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Document 62020CJ0055

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 13 gennaio 2022.
    Minister Sprawiedliwości contro Prokurator Krajowy – Pierwszy Zastępca Prokuratora Generalnego e Rzecznik Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie.
    Rinvio pregiudiziale – Ricevibilità – Articolo 267 TFUE – Nozione di “giurisdizione nazionale” – Tribunale disciplinare dell’ordine forense – Indagine disciplinare avviata nei confronti di un avvocato – Decisione del delegato alla disciplina che dichiara l’insussistenza di un illecito disciplinare e archivia l’indagine – Ricorso del Ministro della Giustizia dinanzi al tribunale disciplinare dell’ordine forense – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Articolo 4, punto 6, e articolo 10, paragrafo 6 – Regime di autorizzazione – Ritiro dell’autorizzazione – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Inapplicabilità.
    Causa C-55/20.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:6

     SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    13 gennaio 2022 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Ricevibilità – Articolo 267 TFUE – Nozione di “giurisdizione nazionale” – Tribunale disciplinare dell’ordine forense – Indagine disciplinare avviata nei confronti di un avvocato – Decisione del delegato alla disciplina che dichiara l’insussistenza di un illecito disciplinare e archivia l’indagine – Ricorso del Ministro della Giustizia dinanzi al tribunale disciplinare dell’ordine forense – Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Articolo 4, punto 6, e articolo 10, paragrafo 6 – Regime di autorizzazione – Ritiro dell’autorizzazione – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Inapplicabilità»

    Nella causa C‑55/20,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia, Polonia), con decisione del 24 gennaio 2020, pervenuta in cancelleria il 31 gennaio 2020, nel procedimento promosso da

    Minister Sprawiedliwości

    con l’intervento di:

    Prokurator Krajowy – Pierwszy Zastępca Prokuratora Generalnego,

    Rzecznik Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta da A. Prechal (relatrice), presidente della Decima Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi e N. Wahl, giudici,

    avvocato generale: M. Bobek

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per il Prokurator Krajowy – Pierwszy Zastępca Prokuratora Generalnego, da R. Hernand e B. Święczkowski;

    per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

    per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J.M. Hoogveld, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, inizialmente da L. Armati, K. Herrmann, S.L. Kalėda e H. Støvlbæk, successivamente da L. Armati, K. Herrmann e S.L. Kalėda, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 giugno 2021,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento promosso dal Minister Sprawiedliwości (Ministro della Giustizia, Polonia) contro la decisione del delegato alla disciplina («Rzecznik Dyscyplinarny») che ha archiviato un’indagine avviata nei confronti di un avvocato dopo aver ritenuto che non vi era alcun illecito disciplinare imputabile all’interessato.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2006/123

    3

    Ai sensi dei considerando 33 e 39 della direttiva 2006/123:

    «(33)

    Tra i servizi oggetto della presente direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione (...). Sono oggetto della presente direttiva anche i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale (…).

    (...)

    (39)

    La nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni, ma anche l’obbligo, per potere esercitare l’attività, di essere iscritto in un albo professionale, in un registro, ruolo o in una banca dati, di essere convenzionato con un organismo o di ottenere una tessera professionale. (...)».

    4

    L’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva così dispone:

    «La presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva».

    5

    L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva prevede quanto segue:

    «Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche. (...)».

    6

    L’articolo 4 della medesima direttiva così recita:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    1)

    “servizio”: qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione;

    (...)

    6)

    “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

    7)

    “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; (...)

    (...)».

    7

    L’articolo 9 della direttiva 2006/123, contenuto nella sezione 1, intitolata «Autorizzazioni», del capo III, intitolato «Libertà di stabilimento dei prestatori», al suo paragrafo 3 prevede quanto segue:

    «Le disposizioni della presente sezione non si applicano agli aspetti dei regimi di autorizzazione che sono disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti comunitari».

    8

    Contenuto in tale sezione 1, l’articolo 10 della direttiva 2006/123, intitolato «Condizioni di rilascio dell’autorizzazione», al suo paragrafo 6 così dispone:

    «Salvo nel caso del rilascio di un’autorizzazione, qualsiasi decisione delle autorità competenti, ivi compreso il diniego o il ritiro di un’autorizzazione deve essere motivata, e poter essere oggetto di un ricorso dinanzi a un tribunale o ad un’altra istanza di appello».

    9

    La sezione 2 del capo III della direttiva 2006/123, che include gli articoli 14 e 15 di quest’ultima, riguarda i requisiti riguardanti l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio che sono vietati o soggetti a valutazione.

    Direttiva 98/5/CE

    10

    Il considerando 7 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica (GU 1998, L 77, pag. 36), così recita:

    «considerando che la presente direttiva, in armonia con le sue finalità, si astiene dal disciplinare situazioni giuridiche puramente interne e lascia impregiudicate le norme nazionali dell’ordinamento professionale, salvo laddove ciò risulti indispensabile per consentire di conseguire pienamente i suoi scopi; che, in particolare, essa non lede in alcun modo la disciplina nazionale relativa all’accesso alla professione di avvocato e al suo esercizio con il titolo professionale dello Stato membro ospitante».

    11

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva:

    «Scopo della presente direttiva è di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato, in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale».

    Diritto polacco

    Legge sull’ordinamento della professione forense

    12

    L’articolo 9 della ustawa z dnia 26 maja 1982 r. – Prawo o adwokaturze (legge sull’ordinamento della professione forense), del 26 maggio 1982 (Dz. U. n. 16, posizione 124), come modificata, prevede quanto segue:

    «1.   Gli organi dell’ordine forense sono i seguenti: l’Assemblea nazionale forense, il Consiglio superiore forense, il Tribunale superiore disciplinare, il delegato alla disciplina e il comitato superiore per l’audit.

    2.   Soltanto gli avvocati possono essere membri degli organi dell’ordine forense».

    13

    Ai sensi dell’articolo 11 di tale legge:

    «1.   L’elezione agli organi dell’ordine forense nonché degli ordini degli avvocati (...) è effettuata mediante votazione a scrutinio segreto con un numero illimitato di candidati.

    2.   Il mandato degli organi dell’ordine forense e degli ordini degli avvocati (...) è pari a quattro anni, ma essi restano in carica fino all’insediamento dei nuovi organi eletti.

    (...)

    4.   I singoli membri degli organi di cui al paragrafo 1 possono essere rimossi, prima della scadenza del loro mandato, da parte dell’organo che li ha eletti.

    (...)».

    14

    L’articolo 39 di detta legge così dispone:

    «Gli organi degli ordini degli avvocati sono:

    1)

    l’Assemblea dell’ordine degli avvocati, composta da avvocati che esercitano la professione e da rappresentanti di altri avvocati;

    (...)

    3)

    il tribunale disciplinare;

    3a) il delegato alla disciplina;

    (...)».

    15

    L’articolo 40 della medesima legge così recita:

    «L’Assemblea dell’ordine degli avvocati è competente per le seguenti materie:

    (...)

    2)

    l’elezione del presidente dell’ordine, del presidente del tribunale disciplinare, del delegato alla disciplina, (...) nonché dei membri e dei membri supplenti del Tribunale disciplinare (...);

    (...)».

