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Document 62024CC0514
Opinion of Advocate General Campos Sánchez-Bordona delivered on 18 September 2025.###
Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 18 settembre 2025.
Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 18 settembre 2025.
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2025:715
Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 18 settembre 2025 (1)
Causa C‑514/24
Magyar Telekom Nyrt.
contro
Nemzeti Média- és Hírközlési Hatóság Elnöke
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Kúria (Corte suprema, Ungheria)]
« Rinvio pregiudiziale – Comunicazioni elettroniche – Direttiva (UE) 2018/1972 – Articolo 105, paragrafo 4 – Diritto di risoluzione dei contratti da parte degli utenti finali a causa di modifiche unilaterali proposte dal fornitore di servizi di comunicazione elettronica – Deroghe – Modifiche imposte direttamente dal diritto dell’Unione o nazionale »
1. In sentenze pronunciate nel 2020 e nel 2021, anni dopo l’entrata in vigore del regolamento (UE) 2015/2120 (2), la Corte (3) ha interpretato l’articolo 3, paragrafo 3, di tale regolamento nel senso che esso era incompatibile con le clausole cosiddette a «tariffa zero» nei contratti di accesso a Internet (4).
2. In seguito all’interpretazione della Corte, l’autorità ungherese competente (5) ha ingiunto ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica di modificare i contratti di abbonamento con clausole a «tariffa zero». Essa ha aggiunto che tale modifica:
– era imposta dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 sin dalla sua entrata in vigore;
– conferiva agli utenti finali, a norma dell’articolo 105, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/1972 (6), il diritto di risolvere (7) il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore.
3. La Magyar Telekom Nyrt., operatore oggetto dell’ingiunzione da parte della NMHH, contesta nel procedimento principale la decisione di tale autorità. Essa ritiene che, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE e tenuto conto delle circostanze del caso di specie, gli utenti non abbiano il diritto di risolvere i contratti senza incorrere in alcun costo ulteriore.
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. CECE
4. Il considerando 275 così recita:
«Qualsiasi cambiamento non favorevole all’utente finale delle condizioni contrattuali proposte dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico diversi dai servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, ad esempio in relazione a oneri, tariffe, limitazioni del volume di dati, velocità dei dati, copertura o trattamento dei dati personali, dovrebbe conferire all’utente finale il diritto di risolvere il contratto senza dover sostenere alcun costo, anche se tale cambiamento è associato ad alcuni benefici. Qualsiasi cambiamento delle condizioni contrattuali apportato dal fornitore dovrebbe pertanto consentire all’utente finale di risolvere il contratto, a meno che ciascun cambiamento sia di per sé a suo vantaggio o che i cambiamenti siano meramente amministrativi, quale il cambiamento dell’indirizzo del fornitore, e non abbiano ripercussioni negative sull’utente finale o che i cambiamenti conseguano dall’applicazione rigorosa di modifiche legislative o normative, quali nuovi requisiti relativamente alle informazioni contrattuali imposti dal diritto dell’Unione o nazionale. È opportuno valutare sulla base di criteri oggettivi se un cambiamento sia a esclusivo beneficio dell’utente finale. Il diritto dell’utente finale di risolvere il contratto dovrebbe essere escluso solo nel caso in cui il fornitore sia in grado di dimostrare che tutti i cambiamenti contrattuali sono a esclusivo beneficio dell’utente finale o sono meramente amministrativi e non hanno ripercussioni negative sull’utente finale».
5. L’articolo 10 [«Partecipazione delle autorità nazionali di regolamentazione al BEREC (Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche)»], paragrafo 2, così dispone:
«Gli Stati membri provvedono a che le autorità nazionali di regolamentazione tengano nella massima considerazione le linee guida, i pareri, le raccomandazioni, le posizioni comuni, le migliori prassi e le metodologie adottati dal BEREC allorché adottano le loro decisioni concernenti i rispettivi mercati nazionali».
6. L’articolo 105 («Durata dei contratti e relativa risoluzione»), paragrafo 4, così dispone:
«Gli utenti finali hanno il diritto di risolvere il contratto, senza incorrere in alcun costo ulteriore, all’atto della notifica di modifiche delle condizioni contrattuali proposte dal fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico diversi dai servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, tranne nel caso in cui le modifiche proposte siano esclusivamente a vantaggio dell’utente finale, siano di carattere puramente amministrativo e non abbiano alcun effetto negativo sull’utente finale o siano imposte direttamente (8) dal diritto dell’Unione o nazionale.
I fornitori informano gli utenti finali, con preavviso non inferiore a un mese, di qualsiasi modifica delle condizioni contrattuali e, al contempo, del loro diritto di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore se non accettano le nuove condizioni. Il diritto di risolvere il contratto può essere esercitato entro un mese dalla notifica. Gli Stati membri possono prorogare tale periodo fino a tre mesi. Gli Stati membri provvedono affinché la notifica sia effettuata in modo chiaro e comprensibile su un supporto durevole».
2. Regolamento (UE) 2018/1971 (9)
7. L’articolo 4 («Compiti di regolamentazione del BEREC»), paragrafo 4, così dispone:
«Fermo restando il rispetto del pertinente diritto dell’Unione, le ANR e la Commissione tengono nel massimo conto gli orientamenti, i pareri, le raccomandazioni, le posizioni comuni e le migliori pratiche adottati dal BEREC al fine di garantire l’applicazione coerente del quadro normativo delle comunicazioni elettroniche nell’ambito di applicazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1.
L’ANR che si discosti dagli orientamenti di cui al paragrafo 1, lettera e), ne rende note le ragioni».
