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Document 62020CJ0151

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 marzo 2022.
Bundeswettbewerbsbehörde contro Nordzucker AG e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Oberster Gerichtshof.
Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Articolo 101 TFUE – Intesa perseguita da due autorità nazionali garanti della concorrenza – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Esistenza di una stessa infrazione – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Presupposti – Perseguimento di un obiettivo d’interesse generale – Proporzionalità.
Causa C-151/20.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:203

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

22 marzo 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Articolo 101 TFUE – Intesa perseguita da due autorità nazionali garanti della concorrenza – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Esistenza di una stessa infrazione – Articolo 52, paragrafo 1 – Limitazioni apportate al principio del ne bis in idem – Presupposti – Perseguimento di un obiettivo d’interesse generale – Proporzionalità»

Nella causa C‑151/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), con decisione del 12 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2020, nel procedimento

Bundeswettbewerbsbehörde

contro

Nordzucker AG,

Südzucker R AG,

Agrana Zucker GmbH,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe (relatrice), C. Lycourgos, E. Regan, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič, T. von Danwitz, A. Kumin e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 marzo 2021,

considerate le osservazioni presentate:

per la Bundeswettbewerbsbehörde, da N. Harsdorf Enderndorf, B. Krauskopf e A. Xeniadis, in qualità di agenti;

per la Südzucker AG, da C. von Köckritz, W. Bosch e A. Fritzsche, Rechtsanwälte;

per l’Agrana Zucker GmbH, da H. Wollmann, C. von Köckritz, W. Bosch e A. Fritzsche, Rechtsanwälte;

per il governo belga, da J.-C. Halleux e L. Van den Broeck, in qualità di agenti, assistiti da P. Vernet e E. de Lophem, avocats;

per il governo tedesco, inizialmente da J. Möller e S. Heimerl, successivamente da J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da L. Kotroni, in qualità di agente;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

per il governo lettone, da K. Pommere, in qualità di agente;

per il governo polacco, da B. Majczyna e M. Wiącek, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da A. Keidel, G. Meessen, P. Rossi, H. van Vliet, A. Cleenewerck de Crayencour e F. van Schaik, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Bundeswettbewerbsbehörde (Autorità federale garante della concorrenza, Austria) (in prosieguo: l’«autorità austriaca») e, dall’altro, la Nordzucker AG, la Südzucker AG e l’Agrana Zucker GmbH (in prosieguo: l’«Agrana») in merito alla partecipazione di queste ultime ad una pratica contraria all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto austriaco in materia di concorrenza.

Contesto normativo

3

I considerando 6 e 8 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), sono così formulati:

«(6)

Per garantire un’efficace applicazione delle regole di concorrenza [dell’Unione] sarebbe opportuno coinvolgere in maggior misura le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. A tal fine, ad esse dovrebbe essere conferito il potere di applicare il diritto [dell’Unione].

(...)

(8)

Per garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza [dell’Unione] e il corretto funzionamento del meccanismo di cooperazione contenuto nel presente regolamento è necessario imporre alle autorità garanti della concorrenza e alle giurisdizioni degli Stati membri di applicare anche gli articoli [101] e [102 TFUE] allorché applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza ad accordi e prassi che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Per creare condizioni eque per gli accordi, per le decisioni di associazioni di imprese e per le pratiche concordate nel mercato interno è inoltre necessario definire, a norma dell’articolo [103], paragrafo 2, lettera e), [TFUE], i rapporti fra le legislazioni nazionali e il diritto [dell’Unione] in materia di concorrenza. A tal fine è necessario prevedere che l’applicazione delle legislazioni nazionali in materia di concorrenza agli accordi, decisioni o pratiche concordate ai sensi dell’articolo [101], paragrafo 1, [TFUE] non possa comportare il divieto di siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate se essi non sono vietati anche a norma del diritto [dell’Unione] in materia di concorrenza. I concetti di accordi, decisioni e pratiche concordate sono concetti autonomi del diritto [dell’Unione] in materia di concorrenza che disciplinano il coordinamento della condotta delle imprese sul mercato secondo l’interpretazione delle giurisdizioni [dell’Unione]. (...)».

4

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento:

«1.   Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo [101], paragrafo 1, [TFUE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo [101 TFUE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo [102 TFUE], esse applicano anche l’articolo [102 TFUE].

