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Document 52016AE0019

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi» [COM(2015) 624 final] e alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo» [COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)]

GU C 177 del 18.5.2016, p. 51–56 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

18.5.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi»

[COM(2015) 624 final]

e alla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo»

[COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)]

(2016/C 177/09)

Relatore:

Cristian PÎRVULESCU

La Commissione europea, in data 22 dicembre 2015, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Attuazione dell’agenda europea sulla sicurezza: piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi»

[COM(2015) 624 final]

e alla

«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo»

[COM(2015) 625 final — 2015/0281 (COD)].

La sezione «Occupazione, affari sociali, cittadinanza», incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 febbraio 2016.

Alla sua 515a sessione plenaria, dei giorni 16 e 17 marzo 2016 (seduta del 17 marzo 2016), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole alla messa in comune tra Stati membri di risorse destinate a combattere sia il traffico di armi e munizioni che il terrorismo. La moltiplicazione delle misure di protezione a livello europeo e nazionale può tuttavia avere un effetto cumulativo e un impatto globale negativo sui diritti fondamentali. Se questi saranno intaccati, l’Unione sarà condannata a fallire nella sua missione fondamentale.

1.2.

Il CESE ritiene che la proposta di direttiva e la comunicazione siano necessarie per costruire un’Europa più sicura per tutti coloro che vivono sul suo territorio, nella misura in cui la lotta al terrorismo rappresenta una competenza condivisa tra gli Stati membri e l’Unione. Tale competenza condivisa apre il dibattito sulle possibili misure obbligatorie che la direttiva potrebbe cercare di imporre agli Stati. È responsabilità degli Stati membri fare tutto il possibile per prevenire e combattere ogni forma di criminalità organizzata e, in particolare, il terrorismo, qualunque ne sia la motivazione. È inoltre responsabilità delle istituzioni dell’UE contribuire al coordinamento e all’armonizzazione degli sforzi necessari per limitare la diffusione di questo tipo di crimine violento.

1.3.

Il CESE sottolinea con forza e chiede che il principio di proporzionalità, obbligatoriamente intrinseco ad ogni Stato di diritto, sia rispettato da tutte le autorità dello Stato e dagli organi giudiziari. Per evitare interpretazioni erronee o abusi delle necessarie misure di protezione, il CESE, in linea con la risoluzione 1566 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, osserva che il reato di terrorismo può essere invocato soltanto quando l’obiettivo delle minacce, degli atti commessi per causare la morte o infliggere lesioni corporali gravi, della presa di ostaggi o del grave danneggiamento di infrastrutture sia quello di instaurare una situazione di terrore, di intimidire una popolazione oppure di esercitare una coercizione su un governo.

1.4.

Le modifiche legislative in esame rientrano in uno sforzo più ampio — difficile nelle attuali condizioni politiche internazionali — volto a fare fronte a un tipo di minaccia che, per sua natura, prende di mira le fondamenta dei sistemi democratici europei. La diffusione della paura, la divisione dell’opinione pubblica, il fomento degli stereotipi relativi a determinati gruppi di persone, l’indebolimento dell’equilibrio tra le pubbliche autorità e il rafforzamento delle istituzioni autoritarie, a scapito di quelle democratiche che assicurano una rappresentanza, costituiscono gli effetti scontati delle azioni terroristiche, che vanno combattute con determinazione e lungimiranza. Il Comitato ritiene che in Europa sia possibile vivere al tempo stesso in sicurezza e in libertà.

1.5.

Il Comitato ritiene che sia pericoloso per ogni democrazia introdurre nella legislazione la punibilità anticipata del reato (ossia, configurare come reato o delitto qualcosa che non è stato ancora commesso). L’articolo 3, paragrafo 2, lettera i) della proposta deve essere eliminato, affinché giustizia e sicurezza non siano confuse. Analogamente, l’articolo 15 della direttiva proposta non garantisce le libertà pubbliche e neanche la presunzione di innocenza. Inoltre, il Comitato esprime preoccupazione per il problema della prova dell’intenzione e ritiene che tutti i casi di cui agli articoli da 5 a 13 debbano essere presentati davanti a un tribunale per la conferma delle imputazioni.

1.6.