    16

    Ai sensi dell’articolo 51 della legge sull’ordinamento della professione forense:

    «1.   Il tribunale disciplinare è composto da un presidente, da un vicepresidente, dai membri e dai membri supplenti.

    2.   Il tribunale disciplinare si pronuncia in formazione completa di tre giudici».

    17

    L’articolo 58 di tale legge così recita:

    «Il Consiglio superiore forense è competente per le seguenti materie:

    (...)

    13)

    la sospensione del diritto di singoli membri degli organi degli ordini degli avvocati e delle associazioni forensi, ad eccezione dei membri dei tribunali disciplinari, di esercitare le loro funzioni a causa della violazione di obblighi essenziali, nonché la presentazione della richiesta di revoca del mandato alle autorità a tal fine competenti;

    (...)».

    18

    L’articolo 80 di detta legge precisa quanto segue:

    «Gli avvocati (...) sono soggetti a responsabilità disciplinare per comportamenti contrari al diritto, ai principi deontologici o alla dignità della professione, nonché per la violazione dei loro obblighi professionali (...)».

    19

    Ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, della stessa legge:

    «Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

    1)

    avvertimento;

    2)

    censura;

    3)

    sanzione;

    4)

    sospensione dall’esercizio della professione per un periodo compreso tra tre mesi e cinque anni;

    5)

    abrogato

    6)

    radiazione dall’ordine».

    20

    L’articolo 82, paragrafo 2, della legge sull’ordinamento della professione forense così dispone:

    «La radiazione dall’ordine comporta la cancellazione dall’albo degli avvocati e l’impossibilità di richiedere una nuova iscrizione per un periodo di 10 anni a decorrere dalla data in cui il provvedimento di radiazione dall’ordine è divenuto definitivo».

    21

    L’articolo 88a, paragrafi 1 e 4, di tale legge così dispone:

    «1.   Le sentenze e le decisioni che concludono i procedimenti disciplinari sono notificate d’ufficio, unitamente alla relativa motivazione, alle parti del procedimento e al Ministro della Giustizia.

    (...)

    4.   Le parti del procedimento e il Ministro della Giustizia sono legittimati a ricorrere avverso le sentenze e le decisioni che concludono il procedimento disciplinare entro 14 giorni dalla data in cui è loro notificata copia della sentenza o della decisione, unitamente alla relativa motivazione e alle istruzioni concernenti i termini e le modalità di proposizione del ricorso».

    22

    Ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 1, di detta legge:

    «Il tribunale disciplinare pronuncia le sue decisioni in modo indipendente».

    23

    L’articolo 91, paragrafi 2 e 3, della medesima legge prevede quanto segue:

    «2.   Il tribunale disciplinare è competente a conoscere di tutte le controversie in qualità di giudice di primo grado, fatta eccezione per (...) le impugnazioni avverso le decisioni del delegato alla disciplina di non avviare un procedimento disciplinare o di archiviarlo.

    3.   Il Tribunale superiore disciplinare è competente a conoscere:

    1)

    in qualità di giudice di secondo grado, delle cause decise in primo grado dai tribunali disciplinari;

    (...)».

    24

    L’articolo 91a, paragrafo 1, della legge sull’ordinamento della professione forense è del seguente tenore:

    «Le parti del procedimento, il Ministro della Giustizia, il mediatore e il presidente del Consiglio superiore dell’ordine forense possono presentare dinanzi al [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] ricorso in cassazione avverso le decisioni pronunciate in secondo grado dal Tribunale superiore disciplinare».

    25

    L’articolo 91b di tale legge così dispone:

    «Può essere proposto ricorso per cassazione per violazione manifesta del diritto e in ipotesi di sanzione disciplinare manifestamente sproporzionata».

    26

    L’articolo 91c di detta legge precisa quanto segue:

    «Il ricorso per cassazione è depositato presso il [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] tramite il Tribunale superiore disciplinare entro 30 giorni dalla data di notifica della sentenza corredata della relativa motivazione».

    27

    L’articolo 95n della legge sull’ordinamento della professione forense così recita:

    «Nei casi non disciplinati dalla presente legge, ai procedimenti disciplinari si applicano, mutatis mutandis, le seguenti disposizioni:

    1)

    il [Kodeks postępowania karnego (codice di procedura penale)];

    (...)».

    Codice di procedura penale

    28

    Ai sensi dell’articolo 100, paragrafo 8, del codice di procedura penale:

    «Dopo la pronuncia o la notifica della sentenza o dell’ordinanza, le parti del procedimento sono informate del loro diritto di proporre ricorso, nonché dei termini e delle modalità per la sua proposizione, oppure del fatto che la sentenza o l’ordinanza non sono impugnabili».

    29

    L’articolo 521 di tale codice prevede quanto segue:

    «Il [Prokurator Generalny (procuratore generale)] nonché il [Rzecznik Praw Obywatelskich (mediatore)], possono proporre ricorso per cassazione avverso qualsiasi decisione definitiva del giudice che conclude il procedimento».

    30

    L’articolo 525 di detto codice così dispone:

    «1.   Il ricorrente presenta il ricorso per cassazione presso il [Sąd Najwyższy (Corte Suprema)] tramite il giudice dell’impugnazione.

    2.   Nell’ipotesi prevista all’articolo 521, il ricorso per cassazione è proposto direttamente dinanzi al [Sąd Najwyższy (Corte suprema)]».

    Legge sul pubblico ministero

    31

    L’articolo 1, paragrafo 2, dell’ustawa z dnia 28 stycznia 2016 r. – Prawo o prokuraturze (legge sul pubblico ministero), del 28 gennaio 2016 (Dz. U. del 2016, posizione 177), così recita:

    «Al vertice dell’ufficio del pubblico ministero vi è il procuratore generale. La carica di procuratore generale è ricoperta dal Ministro della Giustizia. (...)».

    Legge sulla Corte suprema

    32

    Ai sensi dell’ustawa z dnia 8 grudnia 2017 r. o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5), il Sąd Najwyższy (Corte suprema) è composto da varie sezioni, tra le quali la Sezione penale e la Sezione disciplinare.

    33

    Ai sensi dell’articolo 24 di tale legge, rientrano nella competenza della Sezione penale del Sąd Najwyższy (Corte suprema), tra l’altro, le cause esaminate alla luce del codice di procedura penale e le altre cause alle quali si applicano le disposizioni di tale codice.

    34

    Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, punto 1, lettera b), primo trattino, di detta legge, rientrano nella competenza della Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema) le cause riguardanti procedimenti disciplinari svolti conformemente alla legge sull’ordinamento della professione forense.

    Giurisprudenza delle Sezioni penale e disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema)

    35

    In base alla posizione finora adottata dalla Sezione penale del Sąd Najwyższy (Corte suprema) e dalla dottrina, il procuratore generale e il mediatore non sono legittimati a proporre impugnazioni avverso le sentenze del tribunale disciplinare dell’ordine forense che confermano la decisione del delegato alla disciplina di non avviare un procedimento disciplinare. In proposito, detto giudice considera che la legge sull’ordinamento della professione forense disciplina compiutamente la ricevibilità del ricorso per cassazione e che, conformemente all’articolo 95n di tale legge, l’articolo 521 del codice di procedura penale non è, quindi, applicabile.