2.   Dall’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza non può scaturire il divieto di accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri che non impongono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’articolo [101], paragrafo 1, [TFUE], che soddisfano le condizioni dell’articolo [101], paragrafo 3, [TFUE] o che sono disciplinati da un regolamento per l’applicazione dell’articolo [101], paragrafo 3, [TFUE]. Il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di adottare e applicare nel loro territorio norme nazionali più rigorose che vietino o sanzionino le condotte unilaterali delle imprese».

5

L’articolo 5 di detto regolamento così recita:

«Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli [101] e [102 TFUE] in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare le seguenti decisioni:

ordinare la cessazione di un’infrazione,

disporre misure cautelari,

accettare impegni,

comminare ammende, penalità di mora o qualunque altra sanzione prevista dal diritto nazionale.

Qualora, in base alle informazioni di cui dispongono, non sussistono le condizioni per un divieto, possono anche decidere di non avere motivo di intervenire».

6

L’articolo 12, paragrafo 1, del medesimo regolamento prevede quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE], la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri hanno la facoltà di scambiare e utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto o di diritto, comprese informazioni riservate».

7

L’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 stabilisce che la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni degli articoli 101 TFUE o 102 TFUE.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8

La Nordzucker, la Südzucker e la sua società figlia Agrana sono attive sul mercato della produzione e della commercializzazione dello zucchero destinato all’industria e al consumo domestico (in prosieguo: il «mercato dello zucchero»).

9

La Nordzucker e la Südzucker, insieme a un terzo grande produttore, detengono una posizione dominante sul mercato dello zucchero in Germania. Gli stabilimenti della Nordzucker sono situati nel nord e quelli della Südzucker nel sud di tale Stato membro. A causa dell’ubicazione degli stabilimenti, delle caratteristiche dello zucchero e dei costi del suo trasporto, il mercato tedesco dello zucchero era tradizionalmente suddiviso in tre aree geografiche principali, in ciascuna delle quali occupava una posizione dominante uno di tali tre grandi produttori. Tale ripartizione geografica del mercato non si estendeva ai mercati esteri, compresi quelli sui quali operavano le società figlie di tali tre produttori, e non riguardava, in particolare, il mercato austriaco.

10

L’Agrana è il principale produttore di zucchero in Austria. Sui mercati in cui è attiva, essa opera in larga misura autonomamente

11

L’adesione, nel 2004, di nuovi Stati membri all’Unione ha destato preoccupazione tra i produttori tedeschi di zucchero a causa della nuova pressione concorrenziale proveniente dalle imprese stabilite in tali Stati membri. È in tale contesto che, almeno dal 2004, si sono svolti diversi incontri tra i direttori commerciali della Nordzucker e della Südzucker, in esito ai quali questi ultimi hanno convenuto di non farsi reciproca concorrenza intervenendo nelle rispettive aree principali di vendita tradizionali al fine di sfuggire a tale nuova pressione concorrenziale.

12

Verso la fine del 2005 l’Agrana ha notato forniture di zucchero sul mercato austriaco, provenienti, in particolare, da una società figlia slovacca della Nordzucker e destinate a clienti industriali austriaci, di cui l’Agrana era stata fino ad allora l’esclusiva fornitrice.

13

Il 22 febbraio 2006, nel corso di una conversazione telefonica, l’amministratore dell’Agrana ha informato il direttore commerciale della Südzucker dell’esistenza di tali forniture e gli ha chiesto il nome di una persona di contatto presso la Nordzucker.

14

Lo stesso giorno il direttore commerciale della Südzucker ha quindi chiamato il direttore commerciale della Nordzucker per informarlo delle suddette forniture verso l’Austria, facendo riferimento a possibili conseguenze per il mercato tedesco dello zucchero (in prosieguo: la «conversazione telefonica controversa»). Non è dimostrato che l’Agrana sia stata informata di tale telefonata.

15

A seguito della presentazione, da parte della Nordzucker, di domande di clemenza, in particolare al Bundeskartellamt (Autorità federale garante della concorrenza, Germania) (in prosieguo: l’«autorità tedesca») e all’autorità austriaca, tali autorità hanno avviato contemporaneamente indagini.

