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Document 62019CC0357

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 4 marzo 2021.
Procedimento penale a carico di PM e a.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie e Tribunalul Bihor.
Rinvio pregiudiziale – Decisione 2006/928/CE – Meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione – Natura ed effetti giuridici – Obbligatorietà per la Romania – Stato di diritto – Indipendenza dei giudici – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Lotta contro la corruzione – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Articolo 325, paragrafo 1, TFUE – Convenzione “TIF” – Procedimenti penali – Sentenze della Curtea Constituțională (Corte costituzionale, Romania) relative alla legalità dell’assunzione di determinate prove e alla composizione dei collegi giudicanti in materia di corruzione grave – Obbligo per i giudici nazionali di conferire piena efficacia alle decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) – Responsabilità disciplinare dei giudici in caso di inosservanza di tali decisioni – Potere di disapplicare le decisioni della Curtea Constituțională (Corte costituzionale) non conformi al diritto dell’Unione – Principio del primato del diritto dell’Unione.
Cause riunite C-357/19, C-379/19, C-547/19, C-811/19 e C-840/19.

; Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:170

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

BOBEK

presentate il 4 marzo 2021 ( 1 )

Cause riunite C‑357/19 e C‑547/19

Ministerul Public – Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casație și Justiție – Direcția Națională Anticorupție,

PM,

RO,

SP,

TQ

contro

QN,

UR,

VS,

WT,

Autoritatea Națională pentru Turism

Agenția Națională de Administrare Fiscală

SC Euro Box Promotion SRL (C‑357/19)

e

CY,

Asociația «Forumul Judecătorilor din România»

contro

Inspecția Judiciară,

Consiliul Superior al Magistraturii

Înalta Curte de Casație și Justiție (C‑547/19)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dall’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Articolo 325, paragrafo 1, TFUE – Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee – Procedimenti penali per corruzione – Progetti finanziati in parte con fondi europei – Decisione di un giudice costituzionale che statuisce sulla legittimità della composizione di collegi giudicanti – Normativa nazionale che prevede la composizione di collegi giudicanti mediante sorteggio – Ricorso straordinario avverso sentenze definitive – Diritto a un giudice precostituito per legge – Articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Indipendenza dei giudici – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Primato del diritto dell’Unione – Procedimento disciplinare contro membri del potere giudiziario»

Indice

 

I. Introduzione

 

II. Contesto normativo

 

A. Diritto dell’Unione

 

B. Diritto rumeno

 

1. La Costituzione rumena

 

2. Legge n. 303/2004

 

3. Legge n. 304/2004

 

4. Regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo della ACCG

 

5. Codice di procedura penale

 

6. Codice penale

 

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

 

A. Causa C-357/19

 

B. Causa C-547/19

 

C. Procedimento dinanzi alla Corte

 

IV. Analisi

 

A. Ricevibilità delle questioni pregiudiziali

 

1. Causa C-357/19

 

a) Sull’incompetenza dell’Unione

 

b) Sulla rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della decisione nel procedimento principale

 

2. Causa C-547/19

 

a) Sull’incompetenza dell’Unione

 

b) Sulla rilevanza della questione pregiudiziale ai fini della decisione nel procedimento principale

 

B. Diritto dell’Unione applicabile

 

1. Articolo 2 e articolo 19, paragrafo 1, TUE

 

2. La decisione MCV (e la Carta)

 

3. L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, la Convenzione TIF (e la Carta)

 

a) Articolo 325, paragrafo 1, e IVA

 

b) Articolo 325, paragrafo 1, TFUE, Convenzione TIF e corruzione relativamente a fondi dell’Unione

 

c) L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE comprende anche i tentativi?

 

d) La portata dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE dipende dall’esito di un procedimento?

 

4. Conclusione intermedia

 

C. Valutazione

 

1. Contesto normativo nazionale

 

2. Sul diritto a un giudice precostituito per legge

 

a) Sulla norma del diritto dell’Unione

 

b) Analisi

 

c) Conclusione intermedia

 

3. Sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione

 

1) Contesto normativo dell’Unione

 

2) La posizione delle parti

 

3) Analisi

 

i) Il criterio da applicare?

 

ii) Applicazione al caso di specie

 

iii) Conclusione intermedia

 

4. Sul principio dell’indipendenza dei giudici

 

1) Sulle preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio

 

2) Contesto normativo dell’Unione

 

3) Analisi

 

i) Composizione e status della Corte costituzionale

 

ii) Competenze e prassi della Corte costituzionale

 

iii) Sul principio dell’autorità di cosa giudicata

 

iv) Avvertenza

 

v) Conclusione intermedia

 

5. Sul principio del primato

 

V. Conclusione

I. Introduzione

1.

Nel corso del 2019 vari organi giurisdizionali della Romania hanno sottoposto alla Corte diverse domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sull’indipendenza dei giudici, sullo Stato di diritto e sulla lotta alla corruzione. Il primo gruppo di cause riguardava diverse modifiche delle normative nazionali in materia giudiziaria, che erano state adottate prevalentemente con decreti d’urgenza ( 2 ).

2.

Le cause riunite in esame costituiscono le cause «pilota» nel secondo gruppo di cause ( 3 ). Il tema principale del secondo gruppo è alquanto diverso dal primo: le sentenze della Curtea Constituțională a României (Corte costituzionale, Romania; in prosieguo: la «Corte costituzionale») possano violare i principi di indipendenza dei giudici e dello Stato di diritto nonché la tutela degli interessi finanziari dell’Unione?

3.

Tali due cause riunite sono incentrate specificamente sugli effetti di una decisione della Corte costituzionale in cui si dichiara, in sostanza, che alcuni collegi della corte suprema nazionale, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania; in prosieguo: la «ACCG»), erano composti in modo non appropriato. Tale decisione ha consentito ad alcune parti interessate di proporre ricorsi straordinari, che sollevavano a loro volta questioni potenziali non solo riguardo alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, ma anche sull’interpretazione della nozione di «giudice precostituito per legge», sancita all’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Infine, tutto ciò è inserito in un contesto istituzionale nazionale nel quale l’inosservanza delle decisioni della Corte costituzionale costituisce un illecito disciplinare.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

4.

Ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (in prosieguo: la «Convenzione TIF») ( 4 ):

«Ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee:

a)

in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:

all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee, o per conto di esse;

alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto;

alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi;

(…)

2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie e adeguate per recepire nel diritto penale interno le disposizioni del paragrafo 1, in modo tale che le condotte da esse considerate costituiscano un illecito penale.

3.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, ciascuno Stato membro prende altresì le misure necessarie affinché la redazione o il rilascio intenzionale di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui conseguano gli effetti di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali qualora non siano già punibili come illecito principale ovvero a titolo di complicità, d’istigazione o di tentativo di frode quale definita al paragrafo 1.

4.   Il carattere intenzionale di un’azione o di un’omissione di cui ai paragrafi 1 e 3 può essere dedotto da circostanze materiali oggettive».

5.

Ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione TIF:

«1.   Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all’articolo 1 nonché la complicità, l’istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all’articolo 1, paragrafo 1 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l’estradizione, rimanendo inteso che dev’essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a 50000 ECU.

(…)».

B. Diritto rumeno

1.   La Costituzione rumena

6.

La Costituzione rumena, come modificata e integrata dalla legge n. 429/2003, contiene le seguenti disposizioni:

«Articolo 142 – Struttura

1.   La [Corte costituzionale] garantisce il primato della Costituzione.

2.   La [Corte costituzionale] è composta da nove giudici, nominati per un mandato di nove anni, che non possono essere prorogati o rinnovati.

3.   Tre giudici sono nominati dalla Camera Deputaților [(Camera dei deputati)], tre dal Senat [(Senato)] e tre dal Presidente della Romania.

(…)

Articolo 143 – Condizioni relative alla nomina

I giudici della [Corte costituzionale] devono disporre di ottime qualifiche giuridiche, di una competenza professionale elevata e di un’esperienza di almeno 18 anni in ambito giuridico o di studi giuridici superiori.

(…)

Articolo 145 – Indipendenza e inamovibilità

I giudici della [Corte costituzionale] sono indipendenti nell’esercizio delle loro funzioni e sono inamovibili per tutta la durata di tale mandato.

Articolo 146 – Funzioni

La [Corte costituzionale] svolge le seguenti funzioni:

(…)

e)

risolvere conflitti giuridici di natura costituzionale tra autorità pubbliche, su richiesta del Presidente della Romania, di uno dei presidenti delle due camere del Parlamento della Romania, del Primo Ministro o del presidente del Consiliul Superior al Magistraturii [(Consiglio superiore della Magistratura; in prosieguo: il «CSM»)];

(…)

Articolo 147 – Decisioni della [Corte costituzionale]

1.   Le disposizioni di leggi e ordinanze attualmente in vigore, nonché quelle dei regolamenti, dichiarate incostituzionali cessano di produrre effetti giuridici 45 giorni dopo la pubblicazione della decisione della [Corte costituzionale] se, nel corso di tale periodo, il Parlamento o il governo si astiene, ove opportuno, dall’allineare le disposizioni incostituzionali alle disposizioni della Costituzione. Per tutto il suddetto periodo, le norme ritenute incostituzionali sono sospese per legge.

2.   In caso di incostituzionalità di leggi, prima della promulgazione di tali leggi, il Parlamento è tenuto a riesaminare le disposizioni di cui trattasi al fine di allinearle alla decisione della [Corte costituzionale].

(…)

4.   Le decisioni della [Corte costituzionale] sono pubblicate nel Monitorul Oficial al României [(Gazzetta ufficiale della Romania)]. A decorrere dalla data di pubblicazione, tali decisioni sono generalmente vincolanti e producono effetti giuridici solo per il futuro».

2.   Legge n. 303/2004

7.

Ai sensi dell’articolo 99, lettera ș) della Legea nr. 303/2004 privind statutul judecătorilor și procurorilor (legge n. 303/2004 recante lo statuto dei giudici e dei pubblici ministeri; in prosieguo: la «legge n. 303/2004») ( 5 ), «il mancato rispetto delle decisioni della [Corte costituzionale] (…)» costituisce un illecito disciplinare.

3.   Legge n. 304/2004

8.

La composizione dei collegi della ACCG è disciplinata dagli articoli 32 e 33 della Legea nr. 304/2004 privind organizarea judiciară (legge n. 304/2004 sull’ordinamento giudiziario; in prosieguo: la «legge n. 304/2004») ( 6 ). Tali disposizioni sono state modificate nel 2010, nel 2013 e nel 2018.

9.

Nella versione modificata dalla Legea nr. 207/2018 pentru modificarea și completarea Legii nr. 304/2004 privind organizarea judiciară (legge n. 207/2018 recante modifica e integrazione della legge n. 304/2004) ( 7 ), l’articolo 32 della legge n. 304/2004 così recita:

«1.   All’inizio di ogni anno, su proposta del presidente o dei vicepresidenti della [ACCG], il Consiglio direttivo approva il numero di collegi formati da cinque giudici e la composizione di tali collegi.

2.   In materia penale, i collegi di cinque giudici sono composti da membri della sezione penale [ACCG].

3.   In materia non penale, i collegi di cinque giudici sono composti da giudici specializzati, a seconda della natura della causa.

4.   I giudici che siedono in tali collegi sono designati mediante sorteggio, durante un’udienza pubblica, dal presidente o, in sua assenza, da uno dei due vicepresidenti della [ACCG]. I membri dei collegi giudicanti possono essere sostituiti solo in via eccezionale, in base ai criteri oggettivi stabiliti dal Regulamentul privind organizarea și funcționarea administrativă a Înaltei Curți de Casație și Justiție (regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo della [ACCG]).

5.   I collegi di cinque giudici sono presieduti dal presidente della [ACCG], da uno dei due vicepresidenti o dai presidenti di sezione, se designati, conformemente al paragrafo 4, per partecipare al collegio in questione.

6.   Se nessuna delle persone sopra menzionate è stata designata per partecipare ad un collegio composto da cinque giudici, ciascun giudice presiede il collegio a rotazione, in funzione della sua anzianità di servizio in magistratura.

7.   Le cause di competenza dei collegi di cinque giudici sono assegnate in modo casuale mediante un sistema informatizzato».

4.   Regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo della ACCG

10.

Il regulamentul privind organizarea și funcționarea administrativă a ÎCCJ (regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo della ACCG; in prosieguo: il «regolamento ACCG») ( 8 ) è stato adottato in base alla legge n. 304/2004. Esso è stato modificato e integrato dalla decisione della ACCG, del 25 novembre 2010, n. 24 (in prosieguo: la «decisione n. 24/2010») ( 9 ), e dalla decisione della ACCG, del 28 gennaio 2014, n. 3 (in prosieguo: la «decisione n. 3/2014») ( 10 ).

11.

Nella versione modificata dalla decisione n. 3/2014, gli articoli 28 e 29 del regolamento della ACCG così recitano:

«Articolo 28

1.   I collegi di cinque giudici aventi competenza giurisdizionale, previsti dalla legge, operano nell’ambito della [ACCG].

2.   All’inizio di ogni anno sono istituiti collegi di cinque giudici composti unicamente da membri della sezione penale in materia penale, e in materia non penale sono istituiti due collegi di cinque giudici composti da membri della prima sezione civile, della seconda sezione civile, e della sezione amministrativa e tributaria.

3.   Il numero dei collegi di cinque giudici in materia penale è approvato annualmente dal Consiglio direttivo su proposta del presidente della sezione penale.

4.   I collegi di cinque giudici sono presieduti, a seconda dei casi, dal presidente, dai vicepresidenti, dal presidente della sezione penale o dal membro più anziano.

Articolo 29

1.   Al fine di istituire collegi di cinque giudici in materia penale, il presidente o, in sua assenza, uno dei vicepresidenti della [ACCG] designa ogni anno, mediante sorteggio, nel corso di un’udienza pubblica, quattro o, se del caso, cinque giudici della sezione penale della [ACCG] per ciascun collegio.

2.   Al fine di istituire i due collegi di cinque giudici in materia non penale, il presidente o, in sua assenza, uno dei vicepresidenti della [ACCG] designa, alle condizioni previste al paragrafo 1, i giudici quali membri di tali collegi.

3.   Il Consiglio direttivo della [ACCG] determina annualmente il grado di rappresentazione delle sezioni nella composizione dei collegi di cui al paragrafo 2 e approva la composizione dei collegi di cinque giudici; nel caso dei collegi di cinque giudici in materia penale, ciò viene fatto in risposta a una proposta del presidente della sezione penale.

4.   I giudici designati l’anno precedente non partecipano al sorteggio l’anno successivo.

5.   Sono designati quattro o, se del caso, cinque giudici supplenti per ogni collegio alle condizioni previste ai paragrafi da 1 a 3».

5.   Codice di procedura penale

12.

Ai sensi dell’articolo 426, paragrafo 1, della Legea nr. 135/2010 privind Codul de procedură penală (legge n. 135/2010 recante il codice di procedura penale) ( 11 ), come modificata dalla Legea nr. 255/2013 e dall’Ordonanța de urgență a Guvernului României nr. 18/2016 (decreto legge n. 18/2016; in prosieguo: il «codice di procedura penale»).

«Un ricorso straordinario di annullamento può essere proposto avverso le decisioni definitive nei procedimenti penali nei casi seguenti:

(…)

d)

qualora la composizione del giudice d’appello sia contraria alla legge o sussista un caso di incompatibilità».

13.

Ai sensi dell’articolo 428, paragrafo 1, del codice di procedura penale, «un ricorso straordinario di annullamento per i motivi di cui all’articolo 426, lettera a), e lettere da c) a h), può essere proposto entro 30 giorni dalla data di notifica della decisione emessa dal giudice d’appello».

14.

Ai sensi dell’articolo 432, paragrafo 1, del codice di procedura penale: «all’udienza tenutasi in modo da poter statuire sul ricorso straordinario di annullamento, se il giudice, sentite le parti e il parere del pubblico ministero, constata la fondatezza del ricorso, emette una decisione di annullamento della decisione di cui si chiede l’annullamento e rinvia la causa per la sentenza o la decisione d’appello, o immediatamente o fissando un termine, a seconda dei casi».

6.   Codice penale

15.

L’articolo 154 della Legea nr. 286/2009 privind Codul penal (legge n. 286/2009 recante il codice penale) ( 12 ), del 17 luglio 2009, come successivamente modificata e integrata (in prosieguo: il «codice penale»), stabilisce quanto segue:

«1)   I termini di prescrizione della responsabilità penale sono i seguenti:

a) 15 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva a vita o con una pena detentiva superiore a 20 anni;

b) 10 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 10 anni e non superiore a 20 anni;

c) 8 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 5 anni e non superiore a 10 anni;

d) 5 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva non inferiore a 1 anno e non superiore a 5 anni;

e) 3 anni, se il reato commesso è punito con una pena detentiva inferiore a 1 anno o con un’ammenda.

2)   I termini di prescrizione di cui al presente articolo iniziano a decorrere dal giorno in cui viene commesso il reato. Il termine di prescrizione inizia a decorrere: in caso di reati permanenti, dal giorno in cui cessa l’azione o l’inerzia; in caso di reati continuati, dal giorno in cui viene commessa l’ultima azione od omissione; e in caso di reati abituali, a decorrere dal giorno in cui viene commesso l’ultimo atto.

3)   In caso di reati progressivi, il termine di prescrizione della responsabilità penale inizia a decorrere dal giorno in cui viene commessa l’azione o l’omissione e viene calcolato in relazione alla sanzione corrispondente al risultato finale.

(…)».

16.

Le cause e gli effetti dell’interruzione dei termini di prescrizione sono disciplinati dall’articolo 155 del codice penale come segue:

«1)   il completamento di qualsiasi azione processuale, nell’ambito di una causa, costituisce un’interruzione della prescrizione della responsabilità penale.

2)   Un nuovo termine di prescrizione inizia a decorrere dopo ciascuna interruzione.

3)   L’interruzione della prescrizione è opponibile a tutti i concorrenti nel reato, anche se l’atto interruttivo riguarda solo alcuni di tali concorrenti.

4)   Se i termini di prescrizione previsti dall’articolo 154 sono stati nuovamente superati, essi si considerano decorsi indipendentemente dal numero di interruzioni.

5)   L’ammissione in linea di principio della domanda di riapertura di un procedimento penale fa decorrere un nuovo termine di prescrizione della responsabilità penale».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

A. Causa C‑357/19

17.

Il procedimento principale nella presente causa riguarda ricorsi straordinari proposti dal Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casație și Justiție – Direcția Națională Anticorupție (il Pubblico ministero presso la ACCG – Direzione nazionale anticorruzione; in prosieguo: il «pubblico ministero»), da un lato, e da quattro ricorrenti in tale causa, dall’altro, avverso una sentenza definitiva del 5 giugno 2018.

18.

Tale sentenza, che era stata pronunciata da un collegio di cinque giudici della ACCG, ha inflitto ai ricorrenti diverse condanne per atti di corruzione, abuso d’ufficio e frode fiscale. Con tale sentenza, il collegio di cinque giudici si è pronunciato sull’appello interposto avverso la sentenza della sezione penale della ACCG, del 28 marzo 2017. Il collegio di cinque giudici era composto dal presidente della sezione penale della ACCG, oltre ad altri quattro giudici nominati mediante sorteggio, conformemente al regolamento della ACCG.

19.

Per quanto riguarda gli atti di corruzione, è stato constatato che, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2012, la prima ricorrente, che all’epoca ricopriva la carica di Ministro, ha coordinato un meccanismo mediante il quale tale ricorrente e diverse persone ad essa vicine ricevevano somme di denaro dai rappresentanti di talune società commerciali al fine di garantire a queste ultime il tempestivo pagamento dei lavori effettuati nell’ambito di programmi finanziati dal bilancio del ministero, in un contesto in cui la dotazione di bilancio era notevolmente ridotta e il pagamento dei lavori veniva effettuato con notevole ritardo. Tale meccanismo coinvolgeva anche il secondo ricorrente (all’epoca, l’assistente personale del Ministro), il quarto ricorrente (all’epoca, il segretario permanente del Ministro), nonché altre persone (un consulente personale del Ministro e il direttore di un organismo nazionale di investimento).

20.

Per quanto riguarda gli atti di abuso d’ufficio, è stato constatato che, nel corso del 2011, la prima ricorrente, nella sua qualità di Ministro, aveva fatto aggiudicare dal Ministero dello Sviluppo regionale e del Turismo un appalto di servizi alla SC Europlus Computers SRL, gestita dal terzo ricorrente. L’appalto riguardava la fornitura di servizi di promozione della Romania nell’ambito degli eventi che si sono svolti in occasione del galà internazionale di boxe professionistico, organizzato dalla Federazione rumena di boxe. L’aggiudicazione dell’appalto di servizi pubblicitari ha beneficiato di fondi pubblici per un importo pari a 8116800 lei rumeni (RON) per organizzare un evento commerciale per il quale gli organizzatori hanno percepito la totalità dei proventi.

21.

È stato pertanto dichiarato che i fondi pubblici sono stati utilizzati per finalità illecite e che l’appalto è stato aggiudicato in violazione della normativa in materia di appalti pubblici. I servizi acquisiti non rientravano nelle categorie di spesa ammissibili per i programmi finanziati dall’Unione nell’ambito del progetto «Promozione del progetto del marchio turistico della Romania», mediante il Programma operativo regionale 2007‑2013. Tali circostanze hanno indotto l’autorità europea di gestione di fondi a rifiutare il pagamento degli importi. Come tali, gli importi che avrebbero dovuto essere rimborsati mediante fondi europei sono stati imputati integralmente al bilancio dello Stato. La perdita per il Ministero dello Sviluppo regionale e del Turismo ammontava a RON 8116800.

22.

Per quanto riguarda gli atti di frode fiscale, è stato constatato che, per ridurre l’importo delle imposte dovute all’erario per i proventi derivanti dagli eventi sopra menzionati, il quarto ricorrente ha incluso nella contabilità della SC Europlus Computers SRL documentazione emessa da società interposte che certificavano spese fittizie. Ciò ha cagionato danni per un importo pari a RON 646838 (di cui RON 388103 a titolo di IVA) e a RON 90669 (di cui RON 54402 a titolo di IVA).