3. Regolamento 2015/2120
8. L’articolo 3 («Salvaguardia dell’accesso a un’Internet aperta»), paragrafo 3, stabilisce quanto segue:
«I fornitori di servizi di accesso a Internet, nel fornire tali servizi, trattano tutto il traffico allo stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, e a prescindere dalla fonte e dalla destinazione, dai contenuti cui si è avuto accesso o che sono stati diffusi, dalle applicazioni o dai servizi utilizzati o forniti, o dalle apparecchiature terminali utilizzate.
Il primo comma non impedisce ai fornitori di servizi di accesso a Internet di attuare misure di gestione ragionevole del traffico. Per essere considerate ragionevoli, tali misure devono essere trasparenti, non discriminatorie e proporzionate e non devono essere basate su considerazioni di ordine commerciale ma su requisiti di qualità tecnica del servizio obiettivamente diversi di specifiche categorie di traffico. Tali misure non controllano i contenuti specifici e sono mantenute per il tempo strettamente necessario.
I fornitori di servizi di accesso a Internet non adottano misure di gestione del traffico che vanno oltre quelle di cui al secondo comma e, in particolare, non bloccano, rallentano, alterano, limitano, interferiscono con, degradano o discriminano tra specifici contenuti, applicazioni o servizi, o loro specifiche categorie, salvo ove necessario e solo per il tempo necessario a:
a) conformarsi ad atti legislativi dell’Unione o alla normativa nazionale conforme al diritto dell’Unione, cui il fornitore di servizi di accesso a Internet è soggetto, o alle misure conformi al diritto dell’Unione che danno attuazione a tali atti legislativi dell’Unione o a tale normativa nazionale, compreso ai provvedimenti giudiziari o di autorità pubbliche investite di poteri pertinenti;
b) preservare l’integrità e la sicurezza della rete, dei servizi prestati tramite tale rete e delle apparecchiature terminali degli utenti finali;
c) prevenire un’imminente congestione della rete o mitigare gli effetti di una congestione della rete eccezionale o temporanea, purché categorie di traffico equivalenti siano trattate allo stesso modo».
B. Diritto ungherese
9. Ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 5, dell’az elektronikus hírközlésről szóló 2003. évi C. törvény (10), l’utente può risolvere il contratto di abbonamento con effetto immediato e senza ulteriori conseguenze giuridiche entro 45 giorni dal ricevimento della notifica di una modifica unilaterale del contratto da parte del fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico.
10. Il paragrafo 6 del medesimo articolo stabilisce che l’utente non ha diritto alla risoluzione del contratto di cui al paragrafo 5 qualora la modifica (a) comporti una modifica del contratto di abbonamento o delle condizioni di utilizzo del servizio che sia esclusivamente a vantaggio dell’abbonato, (b) abbia natura amministrativa e non contenga disposizioni sfavorevoli per l’abbonato oppure (c) trovi espressamente il suo fondamento in una modifica normativa o una decisione amministrativa o giudiziaria.
II. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
11. Secondo il giudice del rinvio (11), con decisione del 6 settembre 2022, la NMHH ha constatato che, applicando una «tariffa zero», la Magyar Telekom aveva violato l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 e che gli utenti avevano il diritto di risolvere i loro contratti conformemente all’articolo 132, paragrafo 5, della LCE, senza incorrere in alcun costo ulteriore (12).
12. Di conseguenza, la NMHH ha ingiunto alla Magyar Telekom di cessare di offrire la «tariffa zero» entro il 15 novembre 2022 e di modificare, entro il 31 marzo 2023, i contratti di abbonamento che includevano tale tariffa.
13. La decisione del 6 settembre 2022 è stata confermata, in via amministrativa, dal presidente della NMHH con decisione del 27 ottobre 2022, nella quale egli ha sottolineato che:
– la Magyar Telekom aveva ammesso che, per conformarsi al regolamento 2015/2120, essa doveva modificare i contratti di abbonamento individuali in vigore.
– tenuto conto del valore erga omnes delle sentenze della Corte, la Magyar Telekom avrebbe dovuto sopprimere volontariamente le tariffe nulle.
– l’obbligo di modificare i contratti derivava non già da una modifica legislativa, in quanto il regolamento 2015/2120 non era stato oggetto di revisione, né da una decisione amministrativa, bensì dall’articolo 3, paragrafo 3, dello stesso regolamento, la cui corretta interpretazione era stata elaborata dalla Corte.
14. La Magyar Telekom ha impugnato la decisione del 27 ottobre 2022 dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria). Essa ha sostenuto, tra l’altro, che, secondo la giurisprudenza della Kúria (Corte suprema, Ungheria), le sentenze della Corte non hanno alcun valore erga omnes e che le linee guida del BEREC riguardano solo le autorità di regolamentazione. Per contro, la decisione del presidente della NMHH costituirebbe «diritto nazionale», ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE, con la conseguenza di escludere la risoluzione dei contratti senza costi ulteriori per gli utenti finali.
15. A seguito del rigetto del suo ricorso in primo grado, la Magyar Telekom ha adito la Kúria (Corte suprema), la quale ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea possa essere considerata equivalente ad una disposizione direttamente vincolante del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, [del CECE], o se essa debba essere considerata come un’interpretazione del diritto che non costituisce una modifica della precedente normativa ai sensi della suddetta disposizione.
2) Se le Linee guida del [BEREC], BoR (16) 127 del 30 agosto 2016 (in prosieguo: le “Linee guida BEREC 2016”), sostituite, per quanto di rilevanza per la presente controversia, dalle Linee guida del BEREC, BoR (22) 81 del 9 giugno 2022 (in prosieguo: le “Linee guida BEREC 2022”) – alla luce, in particolare, dell’articolo 10, paragrafo 2, del [CECE] e dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento [BEREC] – facciano parte del diritto dell’Unione oppure siano disposizioni direttamente vincolanti di detto diritto e, in quanto tali, costituiscano una modifica della normativa che giustifica l’applicazione della deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del [CECE], oppure se si tratti di una mera interpretazione del diritto – in particolare ove diano attuazione ad una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea – che non costituisce una modifica della normativa anteriore ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del [CECE].