Il Comitato ritiene che lo sviluppo di strumenti per la prevenzione della radicalizzazione — nel quadro di un programma più ampio che punti alle cause sociali, economiche, culturali, religiose e politiche alla radice della diffusione delle minacce di questo tipo — sia da accogliere con favore, e che occorra coordinare questi strumenti con le attività incentrate sulla lotta al terrorismo e la sua repressione. Tuttavia, la radicalizzazione non presuppone anche la predisposizione o l’istigazione alla violenza. Le politiche e i programmi di prevenzione devono essere rivolti alle singole persone e ai gruppi che abbiano la maggiore predisposizione a ricorrere alla violenza a scopo di terrorismo. Il ruolo della società civile è fondamentale nel valutare le condizioni che facilitano la radicalizzazione e la predisposizione all’uso della violenza.

1.7.

Oltre a chiarire la legislazione e a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri nei settori summenzionati, è necessario un coordinamento della politica estera europea relativa al Medio Oriente e all’Africa settentrionale, una regione che ha recentemente attraversato profonde trasformazioni, molte delle quali violente e che in alcuni casi hanno generato instabilità e conflitti. La minaccia terroristica è diventata negli ultimi anni così grave a causa di alcune zone di conflitto attive, che rappresentano un punto nevralgico di interesse, d’ispirazione e di addestramento per un gran numero di cittadini europei. L’esistenza di conflitti di lunga data nella regione, anche congelati, determinerà inoltre la mobilitazione di gruppi e singole persone con lo scopo di organizzare azioni terroristiche. Per il Comitato è prioritario impegnarsi con maggiore chiarezza negli interventi di stabilizzazione, sviluppo e democratizzazione in questa regione. Una delle priorità deve essere la lotta contro la povertà, la corruzione, nonché l’esclusione politica e sociale.

1.8.

Il Comitato ritiene che la drastica limitazione dell’accesso alle armi da fuoco, alle munizioni e agli esplosivi debba costituire una priorità per gli Stati membri e le istituzioni europee. I recenti attentati avvenuti in Europa hanno mostrato che le persone coinvolte in attività terroristiche si procurano armi da fuoco micidiali sul mercato nero, dove l’offerta è molto variegata. Il collegamento tra gruppi terroristici e criminalità organizzata costituisce un pericolo rilevante per la sicurezza dei cittadini dell’UE, e non solo per la loro.

1.9.

Il Comitato sostiene che è necessario apportare chiarimenti alla legislazione sulle vittime del terrorismo, che devono essere assistite con rapidità ed efficienza sia subito dopo il fatto di sangue che nel medio e lungo termine. È inoltre necessario capire meglio gli effetti sociali, economici e psicologici che gli attentati terroristici hanno sulle comunità, i singoli individui e i settori di attività economica. Il Comitato invita la Commissione europea a indagare questi aspetti e a proporre, in funzione dei risultati ottenuti, le misure del caso. I recenti attentati possono avere ripercussioni su settori quali il turismo e i trasporti, e le istituzioni europee e nazionali hanno la responsabilità di elaborare programmi di sostegno. Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che la prevenzione e la lotta al terrorismo implicano dei costi, e l’Unione europea deve prendere in considerazione un sostegno finanziario per gli sforzi che gli Stati compiono in tal senso.

2.   Il contesto attuale: conciliare la necessità di una maggiore sicurezza con i diritti fondamentali

2.1.

Come affermato nei propri pareri in merito al programma dell’Aia, al programma di Stoccolma e alla comunicazione «Un’Europa aperta e sicura», il CESE reputa che il fondamento e il punto di partenza per le politiche in materia di libertà, sicurezza e giustizia debbano essere la protezione, senza interruzioni o discriminazioni, dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (1).

2.2.

Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, il CESE considera normale, visto il contesto internazionale attuale, rivedere il quadro giuridico vigente per punire come reati gli atti associati alle attività terroristiche. Il Comitato prende atto del fatto che nella proposta di direttiva, nella sezione dedicata ai diritti fondamentali (capitolo 3 della Relazione), viene esclusa qualunque forma di arbitrarietà e, come già fatto in altri pareri su questo tema, richiama l’attenzione sulla priorità che bisogna accordare ai diritti fondamentali e alla necessità di mantenere, di fronte alla minaccia terroristica, un clima democratico che sia solido e funzionale (2).

2.3.

Il Comitato richiama l’attenzione sull’importanza di mantenere lo spazio Schengen quale concretizzazione dei principi stabiliti nel trattato. Il Comitato invita gli Stati membri ad astenersi dall’utilizzare formule che limitino la libera circolazione all’interno dell’Unione.

2.4.

