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Document 62019CJ0431

Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 17 dicembre 2020.
Inpost Paczkomaty sp. z o.o. e Inpost S.A. contro Commissione europea.
Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 106, paragrafo 2, TFUE – Servizi di interesse economico generale (SIEG) – Disciplina dell’Unione europea – Applicazione agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico – Settore postale – Direttiva 97/67/CE – Articolo 7 – Compensazione del costo netto risultante dagli obblighi del servizio universale – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno.
Cause riunite C-431/19 P e C-432/19 P.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:1051

 SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

17 dicembre 2020 ( *1 )

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 106, paragrafo 2, TFUE – Servizi di interesse economico generale (SIEG) – Disciplina dell’Unione europea – Applicazione agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico – Settore postale – Direttiva 97/67/CE – Articolo 7 – Compensazione del costo netto risultante dagli obblighi del servizio universale – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno»

Nelle cause riunite C‑431/19 P e C‑432/19 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 5 giugno 2019,

Inpost Paczkomaty sp. z o.o., con sede a Cracovia (Polonia), rappresentata da M. Doktór, radca prawny,

ricorrente nella causa C‑431/19 P,

e

Inpost S.A., con sede a Cracovia (Polonia), rappresentata da W. Knopkiewicz, radca prawny,

ricorrente nella causa C‑432/19 P,

procedimenti in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da D. Recchia, K. Blanck e K. Herrmann, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C. Lycourgos (relatore) e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le loro impugnazioni, l’Inpost Paczkomaty sp. z o.o. e l’Inpost S.A. chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 19 marzo 2019, Inpost Paczkomaty e Inpost/Commissione (T‑282/16 e T‑283/16; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2019:168), con cui il Tribunale ha respinto i loro ricorsi diretti all’annullamento della decisione C(2015) 8236 final della Commissione, del 26 novembre 2015, con la quale essa non ha sollevato obiezioni nei confronti della misura notificata dalle autorità polacche relativa all’aiuto concesso alla Poczta Polska sotto forma di compensazione del costo netto risultante dall’adempimento, da parte della medesima società, dei suoi obblighi di servizio postale universale per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva postale

2

Sotto il titolo «Finanziamento dei servizi universali», l’articolo 7 della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU 1998, L 15, pag. 14), come modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008 (GU 2008, L 52, pag. 3, e rettifiche in GU 2015, L 225, pag. 49 e GU 2017, L 172, pag. 36) (in prosieguo: la «direttiva postale»), prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali. Gli Stati membri possono finanziare la fornitura del servizio universale in conformità ad uno o più degli strumenti di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, o in conformità a qualsiasi altro strumento compatibile con il trattato.

2.   Gli Stati membri possono garantire la fornitura del servizio universale appaltando tali servizi in conformità alle norme e ai regolamenti applicabili in materia di appalti pubblici, inclusi, come previsto dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [(GU 2004, L 134, pag. 114)], il dialogo competitivo o le procedure negoziate con o senza la pubblicazione di un bando di gara.

3.   Se uno Stato membro stabilisce che gli obblighi del servizio universale previsti dalla presente direttiva comportano un costo netto, calcolato tenendo conto dell’allegato I, e rappresentano un onere finanziario eccessivo per il fornitore o i fornitori del servizio universale, può introdurre:

a)

un meccanismo volto a compensare l’impresa interessata a partire da fondi pubblici;

b)

un meccanismo volto a ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale fra i fornitori di servizi e/o gli utenti.

4.   Se il costo netto è ripartito conformemente al paragrafo 3, lettera b), gli Stati membri possono istituire un fondo di compensazione che può essere finanziato mediante diritti a carico dei fornitori dei servizi e/o degli utenti e amministrato da un organismo indipendente dal beneficiario o dai beneficiari. Gli Stati membri possono vincolare la concessione di autorizzazioni ai fornitori di servizi di cui all’articolo 9, paragrafo 2, all’obbligo di contribuire finanziariamente al fondo o di adempiere gli obblighi del servizio universale. Gli obblighi del servizio universale a carico del fornitore o dei fornitori di servizi di cui all’articolo 3 possono essere finanziati in tal modo.

5.   Gli Stati membri garantiscono che, nell’istituzione del fondo di compensazione e nella fissazione del livello dei contributi finanziari di cui ai paragrafi 3 e 4, vengano rispettati i principi di trasparenza, di non discriminazione e di proporzionalità. Le decisioni adottate a norma dei paragrafi 3 e 4 si basano su criteri oggettivi e verificabili e vengono rese pubbliche».

3

A norma dell’articolo 8 della direttiva succitata, le disposizioni dell’articolo 7 della medesima lasciano impregiudicato il diritto degli Stati membri di provvedere al collocamento di cassette postali sulla via pubblica, all’emissione di francobolli e al servizio di invii raccomandati utilizzato nelle procedure amministrative e giudiziarie conformemente alla loro legislazione nazionale.

Disciplina SIEG

4

La comunicazione della Commissione europea, intitolata «Disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011)» (GU 2012, C 8, pag. 15; in prosieguo: la «disciplina SIEG»), al punto 14 della sezione 2.2, intitolata «Effettivo servizio di interesse economico generale di cui all’articolo 106 [TFUE]», così dispone:

«Ai fini dell’applicazione dei principi delineati nella presente comunicazione, è opportuno che gli Stati membri dimostrino di aver tenuto in debita considerazione le esigenze di servizio pubblico cui è offerto sostegno mediante una consultazione pubblica o altri strumenti adeguati per tener conto degli interessi di utenti e fornitori. Ciò non si applica qualora sia evidente che una nuova consultazione non apporterà nessun valore aggiunto significativo a una consultazione svolta di recente».

5

Contenuto nella sezione 2.6, intitolata «Rispetto delle norme dell’Unione sull’aggiudicazione degli appalti», il punto 19 della disciplina SIEG prevede quanto segue:

«Un aiuto verrà considerato compatibile con il mercato interno a norma dell’articolo 106, paragrafo 2, [TFUE] soltanto se l’autorità responsabile, al momento di incaricare l’impresa in questione della fornitura del servizio, ha rispettato o si impegna a rispettare le norme dell’Unione applicabili in materia di appalti pubblici. Questo comprende eventuali condizioni relative a trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione sancite direttamente dal trattato e, se del caso, dal diritto derivato dell’Unione. Si ritiene che gli aiuti che non rispettano tali norme e condizioni compromettano lo sviluppo degli scambi in misura contraria agli interessi dell’Unione, a norma dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato».

6

Contenuto nella sezione 2.8, intitolata «Importo della compensazione», il punto 25 della succitata disciplina precisa quanto segue:

«In base alla metodologia del costo evitato netto, il costo netto necessario – o che si prevede sia necessario – per ottemperare agli obblighi di servizio pubblico è calcolato come la differenza tra il costo netto per il fornitore del servizio soggetto ad un obbligo di servizio pubblico e il costo netto o utile del medesimo fornitore in assenza di tale obbligo. Va riservata una particolare attenzione alla corretta valutazione dei costi che si prevede che il fornitore del servizio eviti e delle entrate che si prevede questi non realizzi, in assenza dell’obbligo di servizio pubblico. Il calcolo del costo netto deve valutare i vantaggi, compresi per quanto possibile quelli immateriali, di cui beneficia il fornitore del SIEG».

7

Contenuti nella sezione 2.9, intitolata «Possono essere necessarie condizioni aggiuntive per garantire che lo sviluppo degli scambi non sia compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione», i punti 51, 52 e 56 della disciplina in parola così dispongono:

«51. Le condizioni previste alle sezioni da 2.1 a 2.8 sono di norma sufficienti per garantire che gli aiuti non falsino la concorrenza in misura contraria agli interessi dell’Unione.

