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Document 61992CC0410

Conclusioni dell'avvocato generale Gulmann del 1 giugno 1994.
Elsie Rita Johnson contro Chief Adjudication Officer.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal - Regno Unito.
Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale - Termini di procedura nazionali.
Causa C-410/92.

Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-05483

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:214

61992C0410

Conclusioni dell'avvocato generale Gulmann del 1 giugno 1994. - ELSIE RITA JOHNSON CONTRO CHIEF ADJUDICATION OFFICER. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: COURT OF APPEAL (ENGLAND) - REGNO UNITO. - PARITA DI TRATTAMENTO TRA GLI UOMINI E LE DONNE IN MATERIA DI SICUREZZA SOCIALE - TERMINI DI PROCEDURA NAZIONALI. - CAUSA C-410/92.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-05483


Conclusioni dell avvocato generale


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Signor Presidente,

Signori Giudici,

1. Nel contesto della presente causa la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla questione se sia compatibile con il diritto comunitario applicare una norma nazionale che limita il periodo per il quale possono essere chieste prestazioni di previdenza sociale con effetto retroattivo a dodici mesi prima del deposito della domanda nel caso in cui il diritto alle prestazioni sia fondato su una norma di una direttiva avente efficacia diretta e che non è stata correttamente trasposta nella normativa nazionale. La soluzione delle questioni sottopostevi dalla Court of Appeal presuppone una valutazione della portata delle sentenze pronunciate dalla Corte il 25 luglio 1991 nella causa Emmott (1) e il 27 ottobre 1993 nella causa Steenhorst-Neerings (2).

Il contesto della causa e le questioni sollevate

2. Il 19 dicembre 1978, il Consiglio adottava la direttiva 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (3). L' art. 4, n. 1, della direttiva vieta ogni discriminazione fondata sul sesso, in particolare per quanto riguarda il campo di applicazione dei regimi di previdenza sociale e le condizioni di ammissione agli stessi. In forza dell' art. 8, la direttiva doveva essere trasposta nel diritto nazionale entro un termine di sei anni a partire dalla sua notifica, cioè al più tardi entro il 22 dicembre 1984.

3. Nel 1981, alla signora Johnson veniva concessa, conformemente alla section 36, paragrafo 1, del Social Security Act 1975, una prestazione di invalidità non contributiva (Non-Contributory Invalidity Benefit, in prosieguo: la "NCIB"). Nel 1982, la signora Johnson cominciava a convivere con un uomo. A quest' epoca, in applicazione della section 36, paragrafo 2, del Social Security Act 1975, per poter beneficiare della NCIB, una donna doveva non soltanto essere inabile al lavoro, ma essere anche inabile a svolgere le normali attività di casalinga. Poiché la signora Johnson non soddisfaceva quest' ultima condizione, veniva sospeso il pagamento della NCIB.

4. Tale criterio, detto "Household duties test" (prova di inabilità allo svolgimento delle attività domestiche, si applicava soltanto alle donne. Gli uomini di conseguenza potevano fruire della NCIB, senza dover soddisfare detta condizione supplementare prevista dalla legge. Nel contesto dello Health and Social Security Act 1984, la NCIB veniva soppressa a decorrere dal 29 novembre 1984, cioè poco prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 79/7 e veniva introdotta una nuova prestazione denominata assegno per invalidità grave (Severe Disablement Allowance, in prosieguo: la "SDA"), prestazione alla quale potevano accedere gli uomini e le donne alle medesime condizioni.

5. In linea generale le condizioni per la concessione della SDA erano ° per quanto identiche per i due sessi ° più restrittive delle condizioni che in precedenza derivavano dal Social Security Act. Nelle Social Security (Severe Disablement Allowance) Regulations 1984 venivano adottate norme transitorie, le quali sono pure entrate in vigore il 29 novembre 1984. Il giudice a quo ha fatto presente che le norme transitorie, e in particolare l' art. 20, prevedevano che le persone che avevano avuto diritto alla NCIB immediatamente prima della soppressione della stessa avevano automaticamente diritto alla nuova prestazione senza dover dimostrare di soddisfare le condizioni stabilite per beneficiare della nuova prestazione; in altre parole, veniva loro concesso una sorta di "passaporto" che dava diritto alla nuova SDA (4).

6. L' art. 20 delle Social Security Regulations 1984 è stato oggetto di un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte nella causa Borrie Clarke. Nella sentenza 24 giugno 1987 (5), la Corte ha rilevato che dette disposizioni transitorie perpetuavano un regime discriminatorio incompatibile con il principio della parità di trattamento sancito dall' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7. La Corte ha ricordato che le disposizioni dell' art. 4, n. 1, avevano efficacia diretta, come era stato dichiarato in precedenti sentenze, e ha quindi affermato che

"dall' art. 4, n. 1, della direttiva discende che, a decorrere dal 23 dicembre 1984, le donne hanno diritto di essere trattate allo stesso modo e secondo le stesse norme degli uomini che si trovano nella stessa situazione, norme che costituiscono, se detta direttiva non è stata attuata correttamente, il solo punto di riferimento valido. Ciò implica nella fattispecie che se, a decorrere dal 23 dicembre 1984, un uomo che si trovi nella stessa situazione di una donna potesse percepire automaticamente il nuovo assegno per invalidità grave in forza delle disposizioni transitorie summenzionate senza dover comprovare una seconda volta i suoi diritti, la donna vi avrebbe del pari diritto senza dover soddisfare una condizione ulteriore vigente, prima di questa data, solo per le donne sposate" (punto 12) (6).