Il Comitato, cosciente delle gravi sfide dell’attuale contesto geopolitico, constata l’assenza, nella proposta di direttiva, di definizioni sufficientemente chiare da garantire l’applicazione dei diritti dei cittadini riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali e sanciti nel trattato. Il Comitato osserva che la possibilità di un’interpretazione dei termini è troppo grande e, nelle presenti circostanze, tale interpretazione non è assicurata dai giudici, ma dalle procure e dalle forze dell’ordine. Il Comitato richiama inoltre l’attenzione sulla possibile tentazione di introdurre misure straordinarie nel diritto comune a livello sia nazionale che europeo, come potrebbe suggerisce la proposta di direttiva in un settore che rientra tra quelli di competenza concorrente.

2.5.

Il CESE accoglie con favore l’attuazione dell’interoperabilità tra i sistemi informativi digitali, nella misura in cui questi sono concepiti per contribuire a fermare i terroristi. In questa ottica, il Comitato ritiene che il sistema d’informazione Schengen (SIS) costituisca un pilastro importante del meccanismo d’informazione dell’Unione e raccomanda ai responsabili politici di compiere ogni sforzo per garantire che tutti gli Stati membri partecipino a tale meccanismo.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.    Il piano d’azione dell’UE contro il traffico e l’uso illecito di armi da fuoco ed esplosivi

3.1.1.

Osservazioni generali

3.1.1.1.

Il Comitato ritiene che le proposte contenute nella comunicazione siano da accogliere favorevolmente. La cooperazione istituzionale tra gli Stati membri deve essere profondamente migliorata, sia per quanto concerne lo scambio di informazioni che in rapporto all’unificazione delle banche dati esistenti. Andrebbero ricordati in modo particolare i programmi di formazione per il personale delle autorità nazionali, che fino ad ora non sono stati una priorità.

3.1.1.2.

Il Comitato reputa che l’interoperabilità delle banche dati e l’incoraggiamento alla raccolta di dati da parte delle autorità nazionali costituiscano degli elementi cruciali per un’analisi corretta del controllo dell’uso delle armi da fuoco e degli esplosivi.

3.1.1.3.

Il Comitato accoglie con favore l’attenzione posta nell’ostacolare l’approvvigionamento illegale di armi da fuoco via Internet («aperto» e «darkweb»), oltre che sui rischi connessi al progresso delle nuove tecnologie, come la stampa 3D.

3.1.1.4.

Benché siano necessari sforzi supplementari per quanto riguarda sia l’uso della tecnologia di rilevamento che la standardizzazione di tale uso, il Comitato richiama l’attenzione sul rischio di creare un «mercato» per questa tecnologia. Gli operatori economici intenzionati a vendere tale tecnologia potrebbero esagerare a bella posta i potenziali rischi per la sicurezza e, quindi, potrebbero diffondere timori tra i cittadini. Inoltre, il Comitato non incoraggia un impiego generalizzato della tecnologia di rilevamento, bensì un suo uso selettivo, in funzione delle esigenze e dei rischi.

3.1.1.5.

Il CESE esorta la Commissione europea ad appoggiare una stretta cooperazione tra Europol, Interpol, i principali soggetti coinvolti nel progetto iTrace e altri organismi pertinenti — come le autorità doganali e quelle incaricate del rilascio delle licenze di importazione ed esportazione di armi da fuoco — per ottimizzare la cooperazione operativa e la tracciabilità, oltre che per evitare che le armi da fuoco siano deviate sul mercato illegale.

3.1.1.6.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione di rafforzare le attività operative e di estendere l’ambito del piano d’azione UE/Europa sudorientale, nonché di intensificare la cooperazione con i paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale (MENA). Anche in questo campo la cooperazione con i paesi terzi è molto importante.

3.1.1.7.

Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che, nella maggior parte di questi paesi, esistono problemi di natura istituzionale, specialmente in rapporto all’integrità delle forze di polizia. Oltre alla cooperazione nello specifico settore delle armi da fuoco, l’Unione europea deve incoraggiare e sostenere le riforme istituzionali in questi paesi.

3.2.

La direttiva sulla lotta contro il terrorismo

3.2.1.

Osservazioni generali

3.2.1.1.

Il Comitato ritiene che le leggi e le procedure istituzionali debbano essere costantemente adattate in rapporto agli sviluppi e ai rischi per la sicurezza. I recenti avvenimenti hanno mostrato che il fenomeno del terrorismo ha assunto una dimensione internazionale per effetto sia delle infrastrutture di comunicazione che dei conflitti esistenti nel Medio Oriente e nell’Africa settentrionale.