52. Tuttavia è possibile che, in circostanze eccezionali, alcune gravi distorsioni della concorrenza nel mercato interno possano restare irrisolte e che l’aiuto possa incidere sugli scambi in misura contraria all’interesse dell’Unione.

(…)

56. Un’altra situazione in cui può rendersi necessaria una valutazione più dettagliata potrebbe verificarsi qualora uno Stato membro incarichi un fornitore di servizi pubblici, senza procedura di selezione concorrenziale, di fornire un SIEG su un mercato non riservato dove sono già forniti servizi molto simili o si può prevedere che vengano forniti in un futuro prossimo in assenza del SIEG. Questi effetti negativi sullo sviluppo degli scambi possono essere più accentuati se il SIEG viene offerto a una tariffa inferiore ai costi dei fornitori esistenti o potenziali, in modo da causare la preclusione del mercato. La Commissione, sebbene rispetti pienamente l’ampio margine di discrezionalità di uno Stato membro per definire il SIEG, può tuttavia chiedere modifiche, ad esempio nell’attribuzione dell’aiuto, qualora possa ragionevolmente dimostrare la possibilità di fornire lo stesso SIEG a condizioni equivalenti per gli utenti, in maniera meno distorsiva e a costo minore per lo Stato».

8

Il punto 60 della disciplina SIEG, contenuto nella sezione 2.10, intitolata «Trasparenza», stabilisce quanto segue:

«Per ciascuna compensazione della prestazione di SIEG che rientra nel campo di applicazione della presente comunicazione, lo Stato interessato deve pubblicare le seguenti informazioni, su Internet o in altro modo adeguato:

a)

i risultati della consultazione pubblica o degli altri strumenti adeguati di cui al punto 14;

b)

l’oggetto e la durata degli obblighi di servizio pubblico;

c)

l’impresa e, se del caso, il territorio interessati;

d)

gli importi di aiuto concessi all’impresa su base annua».

Diritto polacco

9

In Polonia, la direttiva postale è stata trasposta dall’ustawa Prawo pocztowe (legge sui servizi postali), del 23 novembre 2012 (Dz. U. del 2012, posizione 1529) (in prosieguo: la «legge sui servizi postali»). A termini dell’articolo 3, punto 30, della legge sui servizi postali, i servizi rientranti nel servizio universale sono, in tale Stato membro, quelli comprendenti gli invii di lettere e di pacchi postali nonché gli invii per i non vedenti, che non sono effettuati dall’operatore designato nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale.

10

Dagli articoli 45 e 46 di tale legge risulta che, nell’ambito del servizio postale universale, il trasporto e la distribuzione di lettere e di pacchi postali devono essere assicurati ogni giorno lavorativo e non meno di cinque giorni a settimana. Il peso degli invii postali interessati non può superare i 2000 grammi, mentre quello dei pacchi può arrivare fino a 10000 grammi.

Fatti

11

La Poczta Polska (in prosieguo: la «PP») è una società per azioni polacca il cui unico azionista è l’Erario della Repubblica di Polonia. All’epoca dei fatti di cui trattasi, la sua attività comprendeva, essenzialmente, i servizi postali universali e quelli di corriere, servizi per i quali essa era allora il principale operatore in Polonia.

12

Sulla base dell’articolo 178, paragrafo 1, della legge sui servizi postali, l’attuazione della riforma del servizio postale polacco è stata affidata, in un primo tempo e per una durata di tre anni con decorrenza dal 1o gennaio 2013, alla PP, la quale è stata quindi incaricata di assumere gli obblighi di fornitore del servizio postale universale in tutto il territorio polacco.

13

Le autorità polacche hanno allora notificato alla Commissione, il 10 giugno 2014, un regime di aiuti riguardante, da un lato, un meccanismo volto a ripartire il costo netto degli obblighi del servizio universale e, dall’altro, la creazione di un fondo di compensazione, complementare all’istituzione di tale meccanismo.

14

Il fondo di compensazione era finanziato, in parte, dai contributi che gli operatori postali interessati erano tenuti a versare allo stesso fondo e, in parte, dal bilancio dello Stato.

15

In particolare, l’obbligo contributivo previsto all’articolo 108, paragrafo 2, della legge sui servizi postali riguardava gli operatori postali che fornivano servizi universali equivalenti, i cui redditi annuali percepiti a tale titolo dovevano peraltro essere superiori a 1 milione di zloty polacchi (PLN) (circa 218603 EUR). In ogni caso, l’importo dovuto da ogni operatore interessato non poteva superare, su base annua, il massimale del 2% dell’importo dei redditi provenienti dalla sua fornitura di servizio universale.

16

Previsto inizialmente per coprire il periodo compreso tra il 2013 e il 2026, il meccanismo in questione è stato infine limitato, mediante lettera inviata dalle competenti autorità polacche alla Commissione il 5 gennaio 2015, al periodo compreso tra il 2013 e il 2015 (in prosieguo: il «regime nazionale di compensazione» o la «misura in questione»).

17

Le ricorrenti, che fanno parte del gruppo polacco Integer.pl S.A., erano tenute a contribuire al finanziamento del fondo di compensazione.

18

Il 26 novembre 2015, la Commissione, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), ha adottato la decisione controversa, nella quale ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti del regime nazionale di compensazione, con la motivazione che si trattava di un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno. Secondo la Commissione, conformemente ai criteri di cui alle sezioni da 2.1 a 2.8 della disciplina SIEG, la misura in questione non è tale da incidere sugli scambi commerciali in misura contraria all’interesse dell’Unione. Inoltre, i principi di funzionamento del fondo di compensazione non comporterebbero gravi distorsioni della concorrenza e non imporrebbero quindi requisiti aggiuntivi per garantire che lo sviluppo degli scambi non sia compromesso in misura incompatibile con gli interessi dell’Unione.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

19

Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2016, le ricorrenti hanno presentato due ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa.

20

Con decisioni del 28 ottobre 2016, il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della Repubblica di Polonia a sostegno delle conclusioni della Commissione.

21

Con decisione del presidente della Terza Sezione del Tribunale del 14 novembre 2016, i ricorsi delle ricorrenti sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della decisione che definisce il giudizio.

22

A sostegno dei ricorsi, le ricorrenti deducevano sette motivi, vertenti, in sostanza: i primi tre, sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in quanto la disciplina SIEG e l’articolo 7 della direttiva postale non sarebbero stati rispettati; il quarto, sulla violazione degli articoli 7 e 8 della medesima direttiva; il quinto, sulla violazione degli articoli 102 e 106, paragrafo 1, TFUE; il sesto, sulla violazione degli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e, il settimo, sull’inosservanza dell’obbligo di motivazione.

23

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto ciascuno dei summenzionati motivi di ricorso e, di conseguenza, i ricorsi nel loro complesso.

Conclusioni delle parti

24

Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione controversa, e

condannare la Commissione alle spese dei procedimenti di impugnazione di cui trattasi e a quelle del procedimento di primo grado.

25

La Commissione e il governo polacco chiedono alla Corte di respingere le impugnazioni e di condannare le ricorrenti alle spese.

Sulle impugnazioni

26

A sostegno delle impugnazioni, le ricorrenti deducono quattro motivi che coincidono, in sostanza, con i primi cinque motivi dei loro ricorsi di annullamento. Tali motivi d’impugnazione vertono sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in quanto vari requisiti della disciplina SIEG non sarebbero stati rispettati (motivi dal primo al terzo); sulla violazione dei principi del Trattato FUE in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (primo motivo) e sulla violazione dell’articolo 7 della direttiva postale (motivi primo, terzo e quarto).