7. Il 17 agosto 1987, la signora Johnson ha chiesto, tramite un Citizens Advice Bureau, la concessione della SDA ai sensi dell' art. 20. L' Adjudication Officer respingeva la domanda e detta decisione veniva confermata dal Social Security Appeal Tribunal di Sutton. La decisione considerata è stata impugnata successivamente dinanzi ai Social Security Commissioners, i quali hanno sottoposto alla Corte varie questioni pregiudiziali, su cui la Corte si è pronunciata con sentenza 11 luglio 1991 (7). In conseguenza della sentenza della Corte, i Social Security Commissioners decidevano, il 16 dicembre 1991, che alla signora Johnson doveva essere accordato il beneficio della SDA a partire dal 16 agosto 1986, cioè dodici mesi prima della sua domanda.

8. Il periodo per il quale potevano essere ottenute prestazioni a titolo retroattivo è stato limitato in applicazione della section 165A, paragrafo 3, del Social Security Act 1975, che è stata inserita nel predetto Act con la Section 17 del Social Security Act 1985 ed è entrata in vigore il 2 settembre 1985. Questa disposizione è così formulata:

"Nessuno ha diritto, neppure a titolo di una disposizione adottata in virtù della presente section:

(...)

c) a qualsiasi altro assegno (ad eccezione della prestazione di invalidità, dell' assegno per riduzione del reddito o dell' assegno per decesso a seguito di un infortunio sul lavoro) per qualsiasi periodo che preceda di oltre dodici mesi la data di presentazione della domanda".

9. Nel frattempo, cioè il 25 luglio 1991, la Corte di giustizia aveva pronunciato la sua sentenza nella citata causa Emmott. La Corte aveva ivi risolto la questione pregiudiziale sollevata dalla High Court dell' Irlanda per quanto riguardava una norma delle "Rules of the Superior Courts 1986" secondo la quale la domanda di autorizzazione ad agire in "judicial review" doveva essere presentata entro i tre mesi a partire dalla data alla quale i motivi della domanda erano emersi per la prima volta, a meno che il giudice non ritenesse di dover prorogare i termini di ricorso. Il giudice a quo voleva in sostanza sapere se un siffatto termine di ricorso generale previsto dal diritto nazionale poteva essere di ostacolo alla signora Emmott a far valere la domanda che costei basava direttamente sull' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7, la quale non era stata debitamente trasposta nel diritto irlandese. La Corte ha così risolto la questione:

"Il diritto comunitario si oppone a che le autorità competenti di uno Stato membro facciano valere le norme di procedura nazionali relative ai termini di ricorso nell' ambito di un' azione avviata nei loro confronti da un singolo dinanzi ai giudizi nazionali, al fine della tutela dei diritti direttamente conferiti dall' art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, finché tale Stato membro non abbia trasposto correttamente le disposizioni di tale direttiva nel suo ordinamento giuridico interno".

10. Nel corso del procedimento dinanzi ai Social Security Commissioners, la signora Johnson non si è avvalsa della sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Emmott. Lo ha tuttavia fatto nell' ambito dell' appello proposto dinanzi alla Court of Appeal contro la decisione dei Commissioners, deducendo, in sostanza, che dalla sentenza pronunciata nella causa Emmott risultava che le autorità non potevano invocare una norma in materia di termini quale quella sancita nella section 165A, dato che il Regno Unito non aveva correttamente trasposto nel diritto nazionale le disposizioni della direttiva e i cittadini non erano pertanto in grado di conoscere pienamente i loro diritti. Ella avrebbe quindi avuto diritto a prestazioni retroattive non soltanto a decorrere dal 16 agosto 1986, ma sin dal 23 dicembre 1984, cioè dal momento in cui era scaduto il termine concesso agli Stati membri per conformarsi alla direttiva 79/7. Al fine di decidere su tale materia, la Court of Appeal ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni:

"1) Se la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee nella causa Emmott (causa C-208/90), secondo cui uno Stato membro non può far valere le norme procedurali nazionali relative ai termini di ricorso finché tale Stato membro non abbia trasposto correttamente le disposizioni della direttiva 79/7 nel proprio ordinamento giuridico interno, debba essere interpretata nel senso che essa si applica a norme nazionali relative a richieste di prestazioni previdenziali riguardanti periodi passati nel caso in cui uno Stato membro abbia attuato provvedimenti al fine di dare esecuzione alla detta direttiva entro i termini stabiliti, ma abbia lasciato in vigore disposizioni transitorie come quella oggetto della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee nella causa C-384/85, Jean Borrie Clarke.

2) In particolare, qualora

i) uno Stato membro abbia emanato provvedimenti legislativi al fine di adempiere gli obblighi sanciti dalla direttiva del Consiglio 79/7/CEE (in prosieguo: la 'direttiva' ) anteriormente alla scadenza del termine fissato nella direttiva medesima,

ii) lo Stato membro abbia emanato disposizioni transitorie accessorie al fine di salvaguardare i diritti esistenti di taluni beneficiari di prestazioni previdenziali,

iii) successivamente risulti, alla luce di una pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia, che tali disposizioni transitorie sono in contrasto con la direttiva,

iv) un soggetto, poco tempo dopo la detta pronuncia pregiudiziale, invocando le disposizioni transitorie nonché quelle della direttiva, agisca in giudizio dinanzi ad un giudice nazionale ai fini dell' ottenimento di prestazioni previdenziali, ove tale giudice riconosca al soggetto medesimo il diritto ad ottenere le prestazioni de quibus sia per il futuro sia per il periodo di dodici mesi anteriore alla presentazione della relativa domanda, conformemente alle norme nazionali pertinenti in materia di corresponsione di prestazioni previdenziali per il periodo anteriore alla presentazione della domanda stessa,

se il detto giudice nazionale debba disapplicare le norme nazionali medesime in materia di pagamento di arretrati a decorrere dalla data corrispondente al termine ultimo per dare attuazione alla direttiva, vale a dire dal 23 dicembre 1984".