23.

Dopo che la sentenza (d’appello, emessa da cinque giudici) della ACCG, del 5 giugno 2018, è divenuta definitiva, la Corte costituzionale ha emesso la decisione n. 685/2018, del 7 novembre 2018 (in prosieguo: la «decisione n. 685/2018»). Tale decisione ha accolto il ricorso proposto dal Primo Ministro del governo della Romania. Essa ha dichiarato che esisteva un conflitto giuridico di natura costituzionale tra il Parlamento, da un lato, e la ACCG, dall’altro, risultante dalle decisioni del Consiglio direttivo della ACCG secondo cui solo quattro dei cinque membri dei collegi di cinque giudici erano designati mediante sorteggio. Ciò è stato dichiarato contrario alle disposizioni dell’articolo 32 della legge n. 304/2004. Di conseguenza, tutti i collegi di cinque giudici costituiti a partire dal 1o febbraio 2014 sono stati considerati illegittimamente composti. La Corte costituzionale ha disposto che la ACCG procedesse, al più presto, alla designazione, mediante sorteggio, di tutti i membri dei collegi di cinque giudici. Essa ha inoltre dichiarato che la decisione n. 685/2018 è applicabile alle cause concluse, nei limiti in cui non sono ancora scaduti, per le parti, i termini per proporre ricorsi straordinari.

24.

I ricorrenti, nonché il pubblico ministero, hanno proposto un ricorso straordinario di annullamento in base alla decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale, chiedendo l’annullamento della sentenza del 5 giugno 2018 e il riesame dei loro appelli. Nel caso di specie, il giudice del rinvio è quindi chiamato a pronunciarsi nel merito dei motivi dedotti da entrambe le parti. Esso può respingere il ricorso straordinario e confermare quindi la sentenza impugnata, o accogliere il ricorso e annullare in tal modo la sentenza che infligge le condanne e riesaminare gli appelli.

25.

In tali circostanze, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) ha deciso di sospendere procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE], l’articolo 325, paragrafo 1, [TFUE], l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b) e l’articolo 2, paragrafo 1, della [Convenzione TIF], nonché il principio della certezza del diritto, debbano essere interpretati nel senso che ostano all’adozione di una decisione da parte di un organo esterno al potere giudiziario, la [Corte costituzionale], che si pronuncia sulla legittimità della composizione di collegi giudicanti, creando in tal modo le premesse per l’accoglimento di ricorsi straordinari avverso le sentenze definitive pronunciate durante un determinato periodo di tempo.

2)

Se l’articolo 47, paragrafo 2, della [Carta] debba essere interpretato nel senso che osta alla constatazione, vincolante in diritto interno, da parte di un organo esterno al potere giudiziario, della mancanza di indipendenza e imparzialità di un collegio giudicante di cui fa parte un giudice avente funzioni direttive, il quale non è stato nominato in modo aleatorio, bensì in base a una regola trasparente, conosciuta e incontestata dalle parti, applicabile a tutte le cause trattate dal predetto collegio.

3)

Se il primato del diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale, pronunciata in una causa relativa ad un conflitto costituzionale, vincolante ai sensi del diritto nazionale».

B. Causa C‑547/19

26.

Con decisione del 2 aprile 2018, la sezione dei giudici competenti in materia disciplinare del CSM ha accolto l’azione disciplinare intentata dall’Inspecția judiciară (Ispettorato giudiziario) nei confronti della ricorrente, un giudice presso la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest). Tale azione ha comportato l’irrogazione a suo carico della sanzione disciplinare di esclusione dalla magistratura, conformemente all’articolo 100, lettera e), della legge n. 303/2004. Tale sezione ha considerato che vi erano state gravi violazioni delle disposizioni relative alla ripartizione casuale delle cause. La ricorrente aveva quindi commesso l’illecito disciplinare di cui all’articolo 99, lettera o), della legge n. 303/2004.

27.

La ricorrente ha impugnato la decisione del 2 aprile 2018 dinanzi alla ACCG. Un altro ricorso parallelo avverso un’ordinanza procedurale di diniego dell’intervento nel procedimento iniziale dinanzi alla Sezione dei giudici competenti in materia disciplinare del CSM è stato proposto dall’Asociația Forumul Judecătorilor din România (associazione dei giudici «Forum», Romania). Entrambi i ricorsi sono stati assegnati al collegio di cinque giudici «Civil 2», composto il 30 ottobre 2017 mediante sorteggio e approvato con decisione del collegio della ACCG, del 2 novembre 2017, n. 68. I due ricorsi sono stati riuniti all’udienza del 22 ottobre 2018.

28.

Il 7 novembre 2018 la Corte costituzionale ha emesso la decisione n. 685/2018 ( 13 ).

29.

L’8 novembre 2018 il Consiglio direttivo della ACCG ha adottato la decisione n. 137/2018. Il 9 novembre 2018, in applicazione di tale decisione, tutti i membri dei collegi di cinque giudici per il 2018 sono stati designati mediante sorteggio.

30.

Il 29 novembre 2018 è stata pubblicata la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale. A seguito di tale pubblicazione, la sezione dei giudici del CSM ha adottato la decisione, del 5 dicembre 2018, n. 1367, che conteneva le regole dirette a «garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla [decisione n. 685/2018]» (in prosieguo: la «decisione n. 1367/2018»).

31.

Per conformarsi a quest’ultima decisione, il collegio investito della presente causa, nella composizione stabilita con decisione n. 137/2018, ha disposto, il 10 dicembre 2018, la cancellazione dal ruolo della causa ai fini dell’assegnazione casuale a un collegio, la cui composizione sarebbe stata stabilita, mediante sorteggio, secondo le regole approvate dalla Sezione dei giudici del CSM nella decisione n. 1367/2018.

32.

Il 13 dicembre 2018, presso la sede della ACCG, si è svolto il sorteggio per la designazione dei membri dei collegi di cinque giudici per il 2018. Il fascicolo della presente causa è stato attribuito in modo casuale ad un collegio di cinque giudici: Civile 3 – 2018. Si tratta del collegio che ha proposto la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

33.

Con decisione del 19 dicembre 2018, n. 1535 della sezione dei giudici del CSM (in prosieguo: la «decisione n. 1535/2018»), è stato stabilito che le cause assegnate a collegi di cinque giudici, composti per il 2018, avrebbero continuato ad essere esaminate da tali collegi dopo il 1o gennaio 2019, anche se in tali fascicoli non fosse stato adottato alcun atto procedurale.

34.

Alla luce di tali eventi, la ricorrente ha sollevato, in particolare, un’eccezione di illegittimità per quanto riguarda la composizione del collegio investito della sua causa e un’eccezione di illegittimità riguardante le decisioni n. 1367/2018 e n. 1535/2018 della sezione dei giudici del CSM, nonché le decisioni successive del Consiglio direttivo della ACCG ( 14 ). L’intervento della Corte costituzionale e del CSM nell’attività della ACCG costituiva una violazione del principio di continuità del collegio investito della causa. Se non fosse stato per tale intervento, la causa sarebbe stata correttamente assegnata a uno dei collegi di cinque giudici istituiti, ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 304/2004, per l’anno 2019. La prosecuzione dell’attività di un collegio giudicante oltre il limite temporale previsto dalla legge nazionale costituisce, secondo la ricorrente, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU») e dell’articolo 47 della Carta, con ripercussioni sull’articolo 2 TUE. Imponendo una determinata condotta alla ACCG, il CSM, che è un organo amministrativo, ha violato i principi dello Stato di diritto, pregiudicando l’indipendenza e l’imparzialità nell’applicazione della giustizia, che devono sempre essere osservate da un giudice previsto dalla legge.

35.

Il giudice del rinvio spiega che, sebbene la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale non incida, in linea di principio, sulla composizione dei collegi giudicanti non penali, essa ha tuttavia un effetto indiretto nell’ambito del presente procedimento. La ragione di ciò è che, per eseguire tale decisione, il CSM ha adottato una serie di atti amministrativi con i quali ha imposto alla ACCG un’interpretazione diversa delle disposizioni relative al carattere annuale della composizione dei collegi di cinque giudici.

36.

In tali circostanze, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 2 [TUE], l’articolo 19, paragrafo 1, del medesimo Trattato e l’articolo 47 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che ostano all’intervento di una corte costituzionale (organo che non è, secondo il diritto nazionale, un’istituzione giudiziaria) riguardo al modo in cui un organo giurisdizionale supremo ha interpretato e applicato la legislazione infra-costituzionale nell’attività di istituzione dei collegi giudicanti».

C. Procedimento dinanzi alla Corte

37.

Il giudice del rinvio, nella causa C‑357/19, ha chiesto l’applicazione del procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. Il presidente della Corte ha respinto tale richiesta il 23 maggio 2019. Con decisione del 28 novembre 2019, è stato concesso alla presente causa nonché alla causa C‑547/19 il trattamento in via prioritaria, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

38.

Con decisione del presidente della Corte del 20 febbraio 2020, entrambe le cause C‑357/19 e C‑547/19 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

39.

Hanno presentato osservazioni scritte, nella causa C‑357/19, la prima ricorrente, il secondo e il quarto ricorrente, il pubblico ministero, i governi polacco e rumeno e la Commissione europea.

40.

Nella causa C‑547/19 hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, l’associazione dei giudici «Forum», il CSM, l’Ispettorato giudiziario, il governo rumeno e la Commissione.

41.

La prima ricorrente nella causa C‑357/19, il secondo ricorrente nella causa C‑357/19, la ricorrente nella causa C‑547/19, l’associazione dei giudici «Forum», il pubblico ministero, il governo rumeno e la Commissione hanno risposto ai quesiti scritti posti dalla Corte.

IV. Analisi

42.

Le presenti conclusioni sono così strutturate. In primo luogo, esaminerò le obiezioni alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali sollevate dalle parti interessate (A). In secondo luogo, esporrò il contesto normativo dell’Unione applicabile e individuerò le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione applicabili alle presenti cause (B). In terzo luogo, procederò alla valutazione del merito delle questioni sottoposte alla Corte (C).

A. Ricevibilità delle questioni pregiudiziali

1.   Causa C‑357/19

43.

La prima ricorrente, il secondo e il quarto ricorrente e il governo polacco sostengono che le questioni sollevate nella causa C‑357/19 sono irricevibili ( 15 ). Una prima serie di obiezioni si riferisce alla presunta incompetenza dell’Unione nei settori oggetto del procedimento principale, riguardando quindi, in concreto, la competenza della Corte (a). Una seconda serie di obiezioni verte sull’irrilevanza delle questioni sollevate ai fini del procedimento principale (b).

a)   Sull’incompetenza dell’Unione

44.

La prima ricorrente e il quarto ricorrente sostengono che la presente causa non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, poiché tutti gli aspetti relativi all’interpretazione e all’applicazione delle norme giuridiche in questione sono strettamente nazionali. Nella stessa ottica, il secondo ricorrente fa valere che la causa non presenta alcun nesso con il diritto dell’Unione.

45.

Secondo il governo polacco, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, la Corte non può procedere a un controllo nel merito delle decisioni dei giudici nazionali, decidendo se i giudici nazionali siano tenuti a seguire le decisioni di altri giudici nazionali. Inoltre, le questioni sollevate non sono necessarie per definire la controversia nel procedimento principale. Il procedimento principale riguarda una situazione puramente interna che non attiene ad alcun settore nel quale l’Unione ha competenza. Inoltre, la Carta si applica solo quando gli Stati membri attuano il diritto dell’Unione, il che non avviene nel caso di specie.

46.

A mio avviso, tali argomenti non sono convincenti.

47.

È vero che l’Unione non alcuna competenza legislativa diretta nel settore dell’ordinamento giudiziario generale. Tuttavia, è evidente che gli Stati membri hanno l’obbligo di rispettare i requisiti previsti dall’articolo 2, dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dalla Convenzione TIF, nonché dall’articolo 47 della Carta, quando elaborano le loro norme e adottano pratiche che incidono sull’applicazione e sull’esecuzione nazionale del diritto dell’Unione. Tale logica non dipende dal settore. Essa dipende ed è sempre dipesa dall’incidenza, per quanto riguarda i limiti dell’Unione all’autonomia procedurale nazionale prevista come regola generale. Essa può riferirsi a qualsiasi elemento delle strutture o delle procedure nazionali utilizzate per l’applicazione del diritto dell’Unione.

48.

La questione specifica esaminata nella presente causa, vale a dire se la giurisprudenza e le disposizioni nazionali relative alla composizione dei collegi giudicanti della ACCG, rientrino nell’ambito di applicazione di tali disposizioni e quali siano potenzialmente gli obblighi che ne derivano, costituisce proprio l’oggetto delle questioni pregiudiziali. È quindi sufficiente rilevare che la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione, in particolare degli articoli 2 e 19, paragrafo 1, TUE, dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e della Convenzione TIF, nonché dell’articolo 47 della Carta. In tale prospettiva, la Corte è manifestamente competente a statuire su tale domanda ( 16 ).

49.

Inoltre, nonostante la discussione sull’applicabilità dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, della Convenzione TIF e della Carta, nonché sull’ambito di applicazione del diritto dell’Unione nel senso più tradizionale, che sarà analizzata in modo alquanto dettagliato di seguito, nelle presenti conclusioni ( 17 ), la recente giurisprudenza della Corte ha chiarito che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è applicabile quando un organo nazionale può pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione ( 18 ).

50.

Non vi è dubbio che la ACCG, che è l’autorità giudiziaria la cui indipendenza può essere pregiudicata dalla decisione della Corte costituzionale di cui trattasi nella presente causa, sia un’autorità giudiziaria nazionale chiamata di norma a pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione.

51.

Di conseguenza, ritengo che nessuno degli argomenti dedotti possa sollevare dubbi circa la competenza della Corte a rispondere alle questioni proposte nella causa C‑357/19.

b)   Sulla rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della decisione nel procedimento principale

52.

Il quarto ricorrente sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale non è necessaria ai fini della decisione nel procedimento principale e che la questione dell’interpretazione del diritto dell’Unione non è pertinente. Il motivo di ciò è che, indipendentemente dalla risposta fornita alle questioni pregiudiziali, la risposta della Corte non consentirà al giudice del rinvio di statuire sulla controversia di cui trattasi. Il secondo ricorrente sostiene che le disposizioni del diritto dell’Unione cui viene fatto riferimento nelle questioni pregiudiziali hanno carattere generale. In quanto tali, esse non suscitano alcun dubbio e non presentano alcun nesso con il procedimento principale. Inoltre, il secondo ricorrente fa altresì valere che, in ogni caso, la sua situazione giuridica non è collegata a reati di frode ai danni di fondi dell’Unione.

53.

Condividendo sostanzialmente gli stessi dubbi, la prima ricorrente aggiunge inoltre che, riferendosi alla Convenzione TIF, il giudice del rinvio ha cercato di soddisfare i requisiti di ricevibilità in modo illegittimo e infondato. Tale ricorrente dichiara, per quanto riguarda il reato di tentato utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti al fine di ottenere, indebitamente, fondi dal bilancio dell’Unione, di essere stata definitivamente assolta. Inoltre, il bilancio dell’Unione non è stato pregiudicato e l’oggetto del ricorso straordinario nel procedimento principale non verte affatto su tale reato. Pertanto, la causa in esame non presenta alcun nesso con il diritto dell’Unione.

54.

A mio avviso, tali obiezioni non possono essere accolte.

55.

In primo luogo, tutte le questioni nella causa C‑357/19 sono state sollevate nell’ambito dell’analisi del ricorso straordinario pendente dinanzi al giudice del rinvio. Al fine di statuire su tale ricorso, detto giudice considera necessario chiarire, con la prima e la seconda questione, l’interpretazione di diverse disposizioni del diritto dell’Unione, al fine di valutare se esse ostino all’adozione della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale, che esso sarebbe altrimenti tenuto ad applicare. Nell’ipotesi in cui il diritto dell’Unione dovesse ostare all’adozione di tale decisione costituzionale, il giudice del rinvio si interroga, nella sua terza questione, sulle conseguenze giuridiche di tale constatazione, in altri termini, sulla possibilità di non applicare tale decisione in base al principio del primato.

56.

Lasciando comunque impregiudicata, in questa fase, la possibile risposta nel merito a tutte le suddette questioni, non vi è alcun dubbio, a mio avviso, che le questioni sollevate siano rilevanti ai fini della decisione nel procedimento principale, incidendo direttamente sulla decisione che il giudice del rinvio deve adottare ( 19 ). Le questioni pregiudiziali soddisfano quindi il requisito della «necessità» ai fini dell’articolo 267 TFUE ( 20 ).

57.

In secondo luogo, gli argomenti dedotti relativamente alla prima questione nella causa C‑357/19, riguardanti i reati e le situazioni particolari degli specifici ricorrenti, non incidono, a mio avviso, sulla ricevibilità di tale questione. Detti argomenti si basano, in sostanza, sul fatto che la prima ricorrente è stata assolta per il reato di frode ai danni di fondi dell’Unione, che le altre parti non sono interessate da tale tipo di reato e che il risultato della riapertura mediante ricorso straordinario in applicazione della decisione n. 685/2018 potrebbe consentire una revisione del verdetto di assoluzione. Per questi motivi, si suggerisce l’irrilevanza delle questioni ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale.

58.

Tuttavia, la prima questione è in ogni caso ricevibile. Il procedimento principale riguarda anche atti che si configurano come frode fiscale, i quali hanno dato origine a perdite non trascurabili nella riscossione dell’IVA ( 21 ). Ciò presenta, già di per sé, una chiara connessione con gli interessi finanziari dell’Unione ( 22 ).

59.

Inoltre, per quanto riguarda gli altri reati menzionati (corruzione e abuso d’ufficio ( 23 )), la questione se l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e/o la Convenzione TIF contemplino o meno una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale attiene al merito. Come spiegato dal giudice del rinvio nella decisione di rinvio, la prima questione mira ad accertare, alla luce della giurisprudenza della Corte, se gli obblighi incombenti agli Stati membri ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF riguardino anche le sanzioni penali già inflitte. Il giudice del rinvio rileva altresì che, a suo avviso, è necessario ottenere un’interpretazione della frase «e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione» di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, al fine di accertare se essa riguardi atti di corruzione e di frode commessi nell’ambito di appalti pubblici, mentre l’obiettivo perseguito era quello di ottenere il rimborso di somme provenienti da fondi dell’Unione, sebbene tali fondi alla fine non fossero stati oggetto di frode.

60.

Pertanto, accertare se l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e/o la Convenzione TIF si applichino o meno in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisce proprio l’oggetto della prima questione. La risposta a tale questione rientra chiaramente nel merito e non costituisce un problema di ricevibilità.

2.   Causa C‑547/19

a)   Sull’incompetenza dell’Unione

61.

L’Ispettorato giudiziario sostiene che la questione pregiudiziale nella causa C‑547/19 è irricevibile ( 24 ). A suo avviso, l’articolo 2 TUE non dovrebbe essere interpretato nel senso che l’Unione è competente nei settori disciplinati da tale disposizione. Dopo aver ricordato che la Carta e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE hanno ambiti di applicazione diversi, tale parte interessata sostiene che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, quest’ultima disposizione riguarda «i settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla questione se gli Stati membri attuino il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. L’applicazione delle disposizioni della Carta è possibile solo quando gli Stati membri attuano il diritto dell’Unione, il che non avviene nel procedimento principale.

62.

In primo luogo, come ho appena rilevato a proposito della causa C‑357/19, l’argomento dedotto in precedenza verte più sulla competenza della Corte che sulla ricevibilità della causa ( 25 ).

63.

In secondo luogo, tuttavia, per quanto riguarda la questione della competenza, contrariamente alla causa C‑357/19, la causa C‑547/19 non presenta alcun nesso con gli interessi finanziari dell’Unione e, pertanto, con l’articolo 325 TFUE. Essa riguarda un elemento che non è disciplinato, in via principale, dal diritto dell’Unione (norme nazionali relative alla composizione dei collegi in un organo giurisdizionale supremo) nell’ambito di una controversia in un procedimento principale che, secondo una lettura classica dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, non rientra nell’ambito di applicazione di quest’ultimo (ricorso contro una sanzione disciplinare inflitta a un giudice, che comporta la rimozione dall’incarico).

64.

Tuttavia, la giurisprudenza recente della Corte ha chiarito che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è applicabile quando un organo nazionale può pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione ( 26 ). Nel caso di specie, non vi è dubbio che la ACCG, compreso il collegio Civile 3 ( 27 ), che è l’autorità giudiziaria la cui indipendenza potrebbe essere eventualmente pregiudicata dalla decisione della Corte costituzionale di cui trattasi nella presente causa, è un’autorità giudiziaria che, nella sua attività giurisdizionale in altre cause, è un organo giurisdizionale che può essere chiamato a pronunciarsi su questioni rientranti nel diritto dell’Unione, rispettando così tale requisito.

65.

Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, occorre concludere che la Corte è competente a rispondere alla questione sollevata nella causa C‑547/19. Ho già espresso dubbi sulla questione se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere effettivamente considerato in modo così illimitato ( 28 ). Tuttavia, anche se è un caso limite, ho il sospetto che questo non sia un caso adatto per esaminare i limiti di tale disposizione, per una ragione pratica piuttosto semplice: la prima questione sollevata nella causa parallela, la causa C‑357/19, in cui ci si interroga essenzialmente sulla stessa questione, è, almeno a mio avviso, in ogni caso ricevibile e rientrante nella competenza della Corte.

b)   Sulla rilevanza della questione pregiudiziale ai fini della decisione nel procedimento principale

66.

Per completezza, occorre aggiungere che la questione sollevata nella causa C‑547/19 soddisfa il requisito di «necessità» ai fini dell’articolo 267 TFUE ( 29 ). Per le ragioni indicate in precedenza, si potrebbero nutrire dubbi sul fatto che una causa come quella in esame debba ancora rientrare nell’ambito di applicazione (materiale) dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Non vi è dubbio, tuttavia, che una decisione della Corte possa essere direttamente applicata nel procedimento principale, risultando così pertinente e necessaria per tale procedimento.

