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Document 61976CC0026
Opinion of Mr Advocate General Reischl delivered on 9 June 1977. # Metro SB-Großmärkte GmbH & Co. KG v Commission of the European Communities. # Selective distribution systems. # Case 26-76.
Conclusioni dell'avvocato generale Reischl del 9 giugno 1977.
Metro SB-Großmärkte GmbH & Co. KG contro Commissione delle Comunità europee.
Sistemi di distribuzione selettiva.
Causa 26/76.
Conclusioni dell'avvocato generale Reischl del 9 giugno 1977.
Metro SB-Großmärkte GmbH & Co. KG contro Commissione delle Comunità europee.
Sistemi di distribuzione selettiva.
Causa 26/76.
Raccolta della Giurisprudenza 1977 -01875
ECLI identifier: ECLI:EU:C:1977:100
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GERHARD REISCHL
DEL 9 GIUGNO 1977 ( 1 )
Signor presidente,
signori giudici,
Oggetto della causa odierna è una decisione emanata dalla Commissione a norma dell'art. 85 del trattato CEE. Essa riguarda il sistema distributivo organizzato dalla Schwarzwälder Apparate-Bau-Anstalt August Schwer Söhne GmbH (SABA), che produce in Germania essenzialmente televisori, radio e magnetofoni, per la vendita dei propri prodotti.
Questo sistema comprende vari accordi che si applicano o devono essere applicati a seconda delle zone di vendita.
Nella Repubblica federale e a Berlino Ovest i prodotti vengono distribuiti tramite grossisti e dettaglianti specializzati. Essi devono rispettare le condizioni di vendita per il mercato interno, l'attestato d'impegno CEE per i grossisti SABA, l'attestato d'impegno alla distribuzione vincolata come grossista SABA, il contratto tipo di cooperazione, l'attestato d'impegno CEE per i dettaglianti SABA e l'attestato d'impegno alla distribuzione vincolata come dettagliante SABA.
In altri Stati membri la distribuzione è affidati a concessionari esclusivi, che devono impegnarsi secondo il contratto tipo di esclusiva.
Circa il contenuto di detti accordi, mi richiamo alla decisione della Commissione. Su questo punto — per quanto qui c'interessa — mi limiterò ad osservare brevemente quanto segue:
Primaria importanza assume la distribuzione vincolata che vale per grossisti, esclusivisti e dettaglianti e li obbliga a rifornire, come rivenditori, nell'area comunitaria solo distributori SABA.
Come grossista è ammesso il commerciante specializzato che contribuisca alla costituzione e alla diffusione della rete di vendita SABA, presti servizio di assistenza e stipuli un accordo di cooperazione con la SABA. Questo ultimo accordo implica in particolare l'obbligo di smerciare un'adeguata quantità di prodotti SABA e di stipulare in anticipo contratti di fornitura semestrali; quest'ultimo obbligo è stato modificato nelle more del giudizio — e ne riparleremo — e portato a quattro mesi per i contratti di fornitura, mentre nell'ultimo trimestre di ogni anno si deve convenire il volume di affari da raggiungere nell'anno successivo. Inoltre ai grossisti tedeschi è vietato vendere ai consumatori finali nella Repubblica federale e a Berlino Ovest. Eccezione vien fatta per i clienti professionali, per i quali vigono condizioni che sono state esse pure modificate nelle more del giudizio.
Come dettagliante è ammesso il commerciante specializzato che disponga di locali adatti per la pubblicità e per la presentazione ed abbia personale preparato. I dettaglianti SABA sono tenuti a trattare il maggior numero possibile di articoli della gamma SABA, a raggiungere un buon volume di vendita di prodotti SABA, a costituire scorte sufficienti, a esporre i prodotti in modo adeguato e a prestare servizio post-vendita e di garanzia.
Onde ottenere l'esenzione per la propria rete di vendita a norma dell'art. 85, n. 3, del trattato, tra il 1962 e il 1974 la SABA effettuava le notifiche alla Commissione di cui al regolamento n. 17 (GU n. 13 del 21.2. 1962 pag. 204). Durante il procedimento amministrativo le disposizioni originarie venivano parzialmente modificate.
