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Document 62021CC0515

Conclusioni dell’avvocato generale T. Ćapeta, presentate il 27 ottobre 2022.
LU e PH.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Court of Appeal.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Procedura di consegna tra gli Stati membri – Condizioni di esecuzione – Motivi di non esecuzione facoltativi – Articolo 4 bis, paragrafo 1 – Mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà – Nozione di “processo terminato con la decisione” – Portata – Prima condanna accompagnata dalla sospensione – Seconda condanna – Assenza dell’interessato al processo – Revoca della sospensione – Diritti della difesa – Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Articolo 6 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Violazione – Conseguenze.
Cause riunite C-514/21 e C-515/21.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:848

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 27 ottobre 2022 ( 1 )

Cause riunite C‑514/21 e C‑515/21

LU (C‑514/21),

PH (C‑515/21)

contro

Minister for Justice and Equality

[domande di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri – Mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà – Motivi di non esecuzione facoltativa – Articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 – Nozione di “processo terminato con la decisione” – Revoca del periodo di messa alla prova – Diritti della difesa – Articolo 6 CEDU – Articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

I. Introduzione

1.

Una persona ha commesso un reato ed è stata dichiarata colpevole a seguito di un processo equo. Tale dichiarazione di colpevolezza ha portato all’irrogazione di una condanna con pena detentiva sospesa. In seguito, la medesima persona è stata accusata di un secondo reato commesso durante il periodo di messa alla prova per il primo reato. Il secondo processo si è svolto in absentia e si è concluso con una dichiarazione di colpevolezza e l’irrogazione di una pena privativa della libertà. Di conseguenza, la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per il primo reato è stata revocata. Poiché l’interessato era all’estero, è stato emesso un mandato d’arresto europeo (in prosieguo: il «MAE») ai fini dell’esecuzione della pena detentiva per il primo reato.

2.

L’autorità dell’esecuzione può rifiutare la consegna in base a un MAE per l’esecuzione della pena relativa al primo reato perché il secondo processo si è svolto in absentia? La risposta a tale questione rende necessaria l’interpretazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI ( 2 ). Più precisamente, occorre rispondere alla questione se l’espressione «processo terminato con la decisione» utilizzata nella citata disposizione comprenda anche tale secondo processo.

3.

Oltre all’interpretazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, i rinvii pregiudiziali in oggetto comportano una sfida più radicale al sistema europeo del MAE. Essi pongono la questione se l’autorità dell’esecuzione debba essere legittimata (o addirittura tenuta), al di fuori delle ipotesi previste dalla decisione quadro sul MAE, a rifiutare la consegna qualora ritenga che un diritto fondamentale (o almeno il contenuto essenziale di tale diritto) della persona che deve essere consegnata sarebbe violato dallo Stato emittente.

4.

La decisione quadro sul MAE elenca in modo tassativo le situazioni che obbligano o consentono all’autorità dell’esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un MAE ( 3 ). Al di fuori di tali ipotesi, la Corte di giustizia ha interpretato la decisione quadro sul MAE nel senso che da essa deriva una possibilità ulteriore. Sulla base della suddetta giurisprudenza, l’autorità dell’esecuzione può altresì rifiutare la consegna qualora sussistano, nello Stato emittente, carenze sistemiche o generalizzate che colpiscono un determinato gruppo di persone o determinati centri di detenzione ( 4 ), o altre carenze generali o sistemiche dello Stato di diritto ( 5 ). Prima di decidere di non procedere alla consegna, sebbene esistano problemi sistemici di tal genere, l’autorità dell’esecuzione deve inoltre verificare se la persona che deve essere consegnata corre un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale nello Stato emittente ( 6 ).

5.

Nel caso di specie, tuttavia, – lo stesso vale in numerose altre cause pendenti dinanzi alla Corte al momento della presentazione delle presenti conclusioni ( 7 )– non sono invocate le carenze sistemiche dello Stato emittente. Ciò solleva una nuova questione: un’eventuale singola violazione dei diritti fondamentali di una persona che deve essere consegnata è sufficiente a consentire all’autorità dell’esecuzione di rifiutare la consegna? Ciò (ri)apre altresì la questione se l’autorità dell’esecuzione sia autorizzata a verificare se i diritti fondamentali della persona che deve essere consegnata sarebbero rispettati dallo Stato emittente. Tutte le suddette cause, ivi compresi i presenti rinvii pregiudiziali, fanno emergere i problemi che affrontano le autorità giudiziarie dell’esecuzione quando accettano un automatico riconoscimento reciproco, il principio stesso su cui si basa il sistema del MAE ( 8 ).

6.

Alle questioni pregiudiziali in esame si può dare una risposta utile per il giudice del rinvio senza prendere posizione a livello generale sulle ulteriori possibilità di rifiutare l’esecuzione di un MAE. Infatti, come sarà dimostrato, le questioni sollevate sono sorte in un contesto in cui un’eventuale violazione di un diritto fondamentale deriva da un processo in absentia. In una siffatta situazione, il legislatore dell’Unione ha adottato un’interpretazione comune riguardo ai casi in cui tutti i giudici nazionali devono riconoscere le decisioni giudiziarie pronunciate in absentia ( 9 ). Tuttavia, proporrò alcuni argomenti che spiegano perché ulteriori motivi di rifiuto della consegna devono essere ridotti al minimo ( 10 ).

II. Contesto normativo

A.   Decisione quadro sul MAE

7.

L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro sul MAE dispone quanto segue:

«L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

8.

L’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE prevede il motivo facoltativo di non esecuzione del MAE alle seguenti condizioni:

«1.   L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può altresì rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione, salvo che il mandato d’arresto europeo indichi che l’interessato, conformemente agli ulteriori requisiti processuali definiti nel diritto interno dello Stato membro emittente:

a)

a tempo debito:

i)

è stato citato personalmente ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per il processo terminato con la decisione o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato;

e

ii)

è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio;

o

b)

essendo al corrente della data fissata, aveva conferito un mandato ad un difensore, nominato dall’interessato o dallo Stato, per patrocinarlo in giudizio, ed è stato in effetti patrocinato in giudizio da tale difensore;

o

c)

dopo aver ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l’interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e può condurre alla riforma della decisione originaria:

i)

ha dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione;

o

ii)

non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro il termine stabilito;

o

d)

non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma:

i)

riceverà personalmente e senza indugio la notifica dopo la consegna e sarà espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello cui l’interessato ha il diritto di partecipare e che consente di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, e può condurre alla riforma della decisione originaria;

e

ii)

sarà informato del termine entro cui deve richiedere un nuovo processo o presentare ricorso in appello, come stabilito nel mandato d’arresto europeo pertinente.

(…)».

B.   Decisione quadro 2009/299

9.

L’articolo 4 bis è stato introdotto nella decisione quadro sul MAE come ulteriore motivo facoltativo di non esecuzione di un MAE ad opera della decisione quadro 2009/299. In tale contesto, sono rilevanti i seguenti considerando di tale decisione quadro:

«1)

Il diritto dell’imputato a comparire personalmente al processo rientra nel diritto a un equo processo previsto dall’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, secondo l’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo. La Corte ha affermato inoltre che il diritto dell’imputato a comparire personalmente al processo non è assoluto e che a determinate condizioni l’imputato può, di sua spontanea volontà, esplicitamente o tacitamente ma in modo inequivocabile, rinunciarvi.

(…)

6)

Le disposizioni della presente decisione quadro che modificano altre decisioni quadro fissano le condizioni in base alle quali il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione pronunciata al termine di un processo a cui l’interessato non è comparso personalmente non dovrebbero essere rifiutati. Si tratta di condizioni alternative: quando una di esse è soddisfatta, l’autorità di emissione, completando la sezione pertinente del mandato d’arresto europeo ovvero il pertinente certificato ai sensi delle altre decisioni quadro, garantisce che i requisiti sono o saranno soddisfatti, il che dovrebbe essere sufficiente al fine dell’esecuzione della decisione in base al principio del reciproco riconoscimento».

III. Fatti dei procedimenti principali e questioni pregiudiziali

10.

Il contenuto essenzialmente comune delle due cause riunite è stato sintetizzato nei paragrafi iniziali delle presenti conclusioni. Anzitutto, illustrerò più dettagliatamente i fatti delle due cause riunite.

A.   LU (C‑514/21)

11.

Un’autorità giudiziaria ungherese chiede la consegna di LU, ricorrente nel procedimento principale, ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà e ha emesso a tal fine un MAE. Il giudice del rinvio, la Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda), è l’autorità giudiziaria dell’esecuzione in tale contesto ( 11 ).

12.

Per raccogliere le informazioni pertinenti, la High Court (Alta Corte, Irlanda), statuendo in primo grado sull’esecuzione del MAE, ha presentato all’autorità giudiziaria emittente un totale di sette richieste di informazioni complementari, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro sul MAE.

13.

LU ha commesso diversi reati nell’agosto 2005, in particolare violenza domestica contro la sua ex coniuge, il loro figlio e la suocera, ivi inclusi lesioni a danno della sua ex coniuge e il sequestro di lei e del loro figlio. Tali reati verranno indicati come i «primi reati».

14.

LU è stato condannato per i primi reati nell’ottobre 2006 e la condanna è stata confermata in appello nell’aprile 2007. Secondo il giudice del rinvio, l’autorità giudiziaria emittente ha confermato che LU era presente o rappresentato dal suo difensore di fiducia in entrambi i procedimenti. Pertanto, LU è stato condannato a un anno di reclusione per i primi reati, pena sospesa per un periodo di due anni di messa alla prova ( 12 ).

15.

Nel dicembre 2010 LU è stato condannato in primo grado per violazione dell’obbligo di mantenimento del figlio, che denominerò il «reato innescante». Egli ha assistito a due udienze, ma non alla pronuncia della decisione. Di conseguenza, il giudice di primo grado ha inflitto una pena pecuniaria, senza emettere alcun ordine in relazione al periodo di messa alla prova per i primi reati ( 13 ).

16.

Tale condanna è stata oggetto di appello, sebbene il fascicolo non fornisca alcuna indicazione su chi l’abbia proposto ( 14 ). LU è stato citato a comparire all’udienza, ma la citazione non è stata ritirata. Secondo il diritto ungherese la notifica si è perfezionata. Dal momento che LU non era presente in tale udienza, il giudice d’appello ha nominato un difensore che l’ha rappresentato al processo.

17.

Nel giugno 2012 il giudice d’appello ha riformato la pena originaria (la pena pecuniaria), condannando LU a cinque mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per un anno. Al contempo, il medesimo giudice ha disposto l’esecuzione della pena inflittagli per i primi reati, revocando la messa alla prova ( 15 ).

18.