67.

Infatti, la questione sollevata nella causa C‑547/19 verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito di un giudizio su un motivo di illegittimità relativa alla composizione di un collegio giudiziario, attualmente pendente dinanzi al giudice del rinvio. A seconda del modo in cui il giudice del rinvio dovesse trattare tale eccezione, dopo aver ricevuto indicazioni dalla Corte, è possibile un esito assai diverso del procedimento principale. L’interpretazione richiesta alla Corte è quindi «necessaria» ai fini articolo 267 TFUE.

B. Diritto dell’Unione applicabile

68.

Con le varie questioni sollevate nelle due cause riunite dinanzi alla Corte, la ACCG si interroga sull’interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, della convenzione TIF, dell’articolo 47 della Carta, dell’articolo 2 e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché del principio del primato, e sulla questione se tali disposizioni e principi ostino all’adozione o all’applicazione della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

69.

A mio avviso, esiste uno strumento piuttosto decisivo per quanto riguarda il caso specifico della Romania, che non è stato preso in considerazione dal giudice del rinvio nell’ambito del presente procedimento, ma su cui si fondano le precedenti (nonché parallele) ( 30 ) domande di pronuncia pregiudiziale: la decisione 2006/928/CE della Commissione, del 13 dicembre 2006, che istituisce un meccanismo di cooperazione e verifica dei progressi compiuti dalla Romania per rispettare i parametri di riferimento in materia di riforma giudiziaria e di lotta contro la corruzione (in prosieguo: la «decisione MCV») ( 31 ).

70.

Pertanto, occorre accertare quali disposizioni del diritto dell’Unione siano pertinenti ai fini del presente procedimento.

1.   Articolo 2 e articolo 19, paragrafo 1, TUE

71.

Come ho spiegato in dettaglio nelle mie conclusioni AFJR ( 32 ), l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, come applicato fino ad oggi dalla Corte, è potenzialmente illimitato. Esso obbliga gli Stati membri a stabilire rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Esso si applica indipendentemente dal fatto che gli Stati membri attuino il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta ( 33 ). L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE si applica quando un organo nazionale può pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione ( 34 ).

72.

Tale approccio porta ad un ambito di applicazione assai ampio dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non solo sul piano istituzionale, ma anche sul piano sostanziale. L’ambito di applicazione sostanziale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE comprende tutte le norme e le prassi nazionali che possono incidere sull’obbligo degli Stati membri di istituire mezzi di ricorso effettivi, ivi compresa l’indipendenza e l’imparzialità di tali sistemi giudiziari, senza che esista alcun tipo di regola de minimis. I limiti reali dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE derivano, almeno per il momento, solo da elementi legati alla ricevibilità della causa ( 35 ).

73.

Alla luce di tali considerazioni, una volta che la soglia di ricevibilità sia soddisfatta ( 36 ), l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è applicabile in entrambe le cause in esame. Sul piano sostanziale, entrambe le cause attualmente pendenti dinanzi alla Corte vertono sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE per quanto riguarda le implicazioni di una decisione della Corte costituzionale e la sua conformità ai requisiti del principio dell’Unione, di indipendenza dei giudici. Sul piano istituzionale, le domande di pronuncia pregiudiziale provengono da un organo giurisdizionale supremo, la ACCG, che può certamente essere chiamata a pronunciarsi, nella sua qualità di organo giurisdizionale, su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione.

74.

Per quanto riguarda i riferimenti all’articolo 2 TUE nella prima questione sollevata nella causa C‑357/19 e nella questione sollevata nella causa C‑547/19, in modo analogo a quanto affermato nelle mie conclusioni AFJR ( 37 ), non vedo alcun motivo per procedere ad un’analisi distinta di tale disposizione del Trattato. Lo Stato di diritto, in quanto parte dei valori sui quali l’Unione si fonda, è tutelato dalla garanzia del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, i quali, a loro volta, hanno fra le loro componenti intrinseche il principio di indipendenza dei giudici ( 38 ). L’articolo 47 della Carta e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE esprimono, quindi, in modo più preciso tale dimensione del valore dello Stato di diritto sancito dall’articolo 2 TUE ( 39 ).

2.   La decisione MCV (e la Carta)

75.

Diversamente dalle cause oggetto delle mie conclusioni AFJR e Statul Român – Ministerul Finanțelor Publice, le due decisioni di rinvio nelle presenti cause non sollevano questioni specifiche riguardo alla decisione MCV ( 40 ). Per contro, la decisione MCV è considerata ancora una volta nelle questioni sollevate nella causa parallela, la causa C‑379/19, in cui formulo conclusioni separate, presentate in data odierna.

76.

Occorre innanzitutto ricordare che, sulla base di una costante giurisprudenza della Corte, il fatto che il giudice del rinvio abbia formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento soltanto a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possano essere utili, indipendentemente dalla circostanza che esso vi abbia fatto riferimento o meno nella formulazione delle sue questioni. Spetta alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia ( 41 ).

77.

In risposta ai quesiti scritti posti alle parti dalla Corte, la prima ricorrente nella causa C‑357/19 fa valere che la decisione MCV non riguarda questioni relative all’attuazione o al controllo dello Stato di diritto, all’indipendenza dei giudici o alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Inoltre, tale decisione non è applicabile alla Corte costituzionale. La prima ricorrente e il secondo ricorrente nella causa C‑357/19 sostengono che tale causa non verte sull’efficacia della lotta alla corruzione.

78.

Per contro, la Commissione, il governo rumeno, il pubblico ministero e l’associazione dei giudici «Forum» affermano, in sostanza, che la decisione MCV, tenuto conto, in particolare, dei parametri di riferimento n. 1 e n. 3 del suo allegato, è applicabile riguardo alle problematiche poste nelle presenti cause, relative alla lotta contro la corruzione, allo Stato di diritto e all’indipendenza del potere giudiziario. Ciò prescinde da una particolare connessione con gli interessi finanziari dell’Unione. La ricorrente nella causa C‑547/19 ritiene altresì che la decisione MCV sia applicabile nel settore della lotta contro la corruzione. Tali parti interessate hanno rilevato che la relazione MCV della Commissione del 2019 ( 42 ), pur non contenendo, come sottolineato dalla Commissione, raccomandazioni specifiche, suscitava tuttavia dubbi sull’incidenza delle procedure avviate dal governo rumeno dinanzi alla Corte costituzionale per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi fissati dai parametri di riferimento n. 1 e n. 3 dell’allegato alla decisione MCV.

79.

A mio avviso, analogamente a quanto da me suggerito nelle conclusioni AFJR ( 43 ), la decisione MCV (e le disposizioni pertinenti della Carta la cui applicabilità è stata determinata da tale decisione) dovrebbe costituire il criterio principale per la valutazione della situazione negli Stati membri soggetti al regime specifico della decisione MCV. Le stesse motivazioni sono altresì applicabili nelle presenti cause. Ha scarsa rilevanza il fatto che la decisione di rinvio nella causa C‑547/19 non faccia riferimento alla decisione MCV.

80.

Due punti supplementari meritano di essere rilevati nell’ambito delle presenti cause. In primo luogo, l’ampia portata dei parametri di riferimento contenuti nell’allegato alla decisione MCV può certamente comprendere le presenti cause. Si può ricordare che l’allegato alla decisione MCV contiene i «[p]arametri di riferimento di cui all’articolo 1 che la Romania deve rispettare». I parametri di riferimento primo, terzo e quarto ivi stabiliti sono, rispettivamente: «[g]arantire una maggiore trasparenza e una maggiore efficienza dei procedimenti giudiziari, in particolare potenziando la capacità e la responsabilità del [CSM]. (…)»; «[s]ulla base dei progressi già compiuti, continuare a condurre indagini professionali e imparziali su accuse di corruzione ad alto livello» e «[a]dottare ulteriori misure per prevenire e combattere la corruzione, in particolare all’interno delle amministrazioni locali».

81.

Le cause C‑357/19 e C‑547/19 riguardano entrambe gli effetti potenziali della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale riguardo all’efficienza dei procedimenti giudiziari (parametro di riferimento 1). Inoltre, la causa C‑357/19 riguarda l’impatto di tale sentenza costituzionale riguardo alla lotta contro la corruzione, oggetto dei parametri di riferimento 3 e 4 della decisione MCV. Esiste quindi una chiara connessione materiale tra l’oggetto delle presenti cause e la decisione MCV: la sentenza della Corte costituzionale in questione ha ripercussioni sull’efficienza dei procedimenti giudiziari in generale (poiché essa offre la possibilità di riesaminare cause concluse) e, più precisamente, sulla lotta alla corruzione (nei limiti in cui gli effetti di tale sentenza costituzionale sono applicati in pratica anche a cause di corruzione, come la causa C‑357/19) ( 44 ).

82.

In secondo luogo, dal punto di vista dell’ambito di applicazione (materiale o istituzionale) della decisione MCV, dovrebbe avere rilevanza il fatto che la normativa controversa non è il frutto un’espressa attuazione legislativa nazionale degli obblighi derivanti dalla decisione MCV, ma è contenuta in una sentenza del giudice costituzionale nazionale?

83.

La Commissione, il governo rumeno e il pubblico ministero hanno rilevato, nelle loro risposte ai quesiti posti dalla Corte, che il fatto che le presenti cause vertano su una decisione della Corte costituzionale, e non su atti adottati dal legislatore o dal potere esecutivo, è irrilevante.

84.

Sono pienamente d’accordo. Il carattere sistemico e l’impatto delle sentenze di una corte costituzionale, che sono di applicazione generale e idonee a modificare sostanzialmente il contesto legislativo, rendono tali sentenze non distinguibili, dal punto di vista dei loro effetti, dagli atti del legislatore o di altri soggetti che dispongono di poteri normativi.

85.

Infine, la circostanza che la sentenza della Corte costituzionale di cui trattasi nelle presenti conclusioni rientri nell’ambito di applicazione della decisione MCV implica che, per le ragioni illustrate nelle mie conclusioni AFJR ( 45 ), essa dovrebbe essere considerata, al contempo, come un esempio di attuazione della decisione MCV, e quindi del diritto dell’Unione, ai fini dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Pertanto, l’articolo 47, secondo comma, della Carta diviene applicabile in quanto criterio. La sua funzione non è necessariamente essere la fonte di qualsiasi diritto soggettivo di singoli contendenti, ma piuttosto il criterio generale della corretta attuazione nazionale degli obblighi dell’Unione ( 46 ). In tale contesto, l’articolo 47 della Carta costituisce infatti, ai fini delle presenti cause, la disposizione più pertinente e concreta per consentire alla Corte di fornire al giudice del rinvio un’utile risposta alle questioni ad essa sottoposte ( 47 ).

3.   L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, la Convenzione TIF (e la Carta)

86.

Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa mediante misure che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri. L’applicabilità dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE presuppone quindi l’esistenza di una frode o di altre attività illegali che possano ledere gli interessi finanziari dell’Unione.

87.

Uno qualsiasi dei reati individuati nella causa C‑357/19 può rientrare nell’ambito di applicazione di tale disposizione?

88.

A mio avviso, la risposta è affermativa. In primo luogo, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE è, in ogni caso, applicabile ai reati in materia di IVA (a). In secondo luogo, lo stesso dovrebbe valere per quanto riguarda i reati di corruzione riguardanti progetti finanziati dall’Unione (b). In terzo luogo, è irrilevante, ai fini dell’interpretazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE il fatto che la presente causa riguardi una situazione in cui, alla fine, non si è concretizzato un danno agli interessi finanziari dell’Unione (c). È altresì irrilevante il fatto che alcuni ricorrenti siano stati assolti da reati specifici collegati agli interessi finanziari dell’Unione (d).

a)   Articolo 325, paragrafo 1, e IVA

89.

Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte e dal pubblico ministero nella sua risposta ai quesiti scritti posti dalla Corte, il procedimento principale nella causa C‑357/19 riguarda in parte una condanna inflitta al terzo ricorrente per frode fiscale avente come conseguenza la sopravvenienza di perdite nella riscossione dell’IVA. Le condanne in materia di IVA sono sufficienti per far rientrare il presente procedimento nell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione TIF, concernente la frode in materia di entrate. Infatti, sussiste un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA ( 48 ). Inoltre, come rilevato dalla Commissione e dal pubblico ministero, risulterebbe che gli importi dell’IVA non riscossi nel caso di specie raggiungono la soglia di EUR 50000 per essere qualificati come «frode grave» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF.

90.

Ciò porta a concludere, fatte salve le verifiche da parte del giudice nazionale, che tanto l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE quanto l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF sono applicabili quale criterio pertinente per quanto riguarda la causa C‑357/19, nella misura in cui si tratta della condanna connessa all’IVA.

b)   Articolo 325, paragrafo 1, TFUE, Convenzione TIF e corruzione relativamente a fondi dell’Unione

91.

Per quanto riguarda le altre condanne per corruzione e abuso d’ufficio ( 49 ), si pone la questione se tali reati relativi ad appalti pubblici, qualora i progetti o gli appalti in questione possano almeno parzialmente beneficiare di fondi dell’Unione, rientrino parimenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.

92.

Il governo rumeno, il pubblico ministero e la Commissione hanno sostenuto, nelle loro risposte ai quesiti posti dalla Corte, che a tale interrogativo si deve rispondere in senso affermativo.

93.

Concordo con questa tesi.

94.

La giurisprudenza della Corte sull’interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE ha riguardato principalmente il lato di tale disposizione relativo alla «riscossione», in particolare nelle cause riguardanti la riscossione dell’IVA ( 50 ) e i dazi doganali ( 51 ). Tuttavia, la nozione di «interessi finanziari» dell’Unione comprende chiaramente sia le entrate che le spese rientranti nel bilancio dell’Unione ( 52 ). Pertanto, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE è applicabile a un comportamento fraudolento avente come effetto una malversazione a danno di fondi dell’Unione ( 53 ).

95.

Ciò è del tutto logico. Infatti, è logico che il bilancio e gli interessi finanziari di qualcuno saranno colpiti non solo da un mancato guadagno (il denaro dovuto non è stato introitato), ma anche da spese inappropriate o non corrette (il denaro introitato è venuto meno).

96.

Ciò è anche confermato dalla Convenzione TIF ( 54 ), che fornisce una definizione più precisa della nozione di frode relativamente agli interessi finanziari dell’Unione. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale convenzione stabilisce che la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, in materia di spese, comprende qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa «all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee o per loro conto di esse; alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi» ( 55 ).

97.

Una situazione che può comportare l’appropriazione indebita, l’uso improprio o la ritenzione illecita di fondi dell’Unione lede quindi gli interessi finanziari dell’Unione ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione TIF.

98.

Inoltre, fatta salva qualsiasi verifica pertinente, spettante al giudice nazionale, ricordo che il protocollo della Convenzione TIF comprende anche gli atti di corruzione ( 56 ). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale protocollo, «vi è corruzione passiva quando il funzionario deliberatamente, direttamente o tramite un terzo, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri di ufficio, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari [dell’Unione europea] (…)».

99.

Come sottolineato dalla Commissione nella sua risposta ai quesiti posti dalla Corte, non vi è dubbio che, nonostante il fatto che il termine «corruzione» non sia elencato all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, esso rientri nel riferimento alle «altre attività illegali», contenuto in tale disposizione. Infatti, «altre attività illegali» è un’espressione che può comprendere indistintamente qualsiasi comportamento illecito ( 57 ).

100.

Pertanto, la corruzione di funzionari pubblici o l’abuso d’ufficio che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante l’impiego inappropriato di fondi dell’Unione può essere ricompreso nella nozione di «altre attività illegali», ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.

c)   L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE comprende anche i tentativi?

101.

Per quanto riguarda le accuse di corruzione e di abuso d’ufficio, dalla decisione di rinvio nella causa C‑357/19 risulta che il giudice del rinvio chiede se l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE riguardi una situazione in cui vi sia stato un tentativo di ottenere illegittimamente fondi dell’Unione, che è tuttavia fallito. Il primo ricorrente e il pubblico ministero hanno spiegato, nelle loro risposte ai quesiti posti dalla Corte, che il primo ricorrente è stato accusato di aver impropriamente tentato di ottenere fondi dell’Unione.

102.

Il giudice del rinvio spiega che è in tale contesto che esso chiede se la frase «e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa», di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, comprenda atti di corruzione o frode commessi nell’ambito di appalti pubblici, qualora lo scopo perseguito fosse quello di ottenere il rimborso di somme assegnate in modo fraudolento da fondi dell’Unione, sebbene tali fondi, alla fine, non siano stati erogati.

103.

A mio avviso, la frase «le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa» di cui all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE potrebbe comprendere non solo atti (compiuti) di corruzione e frode commessi nell’ambito di appalti pubblici, ma anche tentativi di compiere i medesimi atti, purché naturalmente la soglia del «tentativo» sia raggiunta e sia sanzionata ai sensi del diritto nazionale.

104.

Al di là di tale affermazione generale, non ritengo che spetti alla Corte pronunciarsi in alcun modo sulle circostanze di fatto presenti nel procedimento principale né effettuare un’analisi delle diverse fasi dei reati. Naturalmente, gli scopi, gli intenti o i desideri (forum internum) non sono punibili. Una volta che attraversano il confine dell’azione esterna e diventano tentativi, essi possono diventare punibili, purché esistano naturalmente elementi di prova appropriati. Di regola, i tentativi di un determinato reato, se punibili, rientrano nella stessa denominazione dell’atto compiuto stesso.

105.

Non vedo quindi alcuna ragione per cui il tentativo di un reato di corruzione contrario agli interessi tutelati dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE debba essere trattato, o addirittura qualificato, dal punto di vista dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in modo diverso da un reato di corruzione compiuto della stessa natura. Il fatto che l’autore abbia infine fallito nel suo obiettivo e non sia riuscito ad ottenere i fondi può essere naturalmente rilevante per il fatto di essere perseguito per un tentativo (e non un atto compiuto), ma non ha alcuna incidenza sulla portata della nozione di «altre attività illegali» ai sensi dell’articolo 325, paragrafo1, TFUE. Inoltre, meritano di essere menzionati tre punti supplementari.

106.

In primo luogo, il testo dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE non richiede espressamente la concretizzazione di una determinata (entità del) danno. Come correttamente rilevato dalla Commissione, la giurisprudenza ha chiarito che anche irregolarità che non hanno alcun preciso impatto finanziario possono arrecare un serio pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione ( 58 ).

107.

In secondo luogo, va considerato anche l’articolo 1, paragrafo 3, della Convenzione TIF. Da tale disposizione risulta che gli Stati membri sono tenuti a definire come reato la preparazione di reati quali il rilascio di dichiarazioni inesatte a fini di appropriazione indebita di fondi dell’Unione, qualora siffatto comportamento non sia già punibile in altro modo come reato principale o accessorio (come il tentativo o l’istigazione) ( 59 ).

108.

In terzo luogo, la definizione di corruzione passiva di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del protocollo della Convenzione TIF include gli atti di corruzione quando sono compiuti in un modo che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari dell’Unione.

d)   La portata dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE dipende dall’esito di un procedimento?

109.

Le particolari circostanze della causa C‑357/19 richiedono ancora un ulteriore chiarimento. Il procedimento principale riguarda diverse persone, di cui una sola è stata accusata di un reato connesso ai fondi dell’Unione, ma è stata definitivamente assolta. Tale circostanza ha indotto la prima ricorrente e il secondo ricorrente a contestare l’applicabilità dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE in tale causa. In primo luogo, la prima ricorrente afferma in sostanza che, poiché è stata definitivamente assolta dalle accuse relative a tale specifico reato, la causa in esame non presenta alcun nesso con gli interessi finanziari dell’Unione. In secondo luogo, il secondo ricorrente sostiene che gli effetti del ricorso straordinario proposto ai sensi della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale comporterebbero la riapertura di una sentenza di assoluzione divenuta altrimenti definitiva. Pertanto, siffatta riapertura prevedrebbe una nuova possibilità di riesaminare tali accuse e potrebbe eventualmente sfociare in una condanna. Di conseguenza, la sentenza della Corte costituzionale potrebbe non avere effetti pregiudizievoli sugli interessi finanziari dell’Unione. Implicitamente, essa potrebbe anche comportare benefici per tali interessi, poiché una persona precedentemente assolta potrebbe essere alla fine condannata.

110.

A mio avviso, tali argomenti non possono essere accolti.

111.

In primo luogo, e in via preliminare, non si può escludere che gli altri due reati per i quali è stata inflitta una condanna (corruzione e abuso d’ufficio) non siano tali da ledere gli interessi finanziari dell’Unione. L’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE non può essere limitato al perseguimento dei reati previsti dall’ordinamento giuridico nazionale che fanno espresso riferimento agli interessi finanziari dell’Unione o anche ai fondi dell’Unione. Ciò farebbe dipendere la portata di tale norma giuridica di diritto primario dell’Unione dalla definizione nazionale di specifici reati.

112.

Pertanto, come correttamente sottolineato dalla Commissione, dal governo rumeno e dal pubblico ministero, l’incidenza o meno sugli interessi finanziari dell’Unione non dovrebbe dipendere dalla definizione di un determinato reato nel diritto nazionale, ma deve essere piuttosto valutata nel contesto di fatto più ampio, considerato alla luce degli interessi tutelati dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Infatti, come rilevato dal governo rumeno, gli interessi finanziari nazionali e gli interessi finanziari dell’Unione sono spesso collegati tra loro. È quindi alquanto naturale che la ripartizione tra reati generali che riguardano in un modo o nell’altro la spesa pubblica nazionale e quelli riguardanti specificamente gli interessi finanziari dell’Unione sia di difficile individuazione in astratto.

113.

In secondo luogo, per quanto riguarda il reato di (tentata) frode ai danni di fondi dell’Unione, di cui è stata accusata la prima ricorrente, rilevo che l’«effetto» sugli interessi finanziari dell’Unione deve essere naturalmente valutata in modo obiettivo. Pertanto, il nesso con gli interessi finanziari dell’Unione interviene in relazione agli elementi obiettivi delle accuse di cui trattasi ( 60 ). Esso non deriva naturalmente dall’esito circostanziato della causa stessa.