Sul primo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

27

Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti deducono, da un lato, la violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in quanto il Tribunale ha erroneamente dichiarato che i requisiti di cui al punto 19 della disciplina SIEG erano stati rispettati, e, dall’altro, la violazione dei principi di non discriminazione, della parità di trattamento e di trasparenza nell’ambito dell’aggiudicazione degli appalti pubblici nonché un’errata interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale.

28

Esse ritengono che, anche qualora uno Stato membro designi il fornitore del servizio universale per via legislativa, al di fuori delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, i procedimenti di adozione e di pubblicazione della legge debbano essere valutati alla luce del rispetto dei requisiti di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento. Nel caso di specie, le autorità nazionali avrebbero indotto in errore gli operatori interessati indicando un tasso di partecipazione al fondo di compensazione che era inferiore del 100% rispetto al tasso da ultimo introdotto, privando in tal modo tali operatori di qualsiasi profitto e causando perdite. Una simile modalità di designazione del fornitore del servizio universale pregiudicherebbe il requisito di trasparenza.

29

Le ricorrenti precisano, nelle rispettive repliche, che il primo motivo d’impugnazione è ricevibile in quanto esse hanno espressamente indicato che il Tribunale ha errato nel concludere che il semplice fatto di adottare e di pubblicare l’atto giuridico sulla base del quale la PP ha fornito il servizio universale è sufficiente per ritenere che i requisiti derivanti dal punto 19 della disciplina SIEG siano stati soddisfatti.

30

La Commissione e il governo polacco ritengono che il primo motivo d’impugnazione sia irricevibile. Tale governo aggiunge che tale motivo è, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

31

Secondo una giurisprudenza costante, dagli articoli 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della stessa risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Un’impugnazione priva di tali caratteristiche non può essere oggetto di una valutazione giuridica che consenta alla Corte di esercitare il compito ad essa incombente nel settore considerato e di effettuare il suo sindacato di legittimità [sentenza del 1o febbraio 2018, Panalpina World Transport (Holding) e a./Commissione, C‑271/16 P, non pubblicata, EU:C:2018:59, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

32

Orbene, nell’ambito del primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti si limitano, in sostanza, a indicare i requisiti che, a loro avviso, risultano dal punto 19 della disciplina SIEG per quanto riguarda il rispetto dei principi di non discriminazione, della parità di trattamento e di trasparenza, senza tuttavia individuare con precisione l’errore di diritto di cui sarebbe viziata la sentenza impugnata.

33

Ciò premesso, occorre rilevare che, contrariamente a quanto esse sostengono nelle rispettive repliche, le lacune constatate al punto precedente della presente sentenza non sono colmate dalla mera affermazione secondo la quale il Tribunale avrebbe errato nel concludere che il semplice fatto di adottare e di pubblicare l’atto giuridico sulla base del quale la PP ha fornito il servizio universale è sufficiente per ritenere che i requisiti derivanti dal punto 19 della disciplina SIEG siano soddisfatti.

34

Inoltre, le ricorrenti non forniscono alcuna indicazione quanto alla presunta violazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva postale.

35

Ne consegue che il primo motivo d’impugnazione è irricevibile.

Sul secondo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

36

Nell’ambito del secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti affermano, in sostanza, che il Tribunale ha violato l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in quanto ha erroneamente dichiarato che i requisiti di cui ai punti 14 e 60 della disciplina SIEG erano stati rispettati.

37

Con la prima parte del secondo motivo d’impugnazione, esse contestano i punti da 46 a 48 e 51 della sentenza impugnata e sostengono che, al fine di rispettare i requisiti di cui al punto 14 della disciplina SIEG, non è sufficiente organizzare una consultazione pubblica, ma è altresì necessario dimostrare che quest’ultima ha consentito di tenere in debita considerazione le esigenze di servizio pubblico in questione o che l’applicazione di un altro strumento adeguato ha consentito di tener conto degli interessi degli utenti finali e dei fornitori.

38

Orbene, nel caso di specie, non esisterebbe alcun documento o elemento di prova attestante la risposta del governo polacco all’osservazione formulata dalle ricorrenti in occasione della consultazione pubblica del settembre 2010, per quanto riguarda la loro critica relativa al tasso di contribuzione dell’1%, che provi, in particolare, l’infondatezza di tale osservazione.

39

Pur non avendo il Tribunale tratto le conclusioni appropriate, le ragioni indicate al punto 137 della sentenza impugnata mostrerebbero a che punto tale consultazione pubblica abbia avuto un carattere illusorio e non abbia tenuto in debita considerazione le esigenze degli utenti né quelle dei fornitori. L’aumento del tasso di contribuzione dall’1% al 2% avrebbe infatti avuto l’effetto di privare gli operatori alternativi tenuti a contribuire al finanziamento del costo netto della quasi totalità dei profitti realizzati, di imporre al fornitore del servizio universale l’obbligo di coprire il 95% della totalità del costo netto, nonché di ridurre al minimo il contributo dell’Erario e di trasferire concretamente la totalità del finanziamento sul mercato, a dispetto del carattere misto del fondo di compensazione (partecipazione degli operatori e del bilancio dello Stato).

40

Le ricorrenti contestano, inoltre, l’affermazione del Tribunale, al punto 48 della sentenza impugnata, secondo la quale, poiché gli operatori si sono potuti pronunciare sul tasso di contribuzione dell’1%, non era necessario, di fatto, rinnovare la consultazione relativa al tasso di contribuzione modificato del 2%. Sarebbe infatti evidente che l’importo del tasso, più o meno elevato, è rilevante per le osservazioni e le posizioni formulate in occasione della consultazione pubblica, tenuto conto in particolare del fatto che la sua valutazione deve essere correlata con la redditività dell’attività interessata. Orbene, la posizione del Tribunale finirebbe per privare di qualsiasi utilità la consultazione pubblica, giacché le posizioni degli operatori consultati possono essere completamente ignorate e tale consultazione può portare a una decisione agli antipodi rispetto alle posizioni espresse in occasione della stessa, come sarebbe avvenuto nel caso di specie.

41

Con la seconda parte del secondo motivo d’impugnazione, relativa ai requisiti derivanti dal punto 60 della disciplina SIEG, le ricorrenti affermano, da un lato, che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale al punto 54 della sentenza impugnata, dal citato punto 60 risulta chiaramente che i risultati della consultazione pubblica devono essere pubblicati separatamente. In ogni caso, il governo polacco non avrebbe pubblicato tali risultati né separatamente né congiuntamente alla pubblicazione della legge sui servizi postali.

42

Dall’altro lato, dai punti da 14 a 16 della disciplina SIEG emergerebbe chiaramente che, al fine di adempiere i suoi obblighi, il governo polacco avrebbe dovuto pubblicare non solo l’atto di incarico che attribuisce la fornitura del servizio universale alla PP, ossia la legge sui servizi postali, e che specifichi gli obblighi di servizio pubblico e le modalità di calcolo della compensazione, ma anche i risultati della consultazione pubblica.

43

Il governo polacco ritiene che la prima parte del secondo motivo d’impugnazione sia irricevibile in quanto le questioni se una nuova consultazione fosse o no necessaria, se le società ricorrenti avessero potuto utilmente presentare le loro osservazioni e quali fossero le motivazioni delle autorità polacche sono questioni di natura fattuale. La Commissione e il suddetto governo ritengono, inoltre, che questo secondo motivo d’impugnazione e la terza parte del terzo motivo d’impugnazione debbano essere respinti in quanto infondati.