Sulla sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Steenhorst-Neerings

11. Il 27 ottobre 1993, cioè dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, ma prima dell' udienza nella presente causa, la Corte ha pronunciato la sua sentenza nella causa Steenhorst-Neerings, la quale presenta importanti similitudini con la presente fattispecie e nella quale è forse contenuta la soluzione delle questioni sollevate nella presente causa.

12. La causa Steenhorst-Neerings, sottoposta alla Corte dal Raad van Beroep di 's-Hertogenbosch, verteva sulle norme della Algemene Arbeidsongeschiktheidswet (legge olandese sul regime generale in materia di inabilità al lavoro, in prosieguo: l' "AAW") ai sensi delle quali le donne sposate la cui inabilità al lavoro era emersa prima del 1 ottobre 1975 non potevano aver diritto ° al contrario di altri assicurati ai sensi della legge ° a prestazioni ai sensi della AAW. Queste disposizioni si applicavano alla signora Steenhorst-Neerings, la quale dal 1963 percepiva una pensione olandese di invalidità. Facendo riferimento all' art. 26 dell' accordo internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Centrale Raad van Beroep ha deciso, in più sentenze datate 5 gennaio 1988, che le donne coniugate avevano diritto, indipendentemente dalla data alla quale si era manifestata l' inabilità al lavoro, ad una prestazione ai sensi della AAW a decorrere dal 1 gennaio 1980, data di entrata in vigore della legge olandese che istituisce la parità tra gli uomini e le donne in materia di diritti pensionistici. In conseguenza di ciò, la signora Steenhorst-Neerings ha presentato, il 17 maggio 1988, domanda di prestazioni ai sensi della AAW, prestazioni che le venivano concesse con decorrenza 17 maggio 1987, cioè dodici mesi prima della presentazione della sua domanda. Il periodo per il quale la prestazione poteva essere concessa retroattivamente veniva limitato in applicazione dell' art. 25, n. 2, della AAW, ai sensi del quale il periodo per cui la prestazione per inabilità al lavoro è corrisposta con effetto retroattivo può risalire al massimo fino ad un anno prima della data di presentazione della domanda.

13. Rilevando che le donne che si fossero trovate nella stessa situazione della signora Steenhorst-Neerings avrebbero potuto richiedere prestazioni ai sensi della AAW a partire dal 23 dicembre 1984 basandosi direttamente sulla direttiva 79/7, il Raad van Beroep ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale vertente sul punto se si potesse applicare una norma in materia di termini come quella sancita nell' art. 25, n. 2, della AAW, qualora la direttiva 79/7 non fosse stata correttamente trasposta nel diritto nazionale.

14. Nel contesto della soluzione fornita a detta questione, la Corte ha in primo luogo affermato

"che il diritto, che le donne sposate traggono dall' efficacia diretta dell' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7, di chiedere una prestazione per inabilità al lavoro alle stesse condizioni degli uomini deve essere esercitato secondo le modalità stabilite dalla legge nazionale, a condizione tuttavia, come risulta dalla costante giurisprudenza della Corte, che dette modalità non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghi reclami di natura interna e che non siano strutturate in maniera da rendere in pratica impossibile l' esercizio dei diritti riconosciuti dall' ordinamento giuridico comunitario (...) (8).

La norma nazionale che limita l' effetto retroattivo di una domanda volta ad ottenere una prestazione per inabilità al lavoro soddisfa le due condizioni sopra considerate" (punti 15 e 16).

15. La Corte si è poi pronunciata sull' argomento avanzato dalla Commissione secondo cui dalla sentenza Emmott emerge che solo a partire dal momento in cui uno Stato membro ha correttamente trasposto le disposizioni di una direttiva sono opponibili ai cittadini i termini entro i quali essi debbono far valere i loro diritti e secondo cui tale giurisprudenza trova applicazione anche nel caso di specie. La Corte ha respinto questo argomento con la motivazione sottoindicata e che ritengo utile citare nella sua interezza:

"19. E' vero che la Corte nella citata sentenza Emmott ha ritenuto che, fintantoché la direttiva non sia stata correttamente trasposta nel diritto nazionale, i soggetti di diritto non sono in grado di conoscere pienamente i loro diritti e che pertanto, fino al momento di detta trasposizione, lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di un' azione giudiziaria proposta nei suoi confronti da un soggetto per la tutela dei diritti riconosciutigli dalle disposizioni di detta direttiva, di modo che un termine di diritto nazionale può pertanto cominciare a decorrere solo a partire da detto momento. Ciò non toglie tuttavia che la situazione alla quale si riferisce la sentenza Emmott si distingua nettamente dalla fattispecie di cui alla causa principale.

20. Nella causa Emmott, la ricorrente nella causa principale aveva chiesto, a seguito della sentenza della Corte 24 marzo 1987, causa 286/85, McDermott e Cotter (Racc. pag. 1453), che le fosse applicato, in virtù dell' art. 4, n. 1, della direttiva 79/7, a decorrere dal 23 dicembre 1984, lo stesso regime di prestazione di invalidità applicato agli uomini trovantisi nella medesima situazione. Successivamente le autorità amministrative interessate rifiutavano di pronunciarsi su detta domanda per il motivo che la direttiva 79/7 costituiva ancora l' oggetto di una controversia dinanzi a un giudice nazionale. Infine, quando la direttiva 79/7 non era stata ancora correttamente trasposta nel diritto nazionale, alla ricorrente veniva opposta l' improponibilità in giudizio della sua azione intesa a far dichiarare che dette autorità avrebbero dovuto accogliere la sua domanda.