114.

Pertanto, detto in termini semplici, la questione se una persona sia accusata di un reato che possa rientrare «nelle altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione», ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, dipende dagli elementi oggettivi (costitutivi) del reato di cui è accusata. Il fatto che tale persona sia alla fine condannata o assolta in relazione a tali accuse non è rilevante ai fini dell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE ( 61 ).

115.

A titolo di osservazione conclusiva riguardo alla portata dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, rilevo che la constatazione dell’applicabilità dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE (o dell’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF, o eventualmente anche dell’articolo 2, paragrafo 1, del protocollo della Convenzione TIF) determina nuovamente l’applicabilità della Carta. Se le sanzioni e i procedimenti penali, di cui gli imputati nel procedimento principale sono o sono stati oggetto, costituiscono un’attuazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF, la Carta è applicabile, conformemente al suo articolo 51, paragrafo 1 ( 62 ).

4.   Conclusione intermedia

116.

Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che la decisione MVC, unitamente all’articolo 47, secondo comma della Carta, costituiscono disposizioni pertinenti per entrambe le cause C‑357/19 e C‑547/19. Inoltre, nel contesto della causa C‑357/19, e fatte salve le verifiche del giudice nazionale, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, nonché la Convenzione TIF e il suo protocollo, sembrano parimenti applicabili.

117.

L’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 2 TUE sono, in linea di principio, parimenti applicabili in entrambe le cause. Tuttavia, ricordo che, dato il contesto normativo specifico previsto dall’articolo 47, secondo comma, della Carta per quanto riguarda le norme relative all’indipendenza del potere giudiziario, tale disposizione offre già un valido criterio per condurre l’analisi necessaria nelle presenti cause.

C. Valutazione

118.

Al fine di esaminare il merito delle questioni pregiudiziali nelle presenti cause, inizierò illustrando brevemente il contesto normativo nazionale (1). In secondo luogo, esaminerò la seconda questione nella causa C‑357/19, vertente sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta (2). In terzo luogo, esaminerò la prima questione nella causa C‑357/19, relativa all’interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e della Convenzione TIF (3), passando poi agli stessi temi valutati alla luce del principio di indipendenza dei giudici, richiamato al termine della questione nella causa C‑547/19 (4). Infine, concluderò con il primato del diritto dell’Unione, in risposta alla terza questione nella causa C‑357/19, collocata nel particolare contesto determinato dalla decisione di rinvio, in cui l’inosservanza, da parte di un giudice nazionale, di una sentenza del giudice costituzionale nazionale costituisce un illecito disciplinare (5).

119.

Nella formulazione delle risposte da fornire al giudice del rinvio, preferisco trattare intenzionalmente la vera essenza e solo in seguito, nella misura in cui ciò è ancora necessario, passare ai problemi istituzionali più ampi sollevati dal giudice del rinvio. Riconosco che tale approccio non riflette l’ordine né l’esatta formulazione delle questioni sollevate dal giudice del rinvio. Tuttavia, a mio avviso, questo è il modo in cui la Corte, la cui funzione non è quella di risolvere i conflitti interistituzionali di uno Stato membro, e ancor meno di dare manforte in contestazioni istituzionali del potere di altri operatori nazionali, può affrontare i problemi sollevati dal giudice del rinvio.

1.   Contesto normativo nazionale

120.

Secondo la decisione di rinvio nella causa C‑547/19, i collegi di cinque giudici sono stati introdotti per la prima volta nella legislazione nazionale con la legge n. 202/2010 ( 63 ), che ha modificato gli articoli 32 e 33 della legge n. 304/2004. Tali collegi, competenti in materia penale e non penale, sono stati formati separatamente rispetto alle sezioni della ACCG. Essi hanno svolto il ruolo di giudice del riesame (collegi d’appello) in seno alla ACCG.

121.

Inizialmente, i membri di tali collegi (d’appello) sono stati scelti dal presidente della ACCG all’inizio di ogni anno. I collegi sono stati presieduti dal presidente della ACCG, dal vicepresidente o dal presidente di una sezione. Gli altri quattro membri del collegio di cinque giudici (diversi dal presidente) sono stati selezionati mediante sorteggio in applicazione della decisione del 25 novembre 2010, n. 24 del Consiglio direttivo della ACCG, che integra il regolamento sull’organizzazione e sul funzionamento amministrativo della ACCG.

122.

La legge n. 255/2013 ( 64 ) ha modificato successivamente l’articolo 32 della legge n. 304/2004 sull’ordinamento giudiziario, sancendo la regola del sorteggio per i membri dei collegi di cinque giudici. Il giudice del rinvio nella causa C‑547/19 spiega che il fatto che tali modifiche siano state introdotte con un atto normativo in materia di procedimento penale nonché la formulazione delle disposizioni pertinenti hanno causato difficoltà di interpretazione. Ciò è avvenuto soprattutto perché sussistevano differenze tra la posizione accordata dall’articolo 32, paragrafo 5, della legge n. 304/2004 al presidente e al vicepresidente della ACCG, che avrebbero dovuto presiedere il collegio di cinque giudici, «quando esso fa parte del collegio, ai sensi del paragrafo 4 [dell’articolo 32]» e la posizione di «presidente della sezione penale o del membro più anziano», riguardo ai quali la medesima disposizione stabiliva che essi avrebbero dovuto presiedere il collegio, senza fare alcun riferimento all’articolo 32, paragrafo 4, di detta legge. Inoltre, l’articolo 33, paragrafo 1, della legge n. 304/2004, che prevedeva che «il presidente [della ACCG] o, in sua assenza, il vicepresidente, presiede le sezioni unite, (...) il collegio di cinque giudici, e ogni collegio all’interno delle sezioni, in cui partecipa al procedimento», è stato lasciato inalterato.

123.

Risulta che, in tale contesto, il Consiglio direttivo della ACCG ha adottato la decisione del 28 gennaio 2014, n. 3, che modifica e integra il regolamento ACCG. Tale decisione stabiliva che i collegi di cinque giudici devono essere presieduti, a seconda dei casi, dal presidente, dai vicepresidenti, dal presidente della sezione penale o dal membro più anziano, e il sorteggio, nel caso di tali collegi, deve riguardare soltanto gli altri quattro membri.

124.

La legge n. 207/2018 ( 65 ), che ha successivamente modificato l’articolo 32 della legge n. 304/2004, ha mantenuto la regola secondo cui il Consiglio direttivo della ACCG approva il numero e la composizione dei collegi di cinque giudici all’inizio di ogni anno. Tale modifica ha eliminato le imprecisioni precedenti prevedendo che il sorteggio riguardava tutti i membri di un collegio composto da cinque giudici.

125.

A seguito di tale ultima modifica, il 4 settembre 2018 il Consiglio direttivo della ACCG ha adottato la decisione n. 89/2018, stabilendo che, dopo aver esaminato «le disposizioni dell’articolo 32 della legge n. 304/2004 (...), riguardanti l’attività dei collegi di cinque giudici, constata, a maggioranza, che le disposizioni della nuova legge costituiscono norme in materia di organizzazione destinate a collegi giudicanti sottoposti a una regolamentazione specifica, istituiti “all’inizio di ogni anno” e, in mancanza di norme transitorie, diventano applicabili a partire dal 1o gennaio 2019».

126.

È in tale contesto che la Corte costituzionale, adita dal Primo Ministro del governo della Romania il 2 ottobre 2018, ha adottato la decisione n. 685/2018.

127.

La decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale ha constatato che la ACCG, attraverso le decisioni n. 3/2014 e n. 89/2018 del suo organo direttivo, aveva modificato con un atto amministrativo una legge adottata dal Parlamento ( 66 ). La Corte costituzionale ha poi analizzato le conseguenze di tale situazione sotto il profilo del diritto a un equo processo, sancito all’articolo 21, paragrafo 3, della Costituzione rumena. Essa ha constatato la violazione di tale disposizione costituzionale a causa della successiva mancanza di indipendenza e di imparzialità oggettive, da cui deriva altresì la violazione della garanzia di un tribunale costituito per legge ( 67 ).

128.

La Corte costituzionale ha rilevato che l’articolo 32 della legge n. 304/2004 garantisce l’imparzialità oggettiva di un giudice, quale elemento del diritto a un equo processo. Tale garanzia include sia l’assegnazione casuale delle cause sia la composizione dei collegi giudicanti mediante sorteggio ( 68 ). Essa ha inoltre dichiarato che la composizione casuale dei collegi giudicanti era diretta ad evitare una situazione in cui i giudici più anziani della ACCG, che fossero membri «di diritto» di tali collegi, divenissero presidenti di detti collegi ( 69 ). Basandosi sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani (in prosieguo: la «Corte EDU») ( 70 ), la Corte costituzionale ha constatato che l’interpretazione attribuita dall’organo direttivo della ACCG all’articolo 32 della legge n. 304/2004 attraverso atti amministrativi era tale da creare una pressione latente sugli altri membri del collegio. Questa rendeva i giudici soggetti ai propri superiori gerarchici o, quanto meno, poteva comportare la riluttanza dei giudici a contraddirli ( 71 ). Inoltre, la Corte costituzionale ha altresì rilevato, riferendosi nuovamente alla giurisprudenza della Corte EDU ( 72 ), che la ACCG, all’epoca dei fatti, non era composta conformemente alla legge, in quanto i collegi di cinque giudici erano stati nominati mediante un meccanismo che eludeva le disposizioni di legge applicabili ( 73 ).

129.

Infine, la decisione n. 685/2018 ha concluso, tra l’altro, che «considerato il comportamento illecito, sotto il profilo costituzionale, della [ACCG], attraverso il Consiglio direttivo, che non è tale da offrire garanzie per quanto riguarda il corretto ripristino del quadro normativo per il funzionamento dei collegi di cinque giudici, spetta alla Sezione dei giudici del [CSM], in base alle sue prerogative costituzionali e giuridiche (...) individuare le soluzioni, a livello di principio, riguardo alla composizione prevista per legge dei collegi giudicanti e garantire l’attuazione di tali soluzioni».

130.

A seguito della decisione della Corte costituzionale, il CSM ha adottato le decisioni n. 1367/2018 e n. 1535/ 2018. In applicazione di queste ultime decisioni, la ACCG ha sorteggiato nuovi collegi giudicanti per il 2018. L’attività giurisdizionale di tali collegi è continuata anche nel 2019. Ciò è avvenuto anche se non era stata disposta alcuna misura, entro la fine del 2018, per le cause assegnate. Tuttavia, la giurisprudenza della ACCG, esistente all’epoca dei fatti, prevedeva che, quando un collegio giudicante, nella composizione stabilita per un anno, non aveva disposto alcuna misura in una particolare causa entro la fine dell’anno, la composizione di tale collegio doveva essere modificata. La causa doveva essere assegnata ai giudici scelti mediante sorteggio per il nuovo anno civile. Tuttavia, tale approccio è stato chiaramente superato dalle decisioni del CSM.

131.

Gli sviluppi legislativi e giurisprudenziali nazionali evidenziati in precedenza hanno avuto una serie di conseguenze per le due cause in questione. In primo luogo, per quanto riguarda la causa C‑357/19, la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale ha offerto alle parti la possibilità di proporre un ricorso straordinario avverso le sentenze definitive già pronunciate dalla ACCG. In secondo luogo, per quanto riguarda la causa C‑547/19, la stessa decisione della Corte costituzionale, unitamente alle successive decisioni amministrative adottate dalla Sezione dei giudici del CSM e dal consiglio direttivo della ACCG per attuarla, hanno avuto conseguenze dirette nella determinazione del collegio incaricato di decidere la causa del ricorrente.

132.

In sintesi, sebbene in contesti sostanziali e processuali leggermente diversi, il problema principale sotteso alle due domande di pronuncia pregiudiziale si riduce alla questione se la decisione n. 685/2018, data la sua incidenza sulle decisioni definitive della ACCG e sulla composizione dei collegi giudicanti appartenenti a tale organo giurisdizionale, sia (in)compatibile con il diritto dell’Unione.

2.   Sul diritto a un giudice precostituito per legge

133.

Con la seconda questione nella causa C‑357/19, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 47, secondo comma, della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta alla constatazione, da parte della Corte costituzionale, secondo cui sussiste una mancanza di indipendenza e di imparzialità di un collegio giudiziario in quanto tale collegio include un giudice incaricato dell’amministrazione giudiziaria che, contrariamente ai quattro membri di tale collegio, non è stato selezionato in modo casuale. Tale questione mette in evidenza il fatto che tale giudice è designato al collegio in base a una regola trasparente e nota alle parti, che non è stata contestata dalle stesse, e che è generalmente applicabile a tutte le cause trattate dal medesimo collegio. Secondo il giudice del rinvio, i principi di indipendenza dei giudici e di certezza del diritto ostano agli effetti vincolanti della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale su sentenze definitive al momento dell’adozione di tale decisione, in mancanza di gravi motivi che rimettano in discussione il diritto a un equo processo nelle cause di cui trattasi.

134.

Al fine di rispondere a tale questione, ritengo necessario, innanzi tutto, analizzare quale sia la norma derivante dall’articolo 47, secondo comma, della Carta (a), al fine di valutare successivamente se il diritto dell’Unione, e in particolare tale disposizione, debba essere interpretato nel senso che osta alla decisione della Corte costituzionale di cui trattasi (b).

a)   Sulla norma del diritto dell’Unione

135.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio sembra esprimere dubbi unicamente riguardo al diritto a un giudice precostituito per legge. Ciò sembra tuttavia raccontare solo una parte della storia. Dalla decisione della Corte costituzionale in questione emerge che ciò di cui si discute è l’interpretazione dell’articolo 47, secondo comma, della Carta alla luce non solo del diritto a un «giudice precostituito per legge», ma anche di altri elementi del diritto a un equo processo, quali i requisiti di indipendenza e di imparzialità, in particolare per quanto riguarda l’«indipendenza interna» dei giudici ( 74 ).

136.

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, l’articolo 47, secondo comma, prima frase, di quest’ultima deve essere interpretato conformemente al significato e alla portata dei diritti sanciti dall’articolo 6, paragrafo 1, CEDU. Lo scopo è di garantire che il livello di protezione non sia inferiore al criterio della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU ( 75 ).

137.

In primo luogo, la Corte EDU ha dichiarato che la garanzia di un giudice precostituito per legge mira ad assicurare che l’organizzazione del sistema giudiziario non dipenda dalla discrezionalità del potere esecutivo ( 76 ). Essa non dovrebbe neppure dipendere, in realtà, da quella del potere giudiziario, anche se esiste certamente un certo margine per l’autoorganizzazione. Le norme applicabili dovrebbero essere previste dalla legge emanata dal legislatore ( 77 ). Inoltre, l’espressione «costituito per legge» riflette il principio dello Stato di diritto. Essa è strettamente connessa ai requisiti di indipendenza e di imparzialità del potere giudiziario ( 78 ).

138.

L’espressione «costituito per legge» riguarda non solo il fondamento normativo dell’esistenza di un tribunale, ma anche la composizione del collegio in ciascuna causa ( 79 ), che è in discussione nella presente causa.

139.

La giurisprudenza della Corte EDU ammette che le norme generali, che definiscono esattamente un «giudice precostituito per legge», siano fissate nel diritto nazionale. In linea di principio, la violazione di norme giuridiche nazionali dà origine a una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU ( 80 ). L’analisi è incentrata sulla questione se sia stata violata la «legge» (comprendente la legislazione e altre disposizioni la cui violazione renderebbe irregolare la partecipazione dei giudici alla definizione di una causa) ( 81 ). Ad esempio, quando il diritto nazionale contiene norme relative alla composizione del collegio mediante sorteggio, ciò rappresenta uno dei requisiti del diritto nazionale di cui la Corte tiene conto come uno dei requisiti giuridici nazionali da rispettare ( 82 ).

140.

Esiste, tuttavia, il principio di sussidiarietà. La Corte EDU ha riconosciuto che, tenuto conto degli importanti interessi compensativi in gioco (quali la certezza del diritto e il principio di inamovibilità dei giudici) e delle potenziali implicazioni dell’accertamento di una violazione, il diritto a un tribunale costituito per legge ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU non dovrebbe essere interpretato in modo eccessivamente estensivo ( 83 ). Ciò implica che non ogni violazione del diritto interno costituirebbe una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU: la Corte EDU ha concepito un «test di soglia» per valutare se talune irregolarità siano di gravità tale da comportare una violazione del diritto a un tribunale costituito per legge, basato sul carattere manifesto della violazione (i); sull’incidenza di una determinata violazione sullo scopo di tale diritto di evitare un’indebita ingerenza nel potere giudiziario, di preservare lo Stato di diritto e la separazione dei poteri (ii); tenendo anche conto della valutazione effettuata dai giudici nazionali sulle conseguenze giuridiche della violazione (iii) ( 84 ).

141.

Tali considerazioni sembrano essere analoghe a quelle della Corte di giustizia nella sentenza Simpson. In relazione alla nomina (asseritamente irregolare) di un giudice del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione, la Corte ha dichiarato che un’irregolarità commessa in occasione della nomina di giudici costituisce una violazione dell’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta «in particolare quando tale irregolarità sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un potere discrezionale indebito tale da mettere in pericolo l’integrità del risultato al quale conduce il processo di nomina, così suscitando un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici interessati (…)» ( 85 ). La Corte ha rilevato che ciò avverrebbe «qualora vengano in rilievo norme fondamentali che costituiscono parte integrante dell’istituzione e del funzionamento di detto sistema giudiziario» ( 86 ).

142.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’«aspetto interno» dell’indipendenza dei giudici, tale questione non è stata finora trattata nella giurisprudenza della Corte. Esistono, tuttavia, importanti indicazioni della Corte EDU in materia ( 87 ). Nella sentenza Parlov‑Tkalčić c. Croazia, la Corte EDU ha dichiarato che l’indipendenza dei giudici richiede che i singoli giudici siano liberi «non solo da influenze indebite al di fuori del potere giudiziario, ma anche all’interno. Tale indipendenza interna dei giudici richiede che essi siano liberi da direttive o pressioni da parte dei colleghi o di coloro che svolgono funzioni amministrative nell’ambito dell’organo giurisdizionale come il presidente dell’organo o il presidente di una sezione all’interno di tale organo (…). La mancanza di garanzie sufficienti che assicurino l’indipendenza dei giudici nell’ambito del potere giudiziario e, in particolare, nei confronti dei loro superiori gerarchici, può indurre la Corte a concludere che i dubbi di un ricorrente riguardo all’(indipendenza e all’) imparzialità di un organo giurisdizionale possono definirsi oggettivamente giustificati (…)» ( 88 ).

143.

Nell’ambito di tale analisi, la Corte EDU esamina, in particolare, se i poteri conferiti ai superiori gerarchici, quali i presidenti di un organo giurisdizionale, «possano generare pressioni latenti che comportino la sottomissione dei giudici ai loro superiori gerarchici o, quanto meno, rendano i singoli giudici riluttanti a contraddire i desideri del loro presidente, vale a dire avere effetti «di congelamento» sull’indipendenza interna dei giudici (…)» ( 89 ).

b)   Analisi

144.

Nel caso di specie, nella sua decisione n. 685/2018, la Corte costituzionale ha constatato che le decisioni amministrative del Consiglio direttivo della ACCG violavano il diritto a un tribunale costituito per legge nonché il requisito di imparzialità. In tale più recente prospettiva, la Corte costituzionale ha sottolineato l’importanza dell’aspetto interno dell’indipendenza dei giudici.

145.

Intendo sottolineare, anzitutto, che non è necessario analizzare, nella presente causa, se l’articolo 47, secondo comma, della Carta prescriva il medesimo risultato. Non è questo il punto. Tuttavia, ciò che si può concludere senza grande difficoltà è che l’articolo 47, secondo comma, della Carta non osta alle constatazioni cui è giunta la Corte costituzionale.

146.

Secondo costante giurisprudenza, quando il diritto dell’Unione lascia agli Stati membri un margine di discrezionalità, i giudici nazionali restano liberi di tutelare i diritti fondamentali derivanti dalla Costituzione nazionale, purché ciò non comprometta il livello di tutela garantito dalla Carta nonché il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione ( 90 ).

147.

Se tale condizione è stata affermata nella sentenza M.A.S., quale apertura alle norme costituzionali nazionali quale limite all’obbligo di disapplicare norme nazionali sostanzialmente incompatibili con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE ( 91 ), è piuttosto chiaro che lo stesso approccio può applicarsi parimenti come strumento per valutare in generale la compatibilità tra il diritto, la prassi e la giurisprudenza nazionali, da un lato, e il diritto dell’Unione, dall’altro ( 92 ).

148.

Nel caso di specie, la questione della composizione dei collegi giudicanti, nonché quella dei mezzi di ricorso esperibili in caso di violazione delle norme nazionali in materia (come interpretate dai giudici nazionali, compresa la Corte costituzionale), non è disciplinata dal diritto dell’Unione. Per quanto riguarda le situazioni non interamente disciplinate dal diritto dell’Unione, gli Stati membri mantengono il loro potere discrezionale. Il loro livello di tutela dei diritti fondamentali, probabilmente più elevato o diverso, che spetta ai giudici nazionali individuare, è ammissibile ai sensi dell’articolo 53 della Carta, in particolare per quanto riguarda le questioni che non sono interamente disciplinate dal diritto dell’Unione ( 93 ).

149.

Non si tratta di affermare che ogni norma, prassi o decisione giudiziaria nazionale, essendo semplicemente «confezionata e venduta» quale esempio di norma nazionale di protezione di un dato diritto fondamentale superiore o diversa, risponda a tale logica. La giurisprudenza della Corte ha già precisato le condizioni in presenza delle quali una siffatta situazione può essere ammessa. L’applicazione dei livelli di protezione dei diritti fondamentali nazionali non deve essere tale da compromettere il livello di protezione garantito dalla Carta. Inoltre, quale requisito preliminare e piuttosto ovvio, occorre aggiungere che la norma o la decisione nazionale deve contribuire in modo ragionevole ed effettivo alla tutela dei diritti fondamentali a livello nazionale, come debitamente interpretata mediante lo standard di tutela nazionale applicabile.