Al procedimento chiedeva di partecipare — a norma dell'art. 3 del regolamento n. 17 — nel novembre 1973, anche la ricorrente della causa odierna, che criticava il sistèma di distribuzione in quanto lo riteneva architettato in modo da escluderne i grossisti che — come lei — praticano il self-service. Questo intervento provocava una modifica del divieto di forniture «dirette» imposto ai grossisti tedeschi, nel senso che ne venivano escluse le forniture ai consumatori finali professionali.
Nella valutazione finale del sistema di distribuzione, la Commissione concludeva che alcuni dei suoi elementi esulavano dalla sfera dell'art. 85 n. 1 del trattato, come ad esempio le condizioni di vendita sul mercato interno, i requisiti di capacità tecnica che dovevano possedere i rivenditori SABA, l'obbligo di collaborare alla diffusione della rete di vendita e al servizio nonchè il divieto imposto ai grossisti tedeschi di rifornire, in Germania (Repubblica federale) e a Berlino Ovest, i consumatori finali privati.
Per altri elementi si ritenne che cadessero sotto l'art. 85, n. 1, cioè provocassero una limitazione della concorrenza e ostacolassero gli scambi tra Stati membri. La Commissione giudicò tali l'accordo di cooperazione da stipularsi con i grossisti, l'obbligo imposto ai dettaglianti di trattare il maggior numero possibile di articoli della gamma SABA, di realizzare un adeguato valume di vendite di articoli SABA e di tenere scorte sufficienti. La Commissione ritenne che all'elenco potesse anche aggiungersi la condizione secondo cui la SABA non rifornisce rivenditori che non fanno parte della rete ufficiale e i rivenditori SABA non possono vendere ai commercianti che non fanno parte della rete ufficiale SABA.
Per i punti che cadevano sotto l'art. 85, n. 1, la Commissione ritenne comunque che si potesse concedere del pari l'esenzione a norma dell'art. 85, n. 3. Questa conclusione si fondava sulle considerazioni che erano constatabili miglioramenti ai sensi dell'art. 85, n. 3, che andavano a vantaggio del consumatore; che non erano ravvisabili limitazioni, se non quelle indispensabili al conseguimento di detti vantaggi; e che la rete distributiva non offriva la possibilità «di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi».
La decisione finale della Commissione, in data 15 dicembre 1975, era dunque orientata in questo senso. Nell'art. 1 vi è un attestato negativo quanto alle condizioni di vendita sul mercato interno. Nell'art. 2 si dichiara che, a norma dell'art. 85, n. 3, l'art. 85, n. 1, non è applicabile all'attestato d'impegno CEE dei grossisti SABA (versione del 1o luglio 1974), al contratto tipo di concessione esclusiva (versione del 1966/67), all'attestato d'impegno alla distribuzione vincolata come grossista SABA (versione del 1o luglio 1974), al contratto tipo di cooperazione (versione 2 gennaio 1974), all'attestato d'impegno CEE come rivenditore specializzato SABA (versione del 1o luglio 1974) e all'attestato d'impegno alla distribuzione vincolata come dettagliante specializzato SABA (versione del 1o luglio 1974). Nella decisione si precisa inoltre che la SABA deve informare annualmente la Commissione circa determinate attività e che la validità della decisione scade il 21 luglio 1980.
L'esito del procedimento veniva reso noto anche alla Metro-SB-Großmärkte GmbH & Co. KG, che aveva presentato reclamo. La lettera, cui è allegata la decisione, reca la data del 14 gennaio 1976.
Ma la Metro rimaneva insoddisfatta: convinta che la Commissione avesse erroneamente applicato l'art. 85 del Trattato, adiva la Corte di giustizia il 10 marzo 1976. Essa chiede che vengano annullate la decisione della Commissione 15 dicembre 1975 e la reiezione del reclamo della Metro stessa, che essa ravvisa nella lettera del 14 gennaio 1976.
Ricorderò ancora, prima di iniziare l'esame delle domande, che sono intervenute nel presente giudizio la SABA, a sostegno della Commissione, e l'associazione dei grossisti self-service tedeschi, a sostegno della Metro.
I — Sulla ricevibilità
È necessario premettere alcune osservazioni sulla ricevibilità del ricorso, che l'interveniente SABA contesta. Essa sostiene che la ricorrente non è toccata individualmente dal provvedimento impugnato. Essa ne è toccata invece come qualsiasi altro commerciante interessato alla distribuzione dei prodotti SABA, ma che non volesse adeguarsi alle condizioni poste per entrare a far parte della rete di distribuzione SABA. Nell'area comunitaria vi sarebbero migliaia di commercianti nelle stesse condizioni, cioè — per dirla con la Corte — si tratterebbe di una categoria delimitata solo astrattamente.