21. Occorre in primo luogo sottolineare che, a differenza della norma di diritto nazionale che fissa il termine di ricorso, quella contemplata dalla presente questione pregiudiziale non lede il diritto stesso dei soggetti di invocare la direttiva 79/7 dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro inadempiente. Essa limita semplicemente l' effetto retroattivo delle domande presentate al fine di ottenere la prestazione considerata.

22. Si deve poi rilevare che l' improponibilità dovuta alla scadenza dei termini di ricorso è in correlazione alla necessità di evitare che la legittimità delle decisioni amministrative sia messa indefinitamente in discussione. Orbene, dalla sentenza Emmott emerge che una siffatta necessità non può prevalere su quella di proteggere i diritti che un singolo trae dall' efficacia diretta delle disposizioni di una direttiva finché lo Stato inadempiente dal quale promanano tali decisioni non abbia correttamente trasposto dette decisioni nel suo ordinamento giuridico interno.

23. Per quanto riguarda la norma che limita l' effetto retroattivo delle domande presentate per ottenere una prestazione per inabilità al lavoro, questa persegue un obiettivo del tutto diverso da quello di una norma che prescrive un termine perentorio di ricorso. Infatti, come osservato dal governo dei Paesi Bassi e dalla convenuta nella causa principale nelle loro memorie, una siffatta norma, la quale si ritrova altresì in altre leggi olandesi di previdenza sociale, risponde alle esigenze di una buona amministrazione, relative, in particolare, alla possibilità di controllare se l' interessato soddisfi i requisiti del diritto alla prestazione e di fissare la percentuale di invalidità, la quale, del resto, varia nel tempo. Detta norma risponde altresì alla necessità di preservare l' equilibrio finanziario di un regime nel quale le domande presentate dagli assicurati nel corso di un anno debbono, in linea di principio, essere coperte dai contributi percepiti durante lo stesso anno".

16. Per questi motivi, la Corte ha così risolto la questione sollevata:

"Il diritto comunitario non osta all' applicazione di una norma di diritto nazionale secondo la quale una prestazione per inabilità al lavoro decorre al più presto un anno prima della data di presentazione della domanda, qualora un singolo invochi i diritti direttamente conferiti dall' art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, a decorrere dal 23 dicembre 1984, e qualora, alla data di presentazione della domanda, lo Stato membro interessato non abbia ancora correttamente trasposto detta disposizione nel proprio ordinamento giuridico interno".

Sulla questione se la presente fattispecie si distingua in maniera pertinente dalla causa Steenhorst-Neerings

17. Nel corso dell' udienza, la signora Johnson ha sostenuto, in via principale, che la presente causa si distingueva dalla Steenhorst-Neerings e che la Corte non doveva di conseguenza pervenire alla stessa conclusione cui era giunta in tale causa.

Facendo riferimento al punto 23 della sentenza Steenhorst-Neerings, la signora Johnson deduce che le ragioni che hanno indotto la Corte a trattare in quella causa una norma relativa ai termini che limitava l' effetto retroattivo di domande volte ad ottenere prestazioni di previdenza sociale in modo diverso dal termine di ricorso sul quale la Corte si è pronunciata nella causa Emmott non hanno alcuna influenza in una fattispecie come quella qui ora in esame.

18. Per quanto riguarda, in primo luogo, la menzione fatta dalla Corte dell' esigenza di consentire alle autorità di controllare se l' interessato fosse in possesso dei requisiti per fruire del diritto alla prestazione in rapporto a periodi trascorsi, la signora Johnson sostiene che questa esigenza vale di certo per talune prestazioni previdenziali, ma che non può essere considerata come una caratteristica generale della previdenza sociale. Secondo la signora Johnson, nella causa Steenhorst-Neerings era determinante il fatto che si trattava di una prestazione dipendente dal grado di invalidità, il quale era variabile nel tempo e i cui controlli, in relazione ai periodi trascorsi, risultavano pertanto difficili. Per contro, in altre cause, i controlli relativi ai periodi trascorsi non provocano difficoltà amministrative. La signora Johnson sottolinea che era sufficiente, perché avesse diritto alla prestazione, accertare che era inabile al lavoro dal 1984, circostanza che essa ha inconfutabilmente dimostrato.

La signora Johnson aggiunge che nel diritto inglese l' onere della prova spetta all' attore. Di conseguenza, se è impossibile, in ragione del tempo trascorso, verificare fatti esauritisi nel passato, e se l' attore non può per tale ragione fornire le prove necessarie a sostegno della sua domanda, questa non potrà in ogni caso essere accolta.

19. Per quanto riguarda, in secondo luogo, l' accenno della Corte alla necessità di salvaguardare l' equilibrio finanziario di un regime di previdenza sociale nel quale le domande presentate nel corso di un anno debbono, in linea di principio, essere coperte dai contributi percepiti nel corso dello stesso anno, la signora Johnson sostiene altresì che ciò può giustificare una soluzione particolare per talune prestazioni previdenziali, e cioè le prestazioni contributive che sono versate prelevandole da un fondo limitato, ma non per prestazioni previdenziali che, come quelle di specie, non sono contributive. Nel caso di prestazioni di questo tipo, versamenti con efficacia retroattiva rappresentano un onere finanziario per lo Stato membro in questione, ma tale onere non sarà mai superiore all' onere che sarebbe derivato da una corretta e tempestiva trasposizione della direttiva.

20. Per queste ragioni la signora Johnson suggerisce di risolvere la questione sollevata dal giudice a quo come segue:

"Uno Stato membro non può invocare norme nazionali relative a domande di prestazione con effetto retroattivo per sottrarsi al pagamento di arretrati nel caso in cui la direttiva 79/7 non sia stata correttamente trasposta, qualora il pagamento della prestazione considerata possa essere effettuato senza che abbia incidenza sul precedente equilibrio di un fondo limitato e qualora la necessità di verificare l' esistenza del diritto agli arretrati non ponga alcuna difficoltà di ordine amministrativo".