150.

Tuttavia, se ciò è quanto avviene nel caso di specie, come ho già rilevato in altra sede, la condizione del «primato, [del]l’unità e [del]l’effettività del diritto dell’Unione», probabilmente, non dovrebbe essere presa alla lettera ( 94 ). Altrimenti, avrebbe poco senso insistere sull’unità in settori in cui la regola generale è la diversità nazionale. L’elemento di fondo è comunque chiaro: per quanto riguarda le questioni e le situazioni non disciplinate dal diritto dell’Unione, la Carta non costituisce il limite massimo ( 95 ).

151.

In tale contesto, non vedo alcun motivo per non consentire a un giudice costituzionale nazionale di porre maggiormente l’accento sulla meticolosa osservanza delle norme sulla composizione dei collegi giudicanti nazionali, ivi compresa la questione dell’indipendenza interna, e per cui tale giudice non possa quindi giungere alla conclusione che, poiché tali norme sono state violate, le (ovvie) conseguenze nazionali generali delle decisioni pronunciate da giudici irregolarmente composti dovrebbero trovare applicazione in tali casi.

152.

In primo luogo, far rientrare la diversità nell’articolo 53 della Carta dovrebbe essere possibile, in particolare, nelle situazioni in cui non esistono differenze in natura per il diritto tutelato, ma in cui, spesso a causa dell’esperienza storica nazionale e della conseguente sensibilità, esiste una differenza di grado e nell’equilibrio che ne deriva. Pertanto, taluni ordinamenti giuridici potrebbero reagire con maggiore sensibilità alla composizione irregolare del collegio giudiziario, semplicemente perché conservano ancora una certa memoria storica riguardo a quanto potrebbe avvenire qualora tali norme siano sostituite dalla «flessibilità». Lo stesso vale per quanto riguarda le preoccupazioni relative al profilo interno dell’indipendenza e dell’imparzialità dei giudici. Sarebbe errato rimanere nelle categorie dei decenni passati, in cui si riteneva che le minacce all’indipendenza dei giudici provenissero da altri rami del governo. Non mancano atti altamente problematici che i giudici, in particolare quelli aventi mansioni organizzative, possono compiere nei confronti di altri giudici ( 96 ).

153.

In secondo luogo, lo stesso vale quindi per le conseguenze connesse a una siffatta violazione. Ammettere criteri diversi o superiori in termini di definizione del diritto o del principio implica poi, logicamente, ammettere anche la possibilità di trovare un adeguato equilibrio nazionale tra le considerazioni legate al diritto a un giudice precostituito per legge, da un lato, e il principio dell’autorità di cosa giudicata ( 97 ), dall’altro.

154.

In terzo luogo, tenuto conto di tale contesto, la reazione agli argomenti dedotti dagli interessati con riferimento all’articolo 47 della Carta può essere relativamente sintetica.

155.

Il secondo ricorrente nella causa C‑357/19 ha sostenuto che l’applicazione della regola relativa alla designazione dei membri dei collegi di cinque giudici della ACCG mediante sorteggio costituisce una norma nazionale specifica. Essa mette al riparo la composizione dei collegi del supremo organo giurisdizionale in grado d’appello dalle pressioni politiche, tenuto conto del fatto che il presidente e il vicepresidente di tale organo sono nominati dal presidente della Romania. Per contro, il pubblico ministero, l’associazione dei giudici «Forum» e il governo rumeno hanno sostenuto, nelle loro risposte ai quesiti posti dalla Corte, che il principio della composizione dei collegi di cinque giudici della ACCG mediante sorteggio non può essere considerato parte di una norma nazionale specifica connessa alla tutela dei diritti fondamentali. Essi invocano principalmente il fatto che la regola di designazione dei membri di un collegio mediante sorteggio non è applicabile a tutti i collegi giudicanti e che si tratta piuttosto di un’eccezione. L’associazione dei giudici «Forum» ha sostenuto, nelle sue osservazioni scritte nella causa C‑547/19, che il fatto che non tutti i giudici di un collegio siano designati mediante sorteggio non dovrebbe indurre a interrogarsi sulla loro imparzialità ( 98 ).

156.

La reazione relativamente sintetica è la seguente: spetta alle istituzioni nazionali competenti determinare con precisione la norma nazionale. Anche se il fatto che non tutti i giudici di un collegio giudicante siano designati mediante sorteggio non implica automaticamente una mancanza di imparzialità, qualora sia contenuto in una norma giuridica, tale requisito potrebbe essere legittimamente considerato una norma connessa alla composizione di un collegio giudicante rientrante nel diritto a un tribunale costituito per legge. La nozione di giudice precostituito per legge rinvia al diritto nazionale ( 99 ). Essa può essere valutata solo alla luce dei requisiti dell’ordinamento giuridico che disciplina l’istituzione e il funzionamento dell’organo giurisdizionale di cui trattasi ( 100 ), nel caso di specie l’ordinamento giuridico rumeno. A condizione che il diritto dell’Unione riconosca, nei limiti della ragionevolezza e della effettività ( 101 ), che tali questioni, che non sono disciplinate dal diritto dell’Unione, danno luogo a una differenziazione e a una diversità a livello nazionale, deve altresì riconoscere che spetta all’operatore o agli operatori nazionali competenti fissare tale norma. Non spetta alla Corte decidere su questioni di diritto nazionale.

c)   Conclusione intermedia

157.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione nella causa C‑357/19 nei seguenti termini: l’articolo 47, secondo comma, della Carta non osta a che, in una situazione che rientra generalmente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma che non è interamente disciplinata da quest’ultimo, un giudice costituzionale nazionale dichiari, in applicazione di una norma nazionale concreta e ragionevole di tutela dei diritti costituzionali e sulla base della sua interpretazione delle disposizioni nazionali applicabili, che i collegi giudicanti all’interno dell’organo giurisdizionale supremo nazionale non sono stati istituiti conformemente alla legge.

3.   Sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione

158.

La prima questione nella causa C‑357/19 riguarda l’interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE per quanto attiene all’adozione e agli effetti della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale. Con la medesima questione nella causa C‑357/19 nonché con la questione nella causa C‑547/19 ci si interroga sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, e dell’articolo 2 TUE, nonché dell’articolo 47 della Carta, per quanto riguarda la medesima decisione costituzionale.

159.

Nella presente sezione esaminerò le questioni che possono eventualmente incidere sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione, prima di passare, nella sezione successiva delle presenti conclusioni, alla dimensione più generale e strutturale delle questioni pregiudiziali che sono incentrate sulle eventuali ripercussioni di tale decisione alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e dello Stato di diritto.

160.

Con la prima questione nella causa C‑357/19, nella parte in cui fa riferimento all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE nonché all’articolo 1, paragrafo 1, e all’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, di accertare se l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE nonché la Convenzione TIF debbano essere interpretati nel senso che consentono a un giudice nazionale di disapplicare la decisione di un giudice costituzionale nazionale che comporta la riapertura di decisioni definitive, che potrebbe eventualmente incidere su cause vertenti sugli interessi finanziari dell’Unione.

161.

L’obbligo imposto dall’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF riguardo ai comportamenti descritti all’articolo 1 della stessa equivale a dare una particolare espressione agli obblighi, di più ampia portata e più onnicomprensivi, enunciati all’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, poiché la discussione nella presente causa ha riguardato effettivamente l’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, limiterò la mia analisi a quest’ultima disposizione. Dopotutto, è alquanto improbabile che la natura degli obblighi incombenti a uno Stato membro sia radicalmente diversa nei due atti normativi.

1)   Contesto normativo dell’Unione

162.

La presente causa costituisce un esempio dei problemi posti da un’interpretazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE e dalle conseguenze pratiche connesse ad un’eventuale violazione di tale norma. Come risulta da una recente giurisprudenza ( 102 ), tale disposizione di diritto primario dell’Unione comprende una serie complessa di obblighi e di conseguenze quando si tratta del suo bilanciamento con altri valori e principi di diritto dell’Unione, quali i diritti fondamentali.

163.

Per quanto riguarda gli obblighi imposti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, la giurisprudenza della Corte è relativamente chiara. L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE impone agli Stati membri di lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione con misure effettive e dissuasive ( 103 ). Gli Stati membri dispongono della libertà di scelta delle sanzioni. Devono tuttavia garantire che i loro obblighi siano effettivamente adempiuti, il che comporta, in alcuni casi, che siano inflitte sanzioni penali ( 104 ). Gli obblighi imposti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE non si fermano alla fase della «penalizzazione»: gli Stati membri devono altresì garantire che altre norme di natura sostanziale o processuale (quali le norme di procedura penale ( 105 ) o i termini legali di prescrizione ( 106 )) consentano di reprimere efficacemente le violazioni lesive degli interessi finanziari dell’Unione.

164.

L’autonomia procedurale e istituzionale di cui godono gli Stati membri per lottare contro violazioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione è tuttavia limitata, in particolare, dal requisito di effettività che esige che le sanzioni siano effettive e dissuasive ( 107 ).

165.

Tuttavia, la giurisprudenza rivela un certo grado di complessità quando si tratta del criterio di valutazione della compatibilità del diritto nazionale con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, dei suoi limiti interni nonché delle conseguenze e dei rimedi pratici nell’ipotesi in cui possa verificarsi una situazione di incompatibilità, in particolare, l’obbligo per i giudici nazionali di disapplicare norme nazionali incompatibili ( 108 ).

2)   La posizione delle parti

166.

Nella presente causa né le parti che hanno presentato osservazioni né il giudice del rinvio hanno discusso sul carattere effettivo o dissuasivo delle sanzioni penali stabilite dal diritto nazionale con riferimento alla frode grave o ad altre gravi attività illegali lesive degli interessi finanziari dell’Unione in quanto tali. La questione è piuttosto se la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale sia tale da pregiudicare l’effettiva persecuzione e repressione di reati, e violi quindi l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.

167.

Il giudice del rinvio e il pubblico ministero ritengono che la decisione della Corte costituzionale in questione possa pregiudicare gli interessi finanziari dell’Unione. Tale argomento si basa, in sostanza, sulla considerazione secondo cui la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale ha l’effetto di annullare le sentenze definitive emesse dai collegi di cinque giudici e, pertanto, può privare di effettività e di potere dissuasivo le sanzioni applicate in un numero considerevole di casi di frode grave. Ciò può ledere gli interessi finanziari dell’Unione, in quanto crea, da un lato, una parvenza di impunità e, dall’altro, un rischio sistemico di impunità a causa dell’applicazione delle norme nazionali relative ai termini di prescrizione, tenuto conto della complessità e della durata del procedimento fino alla pronuncia della sentenza definitiva a seguito di un riesame. Di conseguenza, la decisione della Corte costituzionale dovrebbe essere dichiarata incompatibile con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.

168.

Di parere diverso, la Commissione sostiene che, fatta salva la verifica del giudice nazionale, la presente causa non è tale da dimostrare l’esistenza di un effetto di impunità sistematica. Anche se la Commissione perviene alla conclusione opposta, è interessante osservare che il suo approccio sembra basarsi sugli stessi presupposti del giudice del rinvio e del pubblico ministero. L’analisi della Commissione si basa altresì, principalmente, su considerazioni di «effettività», valutate in termini di impunità sistematica in funzione del numero potenziale di casi interessati.

3)   Analisi

i) Il criterio da applicare?

169.

Il fatto che gli operatori nelle presenti cause (il giudice del rinvio, il pubblico ministero e la Commissione) si riferiscano allo stesso «criterio» per giungere a conclusioni opposte è interessante. È vero che una o più parti potrebbero incorrere semplicemente in errore. Tuttavia, è altresì possibile che siffatto risultato possa essere indicativo di un problema più ampio: forse il criterio stesso non è ideale.

170.

Come illustrato dalle osservazioni nella presente causa, il criterio utilizzato per constatare una violazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE consisterebbe, in sostanza, nella valutazione degli effetti di una norma, di una giurisprudenza o di una prassi nazionale. La violazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE verrebbe constatata se l’incidenza delle misure nazionali dovesse comportare un rischio di impunità sistematica. Ciò sarebbe chiaramente misurato in funzione del numero potenziale di cause interessate, anche se altri elementi, quali l’incidenza specifica sul bilancio dell’Unione, il tipo o la complessità delle cause in questione, sono parimenti proposti come elementi supplementari da prendere in considerazione.

171.

Secondo tale tesi, forse solo con un lieve grado di esagerazione, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE costituirebbe un principio assoluto di effettività, misurato in termini di quantità di denaro introitato e di numero di persone condannate se tale danaro non è stato introitato. La questione della compatibilità delle norme si riduce a stime giudiziarie soggettive di incidenza (empirica) in un numero supplementare indeterminato (ma significativo) di casi. Su tale base, qualsiasi norma nazionale di diritto o di procedura penale può essere disapplicata in maniera selettiva, ovviamente a danno dell’imputato. Inoltre, anche se non si nega una certa rilevanza dei diritti fondamentali nell’ambito di tale approccio, la loro tutela può eventualmente intervenire solo in una fase successiva, come limite potenziale alla possibilità di disapplicare misure nazionali o di applicare un a norma di recente emanazione a danno del singolo.

172.

Per le ragioni già illustrate nelle mie conclusioni nella causa Dzivev ( 109 ), considero tale approccio problematico.

173.

In primo luogo, a un livello più generale, l’effettività nel senso dell’effettivo potere dissuasivo nell’ambito dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, o in qualsiasi altra norma di diritto dell’Unione ( 110 ), non può essere intesa come un valore assoluto che prevale su tutte le altre considerazioni. L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE contiene, in effetti, un riferimento agli obblighi di effettività che esso impone agli Stati membri. Tuttavia, esso è anche permeato di una forte componente di autonomia istituzionale e procedurale, che dovrebbe costituire il punto di partenza. In tale struttura intrinsecamente aperta l’effettività non può essere l’unico elemento da prendere in considerazione in un’analisi della compatibilità. Se l’effettività viene portata alle sue massime conseguenze, ogni risultato diverrebbe giustificato: qualsiasi norma nazionale che si frapponesse a una condanna potrebbe essere dichiarata incompatibile con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Non si tratta di una ricetta per l’effettiva applicazione della legge, bensì per l’arbitrarietà individuale e il caos strutturale generati dal diritto dell’Unione.

174.

In secondo luogo, è quindi indispensabile che l’argomento potenzialmente illimitato dell’«effettività» sia ponderato con altre norme, principi e valori di diritto dell’Unione, compresi i diritti fondamentali o la legalità. Ciò deve avvenire già in fase di valutazione della compatibilità ( 111 ). Legalità o diritti fondamentali non fanno la loro comparsa, semplicemente, in una fase successiva, come un limite potenziale (ma spesso piuttosto scomodo). Essi fanno parte dello stesso corpo di norme nell’ambito dello stesso ordinamento giuridico dell’Unione e hanno lo stesso peso e la stessa importanza.

175.

La Corte ha confermato tale interpretazione nelle citate sentenze M.A.S. e Dzivev, in cui ha sottolineato che «l’obbligo di garantire l’efficace riscossione delle risorse dell’Unione non esonera i giudici nazionali dal necessario rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta e dei principi generali del diritto dell’Unione» ( 112 ), ivi compreso il «necessario rispetto del principio di legalità e dello Stato di diritto, che costituisce uno dei principali valori su cui si fonda l’Unione, come testimonia l’articolo 2 TUE» ( 113 ).

176.

Infatti, nella sentenza Dzivev, la Corte, senza neppure procedere alla valutazione della questione se la normativa in questione avesse comportato l’impunità in un numero considerevole di casi, ha rilevato che il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di disapplicare una norma procedurale nazionale, anche se ciò aumenterebbe l’efficacia dei procedimenti penali che consentono di sanzionare il mancato rispetto del diritto dell’Unione, quando siffatta norma procedurale risponde proprio a requisiti connessi alla tutela dei diritti fondamentali ( 114 ). In ogni caso, anche se così fosse eventualmente in un’altra situazione, l’obbligo di modificare la norma nazionale in questione e di porre così rimedio all’applicazione insufficiente, o non corretta, dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE spetterebbe principalmente al legislatore nazionale ( 115 ).

177.

In terzo luogo, per quanto riguarda la natura e i criteri dell’esame della potenziale incompatibilità di una normativa nazionale con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, ritengo che siffatta valutazione debba essere effettuata allo stesso modo in cui sarebbe effettuata qualsiasi altra valutazione di (in)compatibilità con il diritto dell’Unione. L’esame dovrebbe essere di compatibilità normativa tra norme e non uno studio empirico e statistico di un numero (non specificato) di casi coinvolti ( 116 ).

178.

I tribunali tendono a non essere abili con le statistiche. Il tipo di analisi affidato dalla Corte, nella sentenza Taricco, ai giudici nazionali richiede elementi di prova concreti, probabilmente associati ad un’analisi prospettica specifica effettuata in funzione degli effetti. Ciò sembra del tutto estraneo a quanto si potrebbe ragionevolmente richiedere a un giudice nazionale, certamente a un giudice appartenente a un organo giurisdizionale di grado inferiore, che potrebbe avere naturalmente un’idea generale di altre cause pendenti o su questioni strutturali rientranti nel suo settore di competenza, ma è principalmente chiamato a pronunciarsi su una determinata causa. Inoltre, a parte la tipica mancanza di tali prove, un siffatto risultato può essere estremamente circostanziale, dipendente da fattori momentanei come il numero potenziale di cause pendenti dinanzi a un giudice in un determinato momento, il che può evolvere nel tempo e difficilmente può essere considerato un punto di riferimento sostanziale per valutare la compatibilità di una norma o di una prassi nazionale con il diritto dell’Unione ( 117 ).

179.

Il dibattito nelle presenti cause mostra palesemente tali problemi. Anzitutto, non vi è chiarezza riguardo a cosa si intenda esattamente per numero significativo di cause che possano costituire un’impunità strutturale. Più del 10%? Più del 25%? Oltre il 40%? Ciò porta naturalmente il vari operatori a giungere a diversi risultati pur avvalendosi dello stesso criterio ( 118 ). Da un lato, poiché tutti questi procedimenti sono, in effetti, sottoposti all’esame della ACCG, sembrano esistere, in realtà, alcuni dati. Nella causa C‑357/19, come spiegato dal governo rumeno nelle sue risposte ai quesiti posti dalla Corte, la ACCG sembra essere in possesso di statistiche alquanto dettagliate e complete ( 119 ). D’altro lato, ciò non può avvenire in generale con gli altri organi giurisdizionali, che possono essere chiamati ugualmente ad applicare l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. La prima ricorrente nella causa C‑357/19 rileva, nelle sue risposte ai quesiti posti dalla Corte, che i giudici nazionali difficilmente possono procedere a un’analisi del rischio sistemico di impunità in termini di numero quantificabile o verificabile di cause interessate, dal momento che essi sono incaricati di statuire solo su singole cause. In tali circostanze, un criterio basato sul numero o sul numero potenziale di cause interessate rischierebbe di subordinare l’analisi della «conformità» alla disponibilità e alla qualità delle informazioni statistiche, il che porterebbe, a sua volta, piuttosto facilmente ad un’applicazione incoerente o, anzi, alla disapplicazione delle norme processuali nazionali nelle cause penali.

180.

In sintesi, il criterio pertinente per constatare una violazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE dovrebbe consistere semplicemente nell’accertare se una norma, una giurisprudenza o una prassi nazionale possa compromettere, da un punto di vista normativo e indipendentemente dal suo effetto concreto quantificabile in termini di numero di cause interessate, la tutela effettiva degli interessi finanziari dell’Unione.

181.

Gli elementi per la valutazione da effettuare includono: in primo luogo, la valutazione normativa e sistematica del contenuto delle norme di cui trattasi; in secondo luogo, la loro finalità nonché il contesto nazionale; in terzo luogo, le loro conseguenze pratiche ragionevolmente percepibili o attese, derivanti dall’interpretazione o dall’applicazione pratica di tali norme (indipendentemente, quindi, da qualsiasi stima statistica del numero di cause effettivamente o potenzialmente interessate). In quarto luogo, i diritti fondamentali e la legalità fanno parte dell’equilibrio interno nell’interpretazione dei requisiti sostanziali imposti dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE in sede di valutazione della compatibilità di norme e di prassi nazionali con tale disposizione. Infatti, i diritti fondamentali e il principio di legalità non sono semplici elementi «correttivi» che possono alla fine limitare (ex post) gli effetti pratici di tale disposizione. Essi svolgono già un ruolo nell’interpretazione del contenuto sostanziale dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, costituendone i limiti interni quanto all’interpretazione ragionevolmente ipotizzabile di tale disposizione. Tuttavia, qualsiasi preoccupazione nazionale per la tutela della legalità e per un livello di tutela nazionale più elevato dei diritti fondamentali invocati al riguardo deve riflettere, quanto alla sua articolazione, una preoccupazione ragionevole e concreta di una tutela più elevata dei diritti. Inoltre, la sua incidenza potenziale sugli interessi tutelati dall’articolo 325, paragrafo 1, TFUE deve essere proporzionata.

182.

Infine, nelle cause in cui tali considerazioni possano condurre a una dichiarazione di incompatibilità di norme o prassi nazionali con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, la problematica successiva diventa, nel singolo caso, quella dei mezzi di ricorso e delle conseguenze. Di particolare importanza in tali casi, segnatamente quelli che implicano procedimenti penali, è la questione se esistano ulteriori considerazioni che ostino a che tale dichiarazione di incompatibilità sia effettivamente applicata a danno dei singoli nei procedimenti principali.

183.

In tale ultima fase, la prospettiva cambia. Gli interessi strutturali dell’Unione non sono più ponderati con l’autonomia nazionale e il grado ammissibile di diversità, ma devono essere equamente ponderati con i diritti individuali delle persone interessate nel singolo caso. Mentre trovare quest’ultimo equilibrio è, in effetti, compito precipuo dei giudici nazionali nell’applicazione delle indicazioni fornite dalla Corte, il ragionamento della Corte deve offrire la possibilità di realizzare tali soluzioni individuali eque a livello nazionale.