Anche la Commissione ha poi eccepito l'irricevibilità del ricorso, ma solo per quel che riguarda la domanda relativa alla reiezione del reclamo contenuto nella lettera del 14 gennaio 1976. In proposito la Commissione assume che nella decisione di esenzione si è data risposta anche al reclamo della ricorrente e in parte se n'è tenuto conto. La situazione giuridica fondamentale sarebbe scaturita da detto provvedimento; la lettera del 14 gennaio sarebbe solo un chiarimento della decisione e non avrebbe rilevanza giuridica autonoma.
1. |
Mi torna più semplice esaminare dapprima la seconda delle due eccezioni, che per di più mi pare fondata. Come ho già ricordato, alcune proteste della Metro hanno trovato buona accoglienza nel procedimento amministrativo riguardante la distribuzione vincolata ed hanno provocato una parziale modifica del sistema. I punti non presi in considerazione, aggiungerò, sono stati tacitamente respinti con la decisione di esenzione. La decisione dunque ha determinato la situazione giuridica anche nei confronti della ricorrente. La lettera del 14 gennaio 1976, invece, contiene in effetti solo chiarimenti sulla decisione e i motivi per cui le ulteriori proteste della ricorrente sono state ritenute infondate. La situazione conseguente alla decisione non è quindi più mutata per effetto della lettera. La seconda domanda, che per di più era stata formulata solo a titolo cautelativo, giacchè la ricorrente non sapeva bene quale valore giuridico attribuire al documento, deve quindi ritenersi irricevibile, data la natura dell'atto cui si riferisce. |
2. |
Quanto all'altra eccezione, si pone la questione del se la ricorrente sia legittimata — a norma dell'art. 173 del trattato CEE — ad impugnare una decisione di esenzione nella sua veste di terzo non facente parte del sistema distributivo, al quale la decisione, come risulta dal suo dispositivo, non è nemmeno diretta, ma è solo stata trasmessa a titolo informativo, cioè se essa sia colpita direttamente ed individualmente dal provvedimento.
C'è da esitare se si tiene conto della giurisprudenza della Corte in casi analoghi, nella sfera della CEE; la corrispondente giurisprudenza CECA, data la diversità del sistema di tutela del trattato omonimo, che non contempla il presupposto dell'esser colpiti individualmente, non può essere presa in considerazione. Difatti è innegabile che l'esenzione implica che tutti coloro che potrebbero venir ammessi nella rete di vendita SABA in ragione della loro attività commerciale, ne vengano esclusi se non possiedono i requisiti prescritti. È quindi comprensibile che di queste persone escluse dal sistema si dica che si tratta — ai sensi della giurisprudenza della Corte — di una categoria definita solo astrattamente e che non è possibile enumerarne gli elementi. Condivido però i dubbi della Commissione circa l'esattezza di questo modo di vedere e circa l'irricevibilità del ricorso come conseguenza inevitabile. Anzitutto si deve ammettere che vi è dif ferenza tra i fatti che stanno alla base della giurisprudenza summenzionata e l'attuale fattispecie. La giurisprudenza si riferisce sempre ad atti destinati agli Stati i membri e riguardanti l'emanazione di atti normativi da parte dell'autorità, men tre ora è stato autorizzato un sistema di-i stributivo di diritto privato. La sfera di va- lidità degli atti cui si riferisce la giurispru; denza è quindi completamente diversa da: quella attribuibile all'atto ora in esame, il che giustificherebbe anche un metro di- verso nel valutare la ricevibilità del ricorso. Nella fattispecie si potrebbe consi derare sufficiente il fatto che la decisione litigiosa rivela forti elementi individuali in quanto autorizza i criteri di un sistema distributivo che costituiscono oggetto di accordi individuali o che escludono la possibilità degli accordi stessi. Non si deve dimenticare inoltre che l'art. 85 del trattato CEE deve tutelare anche la concorrenza nei confronti dei terzi, che non hanno aderito ad un accordo. Se essi non sono legittimati ad impugnare, il sindacato giurisdizionale in questi casi è praticamente escluso, poichè coloro