In tale fase, nel settembre 2012, l’autorità giudiziaria ungherese ha emesso un MAE al fine di far scontare all’interessato le pene inflittegli in relazione sia ai primi reati sia al reato innescante. LU ha contestato tale consegna dinanzi all’Alta Corte, che ha rifiutato di procedere alla stessa.

19.

Infine, LU ha avviato un’istanza di riesame in relazione ai primi reati, che è stata respinta in primo grado nell’ottobre 2016 e confermata in appello nel marzo 2017. In entrambi i casi, LU non è comparso personalmente, ma è stato rappresentato da un difensore di fiducia. A seguito del rigetto definitivo dell’istanza di riesame, la pena detentiva per i primi reati è divenuta nuovamente esecutiva in base al diritto ungherese. Un’autorità giudiziaria ungherese ha quindi emesso un secondo MAE nel luglio 2017, unicamente in relazione alla condanna per i primi reati ( 16 ). È quest’ultimo MAE ad essere attualmente sottoposto al giudice del rinvio in quanto autorità giudiziaria dell’esecuzione.

20.

Il giudice del rinvio ritiene in via provvisoria che il processo per il reato innescante non fosse conforme all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»). Di conseguenza, se tale procedimento dovesse essere considerato il «processo terminato con la decisione», sarebbe possibile rifiutare l’esecuzione del MAE ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

21.

LU ha sostenuto che la condanna alla pena detentiva per i primi reati è esecutiva solo grazie al processo per il reato innescante. Ne consegue che il processo per reato innescante deve essere considerato il «processo terminato con la decisione». Essendosi svolto in absentia, tale procedimento non soddisfa nessuna delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE che consentirebbero la consegna. LU ha aggiunto che non esiste alcuna possibilità di un nuovo processo per quanto riguarda il reato innescante e, pertanto, la sua consegna costituirebbe una «flagrante violazione» dei diritti conferitigli dall’articolo 6 della CEDU nonché dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

22.

Per contro, il Ministro della Giustizia e delle Pari opportunità, convenuto nel procedimento principale, ha sostenuto che il processo per il reato innescante costituisce una semplice «modalità di esecuzione della pena» e si trova dunque, sulla base dell’attuale giurisprudenza della Corte, al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Pertanto, secondo il Ministro della Giustizia e delle Pari opportunità, il MAE dovrebbe essere eseguito e spetta ai giudici dello Stato membro emittente statuire su eventuali asserite violazioni dell’articolo 6 della CEDU.

23.

Il giudice del rinvio dubita che la giurisprudenza della Corte possa essere direttamente applicata al caso di specie.

24.

Di conseguenza, la Court of Appeal (Corte d’appello) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

a)

Se, allorché la consegna della persona ricercata sia chiesta al fine di farle scontare una pena privativa della libertà sospesa ab initio, ma della quale è stata in seguito ordinata l’esecuzione per effetto della sua condanna per un ulteriore reato, e tale ordine di esecuzione sia stato emesso dal giudice che ha condannato la persona ricercata per tale ulteriore reato, il procedimento che si è concluso con tale successiva condanna e con l’ordine di esecuzione faccia parte del “processo terminato con la decisione” ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro [sul MAE].

b)

Se, ai fini della risposta alla precedente questione di cui al numero 1, lettera a), rilevi il fatto che la corte che ha emesso l’ordine di esecuzione fosse obbligata a emettere tale ordine in punto di diritto o avesse discrezionalità nell’emettere tale ordine.

2)

Se, nelle circostanze di cui alla precedente questione numero 1, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia legittimata ad accertare se il procedimento che è terminato con la successiva condanna e con l’ordine di esecuzione, tenutosi in assenza della persona ricercata, si sia svolto in conformità all’articolo 6 della [CEDU] e, in particolare, se l’assenza della persona ricercata abbia determinato una violazione dei diritti della difesa e/o del diritto della persona ricercata a un processo equo.

3)

a)

Se, nelle circostanze di cui alla precedente questione numero 1, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritenga che il procedimento che si è concluso con la successiva condanna e con l’ordine di esecuzione non si sia svolto in conformità all’articolo 6 della [CEDU] e, in particolare, che l’assenza della persona ricercata abbia determinato la violazione dei diritti della difesa e/o del diritto della persona ricercata ad un processo equo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia legittimata e/o tenuta a) a rifiutare la consegna della persona ricercata sulla base del rilievo che tale consegna sarebbe contraria all’articolo 6 della [CEDU] e/o agli articoli 47 e 48, paragrafo 2, della [Carta] e/o b) ad esigere dall’autorità giudiziaria emittente, quale condizione per la consegna, la garanzia che la persona ricercata avrà, a seguito della consegna, diritto a un nuovo processo o a un ricorso in appello, cui avrà il diritto di partecipare e che consenta di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, che potrebbero condurre alla riforma della decisione originaria, con riferimento alla condanna che ha dato luogo all’ordine di esecuzione.

b)

Se, ai fini della precedente questione numero 3, lettera a), il criterio applicabile sia quello di stabilire se la consegna della persona ricercata violerebbe la sostanza dei suoi diritti fondamentali ai sensi dell’articolo 6 della [CEDU] e/o degli articoli 47 e 48, paragrafo 2, della Carta e, in caso affermativo, se il fatto che il procedimento che si è concluso con la successiva condanna e con l’ordine di esecuzione si sia svolto in absentia e il fatto che, in caso di consegna, il ricercato non avrà diritto a un nuovo processo o a ricorso in appello sia sufficiente a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di ritenere che la consegna violerebbe il contenuto essenziale di tali diritti».

B.   PH (C‑515/21)

25.

Un’autorità giudiziaria polacca chiede la consegna di PH, ricorrente nel procedimento principale, ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà e ha emesso a tal fine un MAE. La Court of Appeal (Corte d’appello), che statuisce sull’appello avverso la decisione della High Court (Alta Corte), è l’autorità giudiziaria dell’esecuzione in tale contesto.

26.

PH è stato condannato nel maggio 2015 per aver commesso, nel gennaio dello stesso anno, il reato consistente nell’aver posto in essere un attacco informatico (cosiddetto «denial of service attack») ( 17 ) ai danni di un’impresa commerciale, unitamente a minacce di continuare l’attacco in caso di mancata corresponsione di una somma di denaro. Tale reato verrà indicato come il «primo reato».

27.

PH è stato regolarmente informato di tale procedimento ed era presente al processo. È stato condannato a un anno di reclusione, pena sospesa per un periodo di messa alla prova di cinque anni. Il medesimo non ha proposto ricorso in appello né avverso la sentenza di condanna né avverso la pena.

28.

Nel febbraio 2017 ha avuto luogo la condanna in relazione al reato che denominerò nuovamente «reato innescante». In particolare, PH è stato dichiarato colpevole del reato di furto con scasso di alcuni beni da una roulotte, per il quale è stato condannato a 14 mesi di reclusione. Non era a conoscenza dell’udienza e non è pertanto comparso a tale udienza né di persona né tramite un difensore.

29.

Nel maggio 2017, tenuto conto del fatto che il reato innescante era stato commesso durante il periodo di messa alla prova per il primo reato, il giudice che aveva pronunciato la condanna per quest’ultimo reato ha ordinato l’esecuzione della pena detentiva in relazione al medesimo ( 18 ). PH non ha avuto conoscenza di tale procedimento e non è dunque comparso né di persona né tramite il proprio difensore all’udienza che ha dato luogo all’ordine di esecuzione della pena per il primo reato.

30.

Nel febbraio 2019 è stato emesso un MAE per la consegna di PH in relazione alla pena detentiva solamente per il primo reato. Nessun MAE è stato emesso in relazione alla pena detentiva derivante dalla condanna per il reato innescante.

31.

In risposta a una domanda della High Court (Alta Corte) (autorità giudiziaria dell’esecuzione di primo grado), l’autorità giudiziaria polacca ha inoltre chiarito che il termine entro il quale poteva essere impugnata la condanna per il reato innescante era decorso. La medesima autorità emittente ha aggiunto che, in base al diritto polacco, ogni parte può «proporre un ricorso straordinario (riforma, istanza di riapertura del procedimento)». Essa non ha tuttavia fornito ulteriori informazioni su tale procedura.

32.

PH ha contestato senza successo tale consegna dinanzi all’Alta Corte. Il giudice del rinvio si pronuncia sul ricorso avverso la decisione della High Court (Alta Corte) di eseguire il MAE.

33.

Nell’ambito del presente procedimento, la Court of Appeal (Corte d’appello) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, allorché la consegna della persona ricercata sia chiesta al fine di farle scontare una pena privativa della libertà sospesa ab initio, ma della quale sia stata in seguito ordinata l’esecuzione per effetto della sua successiva condanna per un ulteriore reato, in circostanze in cui l’ordine di esecuzione era obbligatorio in ragione di tale condanna, il procedimento che è terminato con tale successiva condanna e/o il procedimento che si è concluso con l’adozione dell’ordine di esecuzione facciano parte del “processo terminato con la decisione” ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro [sul MAE].

2)

Se, nelle circostanze di cui alla precedente questione numero 1, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia legittimata e/o tenuta ad accertare se il procedimento che è terminato con la successiva condanna e/o il procedimento che si è concluso con l’ordine di esecuzione, entrambi tenuti in assenza della persona ricercata, si siano svolti in conformità all’articolo 6 della [CEDU] e, in particolare, se l’assenza della persona ricercata in detti procedimenti abbia determinato una violazione dei diritti della difesa e/o del diritto della persona ricercata a un processo equo.

3)

a)

Se, nelle circostanze di cui alla precedente questione numero 1, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritenga che i procedimenti che si sono conclusi con la successiva condanna e con l’ordine di esecuzione non si siano svolti in conformità all’articolo 6 della [CEDU] e, in particolare, che l’assenza della persona ricercata abbia determinato la violazione dei diritti della difesa e/o del diritto della persona ricercata ad un processo equo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia legittimata e/o tenuta a) a rifiutare la consegna della persona ricercata sulla base del rilievo che tale consegna sarebbe contraria all’articolo 6 della Convenzione e/o agli articoli 47 e 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e/o b) ad esigere dall’autorità giudiziaria emittente, quale condizione per la consegna, la garanzia che la persona ricercata avrà, a seguito della consegna, diritto a un nuovo processo o a un ricorso in appello, cui avrà il diritto di partecipare e che consenta di riesaminare il merito della causa, comprese le nuove prove, che potrebbero condurre alla riforma della decisione originaria, con riferimento alla condanna che ha dato luogo all’ordine di esecuzione.

b)

Se, ai fini della precedente questione numero 3, lettera a), il criterio applicabile sia quello di stabilire se la consegna della persona ricercata violerebbe la sostanza dei suoi diritti fondamentali ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione e/o degli articoli 47 e 48, paragrafo 2, della Carta e, in caso affermativo, se il fatto che i procedimenti che si sono conclusi con la successiva condanna e con l’ordine di esecuzione si siano svolti in absentia e il fatto che, in caso di consegna, il ricercato non avrà diritto a un nuovo processo o a un ricorso in appello sia sufficiente a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di ritenere che la consegna violerebbe il contenuto essenziale di tali diritti».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

34.