Giudizio della Corte

44

Per quanto riguarda la prima parte del secondo motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione del punto 14 della disciplina SIEG, le ricorrenti affermano, in sostanza, che, al fine di conformarsi a tale punto 14, non è sufficiente organizzare una consultazione pubblica, ma è altresì necessario dimostrare che essa ha consentito di tenere in considerazione gli interessi degli utenti finali e dei fornitori. Orbene, in una fattispecie in cui l’importo del tasso di compensazione è raddoppiato rispetto all’importo discusso in occasione della consultazione pubblica, la posizione del Tribunale, secondo la quale non era necessario rinnovare la consultazione, finirebbe per privare di qualsiasi utilità tale consultazione.

45

In via preliminare, si deve rilevare che, come giustamente ricordato dal Tribunale al punto 44 della sentenza impugnata, nell’esercizio del suo potere discrezionale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, la Commissione può adottare norme di condotta al fine di stabilire i criteri sulla base dei quali essa intende valutare la compatibilità, con il mercato interno, di misure di aiuto attinenti alla gestione di un SIEG, previste dagli Stati membri. Adottando simili norme di condotta, come quella della disciplina SIEG, e annunciando con la loro pubblicazione che essa le applicherà da quel momento in poi alle fattispecie cui si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del potere discrezionale summenzionato e non può, in linea di principio, discostarsi dalle medesime norme, pena una sanzione, eventualmente, per violazione di principi generali del diritto, quali il principio della parità di trattamento o quello della tutela del legittimo affidamento (v., per analogia, sentenze dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punti 6869, e del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 3940).

46

A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo il punto 14 della disciplina SIEG, «[a]i fini dell’applicazione dei principi delineati [in tale disciplina], è opportuno che gli Stati membri dimostrino di aver tenuto in debita considerazione le esigenze di servizio pubblico cui è offerto sostegno mediante una consultazione pubblica o altri strumenti adeguati per tener conto degli interessi di utenti e fornitori. Ciò non si applica qualora sia evidente che una nuova consultazione non apporterà nessun valore aggiunto significativo a una consultazione svolta di recente».

47

Va dunque rilevato che a ragione il Tribunale ha dichiarato, al punto 46 della sentenza impugnata, che dal testo della succitata disposizione emerge che l’organizzazione di una consultazione pubblica non è obbligatoria, atteso che una simile procedura costituisce, infatti, solo uno degli strumenti adeguati cui lo Stato membro può ricorrere al fine di prendere in considerazione le esigenze del servizio pubblico in questione e di tener conto degli interessi degli utenti e dei fornitori.

48

Inoltre, ai punti 47 e 48 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, poiché, in occasione della consultazione pubblica del settembre 2010, le ricorrenti hanno potuto utilmente presentare le proprie osservazioni in merito alle condizioni relative al funzionamento del fondo di compensazione, e hanno potuto in particolare esprimere il proprio disaccordo su un tasso inferiore a quello da ultimo fissato, sostenendo che a loro avviso esso era già eccessivo, una nuova consultazione non avrebbe apportato, sotto tale profilo, «nessun valore aggiunto significativo», ai sensi del punto 14 della disciplina SIEG.

49

Orbene, si deve constatare che, nel fare ciò, il Tribunale ha applicato il punto 14 della disciplina SIEG senza incorrere in un errore di diritto, avendo accertato se, sulla scorta degli elementi pertinenti del fascicolo sottopostogli e, in particolare, tenuto conto della consultazione pubblica del settembre 2010, fosse evidente che una nuova consultazione pubblica non avrebbe apportato un valore aggiunto significativo, conformemente alla seconda frase del citato punto 14. Inoltre, le ricorrenti non sostengono in alcun modo che il Tribunale abbia fatto uso, a tale riguardo, di un criterio giuridico diverso da quello richiesto allo stesso punto 14.

50

Ciò premesso, occorre rilevare che il fatto che le ricorrenti affermino, in sostanza, come risulta dai punti 39 e 40 della presente sentenza, che un aumento del tasso di compensazione del 100%, tra il tasso che era stato discusso in occasione della consultazione pubblica del settembre 2010 e quello da ultimo adottato nella decisione controversa dalle autorità polacche competenti, significa che una nuova consultazione pubblica avrebbe necessariamente avuto un valore aggiunto significativo equivale a chiedere alla Corte di sindacare una valutazione fattuale operata dal Tribunale.

51

Orbene, come risulta da una giurisprudenza costante, la Corte non è competente a sindacare una simile valutazione nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento che, nella fattispecie, non è stato dedotto (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2019, LS Cable & System/Commissione, C‑596/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1025, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

52

Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del secondo motivo d’impugnazione.

53

Per quanto riguarda la seconda parte di questo secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver disatteso, al punto 54 della sentenza impugnata, i requisiti derivanti dal punto 60 della disciplina SIEG. In tal senso, da un lato, da tale punto 60 risulterebbe chiaramente che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, i risultati della consultazione pubblica devono essere pubblicati separatamente. Dall’altro, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il governo polacco abbia adempiuto il suo obbligo di pubblicare i risultati della consultazione pubblica pubblicando la legge sui servizi postali.

54

Secondo il punto 60, lettera a), della disciplina SIEG, per ciascuna compensazione della prestazione di SIEG che rientra nel campo di applicazione della disciplina SIEG, lo Stato membro interessato deve pubblicare su Internet o attraverso qualsiasi altro strumento adeguato contemplato al punto 14 della stessa disciplina, in particolare, i risultati della consultazione pubblica.

55

Al punto 54 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato, anzitutto, che, al punto 158 della decisione controversa, la Commissione ha constatato, senza incorrere in un errore di fatto, che la legge sui servizi postali era stata pubblicata. Esso ha poi dichiarato che dal punto 60 della disciplina SIEG non deriva un obbligo per lo Stato membro di pubblicare i risultati delle consultazioni pubbliche separatamente. Infine, dal fatto che, secondo le constatazioni esposte ai punti da 46 a 50 della sentenza impugnata, la Commissione poteva validamente ritenere che i requisiti di trasparenza di cui al punto 14 della disciplina SIEG fossero stati rispettati esso ha dedotto che la sua corrispondente conclusione di cui al punto 160 della decisione controversa era priva di errori.

56

A tale riguardo, si deve rilevare che dal tenore letterale del punto 60, lettera a), della disciplina SIEG si evince che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, gli Stati membri non sono obbligati a pubblicare i risultati della consultazione pubblica separatamente, potendo tali risultati figurare, ad esempio, nell’atto con il quale uno Stato membro affida la responsabilità della gestione del SIEG all’impresa interessata.

57

Tuttavia, il fatto che la legge sui servizi postali, la quale, com’è pacifico, contiene gli elementi essenziali inerenti alle modalità di calcolo della compensazione e all’importo della stessa, sia stata pubblicata non implica necessariamente che la Repubblica di Polonia abbia adempiuto l’obbligo, previsto al punto 60, lettera a), della disciplina SIEG, di pubblicare i risultati della consultazione pubblica, nella fattispecie quella del settembre 2010.

58

A tale proposito, il governo polacco sostiene che tale obbligo è stato effettivamente adempiuto in quanto la nozione di «risultati della consultazione pubblica», ai sensi del succitato punto 60, lettera a), corrisponde, di fatto, alla decisione di concedere una compensazione specifica secondo modalità determinate e, di conseguenza, la pubblicazione di questi ultimi elementi, contenuti nella legge sui servizi postali, significa che anche i suddetti risultati sono stati pubblicati.