che hanno aderito ad un accordo, in caso di esenzione normalmente non agiranno in giudizio. Di fronte a questa situazione non è nemmeno possibile, comunque non con la stessa fondatezza dei casi in cui è questione di norme nazionali di esecuzione emanate dall'autorità interna, richiamarsi al procedimento ex art. 177 e alle possibilità di sindacato giurisdizionale che esso offre. Nel diritto che disciplina la concorrenza, nei casi come la fattispecie, non esistono altrettante possibilità di instaurare un procedimento dinanzi al giudice nazionale ed inoltre in questo settore si deve particolarmente tener conto del ritardo che provocherebbe un procedimento nazionale, nel quale si inserisse un rinvio pregiudiziale a norma dell'art. 177. Ritengo quindi che si possa sostenere che, in cause vertenti sulla concorrenza del genere di quella odierna, si devono accantonare i dubbi sulla ricevibilità della domanda, che logicamente possono insorgere e, tenendo presente il principio ormai ribadito dalla giurisprudenza, secondo cui l'art. 173 non va interpretato restrittivamente, si deve riconoscere la legittimazione ad agire a chiunque, per la sua attività, possa aspirare ad esercitare una funzione distributiva, ma ne venga escluso per effetto del sistema autorizzato. Nel caso della ricorrente, che dispone evidentemente di un apposito reparto per l'elettronica per dilettanti, il ragionamento calza perfettamente. Se non ci si vuole spingere così lontano, si potrebbe tuttavia pensare che, quanto all'essere colpiti individualmente, può aver rilievo il fatto che la ricorrente, a norma dell'art. 3 del regolamento n. 17 — che notoriamente richiede un legittimo interesse — ha reclamato presso la Commissione contro il sistema distributivo in esame, ha partecipato al procedimento amministrativo presentando osservazioni scritte e orali ed è stata direttamente informata della decisione di esenzione, il che va considerato come comunicazione dei motivi di reiezione della domanda ai sensi dell'art. 6 del regolamento n. 99/63 (GU n. 127 del 20. 8. 1963, pag. 2268). Anche se detto art. 3 — come la SABA ha rilevato — consente di presentare domande solo relativamente all'accertamento di violazioni di norme sulla concorrenza, quindi non nel caso di esenzioni o nel caso di rilascio di attestati negativi, è comunque evidente che la presentazione della domanda, dal momento che il procedimento per la constatazione dell'illecito e per il rilascio dell'esenzione costituiva un tutto unico, implica per la ricorrente una relazione tanto stretta con la situazione litigiosa che si può affermare che essa era colpita in modo particolare — individualmente — anche dalla decisione con cui l'intero procedimento si è concluso. Penso quindi che non vada attesa l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla SABA e quindi nulla più impedisca di procedere all'esame del merito. |
II — Nel merito
La ricorrente critica sotto vari aspetti il modo in cui la Commissione ha valutato il sistema distributivo della SABA. Tralasciando per ora i particolari, viene fatto valere che la SABA ha una posizione dominante sul mercato, il che evidentemente equivale a dire che la decisione non avrebbe dovuto fondarsi solo sull'art. 85 del trattato, ma avrebbe dovuto tener conto anche dell'art. 86. Si censura inoltre il divieto imposto ai grossisti di fornire direttamente a clienti di una certa importanza come chiese, scuole ecc. ed il fatto che esistessero rigide condizioni per la vendita diretta ai consumatori finali professionali. Viene pure criticato l'obbligo di cooperazione imposto ai grossisti, che sarebbe inaccettabile per chi pratica il self-service, e il principio di imporre un fatturato soddisfacente e un'esposizione adeguata dei prodotti, che escluderebbe dalla rete i rivenditori di minori dimensioni. Inoltre sarebbe assurdo sostenere che il sistema migliori la distribuzione. In effetti esso danneggerebbe i consumatori ed escluderebbe in particolare la concorrenza sui prezzi, punto capitale per il consumatore. Infine la ricorrente osserva che anche il termine dell'esenzione è comunque troppo ampio.
