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Document 62024CJ0271

Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 13 marzo 2025.
Igor Shuvalov contro Consiglio dell'Unione europea.
Impugnazione – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Inclusione del nome del ricorrente – Sostegno ad azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina, o che ostacolano l’operato di organizzazioni internazionali in Ucraina.
Causa C-271/24 P.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2025:180

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

13 marzo 2025 (*)

« Impugnazione – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Inclusione del nome del ricorrente – Sostegno ad azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina, o che ostacolano l’operato di organizzazioni internazionali in Ucraina »

Nella causa C‑271/24 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 16 aprile 2024,

Igor Shuvalov, residente a Mosca (Russia), rappresentato da L.M. García López, J.L. Iriarte Ángel, F.M. Rodríguez González e L. Rodríguez Jiménez, abogados,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da D. Cerdán García e P. Mahnič, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da D. Gratsias, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún (relatrice), presidente della Quinta Sezione, e J. Passer, giudice,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il sig. Igor Shuvalov chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 7 febbraio 2024, Shuvalov/Consiglio (T‑289/22; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2024:57) con la quale lo stesso ha respinto il suo ricorso volto all’annullamento, in primo luogo, della decisione (PESC) 2022/265 del Consiglio del 23 febbraio 2022 che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 42 I, pag. 98) e del regolamento di esecuzione (UE) 2022/260 del Consiglio del 23 febbraio 2022 che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 42 I, pag. 3) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti iniziali controversi»), in secondo luogo, della decisione (PESC) 2022/1530 del Consiglio del 14 settembre 2022 che modifica la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 239, pag. 149) e del regolamento di esecuzione (UE) 2022/1529 del Consiglio del 14 settembre 2022 che attua il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 239, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: i «primi atti di mantenimento controversi») e, in terzo luogo, della decisione (PESC) 2023/572 del Consiglio del 13 marzo 2023 che modifica la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 75 I, pag. 134) e del regolamento di esecuzione (UE) 2023/571 del Consiglio del 13 marzo 2023 che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 75 I, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: i «secondi atti di mantenimento controversi»), nella parte in cui tali atti (in prosieguo, complessivamente: gli «atti controversi») lo riguardano.

 Contesto normativo e fatti

2        Il contesto di fatto e di diritto del caso di specie è esposto ai punti da 2 a 13 della sentenza impugnata e può essere riassunto e completato come segue.

3        Il ricorrente è stato, tra il 2008 e il 2018, vice primo ministro del governo della Federazione russa e poi è diventato, il 24 maggio 2018, presidente della Vnesheconombank (VEB.RF) (Banca di sviluppo e del commercio estero, Russia).

 Decisione 2014/145/PESC

4        A seguito dell’annessione della Crimea alla Federazione russa, il 17 marzo 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, in forza dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16).

 Decisione 2014/145 iniziale

5        L’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/145, come modificata dalla decisione 2014/658/PESC del Consiglio, dell’8 settembre 2014 (GU 2014, L 271, pag. 47) (in prosieguo: la «decisione 2014/145 iniziale»), vieta l’ingresso o il transito nel territorio degli Stati membri delle persone fisiche che soddisfano i criteri previsti in particolare alle sue lettere a) e b), mentre l’articolo 2, paragrafo 1, di tale decisione dispone il congelamento dei fondi e delle risorse economiche delle persone fisiche che soddisfano i criteri previsti in particolare alle sue lettere a) e d), criteri che sono sostanzialmente identici a quelli stabiliti alle lettere a) e b) dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta decisione [in prosieguo, congiuntamente, rispettivamente: i «criteri a) e d)»].

6        Alla data del 23 febbraio 2022, l’articolo 2 della decisione 2014/145 iniziale così recitava:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, o posseduti, detenuti o controllati da:

a)      persone fisiche responsabili di azioni o politiche, o che sostengono attivamente o realizzano dette azioni o politiche, che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina, o che ostacolano l’operato delle organizzazioni internazionali in Ucraina, e persone fisiche o giuridiche, entità o organismi ad esse associati;

(...)

d)      persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che sostengono attivamente, materialmente o finanziariamente i dirigenti russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina orientale ovvero che traggono vantaggio dagli stessi (…)».

 Decisione 2014/145 modificata

7        A seguito dell’invasione dell’Ucraina perpetrata il 24 febbraio 2022 dalle forze armate della Federazione russa, il Consiglio ha adottato, il 25 febbraio 2022, la decisione (PESC) 2022/329, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2022, L 50, pag. 1).

8        I criteri previsti all’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e d), della decisione 2014/145, come modificata dalla decisione 2022/329 (in prosieguo: la «decisione 2014/145 modificata»), sono analoghi a quelli previsti all’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e d), della decisione 2014/145 iniziale, salvo che, da un lato, l’avverbio «attivamente» [è stato rimosso] dal criterio relativo al sostegno ad azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina nonché da quello relativo al sostegno materiale o finanziario fornito ai decisori russi e, dall’altro, il riferimento operato all’Ucraina orientale è stato esteso a tutto tale Stato [il criterio previsto all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della decisione 2014/145 modificata è in prosieguo denominato altresì «criterio d)»].

 Regolamento (UE) n. 269/2014

9        Il 17 marzo 2014 il Consiglio ha adottato, in forza dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6).

 Regolamento n. 269/2014 iniziale

10      Alla data del 23 febbraio 2022, l’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e d), del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento (UE) n. 811/2014 del Consiglio, del 25 luglio 2014 (GU 2014, L 221, pag. 11) (in prosieguo: il «regolamento n. 269/2014 iniziale»), conteneva disposizioni sostanzialmente analoghe a quelle previste all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e d), della decisione 2014/145 iniziale, come riportate al punto 6 della presente sentenza, in particolare per quanto riguarda il criterio previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 269/2014 iniziale [in prosieguo altresì: il «criterio d)»].