16

Nel settembre 2010 l’autorità austriaca ha quindi proposto ricorso dinanzi all’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land, Vienna, Austria), giudice austriaco competente in materia di concorrenza, diretto a far dichiarare che la Nordzucker aveva violato l’articolo 101 TFUE e le corrispondenti disposizioni del diritto austriaco, nonché ad ottenere l’irrogazione di due ammende alla Südzucker, una delle quali anche all’Agrana quale responsabile in solido. Tra gli elementi materiali su cui si è basata l’autorità austriaca per accertare la partecipazione di tali tre imprese a un’intesa sul mercato austriaco dello zucchero figurava, in particolare, la conversazione telefonica controversa.

17

Da parte sua, l’autorità tedesca, con decisione del 18 febbraio 2014, passata in giudicato, ha constatato che la Nordzucker, la Südzucker e il terzo produttore tedesco di cui al punto 9 della presente sentenza avevano commesso un’infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto tedesco in materia di concorrenza e ha inflitto, in particolare, alla Südzucker un’ammenda pari a EUR 195500000 (in prosieguo: la «decisione definitiva dell’autorità tedesca»). Stando a tale decisione, dette imprese attuavano, sul mercato dello zucchero, un accordo di reciproco rispetto delle principali aree di vendita, attraverso incontri regolari tra i rappresentanti della Nordzucker e della Südzucker svoltisi nel corso del periodo compreso tra il 2004 e il 2007, e fino all’estate del 2008. In detta decisione, l’autorità tedesca ha riprodotto il contenuto della conversazione telefonica controversa, in occasione della quale i rappresentanti della Nordzucker e della Südzucker avevano discusso del mercato austriaco. Tra tutti gli elementi di fatto riscontrati da tale autorità, tale conversazione è l’unico elemento relativo a quest’ultimo mercato.

18

Con ordinanza del 15 maggio 2019 l’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land, Vienna) ha respinto il ricorso proposto dall’autorità austriaca, con la motivazione, in particolare, che l’accordo concluso nel corso della conversazione telefonica controversa era già stato oggetto di una sanzione inflitta da un’altra autorità nazionale garante della concorrenza, cosicché una nuova sanzione sarebbe stata contraria al principio del ne bis in idem.

19

L’autorità austriaca ha interposto appello avverso tale ordinanza dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria), giudice del rinvio. Essa chiede, da un lato, che venga dichiarato che, a causa di tale accordo, la Nordzucker ha violato l’articolo 101 TFUE nonché le corrispondenti disposizioni del diritto austriaco in materia di concorrenza e, dall’altro, che sia inflitta un’ammenda di importo adeguato alla Südzucker per la medesima infrazione.

20

In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede, alla luce del principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta, se la conversazione telefonica controversa possa essere presa in considerazione, essendo stata espressamente menzionata nella decisione definitiva dell’autorità tedesca.

21

Tale giudice osserva anzitutto che il principio del ne bis in idem, nella sua componente «idem», ha dato luogo a interpretazioni divergenti. In materia di diritto della concorrenza, infatti, risulterebbe in particolare dalla sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 97), che tale principio può essere applicato solo se sono soddisfatti tre criteri cumulativi, vale a dire l’identità dei fatti, l’identità dei contravventori e l’identità dell’interesse giuridico tutelato. Per contro, in altri settori del diritto dell’Unione, in particolare nelle sentenze del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165, punto 36), e del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 35), la Corte avrebbe escluso il criterio relativo all’identità dell’interesse giuridico tutelato.

22

Il giudice del rinvio si chiede inoltre se, nell’ambito della valutazione della componente «idem», occorra prendere in considerazione, tra gli altri elementi, gli effetti territoriali delle intese che hanno avuto luogo nei territori di diversi Stati membri, per analogia con la soluzione accolta nelle sentenze del 18 maggio 2006, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione (C‑397/03 P, EU:C:2006:328), del 29 giugno 2006, Showa Denko/Commissione (C‑289/04 P, EU:C:2006:431), nonché del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10 P, EU:C:2012:72, punti da 99 a 103).

23

Per quanto riguarda la controversia oggetto del procedimento principale, il giudice del rinvio osserva che, secondo l’autorità austriaca, l’ammenda inflitta con la decisione definitiva dell’autorità tedesca non ha tenuto conto degli effetti dell’intesa in Austria. Del pari, stando a un parere del vicepresidente dell’autorità tedesca, datato 28 giugno 2019, le decisioni di tale autorità sanzionerebbero, in linea di principio, solo gli effetti anticoncorrenziali in Germania. L’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land, Vienna) sarebbe tuttavia di parere opposto a motivo della particolare importanza attribuita, nella decisione definitiva dell’autorità tedesca, alla conversazione telefonica controversa.