3.2.1.2.

Il finanziamento, l’addestramento, l’istigazione e il viaggio sono tutte azioni collegate agli atti terroristici propriamente detti. Il Comitato raccomanda alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri di applicare il principio di proporzionalità, e di tener conto della gravità delle azioni e dell’intenzione sottesa al momento di considerare reato tali azioni e di combatterle.

3.2.1.3.

È inoltre accolta con favore l’equiparazione a reato delle azioni che consistono nell’istigare e coordinare la realizzazione di atti terroristici, sempre più spesso compiuti da persone che non si espongono ma agiscono per il tramite di altri individui.

3.2.1.4.

Al tempo stesso, il Comitato esprime la propria preoccupazione in rapporto alle capacità e alla disponibilità variabile degli Stati membri di tutelare i diritti fondamentali e di assicurare che la prassi rispetti le disposizioni costituzionali e le clausole dei trattati internazionali. La proclamazione dello stato di emergenza in Francia in seguito agli attentati terroristici della fine dello scorso anno ha permesso alle autorità francesi di intraprendere azioni che sono state messe in discussione dalle organizzazioni della società civile dal punto di vista dei diritti fondamentali (3). Il Comitato esorta le autorità nazionali a esercitare i loro poteri in modo proporzionato ed efficiente, nonché ad evitare azioni controproducenti. La prevenzione e la lotta contro il terrorismo possono essere attuate soltanto nel rispetto dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali e dei trattati internazionali. Il Comitato ritiene che sia necessaria una forma di monitoraggio continuo delle azioni degli Stati membri connesse al terrorismo. A tal fine, invita la Commissione europea a prendere in considerazione l’introduzione di procedure attraverso cui individuare e correggere gli eventuali sviamenti. Una possibilità consisterebbe nell’utilizzo del meccanismo di verifica del rispetto dello Stato di diritto (attuato dalla Commissione europea), che permette l’individuazione delle violazioni e prevede procedure di correzione.

3.2.1.5.

Per assicurare un coordinamento efficiente degli sforzi volti a prevenire e a combattere il terrorismo, nonché a contrastarne gli effetti e a garantire una prassi uniforme anche in termini di rispetto dei diritti fondamentali, il Comitato invita la Commissione e le altre istituzioni europee a prendere in considerazione la creazione di una Agenzia europea di lotta al terrorismo.

3.2.2.

Osservazioni specifiche

3.2.2.1.

Per quanto riguarda la definizione dei reati terroristici (titolo II, articolo 3), si corre il rischio di una definizione troppo estesa del terrorismo e delle azioni ad esso connesse.

3.2.2.2.

Per esempio, il paragrafo 2, lettera d), del summenzionato articolo 3 stabilisce che le «distruzioni di vasta portata di … infrastrutture, compresi i sistemi informatici» possono essere equiparate a terrorismo. Non è chiaro se un’azione di pirateria informatica (hacking) possa essere considerata un atto terroristico. Esistono casi in cui le azioni di questo tipo puntano a mettere in circolazione documenti di pubblico interesse e, anche se il procacciamento e la pubblicazione di tali documenti sono considerati reato, non rientrano tuttavia nella definizione tipica del terrorismo.

3.2.2.3.

La lettera i) del medesimo articolo 3, paragrafo 2, stabilisce che «la minaccia di commettere» un atto terroristico equivale alla sua effettiva realizzazione. Tale disposizione è molto problematica, soprattutto qualora non venga rispettato il principio di proporzionalità. Una minaccia non può costituire un fatto, perché rappresenta una potenzialità e non un’azione concreta. Il Comitato propone di sopprimere la lettera i) del paragrafo 2 dall’articolo 3 della direttiva proposta.

3.2.2.4.

Per quanto riguarda la pubblica istigazione a commettere reati di terrorismo (titolo III, articolo 5), la definizione del reato manca di chiarezza. Nella misura in cui esistono le libertà di stampa e di parola, non è chiaro in quali circostanze la presentazione al pubblico di un attentato terroristico non costituisca più una semplice informazione e diventi invece un’istigazione. Inoltre, con lo sviluppo delle piattaforme dei media sociali, in cui ogni utente è anche autore di contenuti, è molto difficile seguire e identificare correttamente ciò che costituisce rispettivamente un’informazione o un’istigazione.

3.2.2.5.

