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Document 51995IR0228

Parere sul tema «Trasferimenti di imprese internazionali»

CdR 228/95

GU C 100 del 2.4.1996, p. 40–44 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51995IR0228

Parere sul tema «Trasferimenti di imprese internazionali» CdR 228/95

Gazzetta ufficiale n. C 100 del 02/04/1996 pag. 0040


Parere sul tema «Trasferimenti di imprese internazionali»

(96/C 100/11)

In data 26 luglio 1994, l'Ufficio di presidenza del Comitato delle regioni ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 C del Trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema di cui sopra.

La Commissione 1 «Sviluppo regionale, assetto territoriale e urbanistica» è stata incaricata di preparare i lavori in materia, conformemente all'articolo 9 del Regolamento interno del Comitato delle regioni.

Nel corso della 1a riunione del 28 luglio 1994, la Commissione 1 ha nominato relatore il Sig. Manuel Chaves González.

Il Comitato delle regioni ha adottato il 19 luglio 1995, nel corso dell'8a sessione plenaria, il seguente parere.

1. Introduzione

Il presente progetto di parere d'iniziativa è frutto delle preoccupazioni di alcuni governi regionali in seguito al trasferimento intracomunitario dell'attività industriale da parte di determinate imprese multinazionali, avvenuto nel corso del 1993 e del 1994. Nonostante le ripercussioni sociali del fenomeno, non era stata ancora realizzata un'indagine accurata sulla sua portata e sulle sue motivazioni. È per questo motivo che la Commissione 1 del Comitato delle regioni, consapevole dell'importanza di tale fenomeno e, soprattutto, del valore prioritario che assume il settore industriale come elemento fondamentale di sviluppo, ha affidato ad un gruppo di esperti l'incarico di effettuare uno studio che fosse un primo contributo a tale indagine.

2. Sintesi dello studio «Spostamenti dell'attività industriale nell'Unione europea (delocalizzazioni e riubicazioni)»

Lo studio persegue l'obiettivo fondamentale di conoscere le dimensioni raggiunte attualmente da questo fenomeno dell'attività industriale e, soprattutto, quelle che avrà in futuro, obiettivo che può essere conseguito solo analizzando le motivazioni del fenomeno. Lo studio esamina sia gli spostamenti dell'attività industriale, che possono essere considerati cambiamenti statici, sia i cambiamenti che avvengono in base ad una prospettiva dinamica attraverso i nuovi investimenti, analizzati sulla base dei flussi d'investimento diretto all'estero (IDE).

3. I flussi d'investimento diretto all'estero (IDE)

Lo studio dei flussi d'investimento diretto all'estero (IDE) ci mostra i mutamenti dinamici, vale a dire i cambiamenti di ubicazione dell'attività industriale che avvengono attraverso l'apertura di nuovi stabilimenti in nuovi paesi.

4. La ragione principale di questi fenomeni è, logicamente, la speranza di ottenere da parte delle imprese una maggiore produttività e redditività per il capitale a lunga scadenza. Tenendo presente questo obiettivo, si possono evidenziare una serie di fattori macroeconomici che spiegano il perché di questo tipo di spostamenti. Tra essi vanno citati:

- la dimensione del mercato; infatti, gli spostamenti sono diretti verso paesi a reddito medio con una buona economia e verso altri paesi a reddito basso ma con elevate prospettive di crescita;

- la crescita del mercato, in quanto l'accelerazione della crescita economica che ha avuto luogo nei paesi sviluppati nella seconda metà degli anni 80 ha stimolato l'aumento dell'IDE. Analogamente, la recessione dei primi anni 90 ha portato alla riduzione del suo volume. La crescita maggiore dei paesi in via di sviluppo nel periodo 1990-1993 ha favorito il processo di delocalizzazione;