 Regolamento n. 269/2014 modificato

11      A seguito dell’invasione dell’Ucraina perpetrata il 24 febbraio 2022 dalle forze armate della Federazione russa, il Consiglio ha adottato, il 25 febbraio 2022, il regolamento (UE) 2022/330 che modifica il regolamento n. 269/2014 (GU 2022, L 51, pag. 1). I criteri previsti all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e d), del regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento 2022/330 (in prosieguo: il «regolamento n. 269/2014 modificato»), hanno subito le stesse modifiche apportate ai criteri di cui al punto 8 della presente sentenza [il criterio previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 269/2014 modificato è in prosieguo denominato altresì «criterio d)»].

 Atti controversi

 Atti iniziali controversi

12      Il 23 febbraio 2022 il Consiglio ha adottato gli atti iniziali controversi e ha inserito il nome del ricorrente al numero 227 dell’elenco delle misure restrittive contenuto nell’allegato di ciascuno dei due atti con la seguente motivazione:

«[Il sig.] Igor Ivanovich Shuvalov è presidente della State Development Corporation VEB.RF e membro del Consiglio della Commissione economica eurasiatica. In precedenza è stato un primo vice primo ministro [della Federazione russa]. In tale veste ha affermato che la Federazione russa avrebbe modificato le norme di bilancio per tenere conto di due milioni di abitanti aggiuntivi derivanti dall’annessione illegale della Crimea da parte della Federazione russa. È pertanto responsabile di azioni e politiche che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina».

 Primi atti di mantenimento controversi

13      Il 14 settembre 2022 il Consiglio ha adottato i primi atti di mantenimento controversi e ha mantenuto il nome del ricorrente al numero 227 dell’elenco contenuto nell’allegato di ciascuno di tali due atti, con la stessa motivazione di cui al punto precedente.

 Secondi atti di mantenimento controversi

14      Il 13 marzo 2023 il Consiglio ha adottato i secondi atti di mantenimento controversi e ha mantenuto il nome del ricorrente al numero 227 dell’elenco contenuto nell’allegato di ciascuno di tali due atti, con la seguente motivazione:

«[Il sig.] Igor Ivanovich Shuvalov è presidente della State Development Corporation VEB.RF. In precedenza è stato primo vice primo ministro della [Federazione russa] e membro del Consiglio della Commissione economica eurasiatica. In veste di primo vice primo ministro ha affermato che la Federazione russa avrebbe modificato le norme di bilancio per tenere conto di due milioni di abitanti aggiuntivi derivanti dall’annessione illegale della Crimea da parte della Federazione russa. È pertanto responsabile di azioni e politiche che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2022, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di annullare gli atti controversi nella parte in cui lo riguardano. A sostegno del suo ricorso, egli ha dedotto sette motivi vertenti, il primo, su un errore manifesto di valutazione dei fatti commesso dal Consiglio, il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione a carico del Consiglio, il terzo, sulla violazione del diritto fondamentale alla libertà di espressione, il quarto, sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, il quinto, sulla violazione del diritto di proprietà alla luce del principio di proporzionalità, il sesto, sulla violazione del principio di parità di trattamento e, il settimo, su uno sviamento di potere.

16      Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il Tribunale ha stabilito, ai punti 38 e 39 della sentenza impugnata, che la motivazione degli atti controversi si basava su ragioni sufficientemente individuali, specifiche e concrete per consentire al ricorrente di difendersi nonché di comprendere il criterio e il fondamento di detti atti, cosicché tale motivo di ricorso è stato respinto.

17      Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, vertente su un errore di valutazione dei fatti, il Tribunale ha dichiarato, al punto 65 della sentenza impugnata, che è possibile, come ha fatto il Consiglio, prendere in considerazione fatti verificatisi in un tempo relativamente lontano dalla data di adozione di una misura restrittiva, purché, da un lato, tali fatti suffraghino uno dei criteri che giustificano l’inserimento del nome dell’interessato nell’elenco delle misure restrittive e, dall’altro, sia dimostrato che, al momento dell’adozione delle misure restrittive, tale persona non aveva definitivamente posto fine a qualsiasi attività che potesse giustificare una siffatta adozione. Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 81 a 87 di tale sentenza, che un insieme di indizi sufficientemente precisi, concreti e concordanti consentiva di ritenere che, in quanto membro del governo della Federazione russa e successivamente presidente della VEB.RF, un’istituzione pubblica che sostiene la politica economica disposta dal presidente della Federazione russa, condotta dal governo di tale Federazione, e che ha partecipato in modo continuativo allo sviluppo economico della Crimea a partire dalla sua invasione ad opera della Federazione russa, il ricorrente soddisfacesse le condizioni previste dal criterio a).

18      Riguardo al quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà alla luce del principio di proporzionalità, il Tribunale ha rilevato, ai punti da 96 a 116 della sentenza impugnata, che le misure restrittive imposte al ricorrente erano di natura cautelare, temporanea e reversibile, con la possibilità per le autorità nazionali di autorizzare l’impiego di taluni beni sottoposti a congelamento, cosicché esse non lo privavano del suo diritto di proprietà, che erano soddisfatte le condizioni poste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), affinché tale diritto fosse legittimamente limitato, che la proporzionalità delle misure era giustificata dalla loro adeguatezza rispetto all’obiettivo perseguito e che era sufficiente che il ricorrente ponesse termine alle manovre che avevano giustificato dette misure affinché queste ultime fossero revocate.

19      Ai punti 123 e 124 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, in risposta al terzo motivo dedotto dal ricorrente, che le misure restrittive adottate nei confronti di quest’ultimo non incidevano in alcun modo sulla sua libertà di espressione e che le dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e riportate nella motivazione degli atti controversi costituivano soltanto alcuni dei vari elementi, debitamente corroborati dal fascicolo di prove e destinati a suffragare la constatazione che egli soddisfaceva le condizioni previste dal criterio a). Al punto 126 di tale sentenza, il Tribunale ha altresì osservato che, poiché il Consiglio non aveva commesso errori di valutazione ritenendo che il ricorrente soddisfacesse tale criterio, occorreva respingere il sesto motivo di ricorso, vertente su una violazione del principio della parità di trattamento.