Hanno presentato osservazioni scritte le parti del procedimento principale nelle due cause, l’Irlanda, il governo polacco e la Commissione europea. Il 13 luglio 2022 si è tenuta un’udienza in cui hanno esposto le loro osservazioni orali LU, PH, l’Irlanda e la Commissione.

V. Analisi

35.

Le cause riunite in esame riguardano più procedimenti che potrebbero essere qualificati come «processo terminato con la decisione» ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Il primo procedimento ha dato luogo alla condanna alla pena detentiva con sospensione condizionale per il primo reato/i primi reati; le persone la cui consegna è in discussione erano presenti ad esso. Il secondo procedimento è sfociato nella condanna per il reato innescante; le persone la cui consegna è in discussione non erano presenti ad esso. Infine, il terzo procedimento è quello in cui è stato deciso di revocare la sospensione della pena detentiva relativa al primo reato/ai primi reati. Nella causa C‑514/21, la decisione di revocare la sospensione della pena detentiva è stata adottata dallo stesso giudice e nello stesso processo terminato con la dichiarazione di colpevolezza e con la determinazione della pena per il reato innescante. Nella causa C‑515/21, la decisione di revoca della sospensione è stata invece adottata da un giudice diverso e nell’ambito di un procedimento diverso da quello relativo al reato innescante.

36.

Il giudice del rinvio ritiene evidente che l’assenza delle persone la cui consegna è richiesta nel rispettivo processo per i reati innescanti abbia comportato una violazione del loro diritto a un equo processo. Esso chiede quindi, in sostanza, se possa rifiutare di eseguire i MAE di cui trattasi, direttamente sulla base dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE (prima questione) oppure in forza dell’articolo 6 della CEDU e degli articoli 47 e 48 della Carta (seconda e terza questione).

37.

Per consigliare alla Corte come rispondere alle questioni pregiudiziali, procederò nel modo seguente. Nella sezione A, spiegherò perché l’espressione «processo terminato con la decisione», contenuta nell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, debba essere interpretata in modo da includere il tipo di processo in parola per i reati innescanti nei due casi di specie. Ciò significa che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE si applica alle situazioni in entrambe le cause e che il giudice del rinvio, nella misura in cui nessuna delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della medesima decisione è soddisfatta, ha la facoltà di non consegnare i ricorrenti rispettivamente alla Polonia o all’Ungheria. Poiché gran parte delle discussioni nelle osservazioni scritte, nonché in udienza, era incentrata sulle tre cause precedenti pertinenti (Tupikas ( 19 ), Zdziaszek ( 20 ) e Ardic ( 21 )), esporrò il mio punto di vista in merito alla loro rilevanza ai fini delle presenti cause.

38.

Nella sezione B, mi concentrerò congiuntamente sulla seconda e sulla terza questione nelle due cause, che sollevano, a mio avviso, tematiche importanti per l’intero sistema del MAE quale concepito dal legislatore dell’Unione e interpretato dalla Corte. Il giudice del rinvio non ha formulato tali questioni come se esse dipendessero dalla risposta affermativa o negativa alla prima questione. Tenuto conto di ciò, fornirò le mie risposte alla seconda e alla terza questione in entrambi gli scenari: sia nel caso in cui la Corte dichiari che le cause riunite rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, come da me proposto, sia nel caso in cui la Corte le ritenga escluse dall’ambito di applicazione di tale disposizione.

A.   Prima questione

39.

La decisione quadro sul MAE enuncia in maniera tassativa i motivi di non esecuzione obbligatoria (articolo 3) e facoltativa (articoli 4 e 4 bis) di un MAE. L’articolo 4 bis della decisione quadro sul MAE, di cui si chiede l’interpretazione, è applicabile solo se la persona che deve essere consegnata non era presente al «processo terminato con la decisione» per la cui esecuzione è richiesta la consegna.

40.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede l’interpretazione della nozione di «processo terminato con la decisione» impiegata nell’articolo 4 bis, paragrafo 1, frase introduttiva, della decisione quadro sul MAE. Più precisamente, il giudice del rinvio chiede che sia precisata la portata di tale nozione e se essa comprenda i procedimenti relativi ai reati innescanti. È altresì rilevante stabilire se il distinto procedimento di revoca della sospensione condizionale e di esecuzione delle pene detentive per i primi reati rientri nella nozione di «processo terminato con la decisione».

41.

In caso di risposta affermativa a tali questioni, le situazioni nelle due cause rientrerebbero nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. La risposta della Corte stabilirà, pertanto, se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia la facoltà di non eseguire i MAE di cui trattasi nel caso in cui essa constati che non si applica nessuna delle situazioni elencate all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della stessa decisione quadro.

42.

Per rispondere a tale questione, procederò nel modo che segue. Fornirò anzitutto una breve panoramica delle precedenti cause in cui la Corte ha interpretato la locuzione «processo terminato con la decisione». Proporrò poi un’interpretazione applicabile a livello generale di tale espressione, conforme alla finalità del diritto di presenziare a un processo. Una siffatta interpretazione, come dimostrerò, è conforme alla giurisprudenza più risalente. Per rispondere alla questione 1, lettera b) sollevata nella causa C‑514/21, rifletterò sul ruolo della discrezionalità delle autorità dello Stato di emissione nell’applicare l’ordine di esecuzione. Infine, esaminerò alcune ulteriori preoccupazioni sollevate nel corso del procedimento, quali l’efficacia del sistema del MAE e il rischio di impunità.

1. Attuale giurisprudenza in materia di interpretazione della nozione di «processo terminato con la decisione» e sua applicabilità alle presenti cause

43.

Considerandola una nozione autonoma del diritto dell’Unione, la Corte ha già più volte (in particolare nelle cause Tupikas ( 22 ), Zdziazsek ( 23 ) e Ardic ( 24 )) interpretato la nozione di «processo terminato con la decisione» di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Il giudice del rinvio si interroga circa le implicazioni che tali sentenze hanno sulle cause in esame e che sono state altresì discusse dalle parti del presente procedimento.

44.

La Corte ha ritenuto che rientrassero nella nozione di «processo terminato con la decisione» sia un procedimento d’appello (nella sentenza Tupikas) sia un procedimento diretto a statuire sul cumulo di singole pene detentive (nella sentenza Zdziaszek). Tuttavia, nell’interpretazione di tale nozione, la Corte ha stabilito che la medesima nozione non comprende un procedimento relativo alla revoca di una decisione di rimessa in libertà provvisoria anticipata (nella sentenza Ardic).

45.

La situazione nelle presenti cause è analoga a quella delle tre sentenze summenzionate nel senso che la pena detentiva originaria è stata dapprima inflitta nel processo che ha dichiarato la colpevolezza ed è stata modificata nel corso di successivi procedimenti, che non hanno riesaminato la dichiarazione di colpevolezza, ma soltanto la durata della privazione della libertà. La decisione definitiva sulla pena era quindi, come nei casi di specie, il risultato di una pluralità di procedimenti.

46.

Nonostante tali analogie, le tre sentenze si distinguono tra loro anche in virtù della situazione da cui sono emersi i rinvii pregiudiziali in oggetto. Soprattutto, in nessuna delle tre cause la modifica della pena detentiva inizialmente inflitta dipendeva dalla dichiarazione di colpevolezza e dalla condanna per un reato diverso. Inoltre, in tali cause, la Corte si è pronunciata solo tenendo conto delle specifiche circostanze delle stesse, senza fornire criteri generali chiari o dettagliati riguardo a cosa costituisca un «processo terminato con la decisione» ai sensi della decisione quadro sul MAE ( 25 ). Per tale motivo le conclusioni in tali cause non possono essere automaticamente applicate alle presenti cause.

47.

Di seguito proporrò un’interpretazione generalmente applicabile della locuzione «processo terminato con la decisione» e poi dimostrerò che una siffatta interpretazione, anche se non risulta direttamente dalle precedenti cause, non è in contraddizione con nessuna di esse.

2. Proposta di interpretazione della nozione di «processo terminato con la decisione»

48.

Al fine di interpretare la locuzione «processo terminato con la decisione» di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, ritengo sia importante concentrarsi sul motivo per il quale l’ordinamento giuridico dell’Unione tutela il diritto di una persona di presenziare al processo come diritto fondamentale.

49.

Nella sentenza Tupikas, la Corte ha spiegato che «la persona interessata deve poter esercitare pienamente i suoi diritti della difesa, in modo da far valere in modo efficace il suo punto di vista ed esercitare così un’influenza sulla decisione finale che potrebbe comportare la privazione della sua libertà individuale» ( 26 ). La Corte ha aggiunto, nella sentenza Zdziaszek, che l’interessato deve poter esercitare effettivamente i suoi diritti della difesa in caso di decisioni che incidono sul quantum della pena, considerate le conseguenze importanti che possono avere per l’interessato ( 27 ).

50.

A mio avviso, come sostenuto anche dalla giurisprudenza citata, la possibilità per una persona di influenzare un giudice competente a stabilire la sua colpevolezza e infliggerle una pena è il fulcro del diritto di presenziare al processo. Pertanto, soprattutto quando una decisione comporta la privazione della libertà di una persona, quest’ultima deve avere la possibilità di influire personalmente su tale decisione finale. Se la decisione finale deriva da una pluralità di procedimenti, tale persona deve avere la possibilità di partecipare a tutti.

51.

L’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE ha lo scopo di garantire tale diritto di presenziare al processo nell’ambito di una procedura di consegna volta all’esecuzione di una pena privativa della libertà. Pertanto, il «processo terminato con la decisione» deve essere inteso nel senso che esso include qualsiasi fase del procedimento che ha contribuito alla decisione finale sulla privazione della libertà nello Stato di emissione.

52.

La decisione di revoca della sospensione di una pena detentiva originariamente sospesa è quella che priva della libertà la persona in questione. A mio avviso, è determinante che l’interessato sia presente in tutte le fasi decisive ai fini dell’adozione di tale decisione.

53.

Alla luce di quanto precede, propongo di interpretare la locuzione «processo terminato con la decisione» di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, come qualsiasi fase del procedimento che abbia un’influenza decisiva sulla decisione finale in relazione alla privazione della libertà di una persona.

54.

Ciò significa che, come propone la Commissione, tutti i procedimenti che fanno parte di tali cause, vale a dire i processi che irrogano la pena della reclusione originariamente sospesa, i processi che condannano le stesse persone per i reati innescanti, nonché i procedimenti (ove distinti) che modificano la pena detentiva originariamente sospesa, sono «processi terminati con la decisione». Essi sono tutti determinanti per la privazione della libertà per la quale è richiesta la consegna delle persone di cui trattasi.