24

In secondo luogo, per quanto riguarda la domanda di accertamento dell’infrazione nei confronti della Nordzucker, il giudice del rinvio rileva che l’autorità austriaca ha concesso a tale impresa di beneficiare di misure di clemenza in forza del diritto nazionale. Rilevando che, secondo la sentenza del 18 giugno 2013, Schenker & Co. e a. (C‑681/11, EU:C:2013:404), un’autorità nazionale garante della concorrenza può, in via eccezionale, limitarsi a constatare un’infrazione senza infliggere un’ammenda, esso si chiede se il principio del ne bis in idem debba essere applicato a un siffatto procedimento per l’accertamento dell’infrazione. La Corte avrebbe infatti dichiarato, in particolare al punto 94 della sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72), che tale principio deve essere rispettato nei procedimenti diretti all’irrogazione di ammende.

25

Ciò premesso, l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il terzo criterio previsto dalla giurisprudenza della Corte in materia di concorrenza ai fini dell’applicabilità del principio del ne bis in idem, vale a dire la necessità che sia toccato il medesimo interesse giuridico tutelato, trovi applicazione anche quando le autorità garanti della concorrenza di due Stati membri sono chiamate ad applicare per la medesima fattispecie e in relazione alle medesime persone, unitamente a disposizioni nazionali, anche le medesime norme giuridiche di diritto europeo (nella fattispecie: l’articolo 101 TFUE).

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

2)

Se in un siffatto caso di applicazione parallela del diritto della concorrenza europeo e nazionale sussista il medesimo interesse giuridico tutelato.

3)

Se, inoltre, ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem rilevi se la decisione sull’ammenda cronologicamente anteriore adottata dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro abbia, dal punto di vista dei fatti, tenuto conto degli effetti dell’infrazione alle norme in materia di concorrenza su un altro Stato membro, la cui autorità garante abbia adottato solo successivamente la propria decisione nell’ambito del procedimento in materia di concorrenza svoltosi dinanzi ad essa.

4)

Se anche un procedimento in cui, dato il coinvolgimento di un partecipante al programma nazionale di clemenza, può soltanto essere accertata la sua infrazione al diritto della concorrenza, rappresenti un procedimento dominato dal principio del ne bis in idem o se un siffatto mero accertamento dell’infrazione sia ammesso a prescindere dall’esito di un procedimento anteriore concernente l’inflizione di un’ammenda (in un altro Stato membro)».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima e terza

26

Con le sue questioni prima e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 50 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un’impresa sia perseguita, dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, e le sia inflitta, se del caso, un’ammenda per un’infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto nazionale in materia di concorrenza, a causa di un comportamento che ha avuto un oggetto o un effetto anticoncorrenziale nel territorio di tale Stato membro, quando tale comportamento sia già stato menzionato, da un’autorità garante della concorrenza di un altro Stato membro, in una decisione definitiva adottata da quest’ultima nei confronti di tale impresa al termine di un procedimento di infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto della concorrenza di tale altro Stato membro.

27

In tale contesto, il giudice del rinvio chiede, in particolare, chiarimenti sui criteri pertinenti al fine di valutare se le due autorità nazionali garanti della concorrenza si siano pronunciate sugli stessi fatti.

Osservazioni preliminari

28

Occorre ricordare che il principio del ne bis in idem costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 59), attualmente sancito dall’articolo 50 della Carta.

29

L’articolo 50 della Carta stabilisce che «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge». Il principio del ne bis in idem vieta quindi un cumulo tanto di procedimenti quanto di sanzioni con natura penale ai sensi del menzionato articolo per gli stessi fatti e nei confronti di una stessa persona (sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

30

Ai fini della valutazione della natura penale dei procedimenti e delle sanzioni di cui trattasi, che spetta al giudice del rinvio effettuare, occorre rammentare che sono rilevanti tre criteri. Il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura dell’illecito e il terzo nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Bonda, C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 37, nonché del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punti 2627).