- il livello relativo dei costi del lavoro nel paese ricevente rispetto ad altre localizzazioni alternative, sebbene la disponibilità di manodopera abbondante e a buon mercato non basti a richiamare l'IDE. Altri fattori in grado di condizionare l'offerta sono le infrastrutture, la presenza di manodopera qualificata e le condizioni di vita dei lavoratori;

- la stabilità dell'economia e il controllo dell'inflazione, nella misura in cui garantisce che le opportunità di crescita del mercato non saranno limitate da squilibri macroeconomici. Altri fattori rilevanti sono gli accordi d'integrazione economica, la creazione di un quadro sociale, giuridico e politico stabile e la correzione dei disavanzi fiscali. In compenso, non risulta con evidenza che l'eliminazione delle barriere commerciali favorisca l'IDE;

- la deregolamentazione dei mercati finanziari portata avanti sia nei paesi sviluppati sia nei paesi in via di sviluppo e che ha favorito la mobilità internazionale del capitale.

Occorre segnalare, per quanto riguarda l'insieme di questi fattori, che le differenze in materia di normativa sul lavoro, relazioni industriali e fiscalità, pur avendo un certo ruolo nei flussi IDE, non ne costituiscono una causa fondamentale.

5. A questi fattori macroeconomici se ne aggiungono altri di carattere microeconomico, che sono, più precisamente:

- i vantaggi dell'internalizzazione, che giustificano una maggiore presenza nei flussi IDE di quei settori che detengono fattori produttivi specializzati e complessi e permettono una maggiore differenziazione tecnica del prodotto;

- i vantaggi della localizzazione, che sono di diverso tipo. A questo proposito, si può affermare, in termini generali, che per i settori ad alta intensità tecnologica sono importanti la qualità e l'entità dell'infrastruttura, l'abbondanza di manodopera qualificata, le politiche di promozione e i fattori di qualità della vita del personale dirigente e dei lavoratori; per i settori più tradizionali, avranno maggior peso le prospettive di espansione del mercato e i bassi costi del lavoro; le decisioni in merito alla localizzazione delle imprese vengono inoltre influenzate dalle disparità a livello di oneri fiscali, dalla concessione di esenzioni o dalle differenze di applicazione delle norme ambientali;

- i costi del lavoro, i quali continuano ad avere notevole importanza. Ne consegue che se ne analizzano sempre di più le componenti, cercando di spiegare le differenze che esistono tra economie che presentano un grado analogo di sviluppo. In questo senso, sussistono all'interno dei paesi sviluppati notevoli differenze in termini di costi indiretti della manodopera (previdenza e prestazioni sociali, formazione, congedi) che rimandano, in ultima analisi, a diverse legislazioni sul lavoro e a diversi sistemi fiscali.

6. Gli spostamenti dell'attività industriale

Per quanto concerne i cambiamenti di carattere statico, l'analisi è stata effettuata mediante lo studio di casi concreti di imprese e di insediamenti industriali europei che hanno trasferito i loro stabilimenti e i loro impianti di produzione. L'informazione ottenuta in questa ricerca sulla produzione trasferita in altri paesi, all'interno e all'esterno dell'UE, riguarda 129 stabilimenti, per lo più grandi imprese multinazionali. Occorre precisare che questa analisi rappresenta un primo tentativo di illustrare un processo complesso e contraddittorio.

7. I risultati ottenuti provano, come ci si poteva aspettare, che le grandi imprese sono molto più propense a spostare i loro impianti. Questo non esclude che lo facciano anche le PMI, che in proporzione sono più presenti solo nei settori ad alta intensità di lavoro. Tra di esse risulta che soprattutto le piccole imprese sono attive negli spostamenti di tipo frontaliero.

8. Un'analisi settoriale di tali spostamenti mette in evidenza, da un lato, l'elevata presenza di settori tradizionali (tessile e confezioni, giocattoli, pellame e calzature) che mostrano caratteristiche analoghe (sono tutti ad alta intensità di lavoro) e problemi di competitività ben difficili da superare. Questo risultato conferma quanto viene osservato nei movimenti settoriali dell'IDE per le attività a bassa intensità tecnologica.