20      Il Tribunale ha infine respinto, ai punti da 131 a 133 di detta sentenza, il quarto e il settimo motivo di ricorso, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e su uno sviamento di potere.

21      In tali circostanze, poiché nessuno dei motivi del ricorso è stato accolto, il Tribunale, con la sentenza impugnata, ha respinto detto ricorso.

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

22      Con la sua impugnazione, il ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        accogliere il ricorso annullando gli atti controversi nella parte in cui lo riguardano, nonché, di conseguenza, la decisione 2014/145 e il regolamento n. 269/2014 nella parte in cui questi ultimi atti lo riguardano o possono riguardarlo;

–        condannare il Consiglio alle spese dei due gradi di giudizio.

23      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere integralmente l’impugnazione, e

–        condannare il ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

24      Il ricorrente deduce sei motivi a sostegno della sua impugnazione. Tali sei motivi di impugnazione vertono su errori di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso dichiarando che il Consiglio non ha commesso errori di valutazione (primo motivo), che il Consiglio ha rispettato il suo obbligo di motivazione (secondo motivo), che gli atti controversi non violano il diritto del ricorrente alla libertà di espressione (terzo motivo), che il diritto di proprietà dello stesso non è stato violato alla luce del principio di proporzionalità (quarto motivo), che il principio della parità di trattamento non è stato violato (quinto motivo) e che il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva è stato rispettato e che il Consiglio non ha commesso uno sviamento di potere (sesto motivo).

 Sul primo motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

25      Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso, a causa di uno snaturamento manifesto dei fatti, un errore di diritto dichiarando, ai punti da 58 a 87 della sentenza impugnata, che il Consiglio non era incorso in un errore di valutazione nell’applicazione del criterio a) al suo caso.

26      Infatti, al punto 65 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe dichiarato, senza menzionare una qualsivoglia giurisprudenza al riguardo, che, ai fini dell’adozione di misure restrittive, è possibile prendere in considerazione fatti verificatisi in un tempo relativamente lontano dalla data di adozione di tali misure. Tuttavia, da varie sentenze del Tribunale risulterebbe che la motivazione addotta dal Consiglio deve rispondere al criterio dell’attualità alla data dell’adozione da parte dello stesso di misure restrittive nei confronti della persona interessata. In particolare, occorrerebbe tener conto dell’evoluzione della situazione della persona interessata senza poter presumere che, a causa delle cariche precedentemente ricoperte e di dichiarazioni pubbliche precedenti, tale persona abbia mantenuto o abbia potuto mantenere, alla data di adozione delle misure restrittive di cui trattasi, il suo sostegno al regime del paese terzo in questione o alla situazione contemplata dalle misure.

27      Il ricorrente contesta altresì il punto 82 della sentenza impugnata in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che il fatto che tale ricorrente abbia assunto, dopo essere cessato dalla carica di membro del governo, la presidenza della VEB.RF implica che egli continui a sostenere le azioni e le politiche che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. Infatti, la motivazione degli atti controversi non farebbe riferimento alle attività della VEB.RF e non conterrebbe alcuna censura specifica nei confronti del ricorrente, ancorché sia quest’ultimo a subire le misure restrittive di cui trattasi. Orbene, esercitando la carica di presidente della VEB.RF, il ricorrente, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, avrebbe svolto un incarico professionale di gestione d’impresa che non sarebbe in alcun modo connesso alle azioni e alle politiche condotte dal governo russo.

28      Nel controricorso, il Consiglio sottolinea di avere incontrato difficoltà, a causa delle allegazioni generiche del ricorrente e del fatto che egli si riferisce specificamente solo ai punti 65 e 82 della sentenza impugnata, a confutare le stesse e a comprendere, in particolare, in che consista lo snaturamento manifesto dei fatti. Nel merito, tale istituzione contesta gli argomenti del ricorrente.

29      Nella sua memoria di replica, il ricorrente ritiene, in particolare, che il primo motivo di impugnazione sia ricevibile in quanto menziona chiaramente i punti contestati della sentenza impugnata, vale a dire i punti da 58 a 87. Inoltre, anche se è vero che il primo motivo di impugnazione riguarda più specificamente i punti 65 e 82 di tale sentenza, occorrerebbe tener conto che tali due punti contengono le conclusioni del ragionamento giuridico sviluppato negli altri punti contestati di detta sentenza.

30      Nella sua controreplica, il Consiglio sostiene, in particolare, di aver soltanto manifestato le sue difficoltà a comprendere il primo motivo di impugnazione e di avere, in ogni caso, concluso per il rigetto nel merito dell’impugnazione e non per la sua irricevibilità.

 Giudizio della Corte

31      Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta, in sostanza, al Tribunale di aver statuito, a causa di un manifesto snaturamento dei fatti, ai punti da 58 a 87 e più in particolare ai punti 65 e 82 della sentenza impugnata, che il Consiglio non ha commesso errori di valutazione. Il Tribunale avrebbe infatti dichiarato erroneamente che il Consiglio poteva fondarsi, per motivare gli atti controversi, su cariche e dichiarazioni pubbliche precedenti all’adozione di tali atti. Il ricorrente contesta altresì al Tribunale di aver dedotto dal fatto che egli ricopre la carica di presidente della VEB.RF un sostegno, ai sensi del criterio a), ancorché egli svolga, nell’ambito di tale carica, solo funzioni di gestione di impresa, le quali non sarebbero in alcun modo connesse alle azioni e alle politiche condotte dal governo russo in relazione all’Ucraina.

–       Sulla ricevibilità

32      Si deve rilevare che, senza eccepire formalmente l’irricevibilità del primo motivo di impugnazione, il Consiglio, tenuto conto del numero considerevole di punti contestati in blocco dal ricorrente, manifesta le difficoltà incontrate per comprendere la portata di tale motivo, in particolare per quanto riguarda l’asserito snaturamento manifesto dei fatti.