    36

    Tuttavia, in una sentenza del 27 novembre 2019, la Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha adottato una posizione opposta, considerando che l’articolo 521 del codice di procedura penale si applica nei confronti di tali decisioni del tribunale disciplinare dell’ordine forense e dichiarando, di conseguenza, ricevibile un ricorso per cassazione proposto dal procuratore generale contro un’ordinanza del Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia, Polonia) che ha confermato la decisione del delegato alla disciplina di archiviare un’indagine disciplinare svolta nei confronti di un avvocato.

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    37

    Con lettera del 20 luglio 2017, il Prokurator Krajowy – Pierwszy Zastępca Prokuratora Generalnego (Procuratore nazionale – primo sostituto del procuratore generale, Polonia) (in prosieguo: il «procuratore nazionale») ha chiesto al Rzecznik Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (delegato alla disciplina dell’ordine degli avvocati di Varsavia, Polonia) (in prosieguo: il «delegato alla disciplina») di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del sig. R.G. sulla base del rilievo che, tramite determinate dichiarazioni pubbliche, quest’ultimo avrebbe ecceduto i limiti della libertà di espressione degli avvocati e commesso un illecito disciplinare a causa delle minacce che tali dichiarazioni avrebbero espresso nei confronti del Ministro della Giustizia.

    38

    Con decisione del 7 novembre 2017, il delegato alla disciplina ha rifiutato di avviare tale indagine disciplinare. A seguito del ricorso proposto dal procuratore nazionale, tale decisione è stata annullata da un’ordinanza del Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) del 23 maggio 2018 ed il fascicolo è stato di conseguenza rinviato al delegato alla disciplina ai fini di un nuovo esame. Con decisione del 18 giugno 2018, quest’ultimo ha avviato un’indagine disciplinare nei confronti del sig. R.G., che si è conclusa con una decisione del 28 novembre 2018 nella quale il suddetto delegato ha dichiarato che non sussisteva alcun illecito disciplinare imputabile all’interessato. A seguito dei ricorsi proposti dal Ministro della Giustizia e dal procuratore generale, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) ha annullato, il 13 giugno 2019, tale decisione del delegato alla disciplina e il fascicolo è stato nuovamente rinviato dinanzi a quest’ultimo.

    39

    Con decisione dell’8 agosto 2019, il delegato alla disciplina ha nuovamente archiviato l’indagine disciplinare dopo aver constatato l’insussistenza degli elementi costitutivi di un illecito disciplinare imputabile al sig. R.G. Un ricorso proposto dal Ministro della Giustizia avverso quest’ultima decisione è attualmente pendente dinanzi al Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia).

    40

    In tale contesto, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) dichiara, in via preliminare, di soddisfare tutti i requisiti per poter essere considerato come una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sicché è legittimato ad adire la Corte in via pregiudiziale.

    41

    Il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) si chiede, in primo luogo, se l’articolo 47 della Carta possa essere applicato nell’ambito di un procedimento come il procedimento principale attualmente in corso dinanzi ad esso. Secondo tale Tribunale, così avverrebbe qualora si dovesse ritenere che tale procedimento rientri nel regime di iscrizione all’albo degli avvocati, ossia, ad avviso di detto Tribunale, in un regime di autorizzazione ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123 e del capo III di quest’ultima, dal momento che il suddetto procedimento può, se del caso, concludersi con la radiazione dell’avvocato interessato dall’ordine forense e, in tale ipotesi, con la cancellazione di quest’ultimo dall’albo degli avvocati. Una tale cancellazione configurerebbe infatti un ritiro dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva di cui trattasi.

    42

    In secondo luogo, e nell’ipotesi in cui l’articolo 47 della Carta fosse quindi applicabile nell’ambito del procedimento principale, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) mette in discussione, sotto vari profili, l’interpretazione di tale disposizione.

    43

    Anzitutto, detto tribunale rileva che, anche supponendo che un’impugnazione avverso la decisione che è chiamato a pronunciare nel procedimento principale sia ricevibile, l’organo competente a conoscere di tale impugnazione sarebbe, conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, punto 1, lettera b), primo trattino, della legge sulla Corte suprema, la Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema). Orbene, dalla sentenza del 5 dicembre 2019 di quest’ultima, pronunciata a seguito della sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982), risulterebbe che detta Sezione non costituisce un giudice indipendente e imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

    44

    In tali circostanze, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli Avvocati di Varsavia), che dovrà, una volta pronunciatosi sulla controversia oggetto del procedimento principale, informare le parti in merito alla possibilità ad esse riconosciuta di proporre ricorso avverso tale decisione, si chiede se sia tenuto, in tale contesto, a disapplicare l’articolo 27, paragrafo 1, punto 1, lettera b), primo trattino, della legge sulla Corte suprema e, quindi, ad informare le parti in merito alla possibilità di proporre un’impugnazione dinanzi alla Sezione penale del Sąd Najwyższy (Corte suprema). Inoltre, e nell’ipotesi in cui una tale impugnazione fosse effettivamente proposta, detto tribunale disciplinare si chiede se sarebbe quindi tenuto ad attribuire tale impugnazione alla suddetta Sezione penale anziché alla Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema).

    45

    Inoltre, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) si chiede se, quando sarà quindi chiamato ad informare le parti in merito all’esistenza o meno di un ricorso contro la sua futura decisione, sarà tenuto, se del caso, a discostarsi dalla giurisprudenza della Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema) citata al punto 36 della presente sentenza, in base alla quale, in procedimenti come quello principale, il procuratore generale può proporre un’impugnazione, e a seguire, in proposito, la giurisprudenza costante della Sezione penale di detto organo giurisdizionale nazionale menzionata al punto 35 della presente sentenza, conformemente alla quale una tale impugnazione non è possibile.

    46

    Infine, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli Avvocati di Varsavia) rileva che il ricorso di cui risulta investito è stato proposto dal Ministro della Giustizia. Orbene, uno degli elementi che avrebbero indotto il Sąd Najwyższy (Corte suprema) a ritenere, nella sua citata sentenza del 5 dicembre 2019, che la Sezione disciplinare di detta giurisdizione non costituisce un giudice indipendente e imparziale sarebbe stato proprio la dipendenza di tale Sezione nei confronti del potere esecutivo e l’influenza esercitata dal Ministro della Giustizia sulla composizione di quest’ultima. Ciò premesso, tale tribunale disciplinare considera che, anche qualora dovesse dichiarare, in considerazione delle risposte che saranno fornite dalla Corte alle questioni sollevate ai punti 44 e 45 della presente sentenza, che non è possibile proporre un’impugnazione nel caso di specie o che gli eventuali ricorsi contro il rigetto di detta impugnazione devono essere trasmessi alla Sezione penale del Sąd Najwyższy (Corte suprema), continuerà a sussistere il rischio che una tale impugnazione proposta dal Ministro della Giustizia, nella sua veste di procuratore generale, dinanzi alla Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema) sia dichiarata ricevibile ed esaminata da parte di quest’ultima. In tali condizioni, detto tribunale disciplinare si chiede se, al fine di evitare una tale ipotesi, esso possa eventualmente essere legittimato a non statuire sul ricorso di cui è attualmente investito.