Un secondo gruppo di settori corrisponde a quelli più avanzati (dal punto di vista sia della domanda sia tecnologico) che, forse, in tempi più recenti si sono uniti a tali movimenti e tra i quali si segnalano: i prodotti del metallo e, soprattutto, la chimica, i macchinari e il materiale elettrico (particolarmente i sistemi che possono essere fabbricati in serie). Anche qui, come nel gruppo precedente, le attività a media e alta intensità tecnologica, provenienti dai paesi sviluppati, assumono un'importanza sempre maggiore e presuppongono, in una certa misura, l'ampliamento dei segmenti di trasferimento verso i paesi in via di sviluppo. D'altra parte, la mobilità degli impianti di una parte di questi settori potrebbe assumere un aspetto significativo nei movimenti d'integrazione comunitari.

Un'attenzione speciale merita il settore elettronico, senza dubbio il più dinamico a livello di domanda e d'innovazione tecnologica e che, come i gruppi precedenti, porta avanti in modo intensivo i trasferimenti di attività. Tutto questo si riflette nelle modifiche sostanziali che la sua struttura produttiva sta subendo e alle quali non è estranea la forte concorrenza che si osserva sui mercati per i prodotti più standardizzati.

9. Per quanto riguarda i flussi intracomunitari, gli spostamenti di industria sembrano dirigersi verso le regioni maggiormente sviluppate, cosa che contrasta con quanto evidenziato dallo studio dei flussi dell'IDE, in base al quale le regioni svantaggiate dell'UE hanno assorbito una percentuale crescente dei flussi interni.

10. La mobilità comporta diverse ripercussioni sugli impianti, sia sulle fabbriche trasferite sia sulle nuove che riprendono la produzione esistente. Per quanto concerne gli impianti trasferiti, la loro chiusura totale o parziale rappresenta la situazione più normale.

In merito alle diverse formule adottate in altri luoghi per sostituire gli impianti chiusi totalmente o parzialmente, si può affermare che esiste un relativo equilibrio tra la creazione di nuove unità di produzione e l'utilizzazione di impianti già esistenti. In compenso, il subappalto a imprese locali di un altro paese riveste, in linea di principio, un'importanza minore.

Quando si tratta di settori ad alta intensità di manodopera o di prodotti standardizzati, la creazione di nuovi impianti o il subappalto assumono una maggiore rilevanza per motivi di risparmio. Invece, nel caso di settori a più alta intensità di capitali, che oltretutto dipendono dalla vicinanza dei mercati e la cui strategia è stata fissata in termini di ristrutturazione di attività, l'opzione generale sembra tendere all'utilizzazione di impianti o di attività esistenti.

11. Due fattori sono alla base di quasi tutte le operazioni riscontrate: i costi della manodopera e la ristrutturazione delle imprese, che concentrano e specializzano i loro diversi impianti. Il primo di tali fattori è di indubbia importanza, con più della metà dei casi riscontrati e dichiarati, mentre il secondo, sicuramente il più nuovo, pur avendo un indubbio significato, riguarda solo la terza parte degli spostamenti analizzati.

12. Le particolarità settoriali sono fondamentali nel panorama dei fattori che determinano la mobilità. I settori tradizionali manifestano, quasi all'unanimità, per rispondere all'aumento della concorrenza, la loro netta preferenza per la ricerca di costi di manodopera più bassi - purché in presenza di un minimo di condizioni produttive - rispetto ad altre considerazioni (ad esempio la vicinanza al mercato).

I settori a minore intensità di manodopera e che, pertanto, non subiscono nella stessa maniera la pressione dei relativi costi, presentano altri problemi, come quelli causati dal loro adeguamento alle mutevoli circostanze dell'ambiente nel quale operano. Di conseguenza, i motivi riportati rispondono maggiormente alle esigenze di ristrutturazione dei diversi impianti produttivi, sia concentrando, sia specializzandosi in determinati prodotti, sia superando i mercati puramente nazionali.