Per quel che concerne la punibilità di un viaggio all’estero con finalità terroristiche (titolo III, articolo 9), si rileva una notevole mancanza di chiarezza in rapporto alla definizione di tali finalità. Se la situazione è chiara nel caso in cui viene organizzato un attentato o si partecipa ad attività di addestramento, non lo è invece nel caso in cui la persona partecipa a un’insurrezione, a una ribellione armata oppure a una guerra civile, come in Siria o in Libia. Si considera che la partecipazione a una guerra quasi convenzionale abbia una finalità terroristica (4)? Possono anche verificarsi casi in cui i combattenti europei lottano a fianco di gruppi ribelli che sono qualificati come terroristi dai governi nazionali sul cui territorio agiscono, oppure da governi di paesi terzi.

3.2.2.6.

A tale riguardo, esistono gravi difficoltà nel determinare la «natura terroristica» di un gruppo. Tali difficoltà sono di ordine sia analitico che istituzionale. L’Unione europea utilizza un suo sistema per inserire e cancellare da un apposito elenco le organizzazioni considerate terroriste, in particolare quelle dell’elenco autonomo gestito separatamente dalla lista dell’ONU (5). Esiste la possibilità che la prassi nazionale e la relativa definizione della «natura terroristica» siano differenti da quelle europee. In questo caso, è necessario il coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE, in particolare quelle che hanno competenze in questo campo (ad esempio, Europol).

3.2.2.7.

Per quanto riguarda gli articoli da 12 a 14, non è chiaro il motivo per cui è necessario considerare questi fatti un reato distinto rispetto a quello attualmente previsto dai codici penali vigenti negli Stati membri. È d’altra parte possibile considerare la finalità terroristica di tali reati come una circostanza aggravante che abbia, nel rispetto del principio di proporzionalità, un peso maggiore ai fini della determinazione della pena.

3.2.2.8.

Per quel che concerne la connessione con reati di terrorismo (articolo 15), appare problematica la disposizione secondo cui non è necessario che venga effettivamente compiuto un reato terroristico affinché sia punibile un reato di cui all’articolo 4 e al titolo III. Come viene stabilita la finalità terroristica, vale a dire, se un certo fatto rientra in una serie di iniziative che portano a un atto concreto e non ad azioni isolate? Ne potrebbero discendere effetti negativi sui diritti fondamentali.

3.2.2.9.

Il Comitato dubita della pertinenza della proposta contenuta nell’articolo 17 sulle sanzioni applicabili alle persone fisiche in cui si chiede agli Stati membri di infliggere sanzioni penali «che possono comportare l’estradizione».

3.2.2.10.

La proposta si riferisce a un periodo di 12 mesi per il recepimento della direttiva. Per accelerarne l’applicazione, il Comitato incoraggia gli Stati membri a ridurre il più possibile questo periodo.

Bruxelles, 17 marzo 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  GU C 451 del 16.12.2014, pag. 96.

(2)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 91.

(3)  Cfr. la relazione di Human Rights Watch (HRW) intitolata France: abuses under State of Emergency — Halt Warrantless Search and House Arrest («Francia: abusi durante lo stato di emergenza. Stop alle perquisizioni senza mandato e agli arresti domiciliari senza decisione giudiziaria»), pubblicata il 3 febbraio 2016, e la relazione dell’Associazione europea per la difesa dei diritti dell’uomo (Association Européenne pour la défense des Droits de l’Homme — AEDH) intitolata Devant l’urgence, que deviennent les principes de l’Etat de droit? («Davanti all’emergenza, che fine fanno i principi dello Stato di diritto?»), a cura di Dominique Guibert.

(4)  Un caso interessante è quello dei combattenti europei che combattono in Siria a fianco delle milizie curde che si oppongono all’Isis, organizzazione che è al centro del terrorismo mondiale di matrice religiosa. Un cittadino neerlandese, ex militare dell’esercito nazionale, è indagato dalle autorità olandesi con l’accusa di omicidio a causa della sua partecipazione al conflitto in Siria tra i ranghi delle forze curde (YPG). Dopo il recepimento della direttiva nel diritto neerlandese, non è chiaro se l’inquadramento giuridico di fatti simili sarà modificato.

(5)  EU Terrorist Listing. An Overview about Listing and Delisting Procedures («L’elenco dei terroristi stabilito dall’UE — Una panoramica delle procedure per l’inserimento e la cancellazione da tale elenco»), Martin Wahlisch, Berghof Peace Support, 2010.


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