21. La signora Johnson sottolinea che spetta al giudice nazionale vigilare a che dette condizioni siano soddisfatte.

22. Il governo del Regno Unito e il governo irlandese, come pure la Commissione, ritengono che la presente fattispecie non debba essere trattata in modo diverso dalla causa Steenhorst-Neerings. Il governo del Regno Unito rileva da parte sua che la norma esaminata nel contesto del presente procedimento ha lo stesso oggetto (9) ed è identica, nella sostanza, alla norma considerata nel contesto della causa Steenhorst-Neerings (10).

23. Per quanto riguarda l' accenno della Corte relativo alla possibilità, per le autorità, di controllare che ricorrano le condizioni per la concessione della prestazione, il governo del Regno Unito sostiene che si tratta di un riferimento alla finalità generale della norma considerata e non già alla sua applicazione nella specie. Orbene, l' obiettivo della section 165A è lo stesso di quello della norma olandese, il che, secondo il governo del Regno Unito, non è stato contestato dalla signora Johnson.

Il governo del Regno Unito analizza la tesi della signora Johnson nel senso che costei fa valere che, in circostanze di fatto come quelle che la riguardano, il controllo della fondatezza della pretesa non solleva alcuna difficoltà amministrativa. Orbene, secondo il governo del Regno Unito, se l' applicabilità di una norma venisse valutata in funzione delle circostanze concrete di ciascun caso, ciò sarebbe fonte di incertezza del diritto e di confusione. Del resto una soluzione secondo la quale una norma come la section 165A non è applicabile qualora l' attore possa dimostrare la fondatezza della sua pretesa per periodi che risalgono lontano nel tempo toglierebbe alla sentenza Steenhorst-Neerings ogni effetto pratico. In realtà, detta norma è intesa a svolgere il suo ruolo proprio in situazioni siffatte.

24. Il governo del Regno Unito e il governo irlandese osservano che i problemi legati al versamento di prestazioni a titolo retroattivo non possono essere risolti affermando che l' onere di provare la fondatezza della pretesa grava sul richiedente. Infatti, il richiedente non avrà in linea generale difficoltà a giustificare la sua pretesa. I problemi sorgono invece quando le autorità debbono controllare che il richiedente abbia soddisfatto l' onere della prova, dato che può essere difficile fornire la prova contraria per quanto riguarda pretese relative a periodi molto remoti.

25. Per quanto riguarda la preoccupazione di salvaguardare l' equilibrio finanziario di un regime di previdenza sociale, il governo del Regno Unito rileva che né la direttiva 79/7 né la giurisprudenza della Corte depongono a favore della distinzione tra regimi contributivi e regimi non contributivi. La signora Johnson e la signora Steenhorst-Neerings si avvalgono della stessa disposizione della direttiva 79/7 e debbono pertanto essere trattate allo stesso modo. Inoltre, sia il governo del Regno Unito sia il governo irlandese sostengono che la preoccupazione di salvaguardare l' equilibrio finanziario rileva pure per i regimi non contributivi, dato che è necessario, per qualsiasi regime di previdenza sociale, potersi fondare su un bilancio preventivo abbastanza sicuro.

26. A mio avviso non vi è alcun dubbio che la section 165A e la norma olandese sulla quale la Corte si è pronunciata nella causa Steenhorst-Neerings hanno in sostanza il medesimo oggetto, cioè quello di garantire la buona amministrazione dei regimi di previdenza sociale, il medesimo contenuto, cioè la limitazione del periodo per il quale possono essere ottenute prestazioni retroattive a dodici mesi prima della data della domanda, e il medesimo effetto, in quanto hanno ambedue la conseguenza che la signora Johnson e la signora Steenhorst-Neerings si vedono negare un diritto a prestazioni che esse potevano materialmente esigere in virtù del diritto comunitario a decorrere dal 1984, e ciò sebbene esse non abbiano potuto presentare la loro domanda in tempo utile per la precisa ragione che gli Stati membri considerati non hanno trasposto correttamente la direttiva 79/7.

27. Di conseguenza, non vi è, a mio parere, alcun dubbio che le due norme debbano essere valutate nello stesso modo alla luce del diritto comunitario.

28. Mi pare chiaro che, facendo riferimento, nel punto 23 della sentenza Steenhorst-Neerings, alle considerazioni di ordine amministrativo e finanziario che sottostanno alla norma nazionale controversa, la Corte non ha inteso enunciare condizioni di compatibilità di siffatte norme nazionali relative ai termini con il diritto comunitario, ma si è limitata a descrivere quello che costituisce in generale l' obiettivo di simili norme. Come ho avuto modo di accennare, sono convinto che l' obiettivo della section 165A è in sostanza identico a quello della norma olandese.

29. E' con tutta probabilità esatto che, come osservato dalla signora Johnson, taluni requisiti per la concessione di prestazioni di previdenza sociale possono essere più difficili a controllarsi per il passato che altri. E' forse altresì vero che la necessità di preservare l' equilibrio finanziario di un regime di previdenza sociale è più sentita nel caso dei regimi contributivi che nel caso dei regimi non contributivi. Ma ciò non è sufficiente per trattare in modo diverso norme nazionali relative ai termini che, in sostanza, hanno lo stesso oggetto. Un tal modo di procedere creerebbe una situazione giuridica poco trasparente e non sarebbe del resto conciliabile con la costante giurisprudenza della Corte in materia che fa dipendere la compatibilità con il diritto comunitario di norme nazionali relative ai termini non soltanto dall' oggetto della norma in questione (v., a questo riguardo, i punti 22 e 23 della sentenza Steenhorst-Neerings), ma altresì dalla questione se detta norma fosse comunque necessaria per raggiungere l' obiettivo voluto.