59

Va tuttavia rilevato che, alla luce del chiaro tenore letterale del punto 60, lettera a), della disciplina SIEG, una simile interpretazione dell’obbligo di pubblicazione dei risultati della consultazione pubblica, ai sensi di tale punto, non può essere accolta. A tale riguardo, è opportuno precisare che, qualora uno Stato membro decida di adempiere l’obbligo di pubblicazione dei risultati della consultazione pubblica attraverso la pubblicazione dell’atto con il quale è affidata la gestione di un SIEG, occorre, al fine di non privare di effetto utile tale obbligo, che tale pubblicazione faccia espresso riferimento, in maniera sufficientemente dettagliata, ai risultati della consultazione pubblica effettuata nell’ambito del procedimento che ha condotto all’adozione di detto atto.

60

Ne consegue che l’affermazione del Tribunale di cui alla prima frase del punto 54 della sentenza impugnata, secondo la quale la Commissione ha constatato, senza incorrere in un errore di fatto, che la legge sui servizi postali «era stata pubblicata», non è sufficiente a giustificare la conclusione che il governo polacco aveva ottemperato all’obbligo di pubblicazione dei risultati della consultazione pubblica del settembre 2010, ai sensi del punto 60, lettera a), della disciplina SIEG.

61

Lo stesso vale per l’affermazione del Tribunale, di cui all’ultima frase del punto 54 della sentenza impugnata, secondo la quale il fatto che la Commissione abbia potuto validamente ritenere che i requisiti di trasparenza, previsti al punto 14 della disciplina SIEG, fossero stati rispettati consente di concludere che essa non ha errato nell’affermare che il requisito di trasparenza era stato soddisfatto.

62

I requisiti derivanti dal summenzionato punto 14, relativi alla prova della presa in considerazione delle esigenze di servizio pubblico cui è offerto sostegno mediante una consultazione pubblica o altri strumenti adeguati, non possono infatti essere assimilati al requisito di trasparenza, previsto al punto 60, lettera a), della disciplina SIEG, che riguarda specificamente la pubblicazione dei risultati della consultazione pubblica. Pertanto, il fatto che uno Stato membro abbia ottemperato ai requisiti di cui al punto 14 della disciplina SIEG non implica necessariamente che esso abbia parimenti ottemperato all’obbligo di trasparenza, ai sensi del punto 60, lettera a), della stessa disciplina.

63

Dalle considerazioni che precedono risulta che il Tribunale, al punto 54 della sentenza impugnata, è incorso in vari errori di diritto per quanto riguarda l’interpretazione dei requisiti derivanti dal punto 60 della disciplina SIEG.

64

Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un errore di diritto commesso dal Tribunale non comporta l’annullamento della sentenza impugnata qualora il dispositivo della stessa appaia fondato per altri motivi di diritto (sentenza del 21 settembre 2017, Easy Sanitary Solutions e EUIPO/Group Nivelles, C‑361/15 P e C‑405/15 P, EU:C:2017:720, punto 73 e giurisprudenza citata).

65

Nel caso di specie, dal punto 122 della decisione controversa risulta che la Commissione ha ritenuto che la Repubblica di Polonia non fosse tenuta a dimostrare, conformemente ai requisiti di cui al punto 14 della disciplina SIEG, di aver tenuto in debita considerazione le esigenze di servizio pubblico, effettuando una consultazione pubblica o attraverso altri strumenti adeguati, poiché gli obblighi di servizio pubblico attribuiti alla PP corrispondevano ai requisiti in materia di servizi postali universali derivanti dalla direttiva postale. La Commissione ha altresì constatato, al medesimo punto 122, che è stata in ogni caso organizzata una consultazione pubblica sulla legge sui servizi postali nonché sui regolamenti di attuazione di tale legge. A tale riguardo, l’uso dell’espressione in lingua inglese «in any event» dimostra che quest’ultima constatazione della Commissione risulta essere stata effettuata ad abundantiam.

66

Orbene, al punto 50 della sentenza impugnata, il quale non è stato contestato dalle ricorrenti nell’ambito delle loro impugnazioni, il Tribunale ha confermato la suddetta valutazione della Commissione contenuta al punto 122 della decisione controversa, nel senso che, poiché le autorità polacche si erano conformate ai requisiti derivanti dalla direttiva postale, esse non erano più tenute a conformarsi agli obblighi previsti al punto 14 della disciplina SIEG.

67

Ne consegue che gli errori in cui è incorso il Tribunale, constatati al punto 63 della presente sentenza, per quanto riguarda l’interpretazione dei requisiti derivanti dal punto 60 della disciplina SIEG, in particolare quello relativo alla pubblicazione dei risultati della consultazione pubblica di cui al summenzionato punto 14 di tale disciplina, ai sensi di tale punto 60, lettera a), non sono idonei a inficiare la conclusione del Tribunale quanto al rigetto dei ricorsi delle ricorrenti.

68

Dalle considerazioni che precedono risulta che la seconda parte del secondo motivo d’impugnazione non può essere accolta e che lo stesso motivo dev’essere respinto nel suo complesso.

Sul terzo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

69

Il terzo motivo d’impugnazione, che si articola in quattro parti, verte, da un lato, sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, in quanto il Tribunale ha erroneamente dichiarato che i requisiti di cui al punto 52 della disciplina SIEG erano stati rispettati, e, dall’altro, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafi 1 e da 3 a 5, della direttiva postale.

70

Per quanto riguarda la prima parte del motivo d’impugnazione in esame, le ricorrenti contestano i punti da 84 a 86 della sentenza impugnata e deducono, in sostanza, il carattere discriminatorio del fondo di compensazione e la non corretta trasposizione dell’articolo 7, paragrafi 3 e 4, della direttiva postale da parte dal governo polacco.

71

La posizione del Tribunale sarebbe incoerente, in quanto esso ha ritenuto che i servizi di corriere non costituissero servizi equivalenti ai servizi universali, pur avendo dichiarato che ciò si verificava, dal punto di vista dei consumatori, per i servizi rientranti nel servizio universale.

72

In primo luogo, le ricorrenti affermano che, relativamente alle modalità di prestazione di tali servizi, alla loro tariffazione e agli altri requisiti di legge, non esiste alcuna convergenza tra il servizio universale e i servizi rientranti nel servizio universale. Questi due tipi di servizi sarebbero fondamentalmente diversi.

73

In particolare, anzitutto, il servizio universale dovrebbe essere fornito in modo uniforme e secondo una determinata ripartizione degli uffici postali nonché sulla base di un tasso specifico di trasporto degli invii postali. Orbene, i fornitori dei servizi rientranti nel servizio universale non sarebbero soggetti a nessuna di tali restrizioni.

74

Inoltre, il servizio universale dovrebbe essere effettuato a prezzi accessibili convalidati dall’autorità nazionale di regolamentazione postale, mentre i fornitori dei servizi rientranti nel servizio universale sono liberi di fissare i prezzi di tali servizi. Orbene, la Commissione avrebbe utilizzato una percentuale uniforme per questi due tipi di servizi, sebbene i risultati contabili della PP per la prestazione di questi tipi di servizi siano molto diversi. Tali risultati dimostrerebbero l’erroneità delle conclusioni del Tribunale relativamente al trattamento identico del servizio universale e dei servizi rientranti nel servizio universale per via delle loro caratteristiche asseritamente simili.

75

Infine, il servizio universale richiederebbe che l’operatore garantisca il ritiro della cassetta postale destinata a raccogliere invii e la distribuzione degli invii postali, almeno una volta per giorno lavorativo e non meno di cinque giorni a settimana, ad eccezione dei giorni festivi e in modo da consentire al mittente di ottenere un avviso di ricevimento di un invio raccomandato. Orbene, la legislazione nazionale non imporrebbe ai servizi rientranti nel servizio universale un requisito del genere, il quale può risultare dagli obblighi contrattuali dell’operatore, senza essere, tuttavia, una caratteristica costitutiva di tali servizi.