31

Occorre sottolineare, a tal riguardo, che l’applicazione dell’articolo 50 della Carta non si limita unicamente ai procedimenti e alle sanzioni qualificati come «penali» dal diritto nazionale, bensì comprende – prescindendo da una siffatta qualificazione in diritto interno – procedimenti e sanzioni che devono essere ritenuti di natura penale sul fondamento dei due ulteriori criteri di cui al punto precedente (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 30).

32

Inoltre, la Corte ha già dichiarato che il principio del ne bis in idem deve essere rispettato nei procedimenti volti a infliggere ammende in materia di diritto della concorrenza. Detto principio vieta, in materia di concorrenza, che un’impresa venga nuovamente condannata o perseguita per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile (sentenze del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 94 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie, C‑617/17, EU:C:2019:283, punto 28).

33

Ne consegue che l’applicazione del principio del ne bis in idem nell’ambito dei procedimenti in materia di diritto della concorrenza è subordinata a una duplice condizione, vale a dire, da un lato, che vi sia una decisione definitiva anteriore (condizione «bis») e, dall’altro, che lo stesso comportamento sia oggetto tanto della decisione precedente quanto del procedimento o della decisione successivi (condizione «idem»).

Sulla condizione «bis»

34

Per quanto riguarda la condizione «bis», occorre ricordare che, affinché si possa ritenere che una decisione abbia statuito definitivamente sui fatti oggetto di un secondo procedimento, è necessario non solo che tale decisione sia divenuta definitiva, ma anche che essa sia stata pronunciata previa una valutazione nel merito della causa (v., per analogia, sentenza del 5 giugno 2014, M, C‑398/12, EU:C:2014:1057, punti 2830).

35

Nel caso di specie, dalle constatazioni effettuate dal giudice del rinvio risulta che la decisione definitiva dell’autorità tedesca costituisce una precedente decisione definitiva ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto precedente.

Sulla condizione «idem»

36

Per quanto riguarda la condizione «idem», dalla formulazione stessa dell’articolo 50 della Carta risulta che quest’ultimo vieta di perseguire o condannare la stessa persona più di una volta per lo stesso reato.

37

Come indicato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, i diversi procedimenti e sanzioni di cui trattasi nel procedimento principale riguardano le stesse persone giuridiche, ossia la Nordzucker e la Südzucker.

38

Secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, il criterio rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di uno stesso reato è quello dell’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro che hanno condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato. L’articolo 50 della Carta vieta infatti di infliggere, per fatti identici, più sanzioni di natura penale in esito a diversi procedimenti svolti a tali fini (sentenze del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 35, e del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

39

Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la qualificazione giuridica, in diritto nazionale, dei fatti e l’interesse giuridico tutelato non sono rilevanti ai fini della constatazione della sussistenza di uno stesso reato, considerato che la portata della tutela conferita dall’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato membro all’altro (sentenze del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 36, e del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 38).

40

Lo stesso vale ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta nel settore del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, in quanto la portata della tutela conferita a tale disposizione, salvo disposizioni contrarie previste dal diritto dell’Unione, non può variare da un settore all’altro di quest’ultimo (sentenza pronunciata in data odierna, bpost, C‑117/20, punto 35).

41

Per quanto riguarda il criterio relativo all’identità dei fatti, la questione se talune imprese abbiano adottato un comportamento avente per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza non può essere valutata in maniera astratta, ma va esaminata facendo riferimento al territorio e al mercato di prodotti sui quali il comportamento di cui trattasi ha avuto tale oggetto e tale effetto, nonché al periodo durante il quale il comportamento in questione ha avuto tale oggetto e tale effetto (v., per analogia, sentenze del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 99, nonché del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 45).

42

Spetta al giudice del rinvio, l’unico competente a pronunciarsi sui fatti, stabilire se la controversia di cui è investito verta sui medesimi fatti che hanno portato all’adozione della decisione definitiva dell’autorità tedesca, tenuto conto del territorio, del mercato di prodotti e del periodo interessati da tale decisione. Pertanto, spetta a tale giudice verificare la portata di detta decisione. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, in applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, è possibile per un giudice nazionale, con l’assistenza dell’autorità nazionale garante della concorrenza, chiedere l’accesso, presso un’autorità garante della concorrenza di un altro Stato membro, a una decisione adottata da quest’ultima nonché a informazioni riguardanti il contenuto di tale decisione. Ciò posto, la Corte può fornire a detto giudice elementi di interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito della valutazione di tale portata.