3) Ove l’applicazione della deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del [CECE] non sia giustificata da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea né dalle Linee guida BEREC 2022, se possa considerarsi una disposizione vincolante del diritto nazionale ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del [CECE], la decisione di un’autorità nazionale di regolamentazione con la quale viene attuato, nei confronti di un fornitore di servizi di comunicazione elettronica, un nuovo orientamento giurisprudenziale relativo all’articolo 3, paragrafo 3, del [regolamento 2015/2120], sulla base delle Linee guida BEREC 2022 modificate in forza di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, tenendo conto del fatto che la disposizione del regolamento 2015/2120 ha mantenuto lo stesso contenuto e non ha subito modificazioni durante il periodo di tempo al quale fa riferimento la controversia».
III. Procedimento dinanzi alla Corte
16. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 24 luglio 2024.
17. Hanno presentato osservazioni scritte la Magyar Telekom, i governi irlandese, ungherese e finlandese, nonché la Commissione europea. Tutti, ad eccezione del governo finlandese, sono comparsi all’udienza tenutasi il 26 giugno 2025.
IV. Analisi
A. Considerazioni preliminari
18. A seguito dell’interpretazione da parte della Corte dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 (13), la NMHH ha ingiunto alla Magyar Telekom di modificare i contratti di abbonamento ai suoi servizi Internet contenenti la cosiddetta «tariffa zero». Essa ha aggiunto che tale modifica non impediva agli utenti finali di esercitare il diritto di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore, previsto all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE.
19. Conformemente all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE:
– in caso di notifica di «modifiche delle condizioni contrattuali proposte» dal fornitore di servizi di comunicazione elettronica, gli utenti finali hanno, in linea di principio, il diritto di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore;
– per contro, il diritto di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore è escluso quando la modifica delle condizioni a) sia esclusivamente a vantaggio dell’utente finale o b) sia di carattere puramente amministrativo e non abbia alcun effetto negativo sull’utente finale, oppure c) sia imposta direttamente dal diritto dell’Unione o nazionale.
20. La discussione si è concentrata sulla questione se la modifica delle condizioni contrattuali possa rientrare in una delle circostanze che non consentono la risoluzione senza alcun costo ulteriore per l’utente finale, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE. In particolare, si pone la questione di stabilire se tale modifica sia imposta direttamente dal diritto dell’Unione (o dal diritto ungherese) (14).
21. Il giudice del rinvio ha individuato tre possibili cause della modifica contrattuale controversa:
– le sentenze Vodafone e Telekom Deutschland (prima questione pregiudiziale);
– le linee guida BEREC (seconda questione pregiudiziale) (15);
– la decisione della NMHH che si è conformata alle sentenze Vodafone e Telekom Deutschland, nel rispetto delle linee guida BEREC 2022 (terza questione pregiudiziale).
22. In realtà, come osservato dal governo irlandese (16), la vera causa della modifica dei contratti risiede nell’incompatibilità di una delle loro clausole con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120. Una siffatta incompatibilità, incontestabile, imponeva la soppressione della clausola contraria a tale disposizione.
23. Orbene, l’incontestabilità della violazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 è stata scoperta (giuridicamente parlando) solo dopo la conclusione dei contratti di cui la Magyar Telekom è stata obbligata a modificare le clausole.
24. Infatti, al momento della conclusione di tali contratti, l’interpretazione predominante dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, ripresa con talune riserve dal BEREC nelle sue linee guida del 2016, riteneva che il regolamento 2015/2120 non impedisse, in generale, le opzioni a «tariffa zero» (17).
25. Indipendentemente dal valore giuridico delle linee guida emanate dal BEREC (seconda questione pregiudiziale), il loro contenuto può servire da indizio per valutare le circostanze in cui i contratti di cui trattasi sono stati conclusi.
26. Invero, i dubbi di alcuni organi giurisdizionali di diversi Stati membri in merito all’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 hanno dimostrato che le condizioni di applicazione della cosiddetta dottrina dell’«atto chiaro» non erano soddisfatte (18). Tali organi giurisdizionali non potevano, da soli, statuire sulla compatibilità con tale disposizione delle clausole a «tariffa zero».
27. L’illiceità della clausola controversa non era quindi evidente prima dell’interpretazione da parte della Corte dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120. Ciò è corroborato dalla lettura delle linee guida del 2016 del BEREC, organo dell’Unione i cui documenti e le cui prassi tendono a «garantire l’applicazione coerente del quadro normativo delle comunicazioni elettroniche» (19).
28. La giurisprudenza della Corte relativa all’efficacia nel tempo delle sue pronunce pregiudiziali comporta che l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 retroagisca al momento della sua entrata in vigore (nel caso di specie, il 29 novembre 2015) (20).
29. Di conseguenza, la «tariffa zero» era incompatibile con il diritto dell’Unione dall’entrata in vigore del regolamento 2015/2120. L’incompatibilità esisteva, in diritto, anni prima della sentenza Telenor Magyarország (2020) e delle sentenze Vodafone e Telekom Deutschland (che hanno confermato la sua giurisprudenza nel 2021).
30. Partendo da tale premessa, la Magyar Telekom non avrebbe dovuto includere la «tariffa zero» nei contratti di accesso a Internet che avrebbe concluso dal 29 novembre 2015 o, al più tardi, da quando era applicabile il regolamento 2015/2120 (30 aprile 2016).
B. Sulla prima questione pregiudiziale
31. Il giudice del rinvio chiede se una sentenza pregiudiziale della Corte «possa essere considerata equivalente ad una disposizione direttamente vincolante del diritto dell’Unione (...) o se essa debba essere considerata come un’interpretazione del diritto che non costituisce una modifica della precedente normativa», ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE.