1. |
Prima di analizzare queste critiche, vorrei soffermarmi su due osservazioni della Commissione che mi paiono esatte. Anzitutto non si dovrebbe dimenticare che la valutazione di un simile sistema implica difficili giudizi d'indole economica. Complesse valutazioni sono in ispecie necessarie per stabilire se una certa limitazione della concorrenza, provocata dal sistema, sia compensata da altri vantaggi. Ciò implica di necessità che la Commissione dispone a questo proposito di un certo potere discrezionale, e di riflesso che il sindacato giurisdizionale ne viene limitato. Questo era già stato affermato dalla giurisprudenza in materia di concorrenza relativa al trattato CECA (cause 36, 37, 38, 40/59, «Präsident», «Geitling», «Mausegatt» e I. Nold contro Alta Autorità della CECA, sentenza 15 luglio 1960, Racc. 1960, pag. 827). Anche nella sentenza 56-58/64 (Consten GmbH e Grundig-Verkaufs-GmbH contro Commissione CEE, sentenza 13 luglio 1966, Racc. 1966, pag. 457) ciò è stato ritenuto conforme al diritto sulla concorrenza del trattato CEE. La Corte non può dunque esaminare tutti gli elementi delle valutazioni: in sostanza deve solo stabilire se il giudizio complessivo della Commissione appaia logico ovvero si presti a gravi critiche. D'altro canto non si dovrebbe dimenticare che la decisione della Commissione è frutto di un giudizio sulle circostanze note al momento in cui è stata emessa nonchè sulle logiche previsioni che si potevano trarre dai dati allora disponibili. Attualmente, cioè a diciotto mesi di distanza, gli eventuali nuovi elementi di giudizio si devono quindi accogliere con circospezione. Ciò vale ad esempio per il giudizio sulla concorrenza dei prezzi, quale si è sviluppata dopo l'istituzione della rete, nonchè per il fatto che altri produttori, sempre più numerosi, hanno adottato dei sistemi di distribuzione uguali o analoghi. Tornerò su questi punti a proposito di un altro problema. |
2. |
Nel mio esame, affronterò anzitutto l'assunto secondo cui la SABA avrebbe una posizione dominante per determinati prodotti dell'elettronica per dilettanti, assunto dietro il quale si cela — come già detto — la critica che il sistema si sarebbe dovuto valutare alla luce dell'art. 86. La Commissione vi ha ribattuto ricordando che sul mercato in questione agiscono anche molti produttori medi e piccoli, ed inoltre osservando che alcuni grandi offerenti — ma ciò non riguarda la SABA — propongono una vasta gamma di altri prodotti, ai quali i commercianti non possono rinunciare, ed infine notando che vi sono sul mercato anche molti prodotti d'importazione di varia provenienza. Ciò farebbe sì che per il 1974 la quota di mercato della SABA variasse in Germania dal 5 al 10 % a seconda degli articoli e in altri Stati fosse inferiore all'I %. Per limitarsi ai televisori a colori, che costituirebbero il 60 % del fatturato SABA, data la presenza di altre sette marche sul mercato, la quota della SABA si aggirerebbe sul 7 %. Sarebbe quindi escluso che abbia una posizione dominante, anzi vi sarebbe viva concorrenza tra i vari produttori. La ricorrente non ha ribattuto con solidi argomenti: si è limitata ad affermare che non tutti i produttori citati dalla Commissione sono concorrenti della SABA, ha rilevato il lustro particolare del marchio SABA ed ha sostenuto — senza ulteriori precisazioni — che le quote di mercato della SABA sono superiori a quelle calcolate dalla Commissione. C'è quindi da chiedersi se la censura relativa all'inosservanza dell'art. 86 del trattato — semprechè così si debbano intendere le deduzioni dell'attrice — sia stata tenuta ferma anche in seguito. A quanto mi risulta, si può in ogni caso affermare che non vi è motivo di ritenere che la SABA occupi una posizione dominante e che quindi il suo comportamento non va giudicato alla luce dell'art. 86. |
3. |
Quanto all'esame alla luce dell'art. 85, al quale si è limitata la Commissione, dobbiamo occuparci anzitutto di quegli elementi che — a giudizio della Commissione — non cadono sotto l'art. 85, n. 1. Ad esempio l'esigenza che i rivenditori autorizzati possiedano determinati requisiti professionali. Altrettanto dicasi per il divieto imposto ai grossisti di fornire ai consumatori finali privati, tra i quali rientrano clienti importanti, come ospizi, ospedali, Croce Rossa, istituti religiosi e simili, e per effetto del quale è possibile la fornitura a consumatori professionali solo a condizioni che sia certo che il materiale non viene usato per scopi privati. Sul primo punto — fornitura riservata ai rivenditori professionalmente qualificati — non sono state mosse critiche; d'altronde è evidente che non sarebbero fondate. In realtà è nel giusto la Commissione allorchè sostiene che, sotto il profilo del diritto della concorrenza, non vi sono obiezioni in quanto non è difficile possedere i requisiti richiesti e questa condizione non comporta una limitazione quantitativa, bensì è evidente che il sistema è aperto, cioè può accedervi chiunque ne possegga i requisiti. La ricorrente ha invece criticato gli altri due punti. Essa deduce che dette limitazioni implicano un controllo sulle forniture. Ciò sarebbe però impossibile nel caso del self-service, data la sua struttura; per questo motivo i grossisti self-service verrebbero esclusi dalla concorrenza, per quanto concerne i prodotti SABA. Inoltre essa sostiene che, per quel che riguarda la fornitura agli enti, si tratta di un'illecita limitazione della normale attività del grossista. Circa le forniture ai consumatori professionali, soggette a condizioni restrittive, la ricorrente assume poi che tali condizioni, tanto nella loro forma originale, quanto nella successiva versione più moderata loro conferita nel corso del procedimento, sono inaccettabili non solo per i grossisti, ma anche per i consumatori finali professionali.