184.

In sintesi, una dichiarazione di incompatibilità cui si è giunti nell’ambito di un singolo caso non deve necessariamente richiedere, come conseguenza, che la nuova norma giuridica sia applicabile in tale caso anche nel procedimento principale. Da un punto di vista strutturale, siffatto risultato non costituisce una minaccia né per l’effettività né per il primato del diritto dell’Unione. Inoltre, in senso più pragmatico, qualora si dovesse ritenere che talune prassi a livello nazionale abbiano effettivamente leso gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dispone ora di uno strumento potente, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, per recuperare gli importi dovuti al bilancio dell’Unione da uno Stato membro, senza che la tutela dei diritti fondamentali dei singoli a livello nazionale divenga un danno collaterale nel processo ( 120 ).

ii) Applicazione al caso di specie

185.

Valutata alla luce dei criteri esposti supra al paragrafo 181 delle presenti conclusioni, la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale non sembra idonea a pregiudicare la tutela effettiva degli interessi finanziari dell’Unione.

186.

In primo luogo, dal punto di vista della valutazione normativa e sistematica del contenuto della decisione di cui trattasi, occorre rilevare, come sostenuto dalla prima ricorrente e dal terzo ricorrente, che la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale non crea nuovi mezzi di ricorso né modifica il sistema preesistente dei mezzi di ricorso. Essa infatti non è in alcun modo specificamente mirata all’applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Tale decisione si è limitata a dichiarare una situazione di violazione delle norme giuridiche relative alla composizione dei collegi giudicanti, che incide anche sui procedimenti nazionali rientranti in senso ampio nell’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE. Essa ha consentito alle parti di proporre un ricorso straordinario già previsto dalla legge, nel codice di procedura penale. Occorre rilevare che i casi limitati di ammissione di siffatti ricorsi straordinari sono quelli elencati all’articolo 426, paragrafo 1, di tale codice, la cui lettera d) fa espressamente riferimento all’ipotesi in cui «la composizione del giudice d’appello sia contraria alla legge (…)». La possibilità di un riesame delle decisioni definitive a causa dell’irregolarità della composizione di un collegio giudiziario non è una soluzione inconsueta nei vari Stati membri ( 121 ).

187.

In secondo luogo, per quanto riguarda lo scopo della decisione n. 685/2018 nonché il contesto nazionale, non risulta da alcun elemento a disposizione della Corte che la decisione di cui trattasi abbia avuto lo scopo di eludere o di pregiudicare gli strumenti giuridici che consentono la lotta contro la corruzione o di incidere sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Vorrei chiaramente sottolineare tale punto già in questa fase: non esiste alcun argomento obiettivo e comprovato di un uso strumentale o piuttosto di un abuso di normali procedure ( 122 ).

188.

In terzo luogo, come rilevato dalla Commissione, i potenziali effetti pratici della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale sono limitati nel tempo. La decisione di cui trattasi è destinata ad applicarsi, in via principale, a cause pendenti o future. Per quanto riguarda l’applicazione della decisione di cui trattasi alle cause concluse, le parti possono proporre tale ricorso straordinario solo qualora il termine per il ricorso straordinario sia ancora in corso. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 428, paragrafo 1, del codice di procedura penale, tale possibilità scade entro 30 giorni dalla data di notifica della decisione del giudice d’appello.

189.

Inoltre, come è stato rilevato correttamente anche dalla Commissione e dal secondo ricorrente nella causa C‑357/19, l’annullamento di una sentenza di un giudice d’appello a seguito dell’applicazione della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale conduce non già all’archiviazione del procedimento penale, bensì unicamente alla riapertura di una fase del procedimento. Inoltre, la riapertura non implica naturalmente un capovolgimento: si può raggiungere nuovamente, beninteso, esattamente lo stesso risultato, questa volta ad opera di un collegio debitamente costituito. Infine, i ritardi eventualmente provocati non potrebbero comportare la prescrizione dell’azione penale. Fatta salva la verifica da parte del giudice nazionale, il regime di prescrizione previsto agli articoli 154 e 155 del codice penale non sembra comportare conseguenze irragionevoli, tenuto conto della lunghezza dei termini di prescrizione nonché delle norme che disciplinano le cause e gli effetti delle interruzioni di tali termini, compreso il loro limite massimo ( 123 ).

190.

In quarto luogo, non si può ignorare, come hanno fatto valere la prima, il secondo e il quarto ricorrente nella causa C‑357/19, il fatto che la motivazione della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale si basa sul diritto fondamentale a un equo processo, in particolare, in relazione al suo aspetto del diritto a un giudice precostituito per legge connesso a preoccupazioni relative al principio dell’indipendenza interna dei giudici ( 124 ).

191.

Tali considerazioni possono essere formulate nell’ambito dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, nel senso che esse limitano le considerazioni relative all’effettivo potere dissuasivo delle sanzioni da applicare a livello nazionale?

192.

A mio avviso, conformemente alle sentenze M.A.S. e Dzivev, le suddette considerazioni non solo possono essere formulate, ma dovrebbero anche essere accolte. E ancora, se nella causa M.A.S. le preoccupazioni costituzionali nazionali in un settore non disciplinato dal diritto dell’Unione (all’epoca, i termini di prescrizione) potevano operare come limite all’obbligo di disapplicare norme nazionali sostanzialmente incompatibili con l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE ( 125 ), lo stesso deve valere a fortiori per quanto riguarda la valutazione a un livello precedente, ossia in sede di esame della compatibilità tra il diritto, la giurisprudenza e la prassi nazionale, da un lato, e il diritto dell’Unione, dall’altro ( 126 ).

193.

Per il resto, l’analisi che potrebbe essere svolta in questa sede è, quanto al merito, identica a quella precedentemente effettuata nell’ambito della norma di cui all’articolo 47, secondo comma, della Carta ( 127 ). Detto in termini semplici, il diritto dell’Unione non stabilisce (direttamente) alcuna norma sulla composizione dei collegi giudicanti a livello nazionale. In tale contesto di ammissibile diversità, il sistema rumeno sembra includere una visione più restrittiva quanto al criterio richiesto di un giudice precostituito per legge e alle conseguenze della sua violazione. Tali preoccupazioni appaiono ragionevoli e reali, riflettendo solo un equilibrio un po’ diverso tra i valori in gioco.

194.

In conclusione, insisterò nuovamente sulle caratteristiche «ragionevole e concreta», nel contesto dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, nonché, a tale titolo, su un livello di protezione nazionale più elevato ai sensi della Carta. La norma nazionale così formulata deve riflettere una preoccupazione concreta che contribuirà ragionevolmente alla tutela dei diritti e dei valori fondamentali nazionali e sarà ammissibile (in linea di principio, non necessariamente per grado e formulazione specifica) come valore all’interno dell’Unione fondata sullo Stato di diritto, sulla democrazia e sulla dignità umana.

195.

Probabilmente spetterà sempre agli operatori nazionali competenti definire una norma nazionale (costituzionale). Tuttavia, il fatto che la Corte non possa che riconoscere tale definizione non implica che essa debba accettare tutto il suo contenuto, in particolare se invocato come limitazione o eccezione al diritto dell’Unione, anche nell’ambito dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE.

iii) Conclusione intermedia

196.

Concludo che alla prima questione nella causa C‑357/19, nella parte in cui riguarda l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE [nonché potenzialmente l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione TIF, con riserva di verifica da parte del giudice nazionale], occorre rispondere dichiarando che tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che non ostano a una decisione di un giudice costituzionale nazionale che dichiari illegittima la composizione dei collegi di un organo giurisdizionale supremo nazionale per violazione del diritto a un giudice imparziale, che crei le condizioni per consentire che siano proposti ricorsi straordinari avverso sentenze definitive.

4.   Sul principio dell’indipendenza dei giudici

197.

Con la prima questione nella causa C‑357/19, nella parte in cui fa riferimento all’articolo 19, paragrafo 1, TUE, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se tale disposizione osti all’adozione, da parte della Corte costituzionale (indicata «organo esterno al potere giudiziario») di una decisione come la decisione n. 685/2018. Nella questione sollevata nella causa C‑547/19 viene chiesto, in termini analoghi (sebbene la Corte costituzionale sia qui indicata come un «organo che non è, secondo il diritto nazionale, un’istituzione giudiziaria»), se l’articolo 2 TUE, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta ostino all’intervento della Corte costituzionale riguardo al modo in cui un organo giurisdizionale supremo ha interpretato una normativa infra‑costituzionale applicata nel contesto della composizione dei collegi giudicanti.

198.

Devo sottolineare che, a mio avviso, non spetta alla Corte valutare, in generale, la struttura e le competenze delle istituzioni (giudiziarie) nazionali. Fatta eccezione per gli scenari estremi e infelici nei quali un’intera istituzione giudiziaria (o anche parti del sistema giudiziario) non soddisfa più i requisiti sistemici dello Stato di diritto e quindi non può più essere qualificata come organo giurisdizionale indipendente e in cui l’analisi istituzionale di un operatore giudiziario nazionale diviene inevitabile, la Corte ha sempre limitato la sua analisi a questioni sostanziali sollevate da un giudice del rinvio. È vero che, nell’ambito di siffatta discussione, la precedente decisione di un’altra istituzione giudiziaria, anche di grado superiore, all’interno dello stesso ordinamento giuridico, potrebbe essere indirettamente rimessa in discussione. Tuttavia, l’oggetto di tale discussione è sempre stato prima di tutto il merito di tale decisione, non una valutazione astratta delle competenze o dell’autorità generale di un’istituzione nazionale che l’ha emessa.

199.

Nelle parti precedenti delle presenti conclusioni si è cercato di seguire tale tradizione ( 128 ). Tuttavia, e dal momento che spetta all’avvocato generale fornire piena assistenza alla Corte nell’esame di tutti i potenziali aspetti della causa oggetto del rinvio pregiudiziale, offrirò anche alcune osservazioni, in realtà alquanto concise, sui punti istituzionali più ampi sollevati dal giudice del rinvio.

200.

Alla luce delle preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio (1), esaminerò, dopo alcune osservazioni generali sul contesto normativo dell’Unione (2), se i requisiti relativi all’indipendenza dei giudici sanciti dall’articolo 47, secondo comma, della Carta e dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE ostino all’applicazione della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale (3).

1)   Sulle preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio

201.

Nelle sue decisioni di rinvio, il giudice del rinvio evidenzia diversi problemi relativi allo status e alla composizione della Corte costituzionale in generale (i), alla sua particolare competenza per quanto riguarda l’accertamento di conflitti giuridici di natura costituzionale e all’uso specifico di tale competenza nel processo di adozione della decisione n. 685/2018 (ii), nonché agli effetti di tale decisione sul principio della certezza del diritto (iii).

202.

Il primo problema, relativo allo status e alla posizione della Corte costituzionale, è spiegato in modo più dettagliato dal giudice del rinvio nella sua decisione di rinvio nella causa C‑547/19. Si osserva che la Corte costituzionale non è un’istituzione giudiziaria in quanto non fa parte del potere giudiziario. Le considerazioni politiche svolgono un ruolo importante nella nomina dei suoi membri. L’articolo 142, paragrafo 3, della Costituzione rumena prevede che, tra i nove membri della Corte costituzionale, «tre giudici sono nominati dalla Camera dei deputati, tre dal Senato e tre dal presidente della Romania».

203.

Il secondo problema, parimenti esaminato nella decisione di rinvio nella causa C‑547/19, riguarda le competenze della Corte costituzionale per accertare l’esistenza di un conflitto di natura costituzionale. Esso comprende sia le autorità che hanno il potere di avviare tale procedura sia l’incidenza di tale procedura sulle competenze del potere giudiziario.

204.

Da un lato, il giudice del rinvio rileva che, ai sensi dell’articolo 146, lettera d), della Costituzione rumena, la procedura di accertamento dell’esistenza di un conflitto di natura costituzionale può essere avviata solo su richiesta del Presidente della Romania, di uno dei presidenti delle due camere, del Primo Ministro o del presidente del CSM. Ad eccezione del presidente della CSM, le altre persone coinvolte sono organi di natura politica. Combinando tale aspetto con l’elemento politico che incide sulla designazione dei membri della Corte costituzionale, il giudice del rinvio considera che le condizioni sono tali da far sorgere il rischio di intervento a fini politici o nell’interesse di persone influenti dal punto di vista politico. Il giudice del rinvio sembra considerare che tale pericolo è rappresentato dal fatto che la procedura che ha portato alla decisione n. 685/2018, avviata dal Primo Ministro, è intervenuta in un momento in cui il presidente della Camera dei deputati, che rivestiva anche la carica di presidente del partito al governo, era a sua volta imputato in un procedimento penale iscritto al ruolo di un collegio di cinque giudici costituito in materia penale.

205.

D’altro lato, per quanto riguarda l’incidenza della procedura specifica di accertamento di un conflitto di natura costituzionale sull’indipendenza del potere giudiziario, il giudice del rinvio spiega che non esiste una netta separazione tra le «semplici questioni di legittimità», che dovrebbero rientrare nella competenza dei giudici ordinari, e il «conflitto di natura costituzionale», che può essere definito dalla Corte costituzionale. Il giudice del rinvio rileva che una decisione giurisdizionale contraria alla legge è una decisione illegittima e un atto amministrativo contrario alla legge è un atto illegittimo, e non l’espressione di un «conflitto giudiziario di natura costituzionale con il potere legislativo». Il rimedio disponibile, in tali casi, dovrebbe essere l’impiego dei mezzi d’impugnazione oppure, a seconda del caso, la presentazione di un ricorso amministrativo.

206.

Per quanto riguarda specificamente l’adozione della decisione n. 685/2018, il giudice del rinvio rileva che l’interpretazione adottata dal Consiglio direttivo della ACCG, nella sua decisione n. 3/2014, è stata motivata dall’imprecisione della legge. Essa non potrebbe quindi essere considerata come un atto deliberato di negazione della volontà del legislatore. In tale contesto, la Corte costituzionale si è limitata a contrastare l’interpretazione, fornita dalla ACCG, delle disposizioni poco chiare contenute nella legge. Per tale ragione, il giudice del rinvio considera che il controllo della legittimità dell’attività della ACCG, da parte della Corte costituzionale, nonché il fatto che quest’ultima abbia disposto il trasferimento al CSM delle competenze che, in forza della legge, appartenevano alla ACCG, possono avere un’incidenza negativa non solo sull’indipendenza dei giudici, ma anche sulle basi dello Stato di diritto.

207.

Il terzo problema verte sugli effetti della decisione di cui trattasi sul principio della certezza del diritto. Il giudice del rinvio rileva, più in generale, nella sua domanda nella causa C‑357/19, che i principi di indipendenza dei giudici e di certezza del diritto ostano a che alla decisione n. 685/2018 siano riconosciuti effetti vincolanti nei confronti di decisioni che sono già divenute definitive a partire dalla data della decisione della Corte costituzionale, in mancanza di seri motivi che rimettano in discussione il rispetto del diritto a un equo processo nelle cause pertinenti. Pertanto, l’interpretazione fornita dal comitato amministrativo della ACCG e incorporata nel regolamento ACCG, non contestata e accolta unanimemente dalla prassi giudiziaria, non costituirebbe un motivo ragionevole per giustificare tali effetti.

2)   Contesto normativo dell’Unione

208.

La struttura e l’organizzazione del potere giudiziario rientrano nelle competenze degli Stati membri in virtù del principio generale di autonomia istituzionale ( 129 ). Ciò include l’istituzione e il funzionamento di un giudice costituzionale. Il principio dell’indipendenza dei giudici non impone agli Stati membri di adottare un determinato modello costituzionale che disciplini le relazioni e l’interazione tra i diversi poteri statali ( 130 ), purché naturalmente sia garantita una separazione di base dei poteri (essenziale per lo Stato di diritto) ( 131 ).

209.

Nell’organizzare le proprie istituzioni e procedure giudiziarie, gli Stati membri sono tenuti, tuttavia, a rispettare gli obblighi di diritto dell’Unione derivanti dall’articolo 47 della Carta, la cui portata e il cui contenuto devono essere interpretati alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU nonché dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE ( 132 ). Non esiste, tuttavia, alcun modello o sistema precostituito o singolarmente valido. La giurisprudenza della Corte mira piuttosto a individuare i requisiti minimi che i sistemi nazionali devono rispettare. Tali requisiti sono collegati agli aspetti interni ed esterni dell’indipendenza dei giudici, nonché al requisito di imparzialità, derivante dalla giurisprudenza della Corte EDU.

210.

L’elemento esterno dell’indipendenza dei giudici, strettamente legato al requisito dell’imparzialità, richiede «che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni» ( 133 ). Ciò include non solo l’influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche «le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati» ( 134 ).

211.

Come sottolineato dalla Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, al fine di accertare il requisito dell’«indipendenza», alcuni degli elementi pertinenti da considerare sono, in particolare, le modalità di nomina e la durata del mandato dei giudici, l’esistenza di garanzie contro il rischio di pressioni esterne, nonché la questione se l’organo «appaia indipendente», poiché ciò che viene in rilievo è la fiducia stessa che ogni giudice deve ispirare ai singoli in una società democratica ( 135 ).

212.

Le apparenze (o la dottrina delle apparenze) sono un ulteriore, importante elemento anche nella valutazione oggettiva dell’imparzialità, secondo la quale occorre stabilire se, anche indipendentemente dalla condotta personale del giudice, taluni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di quest’ultimo ( 136 ). In particolare, per quanto riguarda le nomine dei giudici, è necessario che «i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione [di tali decisioni] siano tali da non poter suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati» ( 137 ).

213.

Tuttavia, al fine di esaminare il raggiungimento di tale soglia, la Corte ha privilegiato un’analisi globale che tenga conto di elementi legati alla concezione istituzionale, alla normativa giuridica e all’attuazione pratica. In tale contesto, la Corte ha constatato che, ad esempio, il semplice fatto che i poteri esecutivo o legislativo partecipino alla procedura di nomina dei giudici non dà luogo ad un rapporto di subordinazione se, una volta nominati, i giudici non sono soggetti a pressioni e non ricevono istruzioni nell’esercizio della loro funzione giudiziaria ( 138 ).

214.

La Corte ha constatato che «l’indipendenza di un giudice nazionale, anche sotto il profilo delle condizioni in cui interviene la nomina dei suoi membri, deve essere valutata alla luce dell’insieme dei fattori pertinenti» ( 139 ). Ciò significa che anche se alcuni elementi indicati da un giudice nazionale possano non essere censurabili di per sé, tali elementi, combinati tra loro, e anche insieme alle circostanze che li riguardano, potrebbero apparire problematici ( 140 ).

3)   Analisi

i) Composizione e status della Corte costituzionale

215.

Quanto al primo problema sollevato dal giudice del rinvio, relativo alla composizione e allo status della Corte costituzionale, non sembra, a mio avviso, che la modalità di nomina alla Corte costituzionale sia, di per sé, problematica. La circostanza che le istituzioni «politiche» partecipino alla nomina di un organo quale la Corte costituzionale non la trasforma, di per sé, in un organo politico appartenente o subordinato al potere esecutivo. Quel che rileva piuttosto è che i giudici costituzionali, una volta nominati, siano liberi da influenze o pressioni sulle loro funzioni ( 141 ).

216.

Dal punto di vista della struttura e dell’organizzazione, i giudici costituzionali non sono certamente organi giurisdizionali come qualsiasi altro. Sotto questo profilo e in tale misura, i giudici costituzionali, in particolare nei sistemi in cui esercitano un controllo costituzionale concentrato e specializzato, non sono in realtà come tutti gli altri giudici (ordinari, comuni) all’interno di un sistema nazionale ( 142 ). Tuttavia, pur sussistendo occasionalmente un’esitazione tassonomica riguardo all’esatto ramo del governo al quale appartengono, ciò non significa che, come conseguenza, tali giudici non siano più «organi giurisdizionali» ( 143 ). Ciò che conta ai fini di tale definizione è che detti giudici siano dotati degli attributi necessari di imparzialità e indipendenza, mediate la determinazione dello status di giudici costituzionali e delle garanzie giuridiche di indipendenza durante il loro mandato.

217.

Ciò consente anche di rispondere alla questione della nomina. Il problema di colui che effettua concretamente la nomina non è determinante ( 144 ), ma è in parte rilevante, in particolare in relazione al processo di selezione dei giudici. Ciò che importa sono le garanzie di indipendenza nell’esercizio delle funzioni, potenzialmente associate a un comportamento effettivo. Per inciso, si potrebbe persino suggerire che è proprio il coinvolgimento di altri rami del governo nella nomina dei giudici a costituire un esempio di vera separazione dei poteri. La separazione dei poteri non dovrebbe essere confusa con concezioni esagerate di indipendenza dei giudici che implichino effettivamente l’isolamento e l’insularità dei giudici.

218.

Nell’ambito delle presenti cause, occorre rilevare che il requisito dell’indipendenza fa parte dello status costituzionale dei giudici della Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 145 della Costituzione rumena. In forza dell’articolo 142, paragrafo 2, della Costituzione rumena, il mandato di nove anni dei giudici costituzionali non è rinnovabile. Durante tale periodo, conformemente all’articolo 145 della Costituzione rumena, essi sono inamovibili. Le condizioni della loro nomina, tra le quali figurano ottime qualifiche giuridiche, una competenza professionale elevata e un’esperienza di almeno 18 anni in ambito giuridico o di studi giuridici superiori, sono enunciate all’articolo 143 della Costituzione rumena. Inoltre, come rilevato dalla Commissione, l’articolo 144 della Costituzione rumena istituisce anche un regime di incompatibilità per i giudici costituzionali, volto a preservarne l’indipendenza.

219.

Inoltre, i giudici costituzionali in generale ( 145 ), e in particolare la Corte costituzionale rumena ( 146 ), sono stati altresì considerati validi interlocutori dalla Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, il quale richiede, almeno in una certa misura, la loro indipendenza al fine di rispondere alla definizione di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE ( 147 ).

ii) Competenze e prassi della Corte costituzionale

220.