    47

    In tali circostanze, il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli Avvocati di Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se le disposizioni del capo III della [direttiva 2006/123], compreso il suo articolo 10, paragrafo 6, siano applicabili ad un procedimento relativo alla responsabilità disciplinare degli avvocati e degli avvocati stranieri iscritti nell’albo degli avvocati, responsabilità per la quale un avvocato può, in particolare, essere condannato ad una pena pecuniaria, sospeso dalle attività professionali o radiato dall’ordine degli avvocati, mentre nei confronti di un avvocato straniero stabilito può, in particolare, essere comminata una pena pecuniaria, dichiarata la sospensione del suo diritto a prestare assistenza legale nella Repubblica di Polonia oppure imposto il divieto di prestare assistenza legale nella Repubblica di Polonia. In caso di risposta affermativa, se le disposizioni della [Carta], compreso il suo articolo 47, siano applicabili al procedimento di cui sopra, svolto dinanzi ai giudici competenti nei procedimenti riguardanti gli avvocati, in cause nelle quali avverso le decisioni di tali giudici non sia esperibile alcun mezzo di ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali statali o nelle quali le decisioni in parola siano impugnabili soltanto con un ricorso straordinario, ossia, con ricorso per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy [Corte suprema], anche nelle cause in cui tutti gli elementi rilevanti si collocano all’interno di un solo Stato membro.

    2)

    Se in una causa in cui, nell’ambito del procedimento menzionato nella prima questione, dell’esame del ricorso per cassazione avverso una decisione o un’ordinanza del giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati, o del reclamo avverso la decisione di rifiuto di ammissione di tale ricorso per cassazione ai sensi alle disposizioni nazionali applicabili, sia competente un organo giurisdizionale che, a parere del suddetto giudice, conforme al giudizio espresso [dal Sąd Najwyższy (Corte suprema)] nella sentenza del 5 dicembre 2019 (…), non costituisce un giudice indipendente e imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta, debbano essere disapplicate le disposizioni nazionali che prevedono la competenza di un siffatto organo ed il giudice competente nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati debba trasferire tale ricorso per cassazione o reclamo all’organo giurisdizionale che sarebbe competente qualora le disposizioni in questione non vi ostassero.

    3)

    Se in una causa in cui, nell’ambito del procedimento menzionato nella prima questione, il ricorso per cassazione avverso una decisione o un’ordinanza del giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati, non possa essere proposto, a parere di tale giudice, né dal [Procuratore generale], né dal [Mediatore], e tale punto di vista risulta essere:

    a)

    contrario alla posizione espressa nell’ordinanza del 27 novembre 2019 (…) dall’Izba Dyscyplinarna Sądu Najwyższego (Sezione disciplinare della Corte suprema, in prosieguo: la «Sezione disciplinare della Corte suprema»), riunita in un collegio di sette membri, ossia un organo che, ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili, è competente a conoscere del reclamo avverso la decisione di rifiuto di ammissione del ricorso per cassazione, ma che, a parere del giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati, conforme al giudizio espresso [dal Sąd Najwyższy (Corte suprema)] nella sentenza del 5 dicembre 2019 (…) non costituisce un giudice indipendente ed imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta,

    b)

    conforme alla posizione precedentemente espressa dall’Izba Karna Sądu Najwyższego [Sezione penale della Corte suprema, Polonia], ossia dall’organo giurisdizionale che sarebbe competente a conoscere di tale reclamo, qualora le suddette disposizioni non vi ostassero,

    il giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati possa (ovvero debba) non tenere conto della posizione espressa dalla Sezione disciplinare della Corte suprema.

    4)

    Se, nell’ipotesi in cui nella causa menzionata alla terza questione, il giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati sia stato adito con ricorso del Ministro della Giustizia, e

    a)

    uno degli elementi che, a giudizio [del Sąd Najwyższy (Corte suprema)], espresso nella sentenza del 5 dicembre 2019 (…) nonché ad avviso del giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati, giustificano l’assunto secondo il quale la Sezione disciplinare della Corte suprema, ossia l’organo menzionato alla terza questione, lettera a), non costituisce un giudice indipendente ed imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta, sia l’influenza del potere esecutivo, compreso, per l’appunto, il Ministro della Giustizia, sulla composizione della suddetta Sezione,

    b)

    la carica di Procuratore generale, il quale, conformemente alla posizione espressa dalla Sezione disciplinare della Corte suprema, ossia l’organo menzionato alla terza questione, lettera a), avrebbe il diritto di proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza pronunciata a seguito di impugnazione, mentre, conformemente alla posizione della Sezione penale della Corte suprema, ossia l’organo giurisdizionale menzionato alla terza questione, lettera b), nonché alla posizione del giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati, tale diritto non gli spetterebbe, sia ricoperta, per legge, proprio dal Ministro della Giustizia,

    il giudice disciplinare competente nei procedimenti a carico degli avvocati sia tenuto a non procedere all’esame del ricorso, qualora questo sia l’unico modo per garantire la compatibilità del procedimento con l’articolo 47 della Carta e, in particolare, per evitare l’influenza su tale procedimento da parte di un organo che non costituisce un giudice indipendente ed imparziale ai sensi della citata disposizione».

    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

    48

    Il procuratore nazionale e il governo polacco ritengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame sia irricevibile per il motivo che il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) non costituisce una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

    49

    In proposito il governo polacco sostiene, da un lato, che, conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, della Costituzione polacca, siffatto tribunale disciplinare ha il compito di garantire il corretto esercizio della professione forense, pronunciandosi sulla conformità della condotta degli interessati alle norme di deontologia, e non di amministrare la giustizia a nome della Repubblica di Polonia in qualità di giurisdizione ai sensi dell’articolo 179 di detta Costituzione.

    50

    Dall’altro lato, detto tribunale disciplinare non soddisferebbe il requisito di indipendenza richiesto in base alla giurisprudenza della Corte. In primo luogo, infatti, non costituendo un organo giurisdizionale ai sensi della Costituzione polacca, un tale organismo non beneficerebbe neppure delle garanzie di indipendenza che detta Costituzione riconosce soltanto agli organi giurisdizionali.

    51

    In secondo luogo, tale tribunale disciplinare non sarebbe al riparo da influenze esterne indirette che potrebbero incidere sulle sue decisioni, dato che i suoi membri sono eletti dall’Assemblea dell’ordine degli avvocati locale ai sensi dell’articolo 40, punto 2, della legge sull’ordinamento della professione forense e sono chiamati, in tal modo, a statuire su cause disciplinari riguardanti colleghi con il sostegno dei quali detti membri sono stati eletti e grazie ai quali il loro mandato può, poi, essere rinnovato più volte.

    52

    In terzo luogo, i medesimi membri potrebbero, come risulta dall’articolo 11, paragrafo 4, della legge sull’ordinamento della professione forense, essere rimossi, prima della fine del loro mandato, dall’organo che li ha in tal modo eletti, sicché non beneficerebbero della garanzia di inamovibilità.