Esse si fondano, nell'interesse della concorrenza leale e della tutela del consumatore, su una distinzione delle funzioni tra commercio all'ingrosso e commercio al minuto. Alcune questioni singole in questo settore devono ancora essere chiarite. Pare però, specie nella giurisprudenza, che si stia affermando una tendenza rigida circa la nozione di «consumatore finale», che deve rifornirsi presso il dettagliante. Si tende sempre più ad includere in questa categoria anche chi svolge attività professionale, ma acquista per uso privato o per impieghi estranei all'azienda. Mi richiamo in proposito alla sentenza dell'Oberlandesgericht di Amburgo 16 dicembre 1976, che è stata prodotta in giudizio, nonchè ad una risposta, parimenti prodotta, del Governo federale ad una interpellanza parlamentare e mi riferisco all'articolo «Cash-and-Carry-Betriebe zwischen Groß- und Einzelhandel», pubblicato in Wettbewerb in Recht und Praxis 1977, pag. 69 e seguenti. Secondo detto orientamento si deve fare in modo che i grossisti riforniscano in prevalenza i rivenditori e i consumatori professionali nel senso summenzionato. In altre parole, già il diritto tedesco contempla severi parametri per evitare che i veri consumatori finali si approvvigionino presso i grossisti self-service, presso i quali il pericolo è particolarmente grande, qualora i clienti professionali vengano autorizzati con larghezza ad acquistare. D'altro canto è importante, e in realtà ancor più rilevante il fatto che il sistema di vendita creato dalla SABA presuppone una netta distinzione di funzioni tra grossista e dettagliante. Il grossista deve impegnarsi particolarmente nel dare impulso alle vendite e collaborare all'ampliamento della rete. Su questo deve concentrarsi ed un numero eccessivo di rapporti con altri soggetti diversi dai rivenditori in senso stretto potrebbe essere, sotto questo aspetto, nocivo. In considerazione di queste prestazioni speciali i grossisti godono anche di margini molto elevati. Mi pare chiaro che, se non si rispettasse la demarcazione tra grossista e dettagliante, si opererebbero discriminazioni a danno dei consumatori e si provocherebbero alterazioni della concorrenza a danno dei dettaglianti. Se i grossisti entrassero in concorrenza con i dettaglianti, l'interesse di questi ultimi alla vendita dei prodotti SABA diminuirebbe e ne soffrirebbe il servizio assistenza. È quindi logico che si vegli attentamente a che i grossisti non vendano al dettaglio stricto sensu e si spiega pure che le forniture dei grossisti ai consumatori finali professionali siano subordinate all'impiego della merce nell'azienda. Non vedo come si possa criticare ciò sotto il profilo del diritto della concorrenza. Se si condivide questo punto di vista, non si possono nemmeno sollevare obiezioni contro gli obblighi imposti a questo proposito a fornitori e clienti per garantire il confine così tracciato. È noto ad esempio che chi esercita attività professionale deve sottoscrivere una dichiarazione — in un primo tempo do-veva essere il titolare dell'azienda, dall'inizio del 1977 può essere anche un suo delegato — in cui si indica la destinazione della merce, si garantisce che essa sarà impiegata esclusivamente per scopi professionali e per le esigenze dell'azienda e ci si impegna per due anni a non cederla a terzi. Il grossista deve controllare l'esistenza dell azienda e le indicazioni relative all'impiego. Nella versione originale dell'attestato d'impegno alla distribuzione vincolata per i grossisti SABA, era prescritto che il grossista vegliasse a che i prodotti SABA venissero impiegati esclusivamente per le esigenze dell'azienda atte a servire alla sua redditività. Nella versione più recente, egli deve ormai solo certificare con la diligenza dell'onesto commerciante che l'impiego corrisponde allo scopo professionale dell'azienda. Interpretandolo secondo il buon senso, ciò