32. La premessa implicita della questione è che essa si riferisce alle sentenze pronunciate dalla Corte per rispondere a rinvii pregiudiziali, come quello di cui trattasi, aventi ad oggetto l’interpretazione, e non la valutazione di validità, delle norme dell’Unione (21).
33. Orbene, le sentenze pronunciate in tali procedimenti pregiudiziali hanno un valore non già costitutivo, bensì puramente dichiarativo (22). In esse la Corte si limita a chiarire e a precisare il significato e la portata di una norma di diritto dell’Unione, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore (23).
34. Per rispondere alla prima questione del giudice del rinvio, sarebbe sufficiente rilevare che le sentenze della Corte pronunciate nei procedimenti pregiudiziali vertenti sull’interpretazione delle norme dell’Unione non modificano tali norme, ma si limitano a chiarirne e precisarne il significato e la portata.
35. Una siffatta risposta potrebbe tuttavia essere integrata per tener conto delle sue implicazioni per quanto riguarda l’articolo 105, paragrafo 4, del CECE, fornendo ulteriori elementi di valutazione al giudice del rinvio. In tale contesto, è importante sottolineare due punti:
– il riconoscimento del diritto degli utenti finali di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore è legato a una decisione unilaterale del fornitore di servizi che propone di apportare modifiche alle condizioni contrattuali;
– tale diritto degli utenti finali non è tuttavia riconosciuto quando le modifiche «siano imposte» direttamente dal diritto dell’Unione o nazionale. In un’ipotesi del genere, la disposizione di cui trattasi prevede una deroga al diritto di risoluzione senza costi ulteriori.
36. La lettura di tale deroga alla luce del considerando 275 del CECE (24) ne evidenzia il significato: la modifica contrattuale imposta dal diritto dell’Unione deve essere proprio quella derivante, a sua volta, da una modifica legislativa o normativa dello stesso diritto dell’Unione.
37. La deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE può applicarsi solo qualora la modifica delle clausole contrattuali risulti dall’applicazione di disposizioni normative inesistenti al momento della conclusione del contratto. Le modifiche contrattuali che, ai sensi di tale disposizione, fanno sorgere il diritto degli utenti di risolvere il contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore sono quelle richieste a seguito di una modifica della legislazione in vigore.
38. Contrariamente a quanto ritenuto dal governo irlandese, reputo che la deroga prevista all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE possa riguardare solo il caso della riparazione di illeciti sopravvenuti, vale a dire quelli derivanti dall’applicazione di disposizioni normative inesistenti al momento della conclusione del contratto. Le «modifiche imposte direttamente dal diritto dell’Unione o nazionale» cui fa riferimento tale disposizione non possono essere quelle necessarie per correggere un illecito già esistente al momento della conclusione del contratto, bensì quelle imposte a seguito di una modifica del diritto in vigore e al fine di evitare che un contratto fino ad allora valido divenga illecito.
39. In caso contrario, sarebbe possibile per i fornitori di servizi proporre contratti pur essendo a conoscenza della loro illiceità e riservarsi la facoltà di modificarli unilateralmente senza possibilità per gli utenti di risolverli senza incorrere in alcun costo ulteriore.
40. Nel caso di specie, non vi è stata alcuna modifica della norma applicata: l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 è rimasto invariato, prima e dopo la conclusione dei contratti controversi. Ciò è chiaramente riconosciuto dal giudice del rinvio (25).
41. L’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, disposizione che è, fin dall’inizio, idonea a determinare il contenuto lecito dei contratti ai quali deve applicarsi, non è quindi contestata.
42. Concordo ovviamente con la Commissione (26) e con i governi irlandese (27), ungherese (28) e finlandese (29) sul fatto che le sentenze della Corte invocate nella controversia non hanno modificato l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, vale a dire il quadro normativo in vigore al momento della conclusione dei contratti controversi.
43. A seguito di tali sentenze pregiudiziali, la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 resta identica a quella che è apparsa nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea al momento della pubblicazione di detto regolamento.
44. Sulla base di tale premessa, ritengo che la deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE non possa applicarsi al procedimento principale per quanto riguarda le modifiche imposte dal diritto dell’Unione (o dal diritto nazionale), dato che, ripeto, non vi è stata alcuna modifica alla norma applicabile. La risposta della Corte alla prima questione pregiudiziale potrebbe fermarsi in questa sede.
45. Tuttavia, a titolo complementare, una seconda circostanza contribuisce ad escludere l’applicazione nel caso di specie dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE: in senso stretto, non vi è stata una modifica delle condizioni contrattuali su iniziativa del fornitore di servizi, ma imposta a quest’ultimo dall’autorità competente (30).
46. L’articolo 105, paragrafo 4, del CECE riguarda le «modifiche proposte» dal fornitore del servizio agli utenti finali. Si tratta di modifiche delle condizioni contrattuali che il fornitore decide di imporre, unilateralmente e secondo i propri interessi, agli utenti. Quale contropartita della decisione del fornitore, il CECE concede all’utente il diritto di non accettare tali modifiche e di optare per la risoluzione del contratto senza incorrere in alcun costo ulteriore.
47. Come rilevato dalla Commissione (31), l’obiettivo principale dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE è la tutela dei consumatori. Esso impedisce al fornitore di servizi di comunicazione elettronica di imporre unilateralmente modifiche contrattuali sfavorevoli all’utente su punti che avrebbero potuto essere negoziati al momento della conclusione del contratto.
48. Nei contratti controversi nel caso di specie, le parti hanno incluso clausole a «tariffa zero» della cui liceità non dubitavano all’epoca. Tuttavia, siffatte clausole non rispettavano la «salvaguardia dell’accesso a un’Internet aperta», per riprendere i termini dell’articolo 3 del regolamento 2015/2120. È quanto è stato dichiarato dalle sentenze in cui è stata interpretata la norma che apparentemente consentiva le medesime.