    53

    Da parte sua, il procuratore nazionale considera che la qualificazione di un organismo come giurisdizione, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, debba essere fatta alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, incluso l’oggetto del procedimento di cui trattasi e la posizione e la funzione dell’organo interessato nell’ordinamento giuridico nazionale. Pertanto, i Tribunali disciplinari professionali potrebbero essere considerati come giurisdizioni di tal genere solo ove esercitino funzioni spettanti allo Stato e, segnatamente, quella di pronunciarsi sul diritto di esercitare un’attività professionale. Orbene, tenuto conto dell’oggetto del procedimento principale e della fase attuale del procedimento disciplinare, così non avverrebbe, nel caso di specie, per quanto riguarda il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia). Infatti, in mancanza di una decisione del delegato alla disciplina che contesti al sig. R.G. di aver commesso un illecito disciplinare, tale tribunale disciplinare non sarebbe chiamato a statuire su una controversia in contraddittorio vertente sulla responsabilità disciplinare dell’interessato né, quindi, sul diritto di quest’ultimo di esercitare la sua attività professionale, ma sarebbe soltanto tenuto a verificare la fondatezza della decisione di detto delegato di archiviare l’indagine disciplinare.

    54

    A tal riguardo, discende da una giurisprudenza costante che per valutare se un organismo di rinvio possieda la qualità di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, e sia, di conseguenza, legittimato a rivolgere una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte in base a tale disposizione, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali l’origine legale di tale organismo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, lo svolgimento in contraddittorio dei procedimenti dinanzi ad esso, l’applicazione, da parte dell’organo, di norme giuridiche, nonché la sua indipendenza (sentenza del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, paragrafo 51 e giurisprudenza ivi citata).

    55

    Tuttavia, per quanto riguarda il carattere contraddittorio del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, l’articolo 267 TFUE non subordina il rinvio alla Corte a un tale carattere. Ciò che risulta invece da detto articolo è che i giudici nazionali possono adire la Corte unicamente se dinanzi ad essi sia pendente una lite e se essi siano stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di natura giurisdizionale [sentenze del 16 dicembre 2008, Cartesio, C‑210/06, EU:C:2008:723, punto 56, e del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Statuto dei giudici di pace italiani), C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 63].

    56

    Nel caso di specie, anzitutto, risulta pacifico dalle disposizioni della legge sull’ordinamento della professione forense invocate dal Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) che tale organismo soddisfa i criteri concernenti la sua origine legale, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione e l’applicazione, da parte sua, di norme giuridiche.

    57

    Inoltre, e per quanto concerne i dubbi espressi dal procuratore nazionale in merito alla funzione spettante al Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) nel contesto del procedimento principale, è giocoforza constatare che tale organismo è chiamato a statuire su una controversia pendente dinanzi ad esso nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di natura giurisdizionale, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 55 della presente sentenza.

    58

    Infatti, da quanto esposto nella decisione di rinvio risulta che detto tribunale disciplinare è investito di un ricorso proposto dal Ministro della Giustizia contro una decisione con la quale un delegato alla disciplina ha deciso di archiviare un’indagine disciplinare avviata nei confronti di un avvocato e che tale ricorso può in particolare concludersi con l’annullamento di detta decisione da parte di tale tribunale disciplinare e, in una simile ipotesi, con il rinvio del fascicolo al delegato alla disciplina ai fini di un nuovo esame del fascicolo.

    59

    Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le condizioni in cui la Corte adempie alle sue funzioni in materia pregiudiziale non dipendono dalla natura e dallo scopo dei procedimenti contenziosi intentati dinanzi ai giudici nazionali. L’articolo 267 TFUE fa riferimento alla sentenza da emanare da parte del giudice nazionale senza contemplare un regime particolare in funzione della natura di questa [sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 83 e giurisprudenza ivi citata].

    60

    Infine, per quanto riguarda gli argomenti addotti dal governo polacco occorre rilevare, da un lato, che il fatto che i Tribunali disciplinari dell’ordine forense non costituiscano giudici ai sensi dell’articolo 179 della Costituzione polacca non è tale da escludere che tali organismi possano avere la qualità di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Infatti, come risulta da una giurisprudenza costante, la questione se un organismo costituisca una giurisdizione ai sensi di detta disposizione del diritto dell’Unione rientra unicamente nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

    61

    Inoltre, la Corte ha già più volte statuito che organismi professionali, segnatamente quelli che dispongono di competenza nei confronti degli avvocati, potevano costituire una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE, a condizione che tali organismi soddisfacessero i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza richiamata ai punti 54 e 55 della presente sentenza (v., in particolare, sentenze del 22 dicembre 2010, Koller, C‑118/09, EU:C:2010:805, punti 2223, nonché del 17 luglio 2014, Torresi, C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:2088, punti 17, 1930).

    62

    Dall’altro lato, per quanto concerne il requisito riguardante l’indipendenza dell’organismo di rinvio, si deve ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, tale requisito è essenziale per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo di rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, il quale può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi, segnatamente, il suddetto criterio di indipendenza (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

    63

    Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «indipendenza» comporta due aspetti. Il primo aspetto, di ordine esterno, esige che l’organismo in questione eserciti le proprie funzioni in piena autonomia, senza soggiacere a vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni di qualsivoglia origine, in modo da essere tutelato dinanzi agli interventi o alle pressioni esterne suscettibili di compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e di influenzare le decisioni di questi [sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 121 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 57 e giurisprudenza ivi citata].

    64

    Il secondo aspetto, di ordine interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza rispetto alle parti della controversia ed ai loro rispettivi interessi in rapporto all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione della controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica [sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 122 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

    65

    Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità implicano l’esistenza di disposizioni, segnatamente relative alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni, nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di rimozione dei suoi membri, che consentano di fugare, negli amministrati, qualsiasi legittimo dubbio in merito alla impenetrabilità di detto organo dinanzi a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi in conflitto [sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 123 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

    66

    In particolare, tale indispensabile libertà dei giudici rispetto a qualsivoglia intervento o pressione esterni richiede, come ha ripetutamente ricordato la Corte, talune garanzie idonee a tutelare le persone che svolgono la funzione giurisdizionale, come l’inamovibilità [sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 75 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 58 e giurisprudenza ivi citata].

    67

    La Corte ha dichiarato anche che le regole menzionate al punto 65 della presente sentenza devono, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 125 e giurisprudenza ivi citata]

    68

    Per quanto riguarda il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia), si deve rilevare in primo luogo che, come previsto dall’articolo 89 della legge sull’ordinamento della professione forense, i Tribunali disciplinari dell’ordine forense devono esercitare la loro attività giurisdizionale in materia disciplinare «in modo indipendente».

    69

    In secondo luogo, non può essere accolta la tesi del governo polacco in base alla quale la circostanza che i membri di tale tribunale disciplinare siano eletti dall’Assemblea degli avvocati iscritti all’albo dell’ordine interessato e il fatto che la medesima Assemblea possa, in futuro, eventualmente rieleggere tali membri, fanno sorgere dubbi in merito alla capacità di detto tribunale disciplinare di statuire in modo imparziale sulle cause disciplinari di cui è adito.