43

A tal riguardo, dagli elementi del fascicolo risulta che gli interrogativi del giudice del rinvio riguardano, più specificamente, la circostanza che i procedimenti condotti in Austria si fondano su un elemento di fatto, vale a dire la conversazione telefonica controversa durante la quale si è discusso del mercato austriaco dello zucchero, che era già stata menzionata nella decisione definitiva dell’autorità tedesca. Tale giudice si chiede se, visto il riferimento alla conversazione telefonica in tale decisione, sia soddisfatta la condizione relativa all’identità dei fatti.

44

A tale proposito, alla luce della giurisprudenza esposta al punto 41 della presente sentenza, occorre precisare che la mera circostanza che un’autorità di uno Stato membro menzioni, in una decisione che constata un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione nonché alle corrispondenti disposizioni del diritto di tale Stato membro, un elemento di fatto che riguarda il territorio di un altro Stato membro non può essere sufficiente per ritenere che tale elemento di fatto sia all’origine del procedimento o sia stato considerato da tale autorità tra gli elementi costitutivi di tale infrazione. Occorre ancora verificare se detta autorità si sia effettivamente pronunciata su detto elemento di fatto al fine di accertare l’infrazione, dimostrare la responsabilità della persona perseguita per tale infrazione e, se del caso, infliggerle una sanzione, di modo che detta infrazione debba essere considerata come estesa al territorio di tale altro Stato membro (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punti 101102).

45

Spetta quindi al giudice del rinvio verificare, sulla base di una valutazione di tutte le circostanze pertinenti, se la decisione definitiva dell’autorità tedesca abbia accertato e sanzionato l’intesa di cui trattasi nella parte in cui essa interessava, per il suo oggetto o per il suo effetto anticoncorrenziale nel corso del periodo considerato, non solo il mercato tedesco, ma anche il mercato austriaco.

46

Nell’ambito di tale valutazione occorre, in particolare, esaminare se le valutazioni giuridiche effettuate dall’autorità tedesca sulla base degli elementi di fatto constatati nella sua decisione definitiva si riferissero esclusivamente al mercato tedesco o anche al mercato austriaco dello zucchero. È altresì rilevante se, ai fini del calcolo dell’ammenda sulla base del fatturato realizzato sul mercato interessato dall’infrazione, l’autorità tedesca abbia assunto come base di calcolo unicamente il fatturato realizzato in Germania (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 101).

47

Nell’ipotesi in cui, dopo aver valutato l’insieme delle circostanze rilevanti, il giudice del rinvio dovesse ritenere che la decisione definitiva dell’autorità tedesca non abbia accertato e sanzionato l’intesa di cui trattasi nel procedimento principale a causa dell’oggetto o dell’effetto anticoncorrenziale della stessa sul territorio austriaco, tale giudice dovrebbe constatare che il procedimento di cui è investito non verte sugli stessi fatti all’origine della decisione definitiva dell’autorità tedesca, di modo che il principio del ne bis in idem, ai sensi dell’articolo 50 della Carta, non osterebbe a nuovi procedimenti e, se del caso, a nuove sanzioni (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 103).

48

Qualora invece il giudice del rinvio ritenesse che la decisione definitiva dell’autorità tedesca abbia accertato e sanzionato l’intesa di cui trattasi anche a causa dell’oggetto o dell’effetto anticoncorrenziale della stessa sul territorio austriaco, tale giudice dovrebbe constatare che il procedimento di cui è investito verte sugli stessi fatti all’origine della decisione definitiva dell’autorità tedesca. Un siffatto cumulo di procedimenti e, se del caso, di sanzioni costituirebbe una limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta.

Sulla giustificazione di un’eventuale limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta

49

Al fine di fornire una risposta completa al giudice del rinvio, occorre aggiungere che una limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta, come quella che sussisterebbe nell’ipotesi di cui al punto 48 della presente sentenza, può essere giustificata sul fondamento dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (sentenze del 27 maggio 2014, Spasic, C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586, punti 5556, nonché del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 40).