Sulla questione se la Corte debba modificare la soluzione data nelle cause Emmott e Steenhorst-Neerings

30. In subordine, la signora Johnson deduce che le sentenze pronunciate dalla Corte nelle cause Emmott e Steenhorst-Neerings sono inconciliabili, dato che è impossibile operare una ragionevole distinzione tra i termini di ricorso e le norme che limitano l' effetto retroattivo delle domande presentate per ottenere prestazioni di previdenza sociale e che occorre pertanto che la Corte modifichi le soluzioni da lei date a queste cause.

31. Facendo riferimento al punto 21 della sentenza Steenhorst-Neerings, la signora Johnson deduce che ° alla stregua della Commissione nelle osservazioni scritte depositate nella presente causa ° la Corte sembra fare distinzione fra i termini che sono soltanto di ostacolo alle pretese relative ai periodi trascorsi (come nella causa Steenhorst-Neerings) e i termini che hanno anche l' effetto di essere di ostacolo alle pretese relative a periodi futuri (come nella causa Emmott), di modo che solo l' applicazione di termini come quelli menzionati per ultimi sarebbe incompatibile con il diritto comunitario.

La signora Johnson respinge la possibilità di una siffatta distinzione e osserva a questo proposito che la causa Emmott verteva su una domanda con cui si intendeva esclusivamente ottenere prestazioni a titolo retroattivo. Secondo la signora Johnson, il diniego del sindacato giurisdizionale non può del resto mai far perdere dei diritti relativi a periodi a venire, dato che questi diritti ° perlomeno nel diritto inglese ° si acquisiscono di settimana in settimana. Per quanto riguarda le prestazioni future, era, di conseguenza, sufficiente che la signora Emmott presentasse una nuova domanda e sollecitasse il controllo giurisdizionale di un eventuale rigetto di detta domanda entro il termine fissato di tre mesi. In altre parole, il termine di ricorso aveva importanza soltanto perché la signora Emmott voleva ottenere prestazioni con effetto retroattivo. La signora Johnson conclude che non vi è differenza di fondo tra la sua causa e la causa Emmott. Le due cause riguardano il diritto per periodi trascorsi. Di conseguenza queste cause non vanno trattate in modo diverso a seguito della sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Steenhorst-Neerings.

32. Per questi motivi, la signora Johnson sostiene che occorre che la Corte riformuli le soluzioni fornite nelle cause Emmott e Steenhorst-Neerings e le sostituisca con una soluzione applicabile ai due tipi di norme relative ai termini e conforme alle conclusioni dell' avvocato generale Mischo nella causa Emmott, secondo le quali i termini debbono essere calcolati a partire dal momento in cui l' interessato avrebbe ragionevolmente dovuto aver conoscenza dei suoi diritti (11). Secondo la signora Johnson, una siffatta soluzione giustificherebbe le decisioni che sono state adottate nelle cause Emmott e Steenhorst-Neerings in funzione delle circostanze di fatto di dette fattispecie e rispetterebbe il principio che è al centro della sentenza della Corte nella causa Emmott, secondo cui "gli Stati membri hanno l' obbligo di conformare il diritto nazionale al diritto comunitario quale espresso nelle direttive e secondo il quale, di conseguenza, i cittadini degli Stati membri non possono essere penalizzati se non fanno valere i loro diritti prima che il diritto comunitario sia stato correttamente trasposto".

33. Il governo del Regno Unito, il governo irlandese e, a quanto sembra, pure la Commissione ritengono ragionevole e giusto che la Corte sia pervenuta nella sentenza Steenhorst-Neerings ad una conclusione diversa da quella della causa Emmott. Il governo irlandese e la Commissione sostengono in particolare che si deve considerare la sentenza Emmott, alla luce della sentenza della Corte nella causa Steenhorst-Neerings, come una decisione giustificata da circostanze concrete. Allo scopo di dimostrare che le due sentenze non sono inconciliabili, i due governi e la Commissione hanno tentato di trarre dalle due sentenze dei criteri generali in materia di compatibilità di norme nazionali relative ai termini con il diritto comunitario.

34. Il governo del Regno Unito e il governo irlandese sostengono che la norma relativa ai termini sulla quale la Corte si è pronunciata nella causa Emmott era caratterizzata dal fatto che escludeva del tutto la possibilità di fruire di un qualsiasi controllo giurisdizionale della fondatezza della pretesa, mentre la norma in materia di termini sulla quale verteva la causa Steenhorst-Neerings si limitava a circoscrivere nel tempo il versamento di prestazioni a titolo retroattivo. I due governi ritengono che il termine di ricorso nella causa Emmott fosse tale da rendere in pratica impossibile l' esercizio di diritti riconosciuti dall' ordinamento giuridico comunitario e indicano che, come risulta dalla costante giurisprudenza della Corte, siffatte norme procedurali nazionali sono incompatibili con il diritto comunitario (12).

35. La Commissione formula una distinzione tra i termini che estinguono totalmente i diritti relativi a periodi trascorsi e i termini ragionevoli, ma aggiunge che la distinzione non è molto soddisfacente. Essa non ritiene possibile, allo stato attuale del diritto, stabilire un criterio generale che permetta di determinare ciò che costituisce un termine ragionevole, ma considera tuttavia che un termine di dodici mesi soddisfi detta condizione.

36. Facendo riferimento al punto 20 della sentenza Steenhorst-Neerings, la Commissione afferma inoltre che un motivo per trattare in modo diverso la causa Emmott e la causa Steenhorst-Neerings sta forse nel fatto che, nella causa Emmott, gli atti emananti dalle autorità erano tali da indurre in errore la signora Emmott sotto determinati aspetti.