    70

    Infatti, tenuto conto in particolare del loro carattere collegiale, gli atti di elezione o di rielezione dei membri del tribunale disciplinare dell’ordine degli avvocati di cui trattasi da parte dell’Assemblea generale degli avvocati iscritti all’albo di tale ordine – ossia, nel caso dell’Ordine di Varsavia, e come risulta dalle precisazioni fornite dall’organismo di rinvio, circa 5500 avvocati – non sono tali da far sorgere dubbi in merito all’indipendenza e all’imparzialità dei membri in tal modo eletti allorché essi sono chiamati a pronunciarsi, nell’interesse pubblico, su un’eventuale violazione delle norme deontologiche che disciplinano la professione forense commessa da uno di tali avvocati iscritti a detto albo.

    71

    In terzo luogo, nel caso di specie non è idoneo a rimettere in discussione l’indipendenza del Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) nemmeno il fatto che, stando al suo tenore letterale, l’articolo 11, paragrafo 4, della legge sull’ordinamento della professione forense preveda che i membri degli organi dell’ordine forense e degli organi dell’ordine degli avvocati locale possano essere rimossi, prima della scadenza del loro mandato, da parte dell’organo che li ha eletti.

    72

    In proposito, e come ricorda il governo polacco, è vero che la Corte ha recentemente dichiarato, con riferimento ai Tribunales Económico-Administrativos (Tribunali economico-amministrativi) spagnoli, che il regime di rimozione dei membri di questi ultimi non era fissato da una normativa particolare, mediante disposizioni legislative espresse, ma che esso era costituito unicamente dalle norme generali del diritto amministrativo e, in particolare, dalle norme dello statuto di base dei pubblici funzionari, sicché la rimozione di detti membri non era, di conseguenza, limitata, come impone il principio di inamovibilità, ad alcune ipotesi eccezionali rispecchianti motivi legittimi e imperativi giustificanti l’adozione di una misura siffatta. La Corte ne ha dedotto che la normativa nazionale di cui trattavasi non garantiva che i membri di tali organi si trovassero al riparo da pressioni esterne suscettibili di far dubitare della loro indipendenza e che un sistema siffatto non era, in particolare, idoneo a ostacolare efficacemente le indebite pressioni del potere esecutivo nei confronti di essi, sicché detti organi non potevano essere considerati come giurisdizioni ai sensi dell’articolo 267 TFUE (sentenza del 21 gennaio 2020, Banco de Santander, C‑274/14, EU:C:2020:17, punti da 66 a 69).

    73

    Nel caso di specie occorre tuttavia rilevare, in primo luogo, che la funzione giurisdizionale di cui sono investiti i Tribunali disciplinari dell’ordine forense ha un carattere particolarmente specializzato, dato che spetta a questi ultimi, in sostanza, garantire il rispetto, da parte dei membri dell’ordine professionale interessato, delle norme deontologiche specificamente adottate al fine di disciplinare l’esercizio della professione forense, sanzionando, se del caso, i membri che violano tali norme.

    74

    In un tale contesto, il fatto che l’eventuale rimozione dei membri di un siffatto organo disciplinare rientri nella competenza di un’autorità interna all’ordine professionale interessato non è, in linea di principio, idoneo ad aprire la porta a pressioni o a qualsivoglia intervento diretto o indiretto di un potere esterno a tale ordine professionale e che mirerebbero ad interferire con l’esercizio della funzione giurisdizionale in tal modo attribuita a detto organismo disciplinare.

    75

    In secondo luogo, dai chiarimenti forniti dal Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia), in risposta a diversi quesiti ad esso rivolti dalla Corte, risulta che, da un lato, sebbene l’articolo 58, punto 13, della legge sull’ordinamento della professione forense disponga che solo il Consiglio superiore forense è competente a chiedere alle autorità competenti la rimozione dei membri degli organi dell’ordine forense, detta disposizione deroga in modo esplicito a tale regola per quanto concerne i membri degli organi disciplinari. Ad avviso del Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia), ne consegue che il Consiglio superiore forense non può presentare una tale domanda di rimozione di un membro di un tribunale disciplinare prima della scadenza del mandato di quest’ultimo.

    76

    Dall’altro lato, da tali precisazioni risulta che l’Assemblea generale dell’Ordine degli avvocati di Varsavia non si è mai avvalsa del potere di rimozione che le è conferito dall’articolo 11, paragrafo 4, della legge sull’ordinamento della professione forense e che tale disposizione deve essere considerata come inoperante, circostanza che suffragherebbe, del resto, anche il fatto che il regolamento dell’ordine forense non contiene alcuna disposizione volta a precisare le condizioni sostanziali o procedurali volte a consentire una concreta attuazione della possibilità in tal modo teoreticamente riconosciuta dalla suddetta disposizione.

    77

    Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 52 e 53 delle sue conclusioni, da tali diverse precisazioni risulta, quindi, che, per quanto riguarda la possibilità eventuale di rimuovere i membri del Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia), l’articolo 11, paragrafo 4, della legge sull’ordinamento della professione forense è rimasto lettera morta ed è privo di qualsiasi effetto concreto.

    78

    In terzo luogo, occorre ancora sottolineare che la mera prospettiva che l’Assemblea generale di un ordine degli avvocati, in qualità di organo collegiale che riunisce tutti gli avvocati iscritti nell’albo dell’ordine forense interessato – ossia, per quanto riguarda l’Ordine degli avvocati di Varsavia e come già rilevato, circa 5500 membri – possa, se del caso, essere chiamata, in condizioni sostanziali e procedurali che resterebbero in tal caso da stabilire, ad esercitare il potere di rimuovere un membro del tribunale disciplinare di detto ordine non risulta tale da poter suscitare serie preoccupazioni in merito alla violazione dell’indipendenza di detto membro o dello stesso tribunale disciplinare nell’esercizio della loro attività giurisdizionale.

    79

    Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve dichiarare che il Sąd Dyscyplinarny Izby Adwokackiej w Warszawie (Tribunale disciplinare dell’Ordine degli avvocati di Varsavia) soddisfa le condizioni per essere considerato come una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE. La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame è, quindi, ricevibile.

    Sulla prima questione

    80

    Con la sua prima questione il giudice nazionale chiede, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che ha l’effetto di rendere applicabile l’articolo 47 della Carta a un procedimento di impugnazione promosso da una pubblica autorità dinanzi a un tribunale disciplinare dell’ordine forense e volto a ottenere l’annullamento di una decisione con la quale il delegato alla disciplina ha archiviato un’indagine svolta nei confronti di un avvocato dopo aver dichiarato che non sussisteva alcun illecito disciplinare imputabile a quest’ultimo e, in caso di annullamento di tale decisione, il rinvio del fascicolo dinanzi a detto delegato alla disciplina.

    Sulla ricevibilità

    81

    Il governo polacco dubita della ricevibilità della prima questione per il motivo che la direttiva 2006/123 sarebbe inapplicabile al procedimento principale. In proposito tale governo sostiene, in primo luogo, che la vicenda oggetto del procedimento principale è di natura puramente interna, in secondo luogo, che la direttiva 98/5 costituisce una lex specialis che prevale sulla direttiva 2006/123, in terzo luogo, che solo l’iscrizione all’albo degli avvocati rientra nell’ambito del regime di autorizzazione previsto da detta direttiva e che tale iscrizione o la cancellazione da tale albo non è controversa nel procedimento principale e, in quarto luogo, che i procedimenti disciplinari, essendo simili ai procedimenti penali, non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione di detta direttiva, come previsto dall’articolo 1, paragrafo 5, di quest’ultima.