49. Adottando una certa interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 e sconfessando quella che aveva sostenuto la liceità delle clausole a «tariffa zero», la Corte ha risolto tale dibattito. Nella stessa misura, ha reso impossibile una negoziazione contrattuale avente ad oggetto l’inclusione di clausole a «tariffa zero» e ha comportato l’obbligo di modificare i contratti nei quali erano state incluse.
50. Quando, conformemente all’ingiunzione dell’autorità di regolamentazione, la Magyar Telekom modifica i contratti di accesso a Internet al fine di sopprimere la clausola a «tariffa zero», essa non impone agli abbonati una modifica unilaterale dei termini liberamente convenuti con essi, ma si limita ad allineare il contenuto dei contratti all’ambito di ciò che poteva lecitamente essere negoziato sin dall’inizio.
51. Così come le parti non avrebbero potuto concordare, a seguito delle sentenze della Corte, un contratto contenente clausole a «tariffa zero», esse non avrebbero neppure potuto farlo nel momento in cui hanno effettivamente concluso i contratti la cui modifica è in discussione.
52. Il comportamento cui il legislatore dell’Unione ha inteso far fronte consiste, ripeto, nella modifica unilaterale, da parte del fornitore del servizio, di ciò che è stato convenuto tra le parti, che si tratti di tariffe, di limitazioni del volume di dati o di altre condizioni contrattuali. Tale comportamento unilaterale, se sfavorevole all’utente, consentirebbe a quest’ultimo di risolvere il contratto senza alcun costo ulteriore.
53. La soppressione della clausola a «tariffa zero» da parte della Magyar Telekom non è conforme a tale schema. Non è l’operatore che impone unilateralmente, di propria iniziativa, la modifica delle condizioni contrattuali. Tale modifica deriva dall’applicazione della norma (invariata nel tempo) che disciplina il contratto, vale a dire l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, come interpretato dalla Corte.
54. In definitiva, nessuna delle due condizioni determinanti per l’applicazione dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE è soddisfatta: né l’operatore propone unilateralmente, di propria iniziativa, la modifica contrattuale né quest’ultima è direttamente imposta da una modifica della norma del diritto dell’Unione (o nazionale).
55. Il modo in cui il diritto dell’utente di risolvere il contratto si inserisce in questo contesto e le spese che egli deve sostenere non rientrano direttamente nell’ambito di applicazione dell’articolo. Alla fine delle presenti conclusioni tornerò sulla questione di stabilire se, e a quali condizioni, tale diritto esista.
C. Sulla seconda questione pregiudiziale
56. Il giudice del rinvio chiede se le linee guida BEREC da esso citate (32) «facciano parte del diritto dell’Unione oppure siano disposizioni direttamente vincolanti di detto diritto [e se], in quanto tali, costituiscano una modifica della normativa che giustifica l’applicazione della deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE».
57. La risposta alla questione, sulla quale concordano tutti gli Stati membri intervenuti nel procedimento pregiudiziale, nonché la Commissione e la stessa Magyar Telekom (33), è che le linee guida BEREC non hanno carattere legislativo e non rientrano nell’ambito di un procedimento di elaborazione della normativa dell’Unione in materia di comunicazioni elettroniche.
58. La Corte ha dichiarato che «Il BEREC ha la sola funzione di svolgere un ruolo di forum per la cooperazione tra le ANR, e tra le ANR e la Commissione, volto a garantire l’attuazione coerente del quadro normativo in tale settore, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento 2018/1971, letto alla luce del considerando 5 di tale regolamento» (34).
59. Se è vero che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento BEREC, le autorità nazionali e la Commissione «tengono nel massimo conto gli orientamenti, i pareri, le raccomandazioni, le posizioni comuni e le migliori pratiche adottati dal BEREC». Ciò non implica tuttavia, ripeto, che il BEREC possa dotare i suoi atti di un contenuto giuridico vincolante.
D. Sulla terza questione pregiudiziale
60. La terza questione pregiudiziale viene sollevata nell’ipotesi in cui «l’applicazione della deroga di cui all’articolo 105, paragrafo 4, del [CECE] non sia giustificata da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea né dalle [l]inee guida BEREC 2022».
61. In tale ipotesi, il giudice del rinvio chiede se una decisione adottata dall’autorità nazionale di regolamentazione che attua un nuovo orientamento giurisprudenziale costituisca «una disposizione vincolante del diritto nazionale».
62. In linea di principio, spetta al giudice del rinvio, e non alla Corte, stabilire quale natura e quali effetti abbiano, nel diritto interno, le decisioni dell’autorità ungherese di regolamentazione del settore delle comunicazioni elettroniche.
63. Fatta salva la valutazione del giudice del rinvio, tutto sembra indicare che la decisione della NMHH adottata nel caso di specie si rivolge a ciascun singolo operatore e non costituisce una prescrizione, una norma o una disposizione del diritto nazionale.
64. È ciò che intende lo stesso Governo ungherese quando sostiene (35) che le decisioni individuali dell’autorità nazionale di regolamentazione sono prive di carattere generale e normativo, vale a dire che esse non sono né norme di diritto, né atti legislativi né misure regolamentari.
65. Tali elementi impongono di rispondere in senso negativo alla terza questione pregiudiziale, per quanto riguarda la deroga prevista all’articolo 105, paragrafo 4, del CECE.
66. Infatti, la norma giuridica (la disposizione o la prescrizione legislativa) rilevante ai fini dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE è l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, e non la decisione individuale della NMHH che si limita ad accogliere l’interpretazione corretta di tale articolo. Ho già spiegato che tale regola non ha subìto alcuna modifica sin dalla sua origine.
67. La NMHH si limita a trarre le conseguenze di una norma di diritto dell’Unione direttamente applicabile, senza che dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 risulti la necessità di adottare misure complementari.