37. Per quanto riguarda le conclusioni dell' avvocato generale Mischo nella causa Emmott, il governo del Regno Unito ritiene che non occorra che la Corte le segua dichiarando che i termini debbono essere calcolati a partire dal momento in cui l' interessato avrebbe ragionevolmente dovuto aver conoscenza dei suoi diritti. Da un lato, il governo dubita che l' avvocato generale abbia avuto presente la situazione ora in discussione al momento in cui presentava le sue conclusioni. Dall' altro, esso non stima che la soluzione proposta possa funzionare in pratica e ricorda, in questo contesto, che essa è stata già disattesa dalla Corte nella sentenza con cui ha deciso quella causa (13). Infine il governo afferma che questa soluzione si tradurrebbe essa pure in importanti obblighi potenziali per gli Stati membri. Anche la Commissione ritiene che sarebbe pericoloso seguire la soluzione suggerita dall' avvocato generale Mischo, la quale a suo avviso sarebbe fonte di una grande incertezza giuridica, in particolare perché, secondo la Commissione, dovrebbe essere applicata a tutte le domande fondate su norme di diritto comunitario, cioè non solo sulle direttive, ma anche sui regolamenti e sulle disposizioni del Trattato. Secondo la Commissione, la decisione della Corte nella causa Steenhorst-Neerings può essere interpretata come una valutazione ponderata dell' interesse della certezza del diritto, da un lato, e dell' interesse della giustizia, dall' altro.

38. Se si confrontano le sentenze Emmott e Steenhorst-Neerings dal punto di vista delle circostanze di fatto delle due cause, può a prima vista apparire difficile comprendere perché le norme nazionali controverse relative ai termini siano state trattate in maniera differente nel diritto comunitario. Entrambe le cause riguardavano norme nazionali relative ai termini che avevano l' effetto di ostacolare domande di versamento di prestazioni di previdenza sociale con effetto retroattivo e in entrambe le cause le ricorrenti avevano materialmente diritto, in virtù del diritto comunitario, alle prestazioni considerate, ma non erano state in grado di conoscere pienamente i loro diritti e non avevano pertanto potuto farli valere in tempo utile perché, in violazione dei suoi obblighi di diritto comunitario, lo Stato membro considerato non aveva correttamente trasposto la direttiva sulla quale le domande erano fondate.

39. A mio avviso, dette difficoltà sono tuttavia prive di conseguenze ai fini della soluzione della presente causa. La sentenza della Corte nella causa Steenhorst-Neerings contiene la soluzione alla questione sollevata nella presente fattispecie. Come ho detto, non vi è alcuna differenza rilevante tra le norme relative ai termini nelle due cause e non sono stati allegati motivi tali da indurre la Corte a modificare la conclusione alla quale è pervenuta nella sentenza Steenhorst-Neerings, la quale, a mio avviso, è assolutamente in linea con la costante giurisprudenza della Corte secondo cui spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro regolare le modalità procedurali dei ricorsi giudiziari intesi ad assicurare la tutela dei diritti derivanti ai cittadini dall' efficacia diretta del diritto comunitario.

40. Tenuto conto di quanto precede, non è necessario che la Corte passi ad esaminare la portata della sentenza Emmott ed eventualmente la necessità di modificare detta sentenza. E' determinante il fatto che nella sentenza Steenhorst-Neerings la Corte ha illustrato la differenza tra le due norme nazionali in materia di termini e ha ritenuto che tale differenza poteva giustificare una diversa valutazione nel diritto comunitario. Osservo tuttavia che ritengo essenziale che la Corte abbia messo in luce le differenze generali e di principio tra i due tipi di norme relative ai termini. Norme amministrative in materia di termini, come quelle su cui verteva la causa Steenhorst-Neerings e verte la presente causa, non impediscono ai cittadini di trarre diritti dal diritto comunitario, ma sono solo intese a limitare il periodo per il quale possono essere reclamate prestazioni a titolo retroattivo. Per contro, il termine di ricorso nella causa Emmott era generale e impediva, in pratica, di trarre dei diritti da direttive comunitarie che non erano state correttamente trasposte nel diritto comunitario, quale che fosse il tipo di domanda presentato.

Conclusioni

41. Per le ragioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere come segue le questioni sollevate:

"Il diritto comunitario non osta all' applicazione di una norma di diritto nazionale, secondo la quale una prestazione di invalidità comincia a decorrere al più presto un anno prima della data di presentazione della domanda, qualora il singolo invochi i diritti direttamente conferitigli dall' art. 4, n. 1, della direttiva (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale a partire dal 23 dicembre 1984 e, alla data di presentazione della domanda, lo Stato membro interessato non abbia ancora correttamente trasposto detta disposizione nel proprio ordinamento giuridico interno".

(*) Lingua originale: il danese.

(1) ° Causa C-208/90 (Racc. pag. I-4269).

(2) ° Causa C-338/91 (Racc. pag. I-5475).

(3) ° GU 1979, L 6, pag. 24.

(4) ° La formulazione dell' art. 20, n. 1, è la seguente: Chiunque aveva diritto ad una NCIB in un periodo immediatamente anteriore sia al 10 settembre 1984 sia al 29 novembre 1984 ha diritto per il 29 novembre 1984 e per tutti i giorni successivi che, insieme al 29 novembre 1984, formano un periodo unico di interruzione dell' attività lavorativa salariata ad un assegno per invalidità grave:

a) indipendentemente dal fatto che sia invalido ai sensi della section 36 della legge o

b) indipendentemente dal fatto che il 29 novembre 1984 sia la data fissata ai fini della section 11 dello Health and Social Security Act 1984 con riferimento alle persone rientranti nella sua categoria di età, se soddisfa gli altri requisiti al possesso dei quali è subordinata la concessione di detto assegno .