    82

    Ad avviso del governo polacco, neanche l’articolo 47 della Carta è applicabile nel caso di specie, dato che non si configura, quindi, alcuna situazione di attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, e che l’Unione europea è, in ogni caso, priva di competenza in materia di procedimenti e di ricorsi in ambito disciplinare.

    83

    Sotto questi vari aspetti si deve, però, rilevare, da un lato, che gli argomenti così addotti dal governo polacco riguardano, in sostanza, l’ambito di applicazione nonché la portata e, dunque, l’interpretazione, delle disposizioni del diritto dell’Unione oggetto della prima questione. Orbene, argomenti del genere, che attengono al merito della questione sollevata, non possono quindi, per loro stessa natura, condurre all’irricevibilità di quest’ultima [v., per analogia, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi)C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 80].

    84

    Dall’altro lato, deve essere respinta l’obiezione vertente sul fatto che l’adozione delle regole e dei procedimenti in materia disciplinare applicabili agli avvocati rientrerebbe nella competenza esclusiva degli Stati membri. Infatti, anche supponendo che una tale competenza esclusiva sia accertata, ciò non toglie che, come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, gli Stati membri, nell’esercizio di tali competenze, siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione [v., per analogia, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

    85

    Da parte sua, il procuratore nazionale sostiene che la prima questione è stata sottoposta solo in quanto presupposto indispensabile alla formulazione delle questioni dalla seconda alla quarta. Orbene, dato che tali altre tre questioni sarebbero a loro volta irricevibili, una risposta alla prima questione non presenterebbe alcuna utilità ai fini della risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale e non potrebbe, quindi, essere considerata come necessaria affinché il giudice del rinvio possa pronunciarsi ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

    86

    In proposito si deve tuttavia rilevare che la prima questione solleva una difficoltà di interpretazione del diritto dell’Unione collegata all’oggetto del procedimento principale e che essa ha inoltre, come sottolineato dal giudice del rinvio, carattere preliminare rispetto alle altre tre questioni sottoposte. In tale contesto, la Corte considera che occorre esaminare la prima questione rispettando, al riguardo, l’ordine logico in cui le diverse questioni sollevate gli sono state quindi sottoposte dal giudice del rinvio.

    87

    Dalle suesposte considerazioni risulta che la prima questione è ricevibile.

    Nel merito

    88

    Per quanto riguarda l’applicabilità della direttiva 2006/123, in generale, e l’applicabilità dell’articolo 10, paragrafo 6, di quest’ultima, sul quale verte, più in particolare, la prima questione, occorre ricordare, in primo luogo, che come risulta dal considerando 33 di tale direttiva, tra i servizi oggetto di quest’ultima rientrano, tra l’altro, i servizi di consulenza legale. Inoltre, conformemente all’articolo 4, punto 1, di detta direttiva, ai fini di quest’ultima si intende come servizio qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE, fornita normalmente dietro retribuzione. Pertanto, è pacifico che i servizi giuridici forniti dagli avvocati rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae della medesima direttiva.

    89

    Per quanto concerne, in secondo luogo, il fatto, sottolineato dal giudice del rinvio nella sua prima questione, che il procedimento principale riguarda, prima facie, una situazione puramente interna, in quanto tale procedimento non sembra riguardare una situazione che rientra nell’ambito della libertà di stabilimento o della libera prestazione di servizi degli avvocati, ai sensi, rispettivamente, degli articoli da 49 a 55 e da 56 a 62 TFUE, è sufficiente ricordare che una tale circostanza non è idonea ad escludere l’applicabilità delle disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 e, quindi, dell’articolo 10 di quest’ultima. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, le disposizioni di tale capo III devono essere interpretate nel senso che si applicano anche a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 110).

    90

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’argomento addotto dal governo polacco in base al quale l’applicabilità delle disposizioni della direttiva 2006/123 sarebbe esclusa nel caso di specie per il motivo che su queste ultime prevalgono le disposizioni della direttiva 98/5, in quanto lex specialis, si deve ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 si limita a prevedere che se le disposizioni di tale direttiva confliggono con disposizioni di altri atti dell’Unione che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche.

    91

    Orbene, è giocoforza constatare, in proposito, come rilevato anche dall’avvocato generale ai paragrafi 77, 78, 80 e 81 delle sue conclusioni, che la direttiva 98/5 non è applicabile a un avvocato che, come il sig. R.G., non sembra aver ottenuto la sua qualifica professionale in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia né aver esercitato il diritto alla libertà di stabilimento garantito dall’articolo 49 TFUE onde stabilirsi in quest’ultimo Stato membro in qualità di avvocato. Ne consegue che, nel contesto di una situazione come quella oggetto del procedimento principale, non sembra rinvenibile alcun conflitto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, tra le disposizioni di quest’ultima direttiva e quelle della direttiva 98/5.

    92

    Allo stesso modo, e in mancanza di applicabilità della direttiva 98/5 in detto contesto, l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, ai sensi del quale la sezione 1 del capo III di quest’ultima non si applica agli aspetti dei regimi di autorizzazione che sono disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti dell’Unione, risulta privo di qualsivoglia rilevanza nel caso di specie.

    93

    In quarto luogo, e per quanto riguarda la tesi del governo polacco in base alla quale l’inapplicabilità delle disposizioni della direttiva 2006/123 ai procedimenti disciplinari si imporrebbe, per analogia, per il fatto che l’articolo 1, paragrafo 5, di detta direttiva precisa, a determinate condizioni, di non incidere sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale, è sufficiente rilevare che in alcun modo il tenore letterale di tale disposizione suggerisce che il regime derogatorio così introdotto con riferimento alla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale potrebbe applicarsi anche alla normativa in materia di disciplina professionale.

    94

    In proposito occorre del resto rilevare che varie disposizioni della direttiva 2006/123 mostrano, invece, che alle disposizioni riguardanti i procedimenti disciplinari non può essere riservata una sorte analoga a quella prevista dall’articolo 1, paragrafo 5, di tale direttiva per quanto riguarda la normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. È in tal senso, ad esempio, che la nozione di «requisito», che riveste un ruolo trasversale fondamentale nell’ambito della direttiva 2006/123 e, in particolare, nel contesto del capo III di quest’ultima, come risulta dai suoi articoli 14 e 15, è definita all’articolo 4, punto 7, della medesima direttiva nel senso che include, tra l’altro, qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite derivante dalle «regole degli organismi e ordini professionali» adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica.

    95

    Fatto salvo l’insieme delle suesposte precisazioni, e per quanto riguarda, in quinto luogo, l’eventuale applicabilità, nel caso di specie, dell’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123, occorre ricordare che ai sensi di tale disposizione, intitolata «Condizioni di rilascio dell’autorizzazione», qualsiasi decisione delle autorità competenti, ivi compreso il diniego o il ritiro di un’autorizzazione, deve essere motivata, e poter essere oggetto di un ricorso dinanzi a un tribunale o ad un’altra istanza di appello.

