezione alla regola secondo la quale, nel sistema del Trattato, qualora occorra adottare, a livello comunitario, misure di esecuzione di un atto di base, spetta normalmente alla Commissione esercitare tale competenza.

52
Nel caso in esame, il Consiglio si è espressamente riferito, all’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e al quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, al ruolo più ampio degli Stati membri in materia di visti e di sorveglianza delle frontiere, nonché alla sensibilità di tali settori, in particolare per quanto riguarda le relazioni politiche con gli Stati terzi.

53
È innegabile che simili considerazioni sono contemporaneamente generali e succinte. Tuttavia, analizzate nel contesto in cui essere devono essere ricollocate, esse sono tali da rivelare chiaramente la giustificazione della riserva di esecuzione effettuata a favore del Consiglio e da permettere alla Corte di esercitare il suo controllo.

54
Infatti, in primo luogo occorre constatare che, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che ha preceduto di due anni l’adozione dei regolamenti impugnati, la politica dei visti – ad eccezione della determinazione degli Stati terzi i cui cittadini devono essere muniti di un visto al momento dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, come prevista all’art. 100 C, n. 1, del Trattato CE (abrogato dal Trattato di Amsterdam) – nonché la politica delle frontiere esterne erano completamente sottratte alla competenza della Comunità europea, ma rientravano nelle procedure organizzate nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea.

55
In secondo luogo, il titolo IV del Trattato CE comporta, agli artt. 67 CE e 68 CE, disposizioni derogatorie o particolari, a carattere evolutivo, per quanto riguarda le procedure di elaborazione del diritto derivato e di rinvio pregiudiziale. Così l’art. 67, nn. 1 e 2, CE prevede un periodo transitorio di cinque anni, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, durante il quale, in linea di principio, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o ad iniziativa di uno Stato membro, previa consultazione del Parlamento europeo. Dopo tale periodo, il Consiglio legifera esclusivamente su proposta della Commissione e può, deliberando all’unanimità, assoggettare tutti o parte dei settori contemplati dal detto titolo IV alla procedura di cui all’art. 251 CE e adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia.

56
Disposizioni di tale natura dimostrano la specificità della materia disciplinata dai regolamenti impugnati che, fino al 1° maggio 1999, rientrava per l’essenziale nelle procedure disciplinate nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea, poiché gli autori del Trattato CE non hanno voluto riconoscere immediatamente un monopolio di iniziativa alla Commissione in tale materia.

57
In terzo luogo, le disposizioni tassativamente elencate all’art. 1 dei regolamenti impugnati hanno un contenuto nettamente circoscritto. Se è vero che esse rappresentano una parte importante dell’ICC e dell’MC, cionondimeno esse non esauriscono affatto la materia dei visti e del controllo delle frontiere esterne.

58
In quarto luogo, dall’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e dal quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001 risulta che il Consiglio si è impegnato a esaminare le condizioni in cui le competenze di esecuzione riservate da tali regolamenti potrebbero essere conferite alla Commissione dopo un periodo transitorio di tre anni.

59
Per l’insieme di tali ragioni, che emergono a sufficienza dai ‘considerando’ dei regolamenti impugnati e dal contesto in cui si inseriscono, occorre considerare che il Consiglio ha potuto validamente ritenere di trovarsi in un caso specifico e ha debitamente motivato, conformemente all’art. 253 CE, la decisione di riservarsi, a titolo transitorio, la competenza di eseguire un insieme di disposizioni tassativamente elencate dell’ICC e dell’MC.

60
La circostanza che l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001 siano formulati in termine pressoché identici non è, di per sé, idonea a rimettere in questione tale conclusione, tenuto conto precisamente degli stretti legami che indubbiamente esistono tra il settore dei visti e quello del controllo alle frontiere.

61
Pertanto, il primo motivo invocato dalla Commissione a sostegno del suo ricorso deve essere respinto.

Sul secondo motivo, relativo alla competenza di esecuzione conferita agli Stati membri

Argomenti delle parti

62
Con il suo secondo motivo, la Commissione sostiene che la procedura di modifica o di aggiornamento dell’ICC e dell’MC da parte degli Stati membri, prevista all’art. 2 dei regolamenti impugnati, è contraria all’art. 202 CE. Infatti, quest’ultima disposizione, che permetterebbe solo al Consiglio di riservarsi competenze di esecuzione o di attribuirle alla Commissione, non autorizzerebbe tale procedura.

63
Essa aggiunge che, anche se tale procedura riguarda informazioni di natura fattuale detenute dagli Stati membri, esse sono contenute in strumenti la cui base giuridica, ai sensi della decisione 1999/436, è costituita dalle disposizioni del Trattato CE, cosicché le modifiche di tali strumenti devono conformarsi alle regole istituzionali normali.