33      A tal riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui è chiesto l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 75 e giurisprudenza ivi citata) e che spetta alla Corte, se necessario d’ufficio, verificare se tale requisito di precisione sia soddisfatto (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1961, Fives Lille Cail e a./Alta Autorità, 19/60, 21/60, 2/61 e 3/61, EU:C:1961:30, pag. 575, nonché del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

34      Inoltre, qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di fatto o di prova da parte del Tribunale, lo stesso deve, in forza dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura, indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di analisi che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento. Peraltro, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza del 6 giugno 2024, Ryanair/Commissione, C‑441/21 P, EU:C:2024:477, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nel caso di specie, per quanto riguarda l’allegazione relativa allo snaturamento manifesto dei fatti, è necessario constatare che il ricorrente non indica in modo preciso, nella sua impugnazione, gli elementi di fatto che sarebbero stati snaturati né tantomeno dimostra gli errori di analisi che il Tribunale avrebbe commesso. In dette circostanze, tale allegazione deve essere dichiarata irricevibile.

36      Per contro, se è vero che il ricorrente contesta in blocco i punti da 58 a 87 della sentenza impugnata mentre concentra il suo ragionamento unicamente sui punti 65 e 82 di tale sentenza, occorre rilevare, come sostiene giustamente il ricorrente nella sua memoria di replica, che il punto 82 di detta sentenza contiene le conclusioni del ragionamento giuridico sviluppato negli altri punti contestati della medesima sentenza, ai quali tale punto 82 fa esplicito riferimento, cosicché il primo motivo di impugnazione soddisfa i requisiti ricordati al punto 33 della presente sentenza ed è, tenuto conto delle considerazioni esposte al punto precedente della presente sentenza, parzialmente ricevibile.

–       Nel merito

37      Con i suoi argomenti, il ricorrente contesta in sostanza, da un lato, le considerazioni contenute al punto 65 della sentenza impugnata e, dall’altro, la conclusione cui è giunto il Tribunale al punto 82 di tale sentenza.

38      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che qualsiasi decisione che imponga o mantenga misure restrittive nei confronti di una persona deve fondarsi su una base di fatto sufficientemente solida, in quanto il giudice dell’Unione deve verificare l’esattezza materiale dei fatti dedotti alla luce delle informazioni o degli elementi di prova forniti e valutare l’efficacia probatoria di questi ultimi in funzione delle circostanze del caso e alla luce delle eventuali osservazioni presentate in proposito, in particolare, dalla persona interessata (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 119 e 124).

39      Come ricordato dal Tribunale al punto 61 della sentenza impugnata, in caso di contestazione, spetta all’autorità competente dell’Unione dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi. Sebbene non sia richiesto che tale autorità produca dinanzi al giudice dell’Unione tutte le informazioni e gli elementi probatori attinenti ai motivi dedotti, occorre tuttavia che le informazioni o gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona interessata (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 120 e 121).

40      Per quanto riguarda, in primo luogo, il punto 65 della sentenza impugnata, è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la giurisprudenza citata ai due punti precedenti della presente sentenza non osta a che, in un caso come quello di specie, il Consiglio possa tener conto, per valutare se una persona soddisfi un criterio d’inserimento come il criterio a) o il criterio d), di informazioni o di elementi di prova relativi a circostanze precedenti alla data di adozione dell’atto che impone o mantiene misure restrittive, purché tali informazioni o elementi suffraghino la motivazione addotta a sostegno di tale atto e contribuiscano a dimostrare che, nonostante il decorso del tempo e tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti proprie di ciascun caso, la persona interessata soddisfa il criterio di inserimento di cui trattasi (v., per analogia, sentenza del 20 giugno 2019, K.P., C‑458/15, EU:C:2019:522, punto 57). In particolare, non si può escludere che tali informazioni ed elementi di prova possano essere presi in considerazione per dimostrare, alla luce del criterio di inserimento di cui trattasi, una continuità tra, da un lato, la situazione precedente della persona interessata e, dall’altro, la sua situazione attuale.

41      In secondo luogo, per concludere, nel caso di specie, che il Consiglio non aveva commesso errori di valutazione, il Tribunale ha constatato, ai punti da 62 a 64, 66, 68, 69, 72, 76 e 80 della sentenza impugnata, che, da un lato, alla data di adozione degli atti controversi, il ricorrente sosteneva attivamente le azioni o le politiche contemplate dal criterio a), in particolare lo sviluppo economico della Crimea, in quanto, nella sua qualità di presidente della VEB.RF, operava con tutti i dirigenti e gli amministratori della società direttamente o indirettamente nominati o revocati dal capo dello Stato della Federazione russa o dal governo russo, conformemente alla politica economica stabilita da tale capo di Stato e condotta da tale governo. Dall’altro lato, il Tribunale ha rilevato che il ricorrente aveva già fornito un simile sostegno negli anni precedenti, avendo ricoperto, fino alla sua nomina alla presidenza della VEB.RF nel 2018, la carica di vice primo ministro e avendo rilasciato in tale veste, nel 2014, dichiarazioni pubbliche a favore dello sviluppo economico della Crimea.

42      Avendo quindi stabilito, in sostanza, che il sostegno attivo fornito dal ricorrente nella sua qualità di presidente della VEB.RF alla data di adozione degli atti controversi si inseriva nel solco di quello già manifestato nel 2014 in veste di vice primo ministro, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto concludendo, al punto 82 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva fornito un insieme di indizi sufficientemente precisi, concreti e concordanti che dimostravano che, a partire dal 2014 e fino alla data di adozione degli atti iniziali controversi, il ricorrente si era reso costantemente responsabile di un simile sostegno, ai sensi del criterio a).