68. La decisione adottata dalla NMHH non costituisce quindi una modifica del diritto nazionale che, a sua volta, comporti una modifica delle condizioni contrattuali ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del CECE.
E. Considerazioni finali
69. Ho finora tentato di spiegare perché l’articolo 105, paragrafo 4, del CECE non sia idoneo a risolvere la controversia. Se la Corte condivide la mia valutazione, essa potrebbe limitarsi all’interpretazione da me suggerita di tale articolo, ma ciò forse non è sufficiente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi che gli consentano di dirimere la controversia, dal punto di vista del diritto dell’Unione.
70. Ho già affermato che la modifica della clausola contrattuale relativa alla «tariffa zero» non è imposta da una modifica sopravvenuta del diritto dell’Unione, bensì dalla necessità di sopprimere una clausola che era sempre stata incompatibile con esso, vale a dire invalida ab initio.
71. La causa della modifica è, in realtà, lo stesso articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, che la NMHH si limita ad applicare, una volta interpretato dalla Corte. La NMHH adotta una decisione che, senza aggiungere nulla a tale interpretazione, segna il momento a partire dal quale detta disposizione, così interpretata, si impone ai fornitori del servizio Internet.
72. Né gli utenti finali né il fornitore che offre loro il servizio di accesso a Internet possono pretendere il mantenimento dell’efficacia della clausola illecita, la cui soppressione è obbligatoria nella misura in cui incide sugli interessi generali, al di là del suo impatto sulla situazione degli utenti i cui contratti includono tale clausola (36).
73. A questo punto, anche se l’articolo 105, paragrafo 4, del CECE non fornisce una risposta diretta, i criteri che ne sono alla base possono essere utilizzati, per analogia, per fornire una soluzione.
74. Nel suo complesso, il titolo III del CECE, dedicato ai diritti degli utenti finali, mira a tutelare la situazione giuridica di questi ultimi nell’ambito del loro rapporto contrattuale con i fornitori di servizi. Ciò vale in particolare per l’articolo 105 del CECE, il quale, disciplinando la durata e la risoluzione dei contratti, fornisce un orientamento generale favorevole all’utente finale (37).
75. In tale prospettiva, occorrerebbe rispettare la possibilità per l’utente finale di optare per la risoluzione dei contratti qualora una delle sue clausole essenziali, quella relativa alla «tariffa zero» per l’accesso a Internet, debba necessariamente essere modificata. Ciò è stato riconosciuto all’udienza dalla Magyar Telekom.
76. Il riconoscimento di un siffatto diritto di risoluzione non è messo in discussione dalla circostanza che la modifica del contratto al fine di sopprimere la clausola illecita risulta non già da una decisione unilaterale del fornitore di servizi Internet, bensì dall’illiceità iniziale stessa di una siffatta clausola.
77. In definitiva, la responsabilità di includere tale clausola tipo (clausola preformulata) tra le condizioni contrattuali incombe all’operatore che la propone nei suoi contratti. Tale responsabilità è oggettiva, indipendente dall’esistenza di una colpa, e risulta attenuata, ma non viene meno se la clausola è inserita nelle condizioni contrattuali tipo ammesse dalle autorità nazionali di regolamentazione conformemente alle linee guida BEREC (38).
78. La possibilità di risoluzione può anche basarsi sul principio generale del diritto contrattuale, in virtù del quale la facoltà di risolvere le obbligazioni è considerata implicita per quanto riguarda le obbligazioni sinallagmatiche, nel caso in cui uno dei soggetti dell’obbligazione non adempia quanto gli incombe.
79. Indipendentemente dall’origine della modifica delle condizioni (qualora esse si rivelino essenziali nell’impianto sistematico di un contratto ad esecuzione continuata), se l’operatore che presta il servizio non può successivamente conformarvisi secondo i termini convenuti, l’altra parte può scegliere di risolvere il contratto.
80. La stessa soluzione si otterrebbe applicando, da ultimo e come regola conclusiva, il criterio alla base della direttiva 93/13/CEE (39). Ai sensi del considerando 258 del CECE, «oltre che dalla presente direttiva, le transazioni dei consumatori in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica sono disciplinate dal diritto dell’Unione in vigore sulla tutela contrattuale dei consumatori e in particolare dalla direttiva [93/13] (...)».
81. Ai sensi della direttiva 93/13, non sono abusive le clausole «con cui il professionista si riserva il diritto di modificare unilateralmente le condizioni di un contratto di durata indeterminata, a condizione che (...) il consumatore (...) sia libero di recedere dal contratto» (40) (il corsivo è mio).
82. Dati il carattere ineluttabile della soppressione delle clausole a «tariffa zero» nei contratti della Magyar Telekom che le includevano, nonché la possibilità per l’utente di optare per la risoluzione del contratto, la fase successiva incide sulle conseguenze economiche di tale risoluzione.
83. Si tratterebbe quindi di stabilire chi debba sostenere il costo dell’esercizio del diritto di risoluzione da parte degli utenti che non intendono restare abbonati dopo la soppressione della clausola quale conseguenza della corretta interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120.
84. Il diritto dell’utente di optare per la risoluzione del contratto in tali circostanze non può essere messo in discussione imponendo sanzioni pecuniarie volte a dissuaderlo dall’esercitarlo. Non gli si possono quindi imporre «costi ulteriori» (41) per l’esercizio di tale diritto.
85. Non si può nemmeno escludere che l’utente debba sostenere altri tipi di costi, laddove corrispondano a determinati benefici che il contratto gli ha conferito, proprio perché si è avvalso dei vantaggi che la clausola controversa implicava per lui. Uno di tali costi sarebbe, ad esempio, e come ho osservato in precedenza (42), quello corrispondente all’indennizzo per le apparecchiature terminali sovvenzionate mantenute dall’utente.