13. La vicinanza ai principali mercati è un altro importante fattore di localizzazione della produzione, così come per l'IDE. Pur non essendo citata con frequenza dalle imprese che trasferiscono la loro produzione in altri paesi come motivazione esplicita e fondamentale, è possibile pensare che sia implicitamente tenuta in considerazione nella scelta finale del luogo. Questo fattore avrebbe, in linea di principio, un'importanza molto più grande per le attività produttive ad intensità tecnologica medio-alta.

14. D'altro canto, le condizioni del mercato sembrano essere, in seguito alla riduzione della domanda, una delle ragioni principali che hanno spinto le imprese di taluni settori ad abbandonare l'attività. Altri motivi che appaiono con minore frequenza nei casi riscontrati sono i costi globali di un paese, il costo delle materie prime, i risultati economici meno favorevoli rispetto a quanto previsto al momento della decisione di investire, l'obsolescenza degli impianti e l'incidenza di aspetti extraeconomici nella scelta della nuova localizzazione (ad esempio le relazioni personali).

15. Ad ogni modo, la reazione delle imprese nei confronti di circostanze relativamente simili (ad esempio la necessità di ristrutturare la produzione dei loro diversi impianti) non comporta l'adozione di strategie analoghe rispetto alla direzione che segue la produzione da trasferire. Va rilevato inoltre che le imprese che optano per il trasferimento delle attività raramente adducono un solo motivo, fornendo bensì diverse motivazioni allo stesso tempo.

16. Parere del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni, considerando:

- le Risoluzioni B3-0215 e 0283/93 sui licenziamenti e il dumping sociale nelle imprese multinazionali, nelle quali il Parlamento europeo chiede alla Commissione europea:

di adoprarsi con ogni mezzo per porre in atto una concreta strategia industriale comunitaria in grado di assicurare che le esigenze a lungo termine dello sviluppo industriale non siano subordinate a quelle a breve termine dei mercati dei capitali e degli istituti finanziari;

d'informare il Parlamento europeo circa le decisioni di trasferimenti di imprese adottate negli ultimi anni, allo scopo di determinare il ruolo svolto dalle divergenze tra i regimi di sovvenzioni propri degli Stati Membri e dalla messa in discussione diretta o indiretta dei diritti fondamentali dei lavoratori;

di riconoscere che il dumping sociale costituisce una distorsione della concorrenza e di studiare le condizioni per l'introduzione di un dispositivo che, unitamente alle norme in materia di concorrenza economica sleale, consenta di impedire alle imprese il ricorso alla concorrenza sociale per potenziare i propri guadagni;

- le Risoluzioni B4-0173, 0194 e 203/95 relative alle delocalizzazioni all'interno dell'Unione europea nelle quali il Parlamento europeo:

chiede che le imprese che effettuano operazioni di delocalizzazione all'interno e all'esterno della Comunità e che svolgono pratiche analoghe al «dumping sociale» non possano beneficiare degli aiuti all'insediamento nell'Unione europea;

ritiene che, in mancanza di provvedimenti cautelari, i trasferimenti di unità produttive avvenuti senza previa consultazione degli interlocutori sociali, costituiscano una grave minaccia per la coesione economica e sociale;

chiede alla Commissione di effettuare uno studio sulle delocalizzazioni nell'Unione europea e di tenerlo informato in merito;

- il parere del CdR riguardante il «Libro bianco sulla politica sociale - Uno strumento di progresso per l'Unione», adottato il 16 novembre 1994, nonché le raccomandazioni in esso contenute per promuovere una crescita equilibrata che preveda l'integrazione sociale ed economica di tutti i cittadini;