Analogamente, le preoccupazioni del giudice del rinvio riguardo alla competenza della Corte costituzionale ad accertare un conflitto giuridico di natura costituzionale tra i poteri costituzionali rientra nella sfera dell’autonomia istituzionale e procedurale di tale Stato membro.

221.

Non esiste alcun catalogo precostituito di competenze di cui i giudici costituzionali dovrebbero o non dovrebbero essere dotati al fine di rispettare il principio dell’Unione, di indipendenza dei giudici. In un certo senso, è intrinseco alle funzioni dei giudici costituzionali che le loro competenze abbiano effetti (diretti o indiretti) sulle decisioni pronunciate dai giudici ordinari ( 148 ).

222.

Si potrebbe soltanto aggiungere che, almeno a quanto mi consta, nessuno dei giudici costituzionali in Europa ha mai potuto trovare una chiara formula per distinguere ciò che costituisce una questione di importanza «costituzionale» e ciò che costituisce una questione di «pura» o «semplice» legittimità. La mancanza di tale chiara distinzione non ha portato, in passato, a uno scarso numero di conflitti tra gli organi giurisdizionali supremi nazionali (ordinari) e i giudici costituzionali nazionali, in particolare in sistemi che conoscono il controllo di costituzionalità concreto (o individuale), basato sul ricorso costituzionale individuale ( 149 ).

iii) Sul principio dell’autorità di cosa giudicata

223.

Infine, occorre rilevare che la specificità di tali effetti e le conseguenze pratiche delle sentenze dei giudici costituzionali fanno parte anche degli elementi che devono essere definiti dagli ordinamenti giuridici nazionali, ivi compresa la tutela di principi quali l’autorità di cosa giudicata e la certezza del diritto.

224.

Nel contesto specifico del diritto dell’Unione la Corte ha ripetutamente sottolineato l’importanza di entrambi i principi ( 150 ). Ciò significa che, per quanto riguarda i requisiti derivanti dal diritto dell’Unione, a parte alcuni scenari del tutto eccezionali ( 151 ), la Corte non ha mai richiesto l’annullamento, in via generale, dell’autorità di cosa giudicata delle decisioni definitive. Tuttavia, allo stesso tempo, la Corte non ha messo in discussione i mezzi di ricorso straordinari previsti per la riapertura di decisioni definitive contrarie al diritto dell’Unione in Romania, nel rispetto del bilanciamento e della scelta procedurale particolare operati dal legislatore nazionale ( 152 ). Lo stesso deve valere a fortiori per gli effetti e l’incidenza di una decisione costituzionale nazionale.

iv) Avvertenza

225.

Come ho spiegato nelle mie conclusioni AFJR, la natura della valutazione, in termini di indipendenza e di imparzialità dei giudici, da parte della Corte, nell’ambito di «cause strutturali» che portano a un controllo di talune soluzioni istituzionali o procedurali nazionali con i requisiti del diritto dell’Unione, può essere analizzata a tre livelli: l’analisi della «valutazione esclusivamente sulla carta», l’analisi della «combinazione delle soluzioni sulla carta» o «applicazione pratica delle soluzioni sulla carta», e l’analisi della prassi in quanto tale che è completamente diversa da quanto dichiarato sulla carta ( 153 ).

226.

Nelle presenti cause, la valutazione della «teoria» o «esclusivamente sulla carta» non sembra mettere in dubbio l’imparzialità o l’indipendenza della Corte costituzionale.

227.

È vero che non si possono ignorare le allusioni ai rischi potenziali e neppure le insinuazioni occasionali contenute nel fascicolo della presente causa, in particolare quando si fa riferimento alla specifica decisione n. 685/2018, agli operatori coinvolti e alle loro asserite motivazioni ( 154 ).

228.

Tuttavia, si tratterebbe di una causa assai diversa da quella sottoposta alla Corte ( 155 ). Purtroppo, al giorno d’oggi, è immaginabile che nell’Unione possano esistere casi di manipolazione o di vero e proprio abuso di uno specifico procedimento costituzionale che, sebbene disciplinato da norme apparentemente neutre, potrebbe essere utilizzato a vantaggio o nell’interesse di una persona o di un gruppo in particolare. Uno scenario ancora più estremo potrebbe configurarsi quando si tratta non già di una singola o anche di più carenze istituzionali individuali, bensì di un’intera istituzione giudiziaria che si comporta in modo incontrollato. In tal caso, le garanzie fondamentali e strutturali di indipendenza e di imparzialità di un’istituzione non sarebbero più assicurate in quanto, attraverso il sistema di nomine, ad esempio, l’intera istituzione diviene ostaggio della politica o in quanto minacce alla struttura generale, che riguardano il rispetto del principio di separazione dei poteri, si realizzano concretamente ( 156 ).

229.

Tuttavia, concordando pienamente con la Commissione su questo punto, nelle presenti cause non sono stati rilevati elementi tali da rimettere in discussione l’indipendenza o l’imparzialità della Corte costituzionale. Le preoccupazioni del giudice del rinvio vertono piuttosto su considerazioni legate all’interpretazione del diritto nazionale contemplato nella decisione della Corte costituzionale e alle sue conseguenze per la prassi del giudice del rinvio, sulle quali tale giudice si limita a dissentire.

v) Conclusione intermedia

230.

Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑357/19, nella parte in cui verte sul principio dell’indipendenza dei giudici, nonché alla questione nella causa C‑547/19, nel senso che il principio dell’Unione, di indipendenza dei giudici, sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta e all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, non osta all’adozione di una decisione da parte di un giudice costituzionale nazionale che, nell’esercizio delle sue competenze costituzionali, si pronunci sulla legittimità della composizione dei collegi giudicanti dell’organo giurisdizionale supremo nazionale, anche se ciò comporta la possibilità di proporre ricorsi straordinari avverso sentenze definitive.

5.   Sul principio del primato

231.

Con la terza questione nella causa C‑357/19, il giudice del rinvio chiede se il principio del primato del diritto dell’Unione consenta a un giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale, pronunciata in una causa vertente su una controversia costituzionale, vincolante in forza del diritto nazionale.

232.

Ho già fornito una risposta a tale questione sotto il profilo degli obblighi specifici derivanti dall’articolo 325 TFUE e della tutela dei diritti fondamentali. Tenuto conto della risposta che propongo alla Corte di fornire con riferimento alle questioni prima e seconda nella causa C‑357/19, non è necessario rispondere alla terza questione.

233.

Tuttavia, ritengo utile aggiungere diverse osservazioni conclusive sul principio del primato e sull’obbligo dei giudici nazionali di attenersi alle sentenze di un giudice costituzionale. Ciò non è solo in considerazione dell’eventualità che la Corte possa non concordare con le mie proposte di risposta alle questioni prima e seconda nella causa C‑357/19. È anche in ragione dell’esistenza di un’altra questione importante che si cela dietro tale questione generale: come risulta dalla decisione di rinvio, la terza questione sembra motivata dal fatto che, in applicazione dell’articolo 99, lettera ș), della legge n. 303/2004, l’inosservanza da parte di un giudice di una decisione della Corte costituzionale costituisce un illecito disciplinare ai sensi del diritto nazionale ( 157 ).

234.

In una certa misura, la giurisprudenza costante della Corte risponde già a tale questione sollevata dal giudice del rinvio.

235.

Da un lato, esiste una giurisprudenza costante relativa al primato del diritto dell’Unione e alle sue implicazioni per le istituzioni e i procedimenti giudiziari nazionali. In primo luogo, i giudici nazionali incaricati di applicare le norme del diritto dell’Unione hanno l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contraria di diritto nazionale senza chiedere né attendere la previa soppressione di tale disposizione nazionale per via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale ( 158 ). In secondo luogo, sono incompatibili con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione, disposizioni o prassi, le quali portino ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme direttamente applicabili nell’Unione ( 159 ). In terzo luogo, tali considerazioni si applicano a tutti i livelli di norme nazionali, anche quelle di natura costituzionale ( 160 ).

236.

Pertanto, in linea principio, e supponendo naturalmente che esista effettivamente una forma di incompatibilità sostanziale tra la decisione costituzionale di cui trattasi nella presente causa e il diritto dell’Unione, quid non a mio avviso, il principio del primato deve essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di disapplicare una decisione del giudice costituzionale nazionale nel caso in cui il giudice del rinvio constati che è l’unico modo possibile per rispettare gli obblighi derivanti dalle disposizioni direttamente applicabili del diritto dell’Unione.

237.

D’altro lato, per quanto riguarda il procedimento pregiudiziale e la sua potenziale incidenza sulla gerarchia degli organi giurisdizionali nazionali nonché sull’obbligo di attenersi al parere giuridico di un giudice di grado superiore, sin dalla sentenza Rheinmühlen I della Corte ( 161 ), la giurisprudenza successiva è stata molto chiara. Occorre menzionare e sottolineare tre punti importanti, derivanti da tale orientamento giurisprudenziale, che è anche applicabile alle sentenze pronunciate dai giudici costituzionali ( 162 ).

238.

In primo luogo, qualora un giudice nazionale consideri che le valutazioni formulate da un organo giurisdizionale di grado superiore possano indurlo a emettere una sentenza contraria al diritto dell’Unione, le norme nazionali secondo le quali i giudici di grado inferiore sono vincolati dalle decisioni di un giudice di grado superiore non possono privarlo della facoltà di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale. In secondo luogo, un giudice nazionale che abbia esercitato la facoltà conferitagli dall’articolo 267 TFUE è vincolato dall’interpretazione fornita dalla Corte e deve, eventualmente, discostarsi dalle valutazioni dell’organo giurisdizionale di grado superiore ( 163 ). In terzo luogo, tali considerazioni dovrebbero essere altresì applicate, a mio avviso, nel caso in cui il giudice di grado inferiore consideri la valutazione dell’organo giurisdizionale di grado superiore incompatibile con il diritto dell’Unione, senza sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale. Infatti, la giurisprudenza ha insistito sul fatto che la facoltà per i giudici di grado inferiore di chiedere una pronuncia pregiudiziale, disapplicando, eventualmente, le istruzioni di un organo giurisdizionale di grado superiore che risultassero in contrasto con il diritto dell’Unione non può trasformarsi in un obbligo di presentare siffatta domanda ( 164 ).

239.

Pertanto, il diritto dell’Unione autorizza certamente un giudice nazionale a non attenersi al parere giuridico (altrimenti vincolante) di un organo giurisdizionale di grado superiore, qualora detto giudice ritenga che tale interpretazione giuridica sia contraria al diritto dell’Unione. È del tutto logico che, secondo la prospettiva del diritto dell’Unione, lo stesso debba valere anche per ogni possibile sanzione (successiva) a livello nazionale prevista per un comportamento siffatto: se tale comportamento è, dal punto di vista del diritto dell’Unione, corretto, nessuna sanzione è consentita in relazione ad esso.

240.

Esiste nondimeno un «ma» particolarmente cruciale. A mio avviso, il diritto dell’Unione offre al giudice nazionale una limitata «licenza di dissentire», ma non l’universale «licenza di disapplicare». Considerata la struttura dell’ordinamento giuridico dell’Unione, nell’ambito del quale è la Corte di giustizia ad essere l’interprete finale del diritto dell’Unione, la giurisprudenza della Corte sopra citata ha un unico scopo: tenere aperto l’accesso alla Corte da parte dei giudici di grado inferiore degli Stati membri. In particolare, i giudici di grado superiore degli Stati membri non devono essere autorizzati a impedire, mediante l’uso diretto della loro autorità formale nell’ordinamento interno, ai giudici rientranti nella loro giurisdizione di proporre alla Corte domande di pronuncia pregiudiziale.

241.

Tuttavia, tale obiettivo pone anche limiti quanto alla portata di detta licenza, concessa dal diritto dell’Unione. Infatti, se si dovessero portare alle massime conseguenze le dichiarazioni spesso astratte e quindi alquanto ampie della Corte, non si potrebbe che aderire agli appelli a riconsiderare la giurisprudenza Rheinmühlen, certamente risalendo fino al 2010 ( 165 ). Considerata in termini astratti e istituzionali, si potrebbe ritenere che tale giurisprudenza si basi su una serie di supposizioni tacite e ingiustificate, compresa quella secondo cui l’intento dei giudici nazionali di grado superiore è di impedire ai giudici di grado inferiore, rientranti nella loro giurisdizione, di presentare domande di pronuncia pregiudiziale alla Corte. Per fortuna, questa non è stata, almeno fino a una data piuttosto recente ( 166 ), una supposizione giustificata.

242.

In tale ottica, occorre suggerire che la giurisprudenza della Corte sopra citata debba essere quindi interpretata nel senso che essa ammette un margine di discussione razionale quanto alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione per tutti gli operatori giudiziari nazionali, indipendentemente dalla gerarchia. Tuttavia, essa non dovrebbe essere intesa certamente come una carta vincente illimitata e universale, la cui messa in gioco porrebbe al riparo il giudice, indipendentemente dalle circostanze, dalle comuni norme relative ai procedimenti giudiziari, alla gerarchia e alla disciplina a livello nazionale.

243.

Al di là di tale qualificazione generale, non ritengo che si possano fornire molte altre indicazioni sugli scenari variabili e illimitati che possono verificarsi nella vita reale. L’aspetto essenziale, in tutti questi casi, è tuttavia ragionare adeguatamente su elementi e considerazioni relativi al diritto dell’Unione di cui trattasi nel caso di specie. Tale dovere, in realtà piuttosto trasversale ( 167 ), è già in grado di delimitare in parte quali argomenti di diritto dell’Unione rimangono nella sfera della discussione giuridica razionale. In ogni caso, in linea generale, deve sempre essere possibile un disaccordo debitamente motivato da parte di un giudice (di grado inferiore), in particolare qualora una questione venga esaminata per la prima volta, che porti eventualmente a una domanda di pronuncia pregiudiziale dinanzi alla Corte.

244.

Tutto ciò osta, come la Corte ha recentemente confermato, a disposizioni di diritto nazionale dalle quali derivasse per i giudici nazionali il rischio di esporsi a procedimenti disciplinari per il solo fatto di avere investito la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale ( 168 ), e, si può aggiungere, indipendentemente dall’esito di tale domanda dinanzi alla Corte. Ciò implica che la mera prospettiva di poter essere oggetto di procedimenti disciplinari per il fatto di aver proceduto alla presentazione di una siffatta domanda (o di aver deciso di mantenere tale domanda dopo la sua presentazione) può pregiudicare l’effettivo esercizio, da parte dei giudici nazionali interessati, della facoltà e delle funzioni dei giudici nazionali nel contesto dell’articolo 267 TFUE ( 169 ). Inoltre, il fatto di non essere sottoposti a procedimenti disciplinari o ad altri provvedimenti per aver esercitato tale facoltà di adire la Corte costituisce del resto una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici ( 170 ).

245.

In sintesi, in un’Unione basata sullo Stato di diritto, un giudice non può essere sanzionato per aver esercitato legittimamente il diritto riconosciuto a qualsiasi «giurisdizione» di adire la Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

V. Conclusione

246.

Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dall’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania) nei seguenti termini:

Occorre rispondere alla seconda questione nella causa C‑357/19 dichiarando che l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non osta a che, in una situazione che rientra generalmente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma che non è interamente disciplinata quest’ultimo, un giudice costituzionale dichiari, in applicazione di una norma nazionale concreta e ragionevole di tutela dei diritti costituzionali e sulla base della sua interpretazione delle disposizioni nazionali applicabili, che i collegi giudicanti all’interno dell’organo giurisdizionale supremo nazionale sono privi di indipendenza e non sono stati istituiti conformemente alla legge.

Occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑357/19 nonché alla questione nella causa C‑547/19 dichiarando che:

L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, nonché l’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una decisione di un giudice costituzionale nazionale che dichiari illegittima la composizione dei collegi di un organo giurisdizionale supremo nazionale per violazione del diritto a un giudice imparziale, che crei le condizioni per consentire che siano proposti ricorsi straordinari avverso sentenze definitive.

Il principio dell’Unione di indipendenza dei giudici, sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta e all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, non osta all’adozione di una decisione da parte di un giudice costituzionale nazionale che, nell’esercizio delle sue competenze costituzionali, si pronunci sulla legittimità della composizione dei collegi giudicanti dell’organo giurisdizionale supremo nazionale, anche se ciò comporta la possibilità di proporre ricorsi straordinari avverso sentenze definitive.

Alla luce delle risposte fornite alla prima e alla seconda questione nella causa C‑357/19, non occorre rispondere alla terza e alla quarta questione nella medesima causa.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) V. le mie conclusioni, del 23 settembre 2020, nella causa Asociația Forumul Judecătorilor din România e a. (C‑83/19, C‑127/19, C/195/19, C‑291/19 e C‑355/19, EU:C:2020:746), citate in forma abbreviata, a fini di riferimento, come le «conclusioni AFJR», nonché le mie conclusioni, presentate lo stesso giorno nella causa Statul Român – Ministerul Finanțelor Publice (C‑397/19, EU:C:2020:747).

( 3 ) V. anche le mie conclusioni presentate contemporaneamente, in data odierna, nella causa C‑379/19, DNA – Serviciul Teritorial Oradea, e nelle cause riunite C‑811/19 e C‑840/19, FO e a.

( 4 ) GU 1995, C 316, pag. 49.

( 5 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 826, del 13 settembre 2005.

( 6 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 827, del 13 settembre 2005.

( 7 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 636, del 20 luglio 2018.

( 8 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 1076, del 30 novembre 2005.

( 9 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 819, dell’8 dicembre 2010.

( 10 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 75, del 30 gennaio 2014.

( 11 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 486, del 1o luglio 2010.

( 12 ) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 510, del 24 luglio 2009.

( 13 ) V. supra, paragrafo 23 delle presenti conclusioni.

( 14 ) La decisione di rinvio cita le decisioni n. 157/2018, n. 153/2018 e n. 2/2019. Tuttavia, non viene fornita alcuna informazione riguardo al contenuto di tali decisioni né sulla loro pertinenza nel procedimento principale.

( 15 ) Il governo rumeno ha sostenuto, nelle sue osservazioni scritte, che le questioni pregiudiziali erano irricevibili. Tuttavia, tale governo ha modificato la sua posizione nella sua risposta ai quesiti scritti posti dalla Corte.

( 16 ) V., in tal senso, sentenze del 7 marzo 2017, X e X (C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 37), del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello) (C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 24), del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 74), o del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punti 4041).

( 17 ) V. infra, paragrafi da 86 a 115 delle presenti conclusioni.

( 18 ) V. sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40); del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 51); del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 83), o del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 34).

( 19 ) V. anche supra, paragrafo 24 delle presenti conclusioni.

( 20 ) Recentemente, nella sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 45 a 51).

( 21 ) Come esposto supra, al paragrafo 22 delle presenti conclusioni.

( 22 ) Sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata).

( 23 ) V. supra, paragrafi da 19 a 21 delle presenti conclusioni.

( 24 ) Il governo rumeno ha fatto valere, nelle sue osservazioni scritte, che anche la questione pregiudiziale sollevata nella presente causa era irricevibile. Tuttavia, tale governo ha modificato la sua posizione nella sua risposta ai quesiti scritti posti dalla Corte.

( 25 ) V. supra, paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 26 ) V. supra, nota 18 delle presenti conclusioni.

( 27 ) V. supra, paragrafo 32 delle presenti conclusioni.

( 28 ) V., in dettaglio, paragrafi da 204 a 224 delle mie conclusioni AFJR.

( 29 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 48 a 51).

( 30 ) V. paragrafi da 120 a 182 delle conclusioni AFJR. La decisione MCV è tuttavia espressamente esaminata dalle questioni sollevate nella causa C‑379/19, di cui tratto in conclusioni distinte presentate in data odierna.

( 31 ) GU 2006, L 354, pag. 56.

( 32 ) V. paragrafi da 204 a 211 di tali conclusioni.

( 33 ) Sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 29); del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 50); del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 82) o del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 33).

( 34 ) Sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 51), del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 83), o del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 34). Il corsivo è mio.

( 35 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 45), e ordinanza del 2 luglio 2020, S.A.D. Maler und Anstreicher (C‑256/19, EU:C:2020:523, punto 43).

( 36 ) V. supra, paragrafi da 52 a 60, nonché paragrafi 66 e 67 delle presenti conclusioni.

( 37 ) V. paragrafo 225 di tali conclusioni.

( 38 ) V., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 58 e giurisprudenza ivi citata), e del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 120).

( 39 ) V., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 47 e giurisprudenza ivi citata), e del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 167).

( 40 ) La decisione di rinvio nella causa C‑357/19 si riferisce, tuttavia, alla decisione MCV sottolineando che la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale è stata esaminata nella relazione MCV della Commissione del 2018 come una delle azioni aventi implicazioni evidenti sull’indipendenza del sistema giudiziario [SWD (2018) 551 final, pag. 5 della versione rumena].

( 41 ) Di recente, ad esempio, sentenza del 7 marzo 2017, X e X (C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

( 42 ) Relazione del 22 ottobre 2019, COM(2019) 499 final, pagg. 9, 16 e 17 della versione in lingua italiana (in prosieguo: la «relazione MCV del 2019»).

( 43 ) V. paragrafi da 214 a 224 delle conclusioni AFJR.

( 44 ) Tale nesso tra i parametri di riferimento MCV e la decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale è stato altresì rilevato, come sostenuto dal pubblico ministero e dall’associazione dei giudici «Forum», dalla relazione MCV del 2019 della Commissione, che si riferisce espressamente alla sentenza costituzionale di cui trattasi nelle presenti cause, in cui si rileva che esso «ha creato a una notevole incertezza» e si dichiara che «[l]e sentenze della Corte costituzionale hanno un impatto diretto sulle cause di corruzione ad alto livello attualmente in corso, comportando ritardi e la riapertura dei processi, e hanno consentito, a determinate condizioni, la riapertura di più casi che erano stati chiusi in via definitiva» e che «[q]uesto chiaro effetto a catena sull’andamento della giustizia ha inoltre suscitato maggiori dubbi sulla sostenibilità dei progressi compiuti finora dalla Romania nella lotta alla corruzione (...)». Relazione MCV del 2019, pagg. 14 e 15. V. anche relazione tecnica MCV del 2019, SWD (2019) 393 final, pagg. 21 e 22.