64
Il Consiglio replica che le modifiche apportate all’ICC e all’MC, in applicazione dell’art. 2 dei regolamenti impugnati, non possono essere qualificate come misure di esecuzione, ma rientrano in un meccanismo di scambio di informazioni. Infatti, come risulta dal decimo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e dal settimo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, si tratterebbe di informazioni fattuali che possono essere fornite solo da ogni Stato membro. Pertanto, l’art. 202 CE sarebbe privo di pertinenza.

Giudizio della Corte

65
Dall’art. 2 dei regolamenti impugnati risulta chiaramente che, nonostante l’impiego del verbo «desiderare», ogni Stato membro può, esso stesso, talvolta di concerto con altri Stati membri, modificare il contenuto di talune disposizioni o allegati dell’ICC e dell’MC. Infatti, secondo la formulazione del decimo ‘considerando’ del regolamento n. 789/2001 e del settimo ‘considerando’ del regolamento n. 790/2001, «senza indugio i membri del Consiglio e la Commissione [sono informati] su tutte le modifiche (…)», il che implica che il potere di modifica appartiene agli Stati membri.

66
A tale proposito occorre constatare che, se l’art. 202, terzo trattino, CE, disciplina la questione dell’attuazione in modo uniforme degli atti di base del Consiglio o di quest’ultimo e del Parlamento europeo e, in tal modo, la ripartizione delle competenze di esecuzione tra il Consiglio e la Commissione, tale disposizione non riguarda la ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri.

67
Occorre esaminare se, per l’attuazione di talune disposizioni o allegati dell’ICC e dell’MC, il Consiglio fosse obbligato a ricorrere alle procedure comunitarie o se la competenza a modificare tali disposizioni o allegati potesse, senza violare il diritto comunitario, essere conferita agli Stati membri.

68
Nel caso di specie, il Consiglio fa valere che le disposizioni che possono essere modificate dagli Stati membri comportano solo informazioni di fatto che esclusivamente questi ultimi sono in grado di fornire utilmente.

69
A tale proposito occorre ricordare che l’ICC e l’MC sono stati adottati dal comitato esecutivo in un momento in cui la materia di cui trattasi rientrava nella competenza intergovernativa. Il loro inserimento nell’ambito dell’Unione europea, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, non ha avuto, di per sé, l’effetto di privare immediatamente gli Stati membri delle competenze che essi potevano esercitare in forza di tali atti per assicurare la loro corretta applicazione.

70
In tale contesto del tutto particolare e transitorio, in attesa degli sviluppi dell’acquis di Schengen nell’ambito giuridico e istituzionale dell’Unione europea, non si può rimproverare al Consiglio di avere introdotto una procedura di trasmissione da parte degli Stati membri delle modifiche che essi sono autorizzati ad apportare, unilateralmente o di concerto con gli altri Stati membri, a talune disposizione dell’ICC o dell’MC il cui contenuto dipende esclusivamente da informazioni di cui solo essi dispongono. Tale censura potrebbe essere accolta solo se venisse accertato che la procedura così attuata potrebbe mettere a repentaglio l’applicazione efficace o corretta dell’ICC o dell’MC.

71
Tuttavia occorre constatare che la Commissione, che non ha contestato il carattere fattuale delle informazioni contenute nelle disposizioni suscettibili di essere modificate dagli Stati membri né la circostanza che esse possono essere utilmente fornite solo da questi ultimi, non ha provato, e neppure tentato di dimostrare, per ciascuna di tali disposizioni, che era opportuno ricorrere a una procedura di aggiornamento uniforme dell’ICC e dell’MC per garantire la loro buona applicazione. Essa si è limitata ad esaminare nella sua memoria di replica, a titolo di esempio, gli allegati 4 e 5 dell’ICC.

72
Pertanto, la Corte ritiene di dover limitare il suo controllo alla valutazione della legittimità dell’art. 2 del regolamento n. 789/2001 nella parte in cui esso si riferisce agli allegati 4 e 5 dell’ICC, i soli esaminati dalla Commissione nelle sue memorie.

73
A tale proposito, dall’art. 2, n. 2, del regolamento n. 789/2001 risulta che, qualora uno Stato membro desideri apportare una modifica segnatamente agli allegati 4, 5 B e 5 C dell’ICC, esso presenta anzitutto una proposta in tal senso agli Stati membri che possono presentare osservazioni.