50

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa Carta devono essere previste dalla legge e devono rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. In base alla seconda frase del suddetto paragrafo, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni a tali diritti e libertà solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

51

Per quanto riguarda le condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, seconda frase, della Carta, e più specificamente la questione se la limitazione del diritto fondamentale garantito all’articolo 50 della Carta risultante da un cumulo di procedimenti e, se del caso, di sanzioni da parte di due autorità nazionali garanti della concorrenza risponda a un obiettivo di interesse generale, occorre sottolineare che l’articolo 101 TFUE è una disposizione di ordine pubblico che vieta le intese e che persegue l’obiettivo, indispensabile per il funzionamento del mercato interno, di garantire che la concorrenza non sia falsata in tale mercato (v., in tal senso, sentenze del 1o giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 36, nonché del 13 luglio 2006, Manfredi e a., da C‑295/04 a C‑298/04, EU:C:2006:461, punto 31).

52

In considerazione dell’importanza che la giurisprudenza della Corte attribuisce a tale obiettivo di interesse generale, un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale può essere giustificato allorché detti procedimenti e dette sanzioni riguardano, in vista della realizzazione di un obiettivo siffatto, scopi complementari vertenti, eventualmente, su aspetti differenti della medesima condotta di reato interessata (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 44).

53

Orbene, a tal riguardo, occorre ricordare che, per quanto riguarda il ruolo delle autorità degli Stati membri nel rispetto del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, l’articolo 3, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1/2003 stabilisce uno stretto legame tra il divieto di intese enunciato all’articolo 101 TFUE e le corrispondenti disposizioni del diritto nazionale in materia di concorrenza. Quando l’autorità nazionale garante della concorrenza applica le disposizioni del diritto nazionale che vietano le intese a un accordo tra imprese idoneo a pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi dell’articolo 101 TFUE, il citato articolo 3, paragrafo 1, prima frase, esige che a tale accordo venga applicato altresì, in parallelo, l’articolo 101 TFUE (sentenze del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 77, nonché del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 18).

54

A norma dell’articolo 3, paragrafo 2, prima frase, del regolamento n. 1/2003, l’applicazione del diritto nazionale in materia di concorrenza non può comportare il divieto di intese che siano idonee a pregiudicare il commercio tra Stati membri qualora esse non abbiano come effetto restrizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 19).

55

Da tali disposizioni, lette alla luce del considerando 8 del regolamento n. 1/2003, si evince che l’applicazione delle disposizioni del diritto nazionale in materia di concorrenza non può comportare il divieto di accordi, decisioni e pratiche concordate ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE se essi non sono vietati anche in forza di tale disposizione. In altri termini, essa non può condurre a un risultato diverso da quello che deriverebbe dall’applicazione di quest’ultimo.

56

Pertanto, nell’ipotesi in cui due autorità nazionali garanti della concorrenza perseguissero e sanzionassero gli stessi fatti al fine di garantire il rispetto del divieto di intese in applicazione dell’articolo 101 TFUE e delle corrispondenti disposizioni del loro rispettivo diritto nazionale, tali due autorità perseguirebbero lo stesso obiettivo di interesse generale volto a garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia falsata da accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate anticoncorrenziali.

57

In tali circostanze, si deve considerare che un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni, quando non perseguono scopi complementari vertenti su aspetti differenti del medesimo comportamento ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 52 della presente sentenza, non può, in ogni caso, essere giustificato ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

58

Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima e alla terza questione dichiarando che l’articolo 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’impresa sia perseguita, dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, e le sia inflitta, se del caso, un’ammenda per un’infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto nazionale in materia di concorrenza, a causa di un comportamento che ha avuto un oggetto o un effetto anticoncorrenziale sul territorio di tale Stato membro, quando tale comportamento sia già stato menzionato, da un’autorità garante della concorrenza di un altro Stato membro, in una decisione definitiva adottata da quest’ultima, nei confronti di tale impresa, al termine di un procedimento di infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto in materia di concorrenza di tale altro Stato membro, purché tale decisione non sia fondata sulla constatazione di un oggetto o di un effetto anticoncorrenziale nel territorio del primo Stato membro.

Sulla seconda questione

59

Alla luce della risposta fornita alla prima e alla terza questione, non è necessario pronunciarsi sulla seconda questione.