( 45 ) V. paragrafi da 190 a 194 di tali conclusioni.

( 46 ) V. paragrafi da 198 a 202 delle mie conclusioni AFJR.

( 47 ) V. paragrafi da 214 a 220 delle mie conclusioni AFJR.

( 48 ) Sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

( 49 ) Illustrate supra ai paragrafi da 19 a 21 delle presenti conclusioni.

( 50 ) Sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 26); dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punti da 37 a 40); del 5 aprile 2017, Orsi e Baldetti (C‑217/15 e C‑350/15, EU:C:2017:264, punto 16); del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punti da 30 a 31); del 2 maggio 2018, Scialdone (C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 27) e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 25).

( 51 ) In materia di restituzioni all’esportazione, v. sentenza del 28 ottobre 2010, SGS Belgium e a. (C‑367/09, EU:C:2010:648, punti 40 e segg.). Sul recupero di interessi per vantaggi indebiti nel settore della politica agricola comune, v. sentenza del 29 marzo 2012, Pfeifer & Langen (C‑564/10, EU:C:2012:190, punto 52). Sulla riscossione di dazi doganali, v. sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punti da 50 a 53).

( 52 ) V. in tal senso, sentenza del 10 luglio 2003, Commissione/BCE (C‑11/00, EU:C:2003:395, punto 89).

( 53 ) V., per un esempio recente, sentenza del 1o ottobre 2020, Úrad špeciálnej prokuratúry (C‑603/19, EU:C:2020:774, punti 47 e segg.).

( 54 ) Per completezza, si potrebbe aggiungere che la Convenzione TIF sembra essere applicabile alla causa C‑357/19 ratione temporis. I fatti all’origine delle condanne pertinenti sono anteriori alla data di entrata in vigore della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29), che, ai sensi del suo articolo 16, ha sostituito la Convenzione TIF e i suoi protocolli a decorrere dal 6 luglio 2019. Analogamente, in forza della decisione del Consiglio del 6 dicembre 2007, relativa all’adesione della Bulgaria e della Romania alla convenzione, elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, al protocollo del 27 settembre 1996, al protocollo del 29 novembre 1996, e al secondo protocollo del 19 giugno 1997 (GU 2008, L 9, pag. 23), tale convenzione è applicabile alla Romania.

( 55 ) Il corsivo è mio.

( 56 ) V. articolo 2 dell’Atto del Consiglio, del 27 settembre 1996, che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU 1996, C 313, pag. 1).

( 57 ) Sentenza del 2 maggio 2018, Scialdone (C‑574/15, EU:C:2018:295, punto 45). V. anche le mie conclusioni in tale causa (C‑574/15, EU:C:2017:553, paragrafi 6869).

( 58 ) V. sentenze del 15 settembre 2005, Irlanda/Commissione (C‑199/03, EU:C:2005:548, punto 31), e del 21 dicembre 2011, Chambre de commerce et d’industrie de l’Indre (C‑465/10, EU:C:2011:867, punto 47).

( 59 ) Il corsivo è mio.

( 60 ) V., ad esempio, nella sentenza Åkerberg Fransson, la Corte ha considerato come elemento pertinente il fatto che le sanzioni e i procedimenti penali «di cui è o è stato oggetto» l’imputato nel procedimento principale costituivano un’attuazione dell’articolo 325 TFUE. Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 27).

( 61 ) Se così non fosse, non solo l’ambito di applicazione dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE dipenderebbe dall’esito del procedimento penale, ma sarebbe anche, in modo alquanto curioso, diverso all’inizio e alla fine del procedimento giurisdizionale.

( 62 ) V., altresì, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 27).

( 63 ) Legea nr. 202/2010 privind unele măsuri pentru accelerarea soluționării proceselor (legge n. 202/2010 che prevede misure di accelerazione nella decisione delle cause), Monitorul Oficial al României, parte I, n. 714, del 26 ottobre 2010.

( 64 ) Legea nr. 255/2013 pentru punerea în aplicare a Legii nr. 135/2010 privind Codul de procedură penală și pentru modificarea și completarea unor acte normative care cuprind dispoziții procesual penale (legge n. 255/2013 di attuazione della legge n. 135/2010 recante il codice di procedura penale e recante modifica e integrazione di taluni atti normativi che adottano disposizioni relative al procedimento penale), Monitorul Oficial al României, parte I, n. 515, del 14 agosto 2013.

( 65 ) La Legea nr. 207/2018, pentru modificarea și completarea Legii nr. 304/2004 privind organizarea judiciară (legge n. 207/2018, che modifica la legge n. 304/2004 sull’ordinamento giudiziario) Monitorul Oficial al României, parte I, n. 636, del 20 luglio 2018.

( 66 ) Punto 175 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 67 ) Punto 193 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 68 ) Punto 188 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 69 ) Punto 188 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 70 ) In particolare, Corte EDU, 22 dicembre 2009, Parlov‑Tkalčić c. Croazia, CE:ECHR:2009:1222JUD002481006.

( 71 ) Punto 189 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 72 ) Corte EDU, 5 ottobre 2010 DMD GROUP a.s., c. Slovacchia, CE:ECHR:2010:1005JUD001933403, §§ 60 e 61.

( 73 ) Punti 191 e 192 della decisione n. 685/2018 della Corte costituzionale.

( 74 ) Riassunta supra ai paragrafi 127 e 128 delle presenti conclusioni.

( 75 ) V., per quanto riguarda l’elemento del «giudice precostituito per legge», sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 72). V., per l’analisi della giurisprudenza della Corte EDU, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause Riesame Simpson/Consiglio e Riesame HG/Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2019:977, paragrafo 63 e segg.).

( 76 ) Tale requisito è più ampio del principio del «giudice legittimo», incentrato principalmente sui criteri di assegnazione delle cause. V., per una distinzione analoga, Rönnau, T. e Hoffmann, A., «Vertrauen ist gut, Kontrolle ist besser: Das Prinzip des gesetzlichen Richters am EuGH», Zeitschrift für Internationale Strafrechtsdogmatik, 7‑8, 2018, pagg. da 233 a 248.

( 77 ) Corte EDU, 2 maggio 2019, Pasquini c. San Marino, CE:ECHR:2019:0502JUD005095616, § 100. V. anche sentenza del 26 marzo 2020, Review Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

( 78 ) Corte EDU, 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, sentenza della Grande Sezione, §§ da 231 a 234.

( 79 ) Corte EDU, 4 maggio 2000, Buscarini c. San Marino, CE:ECHR:2000:0504DEC003165796, § 2. V. anche sentenza del 26 marzo 2020, Review Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

( 80 ) Corte EDU, 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, sentenza della Grande Sezione, § 216.

( 81 ) Corte EDU, 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, sentenza della Grande Sezione, § 226.

( 82 ) Corte EDU, 4 marzo 2003, Posokhov c. Russia, CE:ECHR:2003:0304JUD006348600, § 43; Corte EDU, 29 aprile 2008, Barashkova c. Russia, CE:ECHR:2008:0429JUD002671603, § 32.

( 83 ) Corte EDU, 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, sentenza della Grande Sezione, §§ da 236 a 241, la quale dichiara che non tutte le irregolarità nella nomina dei giudici sarebbero tali da violare tale diritto.

( 84 ) Corte EDU, 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, sentenza della Grande Sezione, §§ da 243 a 252.

( 85 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Review Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 75). Il corsivo è mio.

( 86 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Review Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 75).

( 87 ) V. inoltre, ad esempio, Sillen, J., «The concept of “internal judicial independence” in the case law of the European Court of Human Rights», European Constitutional Law Review, vol. 15, 2019, pagg. da 104 a 133.

( 88 ) Corte EDU, 22 dicembre 2009, CE:ECHR:2009:1222JUD002481006, § 86 e giurisprudenza ivi citata.

( 89 ) Ibid., § 91. La Corte EDU ha tuttavia riconosciuto che «qualsiasi controllo del lavoro dei giudici comporta un certo rischio per la loro indipendenza interna e che è impossibile concepire un sistema che elimini completamente tale rischio».

( 90 ) V. già, in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60), e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 29).

( 91 ) Sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 47).

( 92 ) V., ad esempio, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti 2936), del febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punti 60 e segg.), o del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punti 28 e segg.).

( 93 ) Contrariamente alla sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107), in cui il ricorso all’articolo 53 della Carta era escluso in quanto il tema in questione in tale causa era oggetto di armonizzazione completa da parte del diritto dell’Unione.

( 94 ) V. le mie conclusioni nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafi da 89 a 91).

( 95 ) Ibid., paragrafi da 92 a 95.

( 96 ) V., in dettaglio, ad esempio, Kosař, D., Perils of Judicial Self-Government in Transitional Societies, Cambridge University Press, Cambridge, 2016, pag. 407, in cui si suggerisce che talune forme di autogoverno giudiziario generano «un sistema di giudici dipendenti all’interno di un potere giudiziario indipendente», poiché un’indebita influenza viene esercitata da funzionari giudiziari, quali i presidenti degli organi giurisdizionali o i funzionari degli organi di autoamministrazione giudiziaria, in seno al potere giudiziario.

( 97 ) Sembra che, a tal riguardo, esista una certa varietà tra le soluzioni adottate dagli Stati membri quanto alle conseguenze delle irregolarità sulla composizione di un organo giurisdizionale e all’equilibrio tra il diritto a un tribunale costituito per legge e il principio della certezza del diritto. V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Riesame Simpson/Consiglio e Riesame HG/Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2019:977, paragrafi da 98 a 104).

( 98 ) Tale parte interessata menziona la sentenza della Corte EDU, 15 settembre 2015, Tsanova‑Gecheva c. Bulgaria, CE:ECHR:2015:0915JUD004380012, § 108, in cui la Corte EDU ha constatato che, anche se la nomina dei cinque giudici di un collegio non era stata effettuata mediante sorteggio (circostanza sulla quale le parti avevano dissentito), in assenza di altri elementi che indicassero una mancanza di imparzialità, non è emerso che i requisiti di cui all’articolo 6 CEDU fossero stati violati.

( 99 ) V. supra, paragrafo 139 delle presenti conclusioni.

( 100 ) V., ad esempio, per quanto riguarda l’assegnazione interna delle cause, sentenza del 2 ottobre 2003, Salzgitter/Commissione (C‑182/99 P, EU:C:2003:526, punti da 28 a 36), ordinanza del 9 dicembre 2009, Marcuccio/Commissione (C‑528/08 P, EU:C:2009:761, punti da 57 a 60), o sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punti da 50 a 55).

( 101 ) V. supra, paragrafo 149 delle presenti conclusioni.

( 102 ) Sentenze dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555), del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936), del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30).

( 103 ) V., ad esempio, sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 30).

( 104 ) Ibid., punti 33 e 34 e giurisprudenza ivi citata.

( 105 ) Sentenze del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punto 55), e del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

( 106 ) Sentenze dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 47) e del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 36).

( 107 ) V., in tal senso, sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a., (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 108 ) V., in senso critico, le mie conclusioni nella causa Scialdone (C‑574/15, EU:C:2017:553, paragrafi 137 e segg.), e nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafi da 65 a 68).

( 109 ) C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafi da 121 a 127.

( 110 ) V., per altri esempi, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:972, paragrafi da 81 a 84), o anche le mie conclusioni nella causa Nemec (C‑256/15, EU:C:2016:619, paragrafo 64).

( 111 ) V. le mie conclusioni nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafi 122123).

( 112 ) Sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 33). V. anche, in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 52) e del 5 giugno 2018, Kolev e a. (C‑612/15, EU:C:2018:392, punti 6871).

( 113 ) Sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 34).

( 114 ) V. sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punti da 35 a 39).

( 115 ) V., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 41), e sentenza del 17 gennaio 2019, Dzivev e a. (C‑310/16, EU:C:2019:30, punto 31).

( 116 ) V. le mie conclusioni nella causa Dzivev (C‑310/16, EU:C:2018:623, paragrafo 129).

( 117 ) Il carattere problematico di tale valutazione potrebbe essere messo in evidenza solo prendendo in considerazione l’altra parte della sbarra, riguardo all’eventuale parere legale, che si suppone possa essere fornito al suo cliente da un avvocato penalista in risposta a un quesito sul problema se la legge nazionale applicata nel caso di specie sia compatibile con il diritto dell’Unione: «Non so, dipende da come vanno le altre cause».

( 118 ) V. supra, paragrafi da 167 a 168 delle presenti conclusioni.

( 119 ) Tale governo ha spiegato che la ACCG ha comunicato, con lettera del marzo 2020, le informazioni pertinenti e le statistiche riguardanti: in particolare, l’incidenza delle decisioni n. 685/2018 e n. 17/2019 della Corte costituzionale sull’attività della ACCG, il numero di cause interessate, il numero delle cause che hanno leso gli interessi finanziari dell’Unione, i danni causati, la durata del procedimento nonché il numero di cause in cui sussisteva un rischio di impunità.

( 120 ) V. sentenza del 31 ottobre 2019, Commissione/Regno Unito (C‑391/17, EU:C:2019:919), che ha offerto alla Commissione la possibilità di reclamare gli importi esatti del danno al bilancio dell’Unione direttamente nell’ambito di una procedura di infrazione.

( 121 ) Per esempi sulle irregolarità delle nomine giudiziarie, v. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause Riesame Simpson/Consiglio e Riesame HG/Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2019:977, paragrafi da 98 a 104).

( 122 ) Nel senso prefigurato al paragrafo 243 delle mie conclusioni AFJR, da cui risulterebbe che le regole scritte sulla carta nascondono una realtà molto diversa. Ciò potrebbe naturalmente comprendere la situazione in cui taluni processi generali e obiettivi sarebbero oggetto di abuso per fini personali di un gruppo selezionato di persone.

( 123 ) V. supra, le norme sulla prescrizione esposte ai paragrafi 15 e 16 delle presenti conclusioni.

( 124 ) V. supra, paragrafi 127 e 128 delle presenti conclusioni.

( 125 ) Sentenze del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936, punto 47).

( 126 ) V., ad esempio, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti 2936), del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punti 60 e segg.), o del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punti 28 e segg.).

( 127 ) V. supra, paragrafi da 146 a 156 delle presenti conclusioni.

( 128 ) V. anche supra, paragrafo 119 delle presenti conclusioni.

( 129 ) V. paragrafi da 227 a 232 delle mie conclusioni AFJR.

( 130 ) V., per quanto riguarda l’articolo 47, secondo comma, della Carta, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 130 e giurisprudenza ivi citata).

( 131 ) Ibid., punti da 124 a 126 e giurisprudenza ivi citata.

( 132 ) V., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 52), e del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 115).

( 133 ) Ibid., punto 121 e giurisprudenza ivi citata. Il corsivo è mio.

( 134 ) Ibid., punto 125 e giurisprudenza ivi citata.

( 135 ) Sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 127), che fa riferimento, in tal senso, alla Corte EDU, 21 giugno 2011, Fruni c. Slovacchia, CE:ECHR:2011:0621JUD000801407, § 141, e alla Corte EDU, 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, § 144 e giurisprudenza ivi citata.

( 136 ) Sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 128), che fa riferimento alla Corte EDU, 6 maggio 2003, Kleyn e a. c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2003:0506JUD003934398, § 191 e giurisprudenza ivi citata, e Corte EDU, 6 novembre 2018, Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, §§ 145, 147 e 149 e giurisprudenza ivi citata.

( 137 ) Sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 134, e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

( 138 ) V., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 133, e giurisprudenza ivi citata), e del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 54).

( 139 ) Sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 56).

( 140 ) V., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 142, e giurisprudenza ivi citata), e del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 57).

( 141 ) V., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 133 e giurisprudenza ivi citata).

( 142 ) V., ad esempio, su tale dibattito, Grimm, D., «Constitutions, Constitutional Courts and Constitutional Interpretation at the Interface of Law and Politics», EMERJ, vol. 21(3), 2019, pagg. da 55 a 71; Ginsburg, T. e Garoupa, N., «Building Reputation in Constitutional Courts: Political and Judicial Audiences», Arizona Journal of International and Comparative law, vol. 28, 2011, pagg. da 539 a 568.

( 143 ) V., su tale dibattito sul piano comparativo, alimentato dalla specificità del Conseil constitutionnel francese, Favoreu, L., e Mastor, W., Les cours constitutionnelles, 2a Edizione, Dalloz, Parigi, 2016, pagg. 22 e segg.

( 144 ) Altrimenti, il fatto che, in un numero significativo di Stati membri, i giudici siano nominati da un capo di Stato o di governo, vale a dire dal potere esecutivo, implica altresì che la totalità di essi non sia ipso facto indipendente?

( 145 ) Tra le numerose cause oggetto, al momento, di rinvio pregiudiziale da parte dei giudici costituzionali nazionali, v. ad esempio, sentenze del 1o marzo 2011, Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (C‑236/09, EU:C:2011:100), del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107), del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358), e del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400).

( 146 ) Sentenza del 5 giugno 2018, Coman e a. (C‑673/16, EU:C:2018:385).

( 147 ) V., ad esempio, sentenza del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punti da 49 a 53), o, più di recente, sentenze del 21 gennaio 2020, Banco de Santander (C‑274/14, EU:C:2020:17, punto 55 e segg.), del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punto 45 e segg.), e del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei magistrati italiani), (C‑658/18, EU:C:2020:572, punto 42 e segg.).

( 148 ) Per un quadro comparativo, v. ad esempio, Cremer, H.‑J., «Die Wirkungen verfassungsrechtlicher Entscheidungen: Ein Vergleich zwischen der Rechtslage in der Bundesrepublik Deutschland und der Rechtslage in den Staaten Mittel- und Osteuropas», in Frowein, J.A., Marauhn, T. (a cura di), Grundfragen der Verfassungsgerichtsbarkeit in Mittel- und Osteuropa, Springer, Berlino, 1998, pag. 237, o i vari contributi in Luchterhandt, O. et al. (a cura di), Verfassungsgerichtsbarkeit in Mittel- und Osteuropa, Nomos, Baden‑Baden, 2007.

( 149 ) Per una discussione comparativa con esempi provenienti dalla Germania, dalla Spagna, dalla Repubblica ceca, dalla Slovacchia o dalla Slovenia, v. il volume edito dall’Ústavní soud (Corte costituzionale, Repubblica ceca), intitolato The Limits of the Constitutional Review of the Ordinary Courts' Decisions in the Proceedings on the Constitutional Complaint, Linde, Praga, 2005. Per quanto riguarda la contestata «eccessività» del controllo costituzionale, v. già, ad esempio, Bundesministerium der Justiz, Entlastung des Bundesverfassungsgerichts: Bericht der Kommission, Moser, Bonn, 1998, pagg. da 62 a 66.

( 150 ) V., per un esempio recente, sentenza del 2 aprile 2020, CRPNPAC e Vueling Airlines (C‑370/17 e C‑37/18, EU:C:2020:260, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

( 151 ) Esposti e discussi di recente nelle mie conclusioni nella causa Călin (C‑676/17, EU:C:2019:94, paragrafi 80 e segg.).

( 152 ) Sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 57).

( 153 ) Paragrafi da 240 a 243 di dette conclusioni.

( 154 ) V. anche supra, paragrafo 204 delle presenti conclusioni.

( 155 ) Per argomenti diversi presentati alla Corte, v. nei dettagli le mie conclusioni AFJR, paragrafi da 235 a 248.

( 156 ) V., per un esempio di tale situazione, sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punti da 142 a 152).

( 157 ) V. supra, paragrafo 7 delle presenti conclusioni. Nel contesto della presente causa, il ricorso a tale disposizione resta nella sfera delle possibilità, purché la Corte accolga una determinata interpretazione del diritto dell’Unione e, successivamente, il giudice del rinvio la applichi a livello nazionale, andando così potenzialmente contro una decisione del giudice costituzionale nazionale. Tuttavia, la stessa disposizione è stata già applicata in un’altra causa parallela dinanzi alla Corte: si vedano le mie conclusioni, presentate in data odierna, nella causa C‑379/19, DNA – Serviciul Territorial Oradea, nella quale sembrerebbe che sia stata avviata un’indagine disciplinare nei confronti del giudice del rinvio in quanto, presentando una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte, ha espresso il proprio dissenso su una decisione della Corte costituzionale.

( 158 ) V., per un esempio recente, sentenza del 4 dicembre 2018, The Minister for Justice and Equality e Commissioner of the Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 35, e giurisprudenza ivi citata).

( 159 ) Di recente, ad esempio, la sentenza del 4 dicembre 2018, The Minister for Justice and Equality e Commissioner of the Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 36, e giurisprudenza ivi citata).

( 160 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten (C‑409/06, EU:C:2010:503, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 161 ) Sentenza del 16 gennaio 1974, Rheinmühlen‑Düsseldorf (166/73, EU:C:1974:3).

( 162 ) Sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 70).

( 163 ) V. in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:581, punti 27, 2830), e del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punti 6869).

( 164 ) Sentenze del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (C‑555/07, EU:C:2010:21, punti da 53 a 55), del 5 ottobre 2010, Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 28), e ordinanza del 3 settembre 2020, Vikingo Fővállalkozó (C‑610/19, EU:C:2020:673, punto 75).

( 165 ) V., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:336, paragrafi da 23 a 39).

( 166 ) È vero che, nell’attuale contesto di taluni Stati membri, la giurisprudenza Rheinmühlen potrebbe essere permeata di una nuova vita e di un’altra ragione strutturale: tutelare i dissidenti giudiziari.

( 167 ) Che deriva già dall’articolo 47 della Carta, letto alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU.V. anche, ad esempio, sentenza del 6 settembre 2012, Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punti 53 e segg.).

( 168 ) V. sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 58).

( 169 ) V., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 57 a 58).

( 170 ) Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 59). V. anche, in tal senso, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov (C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 25), e ordinanza del 12 febbraio 2019, RH (C‑8/19 PPU, EU:C:2019:110, punto 47).

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