- il documento Europa 2000+ (Cooperazione per l'assetto del territorio europeo), secondo cui le analisi della mobilità di posti di lavoro e degli investimenti e degli effetti delle reti di trasporto e comunicazione mostrano che gli squilibri attualmente esistenti rischiano seriamente di aggravarsi. Tali pericoli sono dovuti al rafforzamento del centro a scapito della periferia, al potenziamento del ruolo svolto dai grandi agglomerati rispetto alle città medie o piccole, alla tendenza a concentrare i centri di decisione, il potenziale innovativo e «l'intellighenzia» nelle zone privilegiate;

- la diagnosi effettuata nella «Quinta relazione sulla situazione e sull'evoluzione socioeconomica delle regioni della Comunità», secondo la quale la realizzazione del mercato interno sembra essere di particolare importanza nel momento in cui viene condizionata la decisione di localizzare o trasferire un'impresa, cosa che beneficia i centri economici della Comunità;

- la Risoluzione del Consiglio «Industria» dell'8 novembre 1994, sul rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, nella quale si invita la Commissione ad esaminare il problema della delocalizzazione e a informare i direttori generali dell'industria;

- le conclusioni dello studio «Spostamenti dell'attività industriale nell'Unione europea (delocalizzazioni riubicazioni)» elaborato dalla Commissione 1 del CdR «Politica regionale, sviluppo economico, finanze locali e regionali».

17. Chiede che, nell'ambito dell'articolo 130 del Trattato sull'Unione europea relativo alla politica industriale, venga ampliata e sintetizzata l'informazione sui flussi d'investimenti tra gli Stati membri e le regioni e sul numero e le caratteristiche degli stabilimenti trasferiti. Per ottenere tali informazioni, non dovranno essere previsti oneri aggiuntivi a carico delle imprese. In tal modo, si potrà migliorare la conoscenza di tali fenomeni ottenendone una spiegazione più precisa.

18. Chiede alla Commissione europea che, nell'ambito degli studi previsti per l'elaborazione del documento Europa 2000+, siano analizzati, oltre agli investimenti diretti all'estero, anche i fenomeni di trasferimento e le loro conseguenze sull'assetto del territorio europeo, specie per quanto concerne la correzione degli squilibri esistenti tra le regioni.

19. Osserva, sulla base delle ultime informazioni disponibili, che i flussi intracomunitari di spostamenti d'imprese industriali sembrano seguire una direzione precisa verso le aree e le regioni più progredite dell'Unione europea. Questo fenomeno è dovuto ad un insieme di diversi fattori, quali un maggiore livello tecnologico e di produttività, la specializzazione produttiva, l'esistenza di economie di scala o la vicinanza ai grandi mercati. D'altra parte il basso livello del costo del lavoro svolge una funzione determinante nella delocalizzazione d'imprese, specie nei settori tradizionali ad alta intensità di manodopera, avvantaggiando le regioni meno sviluppate della Comunità. I costi salariali più bassi rappresentano anche il motivo principale dello spostamento della produzione nei paesi terzi.

20. Afferma, d'altro canto, che lo sviluppo delle regioni più svantaggiate è un elemento chiave per l'insediamento delle imprese sul loro territorio, in quanto favorisce l'espansione del mercato, l'articolazione e la creazione di un tessuto industriale compatto, entrambi aspetti che causano l'emergere di fattori esterni positivi per le nuove attività produttive. Dichiara inoltre che lo sviluppo d'infrastrutture di formazione professionale continua e un contesto favorevole all'innovazione favoriranno tale insediamento in tutte le regioni dell'Unione europea.

21. Ritiene che la politica di coesione economica e sociale sia lo strumento fondamentale per superare le disparità regionali e settoriali che costituiscono la ragione principale degli spostamenti industriali. Nelle zone in cui la perdita di vantaggi comparativi tradizionali può portare alla delocalizzazione delle imprese, la politica di coesione economica e sociale deve accompagnarsi a misure volte al potenziamento della competitività regionale e locale.