55.

La giurisprudenza della Corte relativa alla nozione di «processo terminato con la decisione» consente e addirittura sostiene l’interpretazione proposta.

3. Giurisprudenza esistente a sostegno dell’interpretazione proposta

a) Il «processo terminato con la decisione» può comprendere una pluralità di procedimenti?

56.

Nella sentenza Tupikas, la Corte ha deciso quanto segue: «nel caso in cui il procedimento abbia comportato vari gradi che hanno dato luogo a decisioni in successione tra loro, almeno una delle quali sia stata pronunciata in contumacia della persona interessata, per “processo terminato con la decisione” ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro [sul MAE] occorre intendere il procedimento che ha condotto all’ultima di tali decisioni (…)» ( 28 ).

57.

Tale frase potrebbe lasciar pensare che solo l’ultimo procedimento sia rilevante per determinare se si applichi l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

58.

Tuttavia, nella sentenza Zdziaszek, pronunciata lo stesso giorno della sentenza Tupikas, la Corte ha spiegato quanto segue: «occorre ritenere che, in un caso, come quello di cui al procedimento principale, in cui, in seguito a un giudizio d’appello nel corso del quale la causa è stata oggetto di un nuovo esame nel merito, una decisione abbia definitivamente statuito sulla colpevolezza della persona interessata e le abbia altresì inflitto, di conseguenza, una pena privativa della libertà, la cui entità sia stata tuttavia modificata da una successiva decisione adottata dall’autorità competente dopo che essa ha esercitato il suo potere discrezionale in materia e che fissa definitivamente la pena, queste due decisioni debbano, entrambe, essere prese in considerazione ai fini dell’applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro [sul MAE]» ( 29 ).

59.

Ciò suggerisce che secondo la Corte le diverse fasi del procedimento sono tutte pertinenti per determinare l’applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, se esse sono determinanti in relazione alla pena privativa della libertà. Il citato punto della sentenza Tupikas deve pertanto essere interpretato nel contesto di tale causa: la Corte ha risposto alla questione, sollevata dal giudice del rinvio, se un procedimento in grado d’appello sia un «processo terminato con la decisione» qualora la persona sia comparsa in primo grado, ma non in sede d’appello. Tale affermazione non impedisce l’interpretazione proposta, secondo la quale tutti i procedimenti che contribuiscono alla decisione relativa alla privazione della libertà ( 30 ) rientrano nella locuzione «processo terminato con la decisione».

60.

Le presenti cause si distinguono dalle precedenti in quanto i procedimenti per i reati innescanti, svoltisi in absentia, non riguardavano la pena detentiva con sospensione condizionale per la quale era stato emesso il MAE. L’influenza di tali procedimenti sulla decisione finale in relazione alle condanne per il primo reato/i primi reati è stata solo indiretta. Al contempo, essa è stata anche determinante.

61.

Senza rispondere direttamente alla questione se un processo del genere sia un processo «terminato con la decisione», la giurisprudenza precedente non osta ad un’interpretazione secondo la quale un siffatto processo, qualora sia decisivo per la decisione finale sulla pena, rientra nell’ambito di applicazione di tale nozione.

62.

Le decisioni con cui è revocata la sospensione condizionale della pena detentiva per il primo reato/i primi reati dipendevano dalla dichiarazione di colpevolezza per i reati innescanti nel secondo processo, nonché dalla natura e dalla durata della pena inflitta per tali reati. Dato che i procedimenti per i reati innescanti hanno costituito la parte determinante delle decisioni di revoca della sospensione condizionale della pena detentiva per il primo reato, essi fanno parte del «processo terminato con la decisione» ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

b) Le decisioni con cui viene revocata la sospensione condizionale della pena privativa della libertà sono solo una modalità di esecuzione della pena e sono pertanto escluse dalla nozione di «processo terminato con la decisione»?

63.

Nella sentenza Zdziaszek ( 31 ), che fa riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ( 32 ), la Corte ha distinto tra, da un lato, la decisione definitiva che determina la natura e l’entità della pena inflitta e, dall’altro, la modalità di esecuzione della pena privativa della libertà inflitta. Essa ha concluso che il «processo terminato con la decisione» riguarda il primo gruppo di procedimenti, ma non il secondo ( 33 ).

64.

Tale identificazione ha avuto un ruolo determinante nella causa Ardic. Il giudice del rinvio, al pari di tutti gli intervenienti nel procedimento dinanzi alla Corte, si è focalizzato principalmente sulle conseguenze di tale sentenza ai fini della soluzione delle due cause riunite in esame.

65.

Infatti, nella causa Ardic, era in discussione la revoca della messa in libertà provvisoria prima della fine della pena detentiva. Il sig. Ardic, cittadino tedesco, era stato condannato ad una pena detentiva irrogata in Germania con due sentenze. Avendo scontato una parte di tale pena, egli aveva ottenuto una sospensione dell’esecuzione della parte residua della stessa. Più precisamente, ai sensi del diritto tedesco, una volta scontata una determinata parte della pena privativa della libertà e soddisfatte ulteriori condizioni, la parte residua della medesima pena può essere oggetto di sospensione condizionale e si può concedere la messa in libertà provvisoria ( 34 ).

66.

Tuttavia, il sig. Ardic non ha rispettato le condizioni collegate alla rimessa in libertà provvisoria. Di conseguenza, un giudice tedesco ha revocato quest’ultima nell’ambito di un procedimento in cui il sig. Ardic non era presente. La questione a cui la Corte ha dovuto rispondere nella causa Ardic, che si è posta dinanzi al Rechtbank Amsterdam (Tribunale circoscrizionale di Amsterdam, Paesi Bassi) in sede di esecuzione del MAE, era se il procedimento di revoca della rimessa in libertà provvisoria costituisse un «processo terminato con la decisione» ai fini dell’applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

67.

Nella sentenza Ardic, la Corte ha di fatto ribadito che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, le modalità di esecuzione o di applicazione delle pene privative della libertà non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e quindi neppure nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE ( 35 ). Applicando tale logica alla situazione del sig. Ardic, la Corte ha dichiarato che la decisione di cui trattavasi in tale causa non rientrava nel campo di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

68.

La sentenza Ardic si presta ad alcune critiche. Ad esempio, è tutt’altro che evidente perché la giurisprudenza della Corte EDU che interpreta l’espressione «accuse penali» (rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 della CEDU) dovrebbe essere automaticamente applicata all’interpretazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE ( 36 ). Il fatto che la Corte si sia basata quasi esclusivamente sulla causa Boulois c. Lussemburgo ( 37 ), che riguardava il rigetto di una domanda di permesso della durata di un giorno ( 38 ), per giustificare la conclusione secondo cui una decisione di revoca della messa in libertà provvisoria è la modalità di esecuzione di una pena, sembra parimenti difficilmente sostenibile. Tuttavia, ridurre la sentenza Ardic ad una lettura formalistica, secondo la quale le decisioni dovrebbero sempre essere inserite nella casella «modalità di esecuzione della pena» o nella casella «decisione sulla natura e sul quantum della pena», non rende giustizia al ragionamento della Corte.

69.

La conclusione più importante della Corte nella sentenza Ardic è, a mio avviso, la seguente: «Alla luce di quanto precede, si deve quindi ritenere che, ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro [sul MAE], la nozione di “decisione” che vi è menzionata non comprenda una decisione relativa all’esecuzione o all’applicazione di una pena privativa della libertà inflitta in precedenza, a meno che tale decisione abbia per oggetto o per effetto di modificare la natura o il quantum di detta pena e l’autorità che l’ha emessa abbia beneficiato, a tale riguardo, di un margine di discrezionalità» ( 39 ).

70.

La distinzione formale tra, da un lato, le decisioni sull’esecuzione delle pene e, dall’altro, quelle sulla natura e sul quantum della pena non sembra aver svolto un ruolo decisivo nel determinare se la decisione in esame fosse una «decisione» ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Ciò che rilevava era il fatto che una decisione avesse per oggetto o per effetto di modificare la pena inflitta in precedenza. Era inoltre importante che la modifica della pena non fosse automatica, ma dipendesse dalla discrezionalità dell’autorità a cui spetta la decisione, elemento sul quale ritornerò nella sezione seguente.

71.

Indipendentemente dal fatto che si condivida o meno l’applicazione di tale interpretazione alla situazione della causa Ardic, sembra che, in tale causa, la Corte sia stata influenzata dal fatto che il sig. Ardic aveva lasciato la Germania, violando così in modo evidente le condizioni relative alla sua rimessa in libertà provvisoria ( 40 ). Non è stata quindi la decisione di un giudice ad aver determinato la revoca della sospensione della rimessa in libertà provvisoria, bensì il fatto che il sig. Ardic ne avesse manifestamente violato le condizioni.

72.

Tale conclusione, nelle particolari circostanze della causa Ardic, non significa che il procedimento nelle presenti cause, per quanto riguarda sia i reati innescanti sia la revoca della sospensione condizionale delle pene detentive dopo le condanne pronunciate per tali reati, non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

73.

L’effetto dei processi per i reati innescanti era che la modifica delle condanne inflitte nei primi processi era divenuta inevitabile o almeno possibile. Pertanto, tali interessati avrebbero dovuto avere la possibilità di difendersi nel processo in relazione ai reati innescanti ( 41 ). La presenza a tali procedimenti era ovviamente importante per i loro diritti della difesa per quanto riguarda gli stessi reati innescanti; tuttavia, ciò non rileva dal punto di vista dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Ciò che rileva è che la loro difesa nel corso dei processi per i reati innescanti potrebbe aver influenzato la modifica delle pene relative al primo reato/ai primi reati per cui sono stati emessi i MAE ( 42 ).

74.

Quanto al procedimento relativo alla revoca della sospensione, esso, se esiste indipendentemente dal processo per i reati innescanti, ha appunto ad oggetto un’eventuale modifica della precedente decisione relativa alla pena. Pertanto, se l’autorità cui spetta la decisione dispone di discrezionalità in relazione ad una decisione di revocare la sospensione, tale procedimento è compreso in quanto affermato dalla Corte nella sentenza Ardic, come riportato al paragrafo 69 delle presenti conclusioni.

75.

In conclusione, la giurisprudenza anteriore non impedisce, ma addirittura corrobora la conclusione secondo la quale un «processo terminato con la decisione» è qualsiasi procedimento che abbia un’influenza decisiva (per il suo effetto o il suo oggetto) sulla decisione definitiva che infligge la pena detentiva, per la quale è emesso un MAE.

76.

Gli argomenti del Ministro della Giustizia e delle Pari opportunità e dell’Irlanda, che hanno fatto riferimento alla sentenza Ardic per affermare che le presenti cause riunite presentano una semplice modalità di esecuzione e sono quindi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, non possono quindi essere accolti.