43      Per quanto riguarda la censura secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente concluso, al punto 82 della sentenza impugnata, che, in quanto presidente della VEB.RF, il ricorrente forniva un sostegno attivo, ai sensi del criterio a), ancorché egli abbia esercitato solo un incarico professionale di gestione d’impresa che non sarebbe in alcun modo connesso alle azioni e alle politiche condotte dal governo russo, è sufficiente ricordare che, ai sensi dell’articolo 256 TFUE e dell’articolo 58 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e a valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e di tali elementi di prova non costituisce dunque, salvo il caso di loro snaturamento, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 29 febbraio 2024, Euranimi/Commissione, C‑95/23 P, EU:C:2024:177, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

44      Orbene, con una siffatta censura, il ricorrente cerca di rimettere in discussione la valutazione dei fatti e degli elementi di prova da parte del Tribunale, fermo restando che, anche se egli allega formalmente uno snaturamento dei fatti, non ha indicato con precisione, come risulta dal punto 35 della presente sentenza, gli elementi di fatto che sarebbero stati snaturati né ha dimostrato gli errori di analisi che il Tribunale avrebbe commesso.

45      Peraltro, nei limiti in cui il ricorrente contesta al Tribunale di aver seguito, al punto 82 della sentenza impugnata, un ragionamento che non appare in modo dettagliato nella motivazione degli atti controversi, poiché tale motivazione si limita a spiegare che il ricorrente è «il presidente della VEB.RF», senza fare riferimento alle attività di tale ente né a qualsivoglia informazione relativa al ruolo del ricorrente nell’esercizio della carica di presidente, occorre ricordare che la questione della motivazione, che costituisce una forma sostanziale, è distinta da quella della prova del comportamento asserito, la quale concerne la legittimità nel merito dell’atto di cui trattasi e implica, come risulta dalla giurisprudenza di cui al punto 38 della presente sentenza, l’accertamento della veridicità dei fatti indicati in tale atto nonché della qualificazione dei medesimi fatti quali elementi che giustificano l’applicazione di misure restrittive nei confronti della persona interessata (sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

46      A tal riguardo, come ricordato ai punti 38 e 39 della presente sentenza, in caso di contestazione, spetta all’autorità competente dell’Unione dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata e al giudice dell’Unione verificare l’esattezza materiale dei fatti addotti alla luce delle informazioni o degli elementi di prova forniti.

47      Nel caso di specie, dai punti 62, 69, 76, 81 e 82 della sentenza impugnata risulta che, conformemente a tale giurisprudenza, il Tribunale, in primo luogo, ha constatato che gli elementi di prova forniti nel fascicolo del Consiglio si ricollegavano sufficientemente alla motivazione secondo cui il ricorrente è il presidente della VEB.RF, in secondo luogo, ha verificato l’esattezza materiale dei fatti sottesi a tale motivazione alla luce di detti elementi di prova e, in terzo luogo, ha accertato, in sostanza, che il ricorrente, per via della sua carica di presidente della VEB.RF, attuava la politica economica del governo russo e partecipava quindi allo sviluppo economico della Crimea, cosicché si poteva concludere che egli forniva un sostegno attivo, ai sensi del criterio a).

48      Per quanto riguarda, infine, l’allegazione del ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato, al punto 18 della sentenza impugnata, che dalle memorie di tale ricorrente si evince che egli non chiedeva l’annullamento della decisione 2014/145 e del regolamento n. 269/2014, è sufficiente constatare che detto ricorrente non contesta, come rilevato al medesimo punto 18 della sentenza impugnata, di aver confermato, all’udienza dinanzi al Tribunale, che egli non chiedeva l’annullamento di detti due atti in quanto tali. Inoltre, il ricorrente si limita a menzionare presunte «false affermazioni» del Tribunale al riguardo, senza sostenere che quest’ultimo non abbia esaminato argomenti presentati in primo grado dal ricorrente e vertenti sulla legittimità della decisione 2014/145 e del regolamento n. 269/2014 in quanto tali e, in particolare, sulla legittimità dei criteri ivi previsti, quali i criteri a) e d).

49      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il primo motivo di impugnazione.

 Sul secondo motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

50      Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta al Tribunale di aver erroneamente stabilito, ai punti 36, 38 e 39 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva rispettato il suo obbligo di motivazione. Del resto, al punto 33 di tale sentenza, il Tribunale stesso avrebbe riconosciuto che il criterio sulla cui base sono state imposte misure restrittive al ricorrente non risultava chiaramente dalla lettura della motivazione. Sebbene, in questo stesso punto, il Tribunale abbia infine precisato che la motivazione degli atti controversi si riferiva unicamente al criterio a) e non al criterio d), tale precisazione non sarebbe coerente con il contegno del Consiglio nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, in quanto il Consiglio avrebbe sistematicamente invocato i due criteri contro il ricorrente.

51      Al punto 35 della sentenza impugnata, il Tribunale sarebbe stato inoltre indotto in errore dalla motivazione degli atti controversi in quanto avrebbe osservato che il ricorrente ha ricoperto contemporaneamente le cariche di membro del Consiglio della Commissione economica eurasiatica e di presidente della VEB.RF, ancorché, come avrebbe dimostrato il ricorrente dinanzi al Tribunale, egli le abbia ricoperte in momenti distinti. Ciò dimostrerebbe inconfutabilmente il difetto di motivazione degli atti controversi.

52      Quanto all’argomento della motivazione del Tribunale contenuto al punto 36 della sentenza impugnata, secondo cui la carica di presidente della VEB.RF, contemplata nella motivazione degli atti controversi, deve essere vagliata tenendo conto del contesto nel quale tale carica è stata conferita all’interessato ed è esercitata, e in particolare della carica di vice primo ministro che egli ricopriva in precedenza, il ricorrente ritiene che tale contesto renda inspiegabile proprio la ragione per la quale sono state disposte misure restrittive a suo carico, poiché la cessazione da cariche politiche importanti ai fini della nomina a presidente di un ente pubblico implica una chiara diminuzione della sua capacità di influenzare la politica del suo paese e di sostenere le azioni del governo russo contro l’Ucraina.

53      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio della Corte

54      Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti 33, 35, 36, 38 e 39 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva rispettato il suo obbligo di motivazione.