22. Reputa che siano da considerare parte integrante di questa politica le azioni di appoggio alle infrastrutture di carattere economico; vanno sostenute soprattutto, nella cornice degli esistenti strumenti d'incentivo le infrastrutture a livello locale che rappresentano un punto sensibile per lo sviluppo delle rispettive regioni e sono più importanti per l'attività industriale, ad esempio quelle dirette alla fornitura di terreni, infrastrutture nel settore dei trasporti e dei servizi alle imprese, sempre con l'obiettivo principale di favorire uno sviluppo sostenibile, vale a dire rispettoso dell'ambiente. Altro aspetto importante di cui questa politica deve tener conto sono le azioni volte a modernizzare e a rendere più competitive le imprese, a sviluppare la loro cooperazione e a promuovere il loro sviluppo tecnologico e produttivo. Questo vale in particolare per le PMI. L'obiettivo è quello di mantenere e aumentare il livello della qualità della vita, che è uno dei principali incentivi nella scelta della localizzazione di un'impresa. In tale contesto è d'importanza fondamentale creare centri di trasferimento di tecnologia per le PMI.

23. L'insieme di tutti gli elementi che contribuiscono alla localizzazione e alla competitività delle imprese, in particolare delle PMI, si ritrovano nei bacini di innovazione e sviluppo già esistenti in alcuni Stati membri dell'Unione. L'analisi della loro diversità e delle condizioni del loro successo potrebbe spingere a promuovere progetti locali di sviluppo, specialmente nelle aree svantaggiate e a partecipare positivamente alla coesione economica e sociale dell'Unione.

24. Considera inoltre necessario sottolineare l'esigenza di un'adeguata formazione degli agenti di produzione e della riconversione verso nuove attività. A tale riguardo, giudica appropriate la nuova formulazione degli obiettivi 3 e 4 introdotta nell'ambito della revisione dei regolamenti sui Fondi strutturali 1993.

25. Ritiene, in linea di massima, di fondamentale importanza dare slancio a politiche industriali attive che favoriscano lo sviluppo di nuove attività e la competitività a livello internazionale e che consolidino la presenza delle imprese nelle regioni nelle quali sono impiantate, migliorando gli elementi di richiamo della loro localizzazione. Per portare avanti tali politiche è necessario migliorare lo scambio di informazioni tra gli interlocutori economici e sociali, le autorità regionali e il governo centrale.

26. Chiede alle istituzioni comunitarie di prendere in considerazione, nei programmi di appoggio all'attività imprenditoriale, i problemi specifici delle zone svantaggiate comprese le zone ultraperiferiche dell'Unione. I programmi non dovrebbero tuttavia richiedere mezzi finanziari aggiuntivi e non dovrebbero sostituirsi ai programmi nazionali esistenti.

27. Sollecita la Commissione a rafforzare il controllo sugli incentivi offerti alle imprese per il loro insediamento in una zona determinata, in modo da accertare che non vadano al di là di quanto previsto dalle norme che disciplinano la concorrenza comunitaria, evitando così una lotta tra regioni. È pertanto indispensabile la massima trasparenza.

28. Chiede di proseguire il processo di armonizzazione intrapreso dall'Unione europea, specie nell'ambito sociale e del lavoro, conformemente al Libro bianco sulla Politica sociale europea, come uno dei meccanismi per evitare che, nel tentativo di attirare nuove imprese, le regioni dell'Unione si facciano una concorrenza sleale.

29. Invita la Commissione a favorire la creazione, nelle imprese che operano su scala comunitaria, di organi di rappresentanza dei lavoratori nelle direzioni centrali. Tali organi devono essere consultati in merito ai progetti di delocalizzazione d'imprese, conformemente al disposto della Direttiva 94/45/CEE del Consiglio relativa alla creazione dei Comitati d'impresa europee, prima che entri in vigore tale atto giuridico vincolante. Chiede inoltre alla Commissione di informare annualmente il Comitato delle regioni comunicandogli il numero delle imprese che si sono assunte questo impegno.

Bruxelles, 19 luglio 1995.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Jacques BLANC

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