77.

Privare LU e PH della possibilità di far valere le proprie difese ai processi relativi ai reati innescanti può, pertanto, essere motivo per rifiutare di eseguire il MAE qualora non ricorra nessuna delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della decisione quadro sul MAE.

4. Discrezionalità dell’autorità a cui spetta la decisione sulla modifica della pena

78.

Con la questione 1, b), nella causa C‑514/21, il giudice del rinvio chiede che si stabilisca la rilevanza dell’eventuale esistenza di discrezionalità per il giudice dello Stato emittente nel pronunciarsi in merito alla revoca della sospensione.

79.

Come esposto in precedenza, per quanto riguarda le implicazioni della sentenza Ardic sulle presenti cause, la discrezionalità dell’organo decisionale rileva per qualificare una decisione come rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Tuttavia, la discrezionalità dell’autorità che si pronuncia sulla revoca della sospensione, come sembra avvenire nella causa C‑514/21, non esclude il processo per i reati innescanti dall’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

80.

Chiarisco ora il mio punto di vista.

81.

Le decisioni relative alla revoca della sospensione, che siano adottate in modo automatico (come nella causa C‑515/21) o a discrezione dell’organo decisionale (come nella causa C‑514/21), non avrebbero potuto essere adottate in assenza dell’accertamento della colpevolezza e dell’irrogazione delle pene detentive per i reati innescanti. Se le persone di cui è chiesta la consegna fossero comparse ai processi per i reati innescanti, esse avrebbero potuto confutare la loro colpevolezza o influenzare la pena. Infatti, il giudice chiamato a pronunciarsi sui reati innescanti disponeva di un certo margine di discrezionalità quanto alla natura e all’entità della pena ( 43 ).

82.

Se la colpevolezza in relazione ai reati innescanti non fosse stata accertata o se fosse rimasta solo una pena pecuniaria, non si sarebbe neppure svolto un procedimento di revoca della sospensione. I processi per i reati innescanti erano quelli che hanno innescato (da qui il nome) la modifica delle pene relative al primo reato o ai primi reati.

83.

Ciò avviene ovviamente in una situazione in cui la revoca della sospensione condizionale è automatica. Tuttavia, lo stesso vale nell’ipotesi in cui l’autorità cui spetta la decisione disponga di discrezionalità per quanto riguarda la revoca della sospensione. Quest’ultimo potere discrezionale non sarebbe sorto in assenza della pena per i reati innescanti. Per tale ragione, gli interessati, per garantire adeguatamente i propri diritti della difesa, dovevano poter presenziare sia al procedimento relativo ai reati innescanti sia al distinto procedimento che ha modificato la prima pena detentiva, se le autorità disponevano di discrezionalità in quest’ultimo procedimento.

84.

Il potere discrezionale dell’organo che decide sulla revoca della sospensione non influisce quindi sulla constatazione che i processi per i reati innescanti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Occorre tuttavia stabilire se un siffatto procedimento, nel caso in cui si svolga separatamente, come sembra avvenire nella causa C‑515/21, rientri parimenti nella locuzione «processo terminato con la decisione» ( 44 ).

85.

La persona la cui libertà è in gioco dovrebbe poter comparire personalmente in tale procedimento se l’autorità alla quale spetta la decisione ha il potere discrezionale di non revocare o di revocare solo parzialmente la sospensione della pena detentiva dopo l’accertamento della colpevolezza per il reato innescante. Anche un siffatto procedimento costituisce, pertanto, un «processo terminato con la decisione», insieme ai processi per il reato innescante, e la persona che deve essere consegnata deve avere la possibilità di assistere a entrambi i procedimenti.

86.

Per contro, se la decisione di revocare la sospensione della pena privativa della libertà ha carattere meramente dichiarativo e deriva automaticamente dall’accertamento della colpevolezza e dalla determinazione della pena per i reati innescanti, solo quest’ultimo procedimento (e non il procedimento di revoca, se distinto) costituisce il «processo terminato con la decisione» ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Ciò sembra verificarsi nella causa C‑515/21.

5. Efficacia del meccanismo del MAE

87.

La Corte ha evidenziato, nella sentenza Ardic, che un’interpretazione troppo ampia della nozione di «processo terminato con la decisione» potrebbe compromettere l’efficacia del meccanismo del mandato d’arresto europeo ( 45 ).

88.

Concordo sul fatto che l’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE non debba essere interpretato estensivamente, dato che esso costituisce l’eccezione alla regola generale secondo la quale l’autorità dell’esecuzione dovrebbe fidarsi dell’autorità di emissione e dare automaticamente esecuzione al MAE ( 46 ). Tuttavia, l’inserimento dell’articolo 4 bis in tale decisione quadro mirava non solo a rendere più efficace il meccanismo del MAE, ma anche a migliorare il livello di tutela del diritto di presenziare al processo ( 47 ).

89.

Occorre osservare, al riguardo, che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, non figurava nella versione iniziale della decisione quadro sul MAE, ma è stato aggiunto dalla decisione quadro di modifica 2009/299. L’obiettivo di tale modifica del 2009 era di «prevedere motivi chiari e comuni per il non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l’interessato non è comparso personalmente» ( 48 ), il che vale per diversi atti normativi dell’Unione relativi alla cooperazione giudiziaria in materia penale ( 49 ).

90.

L’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, risultante dalle summenzionate modifiche, armonizza le condizioni alle quali l’autorità dell’esecuzione di un MAE, in qualsiasi Stato membro, è autorizzata a non riconoscere la decisione di un giudice dello Stato di emissione adottata in un processo svolto in absentia. La modifica tiene conto del fatto che il diritto di comparire al processo fa parte dell’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU, ma anche che tale diritto non è assoluto ( 50 ).

91.

In particolare, l’imputato può rinunciare al suo diritto di presenziare al processo, di sua spontanea volontà, espressamente o tacitamente, ma in modo inequivocabile ( 51 ).

92.

Per stabilire se ciò avviene, l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE prevede situazioni in cui l’autorità dell’esecuzione deve giungere alla conclusione che la persona la cui consegna è richiesta da un MAE ha rinunciato al suo diritto di comparire personalmente al processo (o ad un nuovo processo) nello Stato di emissione [articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a c), della decisione quadro sul MAE]. Se ricorre una delle condizioni in esame o se esiste la possibilità di un nuovo processo nello Stato di emissione dopo la consegna [articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera d), della decisione quadro sul MAE], l’autorità di esecuzione deve consegnare la persona ricercata in base ad un MAE ( 52 ). Infatti, se una di tali condizioni è soddisfatta, l’interessato ha avuto (o avrà) modo di essere presente al processo e di influenzare la decisione definitiva. Al contrario, qualora nessuna di tali condizioni sia soddisfatta, allora e soltanto allora la decisione quadro sul MAE autorizza l’autorità dell’esecuzione a rifiutare la consegna.

93.

L’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE spiana dunque la strada ad una consegna armonizzata e semplice, ma allo stesso tempo rispetta il livello elevato di tutela accordato alle persone accusate di reati, alle quali viene data la possibilità di difendersi nel processo che le riguarda.

94.

Pertanto, l’efficacia del meccanismo del MAE non può essere conseguita a scapito dei diritti fondamentali di cui godono i singoli in base all’ordinamento costituzionale dell’Unione.

95.

L’interpretazione dell’Unione europea dei limiti accettabili al diritto di presenziare al processo è presentata in modo chiaro all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della decisione quadro sul MAE. I limiti di cui trattasi sono fissati a un livello di tutela più elevato di quello previsto all’articolo 6 della CEDU ( 53 ). Tale scelta del legislatore dell’Unione è stata confermata dalla direttiva 2016/343 ( 54 ).

96.

A chi rischia di essere privato della libertà deve essere offerta un’effettiva possibilità di influire su tale decisione. A tal fine, come ho spiegato, è necessario che la persona di cui trattasi abbia la possibilità di essere presente a tutti i gradi di giudizio che incidono in modo determinante sulla decisione relativa alla privazione della libertà.

97.

Pertanto, anche se si può sostenere che il sistema del MAE sarebbe più efficace se i processi per i reati innescanti non facessero parte del «processo terminato con la decisione», una siffatta interpretazione contrasterebbe con il livello di tutela del diritto di presenziare al processo come armonizzato a livello dell’Unione.

98.

Il livello di tutela scelto dal legislatore dell’Unione e valido in tutti gli Stati membri non può essere abbassato in base alle preoccupazioni connesse all’efficace funzionamento del meccanismo del MAE.

99.

Pertanto, non può essere accolto l’argomento secondo cui l’interpretazione che qualifica come «processo terminato con la decisione» ogni grado di giudizio idoneo ad influire sulla decisione privativa della libertà metterà a rischio il meccanismo del MAE.

6. Rischio di impunità

100.

Che dire dell’impunità? LU e PH potrebbero evitare una pena detentiva che dovevano scontare nei rispettivi Stati membri di emissione se i processi per i reati innescanti fossero compresi nella nozione di «processo terminato con la decisione»? Non penso.

101.

La pena che è stata loro inflitta a seguito dei procedimenti per il primo reato o i primi reati non ha comportato una privazione della libertà. Se il successivo procedimento che attiva la privazione della libertà è affetto da vizi, anche tale privazione della libertà sarebbe di per sé viziata. In tal senso, correttamente la Commissione sottolinea che non sarebbe stato possibile emettere un MAE nelle due cause se non vi fossero stati i procedimenti per i reati innescanti. L’esclusione dei successivi processi dall’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE condurrebbe quindi eventualmente a una privazione illegittima della libertà.

7. Conclusione intermedia

102.

Ritengo pertanto che l’espressione «processo terminato con la decisione» ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, dev’essere interpretata come qualsiasi fase del procedimento che abbia un’influenza decisiva sulla decisione relativa alla privazione della libertà di una persona. Infatti, la persona di cui trattasi dev’essere messa in condizione di influenzare la decisione definitiva sulla sua libertà.

103.

Di conseguenza, ritengo che entrambi i processi (sia per il primo reato o i primi reati sia per i reati innescanti) rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

B.   Seconda e terza questione

104.

Con la seconda e la terza questione in entrambe le cause, che esaminerò congiuntamente, il giudice del rinvio chiede quanto segue: esso è legittimato (o addirittura tenuto) ad accertare se il procedimento per i reati innescanti e i successivi ordini di esecuzione nello Stato di emissione abbia violato il diritto a un processo equo garantito dall’articolo 6 della CEDU? Supponendo che sia riscontrata una violazione dell’articolo 6 della CEDU, l’autorità dell’esecuzione è legittimata, o addirittura tenuta, a rifiutare l’esecuzione del MAE o a subordinare a condizioni la consegna allo Stato di emissione? Un siffatto accertamento impone una valutazione circa la violazione del contenuto essenziale del diritto fondamentale garantito dall’articolo 6 della CEDU e qual è il contenuto essenziale di tale diritto in una situazione in cui un procedimento si è svolto in absentia?