86. Spetta, in definitiva, al giudice del rinvio determinare quali costi possano essere imputati al fornitore del servizio o all’utente finale che opti per risolvere il contratto, tenuto conto della natura delle voci di costo su cui le due parti sono in disaccordo.
V. Conclusioni
87. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla Kúria (Corte suprema, Ungheria) nei seguenti termini:
«1) L’articolo 105, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche,
deve essere interpretato nel senso che:
– le sentenze della Corte pronunciate nei procedimenti pregiudiziali vertenti sull’interpretazione delle norme dell’Unione non costituiscono una modifica di tali norme, ma si limitano a chiarirne e precisarne il significato e la portata;
– le linee guide adottate dall’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) sono prive di contenuto normativo vincolante;
– la decisione individuale di un’autorità nazionale di regolamentazione che applica, nei confronti di un fornitore di servizi di comunicazione elettronica, un determinato orientamento giurisprudenziale non costituisce una modifica del diritto nazionale che comporta, a sua volta, una modifica delle condizioni contrattuali ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 4, del codice europeo delle comunicazioni elettroniche.
2) L’utente finale ha il diritto di risolvere il contratto concluso con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica qualora risulti necessaria una modifica delle sue condizioni contrattuali per sopprimere una clausola essenziale incompatibile, fin dalla sua origine, con il diritto dell’Unione. Spetta al giudice nazionale investito di una controversia su tale punto determinare in concreto quali siano i costi che, in una situazione del genere, devono essere sostenuti dal fornitore di tali servizi e dagli utenti finali, senza che a questi ultimi possa essere inflitta alcuna sanzione pecuniaria per aver esercitato il loro diritto di risolvere il contratto».
1 Lingua originale: lo spagnolo.
2 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione (GU 2015, L 310, pag. 1).
3 Le sentenze della Corte cui fa riferimento il giudice del rinvio sono quelle pronunciate, il 2 settembre 2021, per rispondere alle corrispondenti domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause Vodafone (C‑854/19, EU:C:2021:675), Vodafone (C‑5/20, EU:C:2021:676) e Telekom Deutschland (C‑34/20, EU:C:2021:677); in prosieguo: le «sentenze Vodafone e Telekom Deutschland». Tuttavia, i dubbi sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120 sono stati risolti dalla Corte nella sentenza del 15 settembre 2020, Telenor Magyarország (C‑807/18 e C‑39/19, EU:C:2020:708; in prosieguo: la «sentenza Telenor Magyarország»). Tale sentenza ha stabilito la giurisprudenza che è stata successivamente ribadita nelle sentenze Vodafone e Telekom Deutschland.
4 L’opzione a «tariffa zero» è una pratica commerciale mediante la quale un fornitore di servizi Internet consente al cliente di accedere a determinate applicazioni senza che il traffico di dati generato dal suo utilizzo sia detratto dal volume di dati acquistato, al quale sono imputati solo i dati relativi all’uso di altre applicazioni.
5 Si tratta della Nemzeti Média- és Hírközlési Hatóság (Ufficio nazionale dei media e delle comunicazioni, Ungheria). In prosieguo: la «NMHH».
6 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU 2018, L 321, pag. 36). In prosieguo: il «CECE».
7 Ho già rilevato in un’altra occasione che alcune versioni (tra cui quella spagnola) della disposizione utilizzano indifferentemente, come se fossero sinonimi, i termini «recesso» e «risoluzione». Seguirò tale convenzione linguistica, nonostante le riserve che potrebbe suscitare.
8 A differenza di altre versioni linguistiche che ho potuto confrontare, l’avverbio «direttamente» non compare nella versione spagnola.
9 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) e l’Agenzia di sostegno al BEREC (Ufficio BEREC), modifica il regolamento (UE) 2015/2120 e abroga il regolamento (CE) n. 1211/2009 (GU 2018, L 321, pag. 1). In prosieguo: il «regolamento BEREC».
10 Legge C del 2003 relativa alle comunicazioni elettroniche; in prosieguo: la «LCE».
11 Punto 6 della decisione di rinvio: «l’autorità di primo grado ha sottolineato che né la decisione né l’obbligo da essa derivante giustificano una modifica contrattuale ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 6, lettera c), della [LCE], che ha trasposto nell’ordinamento ungherese l’articolo 105, paragrafo 4, in fine, del [CECE], in quanto, con riguardo all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, la normativa non ha subito cambiamenti e la modifica imposta alla ricorrente non si basa espressamente sulla decisione dell’autorità, bensì sul contenuto della norma giuridica – che è rimasto invariato per anni – nonché sul fatto che la prassi del fornitore di servizi era contraria a detta norma. Pertanto, in caso di modifica unilaterale dei contratti di abbonamento esistenti da parte della ricorrente a scapito degli abbonati, questi ultimi hanno diritto a risolvere tali contratti in conformità all’articolo 132, paragrafo 5, della LCE».
12 Preliminarmente, con decisione del 21 dicembre 2021, la NMHH aveva esortato la Magyar Telekom a tener conto, nelle sue offerte per il 2022, delle sentenze della Corte in forza delle quali una «tariffa zero» è incompatibile con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120.
13 Interpretazione che, secondo il giudice del rinvio (punto 37 della versione spagnola della decisione di rinvio), non è in discussione nel procedimento principale.
14 È pacifico che la modifica di cui trattasi non è a vantaggio degli abbonati interessati, poiché, come ha osservato la Magyar Telekom (punto 11 delle sue osservazioni scritte), essi sono privati del beneficio di una tariffa che era loro favorevole e, in tal senso, la modifica delle condizioni contrattuali ha un impatto negativo sui medesimi.