74
Per quanto riguarda, da un lato, l’allegato 4 dell’ICC, che contiene un elenco di documenti rilasciati da ogni Stato membro e che danno diritto all’ingresso senza visto, la Commissione fa valere che, secondo l’art. 21, nn. 1 e 2, della CAAS, i cittadini di Stati terzi, titolari di un titolo di soggiorno o di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno rilasciate da una parte contraente, possono, sotto la protezione di tale titolo e di un documento di viaggio rilasciato da questa stessa parte contraente, circolare liberamente per un periodo massimo di tre mesi all’interno della zona Schengen.

75
Se è vero che una modifica dell’elenco dell’allegato 4 dell’ICC ha un’immediata ripercussione sulle condizioni in cui si applica il detto art. 21, nn. 1 e 2, cionondimeno, ai sensi del n. 3 del medesimo articolo, «[l]e Parti contraenti comunicano al comitato esecutivo [a cui si è sostituito il Consiglio, in conformità dell’art. 2, n. 1, del protocollo] l’elenco dei documenti che esse rilasciano con valore di titolo di soggiorno o di autorizzazione provvisoria di soggiorno e di documento di viaggio ai sensi del presente articolo».

76
Orbene, alla luce delle disposizioni in parola e in mancanza di qualsiasi altra disposizione comunitaria che avesse modificato, con riferimento a tale punto, il regime della CAAS prima dell’adozione dei regolamenti impugnati, niente consente di affermare che, non appena l’elenco dei documenti in questione è stato comunicato al comitato esecutivo (o al Consiglio), gli Stati membri non sono più competenti a determinare la natura dei documenti valevoli come titolo di soggiorno e autorizzazione provvisoria di soggiorno.

77
Di conseguenza, la Commissione non ha provato che la modifica dell’allegato 4 dell’ICC obbligava a ricorrere a una procedura uniforme di aggiornamento.

78
D’altra parte, per quanto riguarda l’allegato 5 dell’ICC, concernente le ipotesi previste all’art. 17, n. 2, della CAAS, in cui il rilascio di un visto è subordinato alla consultazione dell’autorità centrale della parte contraente investita, nonché, se del caso, delle autorità centrali delle altre parti contraenti, occorre constatare, in primo luogo, che, conformemente al punto 2.1 della parte II dell’ICC, la consultazione dell’autorità centrale nazionale, da parte della rappresentanza diplomatica o consolare che istruisce la domanda di visto, è prevista «secondo i casi, le modalità e i termini previsti dalla legislazione o dalla prassi interne». L’allegato 5 A dell’ICC menziona per la precisione questi casi.

79
Orbene, la Commissione non è riuscita a dimostrare la ragione per cui il ricorso a una procedura uniforme per l’aggiornamento dell’allegato 5 A dell’ICC sarebbe stato necessario per la buona applicazione del punto 2.1 della parte II dell’ICC, tenuto conto del rinvio alla legislazione e alla prassi interne effettuato da tale disposizione.

80
In secondo luogo, il punto 2.2 della parte II dell’ICC riguarda i casi in cui la rappresentanza diplomatica o consolare investita di una domanda di visto deve richiedere l’autorizzazione della propria autorità centrale, che dovrà preliminarmente consultare le autorità centrali competenti di un’altra o di altre parti contraenti. Tale punto prevede che, «[f]fintantoché il comitato esecutivo [a cui si è sostituito il Consiglio] non avrà elaborato la lista dei casi soggetti a consultazione preliminare delle altre autorità centrali, si utilizzerà a tal fine l’elenco allegato alla presente Istruzione consolare comune». Tale elenco figura precisamente all’allegato 5 B.

81
Orbene, la Commissione, che non contesta la circostanza che spetta a ciascuno Stato membro determinare le domande di visto per cui è richiesta una consultazione preliminare delle autorità centrali delle altre parti contraenti, non ha provato la ragione per cui, nell’attesa di un elenco definitivo dei casi di mutua consultazione decisi dal Consiglio, il ricorso a una procedura uniforme sarebbe stato necessario per la buona applicazione del punto 2.2 della parte II dell’ICC e, in particolare, per l’aggiornamento dell’allegato 5 B di essa.

82
In terzo luogo, il punto 2.3 della parte II dell’ICC, che rinvia all’elenco stabilito all’allegato 5 C di essa, riguarda i casi in cui una domanda di visto è presentata presso un’ambasciata o un consolato di uno Stato Schengen che rappresenta un altro Stato Schengen.

83
La Commissione non ha provato e neppure cercato di dimostrare la ragione per cui il ricorso a una procedura uniforme sarebbe stato necessario alla buona applicazione del punto 2.3 della parte II dell’ICC e, in particolare, all’aggiornamento dell’allegato 5 C di essa.

84
Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo invocato dalla Commissione a sostegno del suo ricorso.

85
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso della Commissione deve essere respinto nel suo complesso.


Sulle spese

86
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (seduta plenaria) dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

Firme


1
Lingua processuale: l'inglese.

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