(5) ° Borrie Clarke, causa 384/85 (Racc. pag. 2865).

(6) ° Nella presente causa è stato accertato che l' art. 20 non è mai stato modificato e che le domande devono pertanto sempre essere fondate direttamente sull' art. 4, n. 1, della direttiva.

(7) ° Causa C-31/90, Johnson (Racc. pag. I-3723). Le questioni sollevate vertevano da un lato sulla sfera d' applicazione ratione personae della direttiva 79/7 e dall' altro sulla compatibilità con l' art. 4 della direttiva di una norma nazionale, come quella sancita nella section 165A del Social Security Act 1975, per effetto della quale una persona che non aveva chiesto la NCIB prima della soppressione di detta prestazione non poteva aver diritto alla concessione automatica della SDA a titolo dell' art. 20. Dalla soluzione fornita dalla Corte emerge che le persone che, come la signora Johnson, erano alla ricerca di un lavoro al momento in cui hanno contratto la malattia che si è tradotta nell' inabilità al lavoro rientrano nel campo di applicazione ratione personae della direttiva e che l' art. 4 della direttiva può essere invocato per disapplicare una normativa nazionale che subordina il diritto ad una prestazione al fatto di aver presentato in precedenza una domanda riguardante un' altra prestazione, ormai abrogata, la quale implicava una condizione discriminatoria nei confronti dei lavoratori di sesso femminile.

(8) ° La Corte ha affermato in numerose sentenze che in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all' ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie , fintantoché dette modalità rispettano le due menzionate condizioni (v. punto 16 della sentenza della Corte nella causa Emmott, come pure, in particolare, le sentenze della Corte 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punto 5, e 9 dicembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12).

(9) ° Nelle sue osservazioni scritte, il governo britannico ha così descritto l' oggetto della norma britannica:

Si è ritenuto ragionevole limitare il periodo per il quale una prestazione può essere concessa con effetto retroattivo. Questa limitazione è compatibile con il principio generale di certezza del diritto, che si traduce nei termini di decadenza, ed è necessaria per l' efficace funzionamento del sistema di previdenza sociale. Più un avvenimento è lontano nel tempo, più sarà difficile ottenerne e valutarne le prove e più gravi saranno i problemi amministrativi che sorgeranno. La difficoltà di dimostrare eventi come l' invalidità aumenta quanto più essi risalgono nel passato, e anche per eventi facilmente dimostrabili, come la nascita, il matrimonio o la vedovanza, la totale assenza di termini rallenterebbe il lavoro dell' amministrazione, richiedendo una classificazione più complicata e per un periodo di maggiore durata e adeguamenti retroattivi. Inoltre, l' assenza di limitazioni per versamenti di arretrati potrebbe significare che la parte più importante del bilancio della previdenza sociale dovrebbe essere destinata agli arretrati di prestazione piuttosto che ai bisogni attuali, il che è in contrasto col principio fondamentale della previdenza sociale .

(10) ° Il governo del Regno Unito osserva in questo contesto che il governo dei Paesi Bassi ha espressamente fatto riferimento alla section 165A del Social Security Act 1975 nelle osservazioni scritte da lui depositate nella causa Steenhorst-Neerings e che il governo e la signora Johnson hanno chiesto alla Corte la riunione delle due cause.

(11) ° L' avvocato generale Mischo ha suggerito di risolvere le questioni sollevate nella causa Emmott come segue: Nel contesto di un' azione quale quella descritta nella questione sottoposta, le autorità competenti di uno Stato membro non violano il diritto comunitario invocando le norme di procedura nazionale, in particolare quelle relative ai termini, in quanto gli stessi termini si applicano alle azioni di analoga portata intentate in forza del diritto interno. Occorre inoltre che questi termini abbiano una durata ragionevole, siano calcolati solo a decorrere dal momento in cui l' interessato abbia ragionevolmente dovuto avere conoscenza dei suoi diritti e l' esercizio, da parte di quest' ultimo, dei suoi diritti non sia stato reso praticamente impossibile dall' atteggiamento delle autorità competenti .

(12) ° V. il paragrafo 14 supra e le sentenze citate nella nota 8.

Il governo irlandese aggiunge che in nessun caso norme in materia di termini possono ° come indicato dal governo del Regno Unito nelle sue osservazioni scritte ° essere trattate in modo diverso a seconda che lo Stato membro non abbia assolutamente trasposto una direttiva (come nella causa Emmott) o abbia invece proceduto a una trasposizione in parte non corretta della stessa (come nella causa Steenhorst-Neerings, e nella presente fattispecie). Il governo irlandese osserva che, se così non fosse, uno Stato membro potrebbe limitarsi ad una trasposizione volutamente non corretta della direttiva.

(13) ° La Corte si è così espressa: Infatti, finché la direttiva non è correttamente trasposta nel diritto nazionale, i singoli non sono stati posti in grado di avere piena conoscenza dei loro diritti. Tale situazione di incertezza per i singoli sussiste anche dopo una sentenza con la quale la Corte ha dichiarato che lo Stato membro di cui trattasi non ha soddisfatto gli obblighi che ad esso incombono ai sensi della direttiva e anche se la Corte ha riconosciuto che l' una o l' altra delle disposizioni della direttiva è sufficientemente precisa ed incondizionata per essere fatta valere dinanzi ad un giudice nazionale. Solo la corretta trasposizione della direttiva porrà fine a tale stato di incertezza e solo al momento di tale trasposizione si è creata la certezza giuridica necessaria per pretendere dai singoli che essi facciano valere i loro diritti (punti 21 e 22).

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