105.

Tali interrogativi meritano un’analisi diversa a seconda della risposta data alla prima questione. In altri termini, le risposte dipendono dal fatto che i processi per i reati innescanti e gli ordini di esecuzione che ne derivano rientrino o meno nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Per essere pienamente utile alla Corte, esporrò la mia posizione per quanto riguarda entrambe le strade che la Corte potrebbe, in ultima analisi, decidere di percorrere.

106.

Occorre anzitutto rilevare che tali interrogativi originano dal conflitto tra, da un lato, l’obbligo dei giudici nazionali di verificare e garantire il rispetto dell’articolo 6 della CEDU e, dall’altro, il concetto di fiducia reciproca su cui si fonda il meccanismo del MAE, in forza del quale l’autorità dell’esecuzione deve, in linea di principio, dare automaticamente esecuzione a un MAE senza mettere in discussione i procedimenti nello Stato di emissione.

1. Opzione 1: i processi per i reati innescanti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE

107.

Se la Corte dovesse ritenere, come ho suggerito, che entrambi i processi per i reati innescanti costituiscono il «processo terminato con la decisione», l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE sarebbe applicabile. In un caso del genere, l’obbligo di consegna o la facoltà di rifiutare la consegna dipendono interamente dalle condizioni poste da tale disposizione.

108.

Se l’autorità dell’esecuzione constata che una di tali condizioni è soddisfatta, ad esempio che esiste la possibilità di un nuovo processo nello Stato di emissione dopo la consegna, come previsto dall’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera d), della decisione quadro sul MAE, l’autorità di esecuzione deve eseguire il MAE ( 55 ). Se una delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della decisione quadro sul MAE è soddisfatta, non sussiste alcuna violazione dell’articolo 6 della CEDU. Di conseguenza, non è necessario alcun ulteriore accertamento circa eventuali violazioni di tale disposizione.

109.

Una siffatta conclusione deriva dalla finalità dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Come spiegato al paragrafo 89 delle presenti conclusioni, tale disposizione è stata introdotta per armonizzare le condizioni alle quali il diritto di presenziare al processo può essere limitato. Tali condizioni soddisfano pienamente i requisiti dell’articolo 6 della CEDU e la sua interpretazione ( 56 ), se non prevedono addirittura un livello di tutela di tale diritto fondamentale superiore rispetto alla CEDU ( 57 ).

110.

Pertanto, adempiendo l’obbligo di consegna previsto all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, l’autorità dell’esecuzione si conforma necessariamente anche agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6 della CEDU.

111.

Al contrario, se non è soddisfatta nessuna delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della decisione quadro sul MAE, si configura per l’autorità dell’esecuzione la facoltà di non eseguire un MAE. Ciò significa che l’autorità dell’esecuzione può decidere se eseguire o meno il MAE.

112.

Un ulteriore problema riguarda quindi la modalità di esercizio di una siffatta discrezionalità da parte dell’autorità dell’esecuzione. Il diritto dell’Unione, compresa la stessa decisione quadro sul MAE, disciplina l’esercizio di tale potere discrezionale?

113.

A mio avviso, per quanto riguarda la facoltà di rifiutare la consegna, in base al diritto dell’Unione è necessaria la sola constatazione che non ricorre alcuna delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE.

114.

Tuttavia, il livello di tutela offerto all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE può, in determinate circostanze, essere superiore a quello previsto all’articolo 6 della CEDU ( 58 ). Di conseguenza, è possibile che non vi sia stata alcuna violazione dell’articolo 6 della CEDU, sebbene il diritto di presenziare al processo come inteso nell’ordinamento giuridico dell’Unione non sia stato rispettato. In tal caso, l’autorità dell’esecuzione deve accertare che l’articolo 6 della CEDU non sia stato violato prima di decidere in merito alla consegna? A mio avviso, la risposta a tale domanda non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

115.

L’autorità giudiziaria di esecuzione può (ma non deve, anche dopo aver constatato che le condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE non sono soddisfatte) tenere conto di altre circostanze che le permettano di garantire che la consegna dell’interessato non comporti una violazione dei suoi diritti della difesa ai sensi dell’articolo 6 della CEDU e quindi procedere alla consegna della persona ( 59 ).

116.

Una questione più complessa è la seguente: l’autorità di esecuzione può decidere di consegnare una persona anche qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE e la consegna potrebbe, al contempo, comportare un’eventuale violazione dell’articolo 6 della CEDU?

117.

A mio avviso, in un caso del genere, la decisione quadro sul MAE concede ancora una facoltà all’autorità di esecuzione e non osta a che essa decida di procedere alla consegna. L’ovvia obiezione a tale conclusione è che ciò dia adito alla possibilità di una violazione del diritto fondamentale a un equo processo dell’interessato. È possibile che ciò sia ammesso in base alla Carta o, di fatto, all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro sul MAE? Ovviamente no. Tuttavia, la responsabilità di tutelare i diritti fondamentali grava, in un’ipotesi del genere, sullo Stato emittente (come spiegherò più dettagliatamente in sede di analisi dell’ipotesi in cui l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE non si applichi alle presenti cause).

118.

Ne consegue che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE si esaurisce nel momento in cui crea la facoltà, per l’autorità di esecuzione, di non procedere alla consegna.

119.

Infine, quando sceglie di eseguire un MAE nell’ambito del margine di discrezionalità riconosciuto all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può, a mio avviso, porre condizioni all’autorità giudiziaria emittente. Ciò sarebbe contrario al rapido funzionamento del sistema del MAE e metterebbe di fatto a dura prova la fiducia reciproca tra le due autorità giudiziarie. L’opzione contenuta nell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE è tra esecuzione e non esecuzione, ma non conferisce all’autorità giudiziaria dell’esecuzione il potere di stravolgere le modalità con cui avviene l’esecuzione ( 60 ).

2. 2. Conclusione provvisoria

120.

Quando una situazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, l’autorità dell’esecuzione deve soltanto esaminare se ricorrano le condizioni enunciate in tale articolo. In tal modo, essa adempie necessariamente anche i suoi obblighi di rispettare l’articolo 6 della CEDU.

3. Opzione 2: i processi per i reati innescanti non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE

121.

La seconda e la terza questione in entrambe le cause assumono maggiore significato se la Corte dichiara che i processi per i reati innescanti (o l’udienza per l’esecuzione) non fanno parte del «processo terminato con la decisione». In tale ipotesi, dalla decisione quadro sul MAE non deriva alcuna possibilità per l’autorità dell’esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un MAE.

122.

Alla luce dell’attuale interpretazione della decisione quadro sul MAE, sembra semplice rispondere alla domanda se l’autorità dell’esecuzione possa accertare eventuali violazioni dell’articolo 6 della CEDU e, qualora le riscontri, se possa decidere di non eseguire il MAE: non può farlo. La decisione quadro sul MAE fornisce un elenco tassativo dei motivi di non esecuzione di un MAE e gli Stati membri non possono aggiungere motivi che non vi sono elencati ( 61 ).

123.

Ciò sembra tuttavia sollevare un problema per un numero crescente di giudici nazionali posti di fronte all’esecuzione dei MAE che, allo stesso tempo, hanno l’obbligo di rispettare l’articolo 6 della CEDU ( 62 ). Il giudice del rinvio sembra ritenere che la consegna in entrambe le cause in esame comporterebbe un «flagrante diniego di giustizia» ( 63 ) e quindi lo porrebbe in una posizione di violazione dei propri obblighi ai sensi della CEDU. Tali preoccupazioni delle autorità nazionali di esecuzione non dovrebbero essere ignorate.

124.

La questione che le cause in oggetto sollevano quindi implicitamente è se l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro sul MAE consenta di rifiutare la consegna per motivi ulteriori, soprattutto nel caso in cui la consegna comporti un «flagrante diniego di giustizia», o, secondo la formulazione delle questioni sollevate dal giudice del rinvio, la violazione del contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo.

125.

L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro sul MAE stabilisce chiaramente che l’applicazione di tale atto non dovrebbe comportare una violazione dei diritti e dei principi fondamentali sanciti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Pertanto, la questione posta dal giudice del rinvio può essere intesa nel senso che esso chiede se sia legittimato, anche se non si applica nessuna delle ipotesi elencate nella decisione quadro sul MAE, a rifiutare la consegna qualora abbia comunque accertato la possibilità di una violazione del diritto fondamentale a un equo processo a seguito della consegna allo Stato emittente.

126.

La Corte ha finora sancito tale possibilità sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro sul MAE in due ipotesi. In primo luogo, nella sentenza Aranyosi e Căldăraru ( 64 ), la Corte ha dichiarato che il rischio di trattamento inumano o degradante, diritto fondamentale assoluto ( 65 ), costituisce un motivo per rifiutare la consegna. In secondo luogo, nella sentenza LM ( 66 ), la Corte ha affermato che anche il rischio di una violazione del diritto a un equo processo potrebbe giustificare il rifiuto di procedere alla consegna ( 67 ).

127.

Tuttavia, in entrambe le situazioni, il dubbio che potesse non essere rispettato un diritto fondamentale della persona che doveva essere consegnata è stato sollevato da quanto inizialmente affermato dall’autorità di esecuzione, ossia che sussistesse un problema generalizzato o sistemico che incideva sulla tutela dei diritti fondamentali nello Stato emittente. Nella causa Aranyosi e Căldăraru ( 68 ), la possibilità per l’autorità di esecuzione di valutare se la persona di cui si chiedeva la consegna potesse essere sottoposta a un trattamento inumano o degradante dipendeva dalla constatazione iniziale dell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate che colpivano determinati gruppi di persone o determinati centri di detenzione. Nella causa LM ( 69 ) e in quelle successive ( 70 ), prima di affermare che era a rischio il diritto di una persona ad avere un equo processo, l’autorità di esecuzione doveva anzitutto verificare l’esistenza di una sistematica o generalizzata mancanza di indipendenza dei giudici dello Stato membro emittente.

128.

La giustificazione di quanto affermato dalla Corte nella serie di cause descritta è che la fiducia reciproca, alla base del riconoscimento reciproco, manca a causa di carenze sistemiche. La conoscenza di tali carenze consente quindi all’autorità di esecuzione di sollevare dubbi sulle procedure dello Stato di emissione e di verificare se il diritto della persona che deve essere consegnata rischi di essere violato.

129.

In assenza di siffatte carenze sistemiche o generalizzate, tuttavia, non vedo perché l’autorità di esecuzione debba verificare se il diritto della persona che deve essere consegnata sarà violato dallo Stato di emissione al di fuori delle situazioni contemplate dalla decisione quadro sul MAE.