76

In secondo luogo, le ricorrenti deducono il carattere inesatto e contrario ai principi matematici dell’affermazione del Tribunale di cui al punto 85 della sentenza impugnata, argomentando che la percentuale versata dalla PP al fondo di compensazione non può in nessun caso essere superiore al contributo degli altri operatori postali.

77

In terzo luogo, in riferimento al punto 86 della sentenza impugnata, esse ricordano che il servizio universale è fornito nell’interesse generale in condizioni di quasi monopolio, mentre i servizi rientranti nel servizio universale costituirebbero un segmento di mercato liberalizzato che si caratterizza per una forte concorrenza.

78

Nell’ambito della seconda parte del terzo motivo d’impugnazione, esse affermano che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale per via del carattere sproporzionato del fondo di compensazione.

79

In primo luogo, nell’ambito dell’esame dei ricorsi, il Tribunale avrebbe completamente ignorato la questione relativa alla divergenza tra il costo medio ponderato del capitale (CMPC), adottato per calcolare il finanziamento del costo netto, fissato al 10,82%, e il tasso di redditività dei servizi equivalenti sul quale la Commissione si è basata per stabilire il carattere proporzionato del contributo del 2% dei redditi. Nella misura in cui il costo minimo del capitale è stato fissato al 10,82% per il segmento del mercato dei servizi postali, sarebbe manifestamente contraddittorio ritenere, come fatto dalla Commissione e poi dal Tribunale, che un tasso di redditività del 5,5% per i servizi equivalenti consenta di adottare un tasso di contribuzione al 2%, in quanto tasso che non costituisce un fattore di esclusione dal mercato dei concorrenti efficaci né un fattore che li dissuaderebbe dall’entrarvi.

80

In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che le conclusioni del Tribunale non siano corroborate dagli elementi di prova nel caso di specie. Da un lato, anche supponendo che la Commissione non disponesse di dati diversi da quello relativo al tasso di redditività della PP, le conclusioni tratte dalla medesima sarebbero, in ogni caso, inesatte.

81

Dall’altro lato, la Commissione avrebbe dovuto prevedere che il 2013 era il primo anno della liberalizzazione del mercato dei servizi postali e che, di conseguenza, l’aumento della concorrenza nel mercato dei servizi rientranti nel servizio universale sarebbe stato accompagnato da un calo della redditività.

82

Inoltre, le ricorrenti contestano la posizione del Tribunale secondo la quale solo il 2013, che costituisce effettivamente il solo anno nel quale le ricorrenti hanno raggiunto il tasso di redditività previsto dalla Commissione, è rilevante ai fini delle controversie di cui trattasi, poiché, adottando la decisione controversa, la Commissione non poteva sapere se il costo netto non avrebbe avuto luogo anche per il 2015.

83

Infine, l’istituzione del fondo di compensazione richiederebbe altresì l’introduzione di un meccanismo di protezione contro vantaggi eccessivi. Il fondo di compensazione dovrebbe infatti prendere in considerazione i profitti realizzati dall’operatore designato negli anni successivi, in particolare quando il fornitore non è stato designato mediante concorso, nonché la situazione particolare del mercato nella fase iniziale della sua liberalizzazione.

84

Nell’ambito della terza parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale non riconoscendo la mancanza di trasparenza del processo di creazione del fondo di compensazione. A tale riguardo, il Tribunale avrebbe richiamato erroneamente la sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio (T‑643/11, EU:T:2014:1076).

85

Esse ricordano di aver sostenuto dinanzi al Tribunale che la forma finale del fondo e la partecipazione massima al finanziamento (2% dei redditi) non erano state oggetto di una procedura consultiva e che gli interessati non avevano potuto formulare le loro osservazioni. Pertanto, è la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio (C‑141/08 P, EU:C:2009:598), a essere rilevante nel caso di specie, in quanto non si può escludere che il governo avrebbe modificato la sua posizione se gli interessati avessero potuto esprimere il loro parere per quanto riguarda il raddoppiamento del tasso massimo di partecipazione al finanziamento.

86

Relativamente alla quarta parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, ai punti da 153 a 156 della sentenza impugnata, ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale, avendo disatteso la condizione relativa all’onere finanziario eccessivo.

87

Anzitutto, le ricorrenti ritengono che, contrariamente alle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 6 ottobre 2010, Base e a. (C‑389/08, EU:C:2010:584), la normativa nazionale stabilisca che, ove il costo netto generi perdite, l’importo di queste costituisce automaticamente un onere eccessivo per la PP. Tale presunzione significherebbe che né l’importo delle perdite né le caratteristiche proprie della PP, come la qualità delle sue attrezzature, la sua situazione economica e finanziaria o la sua quota di mercato, devono essere esaminate per quanto riguarda la condizione relativa all’onere eccessivo.

88

Considerata l’ampia convergenza delle normative dell’Unione relative al finanziamento del servizio universale nel mercato delle telecomunicazioni e nel mercato postale, la posizione della Corte espressa nelle sentenze summenzionate dovrebbe essere presa in considerazione nel caso di specie. A tale riguardo, il metodo seguito dalla normativa nazionale al fine di finanziare il costo netto del servizio universale sarebbe incompatibile con il modello di finanziamento previsto dalla direttiva postale.

89

La posizione delle ricorrenti quanto alla modalità di calcolo dell’onere eccessivo dell’operatore designato sarebbe, inoltre, confermata dalla Relazione del gruppo dei regolatori europei per i servizi postali del 2012, intitolata «Net Cost Calculation and Evaluation of a Reference Scenario» (Calcolo del costo netto e valutazione dello scenario di riferimento), e dalla dottrina.

90

Esse deducono poi la lesione del principio di interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, argomentando che, in Polonia, i giudici nazionali investiti dei ricorsi avverso le decisioni dell’autorità nazionale di regolamentazione riguardanti il mercato postale non prendono in considerazione le domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte in corso di causa.

91

Infine, la normativa nazionale sarebbe insufficiente poiché, di norma, nell’ambito della procedura di controllo, la decisione nel merito non sarebbe esaminata.

92

Le ricorrenti indicano, nelle rispettive repliche, che, nell’ambito delle parti prima, seconda e quarta del terzo motivo d’impugnazione, esse hanno espressamente individuato la motivazione della sentenza impugnata e hanno altresì presentato argomenti diretti a rimettere in discussione non già i fatti, bensì la qualificazione giuridica errata dei servizi rientranti nel servizio universale effettuata dal Tribunale, nonché a dimostrare che il Tribunale ha applicato erroneamente il diritto dell’Unione per quanto riguarda la violazione dell’articolo 7, paragrafi 1 e da 3 a 5, della direttiva postale.

93

La Commissione ritiene che le parti prima, seconda e quarta del terzo motivo d’impugnazione siano irricevibili e che, in ogni caso, tale motivo, nel suo complesso, sia infondato. Quanto al governo polacco, esso ritiene che il motivo d’impugnazione in esame sia irricevibile nel suo complesso e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

94

Nell’ambito della prima parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti contestano, in sostanza, i punti da 84 a 86 della sentenza impugnata e deducono il carattere discriminatorio del fondo di compensazione e la non corretta trasposizione dell’articolo 7, paragrafi 3 e 4, della direttiva postale da parte del governo polacco.