    96

    A tal riguardo si deve sottolineare che, conformemente all’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, si intende per regime di autorizzazione qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio.

    97

    È dunque indubbio che una normativa che subordina l’esercizio dell’attività forense alla previa iscrizione all’albo dell’ordine forense e che impone, pertanto, agli interessati di sottoporsi a una procedura che li obbliga a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere da quest’ultima una decisione formale che consenta loro di accedere a tale attività di servizio e di esercitarla istituisce un regime di autorizzazione ai sensi dell’articolo 4, punto 6, e del capo III della direttiva 2006/123 (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punti 47, 49, 5152). Ciò è del resto confermato in modo esplicito dal considerando 39 di tale direttiva, ai sensi del quale la nozione di «regime di autorizzazione» dovrebbe comprendere, in particolare, «l’obbligo, per potere esercitare l’attività, di essere iscritto in un albo professionale».

    98

    Un «regime di autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123, si distingue da un «requisito», ai sensi dell’articolo 4, punto 7, di tale direttiva, il quale concerne, in particolare, qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalle regole degli organismi e ordini professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Cali Apartments, C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743, punti 4849). È in tal senso che le regole disciplinari proprie di tali ordini professionali non configurano regole cui è subordinato l’accesso stesso all’esercizio dell’attività professionale interessata tramite una decisione formale delle autorità competenti che autorizzi tale attività, ma costituiscono «requisiti» riguardanti l’esercizio, in quanto tale, di detta attività, che non rientra, in linea di principio, in un tale regime di autorizzazione.

    99

    Inoltre, si deve anche riconoscere che la decisione di una pubblica autorità che dispone la radiazione dall’ordine degli avvocati costituisce, di regola, un «ritiro dell’autorizzazione» ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123. Ne consegue che, come rileva il giudice del rinvio, deve essere in particolare considerata come un siffatto ritiro dell’autorizzazione la decisione disciplinare adottata in base all’articolo 81, paragrafo 1, della legge sull’ordinamento della professione forense con la quale sarebbe disposta la radiazione di un avvocato dall’ordine forense. Infatti, dall’articolo 82, paragrafo 2, di tale legge risulta che una tale decisione di radiazione dall’ordine comporta la cancellazione dall’albo degli avvocati e l’impossibilità di richiedere una nuova iscrizione per un periodo di 10 anni a decorrere dalla data in cui il provvedimento di radiazione dall’ordine è divenuto definitivo.

    100

    Tuttavia, è importante rilevare in proposito che, come sottolineano i governi polacco e dei Paesi Bassi nonché la Commissione europea, il ricorso attualmente pendente dinanzi al giudice del rinvio non può sfociare in una tale decisione di radiazione di un avvocato dall’ordine forense che comporti, quindi, la cancellazione dell’interessato dall’albo degli avvocati e, pertanto, un ritiro dell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123.

    101

    Infatti, da quanto affermato nella decisione di rinvio risulta che il procedimento principale verte su un ricorso proposto dal Ministro della Giustizia contro una decisione con la quale un delegato alla disciplina ha invece ritenuto, dopo aver svolto un’indagine in via preliminare, che non vi era luogo, nel caso di specie, a esercitare l’azione disciplinare dinanzi all’organismo competente a pronunciarsi su di essa e a statuire, in base a una tale adizione, sull’eventuale radiazione dall’ordine forense a titolo di sanzione disciplinare. Dalle medesime dichiarazioni emerge anche che, nel contesto procedurale specifico del procedimento principale, la decisione che il giudice del rinvio deve emanare può, quindi, soltanto consistere nel rigetto di detto ricorso o nell’accoglimento di quest’ultimo disponendo, in tal caso, il rinvio della causa dinanzi al delegato alla disciplina ai fini di un nuovo esame del fascicolo.

    102

    Dalle suesposte considerazioni risulta quindi, da un lato, che il procedimento attualmente in corso dinanzi al giudice del rinvio non è tale da comportare l’applicazione di una sanzione disciplinare a carico di un avvocato, tra cui quella dell’eventuale radiazione dall’ordine, e, dall’altro, che tale procedimento – che verte soltanto sulla decisione dell’agente disciplinare di non esercitare l’azione disciplinare nei confronti di tale avvocato – è sorto tra il predetto agente disciplinare e il Ministro della Giustizia, mentre, da parte sua, l’avvocato interessato non è, in tale fase, né oggetto di azioni disciplinari né parte di tale procedimento.

    103

    Ciò premesso, l’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123 non può applicarsi nell’ambito del procedimento principale attualmente in corso. Di conseguenza, tale disposizione non è, nel medesimo contesto, nemmeno in grado di determinare l’applicabilità dell’articolo 47 della Carta.

    104

    Per quanto riguarda l’articolo 47 della Carta, occorre infatti ricordare che tale disposizione costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva e sancisce, a favore di ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice (sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    105

    Il riconoscimento di tale diritto in un determinato caso di specie presuppone quindi, come risulta dall’articolo 47, primo comma, della Carta, che la persona che lo invoca si avvalga di diritti o di libertà garantiti dal diritto dell’Unione (sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    106

    Orbene, dalle informazioni contenute nella decisione di rinvio non risulta che, nell’attuale configurazione del procedimento principale, il sig. R.G., che non è, in tale fase, egli stesso parte di detto procedimento, sia in posizione di avvalersi di un diritto garantitogli dal diritto dell’Unione, dal momento che l’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123 non può, in particolare, e come precisato in precedenza, applicarsi nel caso di specie.

    107

    Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso non ha l’effetto di rendere applicabile l’articolo 47 della Carta a un procedimento di impugnazione promosso da una pubblica autorità dinanzi a un tribunale disciplinare dell’ordine forense e volto ad ottenere l’annullamento di una decisione con la quale un delegato alla disciplina ha archiviato un’indagine avviata nei confronti di un avvocato dopo aver ritenuto che non sussistesse alcun illecito disciplinare imputabile a quest’ultimo e, in ipotesi di annullamento di detta decisione, il rinvio del fascicolo dinanzi a detto delegato alla disciplina.

    Sulle questioni dalla seconda alla quarta

    108

    Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre esaminare le questioni dalla seconda alla quarta, le quali sono state infatti sottoposte dal giudice del rinvio soltanto nell’ipotesi in cui dalla risposta fornita alla prima questione fosse discesa l’applicabilità dell’articolo 47 della Carta nel contesto del procedimento principale.

    Sulle spese

    109

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso non ha l’effetto di rendere applicabile l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea a un procedimento di impugnazione promosso da una pubblica autorità dinanzi a un tribunale disciplinare dell’ordine forense e volto ad ottenere l’annullamento di una decisione con la quale un delegato alla disciplina ha archiviato un’indagine avviata nei confronti di un avvocato dopo aver ritenuto che non sussistesse alcun illecito disciplinare imputabile a quest’ultimo e, in ipotesi di annullamento di detta decisione, il rinvio del fascicolo dinanzi a detto delegato alla disciplina.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il polacco

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