130.

Consentire tali verifiche sarebbe, invece, contrario al concetto di fiducia reciproca su cui si fonda il meccanismo del MAE. Il menzionato meccanismo si basa sull’idea che ogni Stato membro rispetta valori fondamentali comuni e si impegna ad assicurarne la tutela ( 71 ).

131.

Il meccanismo del MAE è stato istituito in modo che la consegna possa avvenire rapidamente, sulla base della fiducia nelle istituzioni degli altri Stati. Consentire verifiche in relazione al rispetto dei diritti fondamentali in ogni singolo caso significa trasformare il meccanismo del MAE in qualcosa che assomiglia più alle procedure di estradizione preesistenti.

132.

Se ciò fosse necessario, ritengo che una siffatta modifica del meccanismo del MAE quale introdotto dalla decisione quadro sul MAE non spetterebbe alla Corte, bensì al legislatore dell’Unione.

133.

Non posso escludere che si possano presentare situazioni in cui la verifica di potenziali violazioni individuali dei diritti fondamentali della persona di cui si chiede la consegna si riveli necessaria indipendentemente dalla mancanza di carenze sistemiche nello Stato di emissione. Tuttavia, in un settore in cui è avvenuta un’armonizzazione a livello dell’Unione, come nel caso delle limitazioni accettabili al diritto di presenziare al processo ( 72 ), non vedo alcuna ragione per aggiungere eccezioni al sistema del MAE quale è stato concepito nella decisione quadro sul MAE.

134.

La Corte ha già affermato che la persona di cui è chiesta la consegna non può far valere, per opporsi alla consegna da parte dello Stato di esecuzione, il mancato recepimento da parte dello Stato di emissione della direttiva 2016/343, che armonizza, tra l’altro, taluni aspetti del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. La Corte ha altresì precisato che l’obbligo per lo Stato membro emittente di rispettare, nell’ambito del suo ordinamento giuridico, l’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione, compresa la direttiva 2016/343, resta impregiudicato ( 73 ). È lo Stato emittente a dover prevedere un mezzo di ricorso che possa essere proposto dinanzi ai propri giudici per far rispettare tale direttiva.

135.

Pertanto, il fatto di obbligare l’autorità di esecuzione a consegnare una persona al di fuori delle situazioni previste dalla decisione quadro sul MAE non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 TUE ( 74 ). Dopo la consegna, come osservato dall’Irlanda, lo Stato membro emittente mantiene la responsabilità di garantire i diritti fondamentali ( 75 ).

136.

Pertanto, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse dichiarare che i processi per i reati innescanti non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE, ritengo che l’autorità di esecuzione abbia l’obbligo di dare esecuzione al MAE. In assenza di preoccupazioni circa le carenze sistemiche dello Stato membro emittente, l’autorità di esecuzione non dovrebbe poter verificare il rispetto dell’articolo 6 della CEDU in tale primo Stato nei confronti della persona di cui è richiesta la consegna, ma è tenuta a dare esecuzione al MAE.

137.

Infine, nell’ambito della questione 3, lettera b), nelle due cause, il giudice del rinvio ha chiesto se la valutazione di eventuali violazioni, che consentano all’autorità di esecuzione di rifiutare la consegna, debba essere limitata a quelle riguardanti il contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo.

138.

A mio avviso, al di là delle ipotesi previste dalla decisione quadro sul MAE e in assenza di carenze sistemiche nel sistema giudiziario dello Stato membro emittente, il meccanismo del MAE non offre spazio a che l’autorità di esecuzione verifichi se la sostanza del diritto fondamentale a un processo equo delle persone ricercate sia o sarebbe violato.

4. Conclusione intermedia

139.

Quando una situazione non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 e in assenza di carenze sistemiche nel sistema giudiziario dello Stato membro emittente, l’autorità dell’esecuzione non può verificare se il diritto fondamentale a un equo processo delle persone ricercate sia o sarebbe violato, ma deve dare esecuzione al MAE.

140.

A seguito dell’esecuzione del MAE, lo Stato emittente mantiene la responsabilità di garantire i diritti fondamentali della persona consegnata.

VI. Conclusione

141.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda) come segue:

1)

L’espressione «processo terminato con la decisione» ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, dev’essere interpretata come qualsiasi fase del procedimento che abbia un’influenza decisiva sulla decisione relativa alla privazione della libertà di una persona. Infatti, la persona di cui trattasi dev’essere messa in condizione di influenzare la decisione definitiva sulla sua libertà.

a)

Allorché la consegna sia chiesta ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà sospesa ab initio, ma della quale è stata in seguito ordinata l’esecuzione per effetto della condanna per un ulteriore reato, e tale ordine di esecuzione sia stato emesso dal giudice che ha condannato la persona ricercata per tale ulteriore reato, il procedimento che si è concluso con tale successiva condanna e con l’ordine di esecuzione fa parte del «processo terminato con la decisione» ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584.

b)

Per considerare il procedimento che si è concluso con la successiva condanna un «processo terminato con la decisione» ai fini dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, non rileva il fatto che il giudice che ha emesso l’ordine di esecuzione fosse obbligato a emettere tale ordine in punto di diritto o avesse discrezionalità nell’emettere tale ordine. Rileva che tale procedimento abbia avuto un effetto determinante sulla riapertura della decisione relativa alla pena che ha dato luogo all’ordine di esecuzione.

2)

Quando una situazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, l’autorità dell’esecuzione deve soltanto esaminare se ricorrano le condizioni enunciate in tale articolo. In tal modo, essa adempie necessariamente anche i suoi obblighi di rispettare l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Quando una situazione non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 e in assenza di carenze sistemiche nel sistema giudiziario dello Stato membro emittente, l’autorità dell’esecuzione non può verificare se il diritto fondamentale a un equo processo delle persone ricercate sia o sarebbe violato, ma deve dare esecuzione al MAE. A seguito dell’esecuzione del MAE, lo Stato emittente mantiene la responsabilità di garantire i diritti fondamentali della persona consegnata.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell’interessato al processo (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro sul MAE»).

( 3 ) Esse sono contenute negli articoli 3, 4 e 4 bis della decisione quadro sul MAE.

( 4 ) Sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 89).

( 5 ) Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 61).

( 6 ) Cause citate nelle precedenti note 4 e 5 nonché sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punti 5152); v., altresì, sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice precostituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punti 50, 52, 6768).

( 7 ) Puig Gordi e a. (C‑158/21); E.D.L. (Motif de refus fondé sur la maladie) (C‑699/21); e GN (C‑261/22).

( 8 ) Sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punti 3763); parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 191).

( 9 ) A tale riguardo, v. decisione quadro del Consiglio 2009/299. V., altresì, direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1) e sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punti 6263).

( 10 ) V. inoltre, al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Richard de la Tour nella causa Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2022:573, paragrafo 60). Al momento della presentazione delle presenti conclusioni, tale causa è ancora pendente dinanzi alla Corte.

( 11 ) Occorre rilevare che il giudice del rinvio si pronuncia sull’impugnazione avverso la decisione della High Court (Alta Corte, Irlanda), che era il giudice di primo grado investito del MAE di cui trattasi e che ne ha disposto l’esecuzione.

( 12 ) Dato che il ricorrente nel procedimento principale aveva trascorso un mese in carcere nel corso del processo di primo grado, gli sono rimasti da scontare un massimo di 11 mesi.

( 13 ) Secondo le informazioni disponibili, il reato innescante è stato commesso nel 2008, quindi durante il periodo di messa alla prova per i primi reati.

( 14 ) Le parti all’udienza dinanzi alla Corte non hanno potuto confermare chi aveva proposto tale impugnazione.

( 15 ) Dal fascicolo non è possibile evincere l’esistenza di un margine di discrezionalità per revocare tale messa alla prova. Pertanto, in questa causa, a differenza della causa C‑515/21, il giudice del rinvio si interroga altresì sulla rilevanza dell’eventuale esistenza di discrezionalità riguardo alla revoca della messa alla prova per i primi reati.

( 16 ) Il giudice del rinvio ha fatto presente che, a causa della scadenza dei termini, la pena per il reato innescante si è ormai estinta; ciò è stato altresì confermato all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte.

( 17 ) Un «denial of service attack» è un attacco informatico in cui l’autore tenta di rendere inutilizzabile ai suoi destinatari un dispositivo o una risorsa di rete, interrompendo temporaneamente o a tempo indefinito i servizi di un host connesso ad una rete. È generalmente realizzato tempestando di richieste inutili la macchina o la risorsa che ne costituisce il bersaglio nel tentativo di sovraccaricare i sistemi e di impedire che alcune o tutte le richieste legittime siano soddisfatte.

( 18 ) Secondo le informazioni disponibili su tale risultato, l’autorità giudiziaria emittente ha definito «obbligatorio» l’ordine di esecuzione.

( 19 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628).

( 20 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629).

( 21 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026).

( 22 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628).

( 23 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629).

( 24 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026).

( 25 ) Mitsilegas, V., «Autonomous concepts, diversity management and mutual trust in Europe’s area of criminal justice», Common Market Law Review, vol. 57(1), 2020, pagg. da 45 a 78, in particolare pag. 62.

( 26 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 84); il corsivo è mio.

( 27 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punti 8791).

( 28 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 81).

( 29 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 93).

( 30 ) Dalla giurisprudenza precedente risulta altresì chiaramente che una «decisione» ai sensi dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE può riguardare o la determinazione definitiva della colpevolezza o l’irrogazione definitiva di una pena o entrambe. V. sentenze del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 7883), e del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 94). Nelle cause in esame, le questioni pregiudiziali riguardano decisioni relative a pene detentive per il primo reato/i primi reati e non le decisioni sulla colpevolezza per tale reato o tali reati.

( 31 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punti 8587).

( 32 ) La Corte ha citato le seguenti cause della Corte EDU: Corte EDU, 21 settembre 1993, Kremzow c. Austria (CE:ECHR:1993:0921JUD001235086, § 67) che riguardava la mancata comparizione all’udienza d’appello concernente la conversione di una pena detentiva di lunga durata in una pena detentiva perpetua e stabiliva se quest’ultima dovesse essere scontata in un istituto penitenziario normale o in un ospedale psichiatrico; la Corte EDU l’ha ritenuta una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU); Corte EDU, 3 aprile 2012, Boulois c. Lussemburgo (CE:ECHR:2012:0403JUD003757504, § 87) riguardante il rigetto della richiesta di un giorno di permesso, che non era stato ritenuto parte del risvolto penale dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU; e Corte EDU, 28 novembre 2013, Dementyev c. Russia (CE:ECHR:2013:1128JUD004309505, § 23) riguardante la mancata comparizione all’udienza che ha determinato una pena cumulativa, riconosciuta come parte del risvolto penale dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU.

( 33 ) Sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek (C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 85).