95

Occorre rilevare, in primo luogo, che gli argomenti avanzati dalle ricorrenti, e riassunti ai punti da 70 a 77 della presente sentenza, a sostegno della prima parte del motivo d’impugnazione in esame, mirano, in sostanza, a rimettere in discussione la valutazione fattuale del Tribunale, contenuta nei punti 84 e 85 della sentenza impugnata, quanto all’intercambiabilità dei servizi postali universali e dei servizi postali equivalenti nonché alle conseguenze da trarre dal metodo di calcolo dell’importo del contributo a carico della PP.

96

Orbene, da una costante giurisprudenza della Corte risulta che solo il Tribunale è competente ad accertare e valutare i fatti pertinenti nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione dei fatti e degli elementi di prova non costituisce, quindi, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione [sentenza del 13 febbraio 2020, Grecia/Commissione (Pascolo permanente), C‑252/18 P, EU:C:2020:95, punto 59 e giurisprudenza ivi citata].

97

Nel caso di specie, si deve constatare che le ricorrenti non deducono alcuno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova esaminati dal Tribunale.

98

In secondo luogo, quanto all’affermazione relativa al punto 86 della sentenza impugnata, le ricorrenti non indicano con sufficiente chiarezza l’errore di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso nella sentenza impugnata, il che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza, impedisce alla Corte di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla valutazione effettuata dal Tribunale.

99

Ne consegue che la prima parte del terzo motivo d’impugnazione è, nel suo complesso, irricevibile e deve essere respinta.

100

La seconda parte del terzo motivo d’impugnazione verte sulla presunta violazione dell’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale per via del carattere sproporzionato del fondo di compensazione. Orbene, così come avviene per una parte dell’argomentazione relativa alla prima parte del motivo d’impugnazione in esame, quella a sostegno di questa seconda parte mira, in sostanza, a rimettere in discussione una valutazione fattuale del Tribunale quanto all’esame della proporzionalità del fondo di compensazione, operato dal medesimo, alla luce delle prove che sono state a esso sottoposte, senza dedurre un qualsivoglia snaturamento al riguardo.

101

Di conseguenza, anche la seconda parte del terzo motivo d’impugnazione è irricevibile e deve, pertanto, essere respinta.

102

Con la terza parte del terzo motivo d’impugnazione, le ricorrenti affermano, in sostanza, che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale non riconoscendo la mancanza di trasparenza del processo di creazione del fondo di compensazione.

103

Occorre ricordare, a tale riguardo, che, come risulta dai punti da 45 a 52 della presente sentenza, relativi all’esame della prima parte del secondo motivo d’impugnazione, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel concludere, ai punti 47 e 48 della sentenza impugnata, che le ricorrenti hanno potuto utilmente presentare le loro osservazioni e che una nuova consultazione non avrebbe apportato «alcun valore aggiunto significativo», ai sensi del punto 14 della disciplina SIEG, rispetto alla consultazione pubblica del settembre 2010.

104

Ciò posto, e senza che la Corte abbia bisogno di pronunciarsi sulla ricevibilità della terza parte del terzo motivo d’impugnazione, occorre constatare che, poiché, nell’ambito di tale parte, le ricorrenti non affermano né dimostrano che l’obbligo di rispettare il principio di trasparenza, previsto all’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva postale, imporrebbe, nel caso di specie, una consultazione delle parti interessate più ampia di quella di cui al punto 14 della disciplina SIEG, la motivazione esposta ai punti da 45 a 51 della presente sentenza è sufficiente per constatare che tale parte è infondata.

105

La quarta parte del terzo motivo d’impugnazione verte sul fatto che, ai punti da 153 a 156 della sentenza impugnata, il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale per via dell’inosservanza della condizione relativa all’onere finanziario eccessivo.

106

Occorre rilevare, come fatto dalla Commissione e dal governo polacco, che, nonostante il fatto che le ricorrenti riproducano e indichino i punti contestati della sentenza impugnata, questa quarta parte deve essere respinta in quanto irricevibile.

107

Infatti, per quanto riguarda la parte dell’argomentazione avanzata dalle ricorrenti nell’ambito della summenzionata quarta parte, riassunta ai punti da 87 a 89 e 91 della presente sentenza, si deve rilevare che, con tale argomentazione, esse si limitano, in sostanza, a contestare il contenuto della decisione controversa nonché quello della legge sui servizi postali, senza far mai riferimento, in maniera circostanziata, alla valutazione effettuata dal Tribunale né indicare in che modo esso sarebbe incorso in un errore di diritto.

108

Orbene, la Corte ha già dichiarato che gli argomenti di un’impugnazione che censurano non già la sentenza pronunciata dal Tribunale in seguito a una domanda di annullamento di una decisione, bensì la decisione di cui è stato chiesto l’annullamento dinanzi al Tribunale sono manifestamente irricevibili (ordinanza del 27 settembre 2012, Brighton Collectibles/UAMI e Felmar, C‑624/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:598, punto 35).

109

Quanto all’argomento relativo alla lesione del principio di interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, riassunto al punto 90 della presente sentenza, è sufficiente constatare che le ricorrenti non hanno individuato con precisione l’errore di diritto di cui sarebbe viziata la sentenza impugnata.

110

In ogni caso, si deve sottolineare che anche la quarta parte del terzo motivo d’impugnazione è infondata.

111

Le ricorrenti contestano, in sostanza, il metodo impiegato dalle autorità polacche, che sarebbe stato confermato dalla Commissione, secondo il quale, poiché il costo netto della fornitura dei servizi universali genera perdite per il fornitore di tali servizi, l’importo di tali perdite costituisce un onere finanziario eccessivo per tale fornitore, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale. In particolare, le ricorrenti ritengono che l’esame della condizione relativa all’«onere finanziario eccessivo» debba corrispondere a quello richiesto dalla Corte, in particolare nelle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583, punti 4950), e del 6 ottobre 2010, Base e a. (C‑389/08, EU:C:2010:584, punti 4243), relative al settore analogo del servizio universale delle comunicazioni elettroniche, che implicherebbe di analizzare la situazione specifica dell’impresa interessata sulla base di un insieme di elementi, quali, in particolare, la qualità delle sue attrezzature, la sua situazione economica e finanziaria o la sua quota di mercato.

112

A tale riguardo, occorre, in primo luogo, ricordare che, al punto 153 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, in sostanza, constatato che, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale, la legge sui servizi postali impone all’autorità nazionale competente di stabilire se gli obblighi di servizio universale costituiscano un onere finanziario eccessivo per il fornitore designato. Secondo il Tribunale, ciò avviene nel caso di specie, atteso che dal punto 16 della decisione controversa emerge che spetta all’autorità di regolamentazione postale polacca effettuare tale valutazione, ai sensi della legge sui servizi postali che ha attuato la direttiva postale in parola.

113

Orbene, quest’ultima affermazione del Tribunale per quanto riguarda l’obbligo di tale autorità di regolamentazione postale di verificare se gli obblighi del servizio universale costituiscano, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva postale, un onere finanziario eccessivo per il fornitore designato non è stata contestata dalle ricorrenti.

114

In secondo luogo, al punto 156 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la misura in questione non dà alcun diritto automatico a compensazione per il costo netto degli obblighi del servizio universale della PP, in quanto, come risulta dai punti 16, da 84 a 87 e 144 della decisione controversa, tale diritto è riconosciuto solo se la fornitura del servizio universale comporta perdite contabili. A tale punto 156, il Tribunale aggiunge che tale diritto a compensazione corrisponde al più esiguo degli importi relativi o alle perdite contabili risultanti dalla fornitura del servizio universale o al costo netto degli obblighi del servizio universale, il che implica, come rilevato dalla Commissione al punto 144 della decisione controversa, che la misura in questione è più restrittiva della disciplina SIEG, la quale avrebbe potenzialmente consentito una compensazione totale del costo netto degli obblighi del servizio universale.