55      In proposito, occorre sottolineare che, per quanto riguarda il punto 33 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato, senza che ciò fosse contestato dal ricorrente, che la motivazione degli atti controversi si riferiva unicamente al criterio a), cosicché la motivazione di detti atti era tale da escludere che il ricorrente individuasse un altro criterio di inserimento quale il criterio d). Pertanto, l’invocazione del criterio d) da parte del Consiglio nel procedimento dinanzi al Tribunale non ha alcuna incidenza sulla questione se, come dichiarato dal Tribunale, il Consiglio abbia motivato correttamente gli atti controversi alla luce del criterio a).

56      Per quanto attiene all’asserita insufficienza di motivazione degli atti iniziali controversi, che il Tribunale non avrebbe rilevato al punto 35 della sentenza impugnata, è necessario ricordare che, come indicato al punto 45 della presente sentenza, la questione della motivazione, che costituisce una forma sostanziale, è distinta da quella della prova del comportamento asserito, la quale concerne la legittimità nel merito dell’atto di cui trattasi.

57      Al punto 35 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente dichiarato che dalla motivazione degli atti iniziali controversi e dei primi atti di mantenimento controversi si evinceva che il Consiglio aveva segnatamente tenuto conto, per imporre e mantenere le misure restrittive nei confronti del ricorrente, che quest’ultimo era, alla data di adozione di tali atti, presidente della VEB.RF e membro del Consiglio della Commissione economica eurasiatica. Il Tribunale ha quindi rilevato, in tale punto nonché ai punti 38 e 39 della sentenza impugnata, che il ricorrente aveva potuto comprendere le ragioni per cui aveva subito le misure restrittive e che perciò era stato posto in condizione di difendersi. Del resto, contrariamente a quanto sostiene in sostanza il ricorrente, il Tribunale ha debitamente preso in considerazione la sua allegazione secondo cui egli non era più membro del Consiglio della Commissione economica eurasiatica alla data di adozione degli atti iniziali controversi e dei primi atti di mantenimento controversi. Infatti, il Tribunale ha dichiarato, al punto 82 della sentenza impugnata, che il ricorrente soddisfaceva i criteri di cui trattasi nel caso di specie indipendentemente dal fatto che non fosse più membro di tale commissione.

58      Per quanto riguarda il punto 36 della sentenza impugnata, occorre ricordare, come ha fatto il Tribunale stesso al punto 29 di tale sentenza, che un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza del 25 giugno 2020, Vnesheconombank/Consiglio, C‑731/18 P, EU:C:2020:500, punto 37 e giurisprudenza ivi citata). Il Tribunale ha correttamente applicato tale giurisprudenza al punto 36 della sentenza impugnata osservando che, tenuto conto del contesto in cui la carica di presidente della VEB.RF gli è stata conferita ed è stata esercitata e tenuto anche conto che egli era in precedenza vice primo ministro, la semplice menzione dell’esercizio di tale carica doveva essere considerata, alla luce dell’obbligo di motivazione, un elemento sufficiente che consentiva al ricorrente di difendersi e di comprendere il criterio e i motivi sottesi alle misure restrittive adottate nei suoi confronti.

59      Sulla base delle precedenti considerazioni, occorre respingere il secondo motivo di impugnazione.

 Sul terzo motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

60      Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti da 122 a 124 della sentenza impugnata, che gli atti controversi non violano il suo diritto fondamentale alla libertà di espressione. Il ricorrente ricorda di essere stato sanzionato dal Consiglio a causa, in particolare, di precedenti dichiarazioni pubbliche rilasciate nella sua qualità di vice primo ministro. Avvalorando un siffatto nesso di causalità tra tali dichiarazioni e le misure restrittive, il Tribunale avrebbe violato il suo diritto alla libertà di espressione. Il fatto che tali misure non incidano sulla sua libertà di espressione non significherebbe che quest’ultima non sia lesa, tanto più che la Corte europea dei diritti dell’uomo avrebbe riconosciuto, nella sentenza del 15 marzo 2011, Otegi Mondragón c. Spagna (CE:ECHR:2011:0315JUD000203407), che i politici, nell’esercizio delle loro funzioni, godono di un diritto alla libertà di espressione quasi illimitato e superiore a quello di cui godono altre persone.

61      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio della Corte

62      Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente deduce essenzialmente che, ai punti da 122 a 124 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto convalidando l’approccio del Consiglio secondo cui sono state adottate misure restrittive nei suoi confronti a causa, segnatamente, di precedenti dichiarazioni pubbliche rilasciate in qualità di vice primo ministro e violando pertanto il suo diritto fondamentale alla libertà di espressione.

63      In proposito, dai punti da 64 a 66, 82 e 124 della sentenza impugnata risulta che le dichiarazioni pubbliche menzionate al punto precedente della presente sentenza costituiscono uno dei vari elementi che hanno consentito al Consiglio di fondarsi su un insieme di indizi sufficientemente precisi, concreti e concordanti per ritenere che, alla data di adozione degli atti controversi, il ricorrente si fosse reso responsabile di un sostegno attivo, ai sensi del criterio a), nel solco del sostegno già manifestato con tali dichiarazioni nel 2014.

64      Poiché dette dichiarazioni sono state utilizzate come elemento di prova per dimostrare che le condizioni del criterio a) erano soddisfatte nei confronti del ricorrente, occorre rilevare che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando, ai punti da 122 a 124 della sentenza impugnata, che la libertà di espressione del ricorrente non era stata, di per sé, violata dall’adozione degli atti controversi. In particolare, si deve osservare, al pari del Tribunale, che una persona come il ricorrente non può invocare tale diritto per premunirsi dall’utilizzo di siffatte dichiarazioni come elemento di prova e che le misure restrittive quali il congelamento di capitali e il divieto d’ingresso, di viaggio e di transito nel territorio dell’Unione non incidono in alcun modo sulla libertà di espressione di una tale persona.