( 34 ) Per la presentazione del contesto normativo pertinente nella causa Ardic, v. sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punti da 19 a 30) e conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1013, paragrafi da 29 a 33).

( 35 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punto 75).

( 36 ) A tal riguardo, rinvio il lettore alle conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1013, paragrafo 46).

( 37 ) Corte EDU, 3 aprile 2012, Boulois c. Lussemburgo (CE:ECHR:2012:0403JUD003757504, § 87). Vale la pena osservare che la giurisprudenza della Corte EDU non è determinante quando si tratta di stabilire una regola chiara su cosa rappresenti una decisione sulla natura o sul quantum di una pena e non una decisione sulle modalità di esecuzione di una pena.

( 38 ) Il che non può essere paragonato alla sospensione della parte restante di una pena privativa della libertà, come correttamente rilevato da LU nelle sue osservazioni scritte.

( 39 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punto 77); il corsivo è mio.

( 40 ) V., al riguardo, sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punto 80). Tutte le parti all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte hanno concordato sul fatto che la causa Ardic può essere distinta dalle due presenti cause dal punto di vista fattuale. Infatti, la revoca della messa in libertà provvisoria nella causa Ardic non era fondata su una dichiarazione di colpevolezza, bensì faceva seguito alla constatazione che il sig. Ardic aveva lasciato la Germania in violazione delle condizioni circa la sua messa in libertà provvisoria. Nelle due presenti cause, la revoca è la conseguenza di un procedimento penale conclusosi con una dichiarazione di colpevolezza, alla cui udienza i due ricorrenti non erano presenti.

( 41 ) La circostanza che le persone che dovevano essere consegnate fossero al corrente del fatto che una condanna per un nuovo reato avrebbe comportato o avrebbe potuto comportare la revoca della sospensione condizionale in relazione alla prima pena detentiva non modifica la conclusione in oggetto. Al punto 83 della sentenza Ardic, la Corte ha, al contrario, ritenuto che la consapevolezza, da parte del sig. Ardic, di non poter lasciare il paese costituiva un argomento che consentiva di escludere la decisione di revocare la decisione di messa in libertà dall’ambito di applicazione dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE. Ciò si spiega tuttavia con l’affermazione della Corte che una siffatta violazione delle condizioni per la messa in libertà conduceva alla revoca automatica della messa in libertà condizionale. Tuttavia, nelle presenti cause, la revoca della sospensione condizionale dipendeva dalla dichiarazione, da parte di un giudice, della colpevolezza per un reato che ha dato luogo ad una pena detentiva. Mentre il sig. Ardic non poteva cambiare il fatto che egli aveva lasciato il paese, il ricorrente nelle presenti cause potrebbe influenzare l’accertamento della colpevolezza e la pena grazie alla sua presenza ai processi per i reati innescanti.

( 42 ) I due ricorrenti nel procedimento principale hanno affermato che l’attivazione della pena detentiva per il primo reato/i primi reati deriva direttamente dalla seconda condanna e che essi sono così strettamente connessi che si deve tenere conto della seconda condanna per decidere in merito all’esecuzione dei MAE. Parimenti, secondo il giudice del rinvio esiste uno stretto legame tra i due procedimenti che potrebbe giustificare la qualificazione del secondo come processo terminato con la decisione. Condivido tali argomenti.

( 43 ) Ciò è chiaramente illustrato dalla situazione nella causa C‑514/21, in cui il giudice di primo grado, dopo aver accertato la colpevolezza in relazione ai reati innescanti, ha inflitto a titolo di pena soltanto una sanzione pecuniaria, mentre il giudice d’appello l’ha modificata, irrogando una pena detentiva.

( 44 ) Secondo le informazioni a disposizione, il procedimento per la revoca della sospensione nella causa C‑515/21 era distinto, ma non lasciava alcun margine di discrezionalità al giudice chiamato a decidere.

( 45 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punto 87). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Richard de la Tour nella causa Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2022:573, paragrafo 12).

( 46 ) Articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro sul MAE.

( 47 ) V., a tal proposito, il considerando 4 della decisione quadro 2009/299, che dispone, tra l’altro: «La presente decisione quadro mira a precisare la definizione di tali motivi comuni consentendo all’autorità di esecuzione di eseguire la decisione nonostante l’interessato non sia presente al giudizio, pur rispettando pienamente il diritto alla difesa dell’interessato. (…)».

( 48 ) Considerando 4 della decisione quadro 2009/299.

( 49 ) V. considerando 3 e 5 della decisione quadro 2009/299.

( 50 ) V. considerando 1 della decisione quadro 2009/299.

( 51 ) Sentenza del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346, punto 42).

( 52 ) Le stesse condizioni sembrano essere ribadite nella direttiva 2016/343. V., in particolare, articolo 8, paragrafo 2, e articolo 9, della stessa.

( 53 ) Ad esempio, per quanto riguarda il requisito che l’interessato abbia effettivamente ricevuto informazioni ufficiali sul processo fissato in base all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera a), della decisione quadro sul MAE (v. infra nota 55). V. altresì Brodersen, K., H., Glerum, V., e Klip, A., «The European arrest warrant and in absentia Judgments: The cause of much trouble», New Journal of European Criminal Law, vol. 13(1), pag. da 7 a 27, in particolare pagg. 12 e 21; Klip, A., Brodersen, K.H. e Glerum, V., The European Arrest Warrant and In Absentia Judgments, Maastricht Law Series, n. 12, Eleven International Publishing, The Hague, 2020, pag. 110.

( 54 ) V. sentenze del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Hamburg (C‑416/20 PPU, EU:C:2020:1042, punti 4344), e del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo a un imputato in fuga) (C‑569/20, EU:C:2022:401, punti 34, 3537).

( 55 ) A tal riguardo, le presenti cause sollevano incidentalmente un’altra problematica: quando l’autorità di esecuzione deve ritenere che ricorra una delle condizioni di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, della decisione quadro sul MAE? La comunicazione tra l’autorità dell’esecuzione e l’autorità emittente si basa sul modulo allegato alla decisione quadro sul MAE, che, contenendo caselle predefinite da contrassegnare, non sembra del tutto soddisfacente ai fini di una comunicazione efficace. Nelle presenti cause, tra autorità dell’esecuzione e autorità emittente hanno avuto luogo molteplici scambi di informazioni sulla base dell’articolo 15 della decisione quadro sul MAE. Tuttavia, ciò non sembrava sufficiente, dal punto di vista del giudice del rinvio, per decidere con certezza se il diritto di presenziare al processo fosse stato violato. Ad esempio, nella causa C‑515/21, l’autorità emittente ha spiegato che esiste una possibilità di ricorso straordinario per riaprire i processi in relazione ai reati innescanti. Tuttavia, non risulta che l’autorità dell’esecuzione si sia persuasa del fatto che l’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera d), della decisione quadro sul MAE è stato rispettato.

( 56 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Melloni (C‑399/11, EU:C:2012:600, paragrafi da 80 a 82).

( 57 ) V. nota 50.

( 58 ) Un esempio si rinviene nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346). La Polonia ha emesso un MAE per la consegna del sig. Dworzecki: benché il processo si sia svolto in absentia, l’autorità emittente polacca ha dichiarato che il sig. Dworzecki aveva ricevuto informazioni ufficiali sul processo fissato, in quanto tali informazioni erano state consegnate ad una persona maggiore d’età, convivente del destinatario, all’indirizzo che egli aveva fornito. Pur essendo considerata una regolare notifica secondo il diritto polacco, essa non soddisfaceva la condizione di cui all’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera a), della decisione quadro sul MAE, che richiede che la citazione sia ricevuta «personalmente». La Corte ha dichiarato che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione in tale causa poteva comunque procedere alla consegna tenendo conto di altre circostanze che potessero convincere tale autorità giudiziaria del fatto che i diritti della difesa del sig. Dworzecki non sarebbero stati violati (v. punti da 47 a 52 della citata sentenza). L’intenzione di sottrarsi al processo è stata ritenuta dalla Corte EDU un giustificato motivo per non concedere un nuovo processo per una decisione emessa in absentia. V., ad esempio, Corte EDU, 14 giugno 2001, Medenica c. Svizzera (CE:ECHR:2001:0614JUD002049192, §§ 55 e 56).

( 59 ) V., al riguardo, sentenze del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346, punto 50), e sentenza del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Hamburg (C‑416/20 PPU, EU:C:2020:1042, punto 51).

( 60 ) Tranne che nelle situazioni di cui all’articolo 5 della decisione quadro, nessuna delle quali si applica alle due cause in esame: in primo luogo, l’ipotesi di un reato punibile con una pena detentiva perpetua o una misura di sicurezza privativa della libertà perpetua e, in secondo luogo, quando il MAE è emesso ai fini dell’esercizio dell’azione penale.

( 61 ) Sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026, punto 70).

( 62 ) V. nota 7.

( 63 ) Tale è il linguaggio utilizzato dalla Corte EDU.V., ad esempio, Corte EDU, 9 luglio 2019, Kislov c. Russia (CE:ECHR:2019:0709JUD000359810, §§ 107 e 115).

( 64 ) Sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 88).

( 65 ) Tale diritto è tutelato come assoluto in forza dell’articolo 3 della CEDU e dell’articolo 4 della Carta.

( 66 ) Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 61, 68, 7678).

( 67 ) Sentenze del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punto 52), e del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice precostituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 52).

( 68 ) Sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 89).

( 69 ) Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 6168).

( 70 ) Ciò è stato altresì confermato nelle sentenze del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punti 5466), e del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice precostituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punti 5052).

( 71 ) V. nota 8.

( 72 ) V., al riguardo, la decisione quadro 2009/299 e la direttiva 2016/343.

( 73 ) V., a tal riguardo, sentenza del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Hamburg (C‑416/20 PPU, EU:C:2020:1042, punto 55). Per un diverso parere, v. Böse, M., «European Arrest Warrants and Minimum Standards for Trials in absentia – Blind Trust vs. Transnational Direct Effect?», European Criminal Law Review, vol. 11(3), 2021, pagg. da 275 a 287, in particolare pagg. da 285 a 286. Böse suggerisce che il rifiuto è altresì consentito «se nello Stato membro emittente vi è una manifesta mancanza di tutela giurisdizionale che priva il convenuto del diritto a un ricorso effettivo» e che la persona soggetta al MAE dovrebbe poter far valere la direttiva 2016/343 anche nelle procedure di consegna.

( 74 ) V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1013, paragrafo 78), in cui quest’ultimo ha spiegato che la decisione quadro sul MAE riconosce il ruolo di protagonista dello Stato membro di emissione in materia di salvaguardia dei diritti degli imputati.

( 75 ) V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Richard de la Tour nella causa Puig Gordi e a. (C‑158/21, EU:C:2022:573, paragrafi 85, 87116).

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