15 Il giudice del rinvio identifica come tali due documenti, in lingua inglese, del BEREC datati 30 agosto 2016 e 9 giugno 2022: a) BEREC Guidelines on the Implementation by National Regulators of European Net Neutrality Rules [BoR (16) 127]; e b) BEREC Guidelines on the Implementation of the Open Internet Regulation [BoR (22) 81]. Il secondo ha sostituito, nel 2022, il primo.
16 Punto 19 delle osservazioni scritte del governo irlandese.
17 Il punto 42 delle linee guida BEREC 2016 così recitava: «The ISP could either apply or offer zero-rating to an entire category of applications (e.g. all video or all music streaming applications) or only to certain applications thereof (e.g. its own services, one specific social media application, the most popular video or music applications). In the latter case, an end-user is not prevented from using other music applications. However, the zero price applied to the data traffic of the zero-rated music application (and the fact that the data traffic of the zero-rated music application does not count towards any data cap in place on the IAS) creates an economic incentive to use that music application instead of competing ones. The effects of such a practice applied to a specific application are more likely to “undermine the essence of the end users’ rights” or lead to circumstances where “end-users’ choice is materially reduced in practice” (Recital 7) than when it is applied to an entire category of applications». Come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte (punto 35), tali linee guida non precisavano chiaramente quali opzioni a «tariffa zero» fossero, in particolare, pienamente compatibili con il regolamento 2015/2120.
18 V., in particolare, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799), punto 33.
19 Articolo 4 del regolamento BEREC.
20 Il 29 novembre 2015, il regolamento 2015/2120 è entrato in vigore, conformemente al suo articolo 10, paragrafo 1. Il paragrafo 2 dello stesso articolo ha rinviato la sua applicazione, con talune riserve, al 30 aprile 2016.
21 In udienza, sono state evidenziate le differenze tra un tipo di rinvio pregiudiziale (di interpretazione) e altri (per valutare la validità) per quanto riguarda il loro valore intrinseco.
22 Sentenza del 10 de marzo 2022, Grossmania (C‑177/20, EU:C:2022:175), punto 41.
23 Sentenza del 29 settembre 2015, Gmina Wrocław (C‑276/14, EU:C:2015:635), punto 44: «l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, che [la Corte] fornisce nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo 267 TFUE, chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda di interpretazione, purché sussistano, peraltro, i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all’applicazione di detta norma».
24 «Qualsiasi cambiamento delle condizioni contrattuali apportato dal fornitore dovrebbe pertanto consentire all’utente finale di risolvere il contratto, a meno che (…) i cambiamenti (…) conseguano dall’applicazione rigorosa di modifiche legislative o normative (…)».
25 Terza questione pregiudiziale, in fine: «(...) la disposizione del regolamento 2015/2120 ha mantenuto lo stesso contenuto e non ha subito modificazioni durante il periodo di tempo al quale fa riferimento la controversia».
26 Punto 29 delle osservazioni scritte della Commissione.
27 Punto 11 delle osservazioni scritte del governo irlandese.
28 Punto 27 delle osservazioni scritte del governo ungherese.
29 Punti 15 e 16 delle osservazioni scritte del governo finlandese.
30 Punto 5 della decisione di rinvio.
31 Punto 23 delle osservazioni scritte della Commissione.
32 V. nota 15 delle presenti conclusioni.
33 Punti da 59 a 61 delle osservazioni scritte della Magyar Telekom.
34 Sentenza del 17 gennaio 2023, Spagna/Commissione (C‑632/20 P, EU:C:2023:28), punto 85.
35 Punto 39 delle osservazioni scritte del governo ungherese.
36 Punto 44 della sentenza Telenor Magyarország: i pacchetti inclusi nelle clausole controverse «(...) sono, tenuto conto dell’impatto cumulativo degli accordi ai quali essi possono condurre, tali da incrementare l’utilizzo di talune applicazioni e di taluni servizi specifici, ossia quelle e quelli che possono essere utilizzati senza restrizioni a “tariffa zero” una volta esaurito il volume di dati compresi nel piano tariffario acquistato dai clienti e, correlativamente, tali da rarefare l’utilizzo delle altre applicazioni e degli altri servizi disponibili, tenuto conto delle misure mediante le quali il fornitore di servizi di accesso a Internet in questione rende detto utilizzo tecnicamente più difficoltoso, se non impossibile»
37 Tale orientamento è illustrato, ad esempio, dall’articolo 105, paragrafo 1, del CECE, relativo al diritto di cambiare fornitore di servizi, o dal paragrafo 6 del medesimo articolo, che esenta l’utente finale dal pagamento di un indennizzo (ad eccezione di quanto previsto per le apparecchiature terminali sovvenzionate mantenute) ove egli abbia il diritto di risolvere il contratto prima della scadenza contrattuale concordata.
38 Il giudice del rinvio afferma che, «alla luce del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’asserita natura giuridicamente vincolante, sembra potersi ravvisare nelle [l]inee guida del BEREC una chiara natura normativa» (punto 47 della versione spagnola della decisione di rinvio). Tuttavia, non credo che il ricorso al principio della tutela del legittimo affidamento sia appropriato nel caso di specie. Condivido il parere della Commissione (punti da 34 a 37 delle sue osservazioni scritte) secondo cui le linee guida BEREC 2016, pur essendo favorevoli a un qualsivoglia tipo di clausole a «tariffa zero», non avevano fatto sorgere in capo ai fornitori di servizi Internet aspettative fondate su assicurazioni precise, incondizionate e concordanti che il BEREC stesso avrebbe fornito loro.
39 Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).
40 Punto 2, lettera b), secondo trattino, dell’allegato della direttiva 93/13.
41 Nel corso dell’udienza, sono state evidenziate le difficoltà nello stabilire quando una determinata spesa sia, in concreto, ulteriore. Le spese derivanti dalle clausole che impongono all’utente un esborso finanziario sarebbero di tale natura ove egli risolva anticipatamente il contratto.
42 V. nota 37 delle presenti conclusioni.