65      Contrariamente al procedimento che ha dato luogo alla sentenza della Corte EDU del 15 marzo 2011, Otegi Mondragón c. Spagna (CE:ECHR:2011:0315JUD000203407), che riguardava dichiarazioni rilasciate da un politico le quali avevano comportato, in violazione del suo diritto alla libertà di espressione, una sanzione penale a suo carico, occorre rilevare, come ricordato dal Tribunale ai punti 122 e 123 della sentenza impugnata, che le misure restrittive nei confronti del ricorrente, da un lato, sono di natura cautelare e, dall’altro, non hanno l’effetto di pregiudicare il libero esercizio della sua libertà di espressione.

66      Sulla base delle precedenti considerazioni, occorre respingere il terzo motivo di impugnazione.

 Sul quarto motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

67      Con il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto dichiarando, in particolare ai punti da 100 a 113 della sentenza impugnata, che il suo diritto di proprietà non è stato violato alla luce del principio di proporzionalità.

68      Infatti, la circostanza che, come risulterebbe dai punti 102 e 109 della sentenza impugnata, le misure restrittive siano misure cautelari di natura temporanea e reversibile e siano inoltre sottoposte a riesami periodici sarebbe priva di qualsiasi fondamento nella realtà, in quanto, da un lato, tali misure si protrarrebbero frequentemente per lungo tempo e, dall’altro, il loro riesame sarebbe molto spesso solo formale o addirittura impossibile da realizzare. Pertanto, il ricorrente rimarrebbe ancora soggetto a misure restrittive per dichiarazioni rese oltre dieci anni fa e sebbene la sua carica di presidente della VEB.RF consista solo in un incarico professionale tecnico. Ciò dimostrerebbe che il Consiglio non ha tenuto conto del mutamento intervenuto nella sua situazione personale. In definitiva, il ricorrente avrebbe subito un’espropriazione, cosicché le misure restrittive adottate nei suoi confronti non rispetterebbero il contenuto essenziale del diritto di proprietà.

69      Peraltro, il fatto, rilevato ai punti 103 e 109 della sentenza impugnata, che le autorità nazionali degli Stati membri possano autorizzare l’uso di taluni capitali congelati non implicherebbe che il diritto di proprietà del ricorrente sia rispettato, poiché esisterebbero tante prassi in materia di autorizzazione quanti sono gli Stati membri.

70      Il ricorrente ritiene altresì che le misure restrittive adottate nei suoi confronti siano in contrasto con il principio di proporzionalità poiché, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, esse non consentirebbero di raggiungere l’obiettivo legittimo perseguito dagli atti controversi e non risponderebbero effettivamente a una finalità di interesse generale, giacché in realtà il ricorrente non avrebbe più la capacità di sostenere le politiche e le azioni contemplate dal criterio a) né di influenzare le autorità russe.

71      Infine, il ricorrente censura il Tribunale per aver dichiarato, al punto 113 della sentenza impugnata, che sarebbe sufficiente che egli ponesse fine alle manovre che giustificano l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti perché cessino tali misure, ancorché la sua carica di presidente della VEB.RF costituisca il suo unico mezzo di sussistenza.

72      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio della Corte

73      Con il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente contesta, in sostanza, al Tribunale di aver commesso, ai punti da 100 a 113 della sentenza impugnata, diversi errori di diritto nell’analisi delle condizioni poste dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta in relazione al diritto di proprietà, in particolare per quanto riguarda la questione del rispetto del principio di proporzionalità.

74      In proposito, occorre ricordare che il diritto di proprietà previsto all’articolo 17 della Carta non è una prerogativa assoluta, cosicché misure restrittive come quelle di cui trattasi nel caso di specie possono comportare limitazioni a tale diritto (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2019, HX/Consiglio, C‑540/18 P, EU:C:2019:707, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 marzo 2024, Landeshauptstadt Wiesbaden, C‑61/22, EU:C:2024:251, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

75      Possono quindi essere apportate limitazioni a tale diritto, purché, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta, esse siano previste dalla legge e rispettino il contenuto essenziale di detto diritto. Inoltre, ai sensi della seconda frase di detto paragrafo, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni del genere solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

76      Peraltro, in materia di misure restrittive, la Corte ha dichiarato che occorre riconoscere un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione nei settori che implicano, da parte del medesimo, scelte di natura politica, economica e sociale, in cui deve effettuare valutazioni complesse. Essa ne ha dedotto che solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tali settori in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenze del 31 gennaio 2019, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio, C‑225/17 P, EU:C:2019:82, punto 103, nonché del 17 settembre 2020, Rosneft e a./Consiglio, C‑732/18 P, EU:C:2020:727, punto 105).

77      In primo luogo, il ricorrente deduce, in sostanza, che il Tribunale ha erroneamente dichiarato, ai punti 102, 103 e 109 della sentenza impugnata, che gli atti controversi non pregiudicano il contenuto essenziale del diritto di proprietà e che la limitazione apportata da tali atti all’esercizio del suo diritto di proprietà non appare, alla luce del principio di proporzionalità, manifestamente inadeguata rispetto all’obiettivo perseguito. A suo avviso, e come dimostrerebbe il suo caso, le misure restrittive non sarebbero, in realtà, misure cautelari di natura temporanea e reversibile, ma si protrarrebbero frequentemente per un lungo periodo. Del pari, il loro riesame sarebbe molto spesso solo formale o addirittura impossibile da realizzare e le autorità nazionali degli Stati membri applicherebbero prassi molto diverse alle autorizzazioni di sblocco dei capitali congelati.

78      È necessario sottolineare al riguardo che il ricorrente non contesta, di per sé, che, conformemente alle disposizioni di diritto dell’Unione ricordate dal Tribunale ai punti 102, 103 e 109 della sentenza impugnata, le misure restrittive siano misure cautelari di natura temporanea e reversibile, che esse siano regolarmente soggette a riesame e che le autorità nazionali possano autorizzare l’uso dei capitali congelati o concedere autorizzazioni specifiche che consentano di scongelare i capitali.