implica solo l'accertamento che vi è un rapporto oggettivo con l'attività dell'azienda e che le dichiarazioni dell'acquirente finale professionale appaiono credibili. Ciò dovrebbe essere in adeguato rapporto con la finalità perseguita, la quale appare ineccepibile sotto il profilo del diritto della concorrenza. Se però si pensasse che la prima versione della dichiarazione di impegno fosse troppo rigida e abbia potuto indurre ad astenersi dallo stipulare affari, si potrà giungere alla conclusione che ciò è irrilevante sotto il profilo del diritto della concorrenza, proprio perchè le conseguenze, quantitativamente parlando, dovrebbero essere difficilmente percettibili. A proposito degli elementi della rete di vendita per i quali la Commissione ha ritenuto che non si dovesse applicare l'art. 85, n. 1, del trattato CEE, tutto quanto precede mi fa concludere che il giudizio della Commissione non può venire criticato. |
4. |
Dobbiamo poi occuparci dei fattori per i quali la Commissione ha ritenuto che, pur cadendo sotto l'art. 85, n. 1, del trattato CEE, potessero fruire dell'esenzione a norma dell'art. 85, n. 3. Di che si tratti l'ho detto all'inizio. In primo luogo, dell'impegno dei grossisti di realizzare un determinato volume di vendite di prodotti SABA, di stipulare contratti di fornitura a lungo termine, e di collaborare al rafforzamento della rete di vendita. In secondo luogo, dell'impegno per i dettaglianti di realizzare un determinato volume di vendite, di trattare il maggior numero possibile di articoli della gamma di produzione SABA e di esporre con rilievo i prodotti SABA. La ricorrente a questo proposito sostiene che non sussistono i presupposti per l'esenzione a norma dell art. 85, n. 3: non vi sarebbe miglioramento della produzione o della distribuzione, non vi sarebbero vantaggi per i consumatori e la concorrenza sui prezzi, quanto ai prodotti SABA, verrebbe soffocata. In particolare essa ha dedotto quanto segue:
Su questi punti della controversia è opportuno fare le seguenti osservazioni:
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5. |
Rimane infine la critica secondo cui il termine di validità dell'esenzione sarebbe troppo ampio. Anche perchè gli argomenti delle ricerche su questo punto sono molte succinti, non sarà necessario dilungarsi. È vero, da un lato, che la situazione di mercato può mutare rapidamente e quindi anche gli accertamenti relativi ai problemi di diritto della concorrenza spesso possono valere per un tempo limitato. D'altro canto, la Commissione ha giustamente rilevato che nella fattispecie si tratta della difficile valutazione delle conseguenze economiche di un sistema complesso, per il quale non si poteva pensare ad un periodo troppo breve. Senza dubbio, la Commissione dispone in merito di un ampio potere discrezionale; non vedo alcun indizio di esercizio abusivo del potere stesso. Oltracciò, nella decisione sono stati imposti alla SABA determinati oneri. La relazione annuale obbligatoria consente alla Commissione di controllare le pratiche di ammissione ed intervenire se del caso. Per tutti questi motivi, non si può eccepire nulla nemmeno contro il termine di validità della decisione di esenzione. |
III — |
Concludendo, posso dunque solo proporre di disattendere il ricorso della Metro, dichiarandolo irricevibile in quanto diretto contro la lettera del 14 gennaio 1976 e respingendolo in quanto diretto contro la decisione di esenzione. Poichè la ricorrente e l'interveniente a suo sostegno in questo caso risulterebbero soccombenti, sarebbe logico addossar loro le spese processuali, ivi comprese le spese dell'incidente, e cioè anche le spese dell'interveniente a fianco della Commissione, a meno che non si ritenga più equo condannare alle spese solo la ricorrente, lasciando a carico dell'interveniente a suo fianco le spese da questa incontrate. |
( 1 ) Traduzione dal tedesco.