Sulla quarta questione

60

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 50 della Carta debba essere interpretato nel senso che un procedimento di attuazione del diritto in materia di concorrenza, in cui, a causa della partecipazione della parte interessata al programma nazionale di clemenza, può soltanto essere accertata la sua infrazione al diritto della concorrenza, sia idoneo a essere soggetto al principio del ne bis in idem.

61

In primo luogo, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 32 della presente sentenza, il principio del ne bis in idem vieta, in materia di concorrenza, che un’impresa venga nuovamente condannata o perseguita per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile.

62

Il principio del ne bis in idem mira dunque a evitare che un’impresa sia «nuovamente condannata o perseguita», il che presuppone che tale impresa sia stata condannata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile. Quale corollario del principio della res judicata, esso ha lo scopo di garantire la certezza del diritto e l’equità, garantendo che, allorché è stata perseguita e, se del caso, condannata, la persona interessata abbia la certezza che non sarà nuovamente perseguita per la medesima infrazione (v., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2019, Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie, C‑617/17, EU:C:2019:283, punti 2933).

63

Ne consegue che l’avvio di procedimenti penali può rientrare, in quanto tale, nell’ambito di applicazione del principio del ne bis in idem, a prescindere dal fatto che tali procedimenti si concludano effettivamente con l’imposizione di una sanzione.

64

In secondo luogo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 101 TFUE nonché gli articoli 5 e 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 devono essere interpretati nel senso che, se viene dimostrata l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101 TFUE, le autorità nazionali garanti della concorrenza possono, in via eccezionale, limitarsi a constatare tale infrazione senza infliggere un’ammenda nel caso in cui l’impresa di cui trattasi abbia partecipato a un programma nazionale di clemenza (sentenza del 18 giugno 2013, Schenker Co. e a., C‑681/11, EU:C:2013:404, punto 50). Al fine di assicurare che la non imposizione di un’ammenda in forza di un programma nazionale di clemenza non leda l’esigenza di un’applicazione efficace e uniforme dell’articolo 101 TFUE, un siffatto trattamento può essere concesso soltanto in situazioni rigorosamente eccezionali, come quelle in cui la collaborazione di un’impresa sia stata determinante per la scoperta e la repressione effettiva dell’intesa (sentenza del 18 giugno 2013, Schenker & Co. e a., C‑681/11, EU:C:2013:404, punti 4749).

65

Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 92 delle sue conclusioni, l’immunità da un’ammenda o la riduzione della stessa non sono affatto garantite automaticamente a un’impresa che chiede di beneficiare di un programma di clemenza.

66

Ciò premesso, occorre considerare che, fatta salva la risposta fornita alla prima e alla terza questione del giudice del rinvio, il principio del ne bis in idem può applicarsi a un procedimento di attuazione del diritto in materia di concorrenza nonostante il fatto che, a causa della partecipazione al programma nazionale di clemenza dell’impresa in questione, la quale è stata già perseguita nell’ambito di un altro procedimento conclusosi con una decisione definitiva, tale nuovo procedimento possa condurre unicamente all’accertamento di un’infrazione a tale diritto.

67

Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che un procedimento di attuazione del diritto in materia di concorrenza, in cui, a causa della partecipazione della parte interessata al programma nazionale di clemenza, può soltanto essere accertata la sua infrazione a tale diritto, è idoneo a essere soggetto al principio del ne bis in idem.

Sulle spese

68

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’impresa sia perseguita, dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, e le sia inflitta, se del caso, un’ammenda per un’infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto nazionale in materia di concorrenza, a causa di un comportamento che ha avuto un oggetto o un effetto anticoncorrenziale sul territorio di tale Stato membro, quando tale comportamento sia già stato menzionato, da un’autorità garante della concorrenza di un altro Stato membro, in una decisione definitiva adottata da quest’ultima, nei confronti di tale impresa, al termine di un procedimento di infrazione all’articolo 101 TFUE e alle corrispondenti disposizioni del diritto in materia di concorrenza di tale altro Stato membro, purché tale decisione non sia fondata sulla constatazione di un oggetto o di un effetto anticoncorrenziale nel territorio del primo Stato membro.

 

2)

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che un procedimento di attuazione del diritto in materia di concorrenza, in cui, a causa della partecipazione della parte interessata al programma nazionale di clemenza, può soltanto essere accertata la sua infrazione a tale diritto, è idoneo a essere soggetto al principio del ne bis in idem.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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