79      In tali circostanze, il Tribunale non è incorso in errori di diritto rilevando, in sostanza, ai punti 102,103 e da 107 a 109 di tale sentenza, che dette disposizioni di diritto dell’Unione dimostrano che gli atti controversi non pregiudicano il contenuto essenziale del diritto di proprietà e che la limitazione apportata da tali atti all’esercizio del diritto di proprietà del ricorrente non è, alla luce del principio di proporzionalità, manifestamente inadeguata rispetto all’obiettivo perseguito, vale a dire, come risulta dal punto 104 di detta sentenza, esercitare una pressione diretta o indiretta sul governo della Federazione russa e sui suoi dirigenti affinché gli stessi pongano fine alle loro azioni e alle loro politiche che destabilizzano l’Ucraina. Ciò vale a maggior ragione in quanto gli argomenti del ricorrente costituiscono solo un insieme di allegazioni generiche che mirano, senza alcuna dimostrazione, a rimettere in discussione l’adeguatezza dell’attuazione di dette disposizioni.

80      Inoltre, dalle considerazioni esposte ai punti 41 e 43 della presente sentenza risulta che il Tribunale ha correttamente dichiarato che il Consiglio non aveva commesso errori di valutazione nell’adozione degli atti controversi, cosicché l’emanazione e il successivo mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente erano giustificati alla luce dei fatti e del criterio d’inserimento di cui trattasi. In tali circostanze, il fatto che le misure restrittive applicate al ricorrente siano state rinnovate due volte non può inficiare le considerazioni esposte dal Tribunale ai punti 102, 103 e 109 della sentenza impugnata né può implicare che le misure restrittive abbiano un carattere permanente e irreversibile e che il ricorrente non possa successivamente ottenere la cancellazione del suo nome dall’elenco o un’autorizzazione di sblocco dei suoi capitali.

81      In secondo luogo, il ricorrente ritiene che le misure restrittive adottate nei suoi confronti siano in contrasto con il principio di proporzionalità in quanto, contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale, esse non consentirebbero di raggiungere l’obiettivo legittimo perseguito dagli atti controversi e non risponderebbero effettivamente a una finalità di interesse generale.

82      In proposito, si deve rilevare che l’unico argomento giuridico volto a dimostrare che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto al riguardo attiene all’asserita incapacità del ricorrente, nella sua qualità di presidente della VEB.RF, di sostenere le politiche e le azioni contemplate dal criterio a) o di influenzare le autorità russe. Orbene, dai punti 41 e 43 della presente sentenza risulta che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto dichiarando che il Consiglio non aveva commesso errori di valutazione nel ritenere che, a causa della sua carica di presidente della VEB.RF, il ricorrente soddisfacesse il criterio a).

83      In terzo luogo, il ricorrente contesta al Tribunale di aver rilevato, al punto 113 della sentenza impugnata, che sarebbe sufficiente che egli ponesse fine alle manovre che giustificano l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti perché cessino tali misure, ancorché la sua carica di presidente della VEB.RF costituisca il suo unico mezzo di sussistenza.

84      In proposito, occorre osservare che le ragioni addotte in tal senso dal Tribunale al punto 113 della sentenza impugnata miravano a rispondere a un argomento del ricorrente relativo non ai suoi mezzi di sussistenza, bensì alle conseguenze delle misure restrittive sul piano della sua immagine pubblica. Orbene, non si può addebitare al Tribunale di aver commesso un errore di diritto con riferimento ad un argomento che non era contemplato in tale punto.

85      Sulla base delle precedenti considerazioni, occorre respingere il quarto motivo di impugnazione.

 Sul quinto motivo di impugnazione

86      Con il quinto motivo di impugnazione, il ricorrente ritiene che il Tribunale abbia erroneamente stabilito, al punto 126 della sentenza impugnata, che il principio della parità di trattamento non era stato violato con la motivazione che il Consiglio non aveva commesso errori di valutazione. Secondo il ricorrente, tale ragionamento è viziato da un errore di diritto poiché, come ha esposto nell’ambito del suo primo motivo di impugnazione, il Tribunale ha dichiarato a torto che il Consiglio non aveva commesso alcun errore di valutazione.

87      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

88      Tenuto conto che l’accoglimento del quinto motivo di impugnazione dipende dall’accoglimento del primo motivo di impugnazione e che quest’ultimo è stato respinto al punto 49 della presente sentenza, occorre respingere il quinto motivo.

 Sul sesto motivo di impugnazione

89      Con il sesto motivo di impugnazione, il ricorrente censura il Tribunale per aver commesso un errore di diritto ai punti da 131 a 133 della sentenza impugnata, dichiarando che il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva è stato rispettato e che il Consiglio non ha commesso uno sviamento di potere. A suo avviso, gli atti controversi violano il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e sono viziati da uno sviamento di potere in quanto non sono supportati da una motivazione sufficiente, non sono suffragati da elementi di prova sufficienti e violano la libertà di espressione e il diritto di proprietà. Il ricorrente rinvia in proposito agli argomenti presentati in primo grado.

90      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

91      A tal riguardo, occorre osservare che, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza menzionata al punto 33 della presente sentenza, il sesto motivo di impugnazione non contiene alcun argomento giuridico inteso a dimostrare che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto. In particolare, il ricorrente si limita a contestare i punti da 131 a 133 della sentenza impugnata e a rinviare agli argomenti che ha presentato al Tribunale senza chiarirli ulteriormente e senza indicare gli aspetti della sentenza impugnata che egli intende censurare. Pertanto, tale motivo di impugnazione costituisce una semplice richiesta di riesaminare il ricorso proposto in primo grado, in violazione di quanto prescritto sia dallo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che dal regolamento di procedura (sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punti 45 e 46).

92      Di conseguenza, occorre respingere il sesto motivo di impugnazione e, pertanto, l’intera impugnazione.

 Sulle spese

93      A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, stabilisce che la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

94      Il ricorrente, rimasto soccombente in tutti i motivi di impugnazione proposti, dev’essere condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Igor Shuvalov è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.

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