115

Orbene, anche a supporre che la giurisprudenza derivante dalle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 6 ottobre 2010, Base e a. (C‑389/08, EU:C:2010:584), sia applicabile nell’ambito dell’interpretazione della direttiva postale, occorre, da un lato, rilevare che la constatazione, al punto 156 della sentenza impugnata, secondo la quale il diritto alla compensazione è riconosciuto solo se la fornitura del servizio universale comporta perdite contabili per l’impresa incaricata di fornire tali servizi consente di ritenere che il criterio utilizzato dalla Corte nell’ambito di tale giurisprudenza, ossia che l’onere di cui trattasi presenta, per l’impresa in questione, «un carattere eccessivo rispetto alla sua capacità di sostenerlo», sia stato soddisfatto.

116

Dall’altro lato, si deve constatare che dal punto 25 della disciplina SIEG, al quale fa riferimento il punto 144 della decisione controversa, richiamato dal Tribunale al punto 156 della sentenza impugnata, risulta che l’importo della compensazione può essere calcolato anche con il metodo del «costo evitato netto», che consiste nel calcolare il costo netto necessario, o che si prevede sia necessario, per adempiere gli obblighi di servizio pubblico, e che corrisponde alla differenza tra il costo netto sostenuto dal fornitore quando esso adempie tali obblighi e il costo o il profitto netto del medesimo fornitore quando non li adempie. Pertanto, alla luce del tenore letterale del citato punto 25, un metodo di calcolo del genere potrebbe condurre, in linea di principio, a una compensazione per il costo degli obblighi del servizio universale anche in assenza di perdite finanziarie da parte del fornitore degli obblighi del servizio pubblico.

117

Orbene, le ricorrenti non hanno contestato che, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 156 della sentenza impugnata, tale metodo di calcolo del diritto alla compensazione sarebbe meno restrittivo di quello applicato dalla Repubblica di Polonia nell’ambito della legge sui servizi postali ed esaminato dalla Commissione nella decisione controversa.

118

Occorre aggiungere, a tale riguardo, che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (GU 2005, C 297, pag. 4), applicabile all’epoca dei fatti rilevanti nell’ambito delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 6 ottobre 2010, Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583), e del 6 ottobre 2010, Base e a. (C‑389/08, EU:C:2010:584), richiamate dalle ricorrenti, non prevedeva un tale metodo relativo al «costo evitato netto», il che conferma che tale giurisprudenza non è, in ogni caso, decisiva per esaminare la fondatezza della valutazione del Tribunale nell’ambito delle impugnazioni di cui trattasi.

119

Da quanto precede risulta che la quarta parte del terzo motivo d’impugnazione è irricevibile e, in ogni caso, infondata, e deve quindi essere respinta.

120

Di conseguenza, poiché nessuna parte del terzo motivo d’impugnazione è stata accolta, occorre respingere questo terzo motivo nel suo complesso.

Sul quarto motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

121

Con il quarto motivo d’impugnazione, che riguarda il punto 167 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale, in quanto ha accettato il finanziamento del costo del servizio universale attraverso un certo numero di diritti esclusivi e speciali conferiti alla PP.

122

Esse sottolineano che i diritti esclusivi e speciali, diversi da quelli di cui all’articolo 8 della direttiva postale, di cui la PP continuava a beneficiare, sono stati espressamente menzionati nella decisione controversa, ai punti da 52 a 56 della stessa, e che la loro esistenza non costituiva un elemento controverso. Non sarebbe stato dunque necessario, al fine di constatare l’esistenza di tali servizi, avanzare argomenti idonei a dimostrare che essi non rientravano nella categoria dei diritti di cui all’articolo 8. Sarebbe stato sufficiente, a tal fine, analizzare il suddetto articolo, cosa che il Tribunale ha omesso di fare. Esse aggiungono che alcuni di questi diritti esclusivi e speciali non presentano alcun nesso funzionale con il servizio universale.

123

Nelle repliche, esse affermano di aver dimostrato che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, dalle denunce da esse presentate dinanzi alla Commissione emerge che i diritti esclusivi concessi alla PP non erano ammissibili alla luce della normativa settoriale relativa al servizio universale. Inoltre, in applicazione della giurisprudenza pertinente, il Tribunale avrebbe ritenuto che fosse giustificato esaminare, in particolare, le regole di finanziamento settoriale del servizio universale. A tale riguardo, esse ricordano che la questione dei diritti esclusivi è funzionalmente connessa all’aiuto in questione concesso alla PP.

124

La Commissione e il governo polacco ritengono che il quarto motivo d’impugnazione sia irricevibile e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

125

Al punto 167 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che le ricorrenti non hanno avanzato nessun argomento idoneo a dimostrare che i diritti concessi alla PP, come precisati ai punti da 51 a 56 della decisione controversa, non ricadevano nell’eccezione prevista espressamente all’articolo 8 della direttiva postale e, pertanto, idoneo a dimostrare l’errore costituito dalla presunta inosservanza di tale direttiva.

126

A tale riguardo, nell’ambito del quarto motivo d’impugnazione, le ricorrenti affermano, in sostanza, che i diritti esclusivi e speciali concessi alla PP erano menzionati nella decisione controversa e che la loro esistenza non costituiva un elemento controverso, il che implicava che non era necessario avanzare argomenti idonei a dimostrare che essi non rientravano nella categoria dei diritti di cui al summenzionato articolo 8 della direttiva postale.

127

Orbene, da un lato, occorre constatare che, così facendo, le ricorrenti, senza invocare un qualsivoglia snaturamento dei loro argomenti dinanzi al Tribunale, non deducono la violazione dei principi generali del diritto né delle norme procedurali applicabili in materia di onere e di produzione della prova.

128

Dall’altro lato, l’argomento secondo il quale i diritti concessi alla PP costituivano diritti esclusivi e speciali soggetti al divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale e, pertanto, non ricadevano nell’eccezione di cui all’articolo 8 di tale direttiva non può essere accolto.

129

Ai sensi della prima frase dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale, infatti, gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione e la fornitura di servizi postali. A tale riguardo, l’articolo 8 della medesima direttiva costituisce un’eccezione alle disposizioni dell’articolo 7 della stessa, in quanto prevede che queste ultime lasciano impregiudicato il diritto degli Stati membri di provvedere al collocamento di cassette postali sulla via pubblica, all’emissione di francobolli e al servizio di invii raccomandati utilizzato nelle procedure amministrative e giudiziarie conformemente alla loro legislazione nazionale.

130

Dalla correlazione tra le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 8 della direttiva postale risulta pertanto che l’esistenza di diritti esclusivi o speciali, rientranti, in linea di principio, nel divieto di cui al suddetto articolo 7, paragrafo 1, non implica necessariamente che diritti di questo tipo non possano appartenere alle diverse categorie di servizi, previsti all’articolo 8 di detta direttiva e che tale divieto non pregiudica.

131

Di conseguenza, occorre respingere il quarto motivo d’impugnazione.

132

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che, poiché nessun motivo delle impugnazioni è stato accolto, esse devono essere respinte.

Sulle spese

133

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

134

L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, prevede che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

135

L’Inpost Paczkomaty e l’Inpost, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese relative alle impugnazioni di cui trattasi, conformemente alle domande della Commissione e del governo polacco.

 

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Le impugnazioni sono respinte.

 

2)

L’Inpost Paczkomaty sp. z o.o. e l’Inpost S.A. sono condannate alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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